REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente

Dott. LICARI Carlo - rel. Consigliere

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) C.G. N. IL (--);

2) B.G. N. IL (--);

3) M.R. N. IL (--);

avverso l'ordinanza n. 849/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del 23/09/2009;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LICARI Carlo;

sentite le conclusioni del PG Dott. DE SANDRO Anna Maria, il quale ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.

 
FattoDiritto

 


C.G., B.G. e M.R. - imputati, nella qualità di direttori e legali rappresentanti in tempi diversi della società "Michelin" dislocata in (--), dei reati di omicidio colposo in pregiudizio dei lavoratori L.A., M.

C., P.C., R.P.N. e P. G. ed i lesioni colpose gravissime in danno dei lavoratori T.P., C.G., L.D. e M.F. - presentavano istanza di ricusazione nei confronti del G.U.P. presso il Tribunale di Cuneo in persona del Dott. C.S..

Tale iniziativa era suscitata dall'esternata preoccupazione che il predetto giudice nel decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata contro i medesimi imputati, fosse negativamente condizionato dall'avere in precedenza definito, con sentenza di condanna del 20/12/2008, altro procedimento penale a carico dei medesimi ricusanti, allora imputati di omicidio colposo in pregiudizio di altro lavoratore, tale P.G., avendo in quel procedimento esternato la convinzione che il mancato apprestamento di qualsiasi misura di prevenzione contro l'inalazione di fibre di amianto, presenti negli ambienti di lavoro, fosse imputabile a detti legali rappresentanti e che la loro condotta omissiva fosse collegata causalmente alla morte per mesotelioma pleurico del dipendente Po..

Ritenendo che i due procedimenti penali, quello pregiudicante e quello ritenuto pregiudicato, pur riguardando gli stessi imputati, non concernessero lo stesso fatto in termini penalistici, essendo diversi gli eventi, i soggetti passivi e la sequenza di cause che avevano, caso per caso, determinato le gravi lesioni o la morte di ciascuno dei lavoratori impegnati negli stessi ambienti di lavoro, la Corte di Appello di Torino decideva, con ordinanza del 23/9/2009, di rigettare l'istanza di ricusazione.

Contro tale provvedimento i ricusanti proponevano, per mezzo del comune difensore, ricorso per cassazione, deducendo vizio di legge e connesso difetto di motivazione, per la ragione che il giudizio circa "l'identità del fatto" tra procedimento pregiudicante e quello pregiudicato andava ancorato a criteri più ampi di quelli enunciati dalla Corte territoriale, al fine di non vanificare le esigenze di tutela dell'imparzialità del giudice.

Abbandonati i criteri di giudizio restrittivi adottati nell'ordinanza impugnata, dovevasi, secondo i ricorrenti, riconoscere che il giudice ricusato, pronunciandosi sul mancato apprestamento nello stabilimento di (--) delle misure di prevenzione contro l'inalazione di fibre di amianto, non aveva espresso una valutazione di merito riferita unicamente alla morte del lavoratore Po., ma aveva preso una posizione, sul terreno della colpa e della violazione delle norme prevenzionali, che si proiettava su tutti i lavoratori, compresi quelli indicati come persone offese nel procedimento pregiudicato, in cui lo stesso giudice era ora chiamato a svolgere le funzioni di G.U.P..

Trattasi di ricorsi non meritevoli di accoglimento.

Invero, la questione di fondo, sulla quale è basata la prospettazione dell'effetto pregiudicante che la precedente sentenza di condanna avrebbe sicuramente sull'esito del procedimento in corso di svolgimento davanti allo stesso decidente in funzione di Giudice dell'udienza preliminare, è minata in radice dalla innegabile diversità dei fatti oggetto dei due procedimenti, perché essi, pur vedendo imputati le stesse persone, tuttavia, riguardano condotte diverse, eventi ontologicamente diversi e non omologhe sequenze causali tra condotta ed evento, da individuare caso per caso, in relazione alla specificità di ciascuno di essi.

In proposito, è pertinente la citazione, nel provvedimento impugnato, del principio di diritto, secondo cui se l'evento-morte è diverso, in quanto riguarda vittime differenti, anche l'eventuale identità del materiale probatorio valutato e da valutare non è sufficiente ad integrare quella medesimezza ed identità del fatto che giustifica l'accoglimento di un'istanza di ricusazione ai sensi dell'art. 37 c.p.p., anche dopo la dichiarazione di parziale illegittimità, di cui alla sentenza della Corte Cost. n. 283 del 2000.

Ma, nella fattispecie, v'è di più, posto che, oltre alla diversità degli eventi-morte, gli è che le patologie indicate nel presente procedimento quali causa della morte dei cinque lavoratori non sono tutte sovrapponibili a quella che aveva cagionato, nel presunto procedimento pregiudicante, il decesso di P.G., cioè il mesotelioma pleurico: tant'è vero che, nel caso del lavoratore P.G. si ipotizza un carcinoma vescicale uroteliale;

inoltre, diversa è la malattia professionale da cui è affetto il lavoratore T.P., consistente nella presenza di placche pleuriche bilaterali ialine, di natura non neoplastica.

L'esposizione alle microfibre di amianto, pertanto, non costituisce, come assunto in ricorso, l'unico fattore di rischio che gli imputati avrebbero, secondo l'accusa, omesso di prevenire, posto che in imputazione si fa riferimento anche all'esposizione ad ammine aromatiche e ad idrocarburi policiclici aromatici.

Inoltre, i soggetti passivi erano addetti a reparti diversi l'uno dall'altro, onde il grado di esposizione di ciascuno ai fattori di rischio era anche diverso: il che vale ad avere contezza della diversità anche della condotta attribuibile agli imputati, non potendosi prescindere dalla disanima, caso per caso, dei concreti provvedimenti che avrebbero dovuto adottarsi, per prevenire o contenere l'esposizione dei lavoratori ai fattori di rischio.

In conclusione, la correttezza e la persuasività delle argomentazioni esposte dalla Corte territoriale nell'ordinanza impugnata, ove sono sostanzialmente rispecchiate le superiori considerazioni, impone il rigetto dei ricorsi, con le conseguenze previste dall'art. 616 c.p.p. in ordine al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

 

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2010