Cassazione Penale, Sez. 4, 29 marzo 2023, n. 13041 - Rottura della fune del carroponte e infortunio mortale del lavoratore schiacciato durante la movimentazione di una trave in legno


Nota a cura di Raffaele Guariniello, in ISL, 6/2023, pp. 335 "L'inerzia dell'organo ispettivo non scusa il datore di lavoro"

 
 REPUBBLICA ITALIANA
 
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 
 SEZIONE QUARTA PENALE
 
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
 Dott. BRUNO M.Rosaria - Presidente -
 
 Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -
 
 Dott. RICCI A.L.A. - rel. Consigliere -
 
 Dott. CIRESE Marina - Consigliere -
 
 Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere -
 
 ha pronunciato la seguente:
 
 SENTENZA


 
 sul ricorso proposto da:
 
 A.A., nato a (Omissis);
 
 avverso la sentenza del 17/11/2021 della CORTE APPELLO di PERUGIA;
 
 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
 
 udita la relazione svóIta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;
 
 lette le conclusioni del PG LUCA TAMPIERI che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
 

Fatto


 1. La Corte d'appello di Perugia con sentenza del 17 gennaio 2021 ha confermato la sentenza del Tribunale di Perugia di condanna alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale e della non menzione nei confronti di A.A., nella qualità di Presidente del consiglio di amministrazione della COST Spa , e perciò datore di lavoro, in ordine al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni del dipendente B.B., commesso in Bettona il 2 ottobre 2008.
 
 1.2. I fatti sono stati ricostruiti nelle sentenze di merito, conformi, nel modo seguente. Il (Omissis) circa, B.B., mentre stava prestando la sua opera nel reparto di confezionamento legno lamellare della ditta COST, quale addetto alla conduzione di un carroponte per il prelevamento e lo spostamento di semilavorati in legno, dopo aver azionato detto macchinario con il telecomando, a causa della rottura delle funi di tenuta, era stato investito e schiacciato dalla caduta dell'apparecchio di sollevamento ed era così deceduto sul colpo. L'istruttoria aveva consentito di accertare:
 
 - carenze progettuali della macchina, riconducibili a progettazione e funzionamento della fune, del limitatore di carico e dell'argano non corretti. In particolare, a fronte di una fune con determinate caratteristiche, non era risultato corretto, nella modifica apportata dal costruttore 3Tecmer, all'argano, il dimensionamento del diametro della puleggia e l'analisi dei carichi di lavoro risultava essere sottostimata;
 
 - l'inadeguatezza delle verifiche di controllo effettuate trimestralmente dalla ditta Teknoservice a partire dal (Omissis) con riferimento alla fune il cui diametro era inadeguato per l'apparato di sollevamento come modificato dalla ditta 3Tecmer;
 
 - la predisposizione da parte del datore di lavoro di un documento di valutazione dei rischi del tutto carente;
 
 - criticità del layout aziendale alla data dell'incidente quanto alla movimentazione in sicurezza dei materiali e dei dipendenti, tale per cui era necessaria una redistribuzione delle linee produttive o l'ampliamento dello stabilimento.
 
 1.3 L'addebito di colpa nei confronti di A.A., nel capo di imputazione era stato individuato nell'aver commissionato e messo a disposizione dei lavoratori una attrezzatura di lavoro modificata e non conforme ai requisiti di sicurezza corredata da un manuale d'uso e di manutenzione non rispondente alla esatta configurazione dell'apparecchio, e nell'aver omesso, nella scelta delle attrezzature, di valutare adeguatamente i rischi derivanti dall'impiego delle stesse anche in relazione alle condizioni e caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere in violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 comma 2 lett. a), art. 35, commi 1 e 3, (ora art. 17 comma 1 lett. a) e del D.Lgs. 08 aprile 2008 n. 81 art. 71, comma 1 e 2). Il Tribunale ha ritenuto A.A., responsabile per avere " in maniera imprudente e negligente acquistato (e comunque non operando alcuna vigilanza come mimino documentale sull'acquisito di) un macchinario inidoneo e pericoloso"; per aver omesso di vigilare sulla sicurezza del layout aziendale e sulle condizioni operative interne e comunque sull'operato del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione D.D.; per aver omesso di redigere in maniera idonea il documento di valutazione dei rischi.
 
 1.4. Con la stessa sentenza è stata confermata anche la condanna di D.D., nella qualità di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione e delegato da parte del datore di lavoro allo svolgimento di funzioni in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, e di D.D., dipendente della Teknoservice Srl , società incaricata dalla COST della effettuazione della manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto di sollevamento, mentre è stato dichiarato non doversi procedere nei confronti E.E., quale amministratore unico della ditta 3Tecmer Srl che aveva progettato, fabbricato, venduto e installato presso la COST Spa , nonchè firmato la dichiarazione di conformità CE dell'apparecchio di sollevamento, per essere il reato a lui ascritto estinto per prescrizione.
 
 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato con proprio difensore, formulando tre motivi.
 
 2.1 Con il primo motivo ha dedotto la violazione della legge processuale ed in particolare del principio di necessaria correlazione fra imputazione contestata e sentenza. Il difensore osserva che al A.A., era stata operata una doppia contestazione, ovvero a) l'aver commissionato e messo a disposizione dei lavoratori una attrezzatura di lavoro modificata e non conforme ai requisiti di sicurezza e b) l'aver omesso nella scelta delle attrezzature di valutare adeguatamente i rischi derivanti dall'impiego delle stesse anche in relazione alle condizioni e caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere. Nessuna delle due contestazioni aveva trovato riscontro oggettivo nella istruttoria dibattimentale in quanto, con riferimento al profilo sub a), era emerso che era stata la 3Tecmer, in modo autonomo dal A.A., a operare modifiche sull'argano e sulle altre componenti prima di immettere la macchina sul mercato (tanto che lo stesso Pubblico Ministero nella memoria di discussione all'udienza del 19 aprile 2019 aveva abbandonato detta accusa) e, con riferimento al profilo sub b), era emerso che A.A., non aveva omesso alcuna valutazione circa i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature. Il Pubblico Ministero aveva, infatti, abbandonato l'accusa contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio, per contestare inaspettatamente al A.A., più genericamente di aver omesso la predisposizione di un effettivo documento di valutazione dei rischi, atteso che come dichiarato dai tecnici ASL quello in essere era gravemente carente e insufficiente. A fronte di tale rilievo, esposto nei motivi di appello, la Corte aveva rigettato la relativa doglianza rilevando che non può dirsi violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora l'imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione ad ogni possibile profilo dell'addebito e qualora sia rimasta inalterata la condotta intesa come dato fattuale e storico contenuto nell'imputazione. Tuttavia proprio tali condizioni ad avviso del ricorrente non erano state soddisfatte nel caso in esame: A.A., aveva impostato la sua difesa al fine di dimostrare di non avere mai commissionato una macchina da lavoro modificata e di non avere mai omesso nella scelta delle attrezzature di valutare i rischi e si era trovato a difendersi dalla diversa accusa di non aver approntato un effettivo documento di valutazione dei rischi. La modifica della contestazione di fatto operata dal Pubblico Ministero "all'ultima curva" avrebbe dovuto essere effettuata ai sensi dell' art. 516 c.p.p. e ss..
 
 2.2. Con il secondo motivo ha dedotto il vizio di motivazione relativamente al rigetto del secondo motivo di appello relativo alla insussistenza di profili di responsabilità a carico di A.A.. Il difensore osserva che prima dell'inizio dell'attività dello stabilimento a seguito dello spostamento da (Omissis), su istanza dello stesso imputato, era stata effettuata da parte della ASL attività di controllo, al fine di verificare tutte le misure adottate in ordine alla normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e che in esito a detti accessi nessuna contestazione era stata mossa nei confronti del datore di lavoro. Il complesso iter amministrativo seguito dall'azienda, iniziato con le prime autorizzazione e concluso nel 2007 con la visita della ASL e con il verbale positivo di primo accertamento, valevano a dimostrare che a A.A., nulla poteva essere rimproverato, in quanto anche la adeguatezza del DVR era stata rimessa all'autorità preposta ai controlli. Avendo il datore di lavoro ricevuto il benestare da parte dell'organo tecnico deputato ai controlli, egli aveva agito nella fondata convinzione di aver adempiuto le prescrizioni impartite dalla legge, sicchè avrebbero dovuto trovare applicazione nei suoi confronti le relative esimenti. Il fatto che il Tecnico della ASL Romoli non avesse evidenziato alcuna anomalia in sede di controllo aveva radicato in senso al datore di lavoro il convincimento della regolarità del macchinario, del suo manuale di manutenzione e di uso nonchè del DVR. 2.3. Con il terzo motivo ha dedotto il vizio di motivazione relativamente al rigetto del terzo motivo di appello concernente i plurimi profili di contraddittorietà della sentenza di primo grado. La sentenza di primo grado aveva posto a suo esclusivo fondamento le conclusioni formulate dai periti nonostante le numerose contraddizioni e lacune dell'elaborato peritale in forza delle quali, in ultima analisi, A.A., era stato ritenuto responsabile sulla base della qualifica di datore di lavoro a cui sempre e comunque devono essere addebitati gli incidenti avvenuti in azienda. Era stato, infatti, accertato che egli aveva acquistato una macchina dotata di regolare certificazione CE e aveva comunicato agli enti preposti la messa in servizio della macchina; aveva effettuato trimestralmente la manutenzione prevista a mezzo di ditte specializzate aventi i requisiti previsti dalla legge e nell'ultimo rapporto di manutenzione avvenuto il 17 luglio 2008 la fune era stata considerata in condizioni regolari. I periti avevano, tuttavia, ritenuto che sussistessero criticità nel c.d. layout aziendale relativamente alla movimentazione in sicurezza dei materiali e dei dipendenti, ma tale conclusione era in insanabile contrasto con fatto che il tecnico ASL Romoli non aveva segnalato alcuna criticità. Inoltre la contraddittorietà intrinseca delle conclusioni dei periti emergeva anche dalla valutazione della posizione degli altri imputati: i periti non avevano ravvisato in capo a D.D., Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione e delegato alla sicurezza sui luoghi di lavoro, alcuna responsabilità e avevano invece ritenuto responsabile A.A., il quale mai aveva ricevuto neppure una semplice segnalazione tesa ad evidenziare criticità, sicchè non si comprendeva in base a quali elementi il datore di lavoro avrebbe dovuto intervenire.
 
 2. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Luca Tampieri, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto rigettarsi il ricorso.
 

Diritto


 1. Il ricorso deve essere rigettato.
 
 2. Il primo motivo relativo alla mancata correlazione fra accusa e sentenza è infondato. Occorre prendere le mosse dal principio espresso dalle Sezioni Unite secondo cui in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010 Carelli, Rv. 24805101). Tale principio è stato ribadito anche in tema di reato colposi, rispetto ai quali si è ritenuta insussistente "la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (Sez. 4, n. 19028 del 01/12/2016,dep. 2017, Casucci, Rv. 269601; Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014, Denaro e altro, Rv. 260161). Sicchè al giudice è consentito di aggiungere agli elementi di fatto contestati, altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, perchè sostanzialmente non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa. Simmetricamente si è sostenuto che il ricorso per cassazione con cui si deduca la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, ai fini della sua ammissibilità, sotto il profilo della specificità, non può limitarsi a segnalare la mancanza formale di coincidenza tra l'imputazione originaria e il fatto ritenuto in sentenza, dovendo altresì allegare il concreto pregiudizio che ne è derivato per l'esercizio del diritto di difesa, non sussistendo la violazione predetta ove, sulla ricostruzione del fatto operata dal giudice, le parti si siano confrontate nel processo (Sez. 4,n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997).
 
 21.La Corte di Appello, in replica all'analoga censura fatta valere con i motivi di appello, ha osservato che giudici avevano ritenuto causali rispetto all'evento, oltre ad alcune violazioni già contestate nella imputazione (quali la messa a disposizione di una macchina modificata e non conforme ai requisiti di sicurezza e l'aver omesso di valutare i rischi derivanti dall'impiego della macchina) anche una non corretta valutazione dei rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature e di un layout produttivo tale per cui non vi era Spazio fisico per destinare alcune aree alla movimentazione dei carichi ed altre aree alla movimentazione delle persone, ovvero estremi di comportamento colposo che erano stati oggetto di discussione nel corso del processo.
 
 Nel dolersi dell'aggiunta di tali profili, il ricorrente con il motivo in esame evidenzia che era stato lo stesso Pubblico Ministero, al termine dell'istruttoria e sulla base delle relative emergenze, a rimarcare l'esistenza degli ulteriori profili di colpa consistiti essenzialmente nella predisposizione di un documento di valutazione dei rischi totalmente carente. Peraltro non può non rilevarsi come la contestazione relativa alla predisposizione del Documento di Valutazione del Rischio fosse già contenuta nel capo di imputazione nel quale, a proposito della condotta di A.A., era menzionata anche la violazione del D.Lgs. 30 aprile 2008, n. 81, art. 17 comma 1 lett. a).
 
 Ne consegue che la decisione della Corte di Appello appare conforme ai principi sopra richiamati: i profili di colpa evidenziati nella sentenza impugnata e ritenuti causali rispetto all'evento erano, invero, in parte già contestati ed erano comunque emersi dalla complessa ed articolata istruttoria, sicchè rispetto a tali profili l'imputato era stato messo nelle condizioni di controdedurre e, dunque, di esercitare in pieno il diritto di difesa.
 
 3. Il secondo ed il terzo motivo con cui si censura la affermazione della responsabilità dell'imputato, il quale secondo il ricorrente avrebbe fatto quanto in suo potere per prevenire eventi quale quello verificatosi, in assenza di qualsivoglia segnalazione da parte degli organi preposti ai controlli, del manutentore e del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, sono infondati.
 
 La Corte di Appello, muovendo dall'assunto per cui il datore di lavoro è garante primario della sicurezza del lavoratore e che da tale posizione di garanzia discende l'obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità secondo la migliore evoluzione della scienza tecnica tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e all'esito di redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28, ha osservato che A.A., non aveva ottemperato all'obbligo su di lui gravante di adottare tutte le misure per un adeguato governo delle situazioni di rischio.
 
 In particolare nel caso di specie i periti aveva evidenziato che:
 
 - la macchina utilizzata dal B.B., al momento dell'infortunio presentava carenze riconducibili a una non corretta progettazione della fune, del limitatore di carico e dell'argano. A fronte delle caratteristiche della fune, il costruttore 3Tecmer aveva apportato modifiche all'argano a seguito delle quali il dimensionamento del diametro delle puleggia non era idoneo per la fune utilizzata; l'analisi dei carichi di lavoro era stata sottostimata con conseguente pericolosità del dispositivo di sollevamento utilizzato da B.B., in ragione della conseguente eccessiva usura della fune; il limitatore di carico entrava in funzione per un valore pari a 5000 kg rispetto al limite corretto di intervento di 2500 kg. La 3Tecmer dopo aver acquistato l'argano F.F. lo aveva modificato sostituendo la carrucola in alto con due carrucole, sicchè non corrispondeva alla Certificazione CE fornita da F.F.. Il manuale del carroponte faceva riferimento ad un paranco diverso a quello installato: la documentazione tecnica, vuoi con riferimento al manuale d'uso e manutenzione, vuoi con riferimento alla verifica conformità CE, vuoi con riferimento alla parte del DVR relativa alla descrizione delle soluzioni adottate per prevenire i rischi presentati dalla macchina risultava inadeguata;
 
 - la macchina non era di fatto un apparecchio di sollevamento proprio perchè il carico non era libero di oscillare: nei verbali di verifiche era scritto che la portata della macchina era pari a 5 tonnellate mentre nella targhetta della macchina era indicata una portata di 3 tonnellate. Il tecnico Asl, in sede di ispezione effettuata in data antecedente all'infortunio, non aveva rilevato nessuna irregolarità, ma non si poteva dire in che modo fossero state, in tali occasioni, effettuate le prove di carico ed in ogni caso il tecnico non aveva il potere di verificare la macchina in quanto non era un apparecchio di sollevamento.
 
 Già tale aspetto integrava a carico del A.A., un profilo di macroscopica negligenza, posto che questi avrebbe dovuto rilevare la non conformità del manuale alla macchina.
 
 I periti, inoltre, attraverso le immagini del video dell'incidente, avevano rilevato che gli operatori si trovavano spesso a transitare sotto l'apparecchio di sollevamento per cui, quando venivano movimentati i carichi, vi erano necessariamente delle persone che si trovavano al di sotto, proprio perchè il layout produttivo era strutturato in modo tale per cui non vi era Spazio fisico per destinare alcune aree alla movimentazione dei carichi ed altre aree alla movimentazione delle persone. Tale criticità, su cui si era soffermata anche il teste della ASL G.G., e che pure era addebitabile a A.A., doveva ritenersi strettamente causale rispetto all'infortunio occorso a B.B., che a seguito della rottura della fune era rimasto schiacciato nel corso della movimentazione di una trave in legno.
 
 Inoltre la teste G.G., si era anche espressa nel senso della totale inadeguatezza del Documento di Valutazione dei Rischi predisposto da A.A.. Producendo la Cost. travi speciali di grandi dimensioni, non era stata operata la valutazione delle necessarie aree di lavoro ai fini della sicurezza in relazione alla presenza di impianti di sollevamento con carichi sospesi da movimentare; non era stata prevista segnaletica ed in ogni caso erano state messe a disposizione dei lavoratori delle attrezzature non conformi e prive di manuale di istruzione.
 
 3.1. A fronte di tale percorso argomentativo, in forza del quale la Corte aveva individuato, quali profili di colpa causali rispetto all'evento a) l'avere il datore di lavoro messo a disposizione del lavoratore un macchinario modificato (e reso in tal modo pericoloso) e corredato da un manuale di uso e manutenzione non corrispondente, b) l'avere adottato un layout produttivo strutturato in modo tale per cui non vi era Spazio fisico per destinare alcune aree alla movimentazione dei carichi ed altre aree alla movimentazione delle persone e c) l'avere omesso di predisporre un Documento di Valutazione dei Rischi in grado di assolvere alla funzione demandata, le censure del ricorrente non colgono nel segno.
 
 Invero la circostanza per cui i tecnici della Asl, nel corso dei sopralluoghi, non avessero evidenziato irregolarità e neppure la ditta incaricata della manutenzione periodica avesse segnalato le modifiche operate sulla gru e la sostanziale assenza del manuale d'uso, è priva di rilievo. La Corte ha motivato in ordine alla macroscopica evidenza delle criticità riscontrate, tutte rientranti nell'area di rischio governata dal datore di lavoro in ragione della posizione di garanzia rivestita, e ha ritenuto che la eventuale negligenza concorrente di altri soggetti non potesse valere ad escludere la responsabilità del ricorrente. La soluzione adottata appare, invero, conforme al principio per cui "la responsabilità colposa del datore di lavoro per l'infortunio accorso al lavoratore non è esclusa dalla circostanza che in occasione di visite ispettive non siano stati mossi rilievi in ordine alla sicurezza di una macchina o alla regolarità di impianti, in quanto la normativa antinfortunistica pone direttamente a carico dell'imprenditore l'obbligo di attuare le misure previste e di accertarsi della loro esistenza, ed il destinatario di tale obbligo non può eluderlo trincerandosi dietro (sempre possibili) carenze o superficialità di osservazione verificatesi nel corso di ispezioni, oppure dietro pareri sommariamente espressi" (Sez. 4, n. 32128 del 06/05/2011, Monti, Rv. 251456) Analogamente non può che essere addebitata al A.A., la mancata predisposizione di un Documento di Valutazione del Rischio che contenesse una analisi dettagliata della realtà produttiva e la conseguente adozione delle necessarie misure preventive, venendo in rilievo, in tal caso, una tipica attribuzione datoriale addirittura non delegabile. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il datore di lavoro ha l'obbligo giuridico di analizzare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre ad aggiornamenti periodici il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81/2009, all'interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (così Sez.Un., 24.4.2014, n. 38343, Espenhahn). Lo strumento della adeguata valutazione dei rischi è un documento che il datore di lavoro deve elaborare con il massimo grado di specificità, restandone egli garante: l'essenzialità di tale documento deriva con evidenza dal fatto che, senza la piena consapevolezza di tutti i rischi per la sicurezza, non è possibile una adeguata politica antinfortunistica (così, Sez.4, 13.12.2010, n. 43786, Cozzini). E ciò perchè in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il rapporto di causalità tra la condotta dei responsabili della normativa antinfortunistica e l'evento lesivo deve essere accertato in concreto, rapportando gli effetti dell'omissione all'evento che si è concretamente verificato (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Serafica, Rv. 267253). Nel caso di specie la Corte ha rilevato, in maniera coerente con i dati dell'istruttoria, che il Documento di Valutazione del Rischio predisposto da A.A., era gravemente carente e non idoneo ad assolvere alla sua funzione e che la relativa violazione della regola cautelare aveva avuto incidenza causale rispetto all'evento.
 
 Infine la mancata segnalazione da parte del D.D., Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, delle evidenziate criticità non poteva ancora una volta avere rilievo ai fini dell'esonero della responsabilità del A.A., posto che, per le ragioni già evidenziate, tutte le violazioni cautelari addebitate all'imputato ineriscono alla tipica funzione datoriale e all'area di rischio governata dal datore di lavoro. La responsabilità, conseguente alla posizione di garanzia del datore di lavoro, sussiste indipendentemente da eventuali segnalazioni relative a criticità provenienti da soggetti terzi, in quanto l'obbligo di attivazione è connaturato alla funzione esercitata.
 
 4. Al rigetto del ricorso segue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 P.Q.M.


 Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2023.
 
 Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2023