Cassazione Penale, Sez. 3, 16 maggio 2023, n. 20671 - Contestazioni dell'organo di vigilanza al subappaltatore durante il sopralluogo in un cantiere edile 






REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente -

Dott. PAZIENZA Vittorio - Consigliere -

Dott. SEMERARO Luca - Consigliere -

Dott. REYNAUD Gianni F. - rel. Consigliere -

Dott. CORBO Antonio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 16/03/2022 del Tribunale di Como;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. REYNAUD Gianni Filippo;

lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LIGNOLA Ferdinando, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, conv., con modiff., dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

lette le conclusioni rassegnate nell'interesse della ricorrente dall'avv. PARIS Ignazio, il quale ha insistito per l'accoglimento delle conclusioni del ricorso.

 
 

Fatto
 


1. Con sentenza del 16 marzo 2022, il Tribunale di Como, all'esito del dibattimento, ha condannato A.A. alla pena di 3.000,00 Euro di ammenda per alcune contravvenzioni alla disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, contestate dall'organo di vigilanza all'esito di sopralluogo in un cantiere edile dove la società di cui l'imputato era legale rappresentante stava svolgendo, con un proprio dipendente, lavori assunti in subappalto.

2. Avverso la sentenza, a mezzo del difensore di fiducia, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con il primo motivo, l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione sul rilievo che egli era un mero subappaltatore e che il ponteggio a cui si riferivano le contestazioni mosse era stato allestito dalla società committente, che ne era titolare. Non rientrava nelle sue competenze, pertanto, quella di curare le strutture riferibili ad altre società.

Si lamenta, inoltre, la contraddittorietà della sentenza nella parte in cui, da un lato, attesta l'adempimento delle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza e, d'altro lato, afferma invece che le prescrizioni sarebbero state disattese.

3. Con il secondo motivo di ricorso s'invoca l'applicazione, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. sul rilievo che ne sussisterebbero i presupposti.

 
 

Diritto
 


1. Il primo motivo di ricorso è nel complesso infondato.

2. Come ha esattamente rilevato l'Avvocato Generale nelle sue conclusioni, nella specie dev'essere richiamato - e ribadito - il condivisibile orientamento in passato già espresso da questa Corte, allorquando si è affermato che in materia di prevenzione antinfortunistica nel settore delle costruzioni, quando in un cantiere edile diverse imprese assumano in appalto l'esecuzione di lavori che per la loro natura impongono l'utilizzazione di ponteggi già in precedenza installati da altri, esiste l'obbligo per gli imprenditori (ed eventualmente per i loro preposti) di verificare che tutti i ponteggi siano completati nel pieno rispetto delle norme, senza che possa riconoscersi un qualsiasi affidamento per eventuali assicurazioni avute da terzi - anche se qualificati - circa la regolarità dei ponteggi stessi, essendo l'obbligo di controllo rigorosamente personale del soggetto cui compete la direzione dei lavoratori (Sez. 4, n. 3590 del 13/02/1990, Grattarolu, Rv. 183693). Sulla stessa linea, si è più di recente affermato che gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere predisposto dall'appaltatore, gravano su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, che è tenuto ad adottare misure di prevenzione e protezione contro tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, pur nel caso in cui questi siano dovuti a interferenze con l'attività di altre imprese e l'organizzazione del luogo di lavoro resti comunque sottoposta ai poteri direttivi generali dell'appaltatore o del committente (Sez. 3, n. 5907 del 11/01/2023, Modugno, Rv. 284187-02; in termini analoghi, con specifico riguardo ad un cantiere edile, v. Sez. 3, n. 19505 del 26/03/2013, Bettoni, Rv. 254993).

2.1. Ed invero, la stessa disposizione evocata in ricorso prevede che "i datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l'esecuzione dell'opera, osservano le misure generali di tutela di cui all'art. 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in particolare: (...) d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e il controllo periodico degli apprestamenti, delle attrezzature di lavoro degli impianti e dei dispositivi al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori" (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 95, comma 1, lett. d). Contrariamente a quanto opina il ricorrente, il riferimento che la disposizione effettua alla "parte di competenza di ciascuno" non delimita l'obbligo di sicurezza circoscrivendolo al soggetto che ha allestito gli impianti durevoli predisposti in cantiere, ma vale a contestualizzare gli obblighi previsti dalla disposizione rispetto al concreto svolgimento delle attività svolte da ogni impresa, escludendo soltanto che possano imputarsi al datore di lavoro di un'impresa esecutrice inadempimenti ad obblighi di sicurezza che in alcun modo coinvolgano i lavori ad essa affidati ovvero i propri lavoratori dipendenti.

2.2. Nel caso di specie la sentenza attesta - e il ricorrente non muove al riguardo specifiche contestazioni - che il subappalto assunto dall'impresa dell'imputato riguardava lo svolgimento di opere murarie e che, in occasione del secondo sopralluogo, un dipendente dell'imputato stava operando sul tetto dell'edificio. Tutte le contestazioni mosse in imputazione - riferite alla sicurezza del ponteggio, dei luoghi e delle scale utilizzate per l'accesso alle solette dei piani superiori dell'edificio - inerivano, dunque, anche alla sicurezza del lavoratore dipendente della società amministrata dall'imputato, impiegato nel cantiere in mansioni che richiedevano l'utilizzo di quegli impianti. A norma del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 95, rientravano pertanto nella "competenza" del ricorrente la verifica e il controllo dei relativi dispositivi di sicurezza indipendentemente da chi avesse realizzato e allestito le opere provvisionali, sicchè le contravvenzioni accertate nei sopralluoghi compiuti dall'autorità di vigilanza - nella loro materialità non contestate - gli sono state correttamente addebitate.

2.3. Quanto alla dedotta contraddittorietà che la motivazione della sentenza presenterebbe circa l'adempimento o meno delle prescrizioni, il rilievo è manifestamente infondato e frutto di un evidente equivoco in cui il ricorrente è incorso. Le prescrizioni in materia di sicurezza che la sentenza (pag. 2) attesta essere rimaste inadempiute, infatti, sono quelle impartite dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, lett. f), contestate al capo 4 d'imputazione (non oggetto di specifiche censure). Quando, invece, la sentenza (pagg. 1 e 3) evoca le prescrizioni adempiute - richiamate anche per riconoscere all'imputato le circostanze attenuanti generiche - si riferisce espressamente a quelle impartite dall'organo di vigilanza.

3. Il secondo motivo di ricorso è generico e manifestamente infondato.

3.1. Il ricorrente non censura specificamente la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha spiegato le ragioni ritenute ostative alla declaratoria dell'invocata causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ma ne invoca l'applicabilità d'ufficio da parte di questa Corte ai sensi dell'art. 129 c.p.p..

Al di là della questione se la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p. possa essere rilevata di ufficio dal giudice dell'impugnazione ai sensi dell'art. 129 c.p.p. - questione sulla quale, nella giurisprudenza di questa Corte, si registrano prese di posizioni non del tutto coincidenti: cfr., anche per ulteriori riferimenti, Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 2021, Ugboh Shedrack, Rv. 280707 - il suo rilievo nel giudizio di cassazione esigerebbe comunque che i presupposti per l'applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non necessitino di ulteriori accertamenti fattuali (Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rodio, Rv. 280118-02).

3.2. Questa situazione - ed il rilievo è assorbente - non ricorre nel caso di specie, posto che la sentenza impugnata ha escluso la possibilità di pronunciare sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto per la molteplicità delle violazioni ascritte e ritenute, compendiate in quattro capi d'imputazione con condotte, si legge a pag. 1 della sentenza, commesse anche in tempi diversi e, addirittura, nel periodo intercorrente tra un accesso ispettivo e l'altro. Tenendo anche conto del fatto che, in questa parte, la sentenza non viene fatta oggetto di specifiche censure, appare del tutto generica l'affermazione che le violazioni ascritte sarebbero "compatibili" con i requisiti richiesti dall'art. 131 bis c.p., adducendosi a sostegno dell'assunto elementi in parte del tutto irrilevanti ("il lungo lasso di tempo intercorso tra il fatto e la pronuncia") ed in parte coinvolgenti un giudizio fattuale di merito non emergente dalla sentenza impugnata ed estraneo al sindacato di legittimità ("il pericolo circoscritto e mai concretizzatosi" e "il ruolo assolutamente marginale del ricorrente"). Occorre inoltre considerare che in sentenza si attesta che l'imputato aveva riportato condanna per analoghi fatti solo tre mesi prima rispetto alla commissione dei reati qui sub iudice e per questa ragione - non contestata - gli è stato negato l'invocato beneficio della non menzione della condanna.

Non vi sono elementi, pertanto, per poter riconoscere la causa di non punibilità ai sensi dell'art. 129 c.p.p., nè vale il richiamo, effettuato nella memoria difensiva conclusionale, alla recente sentenza della Sezioni unite di questa Corte. E' ben vero che in essa si è affermato il principio giusta il quale la pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sè ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ma si è altresì precisato che essa può essere riconosciuta dal giudice all'esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che - salve le condizioni ostative tassativamente previste dall'art. 131-bis c.p. per escludere la particolare tenuità dell'offesa o per qualificare il comportamento come abituale - tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall'entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall'intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti (Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064). Una complessiva valutazione di merito che richiederebbe accertamenti in fatto in questa sede non espletabili per poter rendere l'invocata pronuncia di annullamento della sentenza ex art. 129 c.p.p..

4. Il ricorso, complessivamente infondato, va pertanto rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.



 
P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2023