Cassazione Civile, Sez. Lav., 03 maggio 2023, n. 11549 - Morte del litografo a seguito di un mieloma. Rendita ai superstiti. Ricorso inammissibile



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia - Presidente -

Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere -

Dott. GNANI Alessandro - Consigliere -

Dott. SOLAINI Luca - rel. Consigliere -

Dott. CERULO Angelo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA



sul ricorso iscritto al n. 29463/2018 R.G. proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA VIALE EUROPA 55, presso lo studio dell'avvocato GIUFFRE' GIOVANNI, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ROMEO LUCIANA, FAVATA EMILIA, che lo rappresentano e difendono;

- controricorrente -

avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di MILANO n. 113/2018 depositata il 17/04/2018, R.G.N. 135/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2023 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

 

Fatto

 


che:

Con sentenza del 17.4.2018 n. 113, la Corte d'appello di Milano accoglieva il gravame dell'Inail avverso la sentenza del tribunale di Busto Arsizio che accoglieva la domanda di A.A. proposta, in qualità di coniuge superstite di B.B., nei confronti dell'Inail che era volta a chiedere la costituzione di una rendita ai superstiti di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 85 dalla data di decesso del coniuge, oltre rivalutazione, interessi e spese di lite.

Il tribunale, all'esito dell'istruttoria, aveva accertato che B.B., morto a 49 anni per mieloma multiplo micromolecolare, risultava aver lavorato per 36 anni come litografo e - senza usare sistemi di protezione - era stato a contatto con vernici, solventi inchiostri e diluenti, pertanto, sussisteva il nesso di causalità tra l'attività svolta e la patologia contratta, in ragione di una serie di indizi precisi e concordanti costituiti dal fatto che il mieloma era insorto in maniera precoce e che l'attività di tipografia è inserita nell'elenco delle attività insalubri di prima e seconda classe del D.M. 5 settembre 1994 e che il benzene è elemento cancerogeno e notoriamente utilizzato in tipografia; secondo lo studio scientifico allegato in atti, la lunga esposizione ad agenti chimici cancerogeni aumentava in maniera significativa il rischio di contrarre la patologia denunciata.

La Corte d'appello, da parte sua, a sostegno degli assunti di accoglimento del gravame dell'Inail ha ritenuto che, nella specie, non si verteva nell'ipotesi di presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall'assicurato, in quanto la lavorazione svolta dal de cuius non era tabellata, non rientrando nelle tabelle allegate al D.P.R. n. 336 del 1994; inoltre, non era stato nè dedotto nè dimostrato che B.B. avesse utilizzato il benzene, anche perchè già con la L. n. 245 del 1963 tale diluente era stato vietato in tutte le lavorazioni, potendo essere tollerata la presenza di benzolo fino a un valore massimo del 2% in peso del solvente. Non era stato neppure dimostrato che la società presso la quale aveva lavorato il de cuius avesse violato la legge, utilizzando solventi non consentiti e se pure l'attività di tipografia era inserita tra le attività insalubri secondo il D.M. 5 settembre 1994, non era tuttavia un'attività tabellata secondo il D.P.R. n. 336 del 1994, non potendo, pertanto, presumersi il nesso di causalità tra attività svolta e la patologia contratta. Infine, la patologia causa del decesso andava considerata pacificamente ad eziologia multifattoriale.

Avverso la sentenza della Corte d'appello, A.A., in qualità di coniuge superstite, ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, mentre l'Inail resiste con controricorso.

 

Diritto


che:

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, della L. n. 38 del 2000, art. 10 comma 4 e degli artt. 32 e 38 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè in violazione delle norme di cui alla rubrica, la Corte d'appello non aveva tenuto conto che sono considerate malattia professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui alla L. n. 38 cit., art. 10, comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l'origine professionale. In buona sostanza, secondo la ricorrente sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio lavoro sia che riguardi la lavorazione sia che riguardi l'organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione.

Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 62 e 194 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè la Corte d'appello aveva omesso l'esame, con adeguata istruttoria, del fatto dell'utilizzo del benzene durante l'attività lavorativa di B.B. per oltre 30 anni, alla luce della circostanza che il CTU non era riuscito a reperire l'azienda e neppure a mettersi in contatto telefonicamente, per verificare di persona se la ditta utilizzava ancora tale diluente: infatti, il giudice di primo grado si era motivatamente discostato sul punto dalla consulenza d'ufficio.

Il primo motivo è inammissibile, perchè solleva censure sia sull'accertamento di fatto relativo alla natura professionale della malattia (mieloma multiplo micromolecolare) da cui era affetto il coniuge defunto della ricorrente e sia sull'accertamento della causa della morte dalla anzidetta malattia, ai fini del riconoscimento della rendita ai superstiti, attività rimessa per pacifico insegnamento di questa Corte, alla competenza esclusiva del giudice del merito.

Il secondo motivo è inammissibile perchè non si confronta con la statuizione che l'utilizzo del benzene era stato vietato nelle lavorazioni tipografiche fin dalla L. n. 245 del 1963 e non era stato dimostrato che la società presso la quale aveva lavorato B.B. avesse violato tale normativa di settore che vietava l'utilizzo di diluenti con percentuale di benzolo superiore ai limiti consentiti (2%); inoltre, il ricorrente non contesta neppure che la patologia che aveva condotto al decesso di B.B. era pacificamente ad eziologia multifattoriale.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo già versato a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

 

P.Q.M.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente a pagare all'Inail le spese di lite, che liquida nell'importo di Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2023