Obbligo vaccinale e stato di emergenza sanitaria da SARS-COV-2/Covid-19 tra salute pubblica e salute dei lavoratori
 

1) Obbligo vaccinale in generale
    Di obbligo vaccinale e di rifiuto dei vaccini si è parlato insistentemente e da più parti nel recente travagliato periodo, a seguito della vastissima campagna vaccinale intrapresa nel nostro Paese, così come in molti altri a livello mondiale¹, per fronteggiare la malattia pandemica Covid-19, provocata dal virus SARS-Cov-2, rispettivamente ma anche indifferentemente chiamati nel linguaggio corrente Covid (come anche qui si utilizzerà per brevità) o Coronavirus.
    Sulla legittimità nel nostro ordinamento dell’obbligo vaccinale esistono pronunce della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato, della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e Trattati internazionali che corredano a vario titolo le disposizioni di legge di riferimento.
    Sull’obbligo vaccinale in generale, è opportuno richiamare preliminarmente la sentenza della Corte Costituzionale n. 307/1990 che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della legge n. 51/1966 sull’obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica nella parte in cui non prevedeva un equo indennizzo per i casi di contagio o malattia a seguito della vaccinazione stessa, ha sancito, seppur incidenter tantum, la costituzionalità dell’obbligo vaccinale in relazione all’art. 32 della Costituzione, in base alla sussistenza di tutte le seguenti condizioni:

a) adozione mediante una legge od atto avente forza di legge;
b) finalità di tutela della salute individuale e collettiva;
c) assenza di pregiudizio per la salute dei vaccinati, fatte salve le sole conseguenze che “per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali di ogni intervento sanitario e pertanto tollerabili”;
d) previsione di un “equo ristoro” per il danno sanitario eventualmente patito a seguito ed in dipendenza della vaccinazione².

    Come si può osservare, dei quattro requisiti predetti, il primo e l’ultimo rientrano nel piano tecnico-giuridico in senso stretto, mentre i due intermedi rimandano al ruolo della scienza e della ricerca scientifica, sempre più rilevanti nella legislazione sanitaria.
    A tale riguardo, la “Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina”, sottoscritta dagli Stati membri del Consiglio d’Europa ad Oviedo il 4/4/1987 e ratificata dallo Stato Italiano a seguito della legge 145/2001, aveva già confermato, a bilanciamento della proclamazione e protezione dei diritti in materia sanitaria, che le restrizioni all’esercizio degli stessi devono essere previste con legge, rivestire il carattere di necessarietà, presuppongono una società democratica e possono riguardare, tra gli altri ambiti, la protezione della salute pubblica (art. 26 – Restrizione all’esercizio dei diritti). In particolare, tali restrizioni possono derogare al principio generale del primato dell’essere umano, anche qualora si riferiscano al solo interesse della società e della scienza (art. 2 – Primato dell’essere umano) con conseguente compressione del diritto al consenso libero ed informato (art. 5 – Regola generale; art. 8 – Situazioni d’urgenza).
    Successivamente e prima comunque della vicenda Covid, la sentenza della Corte Costituzionale n. 5/2018 ha approfondito temi salienti in materia vaccinale, attraverso molteplici declaratorie di inammissibilità e non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, a far capo dalla obbligatorietà dei vaccini e relativa sanzionabilità, alla competenza dello Stato nelle scelte in oggetto, all’impiego del decreto-legge. In questo caso, la vicenda muoveva da più ricorsi promossi presso la Corte dalla Regione Veneto in ordine al decreto-legge n. 73/2017 (Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale), convertito, con modificazioni, in legge n. 119/2017. Tale decreto-legge, a seguito della conversione, estendeva da quattro a dieci il numero dei vaccini obbligatori per i minori di sedici anni, irrogando, in caso di mancata effettuazione degli stessi, sanzioni amministrative pecuniarie alle famiglie ed il divieto di accesso ai soli servizi educativi per l’infanzia e scuole per l’infanzia, senza invece preclusioni per le scuole dell’obbligo.
    In generale, tra le altre e numerose questioni, la Regione predetta sollevava le questioni: a) della “lesione delle competenze regionali in materia di tutela della salute (organizzazione e funzionamento del Sistema sanitario regionale) e di istruzione (servizi educativi per l’infanzia e garanzia del diritto allo studio nelle istituzioni scolastiche ed educative)”; b) della irragionevolezza e sproporzione della “decisione dello Stato di imporre, in modo immediato e automatico, il passaggio da una strategia vaccinale basata sulla convinzione a una basata sulla coercizione”.
    In ordine alla questione della incostituzionalità dell’obbligo vaccinale (n. 8.2 dei Considerato in diritto), la Corte ne ha riaffermato la non fondatezza in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione in base alle stesse considerazioni ed alle stesse condizioni cui era pervenuta la precedente sentenza 307/1990, sopra citata, e successivamente confermate in altre sentenze più recenti, emanate in situazione emergenziale da Covid³. Altrettanto dicasi per la questione della sanzionabilità dell’obbligo, nei cui confronti i giudici costituzionali hanno riservato piena discrezionalità al legislatore
“nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalla malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo”⁴.
    In ordine alla competenza statale nella scelta della obbligatorietà vaccinale e, più in generale, della preminenza delle attribuzioni dello Stato in materia vaccinale e della corrispondente subalternità delle Regioni (n. 7.2 dei Considerato in diritto), la sentenza in esame dichiara, in particolare, la non fondatezza delle questioni promosse in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma della Costituzione. Si citano esplicitamente “le potestà dello Stato relative a: princìpi fondamentali in materia di tutela della salute, livelli essenziali di assistenza, profilassi internazionale e norme generali sull’istruzione”. Qui poi il richiamo alla scienza medica ufficiale non manca di levarsi a sostegno delle prerogative statali, con una impostazione del tutto coerente con quella seguita successivamente nella vicenda Covid: “Secondo i documenti delle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, l’obiettivo da perseguire è la cosiddetta “immunità di gregge”, la quale richiede una copertura vaccinale a tappeto in una determinata comunità, al fine di eliminare la malattia e di proteggere coloro che, per specifiche condizioni di salute, non possono sottoporsi al trattamento preventivo”. Le conclusioni sono al riguardo lapidarie: “Pertanto, in questo ambito, ragioni logiche, prima che giuridiche, rendono necessario un intervento del legislatore statale e le Regioni sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale.
    Quanto infine all’impiego del decreto-legge, la Corte ha riconosciuto la non fondatezza delle questioni sollevate in riferimento all’art. 77, secondo comma, della Costituzione (n. 6 dei Considerato in diritto) in base a valutazioni che rafforzano, anche in anticipo sulla vicenda Covid, la scelta vaccinale con caratteri di necessarietà generalizzata ed urgenza nell’effettuazione: “La copertura vaccinale è strumento di prevenzione e richiede di essere messa in opera indipendentemente da una crisi epidemica in atto. Deve perciò concludersi che rientra nella discrezionalità del Governo e del Parlamento intervenire prima che si verifichino scenari di allarme e decidere – a fronte di una prolungata situazione di insoddisfacente copertura vaccinale – di non attendere oltre nel fronteggiarla con misure straordinarie, anche in vista delle scadenze legate all’avvio dell’anno scolastico”.
    Da parte sua, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con sentenza della Grande Camera n. 116/2021, pronunciandosi su questioni di legittimità di alcune decisioni delle autorità della Repubblica Ceca relative alla mancata sottoposizione di minori alle vaccinazioni obbligatorie in quello stato, ha escluso che tale obbligatorietà sia contraria all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Diritto al rispetto della vita privata e familiare)⁵. Si tratta di una decisione importante anche per il momento storico in cui è stata pronunciata, ovvero in piena pandemia da Covid, e che conferma, pur non trattandosi della vaccinazione anti-Covid, l’orientamento più generale di considerare l’obbligo vaccinale “come comprendente il valore della solidarietà sociale, il cui scopo è quello di proteggere la salute di tutti i membri della società, in particolare di quelli che sono più vulnerabili rispetto a determinate malattie e nei cui confronti al resto della popolazione è richiesto di assumere un rischio minimo sotto forma di vaccinazione”⁶.

2) Obbligo vaccinale anti-Covid
    Venendo ora alla situazione dei vaccini anti-Covid nel nostro ordinamento, è opportuno esporne lo sviluppo cronologico e di politica sanitaria nell’adozione del relativo obbligo.
    Per un verso infatti esisteva, in precedenza rispetto alla pandemia Covid, l’obbligo per il datore di lavoro di “messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente” (d.lgs. n. 81/2008, art. 279, c. 2, lett. a), appunto rivolto ai lavoratori professionalmente esposti a rischio biologico specifico, ovvero prevalentemente i lavoratori dei comparti industriale farmaceutico, di ricerca e sanitario. In caso di rifiuto del lavoratore e/o di insufficienza della misura predetta era previsto, sempre in capo al datore di lavoro (ex c. 2, lett. b) “l’allontanamento temporaneo del lavoratore, secondo le procedure dell’art. 42”⁷.
    Nei confronti poi del personale sanitario in particolare è stato sancito uno specifico obbligo legislativo di vaccinazione, a seguito della pandemia Covid, attraverso il decreto-legge n. 44/2021 (Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici), convertito, con modificazioni, in legge n. 76/2021.
    Per altre categorie, e soprattutto per le persone di età superiore ai cinquanta anni, un ulteriore provvedimento legislativo, il decreto-legge n. 1/2022 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro e negli istituti della formazione superiore), convertito, con modificazioni, in legge n. 18/2022, all’art. 1, ha quindi esteso l’obbligo in oggetto indipendentemente dalla esposizione professionale, ma con equiparazione del criterio dell’età a quello della fragilità sanitaria, già enucleato per speciali categorie di soggetti.
    In sede giurisprudenziale, risulta di fondamentale rilievo la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione terza, n. 7045/2021, relativa alla legittimità della vaccinazione obbligatoria ex art. 4 del decreto-legge n. 44/2021 sopra citato.
    Brevemente, l’art. 4 in questione, stabiliva l’obbligo di vaccinazione anti-Covid per “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie e parafarmacie e negli studi professionali”. Al riguardo, si sanciva che:
a) “la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”;
b) “solo in caso di accertato pericolo per la salute … la vaccinazione … non è obbligatoria e può essere omessa o differita”;
c) l’inosservanza dell’obbligo vaccinale “determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”;
d) il datore di lavoro adibisce il lavoratore che rifiuti il vaccino, senza ragioni sanitarie personali accertate, “a mansioni, anche inferiori … con trattamento corrispondente alle mansioni esercitate” e quando tale adibizione non sia possibile “non è dovuta la retribuzione … fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il termine dello stato di emergenza sanitaria”;
e) il datore di lavoro adibisce il lavoratore che rifiuti il vaccino, adducendo ragioni sanitarie personali accertate “a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione”.
    La vicenda riguardava dunque più provvedimenti di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per altrettanti professionisti e lavoratori del settore sanitario, a contatto con i pazienti, che si erano rifiutati di sottoporsi al vaccino anti-Covid e, al di là di questioni processuali amministrative che qui non interessano e che avevano condotto il TAR della Regione Friuli-Venezia Giulia a dichiarare inammissibili i ricorsi, il Consiglio di Stato li ha invece ammessi in sede di gravame e respinti nel merito, con un pronunciamento in linea con la pregressa giurisprudenza di legittimità costituzionale e della CEDU.
    In primis, la tesi degli appellanti circa l’incertezza della efficacia e della sicurezza dei quattro vaccini anti-Covid autorizzati in Italia non viene condivisa dal Collegio giudicante, il quale rileva che “con gli ovvi limiti del sindacato che spetta al giudice amministrativo sugli atti adottati dalle autorità e dagli enti sanitari nazionali nell’esercizio della loro discrezionalità tecnica, … sulla base degli studi … ma anche dell’evidenza dei dati ormai imponenti … la profilassi vaccinale è efficace nell’evitare non solo la malattia, per lo più totalmente o, comunque nelle sue forme più gravi, ma anche il contagio”. Ed ancora, pur nell’incompletezza delle conoscenze circa gli eventi post-vaccinali gravi e correlabili, soprattutto a lungo termine, “il legislatore, in una situazione pandemica che vede il diffondersi di un virus a trasmissione aerea, altamente contagioso e spesso letale per i soggetti più vulnerabili per via di malattie pregresse – si pensi ai pazienti cardiopatici, diabetici od oncologici – e dell’età avanzata, ha il dovere di promuovere e, se necessario, imporre la somministrazione dell’unica terapia – quella profilattica – in grado di prevenire la malattia o, quantomeno, di scongiurarne i sintomi più gravi e di arrestare o limitarne fortemente il contagio”. Da qui la conclusione, con richiamo ai princìpi costituzionali, che “la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 per il personale medico e, più in generale, di interesse sanitario, risponde ad una chiara finalità di tutela non solo – e anzitutto – di questo personale sui luoghi di lavoro e, dunque, a beneficio della persona, secondo il già richiamato principio personalista, ma a tutela degli stessi pazienti e degli utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il pure richiamato principio di solidarietà, che anima anch’esso la Costituzione, e più in particolare delle categorie più fragili e dei soggetti più vulnerabili⁸.
    Seguono poi altre considerazioni in ordine al diritto derivante dall’adozione della sopra citata “Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina”, che secondo il Collegio giudicante non viene violato dal decreto-legge n. 44/2021 ma anzi trova nella legislazione di altri Paesi europei la sua conferma, come nel caso dedotto nella sopra citata sentenza della CEDU che ha visto favorevolmente coinvolta, per l’adozione del vaccino obbligatorio nei confronti dei minori, la Repubblica Ceca⁹.
    Singolare ed interessante appare anche l’ordinanza istruttoria del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisdizionale, n. 38/2022 Reg. provvedimenti cautelari¹°, con la quale il Consiglio stesso, adìto in impugnativa di un’ordinanza del TAR siciliano, che respingeva un’istanza cautelare di riammissione in servizio di un tirocinante presso l’Università di Palermo, Laurea in Infermieristica, ha investito un collegio sanitario, all’uopo specificamente istituito, di alcune questioni attinenti la regolarità scientifico-procedurale dell’obbligo vaccinale, dal cui pronunciamento l’organo demandante avrebbe valutato fondatezza e rilevanza di eventuali questioni di legittimità costituzionale ipotizzabili in relazione all’introduzione dell’obbligo stesso.
    In particolare ed in sintesi, il collegio incaricato doveva pronunciarsi su:
1) “modalità di valutazione dei rischi e benefici operata, a livello generale, nel piano vaccinale e, a livello individuale, da parte del medico vaccinatore, anche sulla base dell’anamnesi pre-vaccinale”, con estensione alle direttive impartite ai medici di base circa le attività consulenziali e diagnostiche pre e post vaccino;
2) “modalità di raccolta del consenso informato”, in relazione alle situazioni sia di facoltatività e sia di obbligatorietà vaccinale;
3) “articolazione del sistema di monitoraggio, che dovrebbe consentire alle istituzioni sanitarie nazionali, in casi di pericolo per la salute pubblica a causa di effetti avversi, la sospensione dell’applicazione dell’obbligo vaccinale”;
4) “articolazione della sorveglianza post-vaccinale e sulle reazioni avverse ai vaccini”.
    A seguito del deposito (del 25/2/2022) presso il C.G.A.R.S. della relazione del predetto organo collegiale, il Consiglio stesso ha pronunciato un’ordinanza (del 16/3/2022, reg. 22/3/2022 n. 351), con la quale veniva sospeso il giudizio in corso e devoluta alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale:
a) “dell’art. 4, commi 1 e 2 del d.l. n. 44/2021 (convertito in l. n. 76/2021), nella parte in cui prevede, da un lato l’obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall’altro, per effetto dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, la sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli artt. 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costituzione, sotto il profilo che il numero di eventi avversi, la inadeguatezza della farmacovigilanza passiva ed attiva, il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale e comunque la mancanza nella fase del triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid non consentono di ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini antiCovid e delle evidenze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, fra l’altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze “che appaiono normali e, pertanto, tollerabili;
b) “dell’art. 1 della l. 217/2019, nella parte in cui non prevede l’espressa esclusione dalla sottoscrizione del consenso informato delle ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori, e dell’art. 4 del d.l. n. 44/2021, nella parte in cui non esclude l’onere di sottoscrizione del consenso informato nel caso di vaccinazione obbligatoria, per contrasto con gli artt. 3 e 21 della Costituzione”.
    La Corte Costituzionale, con sentenza n. 14/2023, ha sancito la manifesta inammissibilità della questione sub a) e la non fondatezza delle questioni sub b).
    Al presente fine, è importante sottolineare che, per quanto attiene alla legittimità costituzionale di una legge impositiva di un vaccino e, più in generale, di un determinato trattamento sanitario:
- “il rischio di insorgenza di un evento avverso, anche grave, non rende di per sè costituzionalmente illegittima la previsione di un obbligo vaccinale, costituendo tale evenienza titolo per l’indennizzabilità”;
- “fino a quando lo sviluppo della scienza e della tecnologia mediche non consentirà la totale eliminazione di tale rischio, la decisione di imporre un determinato trattamento sanitario attiene alla sfera della discrezionalità del legislatore, da esercitare in maniera non irragionevole;
- il sindacato della Corte Costituzionale, “essendo riferito alle scelte del legislatore, deve muoversi lungo due direttrici principali: la valutazione della situazione di fatto, cioè, nel caso in esame, della pandemia e l’adeguata considerazione delle risultanze scientifiche disponibili in merito all’efficacia e alla sicurezza dei vaccini;
- “dover effettuare una scelta tempestiva comporta che essa venga fatta, necessariamente, allo stato delle conoscenze scientifiche del momento e nella consapevolezza della loro fisiologica provvisorietà … la disciplina, dunque, può e deve mutare in base all’evoluzione della situazione sanitaria che si fronteggia e delle conoscenze scientifiche acquisite”;
- il principale dato medico-scientifico garantito dalle autorità istituzionali nazionali ed europee, preposte al settore, è costituito, fin dal momento dell’adozione della disposizione censurata e a tutt’oggi, dalla natura non sperimentale del vaccino e dalla sua efficacia, oltrechè dalla sua sicurezza;
- “la non irragionevolezza del ricorso al vaccino (risulta verificata in relazione all’imposizione dell’obbligo vaccinale per gli esercenti delle professioni sanitarie e per gli operatori di interesse sanitario) rispetto alla finalità di ridurre la circolazione del virus – funzione al duplice scopo … di proteggere quanti entrano con loro in contatto e di evitare l’interruzione di servizi essenziali per la collettività”;
- la misura deve ritenersi non sproporzionata, in primo luogo, perché non risultavano, a quel tempo, misure altrettanto adeguate rispetto allo scopo prefissato dal legislatore … ed altresì che la conseguenza del mancato adempimento dell’obbligo è rappresentata dalla sospensione dell’esercizio delle professioni sanitarie, con reintegro al venir meno dell’inadempimento dell’obbligo e, comunque, dello stato di crisi epidemiologica”¹¹.
    Altrettanto significative e foriere di possibili sviluppi successivi, le considerazioni finali della Corte Costituzionale in ordine “alla mancata adozione di misure di mitigazione e misure di precauzione ad accompagnamento dell’obbligo vaccinale, rinvenibili a parere del giudice rimettente in alcune carenze del triage pre-vaccinale: il mancato coinvolgimento dei medici di medicina generale e l’assenza, prima della inoculazione del vaccino, di adeguati accertamenti, analisi e test diagnostici, nonché dello stesso test sierologico”, che pur non trovando accoglienza dalla Corte stessa “meritano attenta considerazione anche in sede legislativa”¹².

3) Obbligo vaccinale anti-Covid e salute dei lavoratori
    Come abbiamo già evidenziato, l’obbligo vaccinale anti-Covid nei confronti dei lavoratori si è mosso dalle categorie di quelli assoggettati ad un rischio professionale o personale specifico per giungere alle categorie di quelli assoggettati ad un rischio professionale o personale che potremmo definire “a-specifico” o “multi-fattoriale”, in quanto non legato alle predette condizioni più critiche ma tuttavia suscettibile di tali criticità, almeno a livello scientifico-statistico, tra le quali spicca l’età media della popolazione lavorativa, sempre più elevata nel nostro Paese, anche nei confronti degli altri membri della UE¹³.
    Al riguardo, è opportuno muovere ancora dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 7045/2021, sopra citata.
    Tra i princìpi di diritto riaffermati nei motivi al termine della stessa, si distingue il punto relativo al rapporto tra obbligo vaccinale e diritto al lavoro: “48.3. Correttamente il legislatore … ha stabilito che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. 48.4. Questa previsione risponde non solo ad un preciso obbligo di sicurezza e di protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro, a contatto con il pubblico, obbligo che, secondo una tesi dottrinaria autorevole, già discenderebbe in questa fase di emergenza – ma il tema è discusso – dall’applicazione combinata della regola generale di cui all’art. 2087 c.c. e delle disposizioni specifiche del d.lgs. n. 81 del 2008, ma anche, come detto, al principio altrettanto fondamentale, di sicurezza delle cure, rispondente ad un interesse della collettività (art. 32 Cost.). 48.5. Un simile interesse è sicuramente prevalente, nelle attuali condizioni epidemiologiche, sul diritto al lavoro, di cui all’art. 36 Cost..
    E’ anche interessante rilevare l’evoluzione della configurazione giuridica delle vaccinazioni in ambito lavorativo e delle misure coercitive collegate.
    Nella prima fase infatti, in base al solo Testo Unico, Titolo X (Esposizione ad agenti biologici) si è trattato di una messa a disposizione dei vaccini a beneficio dei lavoratori soggetti a rischio specifico biologico, al cui rifiuto l’ordinamento prevedeva la dichiarazione di inidoneità temporanea o permanente del lavoratore alla mansione specifica ad opera del medico competente, l’allontanamento dello stesso ed il beneficio, qualora tale rifiuto fosse determinato da comprovate ragioni sanitarie, delle alternative previste dall’art. 42 del d.lgs. 81/2008 (ovvero l’adibizione, se possibile, a mansioni equivalenti o inferiori, senza riduzione della retribuzione, oppure, esclusivamente in assenza assoluta di alternative di adibizione e come ultima ratio, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo)¹⁴.
    Successivamente, come sopra accennato, in relazione ai soli operatori sanitari, il d.l. 44/2021, all’art. 4¹⁵, ha imposto agli stessi l’obbligo di sottoposizione a vaccinazione anti-Covid. In caso di rifiuto, non motivato da accertato pericolo per la salute di tali soggetti, permaneva il diritto di adibizione a mansioni, anche inferiori, che non implicassero rischi di diffusione del contagio e, qualora tale adibizione non fosse stata possibile, subentrava la sospensione dal servizio senza retribuzione. Si è pertanto sancito un nuovo obbligo vaccinale per i lavoratori, che in parte ricopriva la platea dei soggetti cui era indirizzata la normativa vaccinale del Testo Unico, e che comunque trovava la sua misura alternativa nell’adibizione a mansioni non a rischio e si diversificava, in caso di impossibilità di nuova adibizione, essenzialmente nell’esito della vicenda giuslavoristica, ovvero nella sospensione dal servizio senza retribuzione nel presente caso, nel possibile licenziamento nell’altro.
    Da ultimo, il legislatore è intervenuto sull’intera categoria degli ultracinquantenni¹⁶, introducendo il relativo obbligo vaccinale con il d.l. 1/2022¹⁷, convertito con modificazioni nella l. 18/2022, in un crescendo che ha accompagnato la campagna vaccinale generale, molto spinta de facto a livello politico, sanitario, amministrativo e mediatico, mirata al raggiungimento di una più elevata immunizzazione “di gregge”, ritenuta l’arma vincente contro il diffondersi della pandemia, anche al fine di ridurre i casi gravi e comportanti l’impiego prolungato e la conseguente saturazione delle terapie intensive ospedaliere.
    L’obbligo vaccinale ex d.l. 1/2022, a differenza di quello ex d.l. 44/2021, è stato altresì munito di sanzione amministrativa di euro 100 che il Ministero della salute per il tramite dell’Agenzia delle Entrate ha disposto periodicamente in base agli elenchi dei soggetti non vaccinati (tutti quindi, ad eccezione dei soli non vaccinabili) e di sanzione amministrativa da euro 600 ad euro 1.500 per i soggetti non vaccinati che avessero fatto ingresso nei luoghi di lavoro (rispettivamente, ex art. 1, in modifica degli artt. 4 sexies, 4 quinquies, commi 5 e 6 della l. 76/2021). Ciò ha riavvicinato l’obbligo vaccinale in esame alla configurazione di un precetto pecuniariamente sanzionato, distinguendolo da quello ex d.l. 44/2021 che sembrerebbe più prossimo alla categoria dell’onere in quanto esclusivamente limitante l’accesso al lavoro e la retribuzione in assenza di vaccinazione per rifiuto senza ragioni sanitarie personali accertate e pur sempre tuttavia come ipotesi residuale, in assenza di alternative aziendali non a rischio di contagio da Covid¹⁸.
    Va segnalato che, in gran parte, la incompatibilità della presenza in ambienti lavorativi di soggetti non vaccinati e non vaccinabili è stata risolta anche attraverso l’adozione del c.d. “lavoro agile” ovvero, nella sua ‘versione pandemica’, quello strumento che ha imposto/consentito a molti lavoratori (soprattutto del terziario e dei servizi) di svolgere la propria attività attraverso collegamenti in rete informatizzata dal proprio domicilio¹⁹.
    Infine, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 15/2023, si è tuttavia pronunciata anche, ed opportunamente, sui rapporti tra obbligo di sicurezza sul lavoro ed obbligo vaccinale, sancendo un principio già evocato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 7045/2021, sopra citata, seppur in forma dubitativa, che potrebbe definirsi di “doverosità congiunta estendibile” anche alle misure di profilassi sanitaria nei confronti di particolari contesti lavorativi (nel caso in esame, i lavoratori del settore sanitario impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie). La Corte ha infatti espressamente evidenziato il collegamento tra l’art. 2087 c.c. ed il d.lgs. 81/2008 (c.d. Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro) con l’obbligo vaccinale anti-Covid e, in particolare, con effetto integrativo dei principali obblighi già in capo sia al datore di lavoro, sia al lavoratore (rispettivamente, ai sensi degli artt. 18 e 20 del Testo Unico).
    In questo caso, lungi dal sollevarne l’aspetto sanzionatorio, anche il giudice costituzionale ne ha percorso quello sinallagmatico-giuslavoristico, avvalorando principalmente il requisito della doverosità per entrambi i contraenti²º.

4) Per una riqualificazione di consensi e rifiuti
    Le note che seguono intendono fornire un piccolo contributo al dibattito sulla natura e, soprattutto, sulla migliore e più estesa funzionalità dell’attività vaccinale e, più in generale, dei trattamenti sanitari generalizzati (obbligatori e facoltativi), con particolare riferimento al livello di consapevolezza e di doverosa partecipazione delle persone cui tali attività sanitarie si rivolgono.
    La questione del consenso e del rifiuto rispetto alle vaccinazioni ha subito un’accelerazione di interesse nella fase pandemica e, molto probabilmente, è destinata a protrarsi o comunque a riaccendersi nel futuro alla luce dei tanti mutamenti naturali, sanitari e sociali che già si profilano all’orizzonte²¹.
    Muovendo quindi da una possibile riqualificazione di consensi e rifiuti, in un ambito più aderente alla pubblica opinione dell’attuale momento storico ed alle connesse preoccupazioni diffuse tra le persone chiamate dalle pubbliche autorità a sottoporsi alle operazioni vaccinali (informazione frammentaria e spesso contraddittoria, preoccupazione per la salute propria e dei propri cari, incertezza sull’efficacia delle misure adottate e, comunque, sugli scenari economici, individuali, familiari e collettivi, ipotizzabili in dipendenza di eventi sanitari di tipo endemico o pandemico, ecc.), si è provato dunque a configurare su tale riqualificazione i compiti dello stato e dei cittadini nei confronti delle vaccinazioni, in direzione di una maggiore sensibilizzazione e presa di coscienza civica di tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti e nel rispetto dei princìpi fondamentali del nostro ordinamento, sopra evidenziati.
    Il contributo resta naturalmente aperto alla discussione ed all’apporto di tutte le idee mirate ad agevolare il superamento, almeno parziale, delle difficoltà finora affrontate da tutti, senza alcuna pretesa di esaustività o di rigidità.
    Fatta eccezione per gli speciali casi di trattamenti sanitari obbligatori individuali (l. n. 833/1978, artt. 34 e 35 e legislazione speciale), il consenso presuppone la libertà di accettazione del trattamento sanitario ed il rifiuto presuppone che l’eventuale sanzione per la mancata volontaria sottoposizione al trattamento sanitario obbligatorio sia comunque mite, ulteriormente mitigabile e revocabile. Entrambi tuttavia devono essere assicurati e concretamente garantiti nei confronti di ogni tipo di trattamento sanitario generalizzato, obbligatorio e facoltativo²².

• Consensi e rifiuti
1.1 Consenso informato: atto intenzionale mirato al raggiungimento degli scopi sanitari indicati dall’autorità sanitaria pubblica attraverso gli strumenti dalla stessa adeguatamente esplicitati, con piena condivisione del soggetto che volontariamente si sottoponga al trattamento sanitario proposto.
 

1.2 Accettazione (informata) del trattamento sanitario con riserva di consenso (comprende anche, a prescindere da ogni diversa attestazione, il consenso non informato senza colpa per il paziente o prestato in base ad informativa insufficiente e/o errata ad opera dell’autorità sanitaria pubblica): atto intenzionale mirato al raggiungimento degli scopi sanitari indicati dall’autorità sanitaria pubblica attraverso gli strumenti dalla stessa esplicitati, ovvero al limitato scopo di evitare le conseguenze previste dall’ordinamento in caso di rifiuto e, in entrambi i casi, con parziale/condizionata condivisione, od anche senza condivisione, circa i predetti scopi e/o strumenti da parte del soggetto che si sottoponga al trattamento sanitario (con possibile rilascio di attestato con formule: riserva sanitaria generale, riserva sanitaria personale, riserva di altra natura).
 

1.3 Rifiuto informato (esplicito): rifiuto volontario di sottoposizione al trattamento sanitario del soggetto che non condivide, appieno od in parte rilevante, il raggiungimento degli scopi sanitari attraverso gli strumenti esplicitati dall’autorità sanitaria pubblica, con piena consapevolezza delle conseguenze previste dall’ordinamento (con possibile rilascio di attestato con formule: rifiuto per motivazioni sanitarie generali, personali, altre motivazioni).
 

1.4 Rifiuto non informato (comprende anche il rifiuto della trattamento per le vie di fatto e, a prescindere da ogni diversa attestazione, il rifiuto non informato senza colpa per il paziente o prestato in base ad informativa insufficiente e/o errata ad opera dell’autorità sanitaria pubblica): rifiuto volontario di sottoposizione al trattamento sanitario da parte del soggetto che non condivide, appieno od in parte rilevante, il raggiungimento degli scopi sanitari attraverso gli strumenti esplicitati dall’autorità sanitaria pubblica, per ignoranza, erronea interpretazione o, comunque, supposizione di perseguimento di adeguato comportamento alternativo a quello ufficiale, con piena o parziale consapevolezza delle conseguenze previste dall’ordinamento (con possibile rilascio di attestato con formule: rifiuto per motivazioni sanitarie generali, personali, altre motivazioni).

1.5 Rifiuto per ragioni sanitarie personali, comprovate ed attestate dall’autorità sanitaria pubblica.

• Ordinamento giuridico connesso

I. Status sanitario personale:
A -Trattato in base a consenso informato: caso 1.1
B -Trattato in base ad accettazione con riserva: caso 1.2
C - Non trattato in base a rifiuto: casi 1.3 e 1.4
D - Non trattabile

II. Compiti a carico dello Stato
a) Obbligatorietà dei trattamenti sanitari generalizzati esclusivamente attraverso un provvedimento legislativo (riserva di legge assoluta in situazione ordinaria, relativa in situazione di emergenza), rispetto dei requisiti costituzionali e di legittimità al riguardo elaborati dalle rispettive corti (in particolare, con riferimento alle condizioni di legittimità costituzionale di cui alla Corte Cost. 307/1990 e 14/2023, sopra citate, ivi comprese le misure di mitigazione, di precauzione e di accompagnamento per i sottoposti all’obbligo sanitario²³).
b) Comunicazione personalizzata e registrata per tutti i destinatari dei trattamenti sanitari generalizzati degli scopi sanitari perseguiti dall’autorità sanitaria pubblica attraverso gli strumenti esplicitati, con indicazione delle limitazioni e condizioni di legge, l’esposizione a rischio in caso di mancato trattamento per le varie categorie di soggetti interessati, le possibili evenienze negative post-trattamento, attuata con consegna di informativa scritta in forma semplice e divulgativa ed eventuale spiegazione ad personam ad opera del medico del servizio sanitario pubblico in fase preliminare al trattamento (medico di base e/o medico responsabile del trattamento).
c) Gratuità per gli status sanitari A, B.
d) Revocabilità volontaria per tutti gli status sanitari, escluso il D. Nei confronti dei trattati degli status A, B, comporta la sospensione del trattamento ancora in corso e, in ogni caso, il diritto all’allegazione dei motivi di revoca per chi intenda avvalersene.
e) Risarcibilità piena del danno per gli eventi negativi gravi collegati al post-trattamento per gli status A, B.
f) Diritto di allegazione formalizzata degli eventuali motivi di riserva o rifiuto della vaccinazione per gli status B, C che intendano avvalersene.

III. Diritti e doveri della persona pre e post-trattamento sanitario generalizzato
a) Diritto assoluto a non subire alcun trattamento coatto.
b) Diritto di scelta e di ripensamento/revoca, non coercibili ex lege.
c) Diritto all’informazione personalizzata (scritta ed a seguito di colloquio sanitario).
d) Diritto/dovere di richiedere informazione suppletiva al servizio sanitario pubblico (medico di base e struttura sanitaria pubblica preposta), in caso di insufficienza/inadeguatezza di quella ricevuta.
e) Dovere di aderire al trattamento obbligatorio, assumendo le responsabilità giuridiche in caso di rifiuto (sanzioni pecuniarie e/o amministrative ma non penali).
f) Dovere di collaborazione fiduciaria con il servizio sanitario pubblico (in termini di veridicità delle informazioni e condizioni dichiarate, rispetto delle indicazioni/prescrizioni ricevute, ecc.).

IV. Sanzioni/misure a carico della persona non trattata o parzialmente trattata per rifiuto di un trattamento sanitario generalizzato obbligatorio
a) Facoltà per lo Stato di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie di entità ridotta.
b) Facoltà per lo Stato di sancire misure amministrative interdittive (di svolgimento di attività lavorative, professionali, di studio, di accesso ad ambienti pubblici e privati, di partecipazione ad eventi, manifestazioni, ecc.), o di incentivazione per i trattati che abbiano completato il ciclo terapeutico o profilattico previsto (sgravi fiscali, attribuzione di punteggi superiori in caso di partecipazione a concorsi pubblici, ecc.).
c) Previsione di circostanza aggravante speciale per avere commesso un reato colposo contro la persona o di comune pericolo attraverso il contagio a seguito del mancato trattamento sanitario con violazione delle regole di esonero prescritte dall’ordinamento per i non trattabili o delle misure cautelari interdittive per i non trattati in base a rifiuto.

______

¹ Secondo il Lab24 del Sole 24 Ore, la media mondiale dei vaccini inoculati almeno con una dose fino al maggio corrente è del 69,9 ogni cento abitanti, con variazione tra il 309% del Giappone ed il 53% della Nigeria. L’Italia registra 244 dosi ogni cento abitanti, la UE 209%, gli USA 203% e la Cina, donde si è originata la pandemia, 245%, solo quest’ultima con 3,5 miliardi di dosi somministrate.
² Corte Costituzionale n. 307/1990 (del 14/6/1990, dep. 22/6/1990), n. 2 dei Considerato in diritto.
³ In particolare, si tratta delle sentenze nn. 14 e 15 del 9/2/2023, di cui più ampiamente ultra.
Corte Costituzionale n. 5/2018 (del 22/11/2017, dep. 18/1/2018), n. 8.2.1 dei Considerato in diritto. Al successivo numero, si legge: “Anche nel diritto comparato si riscontra una varietà di approcci … A un estremo si trovano esperienze che ancora di recente hanno conosciuto obblighi vaccinali muniti di sanzione penale (Francia); all’estremo opposto si trovano programmi promozionali massimamente rispettosi dell’autonomia individuale (come nel Regno Unito); nel mezzo si ravvisa una varietà di scelte diversamente modulate, che comprendono ipotesi in cui la vaccinazione è considerata requisito di accesso alle scuole (come avviene negli Stati Uniti, in alcune Comunità autonome in Spagna e tuttora anche in Francia) ovvero casi in cui la legge richiede ai genitori … di consultare obbligatoriamente un medico prima di operare la propria scelta, a pena di sanzioni pecuniarie (Germania)”.
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per … la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui”
(Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Roma 4/11/1950, art. 8.
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Grande Camera n. 116/2021, del 8/4/2021, n. 279 dell’articolato di sentenza: “279. … As submitted by the respondent Government, it should also be seen as encompassing the value of social solidarity, the purpose of the duty being to protect the health of all members of society, particularly those who are especially vulnerable with respect to certain diseases and on whose behalf the remainder of the population is asked to assume a minimum risk in the form of vaccination”.
“Il datore di lavoro … attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza” (D.lgs. 81/2008, art. 42 - Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica).
Consiglio di Stato, Sezione terza, n. 7045/2021 (del 14/10/2021, dep. 20/10/2021), rispettivamente, ex nn. 27.8, 30.2 e 31.1 dei Motivi della sentenza.
Ibidem, n. 37.1 dei Motivi.
¹º Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisdizionale, n. 38/2022 Reg. provvedimenti cautelari (del 12/1/2022, pubblicata il 17/1/2022)
¹¹ Corte Costituzionale n. 14/2023 (del 1/12/2022, dep. 9/2/2023), rispettivamente, ex nn. 5, 5.2, 6, 8.2, 10.1, 13, 13.1, 13.2 dei Motivi in diritto.
¹² Interessanti e puntuali anche le considerazioni della Corte Costituzionale in merito alla raccolta del consenso alla vaccinazione: “la natura obbligatoria del vaccino in esame non esclude la necessità di raccogliere il consenso informato, che viene meno solo nei casi espressamente previsti dalla legge … L’obbligatorietà del vaccino lascia comunque al singolo la possibilità di scegliere se adempiere o sottrarsi all’obbligo, assumendosi responsabilmente, in questo secondo caso, le conseguenze previste dalla legge. Qualora, invece, il singolo adempia all’obbligo vaccinale, il consenso, pur a fronte dell’obbligo, è rivolto, proprio nel rispetto dell’intangibilità della persona, ad autorizzare la materiale inoculazione del vaccino” e pur sempre considerando che la raccolta del consenso è rilevante “anche ai fini di un’adeguata emersione dei dati essenziali per una completa e corretta anamnesi pre-vaccinale (n. 16.1 dei Motivi indiritto).
¹³ “In Italia l’età media (48 anni) è la più alta della UE. Siamo in vetta anche nel rapporto over 65-lavoratori, con un indice del 37,5%. … L’età media è cresciuta in tutti Paesi UE e si assesta oggi a 44,4 anni. I valori più bassi a Cipro con 38,3 anni, poi 38,8 anni in Irlanda e 39,7 in Lussemburgo. Dopo l’Italia abbiamo il Portogallo con 46,8 anni e la Grecia con 46,1 anni” (“Quotidiano Sanità.it”, 20/5/2023).
¹⁴ Supra, nota 7.
¹⁵ “Art. 4 (Obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario).
1. Fino al 1° novembre 2022, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, in attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati.
2. Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal proprio medico curante di medicina generale ovvero dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2, non sussiste l'obbligo di cui ai commi 1 e 1-bis e la vaccinazione può essere omessa o differita.
… 4. L'atto di accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale e' adottato da parte dell'Ordine professionale territorialmente competente, all'esito delle verifiche di cui al comma 3,
ha natura dichiarativa e non disciplinare, determina l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie ed è annotato nel relativo Albo professionale.
… 5. Per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato”
.
¹⁶ In Italia essi rappresentavano il 43,3% della popolazione totale al rilevamento del 2017, a cura di “Comuni-Italia.it”.
¹⁷ Art. 1 - Estensione dell'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2
1. Al decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, dopo l'articolo 4-ter sono inseriti i seguenti:
«Art. 4-quater (Estensione dell'obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 agli ultracinquantenni). - 1. Dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e fino al 15 giugno 2022, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2, di cui all'articolo 3-ter, si applica ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell'Unione europea residenti nel territorio dello Stato, nonché agli stranieri di cui agli articoli 34 e 35 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età”
.
¹⁸ “Ciò tanto in termini di durata, posto che … il legislatore ha introdotto sin dall’inizio, una durata predeterminata dell’obbligo vaccinale, modificandola costantemente, in base all’andamento della situazione sanitaria, giungendo ad anticiparla appena la situazione epidemiologica lo ha consentito; quanto in termini di intensità, trattandosi di una sospensione del rapporto lavorativo, senza alcuna conseguenza di tipo disciplinare, e non di una sua risoluzione” (Corte Cost. n. 14/2023 cit., n. 13.2 dei Motivi in diritto)
¹⁹ Il lavoro agile durante l’emergenza pandemica poteva essere applicato dai datori di lavoro ad ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi di cui agli artt. 18-23 della l. n. 81/2017, anche tuttavia in assenza degli accordi individuali (art. 90 c. 4 del d.l. n. 34/2020, come convertito dalla l. n. 77/2020). Come diritto soggettivo per i lavoratori è stato riconosciuto ai lavoratori disabili, ai lavoratori con un familiare disabile, ai lavoratori c.d. fragili, ai genitori lavoratori con almeno un figlio minore di 14 anni, (rispettivamente, ex dd.ll. 18 ed 83/2020).
²º “Essendo la vaccinazione elevata dalla legge a requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati, il datore di lavoro, messo a conoscenza della accertata inosservanza dell’obbligo vaccinale da parte del lavoratore, è stato tenuto ad adottare i provvedimenti di sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale, ovvero fino al completamento del piano vaccinale nazionale o comunque fino al termine stabilito dalla stessa legge. In tal senso, la sospensione del lavoratore non vaccinato … è in sintonia con l’obbligo di sicurezza imposto al datore di lavoro dall’art. 2087 del codice civile e dall’art. 18 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 …, con valenza integrativa del contenuto sinallagmatico del contratto individuale di lavoro. Avendo riguardo alla posizione dei lavoratori, la vaccinazione anti SARS-CoV-2 ha, a sua volta, ampliato il novero degli obblighi di cura della salute e sicurezza prescritti dall’art. 20 del d.lgs. n. 81 del 2008 (Corte Costituzionale n. 15/2023, del 1/12/2022, dep. 9/2/2023, n. 12 dei Motivi in diritto).
²¹ A far capo dal fenomeno del surriscaldamento della crosta terrestre che ha ormai coinvolto nella preoccupazione per le sue molteplici e pericolose conseguenze gran parte delle istituzioni politiche ed economiche internazionali e nazionali, seppur ancora con risultati generalmente e largamente insoddisfacenti. Al riguardo, la nostra Costituzione ha registrato il recente ingresso dell’ambiente nell’art. 41, quale limite all’attività economica: “ L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana).
²² Cfr. supra, nota 12.
²³ Supra, rispettivamente §§ 1, 2 e 3.
 


Torino, 29 maggio 2023                                                     Dott. Venanzo Maria Bocci