Cassazione Civile, Sez. Lav., 30 maggio 2023, n. 15107 - Assegno integrativo mensile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia - Presidente -
Dott. CAVALLARO Luigi - rel. Consigliere -
Dott. GNANI Alessandro - Consigliere -
Dott. SOLAINI Luca - Consigliere -
Dott. CERULO Angelo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31828/2020 R.G. proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIORGIO SCALIA, 15 INT. 1, presso lo studio dell'avvocato CAPUZZI ROCCO che lo rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
I.N.A.I.L., - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati FAVATA EMILIA e ROMEO LUCIANA;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d'Appello di ROMA n. 1837/2020, depositata il 06/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2023 dal Consigliere LUIGI CAVALLARO.
Fatto
che, con sentenza depositata il 6.10.2020, la Corte d'appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di A.A. volta a conseguire l'assegno di cui al T.U. n. 1124 del 1965. art. 76;
che avverso tale pronuncia A.A. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo nove motivi di censura;
che l'INAIL ha resistito con controricorso;
che parte ricorrente ha depositato memoria con allegata documentazione.
Diritto
che va preliminarmente dichiarato inammissibile il deposito della documentazione allegata alla memoria ex art. 378 c.p.c., potendo quest'ultima servire solo a illustrare i motivi di censura già proposti e non potendosi nel giudizio di legittimità depositare nuovi documenti che non riguardino la nullità della sentenza impugnata o l'ammissibilità del ricorso o del controricorso (art. 372 c.p.c.);
che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4 per irriducibile contraddittorietà della motivazione, "avendo affermato che la CTU avesse escluso l'applicabilità della normativa di riferimento alle patologie invalidanti" (così il ricorso per cassazione, pag. 16);
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell'art. 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale attribuito alla relazione di consulenza tecnica posta a base della decisione un'affermazione dal contenuto contraddittorio;
che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di omesso esame della certificazione medica e della relazione peritale di parte prodotte in atti;
che, con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4 per avere la Corte di merito rassegnato motivazione irriducibilmente contraddittoria in ordine all'esclusione del nesso di causalità tra le malattie professionali di cui egli è portatore e la condizione d'invalidità utile per la provvidenza oggetto del giudizio;
che, con il quinto motivo, la medesima doglianza è ripetuta sub specie di violazione dell'art. 116 c.p.c., per manifesto travisamento della CTU;
che, con il sesto motivo, la medesima doglianza è ripetuta sub specie di violazione dell'all. 3 al T.U. n. 1124 del 1965;
che, con il settimo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell'art. 2697 c.c. per avere la Corte territoriale escluso la prova del nesso di causalità di cui ai motivi precedenti;
che, con l'ottavo motivo, la medesima doglianza è ripetuta sub specie di violazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4;
che, con il nono motivo, la medesima doglianza è ripetuta ex art. 116 c.p.c.;
che i motivi possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione del contenuto delle censure;
che, al riguardo, va premesso che i giudici territoriali, dopo aver rilevato che il gravame dell'odierno ricorrente non muoveva "specifiche censure alla ricostruzione giuridica del beneficio (...) operata dal Tribunale" (secondo cui "affinchè alla rendita si aggiunga l'attribuzione dell'assegno integrativo mensile non bastano la sussistenza di una invalidità permanente assoluta nè la necessità di un'assistenza personale continuativa, ma occorre che l'invalidità permanente assoluta consegua ad una delle menomazioni elencate nella tabella allegato n. 3 del citato decreto, la quale ha natura non semplificativa ma tassativa", dovendo altresì escludersi "quando tale invalidità sopravvenga per cause indipendenti dagli eventi che diedero luogo alla rendita originaria o quando la revisione della medesima, per aggravamento delle condizioni del titolare, sia impossibile per la scadenza dei termini che regolano lo sviluppo del rapporto assicurativo"), ha escluso che le infermità lamentate dall'odierno ricorrente (disturbo dell'adattamento, coxoartrosi, periartrite scapolo-omerali bilaterali e disturbo borderline di personalità) potessero integrare i presupposti per la concessione dell'assegno in questione, non costituendo le prime tre "alterazioni delle facoltà mentali che apportino gravi e profondi perturbamenti alla vita organica e sociale" o "malattie o infermità che rendano necessarie la continua o quasi continua degenza a letto" e rappresentando la quarta "una affezione che (...) non rientra tra quelle costitutive della rendita" (così la motivazione della sentenza impugnata, pagg. 3-4);
che, tanto premesso, è evidente che le censure di cui al ricorso, ad onta dell'apparente riferimento a violazioni di legge sostanziale e processuale, si propongono di veicolare in questa sede una critica al giudizio di fatto con cui i giudici territoriali, in base alle risultanze della CTU, hanno escluso il nesso causale tra l'invalidità sopravvenuta e le malattie per le quali l'odierno ricorrente godeva della rendita;
che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. S.U. n. 34476 del 2019);
che nemmeno può soccorrere la censura di travisamento del contenuto della CTU, veicolata specialmente con il secondo e il quinto motivo, essendosi chiarito che tale vizio non è comunque deducibile in caso di cd. "doppia conforme", stante la preclusione di cui all'art. 348-ter c.p.c., u.c. (Cass. n. 24395 del 2020, 15777 del 2022); che il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza;
che, in considerazione della declaratoria d'inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale, il 23 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2023