CONFINDUSTRIA


Decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48
(DL Lavoro)
Nota di Aggiornamento
9 maggio 2023


Sommario
1. Giudizio complessivo
1.1 Riforma del Reddito di cittadinanza
1.2 Salute e sicurezza sui luoghi di lavoro
1.3 Interventi urgenti in materia di lavoro
1.4 Principali disposizioni in materia previdenziale e sociale
1.5 Misure a sostegno dei lavoratori e per la riduzione della pressione fiscale
2. I contenuti del decreto-legge
Capo I - Nuove misure di inclusione sociale e lavorativa

Capo II - Interventi urgenti in materia di rafforzamento delle regole di sicurezza sul lavoro e di tutela contro gli infortuni, nonché di aggiornamento del sistema di controlli ispettivi
Capo III - Ulteriori interventi urgenti in materia di politiche sociali e di lavoro
Capo IV - Misure a sostegno dei lavoratori e per la riduzione della pressione fiscale
Appendice
Reddito di cittadinanza, Assegno di inclusione, Supporto per la formazione e il lavoro: principali caratteristiche


1. Giudizio complessivo
Il 4 maggio scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge 48/2023 (cd. “Decreto Lavoro”). Il provvedimento si articola in quattro Capi, con un quinto che contiene le disposizioni finanziarie e disciplina l’entrata in vigore.
Il primo Capo, sicuramente il più strutturato e corposo, è dedicato alla riforma del Reddito di cittadinanza che viene sostituito dal nuovo istituto denominato Assegno di inclusione. Nel secondo Capo si trattano, invece, gli interventi urgenti in materia di sicurezza sul lavoro e tutela antinfortunistica nonché aggiornamenti in tema di controlli ispettivi. Nel terzo Capo sono inseriti gli interventi urgenti in materia di politiche sociali e di lavoro e nel quarto, infine, vengono inserite misure a sostegno dei lavoratori e per la riduzione della pressione fiscale.
Dalla struttura del provvedimento, non sembra emergere una volontà di imprimere una profonda riforma alla regolamentazione del lavoro e del mercato del lavoro, quanto, piuttosto, l’intenzione di “intervenire con urgenza” sulla disciplina di alcuni istituti e di apportare una serie di modifiche, talora non più che ragionevoli, su alcuni altri istituti, ma che non comportano innovazioni di grande spessore.
Vanno sottolineate alcune criticità in materia di salute e sicurezza, in particolare con riferimento alla estensione dell’obbligo della sorveglianza sanitaria.
Per quanto riguarda l’intervento sul costo del lavoro, pur valutando positivamente la misura, permane la necessità di un taglio strutturale del cuneo contributivo, da Confindustria richiesto in più sedi e occasioni.

1.1 Riforma del Reddito di cittadinanza
Come si diceva l’intervento più complesso è riservato alla riforma del Reddito di cittadinanza (in appendice alla nota vi è un quadro di insieme delle caratteristiche principali dei nuovi strumenti, vis-à-vis con quelle del Rdc). Sono apprezzabili i tentativi di migliorare l’efficienza dello strumento, inteso come mezzo per il contrasto alla povertà, ma rimane pur sempre un ibrido, sospeso fra lotta alla povertà e strumento per l’inserimento lavorativo, quando invece occorrerebbe distinguere con maggiore nettezza i due campi di intervento.
Se è corretta l’impostazione (che innova rispetto al Rdc), in base alla quale la prima “presa in carico” del nucleo beneficiario dell’Assegno è effettuata dai servizi sociali territoriali, per “una valutazione multidimensionale dei bisogni del nucleo familiare”, il difetto più grave è che non viene definito in modo inequivoco il concetto di “occupabilità” dei componenti il nucleo familiare, di età compresa tra i 18 e i 59 anni, attivabili al lavoro. Da ciò deriva il rischio di applicazioni estremamente diversificate sui territori di questo elemento che è però decisivo, perché dal rifiuto di una proposta di lavoro al componente del nucleo considerato occupabile deriva la decadenza del beneficio a favore di tutto il nucleo familiare.
Per quel che interessa più le imprese sono previsti incentivi per l’assunzione dei beneficiari del sussidio che però sono soggetti alla disciplina europea degli aiuti “de minimis” e, quindi, di non facile fruizione.

1.2 Salute e sicurezza sui luoghi di lavoro
In tema di sicurezza sui luoghi di lavoro, lo schema di decreto-legge, per alcuni versi, non sembra discostarsi dal tradizionale impianto normativo. Il giudizio complessivo è, in questa prospettiva, in chiaro scuro. Confindustria auspicava, invece, un cambio di rotta. Nelle proposte inviate al Ministro avevamo prospettato la necessità di favorire una relazione più partecipativa nei luoghi di lavoro e la maggiore valorizzazione del ruolo dell’INAIL, soprattutto, nella fase di prevenzione per la definizione di modelli organizzativi e gestionali (MOG).
La bozza di decreto introduce numerose disposizioni in tema di sicurezza sul lavoro. Alcune di esse sono particolarmente critiche (in particolare, la nomina del medico competente sulla base del documento di valutazione dei rischi), altre positive (la richiesta della cartella sanitaria rilasciata dal medico competente dell’impresa che occupava il lavoratore precedentemente), altre incoerenti rispetto al testo vigente (obblighi del lavoratore autonomo).

1.3 Interventi urgenti in materia di lavoro
Una valutazione non pienamente soddisfacente si deve esprimere rispetto al complesso delle disposizioni introdotte in materia di lavoro, previste nel Capo III. Se più efficace sembra essere l’intervento sulla parte delle politiche rivolte alla tutela dell’occupazione e alla gestione delle transizioni (cassa integrazione per eccezionali cause di crisi, rifinanziamento del Fondo Nuove Competenze, incentivi all’occupazione giovanile) nonché a favore delle semplificazioni nella gestione del rapporto di lavoro, risultano meno robusti gli interventi per superare le rigidità del cosiddetto “decreto dignità” (contratti a termine).
• Contratto a termine: L’intervento conferma l’utilizzo delle “causali” contrattuali, già in vigore, pur migliorandolo. Si aggiunge, poi, la possibilità di stipulare contratti a termine, in assenza di contrattazione collettiva, utilizzando però una formulazione che desta qualche perplessità. Non sono state prese in
considerazione le articolate proposte formulate in tema da Confindustria nell’apposito documento consegnato al Ministro.
• Semplificazione in materia di comunicazioni ai dipendenti: Viene accolta la richiesta proveniente da tutte le organizzazioni di rappresentanza datoriale di dare attuazione alla direttiva in materia con ampio rinvio alla contrattazione, come peraltro previsto dalla stessa normativa europea.

1.4 Principali disposizioni in materia previdenziale e sociale
All’art. 22 viene prevista una maggiorazione dell’assegno unico ed universale a favore del genitore vedovo.
All’art. 23 viene prevista una modifica della disciplina delle sanzioni amministrative in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali che prevede ora il riproporzionamento ed il miglioramento del relativo regime sanzionatorio. La valutazione è pertanto positiva.
All’art. 25 per consentire la piena attuazione dei piani di rilancio dei gruppi di imprese che occupano più di 1.000 dipendenti fino al 31.12.2023 - si prevede la possibilità per i contratti di espansione di gruppo stipulati entro il 31.12.2022 e non ancora conclusi, di rimodulare, con accordo integrativo in sede ministeriale, le cessazioni dei rapporti di lavoro con accesso allo scivolo pensionistico entro un arco temporale di 12 mesi successivi al termine originario del contratto di espansione. La disposizione è positiva.
Viene tuttavia eliminata la disposizione sulla proroga del contratto di espansione. Consideriamo importante che la possibilità di stipulare il contratto di espansione sia consentita anche per il 2024 ed il 2025. La valorizzazione dello strumento e la conseguente possibilità di utilizzo in maniera strutturale, richieste in più sedi ed occasioni, sono rilevanti nell’ambito dei processi di transizione occupazionale ed aziendale e possono favorire non solo il ricambio generazionale ma anche la ricollocazione di professionalità non prossime alla pensione.
Al fine di sostenere l’occupazione giovanile, all’art. 27 si prevede un incentivo economico. Il beneficio, erogabile per un massimo di 12 mesi, pari al 60% della retribuzione imponibile, viene riconosciuto ai datori di lavoro per le nuove assunzioni di giovani, effettuate dal 1°giugno e fino al termine del 2023, nelle seguenti condizioni:
a) che alla data dell’assunzione non abbiano compiuto il trentesimo anno di età;
b) che non lavorano e non sono inseriti in corsi di studi o di formazione (“NEET”);
c) che siano registrati al Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani”.
Pur valutando positivamente il beneficio, resta la necessità di un taglio strutturale del cuneo contributivo. Sarebbe, inoltre, opportuno precisare che l’incentivo riconosciuto in caso di assunzioni a tempo indeterminato e per il contratto di apprendistato professionalizzante debba applicarsi anche quando le citate assunzioni sono effettuate a scopo di somministrazione.
L’art. 30, in materia di integrazioni salariali, prevede che le imprese che abbiano dovuto fronteggiare situazioni di perdurante crisi aziendale e di riorganizzazione e che non siano riuscite a dare completa attuazione, nel corso del 2022, ai piani di riorganizzazione e ristrutturazione originariamente previsti per prolungata indisponibilità dei locali aziendali, per cause non imputabili al datore di lavoro, possono richiedere, anche qualora si trovino in stato di liquidazione, in via eccezionale, un trattamento di cigs al Ministero del lavoro in continuità di tutele già autorizzate, fino al 31 dicembre 2023, al fine di salvaguardare il livello occupazionale e il patrimonio di competenze acquisito dai lavoratori dipendenti.

1.5 Misure a sostegno dei lavoratori e per la riduzione della pressione fiscale.
Al capo IV del decreto-legge, tra le misure a sostegno dei lavoratori e per la riduzione della pressione fiscale, viene introdotto l’art 39 inerente l’esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti.
La norma prevede che per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023, senza ulteriori effetti sul rateo di tredicesima, viene elevata a 6 punti percentuali la misura dell’esonero contributivo previsto nella misura di due punti percentuali sulla quota dei contributi previdenziali per IVS a carico del lavoratore a condizione che la retribuzione imponibile (parametrata su base mensile per tredici mensilità) non ecceda l'importo mensile di 2.692 euro. Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
La misura dell’esonero è incrementata di un ulteriore punto percentuale a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l'importo mensile di 1.923 euro.
Pur valutando positivamente la misura, permane la necessità di un taglio strutturale del cuneo contributivo.
All’art. 40 si prevede, per il solo periodo d’imposta 2023, l’innalzamento a 3.000 euro del limite di non imponibilità (fiscale e contributiva) del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché del rimborso delle bollette energetiche sostenute dai medesimi dipendenti per il medesimo anno, ma solo con riferimento al personale con figli fiscalmente a carico (inclusi quelli per i quali si riceve dall’INPS l’Assegno Unico e Universale per la Famiglia).
Al fine di sostenere le famiglie e facilitare la conciliazione fra vita privata e lavoro, all’art. 42 viene istituito un Fondo per le attività socio-educative a favore dei minori. Il Fondo, con una dotazione pari a 60 milioni di euro per l’anno 2023, è istituito nello stato di previsione della spesa del MEF, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Fondo è destinato al finanziamento di iniziative dei Comuni, da attuare anche in collaborazione con enti pubblici e privati, finalizzate al potenziamento dei centri estivi, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa che svolgono attività a favore dei minori. Con un successivo decreto interministeriale saranno stabiliti i criteri di riparto.
Si valuta positivamente l’istituzione di questo Fondo a favore dei Comuni. Sarebbe auspicabile, tuttavia, la previsione di risorse specifiche con le medesime finalità anche a favore delle imprese.

2. I contenuti del decreto-legge
Capo I - Nuove misure di inclusione sociale e lavorativa
Assegno di inclusione (artt. 1 e ss.)

Dal 1° gennaio 2024 è istituito l’Assegno di inclusione, quale misura nazionale di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale, attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro.
La misura sostituisce il Reddito di cittadinanza.
L’assegno è riconosciuto su richiesta di uno dei componenti di nuclei familiari al cui interno vi sia almeno un componente con disabilità, o un minorenne o con almeno sessant’anni di età.
Per accedere al beneficio il nucleo familiare deve rispondere a tutta una serie di requisiti che riguardano: la cittadinanza, la residenza e il soggiorno; un determinato valore ISEE (9.360 euro); un determinato valore del reddito familiare (6.000 euro annui), moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza); un determinato valore di patrimonio mobiliare e immobiliare. È fissato anche un limite al godimento di beni durevoli.
Da questo punto di vista l’impostazione di fondo non si discosta da quella del Reddito di Cittadinanza.
Il beneficio economico per l’inclusione, su base annua, è composto da una integrazione del reddito familiare, come definito nel medesimo decreto istitutivo, fino alla soglia di euro 6.000 annui (elevabile in certi casi a 7.560 euro annui), moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza (art. 3).
Il beneficio è erogato per 18 mesi e può essere rinnovato per ulteriori 12 ma con una sospensione di un mese.
È anche prevista una eventuale integrazione del beneficio economico per i nuclei familiari residenti in abitazione concessa in locazione fino ad un massimo di euro 3.360 annui.
Sono previsti meccanismi di parziale compatibilità tra la fruizione del beneficio e la percezione di nuovi redditi da lavoro o indennità sopravvenute.

Sistema informatico - SIISL (art. 5)
Al fine di consentire l’attivazione dei percorsi personalizzati per i beneficiari dell’Assegno, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa - SIISL (art. 5).
Il Sistema informativo dovrebbe consentire l’interoperabilità di tutte le piattaforme digitali dei soggetti accreditati al sistema sociale e del lavoro che concorrono alle finalità previste dal decreto.
In questo modo i beneficiari attivabili al lavoro possono accedere a tutte le informazioni utili su offerte di lavoro, iniziative di formazione, tirocini di orientamento ed altre informazioni utili relative ai progetti personalizzati.
Per ricevere il beneficio economico dell’Assegno di inclusione il richiedente deve effettuare pertanto, presso l’INPS, l’iscrizione al menzionato Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL), al fine di sottoscrivere un “patto di attivazione digitale” (art. 4).
Dopo tale adempimento i beneficiari devono presentarsi per il primo appuntamento presso i servizi sociali entro centoventi giorni dalla sottoscrizione del patto di attivazione digitale e, in mancanza di presentazione, il beneficio economico è sospeso.
I servizi sociali effettuano una “valutazione multidimensionale” dei bisogni del nucleo familiare, finalizzata alla sottoscrizione di un “patto per l’inclusione” (art. 4, commi 5 e 6).
Nell’ambito di tale valutazione, i componenti del nucleo familiare, di età compresa tra 18 e 59 anni, attivabili al lavoro, vengono inviati ai centri per l’impiego per la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato (art. 6). Il patto di servizio personalizzato deve essere sottoscritto entro sessanta giorni. In mancanza il beneficio è sospeso.
Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possono stabilire che la sottoscrizione del patto di servizio personalizzato, e la relativa presa in carico del beneficiario dell’Assegno di inclusione attivabile al lavoro, sia effettuata presso i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro, mediante il SIISL.
Sono esclusi dai medesimi obblighi i beneficiari della Garanzia di Inclusione titolari di pensione diretta o comunque di età pari o superiore a 60 anni, nonché i componenti con disabilità, ai sensi della legge 12 marzo 1999, n. 68, fatta salva ogni iniziativa di collocamento mirato, i componenti affetti da patologie oncologiche, i componenti con carichi di cura.

Offerte di lavoro (art. 9)
Il componente del nucleo beneficiario dell’Assegno di inclusione, attivabile al lavoro, preso in carico dai servizi per il lavoro competenti, è tenuto ad accettare un’offerta di lavoro che abbia le seguenti caratteristiche:
a) un rapporto di lavoro a tempo indeterminato senza limiti di distanza nel territorio nazionale;
b) un rapporto di lavoro a tempo pieno o a tempo parziale non inferiore al sessanta per cento dell’orario a tempo pieno;
c) con retribuzione non inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
d) un rapporto di lavoro a tempo determinato, anche in somministrazione, qualora il luogo di lavoro non disti più di 80 km dal domicilio.
Se l’offerta di lavoro riguarda un rapporto di lavoro di durata compresa tra uno e sei mesi, l’Assegno di inclusione è sospeso d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro. Al termine del rapporto di lavoro, il beneficio continua a essere erogato per il periodo residuo di fruizione, ma sempre nel rispetto dei limiti delle previsioni “generali” di cui all’articolo 3, e quanto percepito non si computa ai fini della determinazione del reddito per il mantenimento del beneficio.
Viene disposta la decadenza dal beneficio, per tutto il nucleo familiare, a seguito di una serie di eventi che costituiscono inadempimento agli obblighi previsti dalla legge per la fruizione dello stesso (art. 8).

Incentivi (art. 10)
Ai datori di lavoro privati che assumono i beneficiari dell’Assegno di inclusione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, pieno o parziale, o anche mediante contratto di apprendistato, è riconosciuto, per un periodo massimo di dodici mesi, l’esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile. Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. Nel caso di licenziamento del beneficiario dell’Assegno effettuato nei ventiquattro mesi successivi all’assunzione, il datore di lavoro è tenuto alla restituzione dell’incentivo fruito maggiorato delle sanzioni civili, di cui all’articolo 116, comma 8, lettera a), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, salvo che il licenziamento avvenga per giusta causa o per giustificato motivo. L’esonero è riconosciuto anche per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato nel limite massimo di ventiquattro mesi, inclusi i periodi di esonero fruiti in caso di assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato.
Ed infatti, anche ai datori di lavoro privati che assumono i beneficiari dell’Assegno con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o stagionale, pieno o parziale, è riconosciuto, per un periodo massimo di dodici mesi e comunque non oltre la durata del rapporto di lavoro, un esonero contributivo ossia un esonero dal versamento del cinquanta per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nel limite massimo di importo pari a 4.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile. L’incentivo di cui ai precedenti commi è riconosciuto esclusivamente al datore di lavoro che inserisce l’offerta di lavoro nel sistema informativo SIISL.
Al fine di agevolare l’occupazione dei beneficiari dell’Assegno di inclusione, alle agenzie per il lavoro, di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è riconosciuto, per ogni soggetto assunto a seguito di specifica attività di mediazione effettuata mediante l’utilizzo della piattaforma digitale per la presa in carico e la ricerca attiva, un contributo pari al trenta per cento dell’incentivo massimo annuo di cui si è detto innanzi.
Ai beneficiari dell’Assegno di inclusione che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi dodici mesi di fruizione del beneficio è riconosciuto in un’unica soluzione un beneficio addizionale pari a sei mensilità dell’Assegno di inclusione, nei limiti di 500 euro mensili.
Il diritto alla fruizione degli incentivi di cui al presente articolo è subordinato al rispetto delle condizioni stabilite dall’articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ossia la regolarità contributiva e l’applicazione dei ccnl.
Le medesime agevolazioni non spettano ai datori di lavoro che non siano in regola con gli obblighi di assunzione previsti dall’articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, fatta salva l’ipotesi di assunzione di beneficiario dell’Assegno iscritto alle liste di cui alla medesima legge.
Le agevolazioni suddette sono concesse ai sensi e nei limiti dei regolamenti (UE) sul “de minimis”.
 

Supporto per la formazione e il lavoro (art. 12)
Al fine di favorire l’attivazione nel mondo del lavoro delle persone a rischio di esclusione sociale e lavorativa, che fanno parte di nuclei familiari che non hanno i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione, è istituito, dal 1° settembre 2023, il Supporto per la formazione e il lavoro.
Il Supporto è utilizzabile dalle persone tra 18 e 59 anni, componenti di nuclei familiari in condizioni di povertà assoluta, con un valore dell’ISEE, in corso di validità, non superiore a euro 6.000 annui. Valgono tutti i limiti di reddito e patrimoniali fissati per la fruizione dell’assegno di inclusione.
Anche in questo caso si utilizza la piattaforma SIISL.
A seguito della stipulazione del patto di servizio, attraverso la piattaforma SIISL l’interessato può ricevere offerte di lavoro, servizi di orientamento e accompagnamento al lavoro, ovvero essere inserito in specifici progetti di formazione erogati da soggetti, pubblici o privati, accreditati alla formazione dai sistemi regionali, da fondi paritetici interprofessionali e da enti bilaterali. L’interessato può autonomamente individuare progetti di formazione, rientranti nel novero di quelli indicati al primo periodo, ai quali essere ammesso e, in tal caso, deve darne immediata comunicazione attraverso la piattaforma.
In caso di partecipazione ai programmi formativi di cui al comma 6, e a progetti utili alla collettività, per tutta la loro durata e comunque per periodo massimo di dodici mensilità, l’interessato riceve un beneficio economico, quale indennità di partecipazione alle misure di attivazione lavorativa, pari ad un importo mensile di 350 euro.

Capo II - Interventi urgenti in materia di rafforzamento delle regole di sicurezza sul lavoro e di tutela contro gli infortuni, nonché di aggiornamento del sistema di controlli ispettivi
Gli articoli da 14 a 18 riguardano tre argomenti: la sicurezza sul lavoro, il sistema ispettivo e l’estensione della copertura assicurativa Inail.
L’articolo 14 apporta alcune modifiche al D.lgs. 81/2008: particolarmente significative quelle inerenti alla sorveglianza sanitaria.
Modificando l’art. 18, comma 1, lett. a), si prevede, infatti, che il datore di lavoro debba nominare il medico competente non solamente nelle ipotesi previste dal Dlgs 81/2008, ma anche “qualora richiesto dalla valutazione dei rischi di cui all’articolo 28”.
È una modifica d’impatto notevole perché, stravolgendo l’impostazione precedente che aveva formato supporto alla risposta ad interpello n. 2/2022, estende l’obbligo di nomina del medico competente a ipotesi non più tassativamente previste dalla legge ma rimesse alla valutazione del datore di lavoro.
Nel DL in commento non risulta modificato l’art. 41, secondo il quale la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico nei casi previsti dalla normativa vigente. L’assenza di modifiche a questa disposizione introduce un elemento di notevole perplessità interpretativa, perché il medico, anche se nominato, non potrebbe svolgere la sorveglianza sanitaria se non prevista dalla normativa vigente. La modifica dell’obbligo di nomina del medico non importa, di per sé, sul piano giuridico, anche l’ampliamento dei casi nei quali deve (anzi, può) essere effettuata la sorveglianza sanitaria.
È evidente che l’intento del legislatore è quello di estendere la sorveglianza sanitaria (ai rischi cd non normati), per cui nel Disegno di legge delega sul lavoro che il Governo ha in animo di presentare alle Camere è presente - a superamento della criticità qui rilevata - una disposizione che modifica l’art. 41 del Dlgs 81/2008, prevedendo che la sorveglianza sanitaria è obbligatoria laddove prevista dal documento di valutazione dei rischi.
Sul piano concreto, le conseguenze sono notevoli, su diversi piani.
In primo luogo, si estende la valutazione dei rischi in tema di sorveglianza sanitaria al di fuori dei casi previsti dalla legge, e la relativa valutazione non può che essere rimessa ad un medico, che dovrà necessariamente partecipare (prima della nomina) alla elaborazione del documento di valutazione dei rischi.
Egli - quale supporto scientifico al quale il datore di lavoro deve necessariamente riferire le proprie decisioni - dovrà formalmente assumersi la responsabilità (ed è bene che le sue determinazioni, a tutela del datore di lavoro, siano formalizzate nel documento di valutazione dei rischi) relative alla individuazioni dei casi nei quali, al di fuori delle ipotesi previste dalla normativa, è obbligatoria la nomina del medico competente e, deve ritenersi, l’effettuazione della sorveglianza sanitaria.
Nel merito, partendo dall’amplissima ed impropria nozione di salute accolta nel Dlgs 81/2008 (“stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità”), si ipotizza che la sorveglianza sanitaria si possa estendere notevolmente, coinvolgendo aspetti finora non oggetto di intervento sanitario. Di qui, potenziali riflessi anche sul tema della privacy.
Questo ampliamento potrà impattare anche sui giudizi di inidoneità, che probabilmente aumenteranno, con evidenti ripercussioni sull’organizzazione del lavoro, sia sul versante della sostituzione temporanea del lavoratore (in caso di inidoneità temporanea) sia su quello della individuazione di mansioni alternative (in caso di inidoneità permanente), quindi anche sul versante della applicazione dell’obbligo di repechage (art. 42). Aspetti che probabilmente si estenderanno anche al contenzioso in caso di inidoneità.
Dovrà essere rivisto anche il rapporto con l’art. 5 dello Statuto dei lavoratori, perché se ne riduce l’ambito applicativo, in quanto il medico competente (proprio per l’ampiezza della nozione di salute) conoscerà di aspetti che - laddove incidenti sull’idoneità alle mansioni - finora non erano di suo interesse.
Sul piano operativo, si incrementerà il lavoro per il medico competente, con potenziale incremento dei costi aziendali, legati anche alla difficoltà di reperimento sul mercato di medici competenti.
Sempre in tema di sorveglianza sanitaria, si apportano due modifiche all’art. 25 del D.lgs. 81/2008 relativo all’attività del medico competente.
Innanzitutto, si prevede che questi, in occasione delle visite di assunzione (che, si ricorda, possono avvenire anche in fase preassuntiva), debba richiedere al lavoratore “la cartella rilasciata dal precedente datore di lavoro” e che “tiene conto del suo contenuto ai fini della formulazione del giudizio di idoneità”.
La modifica normativa appare positiva, in quanto offre al medico ulteriori elementi per la valutazione dello stato di salute del lavoratore ai fini della formulazione del giudizio di idoneità. Potendo la visita avvenire in fase preassuntiva, il datore di lavoro ha, quindi, maggiori elementi per procedere all’assunzione del lavoratore solamente laddove idoneo alle mansioni che intende attribuirgli anche sulla base degli elementi relativi all’attività lavorativa pregressa.
Si ricorda che, in base al medesimo art. 25 (comma 1, lett. e), il medico competente, deve consegnare al lavoratore copia della cartella sanitaria e di rischio e l’originale è conservato dal datore di lavoro, per cui, in caso di esistenza di un pregresso rapporto di lavoro, il lavoratore deve essere in possesso della cartella sanitaria o, comunque, può venirne in possesso.
La modifica, come si diceva, è positiva, sia ai fini prevenzionali (idoneità alle mansioni) che assicurativi, soprattutto con riguardo alle malattie professionali che il lavoratore può aver sviluppato durante l’attività lavorativa pregressa o alle conseguenze della eventuale pregressa esposizione a sostanze o lavorazioni nocive.
Da notare che la norma prevede l’obbligo (e non la mera possibilità) per il medico competente di tener conto del contenuto della cartella sanitaria relativa al lavoro pregresso.
Vanno a questo proposito ricordati due obblighi significativi del datore di lavoro: “nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza” e, dall’altro, “vigilare affinché i lavoratori per i quali vige l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità”.
Il giudizio di idoneità è, dunque, particolarmente incisivo (ancor più con la conoscenza della precedente cartella sanitaria), e lo sarà maggiormente per effetto della estensione della sorveglianza sopra commentata.
Ancora modificando l’art. 25, si prevede che il medico competente “in caso di impedimento per gravi e motivate ragioni” possa farsi sostituire - per un determinato periodo di tempo - da un collega in possesso dei requisiti di legge per svolgere l’attività di medico competente.
Il secondo aspetto di un certo rilievo è relativo alla formazione.
Si prevede, infatti, che nella revisione degli accordi stato regioni in tema di formazione (percorso che avrebbe dovuto concludersi entro il 30 giugno 2022), si debba considerare anche “il monitoraggio dell’applicazione degli accordi in materia di formazione, nonché il controllo sulle attività formative e sul rispetto della normativa di riferimento, sia da parte dei soggetti che erogano la formazione, sia da parte dei soggetti destinatari della stessa”.
La modifica è teoricamente positiva, in quanto volta a contrastare percorsi formativi non erogati con la dovuta professionalità e non efficaci sul piano dell’accrescimento della cultura e della conoscenza e consapevolezza degli aspetti tecnici e comportamentali legati alla prevenzione dei rischi.
La norma, tuttavia, non delinea le modalità operative del controllo (in particolare sui soggetti erogatori della formazione e sui lavoratori, non essendo direttamente coinvolto il datore di lavoro): l’auspicio è che l’Accordo stato-regioni privilegi la sostanza e non la forma, non crei intralcio all’attività lavorativa e produttiva oltre che allo svolgimento di corsi di formazione efficaci e rispettosi della normativa.
La norma introduce altre modifiche a diversi articoli del Dlgs 81/2008 che non paiono introdurre elementi di criticità, anche perché in alcuni casi sono (impropriamente) ripetitivi di norme già esistenti.
È questo il caso, ad esempio, della modifica all’art. 21 (che sembra sostanzialmente ribadire quanto già previsto nell’allegato XVII) o all’art. 72 (in quanto negli accordi Stato-regioni vigenti è già previsto un simile obbligo per il lavoratore autonomo).
Anche la modifica all’art. 71 (verifiche sulle attrezzature) non pare alterare il quadro normativo per quelli che sono gli obblighi del datore di lavoro.
Di una qualche criticità invece pare essere l’intervento sull’art. 73, laddove, introducendo un comma 4-bis, si prevede che “il datore di lavoro che fa uso delle attrezzature che richiedono conoscenze particolari di cui all’articolo 71, comma 7, provvede alla propria formazione e al proprio addestramento specifico al fine di garantire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro” e dove l’elemento di perplessità non riguarda il nuovo obbligo ma il fatto che esso viene previsto in modo assolutamente indeterminato e dovrebbe, invece, trovare la propria sede nel prossimo accordo Stato-Regioni, anche per dare uniformità interpretativa ed applicativa in sede ispettiva (visto che si tratta di un obbligo sanzionato penalmente).
Gli articoli 15 e 16 riguardano la materia ispettiva.
Con la prima disposizione, si prevede che “gli enti pubblici e privati condividono gratuitamente, anche attraverso cooperazione applicativa, le informazioni di cui dispongono con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro”.
La (condivisibile) finalità è “orientare l’azione ispettiva nei confronti delle imprese che evidenziano fattori di rischio in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, di lavoro irregolare ovvero di evasione od omissione contributiva, nonché di poter disporre con immediatezza di tutti gli elementi utili alla predisposizione e definizione delle pratiche ispettive”.
È evidente che una azione ispettiva svolta anzitutto a tavolino e mirata alle situazioni che evidenziano criticità consente di organizzare meglio l’attività operativa e ridurre inutili accessi in azienda.
Gli elementi di criticità riguardano, tuttavia, sia l’ oggetto della trasmissione (generiche “informazioni di cui dispongono”) sia l’indeterminato riferimento “ai soggetti privati”: posto che la finalità è prendere conoscenza degli elementi che possono costituire base per lo svolgimento di attività ispettiva e tali, quindi, da far emergere potenziali illeciti penali ed amministrativi, di sicurezza sul lavoro, lavoristici, fiscali e previdenziali, la puntuale individuazione sia dei soggetti tenuti all’invio e sia delle informazioni oggetto della comunicazione è essenziale (essa è in effetti rimessa dalla norma a successivi atti amministrativi generali).
Si prevede, poi, all’articolo 16 che un contingente ispettivo possa essere utilizzato per attività di polizia giudiziaria nella Regione Sicilia e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano.
L’articolo 17 riguarda l’istituzione di un fondo a favore dei familiari degli studenti vittime di infortuni in occasione delle attività formative e l’individuazione di misure ulteriori relative ai percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.
Il coinvolgimento in infortuni sul lavoro di studenti impegnati in percorsi di cd alternanza scuola lavoro ha indotto il Governo a prevedere un fondo strutturale (di 10 milioni di euro per il 2023 e di due annui milioni a decorrere dal 2024) che eroghi un sostegno economico (al quale non viene assegnata natura risarcitoria o indennitaria) per i familiari dei ragazzi deceduti (a decorrere dal 1° gennaio 2018) nel corso di attività formative. Gli aspetti regolatori saranno definiti con apposito decreto interministeriale.
Il medesimo articolo, al comma 4, interviene sulla disciplina dei “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” (cd. PCTO) contenuta nella legge 145/2018.
Per quanto riguarda i profili di salute e sicurezza, il nuovo comma 784-quater della legge sopra richiamata prevede che “le imprese iscritte nel registro nazionale per l’alternanza integrano il proprio documento di valutazione dei rischi con un’apposita sezione ove sono indicate le misure specifiche di prevenzione dei rischi e i dispositivi di protezione individuale da adottare per gli studenti nei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento. L’integrazione al documento di valutazione dei rischi è fornita all’istituzione scolastica ed è allegata alla Convenzione”.
Si tratta di una previsione che, in primo luogo, responsabilizza notevolmente l’azienda, in quanto si fonda sulla presunzione di equiparazione tra la figura del lavoratore e “i soggetti beneficiari di iniziative di tirocini formativi e di orientamento” anche al fine di “realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro”.
In secondo luogo, a seguito della integrazione della valutazione dei rischi, scattano obblighi prevenzionali (es. formazione, aggiornamento, dotazione di DPI, sorveglianza sanitaria, ecc.) che non sono tenuti in considerazione dalla norma, ai fini della eventuale distribuzione di obblighi ed oneri.
Da evidenziare che non è previsto il rinvio ad un successivo atto che regoli questi aspetti e che la Relazione tecnica evidenzia che nel documento di valutazione sono indicate le misure “da adottare”, senza alcun riferimento alla distribuzione e agli oneri. Tuttavia, poi precisa che all’attuazione del comma 784-quater “si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza, pertanto, determinare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”, ingenerando il dubbio che, all’esito della valutazione dei rischi, le azioni necessarie debbano essere adottate dagli Istituti scolastici e di istruzione con gli strumenti a disposizione.
L’articolo 18 del provvedimento in commento estende (temporaneamente, per il solo anno scolastico ed accademico 2023-2024) l’assicurazione gestita dall'Inail relativamente - sul piano oggettivo - alle “attività di insegnamento-apprendimento nell’ambito del sistema nazionale di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore”.
Sul piano soggettivo, l’assicurazione è estesa ai soggetti indicati nelle lettere da a) a g) della norma in commento (in sostanza tutti i soggetti impegnati nell’attività educativa e di apprendimento), laddove non siano già tutelati perché impegnati in attività tecnico pratiche (secondo la previsione dell’art. 4, comma 1, n. 5 del DPR n. 1124/1965).
Da evidenziare che, per gli alunni e studenti previsti nel punto f), l’assicurazione opera “limitatamente agli eventi verificatisi all’interno dei luoghi di svolgimento delle attività didattiche o laboratoriali, e loro pertinenze, o comunque avvenuti nell’ambito delle attività inserite nel Piano triennale dell’offerta formativa e nell’ambito delle attività programmate dalle altre Istituzioni già indicate” (la Relazione tecnica parla di “rischio in aula”.
L’onere economico dell’assicurazione è posto a carico dello Stato (e, correttamente, non delle imprese) secondo le previsioni dell’art. 44 (comma 4) e le risorse “non utilizzate alla chiusura dell’esercizio, sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate nell’esercizio successivo fino alla rendicontazione dell’effettiva spesa”, quindi non entrano a far parte degli avanzi annuali.
La Relazione tecnica al provvedimento evidenzia che tra 2018 e 2022 nelle scuole pubbliche ci sono stati 10 infortuni mortali (nessuno nelle scuole private e pubbliche non statali), di questi, negli anni 2021 e 2022, 3 sono avvenuti in occasione di percorsi cd. PCTO.
Gli infortuni non mortali nelle scuole pubbliche si sono aggirati intorno alla media di 70.000 (con la parentesi del 2020 che ne ha fatti registrare 40.000).

Capo III - Ulteriori interventi urgenti in materia di politiche sociali e di lavoro
All’art. 19, in materia di Fondo Nuove Competenze, è previsto un rifinanziamento del Fondo attraverso l’utilizzo di fondi europei.
Sul contratto a termine, l’art. 24 prevede l’abrogazione delle “causali” introdotte dal c.d. “decreto dignità” - notoriamente inutilizzabili - salvo la conferma della causale “sostitutiva” ed anche la conferma delle, già previste, “causali contrattuali”, sempre per effettuare proroghe o rinnovi che superino i primi 12 mesi di contratto, che rimangono “acausali”.
Le “causali contrattuali”, comunque, vengono confermate con una formulazione molto ampia (“nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51”), che pertanto offrirà maggiori opportunità rispetto alla precedente.
Si introduce poi la possibilità, in assenza delle previsioni della contrattazione collettiva, di stipulare proroghe e rinnovi per “specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti”.
In sostanza, con quest’ultima disposizione, si ritorna al c.d. “causalone” che però non viene affidato alla contrattazione bensì all’accordo delle parti individuali del rapporto.
La nota avversità della giurisprudenza verso il “causalone”, tanto più se dedotto nel contratto individuale di lavoro, senza neppure il filtro della contrattazione, ingenera perplessità sull’effettiva utilizzabilità di questa ipotesi contrattuale.
L’art. 26 interviene sulla semplificazione in materia di comunicazioni ai dipendenti. Viene accolta la richiesta proveniente da tutte le organizzazioni di rappresentanza datoriale di dare attuazione alla direttiva in materia con ampio rinvio alla contrattazione, come peraltro previsto dalla stessa normativa europea, introducendo l’obbligo di consegna o messa a disposizione del personale (anche mediante pubblicazione sul sito web), del testo dei ccnl, dei contratti aziendali o territoriali, nonché degli eventuali regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro. Ciò in particolare con riguardo alle informazioni concernenti:
- la durata del periodo di prova, se previsto;
- il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
- la durata del congedo per ferie e degli altri congedi retribuiti, nonché le modalità di
fruizione;
- la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
- l’importo iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi, il periodo e le modalità di pagamento;
- la programmazione dell’orario normale di lavoro, le condizioni relative al lavoro straordinario e quelle relative ai cambiamenti di turno;
- se il rapporto di lavoro non prevede un orario normale programmato: la variabilità della programmazione del lavoro, l'ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite; le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative; il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell'inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l'incarico;
- gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro.
Viene inoltre opportunamente riformulata la norma sull’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, circoscrivendola ai soli casi in cui tali sistemi siano “integralmente” automatizzati, ossia che non comportino l’apporto umano se non a posteriori, in una fase di verifica (cfr. art. 1-bis, commi 1 e 2, lett. e), del D.lgs. 152/1997).
All’art. 37, in materia di prestazioni occasionali per il settore turistico e termale, vengono introdotte norme di favore per il settore per consentire un più ampio utilizzo del contratto di prestazione occasionale.
Il decreto-legge, al Capo III, tra gli ulteriori interventi in materia di politiche sociali e lavoro, annovera alcune disposizioni anche in materia previdenziale e di cassa integrazione straordinaria.
All’art. 22 viene prevista una maggiorazione dell’assegno unico ed universale a favore del genitore vedovo.
All’art. 23 viene introdotta una modifica della disciplina delle sanzioni amministrative in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali diretta al riproporzionamento ed il miglioramento del relativo regime sanzionatorio. La valutazione è pertanto positiva.
La finalità della norma è mitigare la sanzione amministrativa da irrogare in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali di importo fino a euro 10.000 annui, decorsi tre mesi dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
In particolare, il comma 1 dell’art. 23 del DL n. 48/23, modifica l’articolo 2, co 1-bis, del DL n. 463/1983, in base al quale - se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui - si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. La nuova norma sostituisce tale ultima previsione con la sanzione amministrativa, più mite, da una volta e mezzo dell’importo omesso fino a quattro volte il medesimo importo.
Con riferimento alla disciplina del contratto di espansione prevista all’art. 41 del d.lgs. 148/2015, il DL non prevede alcuna proroga in termini di possibilità di continuare a stipulare il contratto di espansione anche per il 2024 e 2025.
A nostro avviso, nell’ambito dei processi di transizione aziendale, è importante che il contratto di espansione possa essere utilizzabile anche per il 2024 ed il 2025. La valorizzazione dello strumento e la conseguente possibilità di utilizzo in maniera strutturale, richieste in più sedi ed occasioni, sono rilevanti nell’ambito dei processi di transizione occupazionale ed aziendale e possono favorire non solo il ricambio generazionale ma anche la ricollocazione di professionalità non prossime alla pensione.
Nel decreto-legge c’è solo una disposizione in merito. All’art. 25 per consentire la piena attuazione dei piani di rilancio dei gruppi di imprese che occupano più di 1.000 dipendenti fino al 31 dicembre 2023 - si prevede la possibilità per i contratti di espansione di gruppo stipulati entro il 31 dicembre 2022 e non ancora conclusi, di rimodulare, con accordo integrativo in sede ministeriale, le cessazioni dei rapporti di lavoro con accesso allo scivolo pensionistico entro un arco temporale di 12 mesi successivi al termine originario del contratto di espansione. La disposizione è positiva.
Per il sostegno dell’occupazione giovanile, l’articolo 27 del DL prevede il riconoscimento ai datori di lavoro privati di un incentivo per 12 mesi, nella misura del 60% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per le nuove assunzioni, effettuate a decorrere dal 1° giugno e fino al termine del 2023, di giovani nelle seguenti condizioni:
- che alla data dell’assunzione non abbiano compiuto il trentesimo anno di età;
- che non lavorano e non sono inseriti in corsi di studi o di formazione (“NEET”);
- che siano registrati al Programma Operativo Nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani”.
L’incentivo di cui sopra è cumulabile con l’incentivo per l’assunzione di giovani fino a 36 anni (di cui all’articolo 1, comma 297, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 ed in deroga a quanto previsto dal comma 114, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2017, n. 205), e con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi. In caso di cumulo con altra misura, l'incentivo è riconosciuto nella misura del 20% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per ogni lavoratore “NEET” assunto.
L’incentivo è corrisposto al datore di lavoro mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili.
Il beneficio è riconosciuto nei limiti delle risorse previste per le assunzioni con contratto a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione e per il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere. L’incentivo non si applica ai rapporti di lavoro domestico.
Pur valutando positivamente il beneficio, ribadiamo anche in questa sede, la necessità di un taglio strutturale del cuneo contributivo.
In materia di integrazioni salariali, viene inserito l’art 30 che prevede che le imprese che abbiano dovuto fronteggiare situazioni di perdurante crisi aziendale e di riorganizzazione e che non siano riuscite a dare completa attuazione, nel corso del 2022, ai piani di riorganizzazione e ristrutturazione originariamente previsti per prolungata indisponibilità dei locali aziendali, per cause non imputabili al datore di lavoro, possono richiedere, anche qualora si trovino in stato di liquidazione, in via eccezionale, un trattamento di cassa integrazione straordinaria al Ministero del lavoro in continuità di tutele già autorizzate, fino al 31 dicembre 2023, al fine di salvaguardare il livello occupazionale e il patrimonio di competenze acquisito dai lavoratori dipendenti.

Capo IV - Misure a sostegno dei lavoratori e per la riduzione della pressione fiscale
Al capo IV del decreto-legge, tra le misure a sostegno dei lavoratori e per la riduzione della pressione fiscale, viene introdotto l’art. 39 inerente l’esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti.
La norma prevede che per i periodi di paga dal 1° luglio 2023 al 31 dicembre 2023, senza ulteriori effetti sul rateo di tredicesima, viene elevata a 6 punti percentuali la misura dell’esonero contributivo previsto nella misura di due punti percentuali sulla quota dei contributi previdenziali per IVS a carico del lavoratore a condizione che la retribuzione imponibile (parametrata su base mensile per tredici mensilità) non ecceda l'importo mensile di 2.692 euro. Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
La misura dell’esonero è incrementata di un ulteriore punto percentuale a condizione che la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l'importo mensile di 1.923 euro.
Pur valutando positivamente la misura, permane la necessità di un taglio strutturale del cuneo contributivo.
All’art. 40, viene previsto, per il solo anno 2023, un incremento a 3.000 euro dell’importo complessivo dei benefit (beni e servizi) erogabili dalle imprese ai loro dipendenti senza applicazione di alcun prelievo ai fini fiscali e contributivi (il valore ordinario è pari a 258 euro). Tale limite si applica anche al rimborso aziendale delle bollette per utenze domestiche del servizio idrico integrato dell’energia elettrica e del gas naturale.
A differenza dell’analogo incremento previsto nel 2022, tale misura si applicherà quest’anno solo al personale con figli fiscalmente a carico (inclusi quelli di età inferiore a 21 anni per i quali il dipendente riceve dall’INPS l’Assegno Unico e Universale per la Famiglia). Per i dipendenti senza figli o con figli conviventi, ma non fiscalmente a carico, resta il limite ordinario a 258 euro.
Si osserva che, sebbene sia apprezzabile nell’attuale fase di alta inflazione l’aggiornamento della soglia di non imponibilità dei fringe benefit aziendali (fermi ai valori del 1999), solleva qualche dubbio di equità e sistematicità la scelta di circoscrivere l’intervento esclusivamente ai dipendenti con figli fiscalmente a carico.
In primo luogo, perché era preferibile operare sull’Assegno Unico erogato mensilmente dall’INPS (che dal 2022 sostituisce le detrazioni fiscali per figli a carico) . Inoltre, non si interviene sulle spese per figli di maggiore rilevanza (es. alimentare, istruzione, abbonamenti ai trasporti pubblici locali, babysitter, istruzione) - già sufficientemente tutelate ai fini fiscali - bensì la misura opera anche sui fringe benefit assegnati al singolo dipendente (es. prestiti aziendali al personale, autovetture assegnate ed immobili dati in concessione) di dubbia attinenza con le spese familiari.
Da ultimo si osserva che per adeguarsi alla novità le imprese dovranno modificare gli attuali piani di welfare aziendale in favore dei dipendenti, nonché, in base alla legge, le imprese dovranno darne apposita informativa alle RSU ove presenti, nonché richiedere conferma scritta allo stesso dipendente della presenza di figli fiscalmente a carico.
All’art. 42 viene istituito un Fondo per le attività socio-educative a favore dei minori. Il Fondo, con una dotazione pari a 60 milioni di euro per l’anno 2023, è istituito nello stato di previsione della spesa del MEF, per il successivo trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Fondo è destinato al finanziamento di iniziative dei Comuni, da attuare anche in collaborazione con enti pubblici e privati, finalizzate al potenziamento dei centri estivi, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa che svolgono attività a favore dei minori. Con un successivo decreto interministeriale saranno stabiliti i criteri di riparto.
Si valuta positivamente l’istituzione di questo Fondo a favore dei Comuni. Sarebbe auspicabile, tuttavia, la previsione di risorse specifiche con le medesime finalità anche a favore delle imprese.

Appendice
Reddito di cittadinanza, Assegno di inclusione, Supporto per la formazione e il lavoro: principali caratteristiche


fonte: confindustriamacerata.it