Cassazione Penale, Sez. 4, 23 marzo 2023, n. 12122 - Infortunio in una cava. Nessun esonero di responsabilità del datore di lavoro ove risulti l'inidoneità di una misura prevista nel DVR, anche nel caso di designazione di un preposto



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente -

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere -

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -

Dott. NOCERA Andrea - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nata a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

Avverso la sentenza del 2 marzo 2022 della Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sas sari;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. NOCERA Andrea;

Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa SALVADORI Silvia, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;

Lette le conclusioni depositate dal difensore degli imputati, avv. FRONGIA Giancarlo, che ha richiesto l'accoglimento dei ricorsi e l'annullamento della sentenza impugnata.

 

Fatto


1. Con sentenza del 2 marzo 2022, la Corte di appello di Cagliari, Sezione Distaccata di Sas sari, confermava la sentenza di condanna del Tribunale di Nuoro, in data 18 maggio 2020, in ordine alla penale responsabilità di A.A. e B.B., nella qualità di soci amministratori della Marmi Elena Srl , per il reato di lesioni colpose gravi ex artt. 41, 113 c.p., art. 590 c.p., comma 3, derivate da violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, del dipendente C.C., realizzato con condotte indipendenti ma causalmente efficienti alla produzione dell'evento.

2. La vicenda attiene ad un infortunio avvenuto in una cava in (Omissis), in seguito al quale l'operaio C.C. riportava la frattura dell'ala del bacino, poi chirurgicamente trattata, e della diafisi tibiale sinistra, nonchè il trauma distorsivo del ginocchio sinistro con politraumi, da cui derivava una incapacità di attendere alle normali occupazioni per oltre 40 giorni. L'operaio, che aveva la qualifica di assistente alla manovra del braccio dell'escavatore, condotto da un altro operaio, D.D., con qualifica di sorvegliante, presso la cava sita in loc. "(Omissis)", gestita dalla società di cui i ricorrenti sono amministratori, nel corso dell'operazione preliminare di ribaltamento di un blocco di marmo mediante posizionamento della punta della benna dell'escavatore, veniva investito da frammenti di roccia distaccatisi, procurandosi le lesioni di cui sopra.

Agli imputati, in qualità di soci amministratori della società titolare della cava di marmo, datori di lavoro del C.C., era contestato di avere cagionato le suddette lesioni al dipendente, per colpa specifica, consistita nella violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 22, comma 2, lett. a), per aver omesso, ciascuno con condotta indipendente, nella relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, di valutare i rischi legati alle operazioni di sezionamento e di ribaltamento delle bancate e dei blocchi di pietra nonchè sulle procedure da seguire per l'esecuzione delle stesse operazioni, non provvedendo a fornire all'operaio un'adeguata informazione e formazione.

3. Avverso la pronuncia di condanna proponevano ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo dello stesso difensore.

4. La difesa di A.A. affidava le proprie deduzioni a tre motivi di ricorso.

4.1. Con il primo motivo deduce la mancanza e manifesta illogicità della motivazione e la violazione di legge in relazione alla sussistenza degli elementi indiziari relativi alla individuazione delle condotte omissive causative del sinistro e dei profili di colpa attribuiti all'imputato, non avendo fatto buon governo i giudici di merito della regola di cui all'art. 533 c.p.p..

Secondo la prospettazione difensiva, la Corte di appello ed il Tribunale non avrebbero adeguatamente considerato tutto il materiale probatorio acquisito in atti, esprimendo apodittiche valutazioni in relazione ad un quadro indiziario scarso e travisando le dichiarazioni del teste Biselli, responsabile del Servizio di Prevenzione Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, circa l'omessa previsione di misure di protezione e sicurezza per le operazioni di sezionamento e ribaltamento dei blocchi di marmo. Evidenzia, in particolare, l'errore in cui sarebbero incorsi i giudici in elazione alla interpretazione restrittiva del documento di sicurezza, che reca disposizioni circa le misure di sicurezza da adottarsi per le operazioni di stabilità dei fronti di cui al punto 6.1.11 (recinzioni della zona di lavoro con nastri rossi atte ad impedire l'accesso nell'area di manovra), ritenute non immediatamente estensibili a quelle di sezionamento e ribaltamento dei blocchi.

4.2. Con il secondo motivo, deduce la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, dell'art. 192 c.p.p., nonchè del D.P.R. n. 128 del 1959, art. 131 e del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, comma 2, lett. a), nonchè la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla responsabilità del sorvegliante di cava.

Evidenzia, in particolare, che, in applicazione delle disposizioni del documento di sicurezza di cui al citato punto 6.1.11, le prescrizioni sulla sicurezza applicabili alla operazione in corso erano sotto la esclusiva responsabilità del sorvegliante di cava D.D., unico autorizzato alla lavorazione nella fase di ribaltamento, mentre il C.C. era da considerarsi personale non autorizzato ad attendere alla lavorazione. Di qui, l'onere, per il sorvegliante o capo cava o preposto, come indicato dal documento di sicurezza, di predisporre le adeguate misure per delimitare la zona dell'operazione di ribaltamento e riquadratura, con esclusione della responsabilità della ricorrente.

4.3. Con il terzo motivo, la difesa deduce i medesimi profili di violazione di legge di cui al motivo precedente e la manifesta illogicità della motivazione, in relazione al comportamento eccentrico ed abnorme della persona offesa.

La Corte territoriale avrebbe ritenuto erroneamente integrate le violazioni di legge contestate nel capo d'imputazione. Invero, la condotta serbata dal ricorrente avrebbe fatto venire meno il necessario nesso eziologico tra le violazioni contestate e l'evento.

Il dipendente sarebbe entrato in un'area di lavorazione che doveva essere interdetta al personale non autorizzato, collocandosi in prossimità del blocco di marmo da sezionare.

Dunque, avrebbe posto in essere una condotta assolutamente abnorme ed imprevedibile.

Nel ricorso si ricorda in proposito come, secondo i più recenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità, il datore di lavoro non avrebbe più un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore come in passato: una volta che egli abbia fornito al lavoratore una corretta formazione ed informazione circa i rischi derivanti dalle operazioni di lavorazione della pietra nella cava ed abbia adempiuto alle obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponderà dell'evento derivante da una condotta, pur connessa con lo svolgimento delle mansioni lavorative, consistita in qualcosa di radicalmente lontano dalle pure ipotizzabili e quindi prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro ("Sez. 4, n. 21 gennaio 2020, Visentini e altri").

Secondo la prospettazione difensiva, sotto il profilo causale e indubbio che C.C. abbia deliberatamente assunto una condotta abnorme imprevedibile autonoma del tutto slegata da quello che doveva essere un comportamento rispettoso delle istruzioni ricevute, tale da collocarsi all'esterno dell'area di rischio e quindi di interrompere il nesso di causalità tra l'incidente occorsogli e la condotta degli imputati.

5. La difesa di B.B. proponeva ricorso per cassazione affidando le proprie deduzioni a quattro motivi di ricorso, in parte coincidenti con quelli della coimputata A.A..

5.1. Con il primo motivo di ricorso deduce l'estraneità del B.B. in ordine al reato contestato, in quanto, come emerge dall'organigramma societario, all'epoca del sinistro questi era solo socio della Marmi Elena Srl , di cui amministratore unico era la sola A.A..

5.2. Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso riproducono censure comuni e pienamente sovrapponibili ai motivi di ricorso dedotti dalla difesa della coimputata A.A., sopra illustrate.

 

Diritto


1. Per comodità espositiva giova analizzare i tre motivi, comuni alla difesa dei due ricorrenti, relativi alla ricostruzione eziologica del fatto ed ai corrispondenti profili di responsabilità per violazione delle norme in materia antinfortunistica.

1.1. Manifestamente infondati sono il primo motivo di ricorso di A.A. ed il secondo motivo di B.B., che appaiono del tutto versati in fatto, attingendo al merito della decisione. La difesa contesta, in particolare, l'erronea interpretazione ed il corrispondente vizio di motivazione relativo alla omessa previsione nel documento di sicurezza (D.S.S.) dello specifico rischio e delle misure cautelari da assumere in relazione alla operazione di sezionamento e ribaltamento dei blocchi di pietra, in realtà oggetto di espressa considerazione al punto 6.1.11 del documento in relazione alle operazioni di stabilità dei fronti.

1.2. Sul punto la sentenza impugnata, in conformità alla decisione di primo grado, ha rilevato che il paragrafo ml) del documento di sicurezza coordinato, all'epoca adottato dalla Marmi Elena Srl , pur titolato "Sezionamento e riquadratura di bancate blocchi", non conteneva alcuna analisi dei rischi relativi alle operazioni di sezionamento e ribaltamento delle bancate e dei blocchi di pietra ed era del tutto carente di doverose prescrizioni e di specifiche misure di prevenzione in materia di salute e sicurezza dei lavoratori (cfr. pp. 10 e 11). Ed anzi, solo a seguito dell'infortunio patito dal lavoratore, nell'agosto del 2014, il documento di sicurezza è stato aggiornato e sottoscritto da entrambi gli imputati integrando l'analisi del rischio per tali specifiche operazioni di sezionamento.

1.3. I motivi sono inammissibili, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 3, nelle parti in cui, oltre a essere meramente ripetitivi dei motivi fondanti l'appello, cui la Corte territoriale ha risposto con la motivazione esente da critiche appena sintetizzata (ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710), si propone un motivo diverso da quelli prospettabili in sede di legittimità in quanto costituito da doglianze in fatto, con le quali si prospettano anche erronee valutazioni del giudice di merito, non scandite dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584, e, tra le più recenti, Sez. 7, n. 9378 del 09/02/2022, Galperti, in motivazione; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, in ordine ai motivi d'appello ma sulla base di principi rilevanti anche al ricorso per cassazione).

2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso di A.A. ed il terzo motivo formulato dalla difesa di B.B., anch'essi meramente ripropositivi di specifici motivi di appello, incentrati sulla responsabilità assorbente ed esclusiva del sorvegliante di cava, nella specie addetto all'utilizzo dell'escavatore nell'operazione di ribaltamento del blocco di pietra.

2.1. Giova evidenziare che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la redazione del documento di valutazione dei rischi e l'adozione di misure di prevenzione non escludono la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione (Sez. 4, n. 43350 del 05/10/2021, Mara Piero, Rv. 282241 - 01).

Inoltre, sempre in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, si è affermato che il datore di lavoro non è esonerato da responsabilità ove risulti l'inidoneità di una misura prevista nel documento di valutazione dei rischi, anche nel caso in cui vi sia stata la designazione di un preposto al rispetto delle misure di prevenzione (Sez. 4, n. 22256 del 03/03/2021, Canzonetti Leonardo, Rv. 281276 - 01, che, in applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la penale responsabilità del datore di lavoro per le lesioni che un suo dipendente, alla guida di un muletto, aveva cagionato ad altro lavoratore, in quanto, pur avendo nominato un preposto, non aveva organizzato i luoghi di lavoro in modo tale da garantire una viabilità sicura, regolamentando la circolazione con cartellonistica e segnaletica orizzontale).

2.2. Coerente con quanto sin qui ricordato, dunque, è la decisione impugnata, che ha ritenuto la responsabilità degli imputati, nella qualità di soci amministratori dell'ente titolare della cava di marmo e datori di lavoro, per le lesioni patite dal proprio dipendente, per colpa specifica, consistita nella violazione della regola cautelare di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, che imponeva al datore di lavoro di redigere un D.S.S. (corrispondente al D.V.R. nel settore minerario) completo e, nella specie, di prevedere il rischio specifico derivante dalla lavorazione di sezionamento della pietra, nonchè di informare i lavoratori delle relative prescrizioni e cautele da adottare.

La mancata previsione di specifiche indicazioni precettive in ordine alle operazioni di sezionamento, come osservato nella sentenza impugnata, non possono non avere ad oggetto la stessa attività del sorvegliante della cava, in quanto volte ad orientarne positivamente l'operato, sul quale, dunque, non possono essere riversate le responsabilità dei datori di lavoro.

3. Del pari manifestamente infondati sono il terzo motivo di ricorso della difesa di A.A. ed il quarto motivo del ricorso di B.B., principalmente incentrati sul comportamento imprudente e negligente della vittima dell'infortunio che, in ragione della sua condotta, avrebbe per ciò solo determinato l'infortunio occorso, con esclusione di ogni forma di responsabilità da parte dei ricorrenti.

Le conclusioni prospettate dalla difesa, frutto di un ragionamento che si discosta dalla corretta ricostruzione giuridica offerta dalla Corte di appello, non sono condivisibili.

3.1. Va osservato come la più recente giurisprudenza suggerisca di abbandonare il criterio della imprevedibilità del comportamento del lavoratore nella verifica della relazione causale tra condotta ed evento, perchè ciò che davvero rileva è che tale comportamento attivi un rischio eccentrico, se si vuole, esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto al quale viene attribuito l'evento (cfr., in motivazione, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261106). Più di recente, in tema di prevenzione antinfortunistica, si è affermato che, perchè la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (ex multis, Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021 Rv. 281748 - 0, Vigo Antonio, Rv. 282300 - 01, Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti Federica Micaela, Rv. 280914 - 01).

3.2. Nel caso di specie i giudizi di merito hanno affermato che il comportamento tenuto dal lavoratore infortunato non era avulso dal procedimento lavorativo a cui questi era stato addetto, essendo stato investito dal masso di marmo mentre si stava spostando nell'area di lavoro, dopo aver dato indicazioni al conducente dell'escavatore sulle modalità di posizionamento della benna per poter effettuare l'operazione di ribaltamento del blocco di pietra. Ne consegue la non manifesta illogicità e la coerenza con i dati probatori della esclusione dell'attivazione di un rischio nuovo, eccentrico rispetto a quelli implicati dalle operazioni nelle quali il lavoratore infortunato era stato coinvolto per disposizioni dategli dai sovraordinati.

4. Inammissibile è, infine, il primo motivo di ricorso formulato dalla difesa di B.B., in cui si denuncia la mancata valutazione della insussistenza di profili di responsabilità dell'imputato in ordine alle contestate carenze del D.S.S. adottato Marmi Elena Srl , in quanto all'epoca dei fatti non risultava amministratore della società.

5.1. Attraverso il motivo di ricorso in esame il ricorrente propone, per la prima volta nel giudizio di legittimità, non avendo sollevato la relativa questione con l'atto d'appello, un profilo di doglianza che presuppone una rivisitazione sul piano del merito dell'accertamento circa la sussistenza di una posizione di garanzia in ordine all'infortunio sul lavoro.

Si tratta di censura non consentita nel giudizio di legittimità, nel quale è esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso la deduzione di aspetti non sottoposti al giudice della impugnazione di merito (Sez. 3, n. 2343 del 28/09/2018, dep. 2019, Di Fenza, Rv. 274346 - 01), configurandosi come giudizio di impugnazione a critica vincolata avverso il provvedimento censurato, nella quale non è consentito un nuovo esame del merito (ex plurimis, Sez. 4, n. 46486 del 20/11/2012, Cannone, Rv. 253952).

5.2. Risulta, dunque, preclusa la deduzione di violazioni di legge o di vizi della motivazione attinenti ad accertamenti di fatto, quale quello relativo alla configurabilità in capo al B.B. degli obblighi connessi alla redazione del D.S.S., non censurati con l'impugnazione di merito e non sottoposti in alcun modo alla cognizione del giudice di secondo grado, che quindi, correttamente, non li ha esaminati e che, dunque, non possono neppure essere oggetto di motivo di ricorso di legittimità.

6. L'inammissibilità dei ricorsi esclude che possa darsi rilievo al decorso dei termini di prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacchè detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l'apprezzamento di tale causa di estinzione del reato (Sez. U, n. 32 del 22 novembre 2000, De Luca, Rv. 217266; Sez. U, n. 23428 del 2/3/2005, Bracale, Rv. 231164, Sez. U, n. 19601 del 28/2/2008, Niccoli, Rv. 239400; Sez. U, Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 26681801).

7. All'inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2023