Cassazione Penale, Sez. 4, 13 giugno 2023, n. 25319 - Mancanza di armature delle pareti dello scavo e schiacciamento mortale del torace. Responsabile il committente-responsabile dei lavori-datore di lavoro


 

 

In caso di società di persone incombe su ciascun socio l'obbligo di adottare tutte le misure idonee e necessarie alla tutela dell'integrità fisica dei lavoratori, a condizione che non risulti l'espressa delega a soggetto di particolare competenza nel settore della sicurezza

 

Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: DOVERE SALVATORE
Data Udienza: 07/03/2023
 

Fatto


1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato quella emessa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Termini Imerese con la quale V.P. era stato dichiarato colpevole del delitto di cui agli artt. 113 e 589, co. 2 cod. pen. e delle contravvenzioni di cui rispettivamente agli artt. 17, 89 e 90 decreto legislativo n. 81 del 2008 e condannato alla pena ritenuta equa, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, applicata la riduzione per il rito e riconosciuto il vincolo della continuazione tra i menzionati reati.
1.1. Secondo la ricostruzione fatta propria dai giudici di merito il 26 novembre 2015 presso il cantiere edile sito nel Comune di Lascari trovava la morte S.D.T., titolare della ditta Omissis di D.T.S. e T.C. s.n.c., il quale era stato violentemente spinto verso un manufatto in calcestruzzo dal materiale terroso franato nello scavo nel quale si trovava per eseguire il collegamento idrico del citato manufatto, subendo un trauma da schiacciamento del torace. Sulla scorta di tale ricostruzione dell'accaduto, al V.P. veniva attribuita la responsabilità della morte del S.D.T. perché in qualità di responsabile dei lavori e di datore di lavoro aveva omesso di proteggere con idonee armature le pareti dello scavo, profondo oltre due metri e mezzo rispetto al piano di campagna.
2. Avverso la sintetizzata sentenza ha proposto ricorso per la sua cassazione V.P. con atto sottoscritto dal difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo ha dedotto la violazione degli artt. 113 e 589 cod. pen. ed il travisamento della prova per omissione. Quest'ultimo sarebbe consistito nel fatto che la Corte di appello ha omesso di valutare le relazioni dei consulenti tecnici della persona offesa, dottoressa A. e ingegner R., ritenendo erroneamente che la richiesta di rinnovazione istruttoria con l'escussione dei medesimi fosse stata rigettata. In realtà, la Corte di appello, dopo aver disposto la rinnovazione del dibattimento per l'esame dei citati consulenti, all'udienza del 24 novembre 2020, su accordo delle parti, aveva disposto l'acquisizione delle menzionate consulenze tecniche. Pertanto, conclude il ricorrente, la Corte di appello ha omesso di motivare in ordine alla rilevanza e decisività delle consulenze di parte sulla scorta di un clamoroso errore, avendo ritenuto rigettata la richiesta di rinnovazione della prova, quando così non era.
Orbene, ad avviso del ricorrente le citate consulenze davano luogo ad una prova decisiva perché esse proponevano la rappresentazione di elementi tecnici e di carattere medico legale che contrastano con la ricostruzione dell'evento prescelta dalla sentenza impugnata. Per questa, l'eziopatogenesi del sinistro mortale va ricondotta ad una compressione del torace della vittima contro una parete del serbatoio in calcestruzzo, determinata dalla violenta spinta impressa al corpo della vittima dal materiale staccatosi dalla parete dello scavo, privo di armatura di sostegno. Se avesse valutato le prove tecnico-scientifiche in questione la Corte di appello avrebbe dovuto falsificare la adottata ipotesi causale con le antagoniste conclusioni provenienti dalla difesa della persona offesa.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso viene dedotta la violazione degli artt. 113 e 589 cod. pen. e dell'art. 119 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Secondo l'esponente la sentenza merita censura perché, pur registrando l'esistenza di diverse ipotesi ricostruttive in ordine alla dinamica del sinistro, non ha preso atto dell'incertezza persistente in ordine al nesso causale e senza alcuna spiegazione tecnico scientifica ha privilegiato la tesi ricostruttiva fatta propria dall'accusa. A fronte di incertezze sulle cause del sinistro, l'applicazione della regola di giudizio espressa dalla nota sentenza delle sezioni unite Franzese avrebbe dovuto condurre a ritenere non superato il ragionevole dubbio. Per cui si deduce la violazione di tale regola di giudizio.
2.3. Con un terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 113 e 589 cod. pen. e dell'art. 119 decreto legislativo n. 81 del 2008, in relazione alla mancanza di motivazione in ordine alla conoscenza o alla conoscibilità da parte del ricorrente, direttore tecnico del cantiere nel quale si stavano eseguendo le opere edili, dell'esecuzione dello scavo, nonostante il tema fosse stato oggetto di specifici rilievi nel motivo di appello. Era stato evidenziato come lo scavo fosse stato realizzato dal capocantiere signor B., in un arco temporale di soli due giorni, e come fosse stato quest'ultimo a contattare la ditta S.D.T. per l'esecuzione dei lavori di idraulica. In altri termini, era stata una decisione estemporanea assunta dal B., della quale era rimasto all'oscuro il V.P.. Nella motivazione redatta dalla Corte di appello non emerge in alcun modo la certezza che questi avesse avuto conoscenza dello svolgimento dei lavori e pertanto non gli si può imputare di non essere intervenuto per assicurare la sicurezza nei luoghi di lavoro.
2.4. Con un quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 113 e 589 cod. pen. perché la Corte di appello, pur riconoscendo la sussistenza di un appalto assunto dalla ditta S.D.T. per l'esecuzione di lavori di idraulica all'interno dello scavo realizzato dal committente, ha dedotto dalla sola esistenza di tale contratto di appalto la corresponsabilità del committente per l'evento luttuoso. Rileva l'esponente che se anche il committente è gravato dal dovere di sicurezza, tale regola non conosce un'applicazione automatica, non potendosi esigere dal committente un controllo continuo e capillare sull'andamento dei lavori; anzi, le regole di diligenza e prudenza richieste al committente si rapportano alla capacità tecnica e professionale dell'appaltatore e alla pericolosità dei lavori. Sulla scorta di tali premesse l'esponente rileva che si trattava nell'occasione della sola esecuzione di un collegamento idraulico tra due cisterne, lavorazione di non particolare pericolosità, da compiersi da parte di ditta specializzata nei lavori di idraulica. Pertanto, anche sotto questo profilo si ravvisa violazione dei principi di diritto da parte della Corte di appello.
 

 

Diritto



1. Il ricorso deve essere rigettato.

1.1. Premesso che non si comprende in cosa consista per il ricorrente la violazione pur enunciata degli artt. 113 e 589 cod. pen., il primo motivo è aspecifico e al contempo manifestamente infondato. Si sostiene che la Corte di appello avrebbe omesso di valutare una prova decisiva; la decisività sarebbe data dalla attitudine della prova in parola a confortare la ricostruzione dell'accadimento proposta dalla difesa dell'imputato con la conseguenza di imporre una diversa traiettoria argomentativa.
Orbene, posto che, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi "decisiva", secondo la previsione dell'art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante, (Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, Rv. 278670), il ricorrente avrebbe dovuto esplicitare in forza di quali ragioni le consulenze A. e R. avrebbero potuto confortare la ricostruzione difensiva e perché da ciò sarebbe derivata una diversa decisione in ordine alla responsabilità di V.P.. Ben diversamente, egli si è limitato a evocare generici elementi tecnici e di carattere medico legale che contrasterebbero con la ricostruzione dell'evento prescelta dalla sentenza impugnata, giungendo a prospettare non già il diverso risultato del ragionamento probatorio ma un differente incedere del medesimo, che tenendo conto di tali contributi avrebbe operato una falsificazione dell'ipotesi di accusa. Tuttavia, la decisività di una prova non sta nel determinare un diverso iter ricostruttivo - il che è evenienza strutturale del procedimento probatorio ogni volta che si aggiunge o si elimina un dato - ma un diverso risultato.
1.2. Il secondo motivo è parimenti manifestamente infondato. Il fatto che la Corte di appello abbia registrato l'esistenza di diverse ricostruzioni dell'accaduto e quindi della dinamica causale esitata nell'evento infausto non è altro che la doverosa constatazione dell'offerta di versioni antagoniste a cura delle parti del processo. Ma tale alterità è stata superata dalla Corte di appello, come riconosce d'altronde lo stesso ricorrente laddove lamenta che essa abbia adottato la tesi ricostruttiva dell'accusa. La censura che vorrebbe tale assunzione priva di conforto motivazionale è manifestamente infondata. La Corte distrettuale ha, in primo luogo, dato conto del fatto che secondo il c.t. del P.M. il sinistro era stato causato dal crollo di una delle pareti dello scavo; che secondo i consulenti tecnici dell'imputato, ing. L. e dr.ssa A., il sinistro si era verificato per un anomalo e improvviso movimento della seconda cisterna, ancorata ancora alla gru, impresso da una errata manovra del gruista o da un cedimento del terreno, sì che il torace della vittima sarebbe rimasto incastrato tra i due serbatoi o tra il serbatoio e le pareti dello scavo; che ad avviso del collegio peritale l'esatta ricostruzione della dinamica era interdetta dal mutato stato dei luoghi, sicché, essendo certo che si era verificato un evento franoso, si rendevano plausibili alcune ipotesi.
Ciò premesso, la Corte di appello ha spiegato che tutte le tesi diverse da quella dell'accusa erano prive di un qualche ancoraggio al compendio probatorio; erano, quindi, meramente ipotetiche. Per contro, la ricostruzione della parte pubblica trovava corrispondenza nel tipo di trauma subito dalla vittima, nelle dichiarazioni del teste B.M., nella documentazione fotografica acquisita agli atti, esplicando tale giudizio in modo non manifestamente illogico (cfr. pg. 7 s.). Per questa via la Corte di appello è giunta a risolvere la iniziale incertezza derivante dalla pluralità delle ipotesi ricostruttive; sicchè è solo affermazione del ricorrente che abbia pronunciato condanna nonostante la mancanza di soluzione della condizione di incertezza.
1.3. Il terzo ed il quarto motivo possono essere trattati unitariamente. Essi sono infondati.
Con tali motivi si pone il tema della conoscenza da parte del V.P. dell'esecuzione dello scavo, che si assume essere stato realizzato dal capocantiere signor B., in un arco temporale di soli due giorni; sarebbe stato lo stesso B. a contattare la ditta S.D.T. per l'esecuzione dei lavori di idraulica, sì che il sinistro sarebbe frutto di una decisione estemporanea assunta dal B., della quale era rimasto all'oscuro il V.P., al quale non si può rimproverare di non aver effettuato un controllo 'capillare e costante'.
Una simile prospettazione non si confronta con l'affermazione, contenuta in entrambe le sentenze di merito, secondo la quale sia il POS redatto dall'ing. T. (ma dovrebbe trattarsi del PSC), coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (quindi nominato dalla committente Edil Sistem s.n.c. della quale era legale rappresentante il V.P.), sia nel POS della stessa Edil Sistem s.n.c. era previsto l'adozione delle misure indicate nell'art. 119 d.lgs. n. 81/2008. Era quindi previsto che fossero eseguiti degli scavi con caratteristiche tali da richiedere la messa in campo delle misure prescritte dal citato art. 119. A fronte di ciò i giudici di merito hanno rimarcato come, da un canto, il V.P. riunisse in sé i ruoli di committente, responsabile dei lavori e datore di lavoro; e, dall'altro, come non avesse rilasciato delega ad alcuno, essendo il B. un mero socio lavoratore.
Orbene, ciò che va rimarcato è che, nel caso di specie, non viene in rilievo il momento ultimo nel quale trova attuazione la previsione progettuale dell'esecuzione dello scavo, che può anche essere stato deciso dal B. (ma si tratta di dato non confermato dalla lettura delle sentenze di merito); ad assumere rilevanza giuridica è l'assoluta omissione di ogni modalità di gestione del rischio implicato dal tipo di lavorazione nonostante la responsabilità della stessa non fosse stata trasferita ad altra figura (ipotesi che richiederebbe comunque la verifica dell'adempimento del residuo obbligo di vigilanza: cfr., ex multis, Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019, Rv. 276335). Ciò posto, giova rammentare, in considerazione della struttura societaria della ditta del V.P., che in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro, in caso di società di persone incombe su ciascun socio l'obbligo di adottare tutte le misure idonee e necessarie alla tutela dell'integrità fisica dei lavoratori, a condizione che non risulti l'espressa delega a soggetto di particolare competenza nel settore della sicurezza (Sez. 4, n. 32193 del 26/05/2009, Rv. 245113; Sez. 3, n. 27845 del 30/04/2015, Rv. 264448). Ne consegue che eventuali inosservanze prevenzionistiche riferibili al B. non valgono a privare il V.P. dei suoi obblighi, che avrebbe dovuto adempiere predisponendo quanto avrebbe ragionevolmente garantito l'adozione delle misure previste dall'art. 119. L'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro discendeva, per il V.P., già dalla previsione della lavorazione e non dalla conoscenza della sua pratica esecuzione.
2. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
  

P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/3/2023.