Cassazione Penale, Sez. 4, 29 marzo 2023, n. 13052 - Sfruttamento del lavoro nell'azienda vitivinicola
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRANTI Donatella - Presidente -
Dott. DI SALVO Emanuela - Consigliere -
Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere -
Dott. RICCI A.L.A. - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI CALTANISSETTA;
nel procedimento a carico di:
A.A., nato a (Omissis);
avverso l'ordinanza del 13/10/2022 del TRIB. LIBERTA' di CALTANISSETTA;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;
sentite le conclusioni del PG LUIGI ORSI che ha chiesto l'annullamento con rinvio;
udito il difensore avvocato FIORELLO LILLO GIUSEPPE del foro di PALERMO in difesa di:
A.A. che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso e in via subordinata il rigetto.
Fatto
1. Il Tribunale del Riesame di Caltanissetta con ordinanza del 13 ottobre 2022 ha annullato l'ordinanza del Giudice per le indagini Preliminari del Tribunale di Caltanissetta con la quale era stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di A.A., in ordine al reato di cui all'art. 603 bis c.p., comma 1 n. 2 commesso in (Omissis) con condotta permanente.
Secondo l'ipotesi d'accusa l'indagato, nella qualità di gestore di fatto della azienda agricola "Cuva Diego Srl " operante nel settore delle colture vitivinicole, in concorso con altri soggetti, fra cui l'intermediario B.B., aveva assunto o comunque utilizzato o impiegato decine di lavoratori di varie etnie, tra cui C.C., D.D., E.E., F.F. e G.G., allo scopo di destinarli alla coltivazione dei terreni, sottoponendoli alla condizione di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno derivante dalle precarie condizioni di vita in cui gli stessi versavano e, in particolare, corrispondendo loro per 8 ore di lavoro al giorno senza pausa (se non per il pranzo), e spesso senza riposo settimanale, un salario di 40 Euro, inferiore a quello minimo fissato dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale.
2.Avverso detta ordinanza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta ha proposto ricorso, formulando un unico motivo con cui ha dedotto l'erronea applicazione dell'art. 603 bis c.p., e la contraddittorietà della motivazione. Il Procuratore, dopo aver dato atto che l'indagine aveva fatto emergere la presenza nella zona di Caltanissetta di una organizzazione composta da alcuni cittadini stranieri con regolare permesso di soggiorno e capeggiata da B.B., dedita al reclutamento di manodopera soprattutto di origine marocchina da destinare al lavoro nelle campagne limitrofe per paghe irrisorie e orari stremanti, ha richiamato il compendio indiziario in atti nei confronti di A.A., così come evidenziato nell'ordinanza genetica del Giudice per le indagini preliminari:
-A.A., coniuge di H.H., socia maggioritaria della CUVA Diego Srl , aveva intrattenuto conversazioni con B.B., tese a reclutare lavoratori anche stranieri per impiegarli in lavorato agricoli. B.B., era stato egli stesso assunto da Cuva Diego Srl nell'anno 2020 per un totale di 102 giornate lavorative e così pure, per il tramite di B.B., erano stati contrattualizzati altri lavoratori tra cui C.C., D.D., E.E., F.F. e G.G.;
- le intercettazioni telefoniche avevano evidenziato che A.A., si era lamentato con B.B., del comportamento di alcuni operai che non si erano presentati sul fondo per rendere la loro opera (conversazione del 25/06/2020) e che A.A. e B.B., avevano interloquito in ordine alla regolarizzazione di alcuni operai per fini di contabilità dell'azienda (conversazione del 9/7/2020 e dell' 1/8/2020). Dalle conversazioni captate era emerso anche che alcuni degli operai, in particolare quelli di nazionalità marocchina, nei periodi in cui erano assunti con regolari contratti di lavoro dalla ditta Cuva Diego Srl , provvedevano ad effettuare prelievi di contanti dai propri conti correnti appena dopo avere incassato il salario, per restituirli al datore di lavoro tramite B.B.. Tale circostanza era stata confermata anche dall'analisi delle movimentazioni in entrata e in uscita sulla carta di credito abbinata al conto corrente delle Poste Italiane intestate ai soggetti extracomunitari: era emerso che il (Omissis) G.G., I.I. e D.D. avevano effettuato prelievi di contanti nell'ordine di 600 Euro ciascuno, dopo che nella giornata precedente avevano ricevuto un bonifico di 1000 Euro dalla Cuva Diego Srl sui loro conti correnti. Nel corso di una conversazione intercettata il (Omissis), B.B., parlando con I.I., gli aveva spiegato che le paghe erano maggiorate, che gli avrebbe fatto sapere quale cifra doveva essere restituita e che gli sarebbe stato recapitato un foglio sul quale erano riportate le cifre; I.I., aveva confermato che anche altri operai avevano ricevuto un foglio sul quale erano annotate le somme da restituir. Allo stesso modo nel corso delle conversazioni del 5/11/2020 e 6/11/ 2020 S.S e D.D., avevano fatto riferimento a somme da restituire "all'azienda" e avevano commentato che i datori di lavoro pretendevano la restituzione di parte degli importi formalmente versati;
- lo sfruttamento dei lavoratori attraverso retribuzioni inferiori ai minimi era emerso anche dalle dichiarazioni rese da D.D. e E.E., costoro avevano riferito che la paga giornaliera era in realtà di 40 Euro e non di 56 Euro come veniva fatto figurare (per una giornata lavorativa di 6 ore e 30 minuti a fonte delle 8 in realtà lavorate) ed avevano prodotto le buste paga nelle quali era riportato il dato "differenza", pari alla somma che avrebbero dovuto restituire al datore di lavoro.
Il Pubblico Ministero ha osservato che sulla base di tali elementi il Tribunale del riesame aveva confermato l'ordinanza genetica in relazione alla posizione di A.A., I.I. e L.L., per il reato di cui all'art. 603 bis c.p., mentre aveva annullato la medesima ordinanza in relazione alla posizione di A.A.. I giudici, secondo il ricorrente, avevano ritenuto in maniera irragionevole sussistente la gravità indiziaria per tale reato nei confronti di B.B., concretizzatosi nell'opera di intermediazione svolta in favore della azienda Cuva Diego Srl gestita di fatto da A.A. e non anche nei confronti di A.A.. A tal proposito i giudici avevano rilevato che i lavoratori erano stati assunti regolarmente ricavando il dato dalle buste paga consegnate ai lavoratori escussi, quando in realtà tali documenti erano fittizi; che non vi era prova che i soldi prelevati dai lavoratori il giorno seguente al ricevimento della paga fossero effettivamente arrivati a A.A., quando invece il teste D.D. lo aveva precisato in maniera inequivocabile per averlo appreso da B.B.; che nessun rilievo poteva essere attribuito alle buste paga, quando invece tali buste paga erano state ritenute significative con riferimento alla posizione di B.B., e comunque era A.A., ad occuparsi insieme a R.R , della contabilità dell'azienda, onde solo costoro potevano avere predisposto le tabelle per i lavoratori con i conteggi delle giornate, del compenso formale e del compenso che avrebbe dovuto essere restituito.
Diritto
1. Il ricorso deve essere accolto in quanto fondato il motivo.
2. Occorre premettere come nella stessa ordinanza impugnata si dia atto che le indagini relative al presente procedimento hanno fatto emergere l'esistenza di una organizzazione dedita al reclutamento di manodopera da impiegare in lavori agricoli in condizioni di sfruttamento, a capo della quale si trovava B.B., coadiuvato da O.O., e della quale facevano parte anche L.L., L.L. e M.M. e N.N., con il compito di reclutare i lavoratori e fare loro da autisti. In tale contesto B.B. ed il figlio, nonchè O.O., oltre al reclutamento e alla somministrazione della manodopera, provvedevano anche a controllare i lavoratori nell'esercizio della attività lavorativa, a riscuotere le paghe e a consegnarle ai lavoratori.
B.B., fra gli altri, aveva fornito manodopera anche all'azienda C. Diego Srl della quale A.A., era gestore di fatto.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto che dal compendio indiziario raccolto fosse emerso che effettivamente costui si era avvalso della predetta organizzazione per il reclutamento della manodopera impiegata nelle vigne, ma non anche che, come contestato nel capo di imputazione ex art. 603 bis c.p., comma 1 n. 2, aveva sottoposto i lavoratori a condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno, mediante corresponsione di retribuzione inferiore e sottoposizione a costante controllo. Il Tribunale, in particolare, ha dato atto che il Giudice per le indagini preliminari, in relazione alla posizione di Ferrara, aveva in ultima analisi ritenuto sussistenti le condizioni di sfruttamento sotto l'unico profilo della corresponsione della retribuzione inferiore a quella prevista dalla contrattazione e non adeguata. Anche in ordine a tale profilo, tuttavia,- secondo i giudici- non poteva dirsi sussistente un quadro indiziario sufficiente in quanto:
- i lavoratori P.P. e Q.Q. si erano limitati a riferire che era stato B.B., a dire loro che la paga sarebbe stata di 40 Euro giornaliere;
- le buste paga emesse dall'Inali e consegnate da detti lavoratori indicavano una paga giornaliera di 56,04 Euro, conforme alla retribuzione minima di categoria; non era stato accertato a cosa si riferisse la voce "Differenza", pure indicata nella busta paga, nè da chi dette buste fossero state compilate.
- non vi era alcun dato che autorizzasse a ritenere che eventuali restituzioni di somme da parte degli operai avvenissero nelle mani dei A.A., ben potendo darsi, invece, che tali somme fossero state trattenute dall'intermediario.
3. Il percorso argomentativo adottato dal Tribunale del Riesame appare per alcuni profili contraddittorio e illogico e per altri profili del tutto carente.
3.1. Il reato contestato all'indagato A.A. è quello di utilizzazione, nella qualità di gestore di fatto di un'azienda operante nel settore vitivinicolo, di manodopera, anche mediante attività di intermediazione illecita, in condizioni di sfruttamento e con approfittamento dello stato di bisogno (art. 603 bis n. 2 cod. pen). Benchè nella rubrica della incolpazione provvisoria A.A. sia indicato come concorrente ex art. 110 c.p., con coloro che hanno agito come intermediari, in realtà nella parte descrittiva la condotta del ricorrente è descritta come impiego di manodopera con sottoposizione dei lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno ed è tenuta distinta da quella dei reclutatori.
3.2. Con l'entrata in vigore della L. 29 ottobre 2016, n. 199, che ha modificato l'art. 603 bis c.p., sono state introdotte due distinte fattispecie di reato: il reclutamento illecito, il cd. "caporalato", e lo sfruttamento del lavoro. Tale ultima ipotesi ha come soggetto attivo il datore di lavoro.
3.3. Il legislatore non ha definito la nozione di "sfruttamento", condizione che deve caratterizzare tanto l'attività di reclutamento (art. 603 bis c.p., comma 1, n. 1), quanto quella di utilizzazione, assunzione o impiego della manodopera (art. 603 bis, comma 1, n. 2), ma ha preferito indicare alcuni indici di sfruttamento elencati al comma 3 della disposizione e così individuati: 1) reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; 3) sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; 4) sottoposizione dei lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti. Questa Corte ha già avuto modo di precisare che l'elencazione contenuta nella norma non sia esaustiva delle condizioni che integrano lo sfruttamento, potendo il giudice individuare anche altre condotte suscettibili di dare luogo al requisito della condotta di abuso del lavoratore (Sez. 4 n. 7857 del 11/11/2021, dep. 2022, Falcone, Rv. 282609).
Dallo sfruttamento deve tenersi distinto l'approfittamento dello stato di bisogno, presupposto necessario perchè la condotta di sfruttamento sia punibile: l'uso della congiunzione nella dizione della norma ("..sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno...") implica che alle condizioni di sfruttamento debba accompagnarsi l'approfittamento dello stato di bisogno per la sussistenza del reato. In ordine alla nozione di stato di bisogno questa Corte ha precisato che essa non si identifica "con uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma come un impellente assillo e, cioè una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, in grado di limitare la volontà della vittima, inducendola ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose" (Sez. 4, Sentenza n. 24441 del 16/03/2021, Sanitrasport soc. coop. Soc., Rv. 281405).
Dalla necessaria compresenza della duplice condotta di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno discende che la mera condizione di irregolarità amministrativa del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, accompagnata da situazione di disagio e di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, non può di per sè costituire elemento valevole da solo ad integrare il reato di cui all'art. 603-bis c.p., caratterizzato, al contrario, dallo sfruttamento del lavoratore, i cui indici di rilevazione attengono ad una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore, resa manifesta da profili contrattuali retributivi o da profili normativi del rapporto di lavoro, o da violazione delle norme in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, o da sottoposizione a umilianti o degradanti condizioni di lavoro e di alloggio (Sez. 4, n. 27582 del 16/09/2020, Savoia, Rv. 279961) 4. Dalla motivazione dell'ordinanza impugnata si evince che il Tribunale del riesame si è confrontato unicamente con i passaggi argomentativi adottati dal Giudice per le indagini preliminari nell'ordinanza genetica della misura cautelare, ed ha svilito la portata degli indizi menzionati in detti passaggi.
Siffatto percorso argomentativo, tuttavia, si presta ad essere censurato sia sotto il profilo formale, sia sotto il profilo sostanziale.
Quanto al primo aspetto si ricorda che il giudizio di riesame è totalmente devolutivo per espressa disposizione normativa. Ai sensi dell'art. 309 comma 9 c.p.p., infatti, il Tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, può annullare, riformare o confermare l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza e può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati, ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. Ne consegue che il Tribunale non deve limitarsi ad un confronto con il percorso argomentativo dell'ordinanza genetica, ma è tenuto ad una verifica dell'intero compendio risultante dagli atti trasmessi.
Quanto al secondo aspetto si osserva che nel caso in esame la valutazione da parte del Tribunale del riesame del compendio indiziario in ordine alla condotta di sfruttamento, anche a voler considerare il solo profilo della corresponsione della retribuzione sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato, sia contraddittoria e gravemente carente. I giudici, infatti, dato per pacifico che effettivamente a fronte di una retribuzione formale, risultante dalle buste paga, di 56 Euro giornalieri, i lavoratori percepivano solo la somma di 40 Euro giornalieri e restituivano la differenza, non hanno tenuto conto di alcuni dati, quali:
- la esibizione da parte degli stessi lavoratori di prospetti paga rilasciati dalla ditta Cuva Srl consegnati loro da B.B. in cui figurava la dicitura differenza pari alla somma che dovevano restituire;
- la circostanza per cui era A.A. insieme al coindagato R.R , ad occuparsi all'interno della C. degli aspetti contabili e dei contratti dei lavoratori (in tal senso anche la telefonata n. 1186 dell'1/08/2020 fra B.B. e A.A.);
-la circostanza per cui nelle telefonate intercettate i lavoratori parlando fra di loro indicavano quale soggetto a cui dovevano essere restituite le somme colui che aveva loro versato la paga (telefonata n. 1253 del 23/10/2020), ovvero il proprietario del fondo agricolo che li aveva pagati tramite bonifico (telefonata n. 1261 del 23/10/2020);
- la circostanza per cui B.B., parlando con il coindagato I.I., faceva riferimento alle paghe maggiorate e affermava che era in attesa di sapere quale era la cifra che gli operai dovevano restituire (telefonata n. 5545 del 4/11/2020);
- la circostanza per cui l'indagato S.S , parlando con il lavoratore D.D., faceva riferimento alla parte di paga ricevuta in più che doveva essere restituita all'azienda, mentre lo stesso D.D., si lamentava di dover restituire parte del compenso all'azienda (telefonata del (Omissis));
- le dichiarazioni rese da alcuni dipendenti che avevano spiegato di dover restituire al datore di lavoro, per il tramite di B.B., una parte della somma ricevuta tramite bonifico così come indicato in alcuni prospetti che erano stati loro consegnati;
- le dichiarazioni degli stessi dipendenti a proposito dell'orario di lavoro, ben superiore alle 6,30 ore giornaliere e pari ad oltre 8 ore giornaliere.
I giudici, inoltre, non hanno valutato che sotto il profilo dell'elemento soggettivo del reato in esame, nel caso di sfruttamento attuato con corresponsione di retribuzione non adeguata, anche nel caso in cui una parte della retribuzione destinata al lavoratore sia trattenuta dall'intermediario, il datore di lavoro può rispondere a titolo di dolo eventuale, ovvero per la consapevole accettazione del rischio che solo una parte residuale della retribuzione conferita all'intermediario venga poi effettivamente corrisposta ai lavoratori (in tal senso Sez. 4, n. 45615 del 11/11/2021, Mazzotta, Rv. 282580).
Il Tribunale, dunque, ha adottato una motivazione manifestamente carente ed illogica, traendo dal compendio indiziario su indicato inferenze contraddittorie sul piano della logica e non considerando i fatti nella loro concatenazione logica, anche alla luce del contesto complessivo delle indagini.
5. Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Caltanissetta in funzione di giudice del riesame che nel nuovo esame dovrà attenersi ai principi su indicati.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Caltanissetta competente ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 7.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2023