Tribunale di Gorizia, Sez. Lav., 31 maggio 2023, n. 234 - Caduta del lavoratore a causa dell'utilizzo, a mo’ di scala, di una lama malamente fissata al supporto 



RG 234/2022




TRIBUNALE di GORIZIA
Sezione Lavoro
 


Il giorno 31/05/2023 davanti al giudice monocratico dott. Gabriele Allieri sono comparsi, mediante connessione da remoto alla stanza del giudice sulla piattaforma Microsoft Teams, per parte ricorrente, l’avv. Romano; per T., l’avv. Avallone; per Fincantieri, l’avv. Arbia.

I procuratori delle parti insistono come da rispettivi atti.

Il Giudice

pronuncia sentenza con motivazione contestuale, dandone lettura.

Il Giudice Gabriele Allieri


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI GORIZIA


Il Giudice Monocratico - Sezione Lavoro in persona del dott. Gabriele Allieri
ha pronunciato la seguente

SENTENZA



nella causa r.g. n. 234/2022 promossa da:
Md R. A., rappresentato e difeso, in forza di procura depositata telematicamente, dall’avv. Ottavio Romano, presso il cui studio è elettivamente domiciliato
ricorrente


CONTRO

T. s.r.l., rappresentata e difesa, in forza di procura depositata telematicamente, dagli avv.ti Giovanni Avallone e Angelo Petraglia, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo
resistente

E CONTRO

Fincantieri s.p.a., rappresentata e difesa, in forza di procura depositata telematicamente, dagli avv.ti Maria Celeste Arbia e Luigi Arbia, presso il cui studio è elettivamente domiciliata
resistente


dando lettura della motivazione e del dispositivo ai sensi dell’art. 429 c. 1 c.p.c.

Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti.


 

Diritto



1. Il ricorso introduttivo.
Con ricorso depositato il 12 luglio 2022, A., premesso d’aver lavorato per T. dall’01.09.2013 al 20.12.2013 con mansioni di tubista e di aver operato nello stabilimento di Fincantieri a Monfalcone, nell’ambito dell’appalto affidato da quest’ultima alla sua datrice di lavoro, ha agito in giudizio nei confronti di queste società per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza dell’infortunio che l’ha coinvolto il 02.09.2013.
1.1. Ha descritto la dinamica del fatto sostenendo che, mentre era impegnato con un martello a togliere un pezzo di ferro che teneva uniti due tubi precedentemente saldati ad un’altezza di 2,5 metri da terra, sarebbe stato costretto a raggiungere l’altezza necessaria per operare – 1 metro – e così a salire su una lama. Tuttavia questa, solamente puntata sulla parete del blocco su cui egli stava lavorando, avrebbe ceduto sotto il suo peso, determinandone la caduta a terra.
1.2. L’infortunio, in conseguenza del quale l’Inail ha riconosciuto un’inabilità temporanea al lavoro di 250 giorni e una menomazione permanente del 6%, sarebbe ascrivibile al datore di lavoro, il quale non gli avrebbe impartito alcuna formazione utile per lo svolgimento dell’attività assegnatagli, né gli avrebbe messo a disposizione alcun dispositivo di protezione individuale. Ne ha dunque invocato la responsabilità, anche ai sensi della norma di chiusura dell’art. 2087 c.c..
1.3. Quanto a Fincantieri, ha invocato l’applicazione dell’art. 26, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008, precisando che il fatto si sarebbe verificato presso i cantieri di quest’ultima, mentre egli era intento a lavorare su un blocco che avrebbe fatto parte della nave che sarebbe stata assemblata dalla committente, la quale, del resto, si sarebbe riservata tutti i poteri tecnico-organizzativi rispetto alla costruzione dell’opera.
1.4. Ha infine precisato che, sebbene egli avesse in precedenza avviato un contenzioso nei confronti di T., concluso con la sottoscrizione d’un verbale di conciliazione, quel procedimento ebbe un oggetto distinto da quello della presente causa. D’altra parte, l’accordo conciliativo conterrebbe un’espressa riserva d’agire per il risarcimento del danno di cui all’infortunio del 02.09.2013, benché il testo dell’accordo riporti erroneamente la data dell’evento riferendosi al 01.09.2014.

2. La difesa di T..
T. si è costituita in giudizio sottolineando che, al momento della denuncia dell’infortunio all’Inail, la dinamica dell’incidente fu descritta in termini del tutto diversi da quelli di cui al ricorso, posto che ivi si farebbe riferimento al fatto che il ricorrente si sarebbe infortunato perché gli sarebbe scivolato dalle mani un pezzo di ferro.
Di seguito, ed argomentando rispetto alla descrizione del fatto contenuta nel ricorso, la società ha poi ricordato che, in sede penale, sarebbe emersa una colpa del lavoratore, che sarebbe salito sulla lama, da cui poi sarebbe caduto, noncurante del pericolo e della possibilità d’avvalersi agevolmente d’una scala presente sul posto di lavoro.
Ha poi sostenuto che la domanda sarebbe comunque inammissibile, in mancanza d’indicazioni in ordine all’entità del danno riportato e alla sua quantificazione. Ha comunque precisato che l’Inail avrebbe già riconosciuto al lavoratore la somma di euro 4.310,67 per il danno biologico permanente e quella di euro 7.407,54 per l’invalidità temporanea.


3. La difesa di Fincantieri.
Fincantieri si è costituita in giudizio eccependo la prescrizione del diritto azionato nei suoi confronti. La natura extracontrattuale della responsabilità che la riguarderebbe implicherebbe la durata quinquennale del termine per farla valere. Avvenuto il fatto nell’anno 2013, non vi sarebbe stato alcun atto interruttivo anteriore alla notifica del ricorso introduttivo.
Ha poi sostenuto che la conciliazione intervenuta con T. lascerebbe spazio ad iniziative rispetto ad un fatto diverso da quello per cui è causa, come s’evince dalla data con cui esso è contrassegnato (01.09.2014).
In merito ai fatti, non sarebbe stata allegata alcuna specifica circostanza atta ad offrire concretezza a comportamenti a lei ascrivibili ed utili ad attribuirle qualsivoglia responsabilità.

4. Istruita mediante c.t.u. medico-legale, la causa è stata discussa dai difensori delle parti, che si sono riportati alle rispettive conclusioni.

5. L’irrilevanza della conciliazione tra il ricorrente e T..
È appena il caso di dissipare un dubbio, espressamente avanzato da Fincantieri nella sua memoria difensiva, in ordine al fatto che la conciliazione giudiziale raggiunta dal ricorrente e da T., nella parte in cui fa salva l’iniziativa del primo utile a far valere la responsabilità civile della seconda rispetto all’infortunio occorso, si riferirebbe ad un evento diverso da quello descritto nel ricorso introduttivo [cfr. doc. 4 ricorrente].
Se è vero che nel testo della conciliazione la data dell’infortunio è indicata nel 01.09.2014, è altrettanto vero che si tratta di indicazione manifestamente affetta da errore materiale. Invero, il documento indica espressamente che l’infortunio attiene al lavoro svolto presso T. e che il rapporto tra questa e A. si è sviluppato entro un arco di tempo - dall’01.09.2013 al 20.12.2013 – incompatibile con la data del 01.09.2014.
Del resto, T., ben a conoscenza della circostanza, non ha formulato contestazioni di sorta fondate sull’accordo conciliativo, sebbene potenzialmente idonee a paralizzare in radice l’iniziativa intrapresa nei suoi confronti.
Ne deriva che nulla osta all’esame nel merito della vicenda, avulsa da qualsiasi abdicazione mediante la conciliazione testé esaminata.
 

6. La ricostruzione dell’infortunio.
Sotto il profilo fattuale, la dinamica dell’evento è da ritenersi pacifica e documentale. Essa corrisponde a quella espressa da A. nel suo ricorso introduttivo: presso i cantieri di Fincantieri a Monfalcone, mentre era impegnato, su un blocco e con un martello, a togliere un pezzo di ferro che teneva uniti due tubi precedentemente saldati ad un’altezza di 2,5 metri da terra, in quanto costretto a raggiungere l’altezza necessaria per operare – 1 metro – è salito su una lama, che, in quanto solamente puntata sulla parete del blocco su cui egli stava lavorando, ha ceduto sotto il suo peso, determinandone la caduta a terra.
Questa dinamica è da ritenersi provata perché T. non l’ha specificamente contestata nella propria memoria difensiva, laddove piuttosto, sulla base di questa dinamica, ha tentato di sottrarsi alla sua responsabilità, additando come imprudente la condotta del lavoratore. Ciò significa che ad essere in discussione non è il fatto materiale, ma la sua interpretazione e valutazione. Sotto il profilo probatorio, quel fatto materiale è però sicuramente provato, dovendosi far applicazione dell’art. 115 c.p.c..
D’altra parte, è appena il caso di osservare che la coincidenza dello svolgimento dei fatti con quello sopra sintetizzato è documentalmente dimostrata anche dagli atti del procedimento penale depositati dal ricorrente [cfr. doc. 1 ricorrente], laddove l’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415-bis c.p.p. contiene una descrizione assonante con quella che precede, mai posta in discussione o abbinata ad altre ipotesi alternative. Anzi, risulta che quel procedimento si sia di seguito sviluppato con riguardo proprio a quel fatto materiale e che il reato si sia estinto, previa sospensione dello stesso con messa alla prova ai sensi dell’art. 168-bis c.p.; non può tacersi che, ai sensi dell’art. 464-quater c.p.p., a fondamento di tale definizione vi sia stata l’insussistenza dei presupposti per il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. perché, tra l’altro, «il fatto non sussiste o…l'imputato non lo ha commesso o…il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato».
Non rileva peraltro il fatto che al momento della denuncia all’Inail il fatto sia stato descritto riferito allo scivolamento dalle mani del lavoratore d’un pezzo di ferro [cfr. doc. 1, p. 36]. La circostanza - sottolineata da T. ancorché in termini perplessi, visto che, come detto, nei passaggi successivi dell’atto la società ha sviluppato difese sull’assunto che l’evento si sia svolto nel senso da prospettato dal ricorrente - è del tutto irrilevante, visto che quella denuncia ha plastica provenienza datoriale e non vale certo a screditare la credibilità della narrazione operata dall’infortunato nel ricorso.

7. La responsabilità di T..
In merito alla responsabilità di T., va ricordato che «l'art. 2087 c.c. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare, oltre all'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi» [Cass., n. 24742/2018].
Va inoltre precisato che «il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al dipendente, sia quando ometta di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del dipendente medesimo, sia quando, pur avendole adottate, non vigili affinché queste siano di fatto rispettate; ne consegue che, in tutte le ipotesi in cui vi sia inadempimento datoriale rispetto all'adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili "ex ante" ed idonee ad impedire il verificarsi dell'evento dannoso, la condotta colposa del prestatore non può avere alcun effetto esimente e neppure può rilevare ai fini del concorso di colpa» [Cass., n. 25597/2021].
È poi noto che «deve escludersi la sussistenza di un concorso di colpa della vittima, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., al di fuori dei casi di cd. rischio elettivo, quando risulti che il datore di lavoro abbia mancato di adottare le prescritte misure di sicurezza, oppure…abbia trascurato di fornire al lavoratore infortunato una adeguata formazione ed informazione sui rischi lavorativi; ricorrendo tali ipotesi, l'eventuale condotta imprudente della vittima degrada a mea occasione dell'infortunio ed è, pertanto, giuridicamente irrilevante» [Cass., n. 8988/2020].
D’altra parte, «premesso che la “ratio” di ogni normativa antinfortunistica è quella di prevenire le condizioni di rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia degli stessi lavoratori, destinatari della tutela, la responsabilità esclusiva del lavoratore sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, cosi da porsi come causa esclusiva dell'evento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere. In assenza di tale contegno, l'eventuale coefficiente colposo del lavoratore nel determinare l'evento è irrilevante sia sotto il profilo causale che sotto quello dell'entità del risarcimento dovuto» [Cass., n. 798/2017].
7.1. Nella specie, il ricorrente ha assolto il proprio onere probatorio. Dalla dinamica del fatto risulta la nocività del luogo di lavoro: l’evento si è verificato nello svolgimento dell’attività lavorativa e a causa dell’utilizzo, a mo’ di scala, di una lama malamente fissata al supporto.
È poi provata la sussistenza del danno, consistito nella frattura completa dello scafoide [cfr. doc. 5 ricorrente] e il nesso tra questa e l’evento. Depone in tal senso la relazione peritale, visto che la c.t.u. ha concluso chiarendo che «il Sig. A. nell’evento del 2.09.2013 ha riportato la “Frattura completa dello scafoide” da cui subiva ricovero ospedaliero per intervenuto di osteosintesi con vite acutrack. Residua attualmente un modesto risentimento algo-disfunzionale carico dell’articolazione del piede destro. La dinamica dell’evento, la caduta da circa 1 metro sull’arto inferiore destro, giustifica il trauma fratturativo nelle sue componenti» [p. 6 relazione peritale].
7.2. Benché in modo scheletrico, il ricorso ha comunque compiutamente censurato la condotta del datore di lavoro, segnalando che questi non gli ha impartito alcuna formazione rispetto all’attività da svolgere nè gli ha consegnato alcun dispositivo di protezione individuale.
Sarebbe stato onere di T. dimostrare d’aver adottato queste cautele, ma la prova non è stata minimamente fornita. In ordine all’omessa consegna dei d.p.i., la società non ha speso una parola, onde la circostanza è pacifica. Analogo silenzio è stato serbato rispetto all’omissione d’ogni formazione nei confronti del suo dipendente. Invero, in sede di discussione, la difesa della società ha fatto riferimento ad attestati di formazione rilasciati al dipendente e contenuti nel fascicolo del procedimento penale, ciò che smentirebbe il suo inadempimento. Tuttavia, va anche ricordato che quegli attestati sono risultati del tutto inidonei a dimostrare l’adempimento datoriale già in sede penale, tanto più che gli approfondimenti investigativi hanno condotto ad adombrarne la natura posticcia [cfr. doc. 1 ricorrente, p. 56].
A fronte di questi inadempimenti e della ricostruzione giurisprudenziale che precede, è perciò ininfluente che nell’occasione il lavoratore abbia tenuto un contegno imprudente, scegliendo di issarsi su una lama precaria anziché avvalersi d’una scala disponibile. La circostanza, evidenziata anche in sede penale, non vale senz’altro ad identificare una condotta abnorme di A., né, visto il contegno di T., ad individuare un profilo comportamentale rilevante ai fini del decidere.
La responsabilità di T. va perciò senz’altro affermata.

8. La responsabilità di Fincantieri: l’eccezione di prescrizione quinquennale.

Va in primo luogo chiarita la natura contrattuale della responsabilità del committente, che rimonta ad un obbligo di fonte normativa e preesistente al fatto.
È in tal senso da ricordare che la responsabilità deve essere qualificata come contrattuale - cioè come la responsabilità in cui incorre, ai sensi dell’art. 1218 c.c., «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta» - non soltanto quando l'obbligo di prestazione violato derivi da un contratto, nell'accezione di cui all’art. 1321 c.c., ma anche in ogni caso di inesatto adempimento di obblighi di comportamento, preesistenti alla condotta lesiva, quale che ne sia la fonte.
Come chiarito dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, «è opinione ormai quasi unanimemente condivisa dagli studiosi quella secondo cui la responsabilità nella quale incorre "il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta" (art. 1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l'obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell'accezione che ne dà il successivo art. 1321 c.c., ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall'inesatto adempimento di un'obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte. In tale contesto la qualificazione "contrattuale" è stata definita da autorevole dottrina come una sineddoche (quella figura retorica che consiste nell'indicare una parte per il tutto), giustificata dal fatto che questo tipo di responsabilità più frequentemente ricorre in presenza di vincoli contrattuali inadempiuti, ma senza che ciò valga a circoscriverne la portata entro i limiti che il significato letterale di detta espressione potrebbe altrimenti suggerire. Pur non senza qualche incertezza, in un quadro sistematico peraltro connotato da un graduale avvicinamento dei due tradizionali tipi di responsabilità, anche la giurisprudenza ha in più occasioni mostrato di aderire a siffatta concezione della responsabilità contrattuale, ritenendo che essa possa discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice contatto sociale, ogni qual volta l'ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento. Così, ad esempio, è stato attribuito carattere contrattuale non soltanto all'obbligazione di risarcimento gravante sull'ente ospedaliero per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica da parte di un medico operante nell'ospedale, ma anche all'obbligazione del medico stesso nei confronti del paziente, quantunque non fondata sul contratto ma sul solo contatto sociale, poiché a questo si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire la tutela degli interessi che si manifestano e sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso (cfr. Cass. n. 9085 del 2006, Cass. n. 12362 del 2006, Cass. n. 10297 del 2004, Cass. n. 589 del 1999 ed altre conformi); e natura contrattuale è stata riconosciuta anche alla responsabilità del sorvegliante dell'incapace, per i danni che quest'ultimo cagioni a se stesso in conseguenza della violazione degli obblighi di protezione ai quali il sorvegliante è tenuto, sul presupposto che quegli obblighi derivino da un rapporto giuridico contrattuale che tra tali soggetti si instaura per contatto sociale qualificato (cfr. Cass. n. 11245 del 2003). Ne deriva che la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest'ultima consegue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella contrattuale presuppone l'inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti). In quest'ottica deve esser letta anche la disposizione dell'art. 1173 c.c. che classifica le obbligazioni in base alla loro fonte ed espressamente distingue le obbligazioni da contratto (da intendersi nella più ampia accezione sopra indicata) da quelle da fatto illecito...» [Cass., Sez. Un., n. 14712/2017].
Tali principi possono trovare applicazione anche alla specifica materia lavoristica, nella quale è già stata ricondotta all’ambito della responsabilità ex art. 1218 e ss. c.c. la responsabilità dell’ex datore di lavoro che, successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro, fornisca informazioni inesatte all’ex dipendente, così causandogli un pregiudizio alla posizione previdenziale [cfr. Cass., n. 15992/2011].
Anche la responsabilità facente capo a soggetti che, se pur diversi dal datore di lavoro, siano titolari per legge di posizioni di garanzia nei confronti del lavoratore deve dunque ascriversi alla responsabilità ex art. 1218 e ss. c.c., traendo essa origine da inesatto adempimento di obblighi di comportamento preesistenti alla condotta lesiva [cfr., in termini, Trib. Genova, n. 662/2017. Nel medesimo senso, C. App. Roma, n. 2733/2020].
L’art. 26, d.lgs. n. 81 del 2008, pone in capo al committente precisi obblighi di cooperazione affinché negli appalti endoaziendali – come quello in esame – siano assicurate le condizioni di sicurezza dei lavoratori, nonché un obbligo di vigilanza sull’esatto adempimento dell’obbligo di sicurezza in capo all’appaltatore ed in favore dei dipendenti di quest’ultimo.
In ragione di ciò, va applicato il termine di prescrizione decennale, non decorso.

9. …(segue)…: l’infondatezza della domanda nei confronti di Fincantieri.
Nel merito, va però escluso che sussistano elementi per affermare che Fincantieri è responsabile in solido delle conseguenze dell’evento.
«Il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro – ha spiegato anche recentemente la Cassazione - opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, di modo che, ai fini della configurazione della sua responsabilità, occorre verificare in concreto l'incidenza della relativa condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo» [Cass., n. 9178/2023].
Nel caso di specie, il ricorrente ha affidato la propria domanda verso il committente a tre circostanze: il fatto che l’evento si sia verificato presso il cantiere di Fincantieri; il fatto che esso sia avvenuto nel corso di una lavorazione su un "blocco", ossia su una parte della nave che sarebbe stata successivamente assemblata da Fincantieri; il fatto che questa «si sia riservata tutti i poteri tecnico-organizzativi dell'opera da eseguire (la nave in cantiere)» [p. 5 ricorso].
Le prime due circostanze, però, sono del tutto neutre perché, opinando nei termini prospettati, ossia ritenendo che sia sufficiente la sussistenza di quei profili, verso il committente si configurerebbe un’inedita ipotesi di responsabilità oggettiva, esclusa financo nei riguardi del datore di lavoro. Invero, che il luogo di lavoro coincida con la sede del committente vale solo ad identificare, nella fattispecie, un appalto endoaziendale. Da esso sicuramente può evincersi una fisiologica ed astratta possibilità di verifica rispetto a quanto avviene al suo interno, ma non anche l’automatica conoscibilità, o addirittura un controllo in tempo reale, dell’attività svolte dai dipendenti dell’appaltatore. Il fatto che l’infortunio abbia visto coinvolto un soggetto “a contatto” con una parte dell’opera appaltata è un dato analogamente privo di autonoma decisività, trattandosi piuttosto d’un aspetto connaturato all’adibizione all’appalto. I due profili, anche se analizzati congiuntamente, non valgono ad identificare elementi decisivi per affermare la responsabilità di Fincantieri, salvo non imporle un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, come detto inesigibile.
Il fatto poi che la committente si sia riservata tutti i poteri tecnico-organizzativi dell'opera da eseguire è inoltre una deduzione del tutto generica, dalla quale non è dato evincere alcun nesso tra questo potere e il fatto verificatosi. In particolare, manca integralmente non solo la prova, ma anche l’allegazione, dei termini in cui il contegno commissivo od omissivo di Fincantieri abbia potuto costituire un antecedente necessario nella determinazione dell’evento infortunistico.
È poi appena il caso di precisare che il ricorrente non ha censurato un inadempimento di Fincantieri al momento della selezione dell’appaltatore, sottolineandone l’inadeguatezza. Ad ogni buon conto, anche ipotizzando l’esistenza di una tale deduzione, va detto che Fincantieri non avrebbe avuto la possibilità di verificare eventuali deficienze dell’impresa appaltatrice, specie sotto il profilo della formazione delle maestranze, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che, per ipotizzarne l’emersione, si sono rese necessarie attività d’indagine in sede penale del tutto inesigibili da parte del committente.

Dalle allegazioni del ricorrente non risultano, in definitiva, elementi che, se provati, condurrebbero ad affermare la responsabilità di Fincantieri. La domanda nei suoi confronti è perciò infondata.

10. Il danno subito dal ricorrente.
La c.t.u., senza incontrare osservazioni delle parti, ha chiarito che «i postumi, sufficientemente stabilizzati si compendiano complessivamente in un danno biologico nella misura del 2% (due). Considerando l’evoluzione delle lesioni, i trattamenti ed il graduale recupero dei deficit funzionali, il periodo di inabilità temporanea, può essere valutato complessivamente in 2 giorni di totale, 35 giorni al 75%, 30 giorni al 50% e 30 giorni al 25%. Andranno considerati ulteriori 30 giorni di temporanea per la rimozione dei mezzi di sintesi: 2 giorni di totale, 10 giorni al 75%, 10 giorni al 50% e 10 giorni al 25%».
10.1. Benché T. abbia sostenuto che il ricorrente non avrebbe specificamente formulato domanda di risarcimento del danno differenziale e, al contempo, non avrebbe operato una quantificazione dei danni subiti, va rammentato che «l’interpretazione dell’atto introduttivo, da compiersi mediante un suo apprezzamento globale e non limitato alla parte destinata ad ospitare le conclusioni, deve essere compiuta avendo riguardo non solo alla sua formulazione letterale, ma anche, e soprattutto, al suo sostanziale contenuto, in guisa da apprezzare le finalità che con esso la parte intende perseguire» [cfr. Cass. n. 5743/2008; Cass. n. 3041/2007; Cass. n. 8107/2006]. In particolare, «il giudice del merito, nell'indagine diretta all'individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore meramente letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante, mentre incorre nel vizio di omesso esame ove limiti la sua pronuncia alla sola prospettazione letterale della pretesa, trascurando la ricerca dell'effettivo suo contenuto sostanziale» [cfr. Cass. n. 118/2016].
Lo stile asciutto ed essenziale del ricorso non impedisce di comprenderne facilmente lo scopo: ottenere dal datore di lavoro il risarcimento del danno differenziale, nella misura spettante sulla base del grado d’invalidità riportato. Il fatto che l’identificazione di quella misura sia rimessa ad un accertamento medico- legale non rende esplorativa l’istanza di nomina di un c.t.u., atteso che il ricorrente non ha rimesso all’esperto la valutazione dell’an del danno subito, bensì solo del suo quantum.
Al lume delle conclusioni dell’esperta, può perciò senz’altro procedersi al calcolo del risarcimento dovuto.
10.2. In applicazione delle Tabelle di Milano del 2021, il risarcimento del danno è astrattamente calcolabile nei termini che seguono:
Età del danneggiato alla data del sinistro 35 anni
Percentuale di invalidità permanente 2%
Punto danno biologico € 1.273,69

Punto base I.T.T.
€ 99,00
Giorni di invalidità temporanea totale 4
Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 45
Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 40
Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 40

Danno non patrimoniale risarcibile € 2.114,00

Invalidità temporanea totale
€ 396,00
Invalidità temporanea parziale al 75% € 3.341,25
Invalidità temporanea parziale al 50% € 1.980,00
Invalidità temporanea parziale al 25% € 990,00
Totale danno biologico temporaneo € 6.707,25

TOTALE GENERALE: € 8.821,25

Va, per inciso, esclusa ogni personalizzazione, considerando che nel caso di specie non si riscontrano conseguenze dannose anomale o peculiari, ma solo quelle normali e indefettibili secondo l'id quod plerumque accidit, ciò che esclude una personalizzazione in aumento del risarcimento [cfr. Cass. n. 7513/2018].
Va poi considerato che il ricorrente ha già ricevuto dall’Inail prestazioni in occasione dell’infortunio subito. È in particolare pacifico che abbia ricevuto l’indennità per inabilità temporanea e l’indennizzo per il danno biologico permanente, pari ad euro 4.310,67 [cfr. doc. 1 T.]. A questo riguardo, è allora il caso di precisare che «in tema di danno cd. differenziale, la diversità strutturale e funzionale tra l'erogazione Inail ex art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall'istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o ammalato, con la conseguenza che il giudice di merito, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l'indennizzo erogato dall'Inali secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale; pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest'ultimo alla quota Inail rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall'importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall'importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita Inail destinata a ristorare il danno biologico permanente» [Cass., n. 17967/2021].
Ne deriva che l’importo versato dall’Inail a titolo d’indennizzo offre integrale copertura al risarcimento astrattamente spettante ad A..
Gli va invece integralmente riconosciuto il risarcimento del danno riferito al danno biologico temporaneo, pari ad euro 6.707,25. T. va perciò condannata a versargli quest’importo.
10.3. Sulla somma spettano gli interessi di legge dalla data della sentenza al saldo. «Con la sentenza definitiva che decide sulla liquidazione di un'obbligazione di valore, da effettuarsi in valori monetari correnti, - spiega la Cassazione - si determina la conversione del debito di valore in debito di valuta con il riconoscimento da tale data degli interessi corrispettivi. Ne consegue che è preclusa l'ulteriore rivalutazione monetaria derivante dall'eventuale ritardo nell'esecuzione del giudicato, valendo, in tale ipotesi, i criteri previsti dalla legge per il debito di valuta” [Cass., n. 8507/2011].
10.4. Non vi sono ulteriori voci di danno risarcibili, specie sotto il profilo patrimoniale, data la mancanza d’ogni indicazione atta ad identificare ulteriori pregiudizi meritevoli d’approfondimento.

11. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.



Il Giudice, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria eccezione, deduzione e conclusione, condanna T. s.r.l., a pagare in favore di parte ricorrente la somma di euro 6.707,25, oltre interessi di legge dalla data della presente sentenza al saldo;
respinge le domande proposte dal ricorrente nei confronti di Fincantieri s.p.a.;
condanna T. s.r.l. a rifondere al ricorrente le spese del giudizio, liquidate in complessivi euro 2.695,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge;
condanna parte ricorrente a rifondere a Fincantieri le spese del giudizio, liquidate in complessivi euro 2.695,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge;
pone definitivamente a carico di T. s.r.l. le spese di c.t.u., liquidate come da separato decreto.
Gorizia, 31 maggio 2023
Il Giudice Gabriele Allieri