Tribunale di Cosenza, Sez. Lav., 26 maggio 2023, n. 1123 - Riconoscimento malattia professionale






TRIBUNALE DI COSENZA
SEZIONE LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Cosenza in composizione monocratica, in persona del dott. Salvatore Bloise quale Giudice del Lavoro, ha emesso la seguente


SENTENZA



nella causa iscritta al n. 3425 R.G.A.L. dell’anno 2018 vertente

TRA

G.C., elettivamente domiciliato in Cosenza, OMISSIS, presso lo studio dell’Avv. Giovanni Carlo Tenuta che lo rappresenta e difende unitamente all’Avv. Giustino Mauro - ricorrente
E

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Cosenza, Via Isonzo n. 48, presso l’ufficio legale dell’ente, rappresentato e difeso dall’Avv. Ilario Antonio Sorace - resistente
 

Oggetto: riconoscimento malattia professionale.

Conclusioni della parte ricorrente: “… b) accogliere il ricorso e, quindi, accertare che le patologie "leucemia a cellule capellute (ovvero linfoma non Hodgkin - HCL o neoplasia del sistema emolinfopoietico), ipoacusia orecchio dx e orecchio sx - grave coxatrosi a dx con deformazione della testa femorale, iniziali segni di artosi all'anca controlaterale - rosteonecrosi testa femorale a destra trattata con atroprotesi biologica, pressione arteriosa, patologie respiratorie e cardiache”, e, comunque, con riguardo a tutte le malattie sopra elencate o dalle quali, in concreto, risulti affetto il ricorrente, riconosciuto che trattasi di malattie professionali, ovvero di patologie derivanti dalle mansioni svolte, ovvero accertare che, tutte le malattie in atti descritte, sono da ricollegare, anche a livello di concausa, alle mansioni, al lavoro svolto ed all’ambiente lavorativo; c) dichiarare, per l’effetto, il diritto del sig. G.C. ad ottenere l’indennizzo, ovvero la rendita INAIL nella misura legalmente prevista e commisurata al grado del 100% per invalidità lavorativa e per danno biologico, o in quell’altra maggiore o minore percentuale che sarà determinata in corso di causa; d) condannare, inoltre, l’INAIL, a liquidare ed a corrispondere, in favore del ricorrente, la relativa rendita, ovvero il relativo indennizzo, come per legge, nella misura del 100% o in quell’altra maggiore o minore misura che sarà ritenuta di giustizia o accertata in corso di causa; e) condannare l'INAIL al pagamento delle spese e degli onorari, con rimborso spese forf. del 15% con CPA ed IVA, come per legge, da distrarsi ex art. 93 c.p.c. in favore degli avv.ti Giovanni Carlo Tenuta e Giustino Mauro, procuratori antistatari …”.
Conclusioni della parte resistente: “… per l’inammissibilità, ovvero l’improponibilità/improcedibilità del ricorso, e gradatamente per il rigetto dell’avversa domanda. Con vittoria di spese e competenze …”.
 

 

FattoDiritto



L’odierna parte ricorrente ha agito in giudizio assumendo di avere lavorato nel settore dell’armamento ferroviario dal 1988 al 31.10.2015, giorno del licenziamento; che era inoccupato perché il datore di lavoro non aveva ottemperato all’ordinanza di reintegrazione resa all’esito del giudizio di impugnazione del licenziamento; che aveva condotto e manovrato macchinari a motore diesel (rincalzatrice, risanatrice e profilatrice); che l’assenza di cabine chiuse ed il posizionamento verticale dei tubi di scarico del motore diesel avevano esposto il lavoratore ad agenti atmosferici e climatici, inalazione di fumi prodotti dalla combustione del gasolio, metalli pesanti e campi elettromagnetici; che i diversi macchinari utilizzati, oltre ad essere rumorosi, producevano vibrazioni e polveri, rendendo l’aria irrespirabile; che fino agli anni 2000 non erano stati utilizzati dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, tappi o occhiali; che le prestazioni lavorative molto spesso venivano eseguite a distanza di pochi giorni o ore da incendi o dal passaggio del convoglio spargente diserbanti; che aveva provveduto anche alla pulizia delle macchine operatrici a mezzo di solventi e a riempire di acidi ed altri liquidi le batterie elettriche; che vi era stata la responsabilità datoriale per le condizioni di lavoro, atteso che la società datrice di lavoro non aveva rispettato le prescrizioni in tema di sicurezza sul lavoro, non aveva formato ed informato il lavoratore sui rischi specifici connessi alle mansioni svolte; che nell’anno 2012 era stato ricoverato presso l’Ospedale Civile di Cosenza per “Sindrome Linfoproliferativa cronica di tipo HCL-Hair Cell Leukaemia”, diagnosi confermata nell’anno 2014 dai sanitari dello stesso presidio; che era stata diagnosticata la “grave coxartrosi a dx con deformazione della testa femorale, iniziali segni di artrosi all’anca controlaterale”, il “disturbo dell’adattamento cronico con ansia e umore depresso in soggetto con grave disturbo di personalità”, “ipoacusia percettiva sin”; che era stato sottoposto ad intervento chirurgico di coronografia ed angioplastica; che aveva appreso della probabile origine professionale delle malattie a seguito della relazione medica del dott. Raffaele Mauro del 30.11.2015; che era stato riconosciuto invalido con menomazione dell’80% dall’Inps; che, per le patologie indicate, sussisteva la presunzione di origine lavorativa e, comunque, sussisteva il nesso di causalità con l’attività lavorativa; che l’Inail non aveva accolto la domanda formulata in via amministrativa; che, in contrario, ricorrevano tutti i presupposti per il riconoscimento della malattia professionale. Su tali premesse, sinteticamente riportate, ha formulato le conclusioni sopra trascritte.
L’Inail si è costituito in giudizio contestando le avverse argomentazioni ed affermando in particolare l’improponibilità dell’azione per la mancanza di valida domanda amministrativa, atteso che la domanda doveva essere presentata utilizzando moduli dell’Istituto e con specifiche certificazioni mediche per ciascuna patologia; che l’incompletezza della domanda amministrativa era assimilata all’omessa domanda; che si era verificata la prescrizione del diritti azionati per il decorso dei termini dal momento dell’oggettiva conoscibilità della malattia professionale come conseguente al lavoro svolto; che vi era il divieto di cumulo della pensione d’invalidità civile e della rendita Inail per accertamenti riferibili alla medesima patologia; che non era sussistente il nesso causale tra le lavorazioni effettivamente svolte dal ricorrente e le patologie lamentate; che le patologie denunciate non rientravano tra quelle tabellate. Su tali premesse, sinteticamente riportate, ha formulato le conclusioni sopra trascritte.
All’esito dell’istruzione compiuta e delle c.t.u. espletate la causa è stata rinviata per la discussione.
Per il presente procedimento è stata disposta la sostituzione dell’udienza di discussione, fissata al 26.5.2023, con il deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c..
Le parti hanno depositato note scritte. In merito, per le considerazioni che verranno svolte, non si rende necessario chiamare il c.t.u. a chiarimenti, come chiesto dall’Inail.
Si provvede in data odierna al deposito della sentenza sulla base della previsione dell’art. 127 ter c.p.c. citato, secondo cui il Giudice provvede entro il termine di 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note scritte.
In ordine alla presentazione della domanda amministrativa, risulta in atti istanza ex art. 53 comma 5 D.P.R. 1124/1965 e 10, comma 4, D. Lgs. 38/2000 ricevuta sia dal datore di lavoro che dall’Inail.
Tale documentazione può ritenersi sufficiente per superare l’eccezione dell’Inail, principalmente in base alla previsione dell’art. 52 D.P.R. n. 1124/1965, che statuisce che il datore di lavoro ha l'obbligo di trasmettere all'Istituto assicuratore la denuncia di malattia professionale entro i cinque giorni successivi a quello nel quale il prestatore d'opera ha fatto denuncia al datore di lavoro, evidenziandosi poi che l’art. 67 D.P.R. 1124/1965 prevede che gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell'Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non ha adempiuto agli obblighi stabiliti nel presente titolo (cfr. in merito Cass. Sez. Lav. 29250/2017).
Allo stesso modo, l’eccezione di prescrizione formulata dall’Inail non può accogliersi. Premesso il principio per cui il dies a quo per la decorrenza del termine triennale di prescrizione dell'azione per conseguire dall'Inail la rendita per inabilità permanente va individuato con riferimento al momento in cui l'interessato ha avuto consapevolezza dell'esistenza della malattia, della sua origine professionale e del suo grado invalidante, potendo a tal fine assumere rilievo l'esistenza di eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, quali la domanda amministrativa, certificati medici che attestino l'esistenza della malattia al momento della certificazione od altri fatti noti dai quali sia possibile trarre presunzioni gravi, precise e concordanti ex artt. 2727 e 2729 c.c. (in merito, tra le altre, Cass. Sez. Lav. 4181/2003; Cass. Sez. Lav. 27323/2005), si ritiene che tali elementi di prova non possano conseguire alle certificazioni mediche precedenti alla relazione tecnica del dott. Raffaele Mauro del 30.11.2015, che riferisce del nesso causale tra patologia del ricorrente e condizioni di lavoro, in modo tale che la domanda ricevuta dall’Inail il 24.5.2018 e dal datore di lavoro il 25.5.2018 si mostra tempestiva.
Per quanto riguarda il divieto di cumulo tra prestazione assistenziale e rendita Inail, ancora eccepita dalla parte resistente, dalla documentazione allegata da parte ricorrente risulta la domanda presentata ed il riconoscimento della percentuale di invalidità dell’80% ex artt. 2 e 13 della legge 118/1971 e 9 D.L. 509/1988 (cfr. verbale conseguente a visita del 19.11.2015).
Pur in mancanza di ulteriori elementi di fatto, deve dirsi che l’argomentazione dell’Inail è fondata - occorrendo anche evidenziare che, sul tema specifico, la parte ricorrente non muove contestazioni specifiche -, potendosi presumere la percezione dell’assegno mensile
di assistenza e richiamandosi il principio espresso da Cass. Sez. Lav. 3240/2011, secondo cui: “In tema di prestazioni assistenziali, l'art. 3, comma 1, l. n. 407 del 1990 non consente, al di là delle eccezioni espressamente previste, il cumulo tra prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidità contratte per causa di lavoro o servizio, e prestazioni assistenziali (nella specie, tra rendita vitalizia erogata dall'Inail e assegno mensile di assistenza corrisposto dall'Inps a soggetti solo parzialmente invalidi), senza che assuma importanza la diversità dell'evento menomativo della capacità di lavoro rispetto all'infermità rilevante per l'attribuzione dell'assegno per l'invalidità, atteso che detta disposizione prescinde da ogni distinzione in merito all'identità degli eventi invalidanti e non è configurabile una interpretazione estensiva od analogica dell'art. 1, comma 43, l. n. 335 del 1995 - che consente la contemporanea erogazione della rendita vitalizia liquidata ai sensi d.P.R. n. 1124 del 1965 e della pensione di inabilità ove siano originate da eventi differenti - riguardando la previsione le sole prestazioni previdenziali a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, e non anche le prestazioni assistenziali. Né sono fondati i dubbi di legittimità costituzionale in relazione agli art. 3 e 38 cost. restando rimessa al legislatore, nella materia assistenziale, la valutazione, commisurata anche alle esigenze di finanza pubblica, della compatibilità dell'erogazione con altre prestazioni” (cfr. Cass. Sez. Lav. 6054/2018).
Ciò posto, tuttavia, la medesima pronuncia della Suprema Corte afferma che il regime di incompatibilità non comporta la irriconoscibilità del diritto ai trattamenti assistenziali dichiarati incompatibili, ma soltanto il divieto di beneficiarne in cumulo con le prestazioni dalla legge espressamente e specificamente indicate, in modo tale che il divieto di cumulo non incide sulla titolarità del diritto, che può essere oggetto di accertamento giudiziale.
Passando all’esame del merito, l’attività lavorativa svolta è stata dimostrata dalla documentazione allegata in atti da parte ricorrente (libretto di lavoro, buste paga), oltre che dai testi escussi che, a diretta conoscenza dei fatti poiché colleghi di lavoro (sia pure per periodi limitati) del ricorrente, hanno confermato le modalità della stessa indicata in ricorso.
Ciò posto, è stata espletata una prima c.t.u. con il dott. Santi Barbera che ha riconosciuto un grado di invalidità del 100%, riconoscendo le patologie della leucemia linfoproliferativa; la coxartrosi già trattata con artroprotesi a dx per necrosi della testa femorale, associata a lesioni artrosiche osteodegenerative in altri distretti dell’apparato scheletrico; l’ipoacusia con acufeni e la cardiopatia ischemica con esiti di infarto del miocardio, trattata con angioplastica.
Tali patologie sono state valutate come conseguenza delle condizioni di lavoro, in particolare con richiamo all’esposizione ultratrentennale a numerosi agenti chimici, non tutti individuabili ma presenti per definizione, quali prodotti della combustione degli idrocarburi aromatici, acidi, solventi, polveri; all’esposizione a rumori e vibrazioni delle imponenti macchine e degli attrezzi sussidiari utilizzati; alla continua movimentazione e trasporto manuale di carichi; al percorso a piedi di numerosi chilometri di terreno sconnesso ed accidentato; all’esposizione allo stress accumulato in anni di duro lavoro.
Tale relazione non si mostra compiutamente motivata in riferimento alla sussistenza del nesso di causalità, evidenziandosi in particolare la “lunga conversazione anamnestico- lavorativa” con il ricorrente che, insieme ad altri elementi, è stata posta a base della valutazione del c.t.u. (evidenziandosi l’interesse del ricorrente a sostenere la correlazione causale tra ambiente di lavoro e patologia) e la genericità delle argomentazioni svolte dal dott. Barbera sul nesso eziologico per la leucemia (legato ad agenti chimici che il c.t.u. definisce non tutti individuabili) e per la malattia cardiaca nella parte in cui si afferma che non è possibile considerare tale malattia strettamente attinente all’attività lavorativa se pur si aggiungeva (in maniera, come detto, generica) che era innegabile che lo stress accumulato negli anni di duro lavoro poteva verosimilmente aver esercitato una valida
concausa per la patologia cardiaca, unitamente al trattamento farmacologico impegnativo per la malattia ematologica più grave ed al pesante stato ansioso-depressivo. Allo stesso modo, appariva non compiutamente motivata la percentuale del 100% riconosciuta dal consulente.
All’esito di richiesta di chiarimenti (che non ha avuto, di fatto esito) si è dunque resa necessaria una diversa c.t.u., espletata con il dott. Calabria Roberto (dopo le vicende relative a conferimento di incarico al dott. Perfetti Emilio, con revoca ex art. 196 c.p.c. del conferimento dell’incarico per tardività nel deposito dell’elaborato e con precisazione, resa con l’ordinanza del 14.7.2022, che della c.t.u. depositata dal dott. Perfetti dopo la revoca non si sarebbe tenuto conto).
La seconda c.t.u. a firma del dott. Calabria Roberto mostra ancora margini di incertezza, apparendo di fatto mera riproduzione della prima del dott. Barbera, dovendosi anche evidenziare i profili di irritualità già indicati con l’ordinanza del 4.4.2023, che hanno determinato la nullità della stessa consulenza.
Ciò posto, occorre tuttavia rilevare che due c.t.u. hanno affermato le patologie indicate e la correlazione causale con le condizioni di lavoro, sicché deve darsi seguito alle conclusioni conformi dei consulenti, non potendosi prospettare una terza consulenza ed apparendo inutile chiamare il dott. Calabria ad ulteriori chiarimenti.
Tenuto conto, si ripete, di due consulenze conformi, può dunque sostenersi la presenza di agenti patogeni e sostanze chimiche sul luogo di lavoro, trattandosi di lavoro svolto anche all’interno di gallerie per circa 30 anni e, dunque, a contatto con fumi emessi da motori diesel, con esposizione a forti rumori conseguenti all’uso di macchinari, con utilizzo di macchinari che producevano forti vibrazioni e con svolgimento di mansioni faticose a livello fisico (valorizzandosi in merito anche le testimonianze assunte) in modo tale che le patologie riscontrate dai c.t.u. possono mettersi in correlazione causale con lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Per quanto riguarda la sindrome ansioso-depressiva, può affermarsi una derivazione causale dalle patologie indicate e correlate all’ambiente di lavoro, così come può affermarsi una derivazione, perlomeno in termini di concausalità, della patologia cardiaca dalle condizioni di stress lavorativo e dal trattamento cardiotossico per la leucemia.
La domanda può dirsi accogliersi nei limiti indicati, con affermazione del diritto alla rendita di cui all'art. 13, comma 2 lett. a) del D. Lgs. 38/2000 commisurata al grado di inabilità del 100%, con decorrenza dalla domanda amministrativa ricevuta il 24.5.2018 (i c.t.u. non indicano una decorrenza diversa), oltre interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria con decorrenza dal 121° giorno dalla domanda amministrativa, con applicazione dei criteri dettati dall’art. 16, comma 6, della legge 412/1991, disponendo dunque al riguardo che le somme dovute a titolo di interessi siano portate in detrazione da quelle dovute a titolo di rivalutazione.
Le spese di lite si compensano nella misura della metà in ragione delle argomentazioni svolte sul divieto di cumulo con la prestazione assistenziale e sul conseguente accoglimento parziale della domanda.
Per la restante metà seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con la chiesta distrazione.
Le spese di c.t.u., liquidate come da separato decreto, sono poste a carico dell’Inail.

 

P.Q.M.



Il Tribunale di Cosenza in composizione monocratica, in funzione di Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando sulla causa pendente tra le parti indicate in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattese, così provvede:
- accoglie la domanda nei limiti indicati e, per l’effetto, dichiara che la parte ricorrente ha subito danno biologico in conseguenza delle malattie professionali indicate in motivazione nella misura del 100%;
- per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla rendita di cui all’art. 13, comma 2 lett. a) del D. Lgs. 38/2000, commisurata al grado di invalidità dell’100%, con decorrenza dal 24.5.2018, oltre interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria dal 121° giorno dalla domanda amministrativa fino al soddisfo, disponendo ex art. 16, comma 6, della legge 412/1991 che le somme dovute a titolo di interessi siano portate in detrazione da quelle dovute a titolo di rivalutazione;
- compensa le spese di lite nella misura della metà, condannando l’Inail al pagamento, in favore del ricorrente, della restante metà delle spese di lite, che si liquidano in €. 2.320,00 per compenso, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge, con distrazione in favore dei procuratori costituiti;
- pone le spese di CTU, liquidate come da separato decreto, a carico dell’Inail.
Si comunichi Cosenza, 24.6.2023
IL GIUDICE

dott. Salvatore Bloise