SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) 13 luglio 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sanità pubblica – Normativa nazionale che impone un obbligo vaccinale per il personale sanitario – Sospensione dalle funzioni senza retribuzione per il personale che rifiuta il vaccino – Regolamento (CE) n. 726/2004 – Medicinali per uso umano – Vaccini anti COVID- 19 – Regolamento (CE) n. 507/2006 – Validità delle autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate – Regolamento (UE) 2021/953 – Divieto di discriminazione tra persone vaccinate e non vaccinate – Irricevibilità»

 

Fonte: curia.eu


Nota a cura di Castellaneta Marina, in Guida al diritto, 30/2023, pp. 104-106 "Obbligo vaccinale per i sanitari, la Corte Ue non si esprime sulla sospensione dal lavoro" 

Nota a cura di De Matteis Aldo, in Lavoro Diritti Europa, 3/2023



 Nella causa C-765/21,
  
 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale ordinario di Padova (Italia), con ordinanza del 7 dicembre 2021, pervenuta in cancelleria il 13 dicembre 2021, nel procedimento
  
 D.M.
  
 contro
  
 Azienda Ospedale-Università di Padova,
  
 con l’intervento di:
  
 C.S.,
  
 LA CORTE (Seconda Sezione),
  
 composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, M.L. Arastey Sahún, F. Biltgen, N. Wahl e J. Passer, giudici,
  
 avvocato generale: M. Szpunar cancelliere: D. Dittert, capo unità
 vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 gennaio 2023, considerate le osservazioni presentate:
 –                per D.M., da R. Martina, L. Minisci, A. Sinagra e A. Veneziano, avvocati;
  
 –                per l’Azienda Ospedale-Università di Padova, da C. Cester, I. Gianesini, L. Miazzi,
 A. Rampazzo e C. Tomiola, avvocati;
  
 –                per C.S., da P. Piva e F. Rossi Dal Pozzo, avvocati;
  
 –                per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. De Bellis e
 F. Urbani Neri, avvocati dello Stato;
  
 –                per la Commissione europea, da G. Gattinara e A. Sipos, in qualità di agenti,
 
 
 vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
  
 ha pronunciato la seguente
  
 Sentenza
  
 1                La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 507/2006 della Commissione, del 29 marzo 2006, relativo all’autorizzazione
 all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2006, L 92, pag. 6), del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale
 dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (GU 2021, L 211, pag. 1, e rettifica in GU 2021, L 236, pag. 86), nonché degli articoli 3, 35 e 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
  
 2                Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra D.M. e l’Azienda Ospedale-Università di Padova (Italia), (in prosieguo: l’«ospedale universitario») relativamente alla sospensione di D.M. dalle sue funzioni di infermiera professionale presso l’ospedale universitario, senza diritto a retribuzione durante la sua sospensione, a causa dell’inosservanza, da parte di quest’ultima, della normativa nazionale che impone un obbligo vaccinale per il personale sanitario.
  
 Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Regolamento n. 507/2006

3                L’articolo 1 del regolamento n. 507/2006 prevede quanto segue.
  
 «Il presente regolamento stabilisce le norme per il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio subordinata ad obblighi specifici a norma dell’articolo 14, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 726/2004 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e
 veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1)] (di seguito “autorizzazione all’immissione in commercio condizionata”)».
  
 4                L’articolo 4 del regolamento n. 507/2006 è così formulato:
  
 «1.      Un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata può essere rilasciata quando il comitato [per i medicinali per uso umano] ritiene che, malgrado non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia del medicinale, siano rispettate tutte le seguenti condizioni:
  
 a)            il rapporto rischio/beneficio del medicinale, quale definito all’articolo 1, punto 28 bis, della direttiva 2001/83/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67)], risulta positivo;
 
 
 b)            è probabile che il richiedente possa in seguito fornire dati clinici completi;
  
 c)            il medicinale risponde ad esigenze mediche insoddisfatte;
  
 d)            i benefici per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superano il rischio inerente al fatto che occorrono ancora dati supplementari.
  
 Nelle situazioni di emergenza di cui all’articolo 2, paragrafo 2, può essere rilasciata
 un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata anche in assenza di dati farmaceutici o preclinici completi purché siano rispettate le condizioni di cui alle lettere da a) a d) del presente paragrafo.
  
 2.      Ai fini del paragrafo 1, lettera c), per esigenze mediche insoddisfatte si intende una patologia per la quale non esiste un metodo soddisfacente di diagnosi, prevenzione o trattamento autorizzato nella Comunità o, anche qualora tale metodo esista, in relazione alla quale il medicinale in questione apporterà un sostanziale vantaggio terapeutico a quanti ne sono affetti».
  
 Regolamento 2021/953
  
 5                I considerando 6, da 12 a 14 e 36 del regolamento 2021/953 così recitano:
  
 «(6)      In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica. Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione [europea] attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475 [del Consiglio, del 13 ottobre 2020, per un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19 (GU 2020, L 337, pag. 3)]. È necessario che tali limitazioni siano applicate conformemente ai principi generali del diritto dell’Unione, segnatamente la proporzionalità e la non discriminazione. Tutte le misure adottate dovrebbero pertanto essere strettamente limitate nella portata e nel tempo, in linea con gli sforzi volti a
 ripristinare la libera circolazione all’interno dell’Unione, e non dovrebbero andare al di là di quanto strettamente necessario per tutelare la salute pubblica. (...)
  
 (...)
  
 (12)             Per facilitare l’esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, è opportuno stabilire un quadro comune per il rilascio, la verifica e
 l’accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione dalla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’[Unione]”). (...)
  
 (13)             Sebbene lasci impregiudicata la competenza degli Stati membri nell’imporre restrizioni alla libera circolazione, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV- 2, il presente regolamento dovrebbe contribuire ad agevolare la graduale revoca di tali restrizioni in modo coordinato, ove possibile, in conformità della raccomandazione (UE) 2020/1475. Tali restrizioni potrebbero essere revocate in particolare per le persone vaccinate, in linea con il principio di precauzione, nella misura in cui le evidenze scientifiche sugli effetti della vaccinazione anti COVID-19 diventino disponibili in maggior misura e mostrino in maniera coerente che la vaccinazione contribuisce a interrompere la catena di trasmissione.
 
 
 (14)             Il presente regolamento è inteso a facilitare l’applicazione dei principi di proporzionalità e di non discriminazione per quanto riguarda le restrizioni alla libera circolazione durante la pandemia di COVID-19, perseguendo nel contempo un livello elevato di protezione della salute pubblica. Esso non dovrebbe essere inteso come un’agevolazione o un incentivo all’adozione di restrizioni alla libera circolazione o di restrizioni ad altri diritti fondamentali, in risposta alla pandemia di COVID-19, visti i loro effetti negativi sui cittadini e le imprese dell’Unione. (...)
  
 (...)
  
 (36)      È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione, o di un certificato di vaccinazione che attesti l’uso di uno specifico vaccino anti COVID-19, non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto passeggeri transfrontalieri quali linee aeree, treni, pullman, traghetti o qualsiasi altro mezzo di trasporto. Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati».
  
 6                Ai sensi dell’articolo 1 del regolamento 2021/953:
  
 «Il presente regolamento stabilisce un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati COVID-19 interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione (certificato digitale COVID dell’[Unione]) con lo scopo di agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione durante la pandemia di COVID-19 da parte dei loro titolari. Il presente regolamento contribuisce inoltre ad agevolare la revoca graduale delle restrizioni alla libera circolazione poste in essere dagli Stati membri, in conformità del diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 in modo coordinato.
  
 (...)».
  
 7                L’articolo 3, paragrafo 1, di detto regolamento così dispone:
  
 «Il quadro del certificato COVID digitale dell’[Unione] consente il rilascio, la verifica e l’accettazione transfrontaliere di uno qualunque dei seguenti certificati:
  
 a)      un certificato comprovante che al titolare è stato somministrato un vaccino anti COVID-19 nello Stato membro di rilascio del certificato (certificato di vaccinazione);
  
 (...)
  
 c)      un certificato comprovante che, successivamente a un risultato positivo di un test [molecolare di amplificazione dell’acido nucleico] effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato, il
 titolare risulta guarito da un’infezione da SARS-CoV-2 (certificato di guarigione). (...)».
 8                L’articolo 5 di detto regolamento dispone quanto segue:
 
 
 «1.      Ciascuno Stato membro rilascia alle persone cui è stato somministrato un vaccino anti COVID-19, automaticamente o su richiesta delle persone interessate, il certificato di vaccinazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a). Tali persone sono informate del loro diritto a un certificato di vaccinazione.
  
 (...)».
  
 9                L’articolo 7 del medesimo regolamento è così formulato:
  
 «1.      Ciascuno Stato membro rilascia, su richiesta, i certificati di guarigione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c).
  
 (...)».
  
 Diritto italiano
  
 10            L’articolo 4 del decreto-legge del 1º aprile 2021, n. 44 – Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici (GURI n. 79, del 1º aprile 2021), convertito con modificazioni dalla legge del 28 maggio 2021, n. 76 (GURI n. 128, del 31 maggio 2021, in prosieguo: il «decreto-legge n. 44/2021»), al comma 1 prevede che:
  
 «In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020,
 n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per
 l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. (…)».
  
 11            Il comma 2 del medesimo articolo 4 enuncia che «solo in caso di accertato pericolo in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita».
  
 12            Ai sensi del comma 6 del suddetto articolo 4:
  
 «Decorsi i termini per l’attestazione dell’adempimento dell’obbligo vaccinale, l’azienda sanitaria
 locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta
 all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2».
  
 13            Il comma 7 dell’articolo in parola prevede che «la sospensione di cui al comma 6 è comunicata immediatamente all’interessato dall’Ordine professionale di appartenenza».
  
 14            Ai sensi dell’articolo 4, comma 8, del decreto-legge n. 44/2021:
 
 
 «Ricevuta la comunicazione di cui al comma 6, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a mansioni diverse non è possibile, [durante la sospensione] non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato».
  
 15            Il comma 10 di tale articolo 4 prevede che, «(…) per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 è omessa o differita e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, il datore di lavoro adibisce i soggetti di cui al comma 2 a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2».
  
 16            Il comma 11 dell’articolo 4 summenzionato dispone quanto segue:
  
 «Per il medesimo periodo di cui al comma 10, al fine di contenere il rischio di contagio,
 nell’esercizio dell’attività libero-professionale, i soggetti di cui al comma 2 adottano le misure di prevenzione igienico-sanitarie indicate dallo specifico protocollo di sicurezza adottato con decreto del Ministro della [S]alute, di concerto con i Ministri della [G]iustizia e del [L]avoro e delle [P]olitiche sociali, entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto».
  
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
  
 17            Dal 1° gennaio 2017 D.M. lavora alle dipendenze dell’ospedale universitario, come infermiera professionale in servizio presso il reparto di neurochirurgia.
  
 18            Il 16 settembre 2021, l’ospedale universitario le ha comunicato la sospensione dal lavoro con effetto immediato e senza diritto alla retribuzione, poiché ella aveva violato l’obbligo vaccinale previsto dall’articolo 4 del decreto legge n. 44/2021 ed era impossibile adibirla a mansioni diverse da quelle che non implicassero il rischio di diffusione del contagio. La sospensione doveva cessare alla data in cui fosse stato adempiuto l’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale, ma non poteva in alcun caso essere mantenuta oltre il 31 dicembre 2021, data rinviata tuttavia a più riprese.
  
 19            Con ricorso d’urgenza proposto il 14 ottobre 2021, D.M. ha chiesto al giudice del rinvio di essere riammessa in servizio presso l’ospedale universitario sostenendo, in particolare, da un lato, che l’articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 sarebbe stato contrario, sotto vari profili, alla
 Costituzione italiana nonché alla normativa dell’Unione e, dall’altro, che ella sarebbe divenuta naturalmente immune a seguito della guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2.
  
 20            Il giudice del rinvio rileva che le autorizzazioni all’immissione in commercio dei vaccini contro la COVID-19 sono condizionate ai sensi del regolamento n. 507/2006. Secondo detto giudice, alla luce delle nuove emersioni mediche e delle nuove acquisizioni in termini di medicinali a disposizione, non pare irragionevole interrogarsi sulla validità, alla luce dell’articolo 4 del regolamento in parola, di tali autorizzazioni concesse dalla Commissione europea previo parere
 dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), specie in considerazione dei diritti fondamentali in gioco, ossia l’integrità fisica e la salute, tutelati in particolare dagli articoli 3 e 35 della Carta.
  
 21            Inoltre, sebbene le parti del procedimento principale non abbiano invocato il regolamento 2021/953, il giudice del rinvio ritiene che quest’ultimo sia nondimeno rilevante ai fini della controversia. Detto giudice sottolinea che il regolamento summenzionato precisa segnatamente che
 «è necessario che [le limitazioni alla libera circolazione delle persone] siano applicate conformemente ai principi generali del diritto dell’Unione, segnatamente la proporzionalità e la non
 
 
 discriminazione». Particolarmente problematico a tale proposito sarebbe il fatto che l’articolo 4, comma 11, del decreto-legge n. 44/2021 consente solo agli operatori sanitari esenti dall’obbligo vaccinale di continuare a praticare la loro professione senza essersi vaccinati, sia pure nel rispetto delle regole di sicurezza, mentre il personale sanitario che non rientra nell’ambito di questa disposizione non può più esercitare la professione, né come dipendente né come libero professionista, nonostante sia disposto a seguire rigorosamente le stesse regole di sicurezza.
  
 22            Infine, alla luce della giurisprudenza della Corte derivante dalla sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia (C-342/17, EU:C:2018:906), il giudice del rinvio chiede se la misura del vaccino obbligatorio, nel caso lo Stato membro ospitante intendesse imporlo anche a un professionista sanitario di un altro Stato membro dell’Unione presente nel primo Stato membro per motivi professionali, sia compatibile con il principio di proporzionalità espressamente richiamato dal regolamento 2021/953.
  
 23            Ciò considerato, il Tribunale ordinario di Padova (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
  
 «1)      Dica la Corte di Giustizia se le autorizzazioni condizionate della Commissione, emesse su parere favorevole dell’EMA, relative ai vaccini oggi in commercio, possano essere considerate ancora valide, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 507/2006, alla luce del fatto che, in più Stati membri (ad esempio in Italia, approvazione AIFA [Agenzia italiana del farmaco] del protocollo di cura con anticorpi monoclonali e/o antivirali), sono state approvate cure alternative al COVID SARS 2 efficaci e in thesi meno pericolose per la salute della persona, e ciò anche alla luce degli articoli 3 e 35 della [Carta].
  
 2)            Dica la Corte di Giustizia se, nel caso di sanitari per i quali la legge dello Stato membro abbia imposto il vaccino obbligatorio, i vaccini approvati dalla Commissione in forma condizionata ai sensi e agli effetti del regolamento n. 507/2006, possano essere utilizzati al fine della vaccinazione obbligatoria anche qualora i sanitari in parola siano già stati contagiati e quindi abbiano già raggiunto una immunizzazione naturale e possano quindi chiedere una deroga dall’obbligo.
  
 3)            Dica la Corte di Giustizia se, nel caso di sanitari per i quali la legge dello Stato membro abbia imposto il vaccino obbligatorio, i vaccini approvati dalla Commissione in forma condizionata ai sensi e agli effetti del regolamento n. 507/2006, possano essere utilizzati al fine della vaccinazione obbligatoria senza procedimentalizzazione alcuna con finalità cautelativa o se, in considerazione della condizionalità dell’autorizzazione, i sanitari medesimi possano opporsi all’inoculazione, quanto meno fintantoché l’autorità sanitaria deputata abbia escluso in concreto, e con ragionevole sicurezza, da un lato, che non vi siano controindicazioni in tal senso, dall’altro, che i benefici che ne derivano siano superiori a quelli derivanti da altri farmaci oggi a disposizione. Chiarisca la Corte se in tal caso, le autorità sanitarie deputate debbano procedere nel rispetto dell’articolo 41 della [Carta].
  
 4)            Dica la Corte di giustizia se, nel caso del vaccino autorizzato dalla Commissione in forma condizionata, l’eventuale non assoggettamento al medesimo da parte del personale medico sanitario nei cui confronti la legge dello Stato impone obbligatoriamente il vaccino, possa comportare automaticamente la sospensione dal posto di lavoro senza retribuzione o se si debba prevedere una gradualità delle misure sanzionatorie in ossequio al principio fondamentale di proporzionalità.
  
 5)            Dica la Corte di giustizia se laddove il diritto nazionale consenta forme di dépeçage, la verifica della possibilità di utilizzazione in forma alternativa del lavoratore, debba avvenire nel
 
 
 rispetto del contraddittorio ai sensi e agli effetti dell’articolo 41 della [Carta], con conseguente diritto al risarcimento del danno nel caso in cui ciò non sia avvenuto.
  
 6)            Dica la Corte di giustizia se, alla luce del regolamento [2021/953] che vieta qualunque discriminazione fra chi ha assunto il vaccino e chi non ha voluto o potuto per ragioni mediche assumerlo, sia legittima una disciplina nazionale, quale quella risultante dall’articolo. 4, comma 11, del decreto legge n. 44/2021, che consente al personale sanitario che è stato dichiarato esente
 dall’obbligo di vaccinazione di esercitare la propria attività a contatto con il paziente, ancorché rispettando i presidi di sicurezza imposti dalla legislazione vigente, mentre il sanitario che come la ricorrente – in quanto naturalmente immune a seguito di contagio – non voglia sottoporsi al vaccino senza approfondite indagini mediche, viene automaticamente sospeso da qualunque atto professionale e senza remunerazione.
  
 7)            Dica la Corte se sia compatibile con il regolamento [2021/953] e i principi di proporzionalità e di non discriminazione ivi contenuti, la disciplina di uno Stato membro che imponga obbligatoriamente il vaccino anti-Covid[-19] – autorizzato in via condizionata dalla Commissione – a tutto il personale sanitario anche se proveniente da altro Stato membro e sia presente in Italia ai fini dell’esercizio della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento».
  
 Procedimento dinanzi alla Corte
  
 24            Il 13 dicembre 2021 il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale fosse sottoposto a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno di tale domanda detto giudice ha affermato che, in attesa dell’esito del procedimento pregiudiziale, D.M. rimaneva sospesa dal lavoro e dalla retribuzione, essendo quindi priva di ogni sostentamento.
  
 25            L’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato.
  
 26            Occorre ricordare che un siffatto procedimento accelerato costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere a una situazione di urgenza straordinaria (sentenza del 16 giugno 2022, Port de Bruxelles e Région de Bruxelles-Capitale, C-229/21, EU:C:2022:471, punto 40 nonché giurisprudenza ivi citata).
  
 27            Nel caso di specie, il 1º febbraio 2022 il presidente della Corte ha deciso, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, di non accogliere la domanda di cui al punto 24 della presente sentenza.
  
 28            Il giudice del rinvio non ha infatti fornito tutti gli elementi che consentano di valutare la portata del rischio rappresentato dalla sospensione di D.M. per la sua sussistenza finanziaria, né ha esposto le ragioni per le quali l’applicazione del procedimento accelerato alla presente causa consentiva di evitare un rischio del genere, tenuto conto in particolare della durata, in linea di principio limitata, di detta sospensione. Di conseguenza, tali elementi non consentono di identificare una situazione di urgenza straordinaria che giustifichi il fatto che la causa in parola sia sottoposta al procedimento accelerato.
  
 Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali
 
 
 Sulla prima questione
  
 29            Con la sua prima questione il giudice del rinvio si interroga, sostanzialmente, sulla validità, in relazione all’articolo 4 del regolamento n. 507/2006, letto alla luce degli articoli 3 e 35 della Carta, delle autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate concesse per i vaccini destinati a prevenire l’infezione da e la diffusione della COVID-19, nonché la gravità delle manifestazioni di tale patologia, disponibili alla data della domanda di pronuncia pregiudiziale, per il motivo che cure alternative efficaci contro la COVID-19 e meno pericolose per la salute erano già state approvate, a tale data, in diversi Stati membri.
  
 30            A tal proposito occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, la necessità di pervenire a un’interpretazione o a una valutazione della validità del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, indicati in maniera esplicita all’articolo 94 del regolamento di procedura, i quali si presumono noti al giudice del rinvio. Tali requisiti sono inoltre richiamati nelle raccomandazioni della Corte all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1) (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C-561/19, EU:C:2021:799, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).
  
 31            Pertanto, è indispensabile, come enunciato all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, che la decisione di rinvio contenga l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C-561/19, EU:C:2021:799, punto 69 nonché giurisprudenza ivi citata).
  
 32            Nel caso di specie, ad avviso del giudice del rinvio, esso è chiamato, nel procedimento
 principale, a pronunciarsi sulla fondatezza della decisione dell’ospedale universitario di sospendere
 D.M. dal lavoro senza diritto a retribuzione, decisione adottata per il motivo che quest’ultima aveva rifiutato di assoggettarsi all’obbligo vaccinale contro la COVID-19, previsto all’articolo 4 del decreto legge n. 44/2021.
  
 33            Orbene, in primo luogo, quand’anche le «emersioni mediche» e le «nuove acquisizioni in termini di medicinali a disposizione», menzionate dal giudice del rinvio, fossero tali da mettere in discussione la validità delle autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate dei vaccini volti a prevenire l’infezione e la diffusione della COVID-19 nonché la gravità dei sintomi di detta patologia, occorre tuttavia rilevare che il giudice di cui trattasi non ha identificato concretamente dette autorizzazioni né ha preso in esame il loro contenuto alla luce dei requisiti di validità derivanti dall’articolo 4 del regolamento n. 507/2006, letto, eventualmente, alla luce degli articoli 3 e 35 della Carta.
  
 34            Il giudice del rinvio si è infatti limitato a dare atto della sua valutazione generale secondo la quale, alla luce degli sviluppi menzionati al punto precedente, non pare «irragionevole» nutrire dubbi quanto alla validità di dette autorizzazioni, senza tuttavia approfondire in alcun modo la
 natura concreta di tali dubbi. L’ordinanza di rinvio non consente quindi alla Corte di individuare le autorizzazioni in questione e gli elementi precisi di dette autorizzazioni che suscitano i dubbi summenzionati né, di conseguenza, di comprendere sotto quale profilo le autorizzazioni in parola potrebbero, a parere di tale giudice, non essere più valide alla luce dei requisiti derivanti
 
 
 dall’articolo 4 del regolamento n. 507/2006 o dagli articoli 3 e 35 della Carta; peraltro,
 nell’ordinanza di rinvio detto giudice non ha neppure illustrato l’eventuale impatto, in tale contesto, di queste ultime due disposizioni.
  
 35            In secondo luogo, né l’ordinanza di rinvio, né il fascicolo presentato alla Corte consentono di comprendere in che modo il fatto di mettere in discussione la validità delle autorizzazioni condizionate possa incidere sull’esito della controversia di cui al procedimento principale che, in effetti, appare dipendere non già dalla validità delle suddette autorizzazioni, bensì dalla legittimità – contestata da D.M. – dell’obbligo vaccinale previsto all’articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 e delle sanzioni che tale disposizione stabilisce in caso di inosservanza dello stesso.
  
 36            In tale contesto si deve sottolineare che, benché il rilascio di tali autorizzazioni costituisca un prerequisito del diritto dei loro titolari di immettere i vaccini di cui trattasi in commercio in ogni Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2023, Commissione e a./Pharmaceutical Works Polpharma, da C-438/21 P a C-440/21 P, EU:C:2023:213, punto 81), il rilascio di dette autorizzazioni condizionate non comporta, in quanto tale, alcun obbligo, in capo ai destinatari potenziali di tali vaccini, di farsi somministrare questi ultimi, tanto più che il giudice del rinvio non ha esplicitamente posto l’interrogativo se le persone assoggettate all’obbligo vaccinale previsto
 all’articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 fossero obbligate ad assumere unicamente i vaccini oggetto delle suddette autorizzazioni condizionate.
  
 37            Di conseguenza, in assenza di qualsiasi spiegazione da parte del giudice del rinvio circa i motivi per cui esso mette in discussione la validità delle autorizzazioni all’immissione in
 commercio condizionate nonché circa quelli relativi all’eventuale nesso tra, da un lato, la validità di tali autorizzazioni e, dall’altro, l’obbligo vaccinale contro la COVID-19 previsto all’articolo 4 del decreto legge n. 44/2021, si deve giudicare che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa i requisiti ricordati al punto 31 della presente sentenza per quanto riguarda la prima questione.
  
 38            Ne consegue che quest’ultima è irricevibile.
  
 Sulle questioni dalla seconda alla quinta
  
 39            Con le questioni dalla seconda alla quinta, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio desidera accertare, in sostanza, in primo luogo, se il regolamento n. 507/2006 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che, ai fini dell’adempimento di un obbligo vaccinale contro la COVID-19 imposto da una normativa nazionale al personale medico sanitario, possano essere utilizzati vaccini che sono stati oggetto di un’autorizzazione condizionata concessa ai sensi dell’articolo 4 di detto regolamento, e ciò anche nella situazione in cui, da un lato, i soggetti in parola abbiano sviluppato l’immunità al virus che causa tale malattia e, dall’altro, l’autorità sanitaria non abbia specificamente stabilito che non vi sono controindicazioni alla vaccinazione di cui trattasi. In secondo luogo, esso chiede se la sanzione inflitta al personale sanitario in caso di
 inosservanza dell’obbligo in parola possa, in considerazione, eventualmente, dell’articolo 41 della Carta, consistere nella sospensione dal lavoro senza retribuzione anziché in misure sanzionatorie graduali, adottate conformemente al principio di proporzionalità e al principio del contraddittorio.
  
 40            Al riguardo occorre sottolineare, in via preliminare, che l’articolo 168, paragrafo 7, TFUE non enuncia, a carico degli Stati membri, alcuna prescrizione relativa alla vaccinazione obbligatoria di talune categorie di persone, considerato che il diritto dell’Unione non pregiudica, in forza di tale articolo 168, paragrafo 7, la competenza degli Stati membri ad adottare disposizioni destinate a definire la loro politica sanitaria. Tuttavia, nell’esercizio di tale competenza gli Stati membri
 
 
 devono rispettare il diritto dell’Unione (v., per analogia, sentenza del 28 aprile 2022, Gerencia Regional de Salud de Castilla y León, C-86/21, EU:C:2022:310, punto 18 e giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 17 luglio 2014, Široká, C-459/13, EU:C:2014:2120, punto 19).
  
 41            Orbene, risulta che le questioni dalla seconda alla quinta si fondano sulla premessa secondo cui il regolamento n. 507/2006 o le autorizzazioni condizionate concesse ai sensi dello stesso sarebbero tali da inquadrare, da un lato, le condizioni che disciplinano l’imposizione, nel diritto
 interno, di un obbligo vaccinale, come quello previsto all’articolo 4 del decreto legge n. 44/2021, qualora detto diritto preveda a tal fine l’uso di vaccini oggetto di una siffatta autorizzazione condizionata, nonché, dall’altro, le conseguenze che possono derivare, secondo il suddetto diritto interno, dall’inosservanza di tale obbligo, compresa la procedura da seguire a tal fine.
  
 42            Tuttavia, come rilevato al punto 36 della presente sentenza, il rilascio di siffatte
 autorizzazioni non ha l’effetto di imporre ai potenziali destinatari dei vaccini interessati un obbligo di farsi somministrare questi ultimi. Inoltre il giudice del rinvio non espone, nella sua ordinanza di rinvio, il collegamento che esso stabilisce fra, da un lato, il contenuto o l’oggetto di tali
 autorizzazioni, concesse conformemente all’articolo 4 del regolamento n. 507/2006, e, dall’altro, la configurazione, nel suo diritto interno, delle condizioni e delle modalità dell’obbligo vaccinale menzionate nelle questioni dalla seconda alla quinta, quali applicabili alla controversia di cui al procedimento principale.
  
 43            Peraltro, per quanto riguarda l’articolo 41 della Carta, che sancisce il diritto ad una buona
 amministrazione, menzionato dal giudice del rinvio nell’ambito della terza e della quinta questione, occorre ricordare che tale articolo non si rivolge agli Stati membri, bensì unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione e non è quindi rilevante ai fini della soluzione della controversia di cui al procedimento principale. Per contro, detto articolo riflette un principio generale del diritto dell’Unione destinato ad applicarsi agli Stati membri in sede di attuazione di tale diritto [v., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2022, Bezirkshauptmannschaft Hartberg- Fürstenfeld (Termine di prescrizione), C-219/20, EU:C:2022:89, punti 36 e 37].
  
 44            Nel caso di specie, il giudice del rinvio non ha spiegato in cosa consista il collegamento tra il principio generale del diritto dell’Unione relativo al diritto a una buona amministrazione e
 l’attuazione dell’obbligo vaccinale previsto all’articolo 4 del decreto legge n. 44/2021, non avendo dimostrato che l’ultima disposizione costituisce un’attuazione del diritto dell’Unione.
  
 45            Ne consegue che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa, per quanto riguarda le questioni dalla seconda alla quinta, i requisiti previsti all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura e ricordati al punto 31 della presente sentenza.
  
 46            Alla luce di quanto precede, le questioni dalla seconda alla quinta sono irricevibili.
  
 Sulle questioni sesta e settima
  
 47            Con le sue questioni sesta e settima, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il regolamento 2021/953, in combinato disposto con i principi di proporzionalità e di non discriminazione, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone un obbligo vaccinale contro la COVID-19 agli esercenti le professioni sanitarie laddove, da un lato, consente a una categoria di professionisti che ne sono esentati per ragioni mediche di continuare ad esercitare le loro attività rispettando i presidi di sicurezza previsti da tale normativa, senza tuttavia dare ai professionisti che non intendono
 
 
 assumere il vaccino la stessa possibilità, e, dall’altro, essa può parimenti applicarsi ai cittadini di altri Stati membri che esercitano un’attività lavorativa in Italia.
  
 48            Occorre anzitutto rilevare che il giudice del rinvio non individua, nel testo delle sue questioni né, più in generale, nella stessa ordinanza di rinvio, le disposizioni del regolamento 2021/953 di cui chiede l’interpretazione. Il giudice fa infatti riferimento unicamente ai principi di proporzionalità e di non discriminazione «contenuti [nel summenzionato regolamento]», nonché al considerando 6 di detto regolamento nella parte in cui precisa che «è necessario che tali limitazioni [alla libera circolazione delle persone] siano applicate conformemente ai principi generali del diritto
 dell’Unione, segnatamente la proporzionalità e la non discriminazione».
  
 49            A questo proposito, da un lato, benché i considerando costituiscano parte integrante del regolamento in parola, esplicitando gli obiettivi da esso perseguiti, essi non hanno, di per sé, effetti vincolanti (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2022, Glavna direktsia «Pozharna bezopasnost i zashtita na naselenieto», C-262/20, EU:C:2022:117, punto 34). Il riferimento al considerando 6 del regolamento 2021/953 non può quindi, in quanto tale, essere sufficiente a far emergere il collegamento tra tale regolamento e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale.
  
 50            D’altro lato, per quanto riguarda i principi di proporzionalità e di non discriminazione menzionati dal giudice del rinvio, occorre rilevare che risulta dai considerando da 12 a 14 e
 dall’articolo 1 del regolamento 2021/953 che, benché detto regolamento intenda attuare tali principi, ciò avviene allo scopo di agevolare l’esercizio del diritto alla libera circolazione da parte dei titolari dello stesso diritto istituendo un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19.
  
 51            Pertanto, tale regolamento non mira segnatamente, in applicazione di detti principi, a definire criteri che consentano di valutare la fondatezza delle misure sanitarie adottate dagli Stati membri per far fronte alla pandemia di COVID-19 qualora esse siano tali da limitare la libera circolazione, come l’obbligo vaccinale previsto all’articolo 4 del decreto legge n. 44/2021 di cui al procedimento principale, né ad agevolarne o incoraggiarne l’adozione, dato che il considerando 36 del medesimo regolamento precisa che quest’ultimo «non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati».
  
 52            Di conseguenza, né le precisazioni contenute nell’ordinanza di rinvio né, peraltro, gli altri elementi presenti nel fascicolo di cui dispone la Corte consentono di determinare con esattezza le disposizioni del regolamento 2021/953, in combinato disposto con i principi di proporzionalità e di non discriminazione, la cui interpretazione sarebbe richiesta e sarebbe necessaria alla soluzione della controversia di cui al procedimento principale.
  
 53            Ne consegue che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale non soddisfa, per quanto riguarda la sesta e la settima questione, i requisiti previsti dall’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura e ricordati al punto 31 della presente sentenza.
  
 54            Va aggiunto che, in ogni caso, deve sussistere un collegamento tra la controversia di cui al procedimento principale e le disposizioni del diritto dell’Unione delle quali si chiede
 l’interpretazione, tale per cui detta interpretazione risponda ad una necessità oggettiva ai fini della decisione che dev’essere adottata dal giudice del rinvio (sentenza del 26 marzo 2020, Miasto
 Łowicz e Prokurator Generalny, C-558/18 e C-563/18, EU:C:2020:234, punto 48).
 
 
 55            Orbene, la controversia di cui al procedimento principale riguarda la domanda di D.M., basata sull’asserita illegittimità dell’obbligo vaccinale previsto all’articolo 4 del decreto legge
 n. 44/2021, di essere riammessa in servizio nel reparto di neurochirurgia-degenze dell’ospedale universitario. Tale controversia non riguarda quindi l’applicazione delle disposizioni del regolamento 2021/953, in particolare del suo articolo 5, paragrafo 1, il quale conferisce alle persone vaccinate il diritto al rilascio di un certificato vaccinale, o del suo articolo 7, paragrafo 1, il quale conferisce alle persone guarite da un’infezione da SARS-CoV-2 il diritto al rilascio di un certificato di guarigione.
  
 56            Per quanto riguarda la possibilità, osservata dal giudice del rinvio, che l’obbligo vaccinale previsto all’articolo 4 del decreto legge n. 44/2021 possa parimenti applicarsi a persone che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione, si deve constatare, in primo luogo, che il giudice del rinvio non ha precisato che la controversia pendente dinanzi ad esso riguarda una situazione
 transfrontaliera; del resto, l’ospedale universitario ha precisato che D.M. non è una cittadina di un altro Stato membro venuta in Italia per lavorare in tale paese.
  
 57            In secondo luogo, il giudice del rinvio non ha spiegato in che modo una simile eventualità sarebbe rilevante ai fini dell’applicazione del regolamento 2021/953 nelle circostanze che caratterizzano la controversia di cui al procedimento principale.
  
 58            In terzo luogo, sebbene, con il suo riferimento alla sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia (C-342/17, EU:C:2018:906), il giudice del rinvio abbia inteso far presente che il diritto nazionale gli impone, per quanto riguarda il diritto alla libertà di stabilimento e il diritto alla libera prestazione dei servizi previsti agli articoli 49 e 56 TFUE, di far beneficiare D.M. degli stessi diritti di cui dispongono, in forza del diritto dell’Unione, i cittadini di altri Stati membri che si trovano nella medesima situazione, occorre ricordare che la sesta e la settima questione vertono sull’interpretazione del regolamento 2021/953 e non già, come sottolineato anche dal governo
 italiano in udienza, sull’interpretazione di tali libertà fondamentali.
  
 59            Del resto, la Corte non può, in ogni caso, considerare, senza indicazioni da parte del giudice del rinvio diverse dal fatto che la normativa nazionale in discussione sia applicabile indistintamente ai cittadini dello Stato membro interessato e ai cittadini di altri Stati membri, che un’interpretazione delle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali sia necessaria a tale giudice per risolvere la controversia pendente dinanzi ad esso (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C-268/15, EU:C:2016:874, punto 54).
  
 60            In simili circostanze, dall’ordinanza di rinvio non risulta che tra il regolamento 2021/953 e la controversia di cui al procedimento principale sussista un collegamento ai sensi del punto 54 della presente sentenza.
  
 61            Tenuto conto delle suesposte considerazioni, la sesta e la settima questione sono irricevibili.
  
 62            Da tutto quanto precede risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal giudice del rinvio è irricevibile.
  
 Sulle spese
  
 63            Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
 
 
 Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
  
La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Padova (Italia), con ordinanza del 7 dicembre 2021, è irricevibile.
  
  

Prechal

Arastey Sahún

Biltgen

Wahl

 

Passer

 

 

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2023.

 

Il cancelliere

La presidente di sezione

A. Calot Escobar

A. Prechal

 

     Lingua processuale: l’italiano.