Cassazione Penale, Sez. 4, 06 giugno 2023, n. 24165 - Operaio schiacciato dal mezzo sollevatore telescopico "Manitou". Obbligo di redazione del PSC da parte del coordinatore per la progettazione


Nei cantieri temporanei o mobili, il coordinatore per la progettazione dei lavori non incorre nella violazione dell'obbligo di redazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC), qualora ometta di prendere in considerazione rischi specifici propri dell'attività della singola impresa in quanto non inerenti all'interferenza fra le opere di più imprese.


  

 

 

Nota a cura di Raffaele Guariniello, in ISL, 7/2023, pag. 406 "Il coordinatore nei cantieri: un personaggio sempre più controverso"

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente -

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -

Dott. RANALDI Alessandro - rel. Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

Dott. SESSA Gennaro - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 22/02/2022 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRO RANALDI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. MIGNOLO OLGA, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

E' presente l'avvocato MORICONI ANTONIO del foro di ROMA che deposita nomina a sostituto processuale dell'avv. SANDRI GIUSEPPE del foro di ASTI in difesa delle parti civili B.B., C.C., D.D., E.E. e F.F., unitamente alle conclusioni scritte e alla nota spese alle quali si riporta chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

E' presente l'avvocato VINEIS LUCA del foro di CUNEO in difesa di A.A. che chiede l'accoglimento del ricorso ed in sostituzione del codifensore PALUMBO COSIMO del foro di TORINO insiste per l'accoglimento dei motivi del ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza del 22.2.2022, la Corte di appello di Torino, per quanto qui rileva, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, ha dichiarato A.A. responsabile del reato di omicidio colposo del lavoratore G.G., avvenuto durante il trasporto di due lastre in latero cemento vuote del peso di circa Kg. 1.365 l'una, mediante un mezzo sollevatore telescopico "Manitou" condotto da H.H. (privo del patentino per la conduzione del mezzo), preposto della ditta BIEFFE Costruzioni e datore di lavoro del soggetto deceduto; durante tale trasporto - anche a causa delle condizioni del terreno (strada scivolosa e in discesa), dell'erroneo posizionamento del carico e dell'imperizia del H.H. - il conducente perdeva il controllo del mezzo, che si ribaltava, schiacciando il corpo dell'operaio G.G., che si trovava, su disposizione dello stesso H.H., accanto al mezzo per accompagnare il carico lungo la discesa, onde impedire l'innescarsi di pericolosi basculamenti del medesimo (fatto del 16.9.2015).

2. La Corte territoriale, nel confermare la pronuncia di condanna del H.H. emessa dal Tribunale di Asti per il reato in disamina, in accoglimento dell'appello proposto dal PM ha ravvisato anche la responsabilità del A.A. per l'evento mortale occorso, avendo - in sintesi - ritenuto l'inadeguatezza del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) da questi redatto, nella sua qualità di coordinatore per la progettazione ex D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 91. Secondo i giudici di appello, il PSC non aveva prescritto le modalità lavorative da seguire per trasportare (qualunque) materiale dal piano stradale allo scavo; inoltre il A.A., essendo a conoscenza dell'utilizzo del sollevatore Manitou, presente in cantiere, avrebbe dovuto rendersi conto dell'inadeguatezza del PSC da lui redatto, in quanto esso "consentiva" al manovratore del mezzo di trasporto di avvalersi dell'ausilio di un "aiutante", mentre il suo impiego imponeva l'assoluta assenza di persone nel raggio d'azione del braccio telescopico: nella sostanza - opina la Corte di merito - il ricorrente aveva erroneamente stimato il rischio di "interferenza" correlato alla fase lavorativa del trasporto di materiale dal piano stradale allo sbancamento. In definitiva, i giudici torinesi hanno addebitato al prevenuto la genericità delle indicazioni contenute nel PSC, quanto alla possibilità per il trasportatore del materiale di avvalersi di un non meglio indicato "aiutante", in tal modo generando il relativo rischio interferenziale "in quanto ha legittimato la presenza di un soggetto nell'area di manovra del mezzo di trasporto senza avere preventivamente valutato se per l'utilizzo di tale mezzo di trasporto (...) fosse consentito la presenza di soggetti nell'area di manovra dello stesso", così rendendo "possibile la manovra imprudente, negligente ed imperita posta in essere dal H.H.".

3. Avverso tale sentenza propongono distinti ricorsi per cassazione i difensori di A.A., i cui motivi sono di seguito sinteticamente riportati.

4. Il ricorso dell'avv. Luca Vineis.

I) Mancanza di motivazione in relazione all'interferenzialità del rischio da cui avrebbe tratto origine l'infortunio.

Si deduce che la sentenza impugnata fa spesso riferimento al c.d. "rischio interferenziale" cui il A.A. non avrebbe prestato la dovuta attenzione in sede di redazione del PSC ma nulla dice per dare dimostrazione che il sinistro sia effettivamente scaturito da un rischio siffatto, che ricorre in caso di compresenza di più imprese nel cantiere. La Corte di merito, al riguardo, non considera che la lavorazione di posa e trasporto delle lastre era di esclusiva competenza della ditta BIEFFE Costruzioni, tanto che tutti i soggetti interessati dalla lavorazione (H.H., G.G. e I.I.) erano dipendenti della stessa ditta. I giudici di merito, quindi, non si sono confrontati con la questione della ricorrenza o meno di un rischio interferenziale nel caso di specie.

II) Difetto di motivazione e travisamento della prova, con riferimento ai seguenti profili addebitati all'imputato in relazione alle valutazioni contenute nel PSC. Il giudizio di rischio "molto basso" per la movimentazione dei carichi nulla dice in ordine alla efficacia causale che tale giudizio avrebbe potuto avere sulla verificazione del sinistro, e comunque attiene ai rischi connessi alla diversa lavorazione denominata "Scavo di sbancamento eseguito con mezzi meccanici". Invece, il trasporto a mezzo di autocarro con mezzo sollevatore prevedeva un rischio da investimento "alto".

La scelta del mezzo per trasportare le lastre spettava al datore di lavoro e non al ricorrente.

La disposizione del PSC redatto dal A.A., secondo cui il manovratore del mezzo poteva avvalersi dell'ausilio di un "aiutante", non significa come correttamente affermato dal Tribunale - che l'ausiliario dovesse seguire il trasporto delle lastre guidandole a mano, come avvenuto, ma solo che l'ausiliario avrebbe potuto collaborare a terra per migliorare la visuale ed il trasporto dei carichi; in ogni caso, la previsione va letta nella sua interezza, visto che nel prosieguo impone che "nessuno debba stazionare nei pressi della macchina durante il trasporto".

III) Violazione di legge e vizio di motivazione, per non essere stata dichiarata la revoca dell'azione civile dispiegata nel processo penale, avendo le parti civili - dopo la sentenza di primo grado - convenuto dinanzi al Tribunale civile di Alba, con atto di citazione del 20.7.2020, A.A., H.H. e la ditta che aveva dato in locazione il mezzo Manitou al H.H., al fine di accertare e dichiarare la responsabilità solidale dei convenuti per i medesimi fatti già oggetto del procedimento penale.

IV) Violazione dell'art. 521 c.p.p., atteso che l'ipotetica negligenza del A.A. di avere assistito al trasporto delle lastre ed alle sue manovre di movimentazione e di non essere intervenuto per impedire l'evento, quale coordinatore per l'esecuzione dei lavori, non è mai stata contestata, pur trattandosi di fatto diverso che avrebbe dovuto formare oggetto di specifica modifica del capo di imputazione, onde consentire un'adeguata difesa.

5. Il ricorso dell'avv. Cosimo Palumbo.

I) Assenza di motivazione "rafforzata", per avere la Corte torinese condannato il ricorrente in base ad una lettura alternativa del medesimo compendio probatorio in base al quale il Tribunale di Asti lo aveva invece assolto, senza essere dotata di maggiore forza persuasiva rispetto alla prima decisione.

II) Violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere la Corte di appello rinnovato l'istruttoria dibattimentale, nonostante la complessità della stessa in primo grado e nonostante ciò fosse stato chiesto dallo stesso PM appellante.

III) Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra la condotta del A.A. e l'evento, nonostante il A.A. non avesse affatto trascurato di prescrivere nel PSC le modalità di movimentazione dei carichi. L'ausilio dell'aiutante era previsto solo per garantire il "controllo delle condizioni di tutto il percorso" e non per lo spostamento dei carichi. Non spettavano al ricorrente poteri di intervento immediato o di controllo delle singole lavorazioni, essendo le stesse demandate esclusivamente all'organizzazione del datore di lavoro quanto ai rischi specifici dell'impresa, come correttamente osservato nella pronuncia assolutoria del Tribunale.

IV) Nullità della sentenza, in relazione alla richiesta del PM di chiamare in causa il A.A. quale coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, nonostante ciò sia estraneo ai fatti contestati nel capo di imputazione.

6. La difesa delle parti civili costituite ha depositato in data 7.3.2023 quindi tardivamente - memoria scritta con la quale chiede che i motivi di ricorso proposti siano dichiarati inammissibili.

 

Diritto


1. I ricorsi proposti dai difensori del A.A. sono fondati, in quanto gli stessi hanno evidenziato plurimi vizi di legittimità della sentenza impugnata, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della erronea applicazione dei principi giuridici che informano la materia prevenzionistica.

2. Ne consegue che la sentenza di appello neanche ha rispettato il noto principio in base al quale l'overturning in appello della decisione assolutoria di primo grado debba essere argomentato sulla base di una "motivazione rafforzata" (cfr. Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231679 - 01; Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, Marsili, Rv. 262907 - 01). Tale principio implica che, in mancanza di elementi sopravvenuti, la valutazione peggiorativa compiuta nel processo d'appello sullo stesso materiale probatorio acquisito in primo grado, debba essere sorretta da argomenti dirimenti, tali da rendere evidente l'errore della sentenza assolutoria, la quale deve rivelarsi, rispetto a quella d'appello, non più razionalmente sostenibile, per essere stato del tutto fugato ogni ragionevole dubbio sull'affermazione di colpevolezza. Perchè possa dirsi rispettato il canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio non è, dunque, sufficiente una mera diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo invece una forza persuasiva superiore, tale da far cadere "ogni ragionevole dubbio", in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto. La condanna, infatti, come acutamente notato da Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011, Rv. 251066 - 01, "presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza".

3. Il principale - e per certi versi assorbente - errore logico-giuridico contenuto nella decisione impugnata è quello che attiene alla interpretazione offerta dalla Corte territoriale in ordine alla nozione di rischio interferenziale e alla sua concreta applicazione nel caso in disamina.

Infatti, l'iter argomentativo della sentenza impugnata individua rischi interferenziali del tutto estranei alla lavorazione da cui è conseguito il sinistro, che ha visto pacificamente coinvolta la sola ditta BIEFFE e i suoi lavoratori, per cui erroneamente è stata ravvisata - nella specifica attività lavorativa che qui interessa - il verificarsi di una situazione di interferenza, tipicamente attinente al coinvolgimento, nell'ambito di uno stesso cantiere, di lavorazioni di più imprese, non necessariamente in maniera simultanea. Il concetto di interferenza, da cui sorgono gli obblighi di coordinamento e cooperazione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 26, è formulato dalla giurisprudenza con riferimento al contatto rischioso tra il personale di imprese diverse, operanti nello stesso contesto aziendale, e pertanto occorre aver riguardo alla concreta interferenza tra le diverse organizzazioni, che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori (Sez. 4, n. 9167 del 01/02/2018, Rv. 273257 - 01; Sez. 4, n. 30557 del 07/06/2016, Rv. 267687 - 01; Sez. 4, n. 44792 del 17/06/2015, Rv. 264957 01).

Nel caso specifico, è stato accertato che l'incidente è stato determinato sia dall'imperizia del H.H. nella guida del mezzo noleggiato dalla sua azienda, sia, soprattutto, dall'aver consentito al lavoratore deceduto di entrare nello spettro di azione del mezzo, impegnando il dipendente in un'attività altamente pericolosa (contenere a mano il basculamento delle lastre trasportate), in nessun modo rispettosa delle norme di sicurezza riguardanti l'uso del veicolo impiegato. Si è trattato, quindi, non di una situazione concretizzante un rischio interferenziale, bensì di gestione di un rischio specifico riguardante l'attività appaltata alla ditta BIEFFE del H.H., in alcun modo riconducibile, quindi, alla responsabilità del A.A. nella sua qualità di coordinatore per la progettazione; tale figura è, infatti, chiamata a gestire, fra le altre cose, i rischi interferenziali connessi alle lavorazioni (cd. rischi generici), tra i quali non rientrano i rischi specifici propri dell'attività della singola impresa, di competenza del datore di lavoro, in quanto non inerenti all'interferenza fra le opere di più imprese (cfr. Sez. 4, n. 14179 del 10/12/2020 - dep. 2021, Rv. 281014 - 01).

4. Va aggiunto che il PSC redatto dal ricorrente prevedeva che nessun operaio dovesse operare nei pressi del mezzo Manitou durante la movimentazione delle lastre.

Sotto questo profilo, la prevista figura denominata (nel PSC) "aiutante", come accertato dal Tribunale, non poteva che fare riferimento ad un soggetto cui era demandato il compito di dare supporto - a debita distanza - al conducente del sollevatore, per meglio orientarsi nel percorso ed anche per segnalare ad altri operai (eventualmente di altre ditte operanti nel cantiere) la situazione di pericolo derivante dal sopraggiungere dello stesso. In tal senso si è propriamente fatto riferimento, rispetto al ruolo dell'aiutante dianzi delineato, al rischio interferenziale derivante dal potenziale coinvolgimento di operai di altre ditte nel corso delle operazioni di movimentazione del sollevatore Manitou.

Per contro, è evidente che imporre al proprio lavoratore di restare accanto al mezzo (per controllare con le sole mani il basculamento delle lastre) integri una evidente violazione della regola cautelare secondo cui "nessuno debba stazionare nei pressi della macchina durante il trasporto", pure contenuta nel PSC. Tale violazione è chiaramente addebitabile al solo datore di lavoro, quale soggetto cui è demandata per legge la gestione degli specifici rischi lavorativi cui sono sottoposti, in via esclusiva, i propri dipendenti.

E' pertanto improprio parlare di interferenza, quando il primo giudice aveva logicamente riscontrato che l'infortunio era derivato dall'attribuzione al lavoratore di una mansione pericolosa da parte del suo datore di lavoro, nell'ambito di una attività lavorativa specificamente demandata alla stessa impresa.

In altri termini, nel caso non ricorre la condizione dell'infortunio riconducibile all'inadeguata valutazione, nel piano di sicurezza e di coordinamento predisposto dal A.A., del rischio interferenziale, e alla mancata previsione di misure di sicurezza idonee a prevenirlo, come era stato argomentato dal Tribunale con motivazione logica, coerente con le risultanze processuali e corretta in diritto.

5. Le superiori considerazioni sono assorbenti degli ulteriori rilievi dedotti da parte ricorrente, tra cui quello riguardante l'omessa revoca, da parte della Corte territoriale, della costituzione delle parti civili a seguito della riscontrata attivazione, da parte delle stesse, di un giudizio in sede civile, indubbiamente fondato sulla scorta dell'insegnamento secondo cui il trasferimento dell'azione civile comporta la revoca della costituzione di parte civile e l'estinzione del rapporto processuale civile nel processo penale, impedendo al giudice penale di ulteriormente decidere sulle statuizioni civili di una sentenza relativa a un rapporto processuale ormai estinto (Sez. 5, n. 38741 del 10/07/2019, Rv. 276649 - 01).

6. I riscontrati vizi di legittimità da cui è affetta la sentenza impugnata ne impongono l'annullamento senza rinvio, ai sensi dell'art. 620 c.p.p., lett. l): nella specie è, infatti, evidente la superfluità di un giudizio di rinvio, alla luce della riscontrata erroneità, in grado di appello, del ribaltamento in condanna della sentenza assolutoria di primo grado, cui consegue il proscioglimento del ricorrente dal reato ascritto per non aver commesso il fatto.

 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di A.A. per non aver commesso il fatto.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2023