Cassazione Civile, Sez. Lav., 26 luglio 2023, n. 22564 - Niente lavoro notturno per gli assistenti di volo fino al terzo anno di età dei figli


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia - Presidente -

Dott. GARRI Fabrizia - Consigliere -

Dott. RIVERSO Roberto - Consigliere -

Dott. PANARIELLO Francescopaolo - Consigliere -

Dott. MICHELINI Gualtiero - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso 19517-2020 proposto da:

(Omissis) Spa in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato GIANLUIGI VILLASCHI;

- ricorrente -

contro

A.A., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati PAOLO PERUCCO, ANDREA BORDONE, FERDINANDO PERONE;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 110/2020 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 11/02/2020 R.G.N. 1083/2019; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2023 dal Consigliere Dott. GUALTIERO MICHELINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l'Avvocato GIANLUIGI VILLASCHI;

udito l'Avvocato MARIO LOTTI per delega verbale Avvocato ANDREA BORDONE.

Fatto


1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio con la quale era stato dichiarato il diritto di A.A., assistente di volo, all'esonero dal lavoro notturno fino al compimento del terzo anno di età della figlia ai sensi del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 comma 2, con condanna della società (Omissis) Spa ad astenersi dall'adibire la lavoratrice ai detti turni.

1.1. La Corte territoriale, nel riportarsi ad una sua decisione resa su analoga controversia e discostandosi consapevolmente dalla sentenza della Cassazione n. 18285 del 2017, ha ritenuto che il diritto reclamato trovasse fondamento nel D.Lgs. n. 151, art. 53 rapporto di lavoro connesso all'organizzazione dell'orario di lavoro dei dipendenti dell'aviazione civile ed aveva regolato solo quelli connessi alla sicurezza ed alla salute del personale di volo, indipendentemente dalla presenza di prole in tenera età.

1.2. Ha quindi evidenziato che la tutela della maternità e paternità trova la propria regolamentazione, in attuazione della direttiva n. 92/85/CE, nel D.Lgs. n. 151 del 2001 che all'art. 1 comma 1 disciplina congedi e permessi e tutela le lavoratrici e i lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento stabilendo limitazioni al lavoro notturno in relazione alla qualità genitoriale del lavoratore.

1.3. Il giudice di appello ha sostenuto che si tratta di disciplina da applicare alla generalità delle lavoratrici madri indipendentemente dal settore di operatività.

1.4. Tanto premesso ha osservato che le due discipline - quella dell'orario di lavoro e quella posta a tutela della maternità e paternità - poggiano su ratio e finalità diverse e sono volte a tutelare beni diversi.

1.5. Ha escluso che le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 66 del 2003, artt. 11 e 19, di attuazione della direttiva n. 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE, concernenti taluni aspetti dell'organizzazione del lavoro, abbiano implicitamente abrogato l'art. 53 citato che è stato solo parzialmente modificato dal d. lgs n. 85 del 2015, art. 11 con la conferma che nessuna abrogazione implicita sia intervenuta.

1.6. Il giudice di appello ha poi escluso che il Tribunale fosse incorso nella violazione dell'art. 112 c.p.c. accordando l'esonero per la fascia oraria non richiesta. A tal proposito ha sottolineato che si era tenuto conto della domanda principale della lavoratrice e di quella riconvenzionale della società e si era conseguentemente individuata comma 1 citato anche per non vanificare la corretta applicazione della norma.

1.7. Ha escluso poi che ai fini dell'applicazione del ricordato D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 fosse necessario che entrambi i genitori fossero addetti al servizio notturno ed ha ritenuto che la fruizione fuori sede del periodo di riposo notturno sarebbe incompatibile con la corretta applicazione delle norme a tutela della maternità, sicchè fino al compimento del terzo anno di età del bambino, sarebbero precluse anche le trasferte con pernottamento fuori casa.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (Omissis) Spa affidato a tre motivi. La lavoratrice ha resistito con tempestivo controricorso. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

 

Diritto


1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 comma 2, del D.Lgs. n. 185 del 2005, art. 7 comma 2, del D.Lgs. n. 66 del 2003, artt. 2,11 e 19 e dell'art. 15 delle preleggi.

1.1. Ad avviso della ricorrente la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che il diritto della lavoratrice all'esonero dal lavoro notturno trovasse fondamento nella disciplina dettata dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 comma 2.

1.2. Osserva che agli assistenti di volo non troverebbe applicazione la citata disposizione poichè per il personale dell'aviazione civile verrebbe in rilievo il D.Lgs. n. 185 del 2005, art. 7 comma 2 che non contempla l'astensione del lavoro notturno per genitorialità.

1.3. Sostiene che con il D.Lgs. n. 185 del 2005 è disciplinato l'orario disposizioni speciali che non tollerano integrazioni da altre norme e che il suo art. 7 non richiama nè il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 nè il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 11.

1.4. Sostiene che con la direttiva 92/85/CE, recepita con il D.Lgs. n. 25 novembre 1996, n. 645 (oggi abrogato dal D.Lgs. n. 151 del 2001), è imposto agli Stati membri di vietare il lavoro notturno nel periodo successivo alla gravidanza per i sette mesi dopo il parto dietro presentazione di un certificato medico che ne attesti la necessità per la sicurezza e la salute della lavoratrice interessata e dunque non per il solo fatto di essere genitore. Conseguentemente ritiene che l'arco temporale che va dal compimento dell'anno a quello dei tre anni del bambino non è soggetto ad alcuna limitazione nell'adibizione al lavoro notturno.

1.5. Rammenta inoltre che a norma del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 11, che riproduce il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 seppur con una diversa partizione dei commi, sono esentati dal lavoro notturno le madri di figli minori di tre anni o, in alternativa, i padri conviventi; il lavoratore o la lavoratrice unico affidatario del minore di dodici anni; la madre adottiva o affidataria nei primi tre anni e comunque non oltre i dodici anni o in alternativa il padre convivente; la lavoratrice o il lavoratore che abbia a carico un disabile ai sensi della L. n. 104 del 1992.

1.6. Ritiene che pertanto sarebbe stata erroneamente applicata la norma abrogata (il ricordato art. 53 comma 2) e sostiene che, d'altra parte, al personale di volo non si poteva neppure applicare il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 11.

1.7. Osserva che quale conseguenza della inapplicabilità della disposizione al personale di volo, che beneficia di una specifica normativa sull'orario di lavoro, l'art. 11 non potrebbe dispiegare la sua efficacia abrogatrice sulle norme pregresse e che non troverebbe applicazione la clausola di non regresso atteso che l'esonero dal lavoro notturno per genitorialità non era tra i beni protetti dalla direttiva.

2. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 comma 2 e dell'art. 2697 c.c..

2.1. Sostiene la ricorrente che comunque per aversi il diritto all'esonero dal lavoro notturno sarebbe necessario che entrambi i genitori debbano esservi impiegati. Al riguardo sottolinea allora che era onere della lavoratrice, che non vi aveva adempiuto, allegare e dimostrare l'esistenza delle condizioni per beneficiare dell'esonero.

3. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c.; del D.Lgs. n. 66 del 2003, artt. 1 e 2; del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53; del D.Lgs. n. 185 del 2005, art. 2 e della norma ORO FTL. 235 lett. b) del Regolamento UE n. 83 del 2014.

3.1. La ricorrente deduce che la Corte di Appello, nell'affermare che anche le trasferte che prevedono il pernottamento fuori sede sarebbero precluse ai lavoratori con figli in età fino a tre anni, avrebbe pronunciato oltre la richiesta formulata dalla lavoratrice. Peraltro, il giudice di appello avrebbe errato nell'individuare la fascia oraria di esclusione dal lavoro notturno nell'orario che va dalle ore 24:00 alle ore 6:00 e nell'aver compreso anche i pernottamenti fuori sede.

4. I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono infondati e devono essere rigettati dovendosi ripensare l'orientamento espresso con la sentenza n. 18285 del 25/7/2017 per le considerazioni che di seguito si espongono.

4.1. Ciò di cui si discute è se il divieto di lavoro notturno per ragioni di genitorialità (entro i tre anni di vita del figlio) si applichi al personale di volo di compagnie aeree, restando così eventualmente preclusa la possibilità di assegnazione a turni di lavoro che includano l'orario notturno e le trasferte che comportino l'assenza durante la notte.

4.2. Occorre premettere che il D.Lgs. n. 26 marzo 2001, n. 151, art. 53, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità nel disciplinare in tale ambito il lavoro notturno prevede, al comma 1, il divieto di adibire "le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino." Al comma 2 della citata norma, poi, alla lettera a) si dispone che la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa non sono obbligati a prestare lavoro notturno.

4.3. Si tratta di disposizione che appresta una tutela aggiuntiva per assicurare una presenza genitoriale durante la notte al minore per il periodo di tempo che intercorre tra il compimento dell'anno di età, limite del divieto di adibizione a lavoro notturno, e fino al compimento dei tre anni di vita del bambino (salve le ulteriori garanzie assicurate per il caso di unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni di cui alla lett. b della citata norma). Analoga tutela è assicurata anche alla lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi tre anni dall'ingresso del minore in famiglia (comunque non oltre il dodicesimo anno di età) ed è estesa alternativamente ed alle stesse condizioni al lavoratore padre adottivo o affidatario convivente con la stessa (lett. b bis della stessa disposizione). Il comma 3 dell'art. 53 citato, poi, prevede una speciale tutela per il lavoratore o la lavoratrice che abbiano a carico un soggetto disabile ex L. n. 104 del 1992. La norma in sostanza individua una serie di situazioni meritevoli di attenzione rispetto alle quali è apprestata una particolare tutela che si realizza con l'attribuzione della facoltà di sottrarsi al lavoro durante l'orario dalle 24,00 alle 6,00 del mattino.

4.4. Va poi ricordato che con il D.Lgs. n. 8 aprile 2003 n. 66 è stata è data attuazione alla direttiva 93/104/CE come modificata dalla direttiva 2000/34/CE. Si tratta, come detto, di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale che, nel pieno rispetto del ruolo della autonomia negoziale collettiva, disciplina l'orario di lavoro.

4.5. Deve tuttavia rilevarsi che tale disciplina, con la quale all'art. 11 è regolamentato il lavoro notturno durante la gravidanza e la maternità e sono individuati specificatamente i divieti e le limitazioni al lavoro notturno, non si applica al lavoro del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE oltre che alla gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE ed ai lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE (cfr. D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 2).

4.6. Inoltre, per altro verso, va evidenziato che al D.Lgs. n. 19 agosto 2005 n. 185, art. 7, nel darsi attuazione alla direttiva 2000/79/CE relativa all'Accordo Europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile, sono state sì dettate specifiche misure a tutela del personale di volo ma in una prospettiva attenta, specificatamente, alla salute del lavoratore. Infatti, si è previsto che in caso di "problemi di salute aventi nesso riconosciuto con il fatto che (questi) presta anche lavoro notturno" il lavoratore deve essere assegnato ad un lavoro diurno in volo o a terra per il quale sia idoneo così come previsto dalla norma generale per il personale pubblico e privato del d. lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 15. In sostanza si tratta di disposizione che, come detto, si preoccupa di tutelare la salute del lavoratore addetto a servizi di volo le cui condizioni non siano compatibili con il lavoro notturno. La norma infatti dispone che tale situazione debba essere accertata dal medico competente o da una struttura sanitaria pubblica e demanda alla contrattazione collettiva la definizione delle modalità di applicazione delle disposizioni che regolano l'esonero e l'individuazione delle soluzioni per i casi in cui l'assegnazione al lavoro diurno non risulti applicabile.

5. All'esito di tale complessiva ricostruzione del quadro normativo ritiene il Collegio che l'inapplicabilità al personale di volo dell'aviazione civile delle disposizioni sull'orario di lavoro che disciplinano il lavoro notturno (D.Lgs. n. 66 del 2003, artt. 11 15) non esclude che a tale personale debba applicarsi la speciale disciplina dettata dal D.Lgs. n. 151 del 2001 a tutela e sostegno della maternità e paternità. Con tale disposizione, come si è visto, il legislatore ha inteso offrire alla lavoratrice madre/lavoratore padre un particolare livello di protezione in ragione dell'intenso rapporto che lega il genitore al minore in tenera età consentendogli di sottrarsi al lavoro notturno nei primi tre anni di vita dei figli ed apprestando, con il D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 comma 2, una tutela che si esplica non solo assicurando sostegno economico ma anche favorendo la presenza del genitore nel periodo della prima crescita del minore.

5.1. Si tratta, in definitiva, di un nucleo minimo di tutela che può essere derogato in melius "da leggi, regolamenti, contratti collettivi, e da ogni altra disposizione" e che tuttavia assicura indistintamente la facoltà di sottrarsi al lavoro notturno che (vietato fino al compimento del primo anno di età del minore) non può essere imposto per tutto il tempo in cui il figlio, sia esso naturale o adottivo, non abbia ancora compiuto il terzo anno di età.

5.2. Per le ragioni esposte dunque la sentenza della Corte di Appello va condivisa e deve essere confermata.

6. Quanto alla dedotta necessità che, per poter beneficiare dell'esonero, entrambi i genitori debbano essere contestualmente addetti ad un lavoro in orario notturno va rilevato che il tenore testuale del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 53 comma 2 non avvalora tale interpretazione.

6.1. Dalla lettura della norma citata si evince che ciò che in primo luogo si è inteso privilegiare è il rapporto madre figlio, assicurando comunque un'alternativa, e lasciando alle parti la scelta di chi debba avvantaggiarsi della facoltà di esonero.

6.2. Il legislatore non ha disegnato un sistema rigido in cui la scelta di beneficiare della facoltà di sottrarsi al lavoro notturno sia condizionata dalla necessità di sopperire all'assenza per la medesima ragione dell'altro genitore. Si è predeterminata piuttosto una scelta da parte del legislatore, che ha indicato la madre quale destinataria dell'esercizio della facoltà, ma si è consentita comunque la possibilità di derogarvi in favore dell'altro genitore.

6.3. In particolare, come affermato dalla Corte costituzionale, con orientamento consolidato, soprattutto a partire dal D.Lgs. n. 151 del 2001 è stato creato un sistema - nel quale si inseriscono l'astensione dal lavoro notturno insieme con l'astensione dal lavoro, obbligatoria e facoltativa, nonchè i congedi parentali, i riposi giornalieri e tutti gli analoghi istituti posti a tutela della genitorialità - che non ha più come esclusiva funzione la protezione della salute della donna e il soddisfacimento delle esigenze puramente fisiologiche del bambino, ma è diretto ad appagare i bisogni affettivi e relazionali del bambino per realizzare il pieno sviluppo della sua personalità (specificamente con riguardo ai bambini entro i tre anni di età). Per questo, così come i suddetti istituti devono essere riconosciuti anche ai genitori adottanti, adottivi e agli affidatari (con modalità adeguate alla peculiarità della loro situazione), analogamente, come regola generale, ne devono essere beneficiari ivi richiamati, nonchè sentenze n. 105 e n. 158 del 2018 e nello stesso senso: Cass. 25 febbraio 2010, n. 4623).

7. In questa ottica, ritiene il Collegio che debba essere confermata la sentenza impugnata anche con riguardo alla accertata inclusione dei pernottamenti fuori sede nel contesto del "lavoro" notturno.

7.1. L'accertamento del giudice di appello, che ha ricompreso i pernottamenti fuori sede nella finalità perseguita dalla norma, non integra il vizio di ultrapetizione denunciato. La Corte territoriale a fronte di una domanda con la quale si chiedeva che si accertasse il diritto ad essere esonerati dal lavoro notturno ha correttamente ritenuto che il bene della vita che si intendeva conseguire con la domanda formulata (volta ad assicurare alla madre il godimento del riposo giornaliero in orario notturno al fianco del minore) non poteva non interessare anche la circostanza di dover godere del riposo notturno fuori dalla propria sede.

8. In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto, salva restando la possibilità che, in sede di contrattazione collettiva, venga dettata una apposita disciplina di attuazione del riconosciuto diritto.

9. L'esito complessivo della lite in uno con la novità e l'oggettiva controvertibilità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione nella misura della metà e la restante metà, liquidata nell'intero in dispositivo, deve essere posta a carico della società ricorrente.

10. Al rigetto del gravame consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l'impugnazione.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione di metà delle spese di lite del presente giudizio, che liquida per l'intero in Euro 6.000 per compensi, Euro 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, compensando il residuo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2023