XIX LEGISLATURA
Senato della Repubblica

N. 89

DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori VALENTE, D'ELIA, FINA, MALPEZZI, ALFIERI, BAZOLI, CAMUSSO, FURLAN, GIACOBBE, GIORGIS, LA MARCA, MANCA, MARTELLA, PARRINI, ROJC, VERINI, ZAMBITO, ASTORRE e VERDUCCI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 13 OTTOBRE 2022

Disposizioni volte al contrasto delle molestie sessuali e delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro. Deleghe al Governo in materia di riordino dei comitati di parità e pari opportunità e per il contrasto delle molestie sul lavoro
 

Onorevoli Senatori. – Le molestie sul lavoro subite dalle donne sono ancora un fenomeno dalle proporzioni rilevanti. Secondo quanto riportato dal report dell'ISTAT « Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro », pubblicato nel febbraio 2018, negli anni 2015-2016, 1 milione e 404.000 donne italiane hanno subito qualche forma di violenza di genere sul luogo di lavoro. Se dal posto di lavoro si passa al conteggio generale delle molestie, il dato è ancora più impressionante. Si stima che siano 8 milioni e 816.000 (43,6 per cento) le donne fra i 14 e i 65 anni che, nel corso della vita, hanno subito qualche forma di molestia sessuale.
Il fenomeno non è solo italiano. Violenza e molestie non hanno confini nazionali. A tal proposito, il 21 giugno 2019 la Conferenza internazionale del lavoro ha adottato a larghissima maggioranza, 439 voti favorevoli, 7 contrari e 30 astensioni, una nuova Convenzione e una Raccomandazione per combattere la violenza e le molestie sul lavoro, con esplicito riferimento alla violenza di genere e alle molestie sessuali. La Convenzione sulla violenza e le molestie riconosce che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro « possono costituire una violazione o un abuso dei diritti umani, sono una minaccia per le pari opportunità, sono inaccettabili e incompatibili con il lavoro dignitoso ». La Convenzione, inoltre, definisce « violenza e molestie » come un insieme di comportamenti, pratiche o minacce « che mirano a provocare – o sono suscettibili di provocare–danni fisici, psicologici, sessuali o economici » e richiede agli Stati membri di adoperarsi per assicurare « tolleranza zero nel mondo del lavoro ».
Venendo, invece, al nostro ordinamento, occorre sottolineare come gli atti sessuali compiuti nell'ambito di un rapporto di lavoro, o comunque sul luogo di lavoro, senza il consenso della vittima, non abbiano una specifica disciplina ed assumano rilevanza penale, integrando il delitto di violenza sessuale, solo qualora gli atti sessuali siano commessi « con abuso di autorità ».
La nozione di « abuso di autorità », tuttavia, è stata diversamente interpretata nella giurisprudenza, pertanto, ad oggi, non vi è ancora certezza circa le condotte qualificabili come abuso sessuale, poiché compiute « con abuso di autorità », come chiaramente desumibile da diverse pronunce della Corte di cassazione.
Infatti, in merito all'espressione « abuso di autorità » nel 2015 (sezione 3, sentenza n. 16107 del 17 aprile 2015) la Corte di cassazione ha affermato che: « In tema di violenza sessuale, l'abuso di autorità rilevante ai sensi dell'articolo 609-bis, comma primo, del codice penale presuppone nell'agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico, che determina, attraverso la strumentalizzazione del potere esercitato, una costrizione della vittima a subire il compimento degli atti sessuali ».
Con una pronuncia successiva, invece, (sezione 3, sentenza n. 33042 del 28 luglio 2016) la Corte ha ritenuto che: « In tema di violenza sessuale, l'espressione “abuso di autorità” che costituisce, unitamente alla “violenza” o alla “minaccia”, una delle modalità di consumazione del reato previsto dall'articolo 609-bis del codice penale, ricomprende qualsiasi forma di “supremazia”, sia essa pubblica o privata, di cui l'agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali ». Quindi, nella predetta sentenza, avente ad oggetto un episodio di violenza sessuale commessa, all'interno di edificio scolastico, da un insegnante nei confronti di una ex alunna, la Corte ha ritenuto che l'autorità esercitabile con modalità abusive e costrittive non è solo quella derivante da un potere legale, ma anche quella proveniente da una posizione soggettiva di preminenza.
Precedentemente, nel 2014 (sezione 3, sentenza n. 49990 del 1° dicembre 2014) gli stessi giudici di legittimità avevano affermato che: « (...) In tema di violenza sessuale, l'espressione “abuso di autorità” che costituisce, unitamente alla “violenza” o alla “minaccia”, una delle modalità di consumazione del reato previsto dall'articolo 609-bis del codice penale, ricomprende non solo le posizioni autoritative di tipo pubblicistico, ma anche ogni potere di supremazia di natura privata, di cui l'agente abusi ».
Pertanto, come di tutta evidenza, le condotte moleste, non caratterizzate da violenza, minaccia o abuso di autorità, pur arrecando una grave violazione della sfera della libertà sessuale, nonché della dignità personale nell'ambiente di lavoro, sebbene numerose e con modalità e rilievo non trascurabile per la vittima, tuttavia, sfuggono alla sanzione penale di cui all'articolo 609-bis del codice penale.
Infine, occorre evidenziare come la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011, e ratificata dall'Italia con la legge 27 giugno 2013, n. 77, all'articolo 40 – Molestie sessuali – disponga che: « Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che qualsiasi forma di comportamento indesiderato, verbale, non verbale o fisico, di natura sessuale, con lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una persona, segnatamente quando tale comportamento crea un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo, sia sottoposto a sanzioni penali o ad altre sanzioni legali ».
Il presente disegno di legge nasce, dunque, dall'esigenza di approntare una disciplina organica della materia, inserendosi nel solco dei provvedimenti già avviati nel corso della scorsa legislatura. In tal senso si pensi al divieto di demansionamento, licenziamento o trasferimento a seguito di una denuncia di molestie o di molestie sessuali, introdotto con la legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020, nella convinzione che attraverso una disciplina puntuale, che parta dalla previsione di una nuova fattispecie di reato, ma senza tralasciare i diversi altri aspetti legati al fenomeno, si possa finalmente porre un argine ad un fenomeno particolarmente odioso e lesivo della dignità umana della vittima.
In particolare, l'articolo 1 introduce nel codice penale il nuovo articolo 609-ter.1 in materia di molestie sessuali che punisce con la pena della reclusione da due a quattro anni chiunque rechi a taluno molestie o disturbo violando la dignità della persona ovvero la libertà sessuale della stessa. Qualora il fatto sia commesso all'interno di un rapporto di lavoro la pena è aumentata della metà.
L'articolo 2 dispone che le pubbliche amministrazioni, al fine di prevenire e contrastare le molestie e le molestie sessuali nei luoghi di lavoro, si avvalgano dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, informando i propri dipendenti circa il ruolo, le funzioni, le competenze e i recapiti dei predetti Comitati unici di garanzia.
L'articolo 3 prevede che l'Ispettorato nazionale del lavoro, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, vigili, a decorrere dalla data della denuncia di molestie o di molestie sessuali sul luogo di lavoro, sullo stato del rapporto di lavoro della lavoratrice o del lavoratore denunciante.
L'articolo 4 dispone che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali promuova la realizzazione di campagne di comunicazione dirette ad informare e sensibilizzare sul fenomeno delle molestie sui luoghi di lavoro e sugli strumenti di tutela esistenti nei casi di denuncia.
L'articolo 5, infine, reca la copertura finanziaria.
 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Introduzione dell'articolo 609-ter.1 del codice penale in materia di molestie sessuali)

1. Dopo l'articolo 609-ter del codice penale è inserito il seguente:
« Art. 609-ter.1 – (Molestie sessuali) – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con minacce, atti o comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, in forma verbale o gestuale, reca a taluno molestie o disturbo violando la dignità della persona è punito con la pena della reclusione da due a quattro anni.
La pena è aumentata della metà se dal fatto, commesso nell'ambito di un rapporto di educazione, istruzione o formazione ovvero nell'ambito di un rapporto di lavoro, di tirocinio o di apprendistato, anche di reclutamento o selezione, con abuso di autorità o di relazioni di ufficio, deriva un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, la querela può essere proposta entro dodici mesi dal fatto ed è irrevocabile.
Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 61 ».
 

Art. 2.
(Comitati unici di garanzia)

1. Le pubbliche amministrazioni, per prevenire e contrastare le molestie e le molestie sessuali nei luoghi di lavoro, si avvalgono dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, istituiti all'interno di ciascuna amministrazione ai sensi dell'articolo 57, comma 01, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2. Le pubbliche amministrazioni informano i propri dipendenti circa il ruolo, le funzioni, le competenze e i recapiti dei Comitati unici di garanzia di cui al comma 1. Esse predispongono altresì piani formativi di prevenzione per i dirigenti e per i componenti dei medesimi Comitati e adottano codici etici o codici di condotta quali strumenti di prevenzione delle molestie e delle molestie sessuali sui luoghi di lavoro.
3. All'articolo 2, comma 222-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il quinto periodo è inserito il seguente: « Un'ulteriore quota, pari al 3 per cento dei medesimi risparmi di spesa, è destinata all'attuazione dei piani formativi di prevenzione delle molestie e delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro adottati dalla stessa Amministrazione ».
 

Art. 3.
(Ispettorato del lavoro)

1. L'Ispettorato nazionale del lavoro, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, vigila, a decorrere dalla data della denuncia di molestie o di molestie sessuali sul luogo di lavoro, sullo stato del rapporto di lavoro della lavoratrice o del lavoratore denunciante, al fine di assicurarne la tutela ai sensi dell'articolo 26, comma 3-bis, del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e nel caso in cui presenti dimissioni volontarie, anche con l'intervento delle organizzazioni sindacali.
 

Art. 4.
(Campagne di comunicazione)

1. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali promuove la realizzazione di campagne di comunicazione dirette ad informare e sensibilizzare sul fenomeno delle molestie sui luoghi di lavoro e sugli strumenti di tutela esistenti nei casi di denuncia.
 

Art. 5.
(Delega al Governo per il riordino degli organismi e dei comitati di parità e pari opportunità)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riordino dei vari organismi e comitati di parità e pari opportunità, che operano a livello nazionale, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;
b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;
c) limitazione del numero delle strutture di supporto a quelle strettamente indispensabili al funzionamento degli organismi;
d) creazione di un organismo nazionale di controllo sulle molestie sul posto di lavoro con compiti di monitoraggio degli episodi commessi, di adozione di azioni di prevenzione e formazione;
e) rafforzamento del ruolo di coordinamento del dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri sugli organismi e comitati di parità e pari opportunità nazionali;
f) coordinamento dell'attività degli organismi e dei comitati di parità e pari opportunità con i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing.
2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze.
3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dei medesimi schemi di decreto. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati.
4. Il Governo può adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti di cui al comma 1, con le medesime procedure di cui ai commi 2 e 3, uno o più decreti legislativi correttivi o modificativi dei medesimi decreti, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1.
5. Dall'attuazione delle norme di ciascun decreto di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
 

Art. 6.
(Delega al Governo per il contrasto delle molestie sul lavoro)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di contrastare ogni forma di violenza o molestia nei luoghi di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) incentivazione dell'istituzione, nei modelli di organizzazione e gestione aziendale di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, di gruppi di lavoro a prevalente composizione femminile col compito di monitorare la correttezza dei comportamenti aziendali e di prevenire il verificarsi di molestie o violenze sui luoghi di lavoro;
b) introduzione di misure premiali, anche fiscali, per gli enti che adottano i modelli di cui alla lettera a) e contestuale previsione di un sistema centralizzato di controllo sugli effettivi risultati conseguiti in termini di promozione della parità di genere e delle pari opportunità e di contrasto delle molestie e violenze sui luoghi di lavoro.
2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell'economia e delle finanze.
3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dei medesimi schemi di decreto. Decorso tale termine, i decreti possono essere comunque emanati.
 

Art. 7.
(Copertura finanziaria)

1. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 2, comma 3, e 4, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma « Fondi di riserva e speciali » della missione « Fondi da ripartire » dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


fonte: senato.it