Responsabilità di due coordinatori per la progettazione e la realizzazione dei lavori di ampliamento di uno stabilimento industriale, per colpa consistita in negligenza imprudenza e imperizia nonchè in specifica violazione della legge individuata nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 70 cpv., e nel Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articoli 4 e 5 e per non aver adottato tutti i dispositivi di sicurezza previsti dalla normativa per l'esecuzione dei lavori su coperture e simili: in questo modo cagionavano la caduta dal tetto del capannone del giovane lavoratore Pe. Be. , autista di betoniera che si trovava in cantiere per compiere operazioni connesse ai lavori in atto sul capannone (getto di calcestruzzo cementizio) e che a causa della rottura di una lastra di vetro posta sul passaggio obbligato per accedere alla zona di lavoro, rovinava per circa dieci metri incontrando la morte.
 
Ricorrono in Cassazione -  Osserva questa Corte che il primo motivo di censura del ricorso 1/2/2008 e il suo omologo primo motivo dell'altro ricorso, sono fondati e che il loro accoglimento assorbe l'esame di ogni successiva censura.
 
"La sentenza di appello, al di là della mera enunciazione di una responsabilità dei due professionisti limitata all'ipotesi di mancato controllo della realizzazione dei presidi progettati per consentire lo svolgimento in sicurezza dei lavori sul tetto del capannone, non sviluppa alcun ragionamento che valga a giustificare la ritenuta responsabilità dei due e che valga a dimostrare la esistenza del buon diritto delle parti civili a risarcimento di danni cagionati da reato."

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARZANO Francesco - Presidente
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Consigliere
Dott. ZECCA Gaetanino - rel. Consigliere
Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco -Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:


1) SC. GU. N. IL (OMESSO);


2) FE. RO. AN. N. IL (OMESSO);
avverso la sentenza n. 860/2005 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 18/09/2007;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ZECCA Gaetanino;
Letti gli atti;
Sentito il Procuratore Generale Dott. D'ANGELO Giovanni che ha concluso per l'annullamento con rinvio;
Sentito l'Avvocato Giraldi Mario che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
Sentito l'Avvocato Greco Luigi che insiste per l'accoglimento del ricorso.

 
   
   

Fatto

 

La Corte di Appello di Catanzaro, pronunziando su appello proposto da S. R. imputato condannato in primo grado per l'omicidio colposo a lui addebitato e su appello proposto dalle parti civili Pe. An., In. Gi. , Pe. Ma. e P. A. , in riforma della sentenza di primo grado ha assolto S. R. per non aver commesso il fatto e ha condannato l'architetto Sc. Gu. e l'ingegner Fe. Ro. An. , già assolti dal medesimo delitto di omicidio colposo, delegati per la sicurezza e direttori dei lavori nell'esecuzione dei quali si era verificato l'infortunio mortale di Pe. Be. , in solido tra loro, al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede, oltre la rifusione di spese e competenze del doppio grado di giudizio sostenute dalle stesse parti civili.

Il giudice di appello, in assenza di impugnazione del PM contro la assoluzione dei due imputati in primo grado, ha confermato nel resto la sentenza pronunziata dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Crotone che aveva escluso la responsabilità dell'Architetto Sc. e dell'ing Fe. del delitto di omicidio colposo ad essi addebitato.
Sc. Gu. e Fe. Ro. An. hanno proposto ricorso per cassazione contro la sentenza appena sopra menzionata e ne hanno domandato l'annullamento.

Il ricorso è stato deciso all'udienza pubblica del giorno 11/11/2009 dopo il compimento degli incombenti prescritti dal codice di rito.

 

Diritto

 

Ai due odierni ricorrenti era stato addebitato il reato di cui agli articoli 40 cpv. e 113 c.p. e articolo 589 c.p., commi 1 e 2, perchè nella loro qualità di coordinatori per la progettazione e la realizzazione dei lavori di ampliamento dello stabilimento industriale IC. in (OMESSO), per colpa consistita in negligenza imprudenza e imperizia nonchè in specifica violazione della legge individuata nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 70 cpv., e nel Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articoli 4 e 5 e per non aver adottato tutti i dispositivi di sicurezza previsti dalla normativa per l'esecuzione dei lavori su coperture e simili, nel non adottare cautele previste dalla stessa normativa e, in particolare nel non aver accertato preventivamente che le lastre di copertura del capannone sul quale venivano effettuati i lavori avessero resistenza tale da sostenere il peso degli operai, nel non adottare gli apprestamenti atti a garantire l'incolumità degli addetti ai lavori, nel non prevedere l'obbligo di indossare cinture di sicurezza e comunque nel non vigilare sull'osservanza del medesimo obbligo, nel non curare la sostituzione delle lastre ondulate in fibra di vetro opacizzate per degrado al punto da non essere distinguibili da lastre ondulate di cemento armato, e comunque nel non prevederne e non prevenirne la pericolosità, infine per non aver proposto al committente la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o la risoluzione del contratto (a fronte delle gravi inosservanze alla normativa antinfortunistica da parte delle imprese operanti) cagionavano la caduta dal tetto del capannone Ic. del giovane lavoratore Pe. Be. , autista di betoniera che si trovava in cantiere per compiere operazioni connesse ai lavori in atto sul capannone (getto di calcestruzzo cementizio) e che a causa della rottura di una lastra di vetro posta sul passaggio obbligato per accedere alla zona di lavoro, rovinava il (OMESSO) per circa dieci metri incontrando la morte il (OMESSO) per causa dello sfacelo cranio encefalico e delle lesioni da grande traumatismo riportate.


I ricorrenti con il ricorso per cura dell'Avvocato Giraldi depositato il 1/2/2008 censurano il provvedimento impugnato per:

1) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), per mancanza e manifesta illogicità della motivazione nonchè per violazione del Decreto Legislativo n. 494 del 1996 per assenza di qualsiasi motivazione idonea a confutare le ragioni poste dal primo giudice (il mutamento dell'intero progetto di lavoro a seguito del contratto successivamente intervenuto tra S. e Ri. che ha anche assunto la funzione di responsabile della sicurezza) per l'assoluzione dei due imputati e idonea a sostenere la statuizione adottata.


2) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione agli articoli 40, 41 e 589 c.p. per aver individuato a carico dei due odierni ricorrenti una sorta di responsabilità oggettiva senza alcun corredo di ragionamento idoneo a individuare le catene causali tra fatto ritenuto (l'omesso controllo sulla realizzazione del ponteggio) e condotte dei due imputati e con la pretermissione dell'esame di fatti certi e rilevanti come quelli della stipula di un nuovo contratto con un appaltatore dei lavori di impermeabilizzazione e della sicurezza di quei lavori, della assunzione di numerosi operai estranei alla organizzazione dei due imputati, della imprevedibilità e abnormità della presenza dell'autista della betoniera in quota sulla copertura del capannone).  

Con altro ricorso redatto per cura dell'avvocato Greco i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per:


1) mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato secondo l'ipotesi di cui all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) per aver pronunziato una decisione diversa da quella del giudice di primo grado senza dare alcuna giustificazione logico-giuridica della diversità e ignorando l'avvenuto esautoramento dei due imputati posto in opera dal committente S. , infine sottintendendo obbligazioni di garanzia diverse da quelle individuabili secondo legge e a fronte dei diversi soggetti attivi in cantiere e delle loro diversificate qualifiche funzionali che dovevano portare all'accertamento della qualità di coordinatore in materia di sicurezza e salute durante la realizzazione dell'opera di tale Ri. An. Sa. ;

2) illogicità della motivazione in relazione alla declaratoria di assoluzione del committente ed alla contrastatane condanna dei due coordinatori per la progettazione Fe. e Sc. nonostante la realtà della situazione contrattuale e organizzativa richiamata già col primo motivo;

3) erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 40 cpv. e 41 c.p..

Per non aver considerato che l'evento fu prodotto dalla condotta imprevedibile della vittima che, incaricato di guidare la betoniera del cemento, salì arbitrariamente in quota sulla copertura del capannone ponendo in essere una causa da se sola sufficiente a determinare l'evento.
La Corte di appello ritiene che in assenza di impugnazione del PM avverso la assoluzione di Sc. e Fe. che avrebbero omesso di verificare la effettiva realizzazione dei presidi di sicurezza progettati (realizzazione di ponteggio fisso e mobile per accedere alla copertura del corpo A del capannone evitando il passaggio e il calpestio sulla vecchia copertura), si sia formato il giudicato sulla mancanza di responsabilità penale ma ritiene poi che a favore delle costituite parti civili debba essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno per la cui determinazione rimette le parti al competente giudice civile.  

Osserva questa Corte che il primo motivo di censura del ricorso 1/2/2008 e il suo omologo primo motivo dell'altro ricorso, sono fondati e che il loro accoglimento assorbe l'esame di ogni successiva censura.

La sentenza di appello, al di là della mera enunciazione di una responsabilità dei due professionisti limitata all'ipotesi di mancato controllo della realizzazione dei presidi progettati per consentire lo svolgimento in sicurezza dei lavori sul tetto del capannone, non sviluppa alcun ragionamento che valga a giustificare la ritenuta responsabilità dei due e che valga a dimostrare la esistenza del buon diritto delle parti civili a risarcimento di danni cagionati da reato.
Una tale motivazione indispensabile in linea generale per sostenere qualsiasi provvedimento giurisdizionale tanto più era necessaria in quanto la pronuncia in ordine al diritto al risarcimento era dipendente da un preventivo motivato accertamento della responsabilità dei due imputati per la causazione della morte dell'infortunato risultante da una adeguata analisi critica di tutte le circostanze relative alla vicenda ritualmente acquisite al processo di merito.
Tale analisi critica doveva essere particolarmente motivata a fronte dello scostamento delle valutazioni del giudice di appello dalle opposte valutazioni espresse dal giudice di primo grado.
La motivazione censurata si è esonerata dal compito motivazionale cui doveva assolvere.
In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata con irnvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Catanzaro per nuovo esame.
 
 
P.Q.M.
 
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili nei confronti di Sc. Gu. e Fe. Ro. An. con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.