Cassazione Penale, Sez. 3, 27 luglio 2023, n. 32703 - Infortunio mortale con un escavatore immatricolato nel 1996 e privo di sistemi di protezione antiribaltamento
Presidente: ACETO ALDO
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 21/03/2023
Fatto
1. Con sentenza del 1.2.2022, il Tribunale di Bolzano ha condannato R.T. alla pena di giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 71, comma 2 lett. b) e 87, comma 2 lett. c) d.lgs. n. 81 del 2008, a lui ascritto in qualità di legale rappresentante della R. H. & Co snc.
2. Ricorre per cassazione il R.T., a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla affermazione di penale responsabilità. Si censura la sentenza per non aver tratto le necessarie conclusioni dal fatto, dalla stessa accertato, che l'escavatore per cui è causa poteva essere legittimamente utilizzato, essendo stato immatricolato nel 1996 ed essendo conforme alla direttiva macchine dell'epoca: il mezzo non aveva perciò l'obbligo di installazione dei dispositivi di sicurezza, che non era del resto possibile applicare per non alterare l'omologazione. Si censura la sentenza anche per non aver considerato che il ricorrente aveva valutato i rischi di ribaltamento, incaricando all'uopo un tecnico specializzato, il quale aveva ritenuto la questione risolta grazie alla realizzazione di appositi "valli" che avrebbero dovuto neutralizzare i rischi di ribaltamento. Il Tribunale si era invece avventurato in considerazioni apodittiche sull'inadeguatezza del macchinario perché non conforme alle normative attuali, sostituendosi al tecnico.
3. Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, richiamando un precedente relativo alla necessità, per il datore di lavoro, di mettere a disposizione macchinari sicuri (compresi quelli acquistati prima della "direttiva macchine" del 1996).
4. Con memoria ritualmente trasmessa, il difensore del ricorrente insiste per l'accoglimento del ricorso, richiamando quanto già dedotto in ordine alle valutazioni favorevoli espresse dal consulente nominato dall'imputato.
Diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Secondo un insegnamento di questa Suprema Corte del tutto consolidato, «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv . 280747 - 01).
Tali principi devono trovare applicazione nella fattispecie in esame, in quanto le doglianze del ricorrente si risolvono in una censura del merito delle valutazioni espresse dal Tribunale in ordine all'affermazione della penale responsabilità (correlata alla messa a disposizione del lavoratore, da parte del R.T., di un escavatore privo di sistemi di protezione antiribaltamento, nonostante i rischi in concreto sussistenti), e nella riproposizione di una diversa e più favorevole lettura delle risultanze acquisite, il cui apprezzamento è evidentemente precluso in questa sede.
2.1. D'altra parte, deve qui sottolinearsi che il Tribunale ha espressamente preso in considerazione gli argomenti difensivi (liceità dell'utilizzo dell'escavatore, in quanto conforme alla c.d. prima direttiva macchine; avvenuta valutazione dei rischi correlati al ribaltamento, superati - nella prospettazione del ricorrente - con la creazione di "valli" tra i tratti scoscesi della cava), disattendendoli con una motivazione che appare del tutto immune da censure qui deducibili (cfr. pag. 30 segg.).
In particolare, il Tribunale di Bolzano ha anzitutto chiarito, sulla scorta delle risultanze dichiarative e documentali acquisite, che la società rappresentata dal ricorrente aveva messo a disposizione dei dipendenti, fino al sinistro del giugno 2017, un escavatore prodotto nel 1996 - privo di cintura di sicurezza e di sistema antiribaltamento ROPS - per lavori in una cava che richiedevano il passaggio da una zona pianeggiante all'altra attraverso una ripida scarpata. Ha quindi esposto il regime giuridico concernente l'escavatore, la cui conformità alla normativa previgente alla c.d. prima direttiva macchine ne consentiva la commercializzazione fino al 1996, pur se privo delle dotazioni di sicurezza introdotte dal recepimento della prima direttiva (il recepimento della c.d. seconda direttiva macchine; avvenuto nel 2010, aveva peraltro innalzato il livello di sicurezza prevedendo la necessaria presenza, negli escavatori mobili, di una struttura antiribaltamento e di una cintura idonea).
Su tali basi, il Tribunale ha preso in considerazione le circostanze del caso concreto, per un verso sottolineando che la concretezza del pericolo di ribaltamento per la ripidità del terreno, agevolmente desumibile ("anche per i profani") dalle fotografie in atti, era stata confermata dal sinistro occorso al lavoratore deceduto, trovato rivolto su un lato.
2.2. Per altro verso, il Collegio ha esaminato e disatteso gli argomenti difensivi, imperniati sia sulla avvenuta valutazione del rischio e la conseguente realizzazione di appositi avvallamenti per prevenire il ribaltamento, sia sulla liceità dell'utilizzo dell'escavatore.
Si è posto in evidenza, da un lato, che le evidenze fotografiche relative all'andamento della cava (notevole profondità di scavo, pendenza molto forte) rendevano "non chiaro" come gli avvallamenti valorizzati dalla difesa avrebbero potuto scongiurare il rischio di ribaltamento, peraltro puntualmente avveratosi.
D'altro lato, il Tribunale - richiamando l'evoluzione normativa in materia, e l'impossibilità di apportare modifiche all'escavatore del 1996 - ha osservato che l'importanza di dotare le macchine di sistemi di ribaltamento era nota da ormai venti anni (obbligatoria da sette), sicchè la messa a disposizione di un escavatore non più rispondente ai requisiti tecnici era avvenuta nella piena consapevolezza del pericolo di ribaltamento. Del resto, come sottolineato dal Procuratore Generale, la decisione della Corte territoriale si pone in linea con l'indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro di mettere a disposizione dei lavoratori macchinari provvisti di blocco automatico atto a impedire di entrare in contatto con le parti in movimento è configurabile anche in relazione alle attrezzature acquistate prima dell'entrata in vigore della "Direttiva Macchine" del 1996, in base al combinato disposto di cui agli artt. 70, comma 2, d.lgs 9 aprile 2008, n. 81, e 6.3. dell'allegato V al predetto decreto legislativo, atteso che quest'ultima disposizione richiama testualmente quella enunciata dall'art. 72, d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, la quale costituisce applicazione del principio generale affermato dalla disposizione di cui all'art. 68 del medesimo testo normativo, che trova applicazione in tutti i casi in cui vengono usate macchine pericolose, e che non è stata superata dal d.P.R. 24 luglio 1996, n. 459» (Sez. 4, n. 36153 del 22/09/2021, Dossena, Rv. 281886 - 01).
Anche l'ulteriore argomento difensivo - volto a sostenere che l'utilizzo di una macchina in regola non poteva cessare prima del decorso della sua "naturale durata", a meno di non ipotizzare un "obbligo di potenziamento dell'attrezzatura" a carico dell'impresa - è stato puntualmente confutato dal Tribunale. Si è infatti osservato che l'utilizzo dell'escavatore ben poteva proseguire per lavori non connotati da pericolo di ribaltamento, come del resto esplicitamente confermato dalla testimonianza di uno degli impiegati dell'azienda, il quale aveva riferito della disponibilità di altri escavatori dello stesso tipo, impiegati non già in cave di pietra, ma in lavori stradali o comunque privi di pericoli di ribaltamento (cfr. pag. 34, nella quale si valorizza anche altra deposizione testimoniale relativa all'ampio parco macchine dell'azienda, e all'utilizzo dei mezzi per dieci o undici anni al massimo).
3. Si è in definitiva di fronte ad un percorso argomentativo accurato e del tutto immune da profili di contraddittorietà o evidente illogicità, che la difesa ha inteso confutare riproponendo una diversa e più favorevole lettura del materiale acquisito, evidentemente improponibile in questa sede.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del R.T. al pagamento delle spese processuali, e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 21 ;:ijarzo 2023