Cassazione Penale, Sez. 3, 29 agosto 2023, n. 36014 - Titolarità della legale rappresentanza e correlati poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria della società 



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca - Presidente -

Dott. GALTERIO Donatella - rel. Consigliere -

Dott. DI STASI Antonella - Consigliere -

Dott. MACRI’ Ubalda - Consigliere -

Dott. ZUNICA Fabio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Dott. Pasquale Fimiani, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio quanto ad A.A. e per l'inammissibilità del ricorso nel resto;

letta la memoria del difensore, avv. Alagna Salvatore, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza in data 21.11.2022 il Tribunale di Trapani ha dichiarato la penale responsabilità di A.A. e B.B. per il reato di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18 lett. f, per aver omesso, in qualità di titolari di un'officina meccanica per autovetture, di richiedere a C.C. che utilizzava tale ambiente per riparare le automobili dei propri clienti l'osservanza delle modalità operative aziendali e l'uso dei mezzi di protezione necessari per il sollevamento dei veicoli da riparare (capo a) e del reato di cui all'art. 71 lett. a, b, c per aver messo a disposizione del suddetto collaboratore dei cunei in legno per il sollevamento dell'auto Range Rover affidatagli in riparazione senza considerare le caratteristiche del lavoro da svolgere nè i rischi derivanti dall'ambiente di lavoro e dall'impiego di tali attrezzi impropri (capo b), condannandoli alla pena, escluso il vincolo della continuazione, di Euro 2.000 di ammenda per il capo a) e di Euro 4.000 di ammenda per il capo b) 2. Avverso il suddetto provvedimento entrambi gli imputati hanno congiuntamente proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Con il primo motivo deducono che, essendo stata la società titolare dell'officina meccanica costituita in forma di s.n.c. con conferimento dei poteri di legale rappresentante e di amministrazione sia ordinaria che straordinaria al solo B.B., esclusivamente quest'ultimo avrebbe potuto essere chiamato a rispondere di quanto occorso nell'officina, mentre A.A., semplicemente socio prestatore di lavoro, era del tutto estraneo ai fatti. Rilevano che la motivazione spesa in ordine all'insussistenza di una delega di funzioni da parte di B.B. si risolva in un sostanziale travisamento del fatto, non essendovi nell'atto costitutivo alcuna attribuzione di qualifica di responsabile tecnico a A.A., conferita al solo B.B., unitamente ai compiti di rappresentanza e gestionali della società, l'errore in cui era incorsa la sentenza impugnata era stato quello di ritenere nei poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria non fossero compresi quelli di rappresentanza della società così come quelli volti al conseguimento degli scopi sociali, onde era esclusivamente sul legale rappresentante che incombevano i doveri di vigilanza e controllo della sicurezza e non già anche sui singoli soci.

2.2. Con il secondo motivo contestano, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, che il rapporto di mera collaborazione, così come accertato dal giudice di merito, intercorso tra i titolari dell'officina e il C.C. ponesse a carico di costoro gli obblighi gravanti sul datore di lavoro nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato, rilevando come invece il D.Lgs. n. 81 del 2015 abbia definito la collaborazione come "disponibilità del commissionato a perseguire gli scopi perseguiti dal committente con il proprio apporto lavorativo, senza essere assoggettato ad alcun potere direttivo, disciplinare o di controllo", precisando in ogni caso come la disciplina del rapporto di lavoro subordinai:o trovi applicazione allorquando la collaborazione si concretizzi in prestazioni esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche in relazione ai tempi e ai luoghi di lavoro. Deducono come dall'espletata istruttoria fosse emerso che il C.C. utilizzasse gli spazi dell'officina esclusivamente per riparare le auto dei propri clienti, ovverosia delle Land Rover essendo egli stato ex capo officina della locale concessionaria, che per tale utilizzo, comprensivo dell'area e degli utensili corrispondesse agli imputati la somma di Euro 500,00, che non aveva orari fissi di lavoro e che l'area di cui si serviva era solo quella esterna e che operava autonomamente. Contestano la rilevanza attribuita dal Tribunale alle sole deposizioni della moglie e del figlio della vittima secondo le quali, contrariamente a quanto affermato da tutti gli altri testi, il proprio congiunto era un dipendente dell'officina di cui rispettava gli orari lavorativi a tempo pieno ed operava anche nei locali interni dell'azienda, senza che a sostegno delle valutazioni effettuate il giudice di merito avesse reso alcuna motivazione.

3. Con memoria in replica alla requisitoria del Procuratore Generale, il difensore degli imputati ha insistito per l'accoglimento del ricorso stigmatizzando come il materiale probatorio acquisito all'esito di un'articolata istruttoria dibattimentale evidenziasse il vizio motivazionale anche con riferimento al travisamento della prova inficiante l'intera decisione.

 

Diritto


Il ricorso non può, quanto al primo motivo, ritenersi manifestamente infondato.

Ed invero, avendo gli imputati prodotto in corso di giudizio l'atto costitutivo della "B.B. & A.A. s.n. c", fatto di cui dà atto la stessa impugnata, non può ritenersi che la risposta resa dalla Corte distrettuale alla censura svolta dalla difesa in ordine alla titolarità della legale rappresentanza e dei correlati poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria della suddetta società in capo al solo B.B., sia calzante. L'assenza di una valida delega di funzioni nei confronti di A.A. affermata da Tribunale trapanese è osservazione che suona apodittica, non venendo tenuto di quanto stabilito dall'art. 2295 c.c., secondo il quale l'atto costitutivo deve indicare espressamente i soci che hanno l'amministrazione e la rappresentanza della società della società in nome collettivo, nonchè più in generale dall'art. 2257 c.c. che, nel disciplinare i poteri di amministrazione della società semplice spettanti a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri, fa salva la diversa pattuizione contenuta per l'appunto nel contratto sociale. Nessuna disamina risulta per contro compiuta in ordine al contenuto di tale documento relativamente al soggetto o ai soggetti cui siano stati conferiti i poteri di rappresentanza della società, sul quale o sui quali incombevano, nella veste di datore di lavoro, i doveri di vigilanza e di controllo, compresi quelli preordinati alla sicurezza dei lavoratori: omissione questa che presta perciò apertamente il fianco alle censure difensive.

2. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche per il secondo motivo.

Essendo in contestazione la riconducibilità dell'attività di collaborazione di C.C. con l'officina A.A. ad un rapporto di lavoro subordinato, ovvero ad una prestazione d'opera autonoma, risulta dalla decisione impugnata che tra loro discordanti siano le dichiarazioni rese dai testi escussi sul punto, avendo, da un canto, i familiari della vittima riferito che il loro congiunto era a tutti gli effetti un dipendente perchè rispettava un orario di lavoro a tempo pieno e riparava le auto sia all'interno che all'esterno dei locali, e, dall'altro, gli altri testi dichiarato che il C.C. non aveva orari fissi, che riparava esclusivamente autovetture Rover per le quali aveva una competenza specifica essendo stato capo officina della locale concessionaria automobilistica e venendo contattato personalmente dai proprietari, che operava solo sul piazzale esterno all'autorimessa e che versava agli A.A. la somma di Euro 500,00 per l'utilizzazione delle attrezzature presenti nel locale. Pur avendo la decisione impugnata ritenuto di privilegiare le deposizioni dei familiari, non emerge tuttavia dalle argomentazioni rese dal giudice di merito la ragione per la quale gli altri testi fossero inattendibili o le cui dichiarazioni fossero irrilevanti ai fini della ricostruzione del rapporto contrattuale intercorso tra gli imputati e la vittima e della conseguente posizione di garanzia rivestita dai primi. La contestazione articolata dalla difesa non può perciò ritenersi, quanto meno sul piano della carenza motivazionale, manifestamente infondata.

In conclusione, dovendo ritenersi correttamente instaurato il rapporto processuale con il ricorso presentato a questa Corte, occorre rilevare la prescrizione dei reati in contestazione intervenuta, calcolato il termine di cinque anni decorrente dalla data di consumazione (Omissis) e delle relative sospensioni, in data (Omissis). Si impone conseguentemente, in difetto delle condizioni per l'adozione di una formula assolutoria nel merito, tenuto conto delle censure di natura motivazionale dedotte dai ricorrenti, l'annullamento della decisione in esame senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione.
 


P.Q.M.
 

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè i reati sono estinti per prescrizione.

motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 29 agosto 2023