SENATO DELLA REPUBBLICA
———— XIX LEGISLATURA ————
 

Mercoledì 13 settembre 2023
alle ore 10
100ª Seduta Pubblica

ORDINE DEL GIORNO


I. Seguito della discussione dei disegni di legge:
Delega al Governo in materia di revisione del sistema degli incentivi alle imprese, nonché disposizioni di semplificazione delle relative procedure (collegato alla manovra di finanza pubblica) (571)
- CATALDI e altri. - Delega al Governo per la definizione di una disciplina organica in materia di misure agevolative e incentivi agli investimenti delle imprese (607)
(voto finale con la presenza del numero legale) - Relatore PAROLI

II. Discussione dalla sede redigente dei disegni di legge:
Deputati MULE' e Laura CAVANDOLI. - Disposizioni concernenti la definizione di un programma diagnostico per l'individuazione del diabete di tipo 1 e della celiachia nella popolazione pediatrica (approvato dalla Camera dei deputati) (727)
- DE POLI. - Modifiche alla legge 4 luglio 2005, n. 123, concernenti lo svolgimento di indagini diagnostiche per l'accertamento della celiachia nei bambini di età compresa tra sei e dieci anni (524)
- Daniela SBROLLINI. - Disposizioni relative alle strategie per la prevenzione, l'ottimizzazione dell'assistenza e la tutela della persona in soggetti con diabete in età evolutiva (801)
- Relatore RUSSO (Relazione orale)

III. Comunicazioni del Presidente, ai sensi dell'articolo 126-bis, comma 2-bis, del Regolamento, in ordine al disegno di legge:
Disciplina della professione di guida turistica (833)

IV. Discussione della mozione n. 71 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (testo allegato)
 

MOZIONE SULLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
 

(1-00071) (12 settembre 2023)


MAGNI, DREOSTO, CAMUSSO, MANCINI, NATURALE, LOMBARDO, MAFFONI, MAZZELLA, MINASI, MURELLI, NOCCO, OCCHIUTO, PETRENGA, RAPANI, SATTA, SILVESTRO, SPAGNOLLI, TAJANI, ZAMBITO, ZULLO - Il Senato,

considerato l’incidente occorso alle ore 23 del giorno 30 agosto 2023 presso la stazione ferroviaria di Brandizzo (Torino) e la conseguente, tragica, morte di cinque lavoratori impiegati da un’impresa appaltatrice per la manutenzione del tratto ferroviario Milano-Torino;
rilevato che l’incidente verificatosi a Brandizzo costituisce solo un episodio, pur particolarmente grave, di una serie sanguinosa di decessi e infortuni che si verificano con cadenza giornaliera in danno dei lavoratori sul territorio nazionale. Al riguardo, i dati 2021-2022 sugli infortuni pubblicati dall’INAIL ed elaborati dall’Osservatorio sicurezza sul lavoro e ambiente evidenziano che, da gennaio a luglio 2023, il bilancio delle morti sul lavoro ammonta a 559 vittime di cui 430 in occasione di lavoro e 129 in itinere, con una media di 80 decessi al mese;
considerato il dato, ricavabile dai rilievi INAIL, del sensibile aumento degli infortuni mortali fra i lavoratori più giovani, che ammontano a 196 sinistri con esito fatale tra i 25 e i 39 anni e 22 tra i minori di vent’anni;
osservato che gli infortuni e i decessi sul luogo di lavoro o nel percorso per giungervi o allontanarsene riguardano la quasi totalità dei settori produttivi, ciascun tassello delle singole filiere volte alla commercializzazione e produzione di beni e servizi, e coinvolgono prestatori d’opera impiegati a vario titolo presso piccole e medie imprese, imprese familiari, cooperative, ma anche grandi sedi di distribuzione e produzione multinazionale;
considerato come prioritario l’obiettivo dell’azzeramento del numero degli infortuni, in particolar modo di quelli mortali, nonché delle malattie professionali, da conseguire attraverso attività sinergiche e virtuose che attivino tutti gli strumenti disponibili (prevenzione, vigilanza, assistenza, repressione, incentivazione delle stesse buone pratiche preventive) fino all’emarginazione delle aziende che reiteratamente violino le norme di tutela della salute e sicurezza e, al contrario, alla valorizzazione delle imprese che assicurino una tutela rafforzata della sicurezza sul lavoro;
considerata la necessità di individuare un nuovo approccio strategico alla prevenzione degli infortuni sul lavoro che si traduca in azioni sul piano normativo, organizzativo, disciplinare e culturale e che tenga conto, tra l’altro, da un lato, del principio di differenziazione delle attività economiche, e, dall’altro, dell’evoluzione del mondo del lavoro;
rilevata la necessità che in sede parlamentare sia svolta una valutazione analitica sull’organicità, esaustività e attualità della normativa di cui al testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sulla presenza di eventuali lacune normative da colmare in relazione a specifici settori produttivi;
rilevata l’esigenza che il Senato della Repubblica possa trarre soluzioni normative e prospettive di indirizzo politico ed amministrativo, fondate sulla valorizzazione delle acquisizioni, anche provvisorie, a cui perverrà la Commissione d’inchiesta, istituita ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, competente sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro,
impegna il Governo:
1) a favorire il potenziamento degli organici e delle professionalità degli enti preposti ai controlli in tema di rispetto delle misure di sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro;
2) a valutare l’opportunità di inserire il settore della manutenzione ferroviaria nella categoria dei lavori usuranti di cui al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67;
3) ad introdurre disposizioni di carattere premiale in favore delle imprese che assicurino ulteriori e più salde tutele per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e a rafforzare le misure sanzionatorie per le imprese che si rendono responsabili di violazioni in tema di sicurezza;
4) a procedere alla celere implementazione del fascicolo elettronico di ogni singolo lavoratore per la sicurezza sui luoghi di lavoro, nonché a prevedere percorsi formativi premiali in punto di sicurezza del lavoro, tarati sulle caratteristiche peculiari dei singoli lavoratori;
5) ad individuare, per quanto concerne le condizioni di fragilità che aumentano il rischio infortunistico e la morbilità professionale, le best practice in materia di sicurezza del lavoro, con particolare riguardo ai principi di differenziazione ed adeguatezza rispetto alla dimensione aziendale e al tipo di attività produttiva;
6) a favorire l’avvio di un’attività conoscitiva sulla transizione digitale e sulle nuove tecnologie e il loro potenziale utilizzo ai fini di prevenzione generale e speciale degli infortuni sul lavoro;
7) ad individuare nuove tecniche di monitoraggio e aggiornamento, in sinergia con l’INAIL, sui dati di rilievo per gli infortuni sui luoghi di lavoro, con l’obiettivo di raggiungere un rafforzamento delle tecniche e degli istituti di prevenzione e migliorare l’adeguatezza degli interventi correttivi rispetto alla tipologia di infortunio;
8) a valutare l’opportunità di favorire l’interoperabilità e la piena condivisione, tra l’Ispettorato nazionale del lavoro e l’INAIL, delle banche dati rilevanti ai fini delle attività di controllo, nel rispetto della disciplina relativa alla protezione dei dati personali;
9) ad effettuare una valutazione analitica della possibile relazione causale tra gli istituti del decentramento produttivo, tra cui la subfornitura, il subappalto, e il distacco, da una parte, e l’eventuale abbassamento della soglia delle condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro, dall’altra;
10) a promuovere la cultura della sicurezza sul lavoro in riferimento ad ogni livello di istruzione e formazione, prevedendo altresì il coinvolgimento, con apposite attività formative, delle classi docenti e l’eventuale l’introduzione di un insegnamento ad hoc.

 

***

Discussione e approvazione della mozione n. 71 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (ore 15,51)
 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione 1-00071, presentata dal senatore Magni e da altri senatori, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Colleghi, prima di dare la parola al senatore Magni, vorrei comunicarvi la ragione del ritardo nella ripresa dei nostri lavori. Io ho cercato di avere più notizie su una nuova disgrazia, riguardante proprio gli incidenti sul lavoro, che ha comportato morti nell'esplosione avvenuta alla Sabino Esplodenti di Casalbordino, in provincia di Chieti, in Abruzzo. (Il Presidente e l'Assemblea si levano in piedi).
Aggiungiamo quest'altra tragedia alle tante ricordate, anche ieri, dal Presidente della Repubblica, associandoci alle sue parole sulla necessità che tutti, Governo, maggioranza, opposizione e qualunque organismo dello Stato, facciano di più per contrastare questo stillicidio di morti, di tragedie, che colpisce fortemente non solo la nostra umanità, ma la convivenza civile della nostra Nazione. Su questo tema, credo che tutti sentiamo la necessità di unirci e di sottolineare l'obbligo di fare sempre di più, tutto quello che si può fare.
In ricordo delle nuove tre vittime e degli altri caduti negli incidenti di lavoro, vi prego di voler condividere insieme un momento di cordoglio, rimanendo per qualche secondo in silenzio. (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio). (Applausi).
Ha facoltà di parlare il senatore Magni per illustrare la mozione.

MAGNI (Misto-AVS). Signor Presidente, ringrazio il Governo e i Ministri presenti, tutti i senatori e le senatrici. Vorrei, prima di iniziare a illustrare l'impostazione della mozione, ringraziare lei, presidente La Russa, perché questa discussione è stata sì proposta da me, nella Conferenza dei Capigruppo, ma da Lei voluta.
Io ritengo che questo sia un momento importante, perché il Senato, in qualche modo, di fronte alla tragedia avvenuta a Brandizzo, ha deciso di dedicare una seduta di discussione al tema della sicurezza. Oggi, purtroppo, siamo di fronte a un'altra tragedia, ma vorrei ricordare che la media è di tre morti al giorno. Sostanzialmente, siamo in questa situazione.
Come Commissione d'inchiesta, che ho l'onere, ma anche l'onore, di presiedere, abbiamo ragionato per l'impostazione di un programma di lavoro che la Commissione doveva porsi, e si deve porre. Di fronte alla tragedia di Brandizzo abbiamo deciso di verificare se c'erano le condizioni - ed è per questo che ho ringraziato prima il Presidente del Senato - per costruire una proposta unitaria di discussione e risoluzione. Abbiamo cercato di lavorare in questa direzione e qui voglio davvero ringraziare tutti i membri della mia Commissione, perché tutti hanno dato un contributo e insieme abbiamo costruito una proposta, una mozione che è il frutto collettivo di una discussione precedente. Vorrei sottolineare anche questo: abbiamo iniziato a discutere prima nell'Ufficio di Presidenza e poi in Commissione le linee di indirizzo di come muoverci. E sulla scorta di tali idee abbiamo lavorato unitariamente e avanzato questa proposta.
La mozione - come detto prima - parte dalla tragedia di Brandizzo e dai dati dell'INPS, che parlano di 559 morti nei primi sette mesi dell'anno (sono aumentati in questi giorni), di cui 430 sui luoghi di lavoro e 129 in itinere, con una media di 80 al mese (più o meno, tre morti al giorno). Quanto agli infortuni, tendenzialmente sono quasi uno ogni minuto. In tale contesto, abbiamo riscontrato all'inizio dell'anno corrente un dato preoccupante sul terreno dei giovani morti: 196 sinistri tra i venticinque e i trentanove anni di età e 22 tra i minori di vent'anni. Poi cercherò di spiegare perché crediamo che certi atti vadano fatti.
La nostra mozione è impostata, da una parte, su quanto si chiede al Governo di fare e, dall'altra parte, si pone il problema di proporre al Parlamento l'obiettivo dell'azzeramento del numero delle morti sul lavoro, a partire dalla verifica di un terreno strategico nell'ambito della prevenzione. Pensiamo che, quando si piangono i morti, i fatti sono già successi e, quindi, dobbiamo lavorare molto sul prevenire gli incidenti. Il nostro spirito è lavorare sulla prevenzione, perché dopo difficilmente si ripara: alla morte non si ripara e neanche al dolore dei familiari.
Di fronte a questo dato, pensiamo sia giusto che il Parlamento, e quindi quest'Assemblea e la nostra Commissione, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi compiano, anche con le parti sociali e tutti i soggetti interessati, una verifica per fare un check up - chiamiamolo così - al decreto legislativo n. 81 del 2008. Quest'ultimo è un ottimo decreto legislativo - l'Italia ha un quadro normativo anche migliore di quello di altri Paesi europei e, quindi, non siamo di fronte al vuoto - un provvedimento che ha funzionato e ha ormai quindici anni di vita, ma occorre vedere che cosa ha funzionato e ciò che invece non ha funzionato e quali decreti attuativi non sono stati posti in essere. È inutile ora discutere in questa sede sulle ragioni, ma un'azione parlamentare deve coinvolgere i soggetti interessati, quali le associazioni dei familiari, i sindacati, le associazioni industriali e l'INAIL. Questa è la parte che riguarda il cosa fare.
Per quanto riguarda invece le richieste e le proposte che avanziamo nella mozione che presentiamo, il primo atto che chiediamo al Governo è affrontare - so che in questi giorni lo si sta affrontando, ma lo voglio sottolineare - la questione dei controlli. Siamo di fronte a un abbassamento di attenzione troppo rilevante. Non si possono pronunciare paroloni, piangere il giorno successivo alla tragedia e poi continuare come prima. È necessario che il Parlamento per primo metta al centro della sua azione la persona. I lavoratori e le lavoratrici devono poter tornare a casa dopo una giornata di lavoro. Se noi vogliamo porre attenzione alla persona, dobbiamo intervenire dal punto di vista del controllo; pensiamo quindi alla questione degli ispettori e all'applicazione delle norme esistenti. Questo è quanto noi proponiamo come primo punto, anche per dare una risposta alla domanda che viene dal Paese.
In secondo luogo, si chiede di costruire un fascicolo elettronico dei lavoratori in materia di sicurezza, ragionando sulla formazione. Anche questo è un altro dato. Il ragionamento non sfugge a nessuno. È chiaro che la formazione molto spesso è fatta in aziende che hanno una certa struttura, una certa dimensione, con lavoratori e lavoratrici a tempo indeterminato, e situazioni molto più difficili in altre realtà. Il problema, però, è che noi assistiamo a una serie di incidenti sul lavoro, mortali o meno, che coinvolgono persone che magari non hanno le necessarie conoscenze o non hanno avuto il tempo per fare la formazione. È quindi necessario e molto importante approfondire tale aspetto, intervenendo sul terreno della prevenzione e individuando le buone pratiche. Se ci sono delle buone pratiche, dobbiamo cercare di estenderle. È fondamentale in sostanza far sì che il problema della sicurezza sia visto non come un costo, ma come un investimento. Da questo punto di vista l'approccio è un aspetto determinante.
Molti di noi sono andati a Brandizzo. Dico, con tutta franchezza, che ciò che è lì successo non è un caso. Come abbiamo scoperto tutti, quella di Brandizzo è una prassi diffusa, in un modo o in un altro. È chiaro allora che anche l'utilizzo di nuove tecnologie per le segnalazioni, ad esempio, è fondamentale; noi dobbiamo utilizzare la tecnologia per andare in questa direzione. È il dato che noi sottolineiamo, facendo un monitoraggio attraverso il digitale con istituti, come l'INPS e l'INAIL, al fine di individuare le casistiche e lavorare in modo scientifico e selezionato. Sottolineo però che, quando parliamo ad esempio di intervenire su appalti e subappalti, bisogna premiare chi applica le norme che abbiamo elaborato, chi le rispetta e chi, addirittura, va oltre.
In Commissione non abbiamo detto che il premio debbano essere dei soldi. Abbiamo detto che, ad esempio, nel confronto tra due società, si debba tenere conto degli investimenti che ciascuno effettua sulla sicurezza per stabilire una eventuale prevalenza in base a tale criterio.

Presidenza del vice presidente CASTELLONE (ore 16,04)

(Segue MAGNI). Per quanto riguarda infine la questione della prevenzione e della formazione, oltre alla necessità di fare formazione alle lavoratrici e ai lavoratori (con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e via dicendo), come già chiesto in Commissione, chiediamo al Ministero dell'istruzione e del merito di discutere come possiamo far sì che nelle scuole la questione della sicurezza abbia un ruolo importante. Credo infatti che chi ha fatto lezione in qualche scuola, a partire dalle scuole professionali, sa benissimo che si discute poco di siffatti temi. Vorremmo, quindi, che in sostanza il problema della sicurezza avesse la priorità anche sul terreno dell'insegnamento.
Questa è l'impostazione della mozione. Sottolineo che è stato un lavoro collettivo, che abbiamo concordato tutti sulle proposte avanzate e che tutti i Gruppi hanno accettato e sostenuto la nostra mozione. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.

È iscritta a parlare la senatrice Pellegrino. Ne ha facoltà.

PELLEGRINO (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, le morti bianche rappresentano una piaga nella nostra Nazione: ogni vita persa sul luogo di lavoro non solo ha un impatto devastante sulle famiglie coinvolte, ma influisce anche sulla società nel suo complesso. Ogni incidente mortale rappresenta un costo sociale ed economico in termini di assistenza sanitaria, indennizzi, disabilità permanente e perdita di produttività. I dati forniti dall'INAIL - lo ricordava prima il senatore Tino Magni - da gennaio a luglio riscontrano un bilancio ancora fortemente drammatico: 559 vittime, con una media di 80 decessi al mese e un aumento del 4,4 per cento in più rispetto all'anno scorso. Ma si tratta di vite umane perse, famiglie distrutte e comunità che soffrono. È dunque una questione che richiede la nostra totale attenzione e delle azioni concrete. Il problema al quale oggi cerchiamo di dare risposta è pertanto di estrema importanza e rappresenta, prima di tutto, una battaglia di civiltà.
La sicurezza dei lavoratori è un tema già al centro dell'agenda di Governo, che ha già mosso i primi passi in questa direzione, ad esempio incrementando per l'anno 2023 di 5 milioni di euro il fondo per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro ed estendendo la tutela assicurativa INAIL a studenti e personale del sistema nazionale di istruzione e formazione, includendo anche quello della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore in tutti gli ambiti scolastici. Inoltre, sono state introdotte nuove disposizioni in materia di formazione, come la nomina del medico competente e poteri di vigilanza volti a rafforzare la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Queste sono certamente scelte importanti di riforma normativa. Avremo modo di vederne i risultati sul medio e lungo termine, ma di fronte ai numeri che ho appena citato è sicuramente necessario implementare ulteriori interventi, dal momento che ogni giorno migliaia di lavoratori si recano sul loro posto di lavoro con la certezza che la sera torneranno a casa dai loro affetti e dalle loro famiglie. Ma questa certezza viene distrutta con una media di tre volte al giorno da incidenti che spesso e volentieri si sarebbero potuti evitare. Come? Applicando protocolli di sicurezza corretti e semplici regole di buonsenso.
Quando leggiamo alcune agenzie stampa - è di ieri sera quella di un operaio caduto da un ponteggio in un cantiere edile privato a Messina ed è di poche ore fa quella che citava il presidente La Russa, di due morti accertati nell'esplosione dentro una fabbrica abruzzese già interessata, fra l'altro, in passato da altri gravi incidenti - sembra che in settant'anni nulla abbiamo imparato da Marcinelle, ad esempio, dove i nostri operai furono di fatto condannati a morire in una miniera costruita come una trappola per topi senza vie di fuga, senza alcuna strategia per prevenire eventuali incidenti e alcun programma per provvedere ai soccorsi.
Nel corso di questi decenni molteplici sono state le sentenze che hanno scoperchiato un mondo imprenditoriale dove gli operai vengono sfruttati fino a lavorare anche dodici ore al giorno e dove i sistemi di sicurezza non funzionano. Per alcune aziende la sicurezza è semplicemente un costo in più da cancellare in bilancio, una perdita di tempo, una trafila burocratica alla quale sottrarsi con furbizia. Dall'altro lato, alcune volte sono gli stessi operai a trascurare alcune norme di buonsenso. Si tratta, quindi, non solo di ragionare solo di leggi e di regolamenti, ma anche di promuovere una cultura della sicurezza. Si tratta di una presa di coscienza del valore della persona e di come proteggerla. Si tratta di promuoverla in ogni ambiente lavorativo. Si tratta del fatto che la tutela della vita diventi una priorità e che questa priorità sia condivisa da tutti. Pertanto, se è vero che noi, cari colleghi, abbiamo il dovere di registrare normative solide e rigorose che prevedano controlli severi e sanzioni efficaci per chi non rispetta le leggi, dall'altro dobbiamo anche patrocinare la cultura della sicurezza, introducendola nella formazione scolastica e invitando a investire sulla formazione obbligatoria tutti i lavoratori a tutti i livelli, affinché siano consapevoli dei pericoli e delle procedure per evitarli. Nessun lavoratore deve mai mettere a repentaglio la propria vita per guadagnarsi da vivere.
Per concludere, è imperativo riconoscere che il tema cruciale discusso oggi non può più essere trascurato. Abbiamo l'opportunità di governare il processo per portare ad un'inversione di questo tragico trend e sono sicura che questa causa possa incentivare tutti noi ad unire le forze presenti in quest'Aula per accogliere positivamente questa mozione, che rappresenta non solo una sintesi bipartisan, la più rappresentativa possibile, ma anche un impegno che prevede azioni concrete a trecentosessanta gradi.
Nel ringraziare per l'importantissimo lavoro fatto dai colleghi della Commissione, credo che su un testo che parla di implementazione di normative efficaci, di investimenti sulla formazione e di un grandissimo impegno nel creare una coscienza della sicurezza non si possa che esprimere un sonoro e unanime «sì», uniti dalla consapevolezza che siamo qui a tutelare il bene più alto, che è quello della vita umana. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Lombardo. Ne ha facoltà.

LOMBARDO (Az-IV-RE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori Ministri, il presidente La Russa, aprendo la sessione pomeridiana, ha ricordato il messaggio che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato alla ministra Calderone in occasione del corso di formazione sui nuovi ispettori di lavoro, ammonendoci - come veniva detto prima - sul fatto che non stiamo facendo abbastanza. Quel «non stiamo facendo abbastanza» è rivolto a tutti, tanto alla maggioranza quanto all'opposizione.
Per questo motivo la mozione unitaria che è stata siglata oggi, per la quale ringrazio il presidente della Commissione di inchiesta Tino Magni per il lavoro che ha voluto fare, deve servirci, ognuno per la propria parte, a fare qualcosa di più rispetto al passato. Per chi, come me e come il mio Gruppo Azione-Italia Viva-Renew Europe, cerca di interpretare il ruolo dell'opposizione in maniera costruttiva, fare di più significa anche cercare di portare avanti un linguaggio di verità che vada forse oltre le analisi che sono state fatte fino a questo momento.
C'è un'altra parola del messaggio del Presidente della Repubblica che dovrebbe farci molto riflettere, oltre al «dobbiamo fare di più»; il Presidente ha usato anche la parola «deriva», che indica una situazione fuori dal controllo. Se noi immaginiamo che i morti e gli infortuni sul lavoro debbano essere contabilizzati (prima ci veniva ricordato: un morto ogni otto ore, un infortunio ogni minuto), rischiamo di pensare che sia una situazione di numeri che non riusciamo ad abbassare, ma che in qualche modo è stabile. Temo invece che quel numero sia più alto dei dati ufficiali: non facciamoci fuorviare dalla stabilità del dato INAIL, le cui tabelle non offrono un quadro completo del dramma, perché l'Istituto riceve solo le segnalazioni dei decessi dei lavoratori assicurati. Questo significa che ci sono più morti e più infortuni sul lavoro che non vengono comunicati e questi dati li trovate negli osservatori ufficiali e non ufficiali, che ci dicono che già oggi in questo momento il numero dei morti, per esempio, è superiore al migliaio. Altrimenti, come si farebbe, per esempio, a valutare il tema dei decessi dei lavoratori autonomi o delle Forze dell'ordine o di altre forze che non fanno parte in questo momento dei dati ufficiali dell'INAIL?
Infine, c'è un tema che secondo me bisogna affrontare con maggiore verità, che riguarda tanto i morti tanto gli infortuni sul lavoro. Se assumiamo l'idea che una persona abbia bisogno di avere più formazione nella sicurezza sui luoghi del lavoro, più formazione sulle scuole, più formazione nel mondo dell'istruzione, sicuramente stiamo dicendo una cosa vera, ma se andate a vedere l'età di chi subisce un infortunio sul lavoro, scoprirete che magari era stato assunto il giorno prima.
Forse bisogna avere il coraggio di dire che in quel caso non si tratta di un infortunio sul lavoro dettato da inesperienza, ma di lavoro nero. E in Italia molti dei problemi relativi alla sicurezza del lavoro si chiamano lavoro irregolare e lavoro nero (Applausi), perché, quando una persona viene assunta il giorno prima di un infortunio, molto spesso dietro quell'assunzione c'è una minaccia, c'è l'idea che possa continuare a lavorare senza danneggiare l'azienda, ma attraverso la regolarizzazione del contratto di lavoro. Allora sì alla formazione, sì alla prevenzione, sì all'istruzione; ma per prima cosa noi dobbiamo contrastare, tutti insieme, il lavoro nero e irregolare, che è una piaga sociale di questo Paese. (Applausi).
Giustamente, il Presidente ci diceva che il tema delle norme ha bisogno di un check up, ha bisogno di fare una revisione. Dal 2008 ad oggi il mondo del lavoro è completamente cambiato: subisce trasformazioni molto forti, molto radicali e molto accelerate, anche attraverso il tema della transizione digitale, sul quale tornerò, però anche nel linguaggio che usiamo dobbiamo fare uno sforzo in più. Io, per esempio, non penso che sia utile utilizzare l'espressione "morti bianche", perché non c'è niente di bianco in un morto sul lavoro. (Applausi). Penso che non ci sia più bisogno di usare la parola "infortuni" sul lavoro, perché non c'è niente che riguardi una questione di fortuna o sfortuna: si chiamano lesioni. (Applausi).
Io penso che non abbiamo bisogno di nuove norme o di norme più severe; penso che abbiamo bisogno di applicare le leggi che già abbiamo. (Applausi). Questo significa avere memoria. Il 12 dicembre 2022 l'Ispettorato nazionale del lavoro e gli ispettori del lavoro sono scesi in piazza, per chiedere - il Ministro lo sa - un adeguamento dei loro piani contributivi e dei loro piani retributivi agli altri elementi dell'amministrazione statale. Quella vertenza è stata parzialmente risolta, anche grazie all'intervento del Governo, al quale riconosco che sta facendo passaggi importanti. Se però il tema è quello della parità tra chi si occupa di sicurezza del lavoro e gli altri amministratori, noi dobbiamo fare un salto in più, affinché oggi lavorare e svolgere il ruolo di ispettore del lavoro abbia una dignità e vi sia il riconoscimento da parte di tutti, di quanto debba essere prioritario, il contrasto alle irregolarità che ci sono nei luoghi di lavoro. (Applausi).
Smettiamo di pensare che il tema sia concentrato sui luoghi di lavoro, perché il nostro mondo del lavoro oggi si articola anche fuori dai luoghi di lavoro. Il tema della sicurezza del lavoratore è anche quello del suo benessere. Se infatti un operaio muore in itinere, noi la chiamiamo morte in itinere, ma, se è un lavoratore a partita IVA o un libero professionista invece a morire durante il tragitto che lo porta al luogo di lavoro, lo chiamiamo incidente stradale? Cerchiamo di capire quanto sono forti le trasformazioni del mondo del lavoro.
Non vorrei che ci rassegnassimo all'idea ineluttabile che questi sono i numeri e che noi non riusciamo a incidere. Se le nostre analisi sono sbagliate, allora anche le nostre proposte per risolvere quei problemi rischiano di essere inefficaci. (Applausi). E allora forse, più che nuove sanzioni, più che nuove pene o più che nuovi reati, quello che serve è dare risorse, strutture e personale a chi si occupa di controllo sulla regolarità nel lavoro, perché non sia svuotare il mare con un cucchiaio. Questa è la situazione in cui spesso operano oggi gli ispettorati del lavoro, ai quali da parte mia e, a nome del mio Gruppo, ma credo anche di tutte le altre forze politiche, va un plauso per il lavoro che ogni giorno fanno per garantire la sicurezza e la legalità dentro e fuori dai luoghi di lavoro. (Applausi).
C'è un altro elemento, che invece vuol essere di speranza, che è contenuto nella mozione e che è stato affrontato da tutti anche all'interno dei lavori della Commissione. Noi abbiamo detto: smettiamola di pensare che la transizione digitale riguardi, per esempio, solo l'applicazione del digitale nei processi produttivi.
Proviamo a pensare che la transizione digitale e l'utilizzo dell'intelligenza artificiale, degli algoritmi e della strumentazione digitale e tecnologica possano servire per migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro. Io sono rimasto sconvolto da un elemento che vorrei fosse di riflessione per tutti: possiamo capacitarci che nel 2023 l'unica strumentazione digitale a gestire la segnaletica di un tratto in cui stava passando un treno sia un telefono? (Applausi). Mi guardo e rivolgo la domanda al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: ministro Salvini, è giusta l'idea di mettere in campo tanti cantieri che possono sbloccare delle opere; è giusto lavorare sulla velocità dei lavori, ma io credo - e spero che lei sia di questo convincimento - che andare veloci sia utile quando la prospettiva è quella di andare lontani. Quando si sburocratizzano alcuni passaggi della filiera degli appalti e dei subappalti, il rischio è infatti che lì si possano annidare mancate risorse nella prevenzione e nella strutturazione della sicurezza nei cantieri di lavoro. (Applausi). Andiamo veloci, ma andiamo lontani, perché, se non c'è la sicurezza, non c'è neanche la dignità del lavoro e delle opere che facciamo.
Vorrei fare un'ultima considerazione, visto che il tempo sta per scadere. Questa mozione deve riuscire a livello unitario a portarci tutti a fare un passo avanti: è quello che ci chiedono non solo le vittime, ma anche i familiari delle vittime nei luoghi di lavoro. Bisogna cioè rifiutare l'idea che la persona umana, il lavoratore, possa essere degradato a scarto produttivo, a costo. Se noi riusciremo a fare quest'operazione culturale, probabilmente ci muoveremo nel solco di quello che ci dice il Presidente della Repubblica, cioè che non stiamo facendo abbastanza e abbiamo il dovere tutti quanti di fare qualcosa in più. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Pirro. Ne ha facoltà.

PIRRO (M5S). Signora Presidente, per me è difficile e doloroso parlare oggi in quest'Aula, perché l'incidente da cui prende spunto questa mozione è avvenuto nella mia Provincia, a pochi chilometri da casa mia, e ha fatto riaffiorare il dolore che provammo tutti nel 2007, quando ci fu l'incidente della ThyssenKrupp sempre nel mio territorio e altre vite di lavoratori furono spezzate durante l'orario di lavoro, mentre pensavano di seguire il dettato della nostra Costituzione, perché l'Italia è una repubblica fondata sul lavoro, ma di lavoro non si può morire e il lavoro non può essere la causa per cui la sera non torniamo a casa dai nostri cari.
È quindi difficile per me intervenire oggi, ma dobbiamo farlo e dobbiamo sentire tutti noi la responsabilità di quei morti. Dopo il 2007, infatti, il Parlamento varò il testo unico sulla sicurezza sul lavoro, il decreto legislativo n. 81 del 2008, che chiunque si occupi di sicurezza considera il proprio mantra e che però non è stato abbastanza. Si pensava di aver raggiunto un grande traguardo con quel decreto legislativo e di aver finalmente posto un freno all'emorragia di vite, ma non è bastato, anche perché la cultura della sicurezza è rimasta sulla carta, in quanto ancora oggi mancano addirittura alcuni dei decreti che dovevano seguire a quel provvedimento.

Non se ne parla abbastanza tra di noi e fuori dalle aule parlamentari. Nella scorsa legislatura, la Commissione lavoro e previdenza sociale esaminò un affare assegnato concentrato sulla sicurezza sul lavoro proprio nel comparto ferroviario. La mia collega Matrisciano, all'epoca Presidente di quella Commissione, fece un gran lavoro, con molte audizioni, da cui scaturì una risoluzione votata all'unanimità, che doveva porre attenzione sul tema, ma poi poco le ha fatto seguito.

Presidenza del vice presidente GASPARRI (ore 16,30)

(Segue PIRRO). Ci fu una grande collaborazione e anche oggi abbiamo qui alcuni rappresentanti dei lavoratori del comparto ferroviario, che ascoltano con attenzione quello che diciamo nel corso dei nostri lavori. Mi auguro che quello che abbiamo scritto in questa mozione, tutti insieme, non resti una bella dichiarazione di intenti, ma che ne derivino provvedimenti legislativi che facciano sì che i lavoratori la sera tornino a casa.
Ci sono molte cose che possiamo fare e abbiamo detto tante volte che avremmo potuto farle, ma forse è arrivato finalmente il momento di farle, anche perché non abbiamo ancora finito di chiudere il capitolo relativo a quello che è accaduto a Brandizzo a fine agosto e oggi, purtroppo, ci siamo ritrovati a commemorare altri morti, in un altro settore del lavoro.
Approviamo quindi la mozione e facciamo i potenziamenti necessari, perché tutti sappiamo che lo sono. Sappiamo che servono più ispettori all'Ispettorato nazionale del lavoro (ILN), più personale, perché sono anni che la contrazione delle assunzioni ha fatto sì che non ci fosse un adeguato ricambio in tutto il comparto pubblico. Spesso diciamo che i lavoratori pubblici sono fannulloni e poi ci troviamo qui a dire che ne dobbiamo assumere di più: non sono fannulloni, ma spesso non vengono messi nelle condizioni di lavorare bene.
Anche riguardo all'INL, sappiamo che è stato potenziato, ma l'ultimo concorso che è stato fatto per gli ispettori non andava a ritagliare bene la figura di questi professionisti, con adeguate competenze anche tecniche e non solo giuridiche. Quando essi si recano in un luogo di lavoro, devono infatti essere in grado di guardarsi intorno e di capire dove possono essere le criticità.
Vanno inoltre implementati i dialoghi tra le banche dati e la cultura della sicurezza, che non deve riguardare solo ed esclusivamente il mondo del lavoro, perché ci riguarda ogni giorno, in ogni istante, anche quando saliamo in macchina, magari su un sedile posteriore e non ci mettiamo la cintura di sicurezza, perché pensiamo che sia solo un fastidio, o quando mettiamo in macchina i nostri figli e non li assicuriamo nel seggiolino. Magari pensiamo che siano tutte assurdità, anche se siamo tutti abbastanza informati su quanto questi presidi servano a salvare delle vite. Eppure, penso che a ciascuno di noi capiti ogni tanto di voltare lo sguardo sulla macchina che ci sta accanto e di vedere magari un bambino di tre o quattro anni che viaggia liberamente sul sedile posteriore o che saluta con la manina dal lunotto posteriore dell'automobile che ci precede.
Dobbiamo permeare tutte le nostre vite di cultura della sicurezza, magari partendo anche dalla scuola. Da lì formiamo i cittadini di domani e sarebbe davvero importante infondere a scuola anche questi principi che ci salvano davvero la vita, e non è un eufemismo.
Infine, lasciatemi dire che forse avremmo potuto essere anche un po' più coraggiosi in questa mozione e fare un accenno anche all'istituzione di una procura nazionale del lavoro. Anche i magistrati che devono indagare su quello che accade nei luoghi di lavoro e sui motivi per cui, spesso, si verificano incidenti hanno bisogno di sviluppare competenze e sensibilità e fare approfondimenti ed esperienze su queste tematiche. Anche questi aspetti quindi potrebbero aiutare a ridurre le morti sul lavoro, perché si creerebbero pool di esperti per valutare i dati e le reali cause degli incidenti, potendo così fornire informazioni e supporti fondamentali, per fare in modo che si riducano finalmente e sul serio queste morti ingiuste.
Mi auguro quindi che la mozione che oggi stiamo discutendo costituisca il motore e l'impulso per far sì che il Parlamento, in questa legislatura, vari provvedimenti che non sono più procrastinabili. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Minasi. Ne ha facoltà.

MINASI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, 559: voglio partire da questo dato numerico, che rappresenta il numero dei morti sul lavoro da gennaio a luglio 2023. È una fotografia relativa ai dati di quest'anno, che ci restituisce l'INAIL e che definirei raccapricciante. In Italia si continua a morire di lavoro, con dimensioni e una frequenza che non possiamo più tollerare e l'ultimo terribile incidente - che oggi ultimo più non è - che ci ha portato a discutere in quest'Aula, accelerando un processo che era comunque avviato, è quello di Brandizzo, in cui hanno perso la vita cinque persone.
Dietro questi morti c'è il dramma di intere famiglie, che improvvisamente perdono i loro cari senza potersene fare una ragione, spesso purtroppo anche con la consapevolezza che quella perdita si sarebbe potuta evitare. Salutano i loro congiunti quando escono di casa per quella che dovrebbe essere una routinaria giornata di lavoro, ma poi non li vedono più tornare.
Ovviamente in tutto questo c'è la responsabilità di tanti, innanzitutto dei datori di lavoro, che spesso si sottraggono al rispetto delle normative, nonostante siano obbligati a osservarle per garantire ai lavoratori la sicurezza e la salute sul posto di lavoro. C'è poi a volte la responsabilità degli stessi lavoratori, che in alcuni casi per leggerezza o per comodità non rispettano a loro volta le normative, mettendo a rischio la propria vita senza neppure rendersene conto. C'è, ancora, chiaramente la responsabilità di noi politici e amministratori chiamati a legiferare e amministrare la cosa pubblica con la massima attenzione e lungimiranza possibile, ponendoci in questo caso come obiettivo l'abbattimento dell'incidenza degli infortuni, agendo su più fronti (prevenzione, vigilanza, assistenza, repressione e incentivazione), cosa che purtroppo fino a ora non è stata fatta.
Nonostante in Italia abbiamo un impianto normativo definito dallo stesso ministro Calderone qualche giorno fa molto corposo, chi ci ha preceduto non è riuscito a far nulla di concreto perché quell'impianto desse i frutti attesi, evitando dunque i numerosissimi incidenti che si sono susseguiti.
Queste norme corpose, purtroppo, vengono spesso sottovalutate o addirittura disapplicate ed è per questo che oggi con la Commissione parlamentare di inchiesta sulla sicurezza nei luoghi di lavoro abbiamo presentato questa mozione per richiamare l'attenzione del Governo - che di fatto sta già lavorando - su una serie di azioni, tra cui una valutazione dell'organicità e dell'attualità della normativa contenuta nel Testo unico e della presenza di eventuali lacune, considerando anche l'opportunità di inserire nella categoria dei lavori usuranti anche quelli del settore ferroviario.
In occasione della tragedia di Brandizzo il ministro Salvini con estrema contrizione ha ribadito che non si può morire di notte sul lavoro per errore umano e per mancanza di comunicazione e che bisogna garantire la sicurezza ai lavoratori sui cantieri e questo diventa più che mai urgente e necessario. Conoscendo la sua fortissima attenzione al tema della sicurezza in generale, siamo certi che la questione non passerà senza interventi concreti.
Suggeriamo, ancora, l'implementazione del fascicolo elettronico per la sicurezza sui luoghi di lavoro, l'individuazione di best practice in materia, l'indicazione di nuove tecniche di monitoraggio e aggiornamento dei dati in forte sinergia con l'INAIL e uno studio dell'eventuale relazione causale tra gli infortuni e la subfornitura o il subappalto di servizi. Anche questo argomento è particolarmente importante in questo momento in cui, grazie all'azione del Governo e in primis dello stesso ministro Salvini, che ha voluto e varato il nuovo codice degli appalti, diamo un nuovo impulso, per esempio, al settore dell'edilizia, nel quale subappalti e subforniture sono molto utilizzati e, piuttosto che bloccare i lavori, come suggerito dal senatore Lombardo, sottolineo la necessità di intervenire sulla correlata questione della sicurezza sul lavoro.
Infine, suggeriamo una valutazione dell'opportunità di introdurre disposizioni di carattere premiale per le imprese che assicurano tutele maggiori, con la prevenzione degli infortuni sul lavoro, e, al contrario, l'implementazione di misure disincentivanti per quelle che invece si rendano responsabili di violazioni in materia di sicurezza. Riteniamo che questo meccanismo possa essere utile per incidere sull'aspetto basilare della cultura della sicurezza e del cambio di mentalità sul tema.
Siamo tutti d'accordo poi sulla necessità di essere più presenti sulla formazione continua e sull'informazione, nonché sul parlare maggiormente di sicurezza anche nelle scuole, perché - appunto - è questione di cultura, di sensibilità e di prevenzione.
Come dicevo prima, infatti, spesso datori di lavoro, magari per sbrigarsi, comprimono le fasi della lavorazione e le procedure fissate dalle norme di sicurezza, senza rendersi conto che, così facendo, si può andare incontro ad incidenti spesso mortali, e dimostrando appunto come questa sensibilità e la consapevolezza in materia di sicurezza siano molto basse.
Sensibilizzare ed educare a questo tema sono probabilmente le chiavi per riuscire davvero a ridurre gli incidenti e la base indispensabile da cui partire. Qualunque normativa infatti, per quanto eccellente possa essere, non è efficace, se non viene rispettata. E affinché sia rispettata, spesso non basta la sanzione per la sua mancata osservanza, ma è necessario che sia introiettata, compresa, metabolizzata, fatta propria e accettata come giusta. Probabilmente, solo così le procedure da essa stabilite possono essere vissute ed applicate come normali.
Concludo sottolineando anche come un ambiente di lavoro sano e sicuro, che garantisca al lavoratore un benessere psichico e fisico, influisca positivamente anche sulla produttività. È importante dunque agire anche su una cultura della sicurezza, oltre che sulle regole, guardando la questione anche da quest'angolazione.
Questo è il nostro compito principale, ciò di cui ci stiamo occupando e su cui chiediamo al Governo di impegnarsi, cosa che sta già facendo e che continuerà certamente a fare, finalmente con una vera inversione di rotta rispetto al passato. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Tajani. Ne ha facoltà.

TAJANI (PD-IDP). Signor Presidente, è doloroso e forse anche un po' frustrante dover constatare che anche questo pomeriggio i fatti, nella loro crudezza, hanno corso più veloce di noi. La seduta di oggi si svolge, ancora una volta, in una giornata di lutto per le vittime di Chieti, già ricordate dai colleghi e alle cui famiglie va ovviamente tutta la nostra vicinanza.
Anche questo pomeriggio siamo arrivati troppo tardi. Questo succede proprio all'indomani del monito, già ricordato da altri colleghi, del presidente Mattarella, attraverso una lettera indirizzata alla ministra Calderone, che saluto e ringrazio per essere qui, come ovviamente saluto e ringrazio il ministro Salvini e il sottosegretario Durigon.
Il presidente Mattarella, in modo inusuale, ha indirizzato una lettera alla Ministra del lavoro, in occasione di un momento di formazione per 800 ispettori del lavoro, il cui concorso è stato bandito tempo fa, già durante la scorsa legislatura, e ai quali noi speriamo si aggiungano presto nuovi colleghi, così ponendo rimedio allo storico sottodimensionamento degli enti preposti ai controlli, che è stato già richiamato.
Il presidente Mattarella ha scritto che i morti di queste settimane ci dicono che quello che stiamo facendo non è abbastanza e che la cultura della sicurezza deve permeare le istituzioni, le parti sociali e i luoghi di lavoro. L'avvio dei lavori della Commissione presieduta dal senatore Magni ci offre l'occasione di dimostrarci appunto permeabili, come il presidente Mattarella ci chiede, pronti di fronte all'urgenza di fare più e meglio. Il dubbio che questa seduta non si sarebbe tenuta senza la tragedia di Brandizzo si fonda purtroppo sulla considerazione che di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, al di fuori di una ristretta cerchia di addetti ai lavori, si discute ad intermittenza e solo quando la realtà ci dimostra, con la sua crudezza e violenza, quanto ancora ci sia da fare.
Gli incidenti e i decessi sul lavoro non sono e non possono essere considerati un dato fisiologico dell'attività produttiva o, peggio ancora, un suo effetto collaterale, ma sono sempre frutto - lo ribadisco - o della disapplicazione delle norme o di mancati investimenti o di eccessiva compressione dei tempi e dei costi dell'organizzazione produttiva o comunque di altre variabili, su cui è possibile intervenire, con buone norme, con i controlli e con la cultura della prevenzione già richiamata.
Io voglio ringraziare il presidente Magni in termini non rituali, perché ci ha condotti ad affrontare la discussione di oggi sulla scorta di un documento unitario della Commissione che, accantonando le divisioni politiche, pone le giuste domande e richiede al Governo impegni concreti e realizzabili. Voglio credere che questo nostro spirito, lo spirito del Senato e della Commissione, verrà accolto e fatto proprio dall'Esecutivo, rimediando anche a quelli che ritengo errori fatti nel passato, anche recente.
Della mozione non dirò molto, ma voglio richiamare solo tre punti, poiché altri colleghi ne hanno già richiamati altri. Il primo: il faro che la mozione accende sulla catena di appalti e di subappalti, con lo scopo di indagare quanto e se la frammentazione organizzativa del ciclo produttivo incida sulla sicurezza per ragioni organizzative, di compressione di tempi, di costi e di controlli, al di fuori dell'accettabile, ma anche per la mancata consapevolezza da parte dei lavoratori dell'intero ciclo produttivo. Sappiamo che maggiore è il controllo, ossia la consapevolezza della propria mansione all'interno del ciclo, e minori sono i rischi e i pericoli. Il codice degli appalti, che è stato recentemente riformato, non sembra farsi carico a sufficienza di questi aspetti, molto concedendo alla compressione dei costi e alla deroga da precedenti discipline. Su questo la Commissione dovrà e potrà offrire suggerimenti e indirizzi normativi, in termini costruttivi, che mi aspetto vengano accolti dal Governo.
Anche in relazione alle opere da esso previste, non possiamo permetterci che il Piano di ripresa e resilienza non sia massimamente attento alle condizioni di lavoro, avendo tra i suoi scopi proprio il sostegno all'occupazione e non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi. (Applausi).
Dovremmo poi indagare meglio l'impatto delle nuove tecnologie, in termini di rischi e opportunità, sull'organizzazione e le condizioni di lavoro. Dobbiamo esigere che la tecnologia sia messa al servizio del miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza, affinché il lavoro non diventi variabile dipendente di un calcolo algoritmico. Questo si fa attraverso la conoscenza e anche la regolazione. L'avanzamento tecnologico ci consegna algoritmi in grado di organizzare tempi e ritmi di lavoro in funzione della massimizzazione dei risultati e giustamente dei profitti, raramente però massimizzando la sicurezza e il benessere delle persone nel lavoro. Pensiamo a quello che succede ai rider - chi non ha visto sfrecciare nelle strade delle nostre città dei ciclofattorini? - o agli addetti alla logistica in termini generali, che sfrecciano e lavorano inseguendo gli ordini che un'intelligenza artificiale confeziona per loro. Un gran numero di questi lavoratori è rimasto vittima di infortuni anche gravi ed è per questo che l'Unione europea ci ha chiesto di agire affinché le aziende e le imprese rendano trasparenti gli algoritmi di cui le attività produttive si servono per organizzare e, certe volte, persino per selezionare i lavoratori.
Signor Presidente, sinceramente non abbiamo compreso perché il Governo abbia cancellato la norma che era stata introdotta dal ministro Orlando, durante la scorsa legislatura, con il Governo Draghi, che rendeva obbligatorio, in ottemperanza di una direttiva europea, rendere trasparenti questi algoritmi ai lavoratori e ai cittadini. (Applausi). Probabilmente la Commissione presieduta dal presidente Magni fornirà uno stimolo per fare ancora di più e ancora meglio, in ottemperanza di quella che - lo ripeto - è anche un'indicazione dell'Unione europea.
L'ultimo e cruciale punto sul quale non mi soffermo, perché è già stato ampiamente trattato, è la rilevanza della cultura della prevenzione e delle best practice. Siamo in un Paese in cui, accanto a tante tragedie, è possibile enumerare anche tanti buoni esempi settoriali, aziendali e anche territoriali. Non lo farò qui, lo faremo in Commissione, ma ne cito solo uno perché mi ha visto in qualche modo protagonista e partecipe: nel 2015, in avvicinamento a quello che fu per la città da cui provengo, Milano, un grande evento, ossia l'Expo - probabilmente il ministro Salvini lo ricorda - le istituzioni territoriali, l'Agenzia di tutela della salute (ATS), l'azienda sanitaria del territorio, la direzione territoriale del lavoro, l'INAIL e le organizzazioni datoriali e sindacali diedero vita al centro per la cultura della prevenzione sui luoghi di vita e sui luoghi di lavoro. L'obiettivo era far sì che quel grande evento, frutto dello sforzo di tutto il Paese e non solo di quel territorio, fosse a impatto zero dal punto di vista degli infortuni e delle morti sul lavoro. Quell'attività corale centrò l'obiettivo: in effetti, è possibile costruire opere ed eventi senza dispendio di vite e di sangue. È un piccolo esempio, segno di una collaborazione possibile e della non ineluttabilità della strage a cui assistiamo.
Mi piacerebbe - e sono convinta che sia l'auspicio di tutti i colleghi - che questa Commissione, che oggi muove il suo primo passo, purtroppo ancora in un giorno di lutto, possa essere dimostrazione della capacità di protagonismo del Parlamento e di tutti noi in accordo con il Governo, sollecitandolo affinché le Istituzioni si rendano utili ai cittadini e ai lavoratori in difesa della dignità della vita e delle persone che lavorano.
Auguro quindi a tutti noi un buon percorso. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Mancini. Ne ha facoltà.

MANCINI (FdI). Signor Presidente, onorevoli senatori, ministro Calderone, ministro Salvini, la mozione unitaria discussa oggi in quest'Aula evidenzia quanto per tutti noi, per il Senato, sia una priorità assoluta il tema del miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Questa mozione ha sicuramente un obiettivo ambizioso con l'introduzione, la revisione e il potenziamento di tutti gli atti finalizzati all'azzeramento degli infortuni e dev'essere conseguita attraverso un continuo, serio e costruttivo confronto. È necessario fare di più, senza dividersi e senza speculazioni politiche, uniti in questo intento.
Al fine di raggiungere l'obiettivo della mozione si dovrà sicuramente arrivare ad una profonda revisione dell'impianto normativo vigente, adeguandolo al mondo del lavoro odierno, alle nuove tecnologie e alle dinamiche che oggi nel testo unico sicuramente non trovano adeguate risposte. Per raggiungere quest'obiettivo, che, come abbiamo detto, è molto ambizioso, è necessario che vi siano un cambio culturale importante, conoscenza e consapevolezza dei rischi esistenti negli ambienti di lavoro e soprattutto un approccio diverso alla gestione di tali rischi. Questo cambio culturale va però fatto da parte di tutti gli attori protagonisti: da una parte, dai datori di lavoro; dall'altra, dai dipendenti, con una piena responsabilizzazione di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella filiera della sicurezza.
È necessario quindi dar vita a un processo di sensibilizzazione socioculturale, partendo da tutti i livelli di istruzione. Attraverso l'insegnamento nelle scuole, i ragazzi devono comprendere l'importanza della sicurezza sul lavoro, perché la vita potrà dire loro anche quando ci si sente invincibili. Questo percorso deve però essere costante, per far sì che l'esperienza che ci accompagna quando diventiamo più maturi non prevalga sull'attenzione e non si abbassi mai l'asticella della formazione e della prudenza. È per questo che anche l'introduzione di questo fascicolo elettronico non vuol essere un ulteriore atto di burocratizzazione e un nuovo balzello, ma un motivo per riportare in maniera pedissequa la formazione, gli infortuni e tutte le informazioni che possono agevolare i processi per la gestione della sicurezza, così da permettere l'adozione di misure non solo astratte e generali, ma adeguate alla storia lavorativa di ognuno di noi, di ogni singolo lavoratore, come un vestito fatto su misura.
Contemporaneamente, è necessario potenziare l'attività ispettiva su tutto il territorio nazionale. Rivolgo veramente un ringraziamento agli ispettori che quotidianamente controllano tutte le attività per l'Italia, cercando soprattutto quella sacca di illegalità che oggi non siamo in grado né di conteggiare né di verificare e quindi neanche di debellare.
Occorre procedere, quindi, alla condivisione della banca dati per favorire questa interoperabilità tra strutture in modo da valutare, se possibile e se effettivamente esistente, la relazione causale fra gli istituti di decentramento lavorativo quali subvettura e subappalto - non dimentichiamo il distacco - e l'eventuale minore attenzione alla sicurezza accompagnata dall'aumento degli infortuni. Bisogna sicuramente attuare un'azione di contrasto con un rafforzamento dell'impianto sanzionatorio, ma contemporaneamente valorizzare, attraverso politiche premiali che non devono per forza essere economiche, tutti quei datori di lavoro che assicurano queste tutele aggiuntive rispetto alle previsioni di legge. Occorre effettuare un monitoraggio continuo dei rilievi infortunistici per individuare gli impatti delle nuove tecnologie e il loro potenziale utilizzo ai fini della prevenzione generale e specialmente degli infortuni sul lavoro. Tutto questo con l'obiettivo di prevenire, affinché la prevenzione, ove possibile, confezionata su misura con riferimento all'età, all'esperienza e ai settori lavorativi, possa veramente diventare lo strumento per rendere il lavoro più sicuro.
Un ringraziamento va al Governo e in primis al ministro Calderone che da subito ha istituito un tavolo tecnico sulla sicurezza sul lavoro. Questo è un lavoro collettivo che ci coinvolge tutti e che ci deve trovare sempre presenti. (Applausi).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo, al quale chiedo di esprimere il parere sulla mozione.

CALDERONE, ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevoli senatori, la mozione unitaria che discutiamo oggi in quest'Aula credo assuma un significato particolare all'indomani dell'incidente di Brandizzo, che ha scosso tutti quanti noi e certamente ha provocato un grandissimo dolore alla famiglia delle vittime, cui va il nostro pensiero e la nostra vicinanza. Vicinanza desidero esprimere anche - me lo consentirete - nei confronti dei lavoratori del comparto ferroviario che sono presenti oggi e anche dei familiari degli operai che hanno perso la vita oggi nell'ambito dell'esplosione intervenuta in una fabbrica a Casalbordino in provincia di Chieti, di cui il Presidente ha dato notizia all'Assemblea.
Nel rendere il mio parere, quindi, sento il dovere di fornire al Parlamento alcuni aggiornamenti relativi all'attività del Ministero del lavoro in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e di aggiungervi alcune mie considerazioni. Mi viene molto difficile parlare in questo momento, avendo ascoltato i vostri interventi e certamente avendo bene in mente che cosa significa implementare un percorso di salute e di sicurezza sul lavoro nell'ambito di un'azienda, che coinvolga in modo fattivo e in modo responsabile tutti i datori di lavoro e i lavoratori.
Il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro rappresenta, come abbiamo sottolineato in altre occasioni, una priorità per il Governo e per il Ministero che va certamente conseguita anche attraverso un continuo e serio confronto con le parti sociali. Negli interventi precedenti si ricordava l'istituzione del tavolo tecnico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro che, ascoltando e valutando le proposte di tutti gli attori coinvolti, ha lo scopo di elaborare una proposta di revisione dell'impianto normativo vigente per renderlo più attuale, connesso al tessuto produttivo odierno e adeguato ai cambiamenti demografici e digitali e ai processi di transizione verde e a garantire la maggiore diffusione della cultura della sicurezza già a partire dall'istruzione scolastica per preparare le future lavoratrici e i futuri lavoratori. La cultura della prevenzione e della sicurezza nei luoghi di lavoro, collegata ai principi basilari del rispetto di sé, degli altri e dell'ambiente, si fonda sostanzialmente sulla conoscenza e sull'accertamento dei rischi esistenti negli ambienti di vita e di lavoro e sulla capacità di un soggetto di conoscere e gestire questi rischi.
Su questo punto e soprattutto dopo aver analizzato nel dettaglio alcuni dati forniti dall'Ispettorato nazionale del lavoro, sono convinta che vi sia l'urgenza di avviare un corale processo di sensibilizzazione culturale con lo scopo di rendere la sicurezza sul lavoro parte integrante del patrimonio civico di ogni cittadino in ogni fase della sua vita. Questo obiettivo potrà essere raggiunto solo partendo dall'istruzione. Ha ragione il senatore Magni quando richiama la necessità di individuare dei percorsi di formazione specifica nell'ambito delle scuole. Bisogna fare in modo che nelle scuole, sin dai primi anni di insegnamento e con tutti gli strumenti utili, i nostri ragazzi maturino una più ampia e solida consapevolezza non solo del rischio, ma anche e soprattutto del rispetto della vita, la propria e quella degli altri.
È proprio per questo che il Governo segue con favorevole attenzione l'iter d'esame delle proposte di legge attualmente incardinate in Parlamento che prevedono l'introduzione dell'insegnamento nelle scuole, lì dove si formano le coscienze dei nostri ragazzi, del diritto del lavoro e in particolare della materia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Abbiamo accompagnato questa prima fase, caratterizzata da una puntuale ricognizione dello stato dell'arte, con una spinta notevole sul fronte dei controlli. È stata intensificata l'attività ispettiva su tutto il territorio nazionale ed è in corso il rafforzamento delle strutture ispettive con l'innesto di nuovo personale qualificato: tra luglio e settembre 2023 sono stati assunti dall'Ispettorato nazionale del lavoro 800 ispettori tecnici da destinare agli uffici territoriali del lavoro, per i quali proprio ieri è stato inaugurato un corso di 175 ore, all'interno del quale sarà anche trattata specificamente la vigilanza in ambito ferroviario. Il tema della qualificazione e della qualità della formazione tecnica degli ispettori che sono deputati al controllo del rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro è una condizione importantissima sulla quale faremo tutti gli sforzi e metteremo in campo tutte le risorse necessarie, anche chiedendo il potenziamento con un ulteriore contingente.
Come si ricordava precedentemente, abbiamo provveduto anche a gestire la giusta rivendicazione della perequazione delle indennità del personale dell'Ispettorato territoriale del lavoro e abbiamo anche fatto un ulteriore intervento sul fronte della riorganizzazione dell'Ispettorato nell'ambito del decreto-legge pubblica amministrazione-bis. Questo focus appare veramente appropriato se richiamiamo gli eventi accaduti nel Comune di Brandizzo, però - come si è detto - oggi dobbiamo fare riferimento a tutte quelle situazioni in cui si perde la vita per motivi di lavoro, in occasione di attività di lavoro o recandosi al lavoro. Riferisco all'Assemblea che, nel merito della normativa applicabile in ambito ferroviario, risulta ancora vigente la disciplina in materia di trasporto ferroviario che risale al 1974, la legge n. 191, il cui articolo 35 prevede appunto che la programmazione delle attività di vigilanza viene svolta dall'Ispettorato del lavoro congiuntamente con il personale delle Ferrovie per la prevenzione degli infortuni.
Nell'ambito delle sue competenze l'Ispettorato nazionale del lavoro ha da sempre condotto vigilanza nei settori produttivi ad alto rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori, in particolare nel settore delle costruzioni, con l'obiettivo di contrastare l'allarmante fenomeno degli infortuni.
A partire dall'inizio di questa settimana, d'intesa con il Ministero, l'Ispettorato nazionale del lavoro ha avviato un'attività di vigilanza straordinaria, denominata operazione Safety First, volta a una diffusa e capillare attività di controllo in edilizia e nei cantieri avviati per la realizzazione di progetti di efficientamento e di manutenzione straordinaria di opere infrastrutturali realizzate sulla rete ferroviaria e stradale. Sono stati previsti controlli specifici sui cantieri caratterizzati da una elevata complessità progettuale e difficoltà esecutiva, per cui sono richiesti tempi rapidi di realizzazione o completamento che incidono sull'organizzazione e sulle condizioni di lavoro.
I primi dati che emergono dagli esiti delle operazioni ispettive descritte, che sono ancora in corso, ci danno un quadro preoccupante, che deve indurre tutti - e sottolineo proprio tutti - quelli che hanno o hanno avuto responsabilità legislative, di governo, di gestione, di controllo o amministrative in materia di sicurezza sul lavoro a sentirsi in prima persona destinatari del messaggio che il Presidente della Repubblica ha rivolto, mio tramite (non è inusuale, ero il soggetto che ha letto il messaggio), agli ispettori del lavoro che si accingevano a iniziare la loro formazione tecnica. In questo messaggio il Presidente sottolinea che il nostro Paese colloca il diritto al lavoro e il diritto alla salute tra i principi fondanti della Repubblica. Non è tollerabile perdere una lavoratrice o un lavoratore a causa della disapplicazione delle norme che ne dovrebbero garantire la sicurezza sul lavoro. La cultura della sicurezza deve permeare le istituzioni, le parti sociali, i luoghi di lavoro.
È proprio la diffusa disapplicazione delle norme che dovrebbero garantire la sicurezza sul lavoro quello che sembra emergere dalle prime risultanze dell'operazione di cui vi ho parlato. Nella sola giornata di lunedì 11 settembre sono stati mobilitati 600 ispettori, che hanno verificato 186 cantieri e ispezionato 382 aziende, rilevando delle disapplicazioni delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L'operazione è ancora in corso; daremo più ampi dettagli non appena sarà conclusa la prima fase e avremo la possibilità di avere un quadro generale della situazione. I controlli intensivi proseguiranno senza sosta e saranno sempre più approfonditi e sistematici nei prossimi mesi, così da fornirci una base dati completa e dettagliata, che metteremo a disposizione della Commissione di inchiesta.
A questo proposito, desidero rivolgere il mio ringraziamento al personale ispettivo e alle Forze dell'ordine, che si trovano a operare molto spesso in contesti non affatto facili. A questa forte azione di contrasto si accompagnerà una decisa azione di adeguamento della normativa, con una particolare attenzione all'impianto sanzionatorio. Voglio ricordare che sul tema il Ministero del lavoro ha messo in atto già diversi interventi normativi: come noto, un pacchetto di prime misure di intervento in materia di salute e sicurezza sul lavoro e sul piano delle tutele assicurative e per il mondo della scuola è contenuto nel decreto-legge n. 48 del 2023. È stato istituito un fondo per i familiari degli studenti che sono rimasti vittime di infortuni mortali in occasione di attività formative successivamente al 1° gennaio 2018. È stata estesa la tutela assicurativa degli studenti e del personale del sistema nazionale di istruzione e formazione a tutte le attività di insegnamento e apprendimento nell'ambito del sistema nazionale di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore. Come si ricordava, è stato incrementato per l'anno 2023 il fondo di sostegno per le famiglie vittime di gravi infortuni sul lavoro.
È stato ulteriormente elevato il grado di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori attraverso l'ampliamento dell'obbligo della sorveglianza sanitaria, ora non più obbligatoria nei soli casi previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, ma anche qualora sia richiesta dalla valutazione dei rischi. Sono state ampliate le tutele dei lavoratori autonomi per quanto riguarda l'utilizzo delle opere provvisionali che frequentemente sono causa di infortunio. È stato previsto un controllo e un sistema di controlli sui corsi di formazione per i lavoratori e le altre figure, al fine di contrastare con maggiore efficacia il fenomeno dei falsi attestati.
Tutto questo è sufficiente? Assolutamente no. I dati, seppure in diminuzione nel 2023 rispetto al 2019 (anno prima del Covid), ci dicono che bisogna fare di più per garantire ai lavoratori le più ampie tutele in materia di sicurezza e per fare in modo che incidenti mortali e infortuni invalidanti al punto di compromettere le condizioni di vita di chi ne resta vittima non si verifichino più.
Un ruolo strategico nella protezione dei lavoratori dai rischi per la salute e sicurezza sul posto di lavoro è rivestito sicuramente dalla formazione, pertanto è preminente l'attività diretta a dare attuazione alla disposizione dell'articolo 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Tra le priorità del 2023 indicate per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rientra il lavoro diretto alla rivisitazione e modifica degli accordi tra Stato e Regioni vigenti in materia di formazione. A questo riguardo è stato costituito un gruppo di lavoro istituzionale chiamato a predisporre una bozza di accordo da sottoporre alle parti sociali, al fine di assicurare il prosieguo dell'iter volto ad acquisire l'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Il testo è già stato trasmesso alle parti sociali, siamo in attesa delle osservazioni per poter poi completare in tempi brevissimi l'iter di approvazione. Si tratta di un accordo certamente più adeguato ai tempi e alle evoluzioni del mondo del lavoro, tenendo conto anche dell'esperienza maturata nel corso della pandemia. È stata prevista e disciplinata la formazione del datore di lavoro, oggi divenuta obbligatoria.
Ci tengo a sottolineare un aspetto. La formazione non è e non può essere percepita come un costo, così come non può essere percepito come un costo tutto ciò che richiede gli adempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Le prescrizioni non possono e non devono essere considerate solo dei formali adempimenti. Investire in formazione rappresenta, al contrario, il rafforzamento della consapevolezza che lavorare in luoghi sani e sicuri contribuisce a tutelare la vita delle lavoratrici e dei lavoratori e dunque a contrastare il fenomeno degli infortuni.
Gli impegni che tutti i Gruppi parlamentari propongono oggi al Governo rappresentano delle linee d'azione sulle quali ci sentiamo in dovere di dare riscontro e sui cui in alcuni casi, come ho detto in precedenza, stiamo già operando. È il caso del potenziamento del personale ispettivo e della condivisione delle banche dati per favorire l'interoperabilità tra strutture competenti. È stata avviata, a distanza di quindici anni dall'emanazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, l'attività per la realizzazione del sistema informativo nazionale per la prevenzione (SINP), dando la priorità all'attivazione di un'apposita sezione volta a realizzare lo scambio di informazioni in tempo reale tra INAIL, Ispettorato nazionale e sistema delle Regioni in tema di vigilanza e di sanzioni irrogate nell'ambito della medesima attività ispettiva sull'applicazione della legislazione inerente alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Inoltre, il Ministero ha svolto un'importante attività di coordinamento nei rapporti tra INAIL e Regioni per l'accesso all'utilizzo, da parte di queste ultime a titolo gratuito, dei servizi SINP dei flussi informativi, del registro di esposizione e del cruscotto infortuni.
Con ciò si intende garantire, alle strutture regionali e provinciali preposte all'attività di programmazione e pianificazione in materia di sicurezza, l'efficiente assolvimento delle finalità istituzionali e degli obblighi di legge. Avvieremo ogni collaborazione istituzionale necessaria a studiare gli impatti delle nuove tecnologie sulla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, per individuare i migliori e più innovativi strumenti a supporto delle normali pratiche di prevenzione, anche mediante la costituzione di un apposito gruppo di lavoro, composto dai rappresentanti del Ministero e degli altri soggetti istituzionali coinvolti.
Anche alla luce delle risultanze ispettive, è necessario definire la proposta relativa alla qualificazione delle imprese rispetto alla sicurezza dei lavoratori, nell'ambito di una più generale e strutturata ipotesi di meccanismi premiali rivolti alle aziende virtuose. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è al lavoro e continuerà ad assicurare la più ampia disponibilità a proseguire nella predisposizione dei provvedimenti previsti per il riordino delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. È un lavoro collettivo che investe tutti noi, dal Governo al Parlamento, passando per le sigle di rappresentanza delle parti coinvolte. È con lo spirito di massima collaborazione che accolgo con grande favore la mozione odierna e, con l'auspicio che il tema della sicurezza dei lavoratori possa uscire dal novero degli argomenti oggetto di polemica politica, esprimo, sull'intero testo, il parere favorevole del Governo e mi sento impegnata a riferire puntualmente all'Assemblea gli sviluppi delle attività sui vari punti e a collaborare con la Commissione di inchiesta. (Applausi).

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DE CRISTOFARO (Misto-AVS). Signor Presidente, come tutti naturalmente ben sappiamo, la nostra Costituzione prescrive che il lavoro sia tutelato sul piano fisico e sul piano morale e che il diritto alla vita, alla salute e alla dignità del lavoro rientri tra i diritti inviolabili della persona. Anche il riferimento contenuto nell'articolo 1, che - ricordiamolo - al tempo della Costituente fu un alto compromesso, diciamo così, tra le culture politiche democratiche, è in qualche modo indicativo di una scelta politica molto precisa che si volle fare. Ci fu una lunga discussione all'interno dell'Assemblea costituente, quando si decise poi di scrivere la frase secondo la quale «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». La discussione fu lunga, perché le culture politiche che avevano fatto la Resistenza e che poi fecero la Costituzione italiana, su questo punto specifico avevano degli elementi di dissenso e di divergenza. Ci fu un emendamento delle sinistre, mi pare a prima firma Togliatti, che chiedeva che la Repubblica fosse la Repubblica dei lavoratori, in qualche modo sul modello di quello che accadeva in altri Paesi dell'Est Europa. C'era invece un'idea portata avanti in particolare dal pensiero più liberale, di far riferimento non al lavoro, ma alla cittadinanza. Alla fine ci fu un emendamento, mi pare a prima firma di Amintore Fanfani, in cui per l'appunto fu costruito questo alto compromesso e si fece riferimento a quello che poi leggiamo oggi, scolpito nella Costituzione, cioè la Repubblica fondata sul lavoro.
Dico questa cosa, che in apparenza c'entra soltanto relativamente con la discussione odierna, perché la scelta di scrivere «Repubblica fondata sul lavoro» fu per l'appunto una scelta politica molto precisa, che in qualche modo voleva significare che nella Repubblica italiana che si stava costruendo non ci si limitava a immaginare il lavoro come un diritto soggettivo, cioè il diritto di ciascuno di noi, di ciascuna persona, a lavorare e, per l'appunto, a realizzarsi attraverso il lavoro.
Il lavoro veniva inteso con quella dizione esattamente come un soggetto politico attivo, per così dire, un soggetto politico includente, capace di diventare una vera e propria pietra angolare della democrazia che stava nascendo.
Ho raccontato questa storia, che naturalmente è nota e che si ricorda bene perché fu oggetto di una lunghissima discussione (i lavori dell'Assemblea costituente sull'articolo 1 durarono molti giorni, perché si fece fatica a trovare una sintesi invece poi così straordinaria) perché penso che dobbiamo tristemente riconoscere che l'auspicio e la formula dei Padri costituenti davvero stridano in maniera drammatica con la condizione attuale del Paese.
Credo che anche su questo si debba fare tra di noi un'operazione di onestà intellettuale e riconoscere che il tema della condizione del lavoro e dei lavoratori non è un problema soltanto italiano, ma mondiale. Nell'ultimo anno, secondo le stime dell'organizzazione internazionale del lavoro, ci sono stati circa due milioni di morti nel mondo: due milioni di morti all'anno, più di qualunque altra guerra.
Evidentemente l'Occidente, l'Europa e l'Italia non sono altro rispetto a questo dato, che quindi non riguarda soltanto quei Paesi in cui è ancora più sofferente e faticosa la condizione sociale dei lavoratori, ma pienamente anche il nostro Paese. Sono stati ricordati anche stasera i numeri drammatici; è stato ricordato come dietro a ogni freddo numero ci siano una storia, una persona, una famiglia e un'atroce sofferenza, come ha fatto il senatore Magni, la cui relazione naturalmente ho condiviso molto, come è stato detto anche da tanti colleghi e com'è stato ricordato con molta forza e con molta efficacia dal presidente Mattarella, che ha voluto far sentire a tutti noi la sua autorevolissima voce. «Lavorare non è morire» ha detto il presidente Mattarella. «Le vittime ci dimostrano che non stiamo facendo abbastanza; la cultura della sicurezza deve permeare le istituzioni, le parti sociali, i luoghi di lavoro» perché, ha sottolineato il presidente, «le morti sul lavoro feriscono il nostro animo, feriscono le persone nel valore massimo dell'esistenza, il diritto alla vita. Feriscono le loro famiglie. Feriscono la società nella sua interezza». È evidente che si tratta di un appello che dobbiamo fare nostro con un impegno rinnovato a intervenire sulla materia del lavoro.
Crediamo che anche la frammentazione del mondo del lavoro, il cambiamento gigantesco dell'organizzazione del lavoro e la precarizzazione siano essi stessi causa delle morti e degli infortuni. Riteniamo che la sicurezza, la prevenzione e la formazione vengano troppo spesso considerate soltanto dei meri costi sui quali risparmiare, mentre la sicurezza sul lavoro dovrebbe essere l'assoluta priorità.
Siamo convinti che il lavoro che si sta facendo stasera con questa mozione - che peraltro reca le firme di tutti i componenti della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, con l'adesione di tutte le forze politiche - sia particolarmente significativo e che sia un passo avanti importante.
Si tratta dal nostro punto di vista di un testo certamente condivisibile: anche questo naturalmente è frutto di una sintesi, come ovviamente è in casi come questo, ma io penso che si tratti di una sintesi giusta e positiva. Penso anche che si possa lavorare nel corso delle settimane che verranno con revisioni, miglioramenti e affinamenti che si riterranno necessari, tenendo ovviamente fermo l'obiettivo dell'abbattimento degli incidenti sul lavoro da realizzare attraverso attività sinergiche, cercando di attivare tutti gli strumenti disponibili: la prevenzione, la vigilanza, l'assistenza, anche la repressione, l'incentivazione delle buone pratiche preventive, fino - come è stato detto da diversi colleghi e io sono d'accordo - all'emarginazione di quelle aziende che reiteratamente violino le forme previste dalle norme a tutela della salute e della sicurezza, cercando al contrario di valorizzare il più possibile le imprese che assicurino una tutela rafforzata della sicurezza sul lavoro.
Parliamo anche del potenziamento degli organici, della professionalità degli enti preposti ai controlli in tema di rispetto delle misure di sicurezza, della opportunità di inserire il settore della manutenzione ferroviaria, per esempio, nella categoria dei lavori usuranti, di misure premiali per quelle imprese che assicurano più tutele e più salde per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, nonché di sanzioni per le imprese che si rendano responsabili di violazioni in tema di sicurezza.
Parliamo anche di un altro tema. Ha ragione la collega Tajani e condivido molto le sue parole, allorquando fa riferimento ad un altro tema molto serio, quello della trasparenza degli algoritmi. Parliamo, evidentemente, di un complesso di questioni, non ultima anche la necessità che la cultura della sicurezza del lavoro sia promossa in riferimento ad ogni livello di istruzione e di formazione, al pari anche di un monitoraggio più stringente sui dati di rilievo per gli infortuni sui luoghi di lavoro, anche rafforzando le tecniche e gli istituti di prevenzione, per adeguare gli interventi correttivi alla tipologia di infortunio.
Non è di questo che discutiamo oggi, ma a me piacerebbe se potessimo farlo un giorno in maniera compiuta. Dico al signor Ministro, approfittando anche della sua presenza in Aula stasera, che ritengo si possa, prima o poi, anche avviare una riflessione non ideologica, ma seria, su un tema secondo me particolarmente significativo come quello della alternanza scuola lavoro.
A mio avviso, non bastano semplicemente gli indennizzi. Naturalmente sono meglio di niente, ma ovviamente non bastano. Noi dobbiamo parlarne molto seriamente, perché sono state troppe le storture con le quali abbiamo avuto a che fare in questi anni.
Naturalmente, annuncio il voto favorevole alla mozione anche da parte del Gruppo Alleanza Verdi Sinistra. Signor Presidente, mi lasci concludere dicendo che noi la consideriamo un punto di partenza. Concordo molto con le cose dette dal collega Lombardo. Anche io ritengo che occorra un linguaggio di verità. Ha ragione il senatore Lombardo quando dice che le parole sono importanti. Quindi, anche parlare di molti bianche, come spesso facciamo nel linguaggio comune, è un errore, perché non c'è nulla di bianco in queste morti; anzi, vi è una coltre di silenzio, che noi dobbiamo cercare di rompere.
Naturalmente, in alcuni momenti, quando accade un fatto drammatico come quello dei giorni scorsi o come quello accaduto qualche anno fa con la ThyssenKrupp, questa coltre inevitabilmente si rompe, ma poi ritorna sempre uguale a prima. Secondo me, invece, noi dobbiamo rompere proprio questo elemento di normalità.
C'era uno slogan, figlio di un'altra stagione politica, delle lotte studentesche ed operaie della fine degli anni Sessanta, che diceva che la salute non si vende. Era una presa di coscienza, una pratica sociale che fino a quel momento era stata sconosciuta, ma era anche l'idea che la morte e gli incidenti non potessero essere meri effetti collaterali del profitto. Io ritengo che si debba partire da queste parole, perché penso che, oggi come allora, la salute non si vende. (Applausi).

SPAGNOLLI (Aut (SVP-Patt, Cb, SCN)). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SPAGNOLLI (Aut (SVP-Patt, Cb, SCN)). Signor Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, le morti sul lavoro non sono una tragica fatalità. Esse sono lo specchio di un mondo del lavoro dove, nonostante l'indubbia presa di coscienza da parte dei datori di lavoro e dei lavoratori del tema della sicurezza che c'è stata in questi ultimi decenni, persistono purtroppo ancora troppe forme di sfruttamento, alle quali se ne aggiungono sempre di nuove.
Pensiamo ai lavoratori della gig economy, alle enormi condizioni di stress in cui vengono sottoposti da quelle app, che svolgono oggi una vera e propria funzione di caporali digitali e che sono alla base dei troppi incidenti di cui i fattorini, che attraversano sfrecciando le nostre città, sono spesso vittime.
Pensiamo anche alle cooperative spurie nella logistica e nell'edilizia, che nascono soltanto per gestire una commessa o un subappalto.
Si tratta di soggetti che si muovono tutti in ambiti dove la concorrenza è feroce e spesso sleale, dove l'affannosa ricerca della riduzione dei costi è attuata a svantaggio della sicurezza e dei diritti dei lavoratori. Pensiamo all'agricoltura, un settore nel quale, soprattutto in alcune Regioni, si registrano ancora forme di sfruttamento di una manodopera straniera e illegale, pagata pochi euro al giorno, con l'odioso fenomeno del caporalato e delle organizzazioni criminali che taglieggiano gli sfruttati. È in questi contesti, nei quali la dignità dei lavoratori non ha alcuna tutela, negli anelli più deboli e spesso invisibili di importanti filiere produttive, che si registra il maggior numero di incidenti e di morti.
Infortunarsi sul lavoro, spesso con esiti mortali, oltre ad essere inaccettabile per il rispetto e la cura che si deve ad ogni vita umana provoca ripercussioni anche in ambito economico: l'INAIL ci dice che il danno economico causato da infortuni e malattie professionali condiziona circa il 3 per cento del PIL. Dunque, far capire al nostro sistema produttivo che il rispetto delle norme sulla sicurezza e la salute sul lavoro sono benefici anche dal punto di vista economico, oltre che da quello etico, è essenziale per contrastare il fenomeno delle morti e degli incidenti sul lavoro.
A tale riguardo, è particolarmente importante l'impegno n. 10 chiesto al Governo con la mozione: promuovere la cultura della sicurezza. È infatti con la cultura che si fa crescere anche in quest'ambito la nostra comunità; con la cultura e non con gli slogan, né con l'inasprimento delle sanzioni. Bisogna investire nella prevenzione che genera risparmi e premi, non nella repressione, che genera costi e sanzioni. (Applausi). Allo stesso modo, è importante per noi evitare norme che, in nome della velocità o del profitto, chiudano gli occhi sui controlli o determinino un mondo del lavoro dove lo sfruttamento è la regola. Sicurezza e lotta allo sfruttamento sono due facce della stessa medaglia.

Votiamo convintamente a favore di questa mozione, come Gruppo per le Autonomie. (Applausi).

BORGHI Enrico (Az-IV-RE). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BORGHI Enrico (Az-IV-RE). Signor Presidente, «verrà la morte e avrà i tuoi occhi, questa morte che ci accompagna dalla mattina alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo»: c'è una assonanza triste tra i tragici fatti di Brandizzo e questi versi di un letterato peraltro della stessa terra piemontese, Cesare Pavese. Il volto, lo sguardo. Signora Ministra, colleghi, penso che tutti noi faremo fatica e non dovremo dimenticare lo sguardo di Kevin Laganà in quel video recuperato su Instagram. È un video agghiacciante: «Se vi dico "treno", vi spostate dall'altra parte». È uno sguardo che ci interroga, che ci responsabilizza, che ci pone delle domande.
Penso che noi, rievocando il senso etimologico di quella poesia, dobbiamo evitare che la nostra rischi di essere una parola inutile, un grido strozzato o, peggio ancora di fronte a questi casi, un'abitudine irrazionale, alla quale non possiamo e non dobbiamo arrenderci. Per restare in quella terra, dopo le vicende del Mottarone della Thyssen; se allarghiamo lo sguardo a quel lungo e quotidiano stillicidio, lungo tutta la Penisola, che anche oggi, come è stato ricordato, si è manifestato e concretizzato in mezzo a noi; e se vogliamo andare al di là della retorica, delle frasi di circostanza, delle parole di cordoglio, dei momenti di solidarietà che sono pure dovuti, ma che ci impongono di riuscire a fare un salto in più nella nostra veste e nella nostra funzione, dobbiamo innanzitutto domandarci cosa può e cosa deve fare la politica.
Colleghi, c'è anzitutto una esigenza di fondo: noi dobbiamo sottrarre questo tema da un meccanismo che ormai è stantio, ripetitivo - mi verrebbe da dire logorroico - che pretende la nostra divisione manichea su ogni argomento che la cronaca o la storia ci sottopongono. Serve insomma una politica che sappia elevarsi dalle meschinità e dalle piccinerie per affrontare, da una parte, con oggettività e, dall'altra, nel merito le questioni per elaborare le soluzioni. La nostra opinione è che lo sforzo unitario di oggi, che va salutato positivamente e per il quale ringraziamo tutte le persone e tutti i colleghi che si sono impegnati in uno sforzo di individuazione di un punto di caduta comune, va in questa direzione.
È con questo spirito che vanno esplorate le tre vie di lavoro che ci aspettano: anzitutto - come ha ricordato anche la signora Ministra nella sua allocuzione - la via legislativa, relativa alla legislazione di settore in materia di sicurezza. Se c'è da riformare - e c'è da riformare - lo si faccia presto e bene. Noi siamo pronti a fare la nostra parte in termini propositivi, emendativi e di approvazione se il testo sarà come deve essere.
C'è poi una seconda questione che non va sottaciuta nell'esigenza del recupero non ai fini polemici, ma ai fini oggettivi dello spirito a cui facevo riferimento in precedenza. Essa è relativa a un'analisi sulla legislazione che sottende in particolare il tema dei lavori pubblici, in una stagione, quella del PNRR, che è il banco di prova degli aspetti di cui stiamo parlando. Non è quindi con spirito polemico, ma con atto di constatazione, che dobbiamo considerare che l'incrocio fra le assegnazioni senza gara, l'elevazione dei livelli per i quali si può evitare il meccanismo della selezione competitiva e l'allungamento della filiera dei subappalti costituiscono un elemento pernicioso. Esso genera infatti una situazione che è fatta da una frammentazione, da una costellazione di piccole imprese che - come ci dicono i dati - sono quelle in cui è maggiore l'incidenza degli infortuni. E questa frammentazione porta alla difficoltà dei controlli, alla creazione di lavoratori precari e, in alcuni casi, anche a una facilità di permeabilità di infiltrazioni.
Non basta però solo fermarsi alla riflessione di carattere critico, perché sarebbe fin troppo facile. Vogliamo fare una proposta, signora Ministro: perché non introduciamo - potrebbero magari cominciare a farlo le grandi stazioni appaltanti pubbliche, indipendentemente dal fatto che ci sia una legge - un meccanismo per il quale nelle gare sia non il prezzo a definire l'elemento di assegnazione dei lavori, ma una qualificazione e, al suo interno, una certificazione (Applausi) con una premialità per le aziende che dimostrano di aver investito sul versante della sicurezza e che con la loro attività si esercitano meno infortuni? Dobbiamo andare nella strada della qualità e non della dequalificazione.
La seconda strada, oltre la legislativa, è quella della via amministrativa. È stato ricordato in questo contesto e in questo dibattito - e lo riprendiamo anche noi - il tema del potenziamento, della qualificazione e del rafforzamento della rete degli ispettorati del lavoro e dell'organico della magistratura. Occorre che i due elementi - la verifica in sede amministrativa e l'applicazione in sede penale - siano due polmoni che respirano all'unisono, evitando la facile scorciatoia nella quale cadiamo come in una tentazione quasi invincibile di fronte ai casi di cronaca, che è quella tentazione della risposta panpenalistica (Applausi), e cioè l'invenzione di un reato al quale affidare la maieutica della soluzione definitiva. Non è così. Queste cose funzionano se c'è uno Stato che funziona; se c'è un'articolazione della pubblica amministrazione che funziona, e non se si utilizza lo strumento del codice penale pensando che quella sia la scorciatoia rispetto al fatto che non qualifichiamo e non rendiamo efficiente la nostra macchina della pubblica amministrazione e della magistratura.
Infine, però, c'è un elemento al quale non ci possiamo sottrarre, che è la terza via, ovvero la via del recupero di quello che mi verrebbe da definire un ethos. C'è una radice che dobbiamo estirpare ed è il concetto della persona come merce, un concetto che alberga in vari settori, in vari segmenti, in varie esperienze della nostra vita sociale di questo tempo. La persona è una merce a vari livelli; siamo merci nel momento in cui trasferiamo i nostri dati su big data che ci utilizzano, ci controllano e ci subornano; sono merci quelle ragazze che vengono utilizzate per partorire in maniera impropria e che usano il loro corpo per far utilizzare i bambini che poi vengono venduti (Applausi); sono merci gli operai che vengono buttati senza alcuno scrupolo dentro una fornace senza controllo e senza garanzia. Il rischio è che, se non ritroviamo un'etica condivisa attorno al valore della persona, non ritroveremo il legame che ci unisce in quanto comunità (Applausi) e, quindi, non potremo rimarginare le ferite di questo tempo, perché da sole le soluzioni legislative e le soluzioni tecniche non bastano.
È quindi dall'esito delle nostre scelte che dipenderà se in futuro - per riprendere le parole di Cesare Pavese - scenderemo nel gorgo muti come stanno purtroppo scendendo le famiglie dei ragazzi di Brandizzo e tante altre famiglie colpite da questi drammatici eventi o se sapremo, come dobbiamo, dare un indirizzo di speranza a questo Paese. (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Ronzulli. Ne ha facoltà.

RONZULLI (FI-BP-PPE). Signor Presidente, si può morire ancora di lavoro in Italia nel 2023, in una Repubblica fondata sul lavoro? La risposta a questa domanda, purtroppo, ce l'ha data ancora una volta la spietata cronaca delle ultime settimane e purtroppo anche di qualche ora fa. Gli incidenti sul lavoro vengono definiti "morti bianche", ma in verità di bianco c'è ben poco: davanti a noi abbiamo il rosso del sangue e il nero del lutto, come se a provocarli non ci fossero una o più mani omicide.
I numeri sono impietosi nella loro freddezza, perché da gennaio a luglio 2023 il bilancio delle morti sul lavoro ammonta a 559 vittime, con una media di 80 decessi al mese. Dietro questi numeri ci sono storie di vita interrotte, famiglie distrutte, con mamme, papà e figli che si sono alzati presto la mattina per andare a guadagnarsi il pane quotidiano e che non sono mai tornati a casa. Sono storie e circostanze che ci colpiscono come cittadini e come lavoratori, ma che ci richiamano alla nostra responsabilità di rappresentanti del popolo e di legislatori a dare una risposta pronta e decisa.
Quando si indaga sulle cause viene citata spesso l'imprudenza o la fredda decisione di ignorare tutte le norme di protezione della salute e della sicurezza sul lavoro, mettendo a repentaglio la vita per un minimo vantaggio, sia esso denaro in più o tempo in meno. Molto spesso un lavoratore che perde la vita è vittima di azioni irresponsabili da parte di coloro che avrebbero dovuto garantirgli sicurezza, retribuzione appropriata e un futuro sicuro.
La proposta che oggi siamo chiamati a votare vuole illuminare la strada ancora una volta alla ricerca delle risposte e delle soluzioni, con l'obiettivo di affrontare e vincere questa sfida. Non è sufficiente ridurre i casi di mortalità: l'obiettivo deve essere il loro completo azzeramento. Ecco perché con spirito di condivisione, consapevoli della terribile attualità del problema, ci impegniamo oggi a riportare al centro dell'agenda politica il tema della dignità e della sicurezza sul lavoro.
Ha un colore politico questa battaglia? No che non lo ha. Devono essere strumentalizzati gli incidenti sul lavoro? Per onestà intellettuale non dovrebbero, anche se purtroppo ancora oggi assistiamo a occupazioni di piazze per individuare responsabilità istituzionali. Questa strage silenziosa e rumorosa al tempo stesso non nasce con questo Governo: esiste da anni e da anni attende soluzioni politiche e non mi pare che nell'ultimo decennio chi oggi fa la morale non si sia seduto tra i banchi del Governo.
Per questo la sicurezza dei lavoratori richiede un impegno unanime da parte di tutti: non può e non deve essere una questione di parte. Invece di scendere in piazza per puntare il dito con pregiudizio e faziosità - come ha fatto la CGIL - in questo processo per ottenere più sicurezza e meno vittime, i sindacati dovrebbero lavorare fianco a fianco con noi, con la politica, con il Governo, insieme con le associazioni dei lavoratori e con le imprese stesse. (Applausi). Tutti hanno un ruolo cruciale nel rappresentare gli interessi dei lavoratori e nell'assicurare che le loro condizioni siano adeguate, serie e sicure. Dobbiamo agire con determinazione: il primo passo da compiere sicuramente è il rafforzamento della normativa sulla sicurezza del lavoro; è fondamentale che le imprese siano vincolate a garantire un ambiente di lavoro sicuro e siano soggette ad aspre penalità in caso di violazioni.
Pertanto, l'intensificazione dei controlli è di vitale importanza. I sindacati richiedono un aumento del numero di ispettori sul lavoro e questo Governo sta rispondendo con misure concrete. Infatti, il ministro Calderone ha annunciato l'ingresso di 983 nuovi ispettori tecnici, confermando un impegno nel potenziare gli sforzi di prevenzione. Un monitoraggio adeguato e costante nel rispetto del norme di sicurezza può fare la differenza; rappresenta un deterrente che, seppur non decisivo, può svolgere un ruolo significativo. Non possiamo permettere che le aziende senza scrupoli eludano le leggi e mettano in pericolo la vita dei lavoratori con impunità.
Inoltre, è importante promuovere la cultura della sicurezza sul lavoro attraverso l'istruzione e la formazione a livello sia aziendale che individuale; un investimento nelle competenze dei lavoratori assicurerà la consapevolezza dei rischi e delle misure di prevenzione sul posto di lavoro; una cultura che parta dalle istituzioni, che devono incentivare la sicurezza sul lavoro, premiando le aziende che rispettano alti standard di sicurezza, anche attraverso l'implementazione dei modelli 231 e penalizzando quelle che adottano pratiche illegali. Questo richiede un'intensa attività di prevenzione e di monitoraggio che deve essere fatta in collaborazione con l'INAIL. Da non trascurare è anche il tema della completa defiscalizzazione dei costi per garantire la sicurezza: si tratterebbe di un importante incentivo per l'attuale situazione delle imprese nel nostro Paese.
Alla luce di quello che ho appena detto, era del tutto inutile cercare di individuare un colpevole politico, anche in una terribile tragedia come quella di Brandizzo, puntando l'indice contro appalti e subappalti. Non è questo il punto. Sono previsti dalla legge e garantiscono la realizzazione delle opere pubbliche. Non è quello il problema è piuttosto una questione di come questi lavori vengono svolti. Chi controlla il rispetto delle norme che, tra l'altro, già esistono? Chi controlla che le procedure adottate siano quelle giuste? È poi possibile che con le nuove tecnologie ci si affidi ancora esclusivamente a telefonate e fonogrammi?
Non dobbiamo e non possiamo dimenticare che, mentre noi parliamo in questo nostro dibattito, ci sono famiglie affrante per lutti che è giusto definire inaccettabili. A loro dobbiamo risposte e garanzie, perché il sacrificio dei loro cari non sia stato inutile; dobbiamo assistenza e supporto dal punto di vista emotivo, psicologico e anche finanziario; dobbiamo garantire un accesso alle consulenze e al sostegno, nonché a indennizzi che devono essere giusti e tempestivi. Non siamo così superficiali da pensare che questa piaga trovi una soluzione dall'oggi al domani, perché siamo chiamati a un impegno a medio e lungo termine. Non dimentichiamo mai che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro e che il diritto a un lavoro vuol dire anche il diritto a poterlo svolgere in sicurezza, senza paura, con le spalle coperte dalle aziende e da uno Stato che protegge e non abbandona, che sostiene e controlla il rispetto delle norme, accompagnando tutti coloro che tornano a casa ogni sera. Il futuro dei nostri cittadini, di chi ogni mattina esce per produrre e rendere migliore questo Paese, dipende da noi e noi dobbiamo essere all'altezza di questa responsabilità.

Annuncio pertanto il voto favorevole del Gruppo Forza Italia. (Applausi).

NATURALE (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NATURALE (M5S). Signor Presidente, ministro Calderone, onorevoli colleghi, mi onoro di far parte della Commissione d'inchiesta che oggi ha presentato questa importante mozione, che deriva da un lavoro di squadra; finalmente una politica senza bandiere, su un obiettivo comune per il bene dell'Italia e degli italiani, sicuramente un po' mossa dalle tragedie che hanno riempito le nostre cronache. Ha sconvolto tutti quella di Brandizzo, che sembra inspiegabile; per i comuni cittadini sembra davvero inspiegabile. Purtroppo però, per chi vive quell'attività e quel lavoro, in maniera incredibile conferma che sono situazioni e tragedie purtroppo possibili. Questo ancor di più rende davvero increduli tutti noi, che siamo qui a rappresentare i cittadini e, quindi, il nostro dovere primario è occuparci di quanto è necessario mettere in campo per la difesa dei diritti.
Il diritto al lavoro è uno dei diritti primari, a cui tutti dobbiamo dar seguito. Ho ascoltato con interesse tutti gli interventi e sono stata colpita da quello della ministra Calderone, che ha abbracciato le richieste della mozione e ha palesato in maniera chiara l'impegno nel condividerla anch'essa, con gli altri membri del Governo; un'unione che spero davvero porti a un risultato utile per tanti giovani e cittadini che perdono la vita.
I dati dell'INAIL confermano le gravi perdite, con numeri sempre in crescita. La cosa che colpisce è che anche i giovani purtroppo stanno aumentando nell'elenco delle vittime: ben 196 lavoratori fra i venticinque e i trentanove anni e 22 fra gli under venti.
Per contrastare la piaga degli incidenti non basta però la repressione, come abbiamo detto tutti. Le norme ci sono, ma nei fatti non vengono rispettate. Per prevenire è necessaria la formazione, che è fondamentale anche per prevenire le malattie professionali. Non ne abbiamo parlato oggi, ma ritengo che una tipologia di incidenti sul lavoro sia rappresentata dagli elementi che scatenano le malattie professionali. Questa è un'attenzione che può essere data dal Governo nell'istruire le problematiche di ogni singolo lavoro.
C'è tanto da fare ed è necessaria una sinergia che deve abbracciare varie professionalità e varie posizioni sociali, professionali e politiche; la sinergia di tutto è necessaria. Purtroppo non sempre si investe in prevenzione e questo è confermato dagli incidenti che si verificano.
Investire in prevenzione significa attenzionare gli strumenti messi in campo. Per questo nella mozione abbiamo parlato di premialità per le imprese che investono in azioni utili alla prevenzione; una premialità che - come ha detto anche il presidente Magni, che ringrazio per il grande lavoro svolto - non è di tipo economico, ma è proprio una sorta di riconoscimento di una qualità maggiore per questa attività, indispensabile per tutta la scala di appalti e di cessione degli appalti che spesso crea un abbattimento di tutti i parametri utili invece a un lavoro di qualità, anche dal punto di vista etico. Bisogna rendersi conto che spesso norme e forme di prevenzione non bastano se i datori di lavoro non hanno la sensibilità giusta per mettere in campo tutte queste azioni. Quindi, occorre una reale volontà per favorire il benessere dei propri collaboratori.
La mozione chiede poi di introdurre disposizioni per una sorta di congiungimento tra i vari elementi e i dati recepiti sia dall'INAIL che dall'Ispettorato del lavoro: la banca dati deve quindi essere messa a disposizione per evitare lungaggini. Non dimentichiamo che la semplificazione deve essere sempre un elemento imprescindibile affinché il tutto possa essere contestualizzato e concretizzato.
L'incidente di Brandizzo pone sicuramente all'attenzione anche l'aspetto psichico e di fatica a cui possono essere sottoposti i lavoratori dopo tante ore di lavoro. Da qui scaturisce la nostra proposta di inserire la manutenzione ferroviaria nella categoria dei lavori usuranti. A tal proposito ribadisco l'accorato appello che il presidente della Repubblica Mattarella rivolse a lei, signora Ministra, dicendo che lavorare non può significare morire. Credo che a questo appello ci uniamo tutti e dunque è bene ricordarlo. (Applausi).
Nello stilare la lista di iniziative prioritarie ci sono dei punti ampiamente condivisi da tutti i Gruppi che hanno partecipato ai lavori della Commissione. Uno di questi è il riconoscimento del carattere culturale del tema della sicurezza, che deve rappresentare un tratto caratteristico di civiltà, quindi un elemento che dobbiamo perseguire proprio come tratto culturale di un'Italia civile, in un'impostazione che deve essere corale e collettiva.
Abbiamo anche chiarito che la formazione debba cominciare anche dalle scuole primarie, cioè bisogna partire davvero dalla base. Quando si parla di sicurezza bisogna far riferimento anche alla normale quotidianità, atteso che incidenti gravi possono succedere ovunque. Si è quindi parlato anche di semplici azioni quotidiane che potrebbero essere evitate. Questa consapevolezza deve pertanto renderci attivi anche rispetto alla volontà di rendere strutturale la formazione in tutte le scuole di ogni ordine e grado, perché la consapevolezza dei rischi è fondamentale.
Per la prevenzione e la formazione nei luoghi di lavoro devono essere previste più risorse per incentivare i controlli. Tutti diciamo a gran voce che servono più controlli e più personale e su questo rivolgiamo un appello unanime affinché si creino nuove figure che possano supportare quelle già presenti sul territorio; spesso, infatti, parlando con i vari ispettori, essi ritengono di non essere numericamente supportati per poter affrontare la grande mole di lavoro. Forse anche questa forma di deterrente potrebbe essere utile a risolvere il problema, al fine di essere previdenti. La sicurezza non si deve considerare per forza un costo, come ha appena detto anche la Ministra, perché è un investimento. Parlare di sicurezza significa prevenire problemi futuri e come si dice: prevenire è meglio che curare. Non serve ripetersi, perché siamo dunque tutti concordi su questo punto.
Si tratta di una logica di benessere globale che deve coinvolgere tutti, come ho già detto. Quanti ai correttivi rispetto alla tipologia di infortunio, ritengo sia necessario soffermarsi sulle tecniche di monitoraggio, che sono importanti per migliorare il lavoro che c'è da fare.
Ho voluto far parte della Commissione di inchiesta perché ritengo che questo impegno sia fondamentale. Si sono cimentati in tanti e spero che questa sia la volta buona. Quindi, come MoVimento 5 Stelle, come tutti in quest'Aula, siamo a favore della mozione. Lo stesso vale per il Governo, che attraverso la Ministra ha già dato parere favorevole. Quindi il mio auspicio è che davvero si riesca a conseguire questo grande risultato, per il bene di tutti i lavoratori. (Applausi).

MURELLI (LSP-PSd'Az). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MURELLI (LSP-PSd'Az). Signor Presidente, ministro Calderone, sottosegretario Durigon, colleghe senatrici e senatori, non si può morire di lavoro, non si può morire per lavoro, non si può uscire di casa e non tornare più per un incidente sul lavoro. La tragica morte dei cinque operai sui binari in un cantiere ferroviario di Brandizzo accende ancora una volta i riflettori sul dramma delle morti sul lavoro. Purtroppo, ogni giorno nel nostro Paese piangiamo perdite incomprensibili di vite umane, strappate alle loro famiglie e alle loro comunità. Non c'è solo il caso più recente: quello, purtroppo, è l'ultimo caso eclatante, ma ogni giorno ci sono almeno tre morti. Anzi, purtroppo, oggi abbiamo ricevuto dall'ANSA la notizia di un'esplosione in cui sono morti altri tre lavoratori. Dico "altri", perché in quell'azienda, addirittura recidiva, sono già capitati altri incidenti. I dati sugli infortuni, pubblicati ed elaborati dall'INAIL, riportano già 559 vittime, di cui 430 in occasione di lavoro, 129 in itinere, con una media di 80 decessi al mese. Tra loro ci sono anche e soprattutto, purtroppo, dei giovani, tra i venticinque e i trentanove anni, e 22 sono minori di vent'anni. Non sono numeri, non sono statistiche, ma sono volti di persone, di padri, di madri, di figlie e di figli. Sono tragedie che colpiscono famiglie, sono una grave perdita per tutti. È in gioco la dignità di noi stessi.
La sicurezza nei luoghi di lavoro è un frutto di tante responsabilità, economiche, sociali e anche politiche, che devono convergere sul servizio dei lavoratori. Come ha ricordato Papa Francesco, la sicurezza dei luoghi di lavoro significa custodia delle risorse umane, che hanno un valore inestimabile, agli occhi di Dio e anche agli occhi del vero imprenditore. Le tragedie più gravi, come quella di Brandizzo, squarciano il velo della disattenzione generale, polarizzano le attenzioni, ma dopo qualche tempo lo scandalo scema e la notizia, dalle prime pagine dei quotidiani, passa ai trafiletti, per poi sparire. Se andiamo ad analizzare gli esiti giudiziari, la sensazione è che queste morti siano avvolte da una dimensione di impotenza. I responsabili condannati devono scontare pene lievi, quasi simboliche. È successo ai dirigenti della multinazionale dell'acciaio ThyssenKrupp, responsabili, nel 2007, di un'altra grande tragedia, in cui sette operai furono uccisi da un'esplosione nello stabilimento di Torino; così come ad Stephan Schmidheiny, ultimo proprietario della Eternit, fabbrica che, fino a pochi anni fa, negli anni Novanta ha prodotto cemento amianto, un materiale tossico che ha causato la morte di molte persone.
Non sono casi isolati: questi decessi sono non fenomeni naturali, ma la diretta conseguenza di una ben identificabile organizzazione del lavoro e del modo in cui il lavoro è oggi considerato all'interno della nostra società. Il primo articolo della Costituzione dice che «L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro» e i nostri Padri costituenti consideravano il lavoro un elemento centrale della democrazia, non in senso astratto. È una centralità che, fino alla seconda metà del Novecento, ha consentito di ottenere importanti conquiste, in termini non solo di remunerazione e condizioni lavorative, ma anche di status. Fare l'operaio era uno status, anzi, dava un lavoro, uno stipendio sicuro, una sicurezza per la famiglia e anche per il futuro, un lavoro che permetteva di pensare a costruire una famiglia, a comprare una casa, a programmare le vacanze o a fare altri investimenti.
Oggi i lavoratori non hanno autorevolezza, non sono più considerati protagonisti della vita collettiva e non godono del riconoscimento. Il lavoro manuale ha subito un processo molto violento di marginalizzazione economica, sociale e culturale. I morti di Brandizzo facevano un lavoro manuale, quelli che svolgono compiti faticosi e pericolosi, ma retribuiti, e che riempiono le cronache con le loro morti, di cui ci si dimentica in fretta.
Protagonisti della società sono invece imprenditori, finanzieri, ma soprattutto gli influencer, soprattutto quelli dalla vita e dai soldi facili. Da più di venti anni gli stipendi nel nostro Paese sono al palo. L'Italia è l'ultimo Stato dei Paesi dell'OSCE e l'unico in cui salari non si sono adeguati in maniera proporzionale all'aumento dei prezzi. Abbiamo perso anche la dimensione di carriera: il lavoro consiste in impieghi di breve durata, non correlati tra loro, per cui non esiste più il percorso su cui costruire la propria vita ed è naturale che i giovani non ci vogliano investire.
Altro punto importante è l'esternalizzazione dei servizi, degli appalti e dei subappalti, che sono pericolosi perché permettono di ridurre al minimo la responsabilità, che viene così distribuita tra una miriade di soggetti e rende più difficile la comunicazione interna. Al tempo stesso i ritmi diventano insostenibili; i contratti a termine sono un cappio al collo che obbliga a rispettare determinati tempi.
Le esternalizzazioni e gli appalti usati anche da società pubbliche rivelano direttamente quella logica di massima efficienza, aumento dei profitti e riduzione dei costi a discapito dei diritti dei lavoratori e della loro sicurezza, sia fisica che economica.
È necessario quindi individuare un nuovo approccio strategico alla prevenzione degli infortuni, che si traduca in azioni sul piano normativo, organizzativo, disciplinare e culturale e che tenga contro, tra l'altro, del principio di differenziazione delle attività economiche e dell'evoluzione del mondo del lavoro. È necessario un più efficace ed efficiente coordinamento tra i diversi soggetti preposti alla vigilanza sul lavoro.
La riforma del sistema ispettivo realizzata a costo zero ha determinato una mancanza di investimenti in infrastrutture materiali, ma soprattutto di risorse per contrastare l'annoso problema del lavoro nero e irregolare, che porta con sé l'evasione fiscale e contributiva.
Aggiungo anche che, oltre alla mancanza degli ispettori, bisognerebbe - a detta degli stessi che sono venuti in audizione alla Camera nella scorsa legislatura - semplificare le loro procedure e lasciarli più operativi sul campo e non chiusi negli uffici a compilare delle carte. Possono essere una risorsa importante per l'attività di formazione e preventiva per la sicurezza sul lavoro, così da non essere visti solo come controllori e sanzionatori.
Gli appalti al massimo ribasso mettono sempre in secondo piano la sicurezza. All'epoca dell'intelligenza artificiale e di tecnologie sempre più evolute non ci possono essere errori di comunicazione: serve un sistema premiale per chi rispetta le regole e un sistema punitivo fino all'espulsione dagli appalti pubblici per quelle imprese che hanno comportamenti scorretti che provocano incidenti sul lavoro.
È fondamentale predisporre subito più efficaci procedure e nuovi controlli per costringere le ditte a rispettare maggiore sicurezza. Non possiamo più consentire che si muoia sul lavoro per il mancato rispetto di norme di sicurezza basilari.
Infine, serve promuovere la cultura della sicurezza sul lavoro nei giovani - come diceva lei nel suo intervento, ministro Calderone - partendo dalle scuole in collaborazione con i docenti.
Ringrazio quindi il Governo per l'attenzione a questa importante tematica e tutti i parlamentari che hanno firmato questa mozione unitaria e che voteranno naturalmente a favore. Sicuramente deve essere fatto un lavoro collaborativo tra le due Commissioni di inchiesta costituite per la sicurezza sul lavoro presso la Camera e il Senato e il Governo per poter arrivare concretamente a soluzioni efficaci e non solo a parole. Tante belle parole ho sentito in quest'Aula, ma dobbiamo veramente fare quadrato per portare a regime le attività espresse all'interno della mozione.
L'impegno della Lega è in prima linea per tutti i lavoratori perché non si può morire di lavoro. (Applausi).

CAMUSSO (PD-IDP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAMUSSO (PD-IDP). Signor Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, confesso che non riesco a non essere pervasa da una rabbia dopo le notizie che sono giunte oggi pomeriggio: non solo per la tragedia di altri operai che hanno lasciato la vita in un'esplosione in una fabbrica, ma perché, in realtà, se ripercorriamo la cronaca di quella stessa azienda, ritroviamo, poco tempo fa, un'altra strage, con le stesse caratteristiche e anche lo stesso numero di morti e, negli anni precedenti, degli altri infortuni mortali, sempre nella stessa azienda.
La collega Tajani, intervenendo oggi pomeriggio, diceva che anche oggi siamo arrivati tardi. Credo sia assolutamente vero: parole che dovremmo scolpirci nella mente. Siamo di fronte a delle terribili contabilità, che però ci dicono che quegli eventi si ripetono e che non subentra un ragionamento, un pensiero, una domanda: se valga la pena; se sia possibile pensare che delle attività siano così profittevoli o interessanti da mettere nel conto la possibilità di avere ripetute morti di lavoratori e di lavoratrici.
Come dicevano anche altri colleghi, dobbiamo dirci, però, anche un'altra cosa. Questi numeri, quelli che conosciamo e quelli che non conosciamo, sono i numeri, non di qualche fatalità, ma sono i numeri di una guerra, che continua a esercitarsi e che prosegue implacabile e ripetuta negli anni. Se noi guardiamo la sequenza storica dei numeri degli infortuni, quelli ufficiali, quelli registrati dall'INAIL, vediamo ben poche oscillazioni e vediamo anche che quei numeri si ripetono e che si ripetono le tipologie degli incidenti.
Smettiamo di parlare di morti bianche, di fatalità, di tutto ciò che cerca di dare l'idea che questa sia una realtà impossibile da prevenire e che dobbiamo abituarci a subire. Invece, cominciamo a ragionare su qual è il prezzo e a che cosa si paga un prezzo per cui si muore sul lavoro. Ragioniamo sul perché lavoratori e lavoratrici devono pagare questo tributo alla pressione del continuare ad aumentare i ritmi, alla pressione di fare di più e di fare più in fretta, a una visione miope che spesso ci ha portato a discutere dei temi della sicurezza in ragione di costi da evitare e non in ragione di investimenti per la difesa delle vite.
Dobbiamo ricordare a noi stessi che non si può dire e non si può accettare che il profitto sia più importante di quella cosa essenziale che è tutelare la vita e la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici. (Applausi). Ed è per questo che, se non entra nel nostro linguaggio l'abitudine a dire prevenzione sulla sicurezza, ma solo analisi a posteriori, difficilmente faremo dei grandi passi avanti.
Così come forse dobbiamo cominciare ad avere l'abitudine di pensare non solo alla punta dell'iceberg, a quel drammatico numero di morti sul lavoro, ma anche a cosa succede ai tanti che subiscono infortuni magari non mortali, ma invalidanti; a cosa succede a quegli sconosciuti, di cui non parliamo, ma che contraggono sul lavoro malattie professionali gravissime, e di cui magari scopriamo le ragioni della morte anni e anni dopo.
Se però ci interrogassimo tra noi, ognuno direbbe che la vita è la cosa più importante e che l'impegno di proteggere le vite è per noi un imperativo collettivo. Se è così, dobbiamo allora porci due questioni. Una la ponevo prima: dove sta l'asticella? A che punto cominciamo a dire che non vi è ragione possibile perché si mettano a rischio delle vite? La seconda questione, illustrata già dal collega Lombardo nel suo intervento, è l'universalità dell'assicurazione contro gli infortuni, la possibilità che chiunque lavori nel nostro Paese abbia la certezza di avere una copertura assicurativa.
Se cominciassimo a ragionare in termini di prevenzione, probabilmente cambieremmo anche l'atteggiamento rispetto al tema dei costi, oltre al fatto che cominceremmo a considerare che le persone non sono mai l'equivalente del costo di una merce. Non lo possono essere proprio perché, innanzitutto, è la sicurezza, l'interazione diretta con i loro corpi, con le loro peculiarità, con la loro esistenza che non può essere messa in discussione. Credo che quindi tutte e tutti abbiamo bisogno di pensare - perché non c'è qui una responsabilità dell'oggi, ma se n'è determinata una nel lungo periodo - che non si è fatto abbastanza e che quindi dobbiamo fare di più, perché sono i numeri di una guerra e non di una fatalità. Se gli infortuni si ripetono nelle loro modalità, questo ci permette di ragionare su come contrastarli e sul fatto che i numeri che non conosciamo sono quelli che derivano dal sommerso, dalle irregolarità e dai caporali di quei lavoratori che magari vengono nascosti in un ciglio della strada perché non si sappia che c'è stato un incidente o di quelli che sono stati assunti poche ore prima dell'incidente. Sono i numeri di modalità e di tecniche di lavoro che non investono sulla prevenzione e sulla sicurezza e che non usano la tecnologia.
È sempre difficile parlare di una tragedia che è avvenuta, però una domanda possiamo farcela: perché nelle centrali di controllo ci sono visori che permettono di vedere chilometri e chilometri della ferrovia o di un'autostrada, ma non ci sono nei cantieri quando si sta lavorando? Basterebbe un ripetitore: è una piccola cosa, ma qualcosa che permetterebbe a chi è lì, alle persone che concretamente sono in quel luogo, di vedere se su quel tratto di strada o di ferrovia c'è qualcos'altro oltre a loro che stanno lavorando.
La tecnologia non è neutra ed ha due facce, con cui dobbiamo confrontarci, perché sono il futuro che abbiamo davanti. La tecnologia ha la faccia degli algoritmi - se n'è parlato durante la giornata - quella formula invisibile matematica che però detta le condizioni di lavoro alle persone, i turni e la velocità, ma ha anche la faccia degli strumenti che ci permettono di vedere, di prevenire e di dare modalità diverse di prevenire gli incidenti sul lavoro. Sta alla responsabilità politica, alla nostra responsabilità, decidere se la tecnologia la utilizziamo in una direzione o nell'altra. Se permettiamo che non ci sia trasparenza nell'uso degli algoritmi, in realtà abbiamo già scelto che la direzione è quella del mancato rispetto delle persone.
Penso per esempio a un numero che non compare negli infortuni: i rider non sono assicurati, perché non sono lavoratori dipendenti e non hanno diritto all'assicurazione generale. (Applausi). Questo vuol dire che o se la pagano loro o non hanno la possibilità di averla. E allora, quello è un uso della tecnologia, mentre un altro è dire che un sensore - che impedisce di passare sotto i carichi sospesi o permette di vedere se c'è del gas in una cisterna o quello che c'è intorno ai cantieri - diventa uno strumento disponibile a tutti.
Insieme - l'hanno detto tutti i colleghi e le colleghe - bisogna fare grande attività di formazione e di cultura, cominciare prima e determinare il fatto che sia normale affrontare il lavoro e prepararsi ad esso avendo formazione. Insieme però ci vogliono i controlli, perché quel mondo sommerso e quel mercato del lavoro deregolato che fanno tanta parte anche dei problemi della sicurezza hanno bisogno di controlli. Siamo assolutamente contenti che 800 ispettori abbiano cominciato il corso ed entrino in servizio nel prossimo periodo, però, signora Ministra, le diciamo anche che sono il frutto di impegni di qualche Governo fa, che aveva bandito i concorsi. Sappiamo però già oggi che non bastano e che, da questo punto di vista, bisogna trovare risorse e scelte perché gli ispettori siano di più.
Con questa dichiarazione, annuncio il voto favorevole del Gruppo Partito Democratico alla mozione, ringraziando il presidente Magni e tutta la Commissione per il lavoro svolto e gli uffici che hanno contribuito a darci una mano. Quella di una mozione unitaria è una scelta di responsabilità politica collettiva. Non stiamo prendendo impegni solo nel momento in cui i riflettori sono accesi sulle stragi e sulle cronache: è un impegno che va oltre, che dice che i riflettori devono stare sempre accesi, come sprone per quello che dobbiamo fare, perché - ci direbbe un cantautore - per quanto ci possiamo credere assolti - cosa che avviene ogni volta che si spengono le luci - in realtà siamo tutti coinvolti e siamo lo stesso coinvolti.
È esattamente per questo che il voto che questa Camera esprimerà rispetto alla Nazione dev'essere una scelta pubblica di coinvolgimento, un impegno e un dovere verso i lavoratori e le lavoratrici. (Applausi).

RAPANI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAPANI (FdI). Signor Presidente, colleghi senatori, onorevole Ministro, è vero, interveniamo in una giornata di lutto, ma se i numeri sono quelli che ci comunica l'INAIL, che purtroppo però non sono quelli, perché sono di più, facendo una divisione, ogni giorno c'è un lutto in Italia: che rabbia, che tristezza, che amarezza! Pensare che si esce la mattina di casa per andare a guadagnarsi un tozzo di pane e portarlo poi la sera alla famiglia e, invece, durante la giornata può succedere ciò che uno mai avrebbe immaginato: una tragedia.
Pensavo, sbagliando, che dinanzi a queste problematiche, a queste tragedie, ci fosse unione e non speculazione mediatica da parte di colleghi politici. Ascoltando gli interventi di oggi penso però dall'altra parte - e ne sono convinto - che forse almeno su questi temi riusciamo a stare uniti. Non possiamo piangerci addosso, ci dobbiamo rimboccare le maniche e dare il nostro modesto contributo. Non sono d'accordo con quel collega che ha detto che non riusciamo ad incidere: io invece sì, io voglio incidere. Se infatti non dovessi incidere, la mia presenza in quest'Aula non avrebbe motivo. Voglio dare allora il mio modesto contributo con la speranza di riuscire a risolvere una parte del problema. Magari infatti potessimo risolverlo completamente. Per far questo però, come diceva Madre Teresa di Calcutta, occorre stare insieme, perché stando insieme si possono fare buone cose. Cosa dobbiamo fare? Plaudo all'iniziativa del Governo, quando dice di fare corsi già nelle scuole, perché è da lì che dobbiamo partire. (Brusio). Presidente, chiedo scusa, però purtroppo il brusio non mi fa concentrare. Vabbè, anche il Presidente è un po' impegnato. (Applausi).
Dovremmo partire proprio dalle scuole elementari, proprio perché i ragazzi sono sacchi vuoti da riempire e noi dobbiamo riempirli. Noi dobbiamo inculcargli il concetto della cultura della sicurezza, perché purtroppo è quello che ci manca. Ve lo dice un addetto ai lavori. Quando avvio lavori in qualità di responsabile della sicurezza e faccio l'informazione ai lavoratori, vi posso garantire che cerco di terrorizzarli. Dico loro di pensare che la mattina sono usciti di casa, hanno lasciato una famiglia che la sera li aspetta e che devono ritornare, e di pensare altresì che la salute è la loro e devono cercare di lavorare in sicurezza. Sono convinto di essere ascoltato, ma mi illudo, perché poi mi capita di vedere un lavoratore che, anziché utilizzare una scaletta per salire su un'impalcatura, si arrampica come una scimmia all'impalcatura stessa. Lì naturalmente parte la rabbia e, in qualche modo, per quello che posso, intervengo.
Ma con chi ce la vogliamo prendere, se un influencer sale su una gru alta 25 metri per farsi un video o un selfie da pubblicare su Tik Tok, e poi, purtroppo, cade e muore? Ecco, il problema principale è la cultura della sicurezza che dobbiamo cercare di inculcare. È principalmente su di essa che dobbiamo lavorare ed intervenire a prescindere da leggi, sanzioni e pene.
E poi, perché no, occorre intervenire anche sul piano normativo. Mi auguro, caro Presidente, considerando che faccio parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, che possiamo dare il nostro contributo per mettere mano al testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, facendolo sulla scorta delle esperienze vissute e di ciò che purtroppo ci capita. Sono d'accordo: una delle proposte che farò è proprio quella di istituire un documento tipo il documento unico di regolarità contributiva (DURC), che dà la possibilità alle imprese di partecipare alle gare e di lavorare solo se in regola con i contributi. Proporrò allora il DURS, visto che parliamo di acronimi, il documento unico di regolarità sulla sicurezza e dobbiamo studiare anche una sorta di premialità e di penalità, perché a un'azienda ligia al dovere, che fa lavorare i propri lavoratori con tutti i criteri sulla sicurezza, va riconosciuta una premialità, che può essere anche un privilegio, una sorta di prelazione nel momento in cui partecipa a una gara o a un bando di finanziamento indetto proprio dall'INAIL in materia di sicurezza sul lavoro.
Allo stesso modo, è opportuno prevedere una penalità per le imprese e per le aziende che non fanno lavorare i propri lavoratori in sicurezza ed eventualmente arrivare anche a radiarle dall'elenco delle imprese e non farle lavorare, per vedere se poi effettivamente si adeguano o meno, perché la mia convinzione è che con le sanzioni non si risolva assolutamente niente, perché c'è chi subisce la sanzione e poi la paga, ma il problema non lo risolve.
Mi permetterò anche di fare un'altra proposta. Forse ci sono troppi organi -l'Addetto al servizio di prevenzione e protezione (ASPP), l'INAIL, l'INPS e l'Ispettorato nazionale del lavoro - e quello che manca è un coordinamento fra di loro. Ve lo dico perché mi capita di avere cantieri dove nell'arco di un mese arrivano tutti gli enti e cantieri dove per sei o sette mesi invece non si vede assolutamente nessuno. Forse, allora, sarebbe opportuno pensare a un coordinamento tra tutti questi enti preposti, i quali possono calendarizzare e programmare sopralluoghi e visite ispettive, perché vi posso garantire che, quando circola la voce in una città che ci sono gli spettatori in giro, l'impresa che non è a norma sospende l'attività per quel giorno e cerca di adeguarsi, oppure c'è l'impresa furba che sospende, in attesa che vadano via i controlli e poi ritorna a lavorare. Allora, solo per il fatto che a cadenza quindicinale potrebbe arrivare un'ispezione, forse ci si penserebbe tre volte prima di mettersi a lavorare senza rispettare le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
È una buona previsione quella di introdurre 800 ispettori, ma l'auspicio e l'augurio è che saranno professionisti dotati di professionalità, perché le posso garantire, onorevole Ministro, che sui cantieri e nelle aziende per fare i controlli non abbiamo bisogno di sceriffi che arrivano lì perché devono fare la multa, per fare badget: questo non si può sentire. Non si può multare un lavoratore - almeno, personalmente, ritengo che non sia giusto - solo perché non ha il tesserino esposto e magari non lo si multa perché non ha il casco, i guanti o le scarpe antinfortunistiche. Una multa va fatta, ma che sia seria. Non se ne può fare una solo perché è sbagliata la data su un documento e quindi per punire la burocrazia.
Proporrei un altro strumento, che personalmente applico e mi sono reso conto che funziona: come abbiamo il direttore di cantiere che controlla le lavorazioni, prevediamo il direttore di cantiere specializzato in sicurezza, così com'è successo nel periodo Covid. Quando la mattina si arrivava sui cantieri, dovevamo misurare la febbre con il termometro e chi aveva 37,4 di temperatura non poteva entrare nel cantiere. In un cantiere si può entrare solo quando si è in regola, quando si hanno tutti gli indumenti e i dispositivi di protezione individuale, quando si è a posto con la documentazione sull'assunzione e quando si sono adottati tutti i criteri sulla sicurezza. E il responsabile non può essere il committente, perché il committente, se si affida a un'impresa, è perché non può stare materialmente sul cantiere. Per questo deve essere il direttore della sicurezza sul cantiere, che può stare tutto il giorno sul cantiere, a controllare quello che effettivamente si fa.
La sicurezza non è solo la redazione di un piano in materia, secondo il quale purtroppo - mi duole dirlo - spesso tanti colleghi fanno copia e incolla o probabilmente fotocopiano il documento (e questo, da professionista, non vi nascondo di averlo sempre contestato, ma non sono riuscito a incidere). Purtroppo, assistiamo addirittura ad amministrazioni che affidano i lavori di safety and security alle pro loco, enti non profit che devono organizzare solo eventi e addirittura vengono investite della sicurezza per organizzare gli eventi. Chissà perché? Naturalmente, potremmo pensare di tutto e di più.
La mozione, caro Presidente, è un primo passo che ci deve portare a un aggiornamento del testo unico così come dicevo, perché l'obiettivo nostro è quello di dare un contributo per cercare di risolvere il problema e sono convinto che solo stando uniti lo si possa fare. Stasera è emersa una volontà unanime di stare uniti, perché effettivamente questo tema è così importante che dobbiamo necessariamente affrontarlo insieme.
Per questo motivo, in qualità di rappresentante del Gruppo Fratelli d'Italia, che mi onoro di rappresentare, esprimo il voto favorevole alla mozione in esame. (Applausi).

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo della mozione n. 71, presentata dai senatori Magni, Dreosto, Camusso, Mancini, Naturale, Lombardo e da altri senatori.

(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).


fonte: senato.it