Cassazione Civile, Sez. Lav., 20 settembre 2023, n. 26931 - Neoplasia polmonare. Regresso e onere della prova



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto - Presidente -

Dott. MANCINO Rossana - Consigliere -

Dott. MARCHESE Gabriella - Consigliere -

Dott. CALAFIORE Daniela - rel. Consigliere -

Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA



sul ricorso 6393-2017 proposto da:

SYNDIAL - ATTIVITA' DIVERSIFICATE Spa in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 11, presso lo studio dell'avvocato MANLIO ABATI, che la rappresenta e difende;

- ricorrente - contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ANDREA ROSSI, LETIZIA CRIPPA, che lo rappresentano e difendono;

- controricorrente - avverso la sentenza n. 1281/2016 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 29/08/2016 R.G.N. 192/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/07/2023 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

 

Fatto
 



la Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza pubblicata il 29 agosto 2016, ha accolto l'impugnazione proposta dall'INAIL nei confronti di Syndial Spa avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di rivalsa proposta dall'Istituto, ed ha condannato la società a pagare a tale titolo Euro 309.991,86 in ragione della responsabilità della SYNDIAL nel determinarsi della neoplasia polmonare sx che aveva portato a morte un suo dipendente;

la Corte territoriale ha dato atto che, iniziato il giudizio per ottenere il danno differenziale dagli eredi del lavoratore nei confronti della società, quest'ultima aveva chiesto la chiamata in causa dell'INAIL che però interveniva volontariamente, agendo in regresso nei confronti di SYNDIAL per chiedere la restituzione di quanto erogato a seguito del decesso; nel corso del giudizio di primo grado, interveniva transazione tra eredi e società, per cui quanto alla domanda risarcitoria il Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere, mentre la domanda dell'INAIL veniva rigettata perchè ritenuta prescritta l'azione, in ragione del decorso dei tre anni dalla data di liquidazione dell'indennizzo, e perchè coperta dal giudicato che si sarebbe formato in relazione a precedente giudizio, intentato dagli eredi in sede civile ed in cui INAIL era stato chiamato in causa, non riassunto nei termini a seguito di declaratoria di incompetenza del giudice civile ordinario;

ad avviso della Corte territoriale, invece, l'eccezione di prescrizione non poteva essere accolta perchè intempestivamente sollevata, come emergeva dal verbale d'udienza del 1 marzo 2012, di spostamento dell'udienza, e dalla memoria depositata dalla SYNDIAL; neppure si era formato giudicato negativo sul diritto dell'Inail, giacchè la domanda riconvenzionale proposta dall'INAIL, divenuta inammissibile per l'improcedibilità del ricorso principale, ben poteva essere riproposta in successivo giudizio;

nel merito, la Corte ha ritenuto fondata la domanda essendo rimaste provate le circostanze che avevano generato la responsabilità della datrice di lavoro ex art. 2087 c.c. ed il quantum dovuto;

avverso tale sentenza, ricorre SYNDIAL Spa sulla base di cinque motivi;

resiste INAIL con controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memorie;

il Collegio ha riservato il deposito della motivazione nel termine di gg. 60 (art. 380 bis 1 c.p.c.).

 

Diritto


con il primo motivo, si deduce la violazione degli artt. 12 preleggi, D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 110, artt. 2049, 1218, 2087 e 2697 c.c., nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in ordine alla affermata carenza di prova della responsabilità datoriale nella determinazione della malattia;

il secondo motivo reitera, sotto il profilo della affermata insussistenza del concreto accertamento, le stesse questioni;

i due motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili in quanto tendenti a far rivalutare il giudizio di merito effettuato dalla Corte territoriale;

lamentando la violazione di un numero considerevole di disposizioni di legge, anche con riferimento alla disciplina generale della responsabilità del datore di lavoro in ordine alla sicurezza dell'ambiente di lavoro, unitamente alle disposizioni processuali relative all'apprezzamento delle prove, si tende a scardinare il giudizio di merito sulla ricostruzione delle cause che determinarono la neoplasia che non può essere dedotto in questa sede di legittimità;

va, infatti, riaffermato il principio (Cass. SS.UU. n. 34476 del 2019; Cass. n. 5987 del 2021) secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito;

il terzo motivo, deducendo sempre le medesime violazioni, attacca la sentenza sotto il profilo che il decorso del termine triennale sarebbe rilevabile d'ufficio;

il motivo è infondato;

come rilevato dall'INAIL in memoria, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che l'estinzione dell'azione sia per prescrizione (Cass. n. 20599/2012) sia per decadenza non è rilevabile d'ufficio, ma richiede sempre l'eccezione di parte, sollevata, a pena di decadenza, con la memoria difensiva ex art. 416 c.p.c., trattandosi di una materia che non è sottratta alla disponibilità delle parti, alle quali spetta la scelta se eccepire o meno la decadenza (art. 2969 c.c.) (Cass. 5 febbraio 2015, n. 2138; Cass. 9 giugno 2014, n. 12883; Cass. 18 agosto 2014, n. 18025; Cass. 16 giugno 2009, n. 13957; Cass. 16 giugno 2009, n. 13958; Cass. 8 settembre 2006, n. 19281; Cass. 29 agosto 2006, n. 18689; Cass. 28 agosto 2006, n. 18610);

con il quarto motivo, si deduce la violazione dell'art. 12 preleggi e 2909 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alla affermazione che non si era formato il giudicato negativo in considerazione della mancata riassunzione del giudizio inizialmente intentato dagli eredi del dipendente dinanzi al giudice dichiaratosi incompetente;

il motivo è infondato; la sentenza ha correttamente affermato che la domanda riconvenzionale proposta dall'INAIL nel giudizio civile era stata travolta dalla improcedibilità della domanda pronunciata nei riguardi dei ricorrenti principali, per cui non si era determinata alcuna preclusione da giudicato;

peraltro, in mancanza di una pronuncia di merito sulla domanda di regresso proposta dall'Inail avverso la società datrice di lavoro va esclusa la violazione del principio del ne bis in idem, atteso che "in tema di cosa giudicata una sentenza processuale fa stato solo nel giudizio in cui è stata pronunciata, giammai in altri giudizi" (Cass. civ., sez. I, 22 maggio 2020, n. 9456);

con il quinto motivo, si deduce la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c. in punto di contestazione dei conteggi che si assume essere stata tempestiva e puntuale;

la doglianza è infondata sulla base del principio di diritto, da cui il Collegio non ritiene di doversi discostare, in base al quale "l'Inail, che agisce quale creditore in via di regresso, deve provare la responsabilità civile del datore di lavoro ed il danno, cioè le prestazioni erogate e da erogare in conseguenza dell'infortunio sul lavoro (in caso di rendita, la sua capitalizzazione); il datore di lavoro che eccepisca la eccessività della somma pretesa, per superamento del limite del danno civilistico, deve provare il fatto impeditivo" (Cass. n. 389 del 1987; Cass. n. 10529 del 2008; Cass. n. 12198 del 2016);

non si tratta, dunque, solo di una mera difesa, per cui è sufficiente la semplice contestazione, ma di una vera eccezione soggetta agli oneri di allegazione e prova gravante sulla parte che intende eccepire il fatto impeditivo;

nel caso di specie, la ricorrente non ha in alcun modo soddisfatto tale onere e la sentenza impugnata non ha violato le disposizioni indicate;

il ricorso va, in definitiva, rigettato;

le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
 


P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 11.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2023