Cassazione Civile, Sez. Lav., 20 settembre 2023, n. 26912 - Rendita da inabilità permanente



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto - Presidente -

Dott. MANCINO Rossana - Consigliere -

Dott. MARCHESE Gabriella - rel. Consigliere -

Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere -

Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA



sul ricorso 18569-2017 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARROCETO 79, presso lo studio dell'avvocato MASSIMO COLFERAI, rappresentato e difeso dall'avvocato ANTONIO PUCCI;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati TERESA OTTOLINI, LUCIANA ROMEO, che lo rappresentano e difendono;

- controricorrente - avverso la sentenza n. 459/2017 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 05/05/2017 R.G.N. 875/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/07/2023 dal Consigliere Dott. GABRIELLA MARCHESE.



Fatto



1. la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato il diritto dell'Inail a trattenere, dai ratei maturati o da maturare, per la rendita da inabilità permanente dovuta al ricorrente, con decorrenza (Omissis), la somma di Euro 73.000,00, già corrisposta dalla compagnia assicurativa privata;

2. in discussione, per quanto qui solo rileva, la causale dell'attribuzione patrimoniale da parte della assicurazione privata, la Corte di appello ha accertato che la somma in contestazione costituiva un "ristoro dei danni psico-fisici" conseguiti all'infortunio sul lavoro; di tale somma doveva dunque tenersi conto nella determinazione del quantum debeatur, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie;

3. ha proposto ricorso per Cassazione la parte in epigrafe, con tre motivi;

4. ha resistito, con controricorso, l'Inail che ha, successivamente, depositato memoria;

5. chiamata la causa all'adunanza camerale, il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di cui all'art. 380 bis 1 c.p.c., comma 2.

Diritto



6. con il primo motivo -ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3- è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 e dell'art. 2059 c.c.;

7. parte ricorrente, premessa la differente funzione del sistema indennitario e di quello risarcitorio e l'estraneità, dal perimetro di copertura del primo, dei ristori del danno non patrimoniale, per voci diverse da quello biologico, deduce che la Corte di appello non avrebbe tenuto conto della evidenziata diversità e del fatto che l'esigua somma corrisposta dalla compagnia assicurativa mirava solo a ristorare il danno morale e esistenziale;

8. il motivo, nei limiti in cui è argomentato, è inammissibile per non confrontarsi efficacemente con il decisum. La Corte di appello mostra, diversamente da quanto denunciato, di avere chiara la diversa finalità dei benefici di cui al D.Lgs n. 38 del 2000, art. 13 e del risarcimento civilistico e, nondimeno, sulla base di un accertamento - che è di merito - ha giudicato che la somma erogata dalla compagnia assicurativa privata riguardasse il danno biologico e, dunque, una posta omogenea rispetto ad una delle due quote di cui è composta la rendita INAIL. Ha quindi ritenuto che la somma liquidata dalla Compagnia assicurativa andasse detratta dall'importo dovuto, a detto titolo, dall'INAIL in ragione della menomazione permanente subita;

9. come noto, infatti, il D.Lgs n. 38 del 2000, art. 13 per le menomazioni pari o superiori al 16%, stabilisce una rendita, ripartita in due quote: una di esse è determinata in base al grado della menomazione, cioè al danno biologico subito;

10. è, dunque, corretta la pronuncia del giudice di appello nella parte in cui ha eseguito l'operazione contabile di scomputo tra due poste omogenee (v. Cass. n. 12401 del 2020): l'Ordinamento vieta duplicazioni di risarcimento che ricorrono quando "uno stesso pregiudizio viene liquidato due volte sebbene con nomi diversi" (Cass. n. 15530 del 2014, in motivazione);

11. con il secondo motivo - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 - è denunciata la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 24 Cost. Il ricorrente deduce l'errata valutazione delle prove e assume che l'INAIL non avrebbe fornito in giudizio alcuna prova a sostegno della sua domanda;

12. anche il secondo motivo si arresta ad un rilievo di inammissibilità;

13. sub specie di violazione di legge, le censure investono una quaestio facti qual è l'accertamento, in concreto, della causale del risarcimento erogato dalla assicurazione privata, così sollecitando un sindacato che è estraneo al giudizio di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5;

14. improprio è, pertanto, il riferimento alla violazione dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 115 c.p.c.;

15. la violazione dell'art. 2697 c.c. ricorre nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non quando oggetto di censura sia, come nel caso di specie, la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (ex multis, Cass. n. 6374 del 2020);

16. del pari inappropriata è la censura di violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c., in concreto, sempre riferita all'apprezzamento del materiale istruttorio, tema estraneo al prospettato errore di diritto, come costantemente affermato dalla Corte (per tutte, Cass. n. 10623 del 2023);

17. con il terzo motivo -ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4 - è dedotta la nullità della sentenza per vizio di motivazione. Parte ricorrente assume l'assenza di giustificazione del decisum;

18. il motivo è infondato alla luce del fermo orientamento della Corte in base al quale è attribuito rilievo solo all'anomalia motivazionale (tra le recenti, Cass. sez.un. 37406 del 2022, con richiami a Cass., sez.un., nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014) che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sè, e che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass., sez.un., n.19881 del 2014; ex multis: Cass. n. 2889 del 2023);

19. nel caso di specie, emerge con chiarezza, anche in base a quanto riportato nello storico di lite, che la sentenza impugnata non è affetta dal vizio denunciato, risultando la decisione della Corte di appello motivata in relazione alle ragioni che sorreggono la determinazione e liquidazione del quantum debeatur;

20. l'esattezza o meno della decisione non riguarda il piano motivazionale, come investito dal motivo;

21. complessivamente, il ricorso va rigettato, con le spese liquidate, secondo soccombenza;

22. sussistono, altresì, i presupposti per il versamento del doppio contributo, ove dovuto.

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente riportati nella ordinanza.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2023