Cassazione Penale, Sez. 4, 16 ottobre 2023, n. 41841 - Infortunio a bordo della motonave durante le fasi di caricamento a bordo e di rizzaggio dei containers



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. ESPOSITO Aldo - rel. Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

Dott. MARI Attilio - Consigliere -

Dott. D’ANDREA Alessandro - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

CULMV C.C. (COMPAGNIA UNICA LAVORATORI MERCI VARIE C.C.) Scarl ;

B.B. & C. S.P.A.;

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 05/07/2022 della CORTE APPELLO di GENOVA;

visti gli atti, ii provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALDO ESPOSITO;

udito il PG Dr. LUCA TAMPIERI, che ha chiesto l'annullamento con rinvio per A.A., B.B. & C. Spa e CULMV C.C. Scarl ;

sentito l'avv. DEL LUCA FAVERO, in sostituzione dell'avv. RAIMONDO ROMANO in difesa di A.A. e della B.B. & C. Spa che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

sentito l'avv. MARINO MARCO in difesa della PARTE CIVILE che ha depositato conclusioni scritte;

sentito l'avv. GARAVENTA ANDREA in difesa di CULMV C.C. (COMPAGNIA UNICA LAVORATORI MERCI VARIE C.C.) Scarl , che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto

 

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Genova, in riforma della sentenza del Tribunale di Genova del 14 aprile 2015, appellata ai soli effetti della responsabilità civile dalla parte civile D.D., ha dichiarato E.E. e A.A. responsabili del fatto illecito loro ascritto nell'imputazione e li ha condannati, in solido tra loro e coi responsabili civili C.U.L.M.V. Scarl e B.B. & C. Spa al risarcimento del danno in favore della parte civile nonchè al pagamento di una provvisionale, in relazione al reato di cui agli artt. 113 c.p. e art. 590 c.p., comma 3, perchè, nelle sottoindicate qualità, con condotte colpose indipendenti, consistite in negligenza, imprudenza ed imperizia nonchè in violazione di legge e di regolamenti nello svolgimento dei compiti di direzione e di vigilanza (il E.E.) e di prudente esecuzione dell'attività demandata (il A.A.), in diretto nesso di causalità con le violazioni accertate nel corso delle indagini, cagionavano a D.D. lesioni personali (frattura esposta femore destro e deficit dello SPE) dalle quali derivava una malattia della durata superiore a giorni 40 e una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per uguale periodo di tempo.

In particolare, il E.E., nella sua qualità di caposquadra della C.U.L.M.V., di cui l'infortunato era socio-lavoratore. con qualifica di operaio generico, ometteva di dare ai propri dipendenti adeguate istruzioni e prescrizioni circa le cautele da assumere nell'ambiente di lavoro (nella specie nave) caratterizzato da spazi angusti e dalla compresenza di mezzi pesanti; il A.A., quale conducente del mezzo pesante (carrellone a forche), ometteva di verificare, prima di movimentare il mezzo ed effettuare la movimentazione dei contenitori, che il personale della C.U.L.M.V. fosse in posizione di sicurezza. Per effetto di tali omissioni il D.D., incaricato, insieme ad altro personale della C.U.L.M.V., di collocare sui contenitori imbarcati sulla motonave (Omissis) i twist lock (dispositivi di vincolo dei contenitori tra loro), mentre stava recuperando i predetti dispositivi e si trovava a cavalcioni di una manica a vento, era colpito alla gamba sinistra dal B.B. che nel fare la manovra di retromarcia non si avvedeva della sua presenza, riportando le lesioni indicate in atti; con l'aggravante di avere cagionato alla persona offesa una malattia di durata superiore a giorni 40 e con esiti di natura permanente - in (Omissis).

1.1. In ordine alla ricostruzione dei fatti, l'infortunio oggetto del processo avveniva a bordo della motonave durante le fasi di caricamento a bordo e di rizzaggio dei containers. Il A.A., dipendente della B.B. & C. Spa operante sulla coperta della nave con mansioni di autista di un pesante carrello elevatore a forche, prelevava ciascun container da una motrice con rimorchio, che accedeva alla nave tramite una rampa, per poi collocarlo nel punto stabilito del ponte di coperta insieme agli altri, effettuando con detto mezzo un movimento in avanti e indietro sul ponte.

Sul posto operavano alcuni lavoratori della C.U.L.M.V., addetti al recupero dei fermi metallici necessari al vincolo dei contenitori sul ponte di coperta (c.d. twist lock), mentre altri loro colleghi rizzavano i contenitori stessi, assicurandoli con aste metalliche.

Attraverso l'operazione di rizzaggio i container impilati sulla coperta della nave diventavano una sorta di corpo unico con la nave, in modo da evitare spostamenti del carico durante la navigazione. Il E.E. dirigeva il lavoro del personale C.U.L.M.V..

Durante una manovra in retromarcia del carrello elevatore il B.B. non notava la presenza - in prossimità di una torretta fissa sul ponte di coperta con passo d'uomo (cd. manica a vento) - del D.D., che stava entrando in essa per cercare o per raccogliere alcuni twist lock. Il contatto avveniva mentre il D.D. si trovava a cavalcioni dell'ovale d'ingresso e la gamba sinistra si trovava ancora all'esterno della struttura della manica a vento. La gamba finiva schiacciata tra il muso posteriore del carrello e la parete metallica della manica a vento. Il D.D. non si era avveduto del sopraggiungere in retromarcia del carrello a causa del forte rumore presente sulla nave, tale da coprire anche il cicalino emesso dal carrello. Dallo schiacciamento derivavano lesioni gravissime con esiti di natura permanente.

Il Tribunale assolveva gli imputati, avendo ricollegato l'infortunio ad una condotta imprudente e abnorme del D.D., il quale avrebbe dovuto evitare di posizionarsi in modo da interferire con la zona di manovra del carrello elevatore, in un ambiente di lavoro dagli spazi assai ristretti, ma caratterizzati da un movimento del carrello ben conosciuto, in quanto ripetuto un modo uguale ogni volta nello stesso breve tragitto necessario per il posizionamento del container. Il Tribunale escludeva la responsabilità del A.A., il quale non avrebbe potuto accorgersi della presenza del D.D. in ragione della ridotta visuale offerta dalle telecamere installate sul mezzo, insufficiente ad inquadrare un soggetto posizionatosi dietro al veicolo, giudicando comunque non provato il funzionamento delle telecamere il giorno del fatto. Escludeva altresì la responsabilità del E.E. in quanto titolare di mansioni organizzative solo quanto ai compiti della squadra, ma non di supervisione dei lavori svolti dalla stessa.

1.2. Il giudizio di appello ha riguardato esclusivamente la responsabilità civile degli appellati E.E. e A.A., i quali - in assenza di appello del P.M. - erano stati assolti con sentenza definitiva dall'accusa penale.

Secondo la Corte territoriale, il rischio, dalla cui concretizzazione derivava l'evento lesivo per il D.D., era ampiamente prevedibile e previsto dal datore di lavoro committente - al quale tuttavia era impossibile muovere rimproveri di sorta in questo processo, nel quale è presente solo come responsabile civile - ma aveva anche carattere intuitivo, così da poter essere individuato sulla base di comuni regole di prudenza anche dal titolare di una più attenuata posizione di garanzia.

Il E.E. aveva i compiti di assegnare le mansioni ai componenti della squadra e di vigilare su tale interferenza con il lavoro del carrellista della B.B. & C. Spa quantomeno segnalando i pericoli di tale situazione alla committenza. Non avendovi provveduto, avrebbe almeno dovuto concordare con l'autista del mezzo l'operatività della squadra di lavoratori a piedi e del carrello in differenti zone di lavoro o prescrivendo ai componenti la squadra di operare in una zona della nave diversa da quella impegnata di volta in volta dai movimento del carrello, controllando che nessuno, in ragione delle indicazioni inerenti lavoro da svolgere da lui impartite, si trovasse, anche solo per imprudenza o per un momento di disattenzione, esposto al pericolo di investimento del pesante mezzo. La posizione del E.E. era assimilabile a quella del preposto, soggetto obbligato a segnalare situazioni di pericolo per l'incolumità dei lavoratori e di impedire prassi lavorative contra legem.

Il A.A., autista e manovratore del carrello elevatore, conscio della presenza di sei lavoratori C.U.L.M.V., che muovendosi a piedi sulla stessa zona della nave, si sarebbero potuti trovare, anche per loro errore, in prossimità dell'area di manovra del carrello, avrebbe dovuto prestare attenzione a tale manovra, non affidandosi alla mera presenza di un cicalino scarsamente udibile in un luogo fortemente rumoroso o alle immagini di una telecamera che consentiva una visione posteriore limitata.

Secondo la Corte di merito, la condotta del D.D., anche a volerla considerare inutile o imprudente, non risultava eccentrica rispetto alle mansioni demandategli, consistenti proprio nella raccolta dei c.d. twist lock sparsi nell'area di lavoro ed occorrenti per l'ancoraggio e il rizzaggio dei container alla nave. Il D.D., infatti, stava effettuando proprio le operazioni richiestegli dal caposquadra e non era dimostrato che fosse impegnato in altre attività.

2. La responsabile civile C.U.L.M.V. C.C. e il A.A., a mezzo dei rispettivi difensori, proponevano ricorso avverso la sentenza della Corte di appello.

3. RESPONSABILE CIVILE C.U.L.M.V. C.C. (un motivo di impugnazione).

3.1. Violazione dell'art. 178 c.p.p. per omessa citazione del Responsabile Civile C.U.L.M.V..

Si deduce l'omessa notifica del decreto di citazione a giudizio nei confronti dell'avv. Andrea Garaventa, difensore della responsabile civile C.U.L.M.V., e che ciò aveva determinato la nullità del giudizio di secondo grado.

4. A.A. (tre motivi di impugnazione).

4.1. Violazione dell'art. 603 c.p.p., comma 3-bis.

Si osserva che ben quattro sentenze emesse da vari giudici che avevano trattato il caso dell'infortunio sotto vari profili avevano ritenuto l'accadimento causato dalla condotta abnorme ed imprudente del D.D. e, in particolare, la sentenza n. 959 del 13 luglio 2017 della Corte di appello di Genova, che aveva riconosciuto la responsabilità esclusiva del D.D..

Peraltro, a fronte di tutte le possibili problematiche nascenti dall'obbligo di rinnovazione delle prove dichiarative, la Corte di appello erroneamente non ha disposto l'audizione di due testimonianze decisive ai fini della corretta ricostruzione del fatto e all'ascrivibilità dello stesso al solo D.D.: 1) F.F., uno dei responsabili tecnici della B.B. & C. Spa giunto sul posto due o tre minuti dopo l'infortunio; 2) G.G., compagno di lavoro ed amico dell'infortunato D.D., presente a pochi metri di distanza, che sentiva l'urlo del D.D. e prestava i primi soccorsi.

4.2. Vizio di motivazione in relazione all'art. 590 c.p..

Si deduce che appare di difficile comprensione l'affermazione della Corte di appello dell'assenza di particolari contestazioni sulla dinamica del fatto (pag. 4 della sentenza) e appare non giustificabile la mancanza di vaglio critico delle interessate affermazioni del D.D., smentite da testi indifferenti ed attendibili. La Corte ligure ha accolto le affermazioni del D.D. senza correlarle alle emergenze processuali.

4.3. Travisamento della prova e del fatto in relazione all'art. 590 c.p..

Si osserva che la sentenza impugnata costituiva il frutto della omissione della valutazione di prove attendibili e pacifiche e dell'adesione alla narrazione del D.D., totalmente ed inconciliabilmente distante dalla realtà. Il D.D., infatti, era seduto a cavalcioni dell'apertura della manica a vento ed era distratto da un'incombenza personale. Non occorreva eseguire in quel luogo la raccolta dei twist lock, perchè essi non si trovavano nel luogo dell'infortunio.

5. Con memoria del 15 maggio 2023, la difesa della parte civile D.D. chiede dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi o, in subordine, il rigetto dei medesimi.

Si rileva che la responsabilità dei datori di lavoro C.U.L.M.V. ed B.B. & C. Spa doveva essere riconosciuta ai sensi dell'art. 2049 c.c. e che la Corte di appello è giunta ad una disarticolazione completa della sentenza di primo grado, con argomentazioni assolutamente precise e coerenti con le risultanze processuali.

Al riguardo, dovevano essere richiamati gli obblighi generali del datore di lavoro di cui all'art. 2087 c.c., e quelli nascenti in capo al preposto ex D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 19, comma 1. Solo in caso di assolvimento di detti obblighi, è possibile addentrarsi nella disamina di eventuali condotte abnormi o eccentriche del lavoratore infortunato, interruttive del nesso di causalità. La condotta omissiva ben può essere ascritta al preposto se è provata la sua conoscenza di prassi comportamentali contrarie alle norme antinfortunistiche.

Il ricorrente A.A. invoca una diversa lettura degli elementi posti a fondamento della decisione, senza individuare vere lacune motivazionali nella sentenza impugnata, doglianza non ammissibile in sede di giudizio di legittimità.

Con riferimento all'impugnazione presentata dalla responsabile civile C.U.L.M.V., si evidenzia che l'imputato E.E. non aveva proposto impugnazione, per cui, nei di lui confronti, la sentenza doveva ritenersi passata in giudicato. La formulazione del solo motivo di doglianza relativo alla violazione di norma processuale attinente alla validità della citazione, senza dedurre alcunchè in relazione ad eventuali vizi motivazionali, lascia intatto l'impianto argomentativo della sentenza impugnata, compresa la cd. condanna derivata a carico della stessa.
 

Diritto

 


1. I ricorsi sono fondati.

2. L'unico motivo di ricorso proposto dalla responsabile civile C.U.L.M.V. Scarl è meritevole di accoglimento.

Come rilevato dal difensore del responsabile civile) avv. Andrea Garaventa, dall'esame degli atti è emerso che nel decreto di citazione dinanzi alla Corte di appello l'avv. Marco Marino, ossia il difensore della parte civile D.D., era stato erroneamente indicato quale difensore del responsabile civile.

Per effetto di tale errore originario l'avv. Andrea Garaventa, in proprio e in qualità di domiciliatario ex lege della responsabile civile C.U.L.M.V., non riceveva il decreto di citazione a giudizio in Corte di appello per la prima udienza, fissata per il 9 dicembre 2021, e per la successiva ordinanza di rinvio di tale udienza a quella del 15 marzo 2022, per cui non era messo in grado di partecipare al processo di secondo grado.

Nel verbale di udienza, peraltro, era stato riportato il nominativo dell'avv. Nadia Giambirtone (designato quale sostituto processuale dal difensore di parte civile) quale difensore sia della stessa parte civile sia della responsabile civile, nonostante l'evidente inconciliabilità di tale doppio incarico.

L'omessa notificazione dell'avviso di dibattimento al difensore di fiducia della responsabile civile determina una nullità di ordine generale prevista dall'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), (vedi per riferimenti, in tema di omessa notifica del decreto di citazione a giudizio al difensore dell'imputato, Sez. 4, n. 7968 del 06/12/2013, dep. 2014, Di Mattia, Rv. 258615; Sez. 3, n. 6240 del 14/01/2009, Plaka, Rv. 242530).

Contrariamente a quanto dedotto dalla difesa di parte civile, la mancata formulazione di motivi di impugnazione attinenti all'affermazione di responsabilità del A.A. non è di ostacolo all'accoglimento del ricorso. L'opposta soluzione precluderebbe proprio il diritto al contraddittorio della responsabile civile, che si verrebbe privata ingiustamente di un grado di giudizio.

La doglianza della responsabile civile, peraltro, non poteva che essere fatta valere col rimedio del ricorso per Cassazione, primo atto col quale essa poteva dolersi dello svolgimento del giudizio di appello senza la propria partecipazione.

3. E' fondato anche il primo motivo del ricorso proposto dal A.A. nei termini qui di seguito specificati.

3.1. Va premesso che, in base all'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell'attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è tenuto, anche d'ufficio, a rinnovare l'istruzione dibattimentale anche successivamente all'introduzione dell'art. 603 c.p.p., comma 3-bis ad opera dalla L. 23 giugno 2017, n. 103 (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini, Rv. 281228 - 02).

Nell'affermare tale principio le Sezioni Unite hanno osservato che l'introduzione del citato art. 603 c.p.p., comma 3-bis. ha dato vita ad una norma eccezionale, di stretta interpretazione, che individua una nuova ipotesi di ammissione delle prove, limitando l'obbligo alle ipotesi in cui il soggetto impugnante sia il pubblico ministero e non la parte civile (Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112). Tale affermazione, tuttavia, non autorizza a ritenere che, in caso di impugnazione della sola parte civile, il giudice di appello che intenda riformare in peius una sentenza di assoluzione non sia obbligato a rinnovare le prove dichiarative incidenti in maniera decisiva sulla decisione (Sez. 6, n. 14062 del 16/03/2021, A, Rv. 281661). L'introduzione di un principio come quello dell'art. 603 c.p.p., comma 3-bis, per l'appello del pubblico ministero non osta a ritenere che il percorso esegetico disegnato dalle sentenze delle Sezioni Unite Dasgupta e Patalano mantenga una propria vitalità ed autonomia, in quanto si ispira a principi di rango superiore a quello della legge ordinaria: e cioè il principio del giusto processo - di cui il canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio è un corollario - che a sua volta è di matrice;- tanto costituzionale-quanto convenzionale. La garanzia del giusto processo implica, quindi, che i meccanismi e le regole sulla formazione della prova non subiscano distinzioni, a seconda degli interessi in gioco, e operino anche nel caso in cui la riforma della pronuncia assolutoria di primo grado sia sollecitata nella prospettiva degli interessi civili, a seguito di impugnazione della sola parte civile (Sez. 6, n. 37592 del 11/06/2013, Monna, Rv. 256332).

Orbene, nella fattispecie in esame, come si evince chiaramente dalla sentenza impugnata, la Corte di appello ha fondato la sua pronuncia di condanna agli effetti civili, tra l'altro, su una diversa valutazione della prova dichiarativa, censurando implicitamente la valutazione del Tribunale, che aveva disatteso le dichiarazioni del teste G.G., che forniva una ricostruzione dei fatti divergente sotto vari profili rispetto a quella prospettata dal D.D.: a) in ordine al posizionamento dei twist lock, che secondo il D.D. sarebbero stati sparsi nella zona del percorso del carrello o all'interno della manica a vento e ad avviso del G.G. sarebbero stati collocati a bordo nave perchè nei raggi di azione dei mezzi la parte di manovra era sempre pulita; b) quanto al rumore, assordante secondo il D.D., per cui non gli avrebbe consentito di accorgersi dell'arrivo del carrello e che, invece, ad avviso del D.D.. non era eccessivo, permetteva di comunicare a voce e aveva consentito alla persona offesa di sentire l'avvisatore acustico poco prima dell'urto e cioè il cicalino del carrellone.

La Corte territoriale, pertanto, ha mutato la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni del teste G.G. senza procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva.

Non ricorre invece la necessità di rinnovazione istruttoria in relazione all'audizione del teste D.D., intervenuto sul posto dopo il fatto, in quanto, per pervenire all'affermazione di responsabilità degli imputati, la Corte di merito non ha formulato un giudizio di inattendibilità delle sue dichiarazioni.

3.2. E' ugualmente fondato l'ulteriore profilo di censura - sempre relativo al primo motivo di ricorso - attinente all'omessa valutazione del contenuto delle sentenze civili depositate dalla difesa dell'imputato, pervenute ad un esito decisorio opposto e, in particolare, della sentenza n. 959 della Corte di appello di Genova - sezione seconda civile - del 13 luglio 2017, che, nel trattare l'azione di rivalsa ex art. 1916 c.c. esperita dall'INAIL nei confronti del datore di lavoro dell'infortunato, aveva riconosciuto la responsabilità esclusiva del D.D., alla luce della sua condotta abnorme ed imprudente, essendosi egli posizionato in modo del tutto imprevedibile a cavalcioni di una manica a vento verso la quale stava eseguendo la manovra di retromarcia il carrellista, senza avvertirlo di tale spostamento pericoloso nel raggio di azione del mezzo, e mantenendo un atteggiamento distratto dal lavoro, in quanto impegnato in faccende private, come desumibile dal materiale rinvenimento nel luogo del sinistro del telefono cellulare del lavoratore, di un taccuino e di una matita, per cui non si era accorto del carrello che sopraggiungeva con il segnalatore acustico di retromarcia in funzione.

Al riguardo, va ricordato che, in tema di prova documentale, le sentenze, come qualsiasi atto valutativo, possono considerarsi documenti, ed essere utilizzati come prova, solo per i fatti documentali in esse rappresentati (ad esempio, il fatto che un certo imputato sia stato sottoposto a procedimento penale e che la sua posizione sia stata definita in un certo modo) e non per il fatto documentato (la ricostruzione dei fatti e la valutazione probatoria da parte del giudice); a questa regola logico-sistematica fa eccezione, per motivi essenzialmente di ordine pratico, l'art. 238 bis c.p.p., che ammette l'acquisizione delle sentenze divenute irrevocabili "ai fini della prova di (recte, del) fatto in esse accertato"; trattandosi, invece, di sentenze non irrevocabili, data l'espressa limitazione normativa, deve escludersi l'acquisizione di esse per le valutazioni ivi contenute, id est, per la loro parte motiva; il che si estende alla ricostruzione dei fatti oggetto dell'altro procedimento, che necessariamente implica un aspetto valutativo-interpretativo delle risultanze processuali (che investe la selezione dei fatti ritenuti rilevanti, la loro sequenza logica, l'accentuazione di questo o quell'aspetto o di questa o quella circostanza) (Sez. 6, n. 10258 del 07/07/1999, Arcadi, Rv. 215266).

La Corte distrettuale, pur richiamando sinteticamente il dato dell'avvenuto deposito delle sentenze civili di segno opposto, le ha del tutto ignorate in fase di valutazione. L'organo giudicante non era ovviamente vincolato ad uniformarsi al contenuto di tali decisioni, ma avrebbe comunque dovuto esaminarne il percorso decisionale e spiegare le ragioni della formulazione del proprio diverso convincimento.

La Corte di appello, invero, ha liquidato come mere congetture non dimostrate e in parte inverosimili - alcune prospettazioni difensive (recepite nella suindicata sentenza civile) come l'uso del telefono da parte del D.D. e la non eccessiva rumorosità dell'ambiente di sottofondo, di intensità tale da non coprire il rumore del cicalino del carrello e del suo motore, mentre avrebbe dovuto approfonditamente confrontarsi con tali significativi elementi probatori documentali e con le ragioni sottese a tali pronunzie.

3.3. Restano assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso proposto dal A.A..

Peraltro, versandosi in ipotesi di accoglimento di un motivo di ricorso per Cassazione non esclusivamente personale (doglianza attinente alla valutazione circa la responsabilità esclusiva della vittima dell'infortunio), l'impugnazione della difesa del A.A. produce il suo effetto estensivo anche nei confronti del E.E., originario coimputato non ricorrente, ai sensi dell'art. 587 c.p.p., comma 1, (Sez. 3, n. 55001 del 18/07/2018, Cante, Rv. 274213 - 02).

4. Per tali ragioni la sentenza impugnata va annullata agli effetti civili, anche nei confronti di E.E. ex art. 587 c.p.p., con rinvio, per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui va demandata altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.
 


P.Q.M.
 

Annulla agli effetti civili la sentenza impugnata, anche nei confronti di E.E. ex art. 587 c.p.p. e rinvia, per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2023