Camera dei Deputati
XIX LEGISLATURA

N. - 375

PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa delle deputate BARZOTTI, ASCARI
Disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle condotte vessatorie a carico dei lavoratori e delle disfunzioni organizzative ansiogene nei luoghi di lavoro
Presentata il 17 ottobre 2022

 

ONOREVOLI COLLEGHI ! - La presente proposta di legge tutela qualsiasi lavoratore da condotte vessatorie e generatrici di stress perpetrate in ambito lavorativo.
Promuovere una cultura del lavoro basata sul rispetto reciproco e la dignità dell’essere umano è fondamentale. Tale assunto si fonda sul fatto che, da un lato, il lavoro è uno dei luoghi privilegiati dove la persona ha l’opportunità di svilupparsi in modo completo e che, da un altro lato, quello che accade nel luogo di lavoro ha, spesso, ripercussioni sull’ambiente familiare e sociale della persona stessa.
L’Italia, con la legge 15 gennaio 2021, n. 4, ha autorizzato la ratifica della Convenzione dell’organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21
giugno 2019 nel corso della 108a sessione della Conferenza generale della medesima organizzazione.
La Convenzione riconosce « il diritto di tutti ad un mondo del lavoro libero dalla violenza e dalle molestie, ivi compresi la violenza e le molestie di genere », e che questi fenomeni sono incompatibili con lo sviluppo di imprese sostenibili e hanno « un impatto negativo sull’organizzazione del lavoro, sui rapporti nei luoghi di lavoro, sulla partecipazione dei lavoratori, sulla reputazione delle imprese e sulla produttività ».
Nell’ambito della violenza sul luogo di lavoro trovano la loro collocazione, oltre alle molestie, anche fenomeni come il mobbing e lo straining che, nonostante l’ormai consolidato riconoscimento a livello fattuale e giurisprudenziale, non hanno ancora un’espressa regolamentazione a livello nazionale. In merito, è d’uopo segnalare che la dottrina e la giurisprudenza appaiono concordi nel ritenere che le vessazioni materiali e psicologiche derivanti dai fenomeni di mobbing o di bossing all’interno dell’azienda sono riconducibili a una violazione dell’obbligo di sicurezza e di protezione dei dipendenti sancito dall’articolo 2087 del codice civile. Si tratta di un’interpretazione evolutiva della norma, che fa discendere l’obbligo contrattuale imposto al datore di lavoro direttamente dal primo e dal secondo comma dell’articolo 41 della Costituzione e che si basa sul principio secondo cui la libertà di iniziativa economica privata nell’esercizio di impresa incontra un forte limite nell’obbligo di non recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità della persona.
Nonostante tale interpretazione estensiva, preziosa nella sua applicazione pratica, si ritiene che fenomeni tanto difficili da identificare e da denunciare siano meritevoli di essere portati all’attenzione anche a livello normativo.
A livello europeo, in data 26 aprile 2018, è stata presentata una proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulle misure per prevenire e contrastare il mobbing e le molestie sessuali sul posto di lavoro, nei luoghi pubblici e nella vita politica nell’UE (2018/2055(INI)).
Il testo sottolineava l’opportunità di adottare un approccio comune invitando gli Stati membri, ad esempio, a:
« introdurre misure intese a prevenire e a combattere la violenza e le molestie sul luogo di lavoro attraverso politiche che definiscano misure di prevenzione, procedure efficaci, trasparenti e riservate per gestire reclami, sanzioni forti e dissuasive per i responsabili, informazioni e corsi di formazione completi per garantire che i lavoratori comprendano politiche e procedure nonché un sostegno alle società nell’elaborazione di piani d’azione per l’attuazione di tutte queste misure; [si] sottolinea che tali misure non dovrebbero essere incorporate nelle strutture esistenti se tali strutture già dispongono di barriere di genere integrate » raccomandazione generale 29);
« investire nella formazione degli ispettori del lavoro in collaborazione con esperti psicologi e ad assicurare che le società e le organizzazioni forniscano un qualificato sostegno professionale e psicosociale alle vittime » - raccomandazione generale 30);
« garantire che le società e le organizzazioni, sia pubbliche che private, predispongano una formazione obbligatoria in materia di molestie sessuali e bullismo per tutti i dipendenti e coloro che ricoprono ruoli dirigenziali; [si] sottolinea che una formazione efficace dovrebbe essere interattiva, continua, adeguata allo specifico ambiente di lavoro e impartita da esperti esterni » - raccomandazione generale 31).
Rispetto allo scenario europeo, occorre segnalare che la prima nazione ad aver introdotto un’ordinanza sul mobbing è stata la Svezia nel 1994 e che la disciplina svedese può essere considerata come il primo codice comportamentale per la gestione delle relazioni interpersonali sul posto di lavoro. Sono seguite la Francia e il Belgio nel 2002. In Spagna sembrerebbe mancare una disciplina specifica, ma vi è un dibattito su diverse proposte di legge sia a livello regionale che a livello nazionale. In Germania, la materia è disciplinata a livello di accordi sindacali.
La presente proposta di legge, composta da nove articoli, si prefigge, in primo luogo, di creare una cultura organizzativa positiva finalizzata alla prevenzione di comportamenti che possano direttamente o indirettamente determinare l’insorgere di stati di disagio o di danno psichico a carico dei lavoratori nonché di intervenire a livello definitorio, formalizzando a livello normativo che alcune condotte che avvengono sul luogo di lavoro sono da considerare « atti vessatori e generatori di stress » (articoli 1 e 2).
In secondo luogo, all’articolo 3 si concentra l’attenzione sulle misure di prevenzione che devono essere adottate dai datori di lavoro, prevedendone alcune a titolo esemplificativo soprattutto a livello di formazione, nel solco degli insegnamenti del principale psicologo del lavoro, Harald Ege, il quale sostiene che i corsi sulla cultura del litigio e sulle tecniche di autodifesa verbale sarebbero fondamentali per prevenire il mobbing. Infatti, i corsi di formazione basati sulla cultura del litigio tendono a deemozionare il conflitto, mentre i corsi di autodifesa verbale conferiscono al lavoratore gli strumenti necessari per difendersi. Tali iniziative dovrebbero coinvolgere tutti i lavoratori ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in ragione del quale « Le norme sulla tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro hanno, infatti, una applicazione generalizzata, estesa a tutti i settori di attività, pubblici e privati e a tutte le tipologie di rischio, nonché a tutti i lavoratori, subordinati ed autonomi ed ai soggetti che si trovino nell’ambiente di lavoro indipendentemente dall’esistenza di un rapporto con il titolare dell’impresa, a meno che tale presenza non rivesta carattere di anormalità ed eccezionalità » (Cassazione penale, sezione IV, sentenza n. 3309 del 23 gennaio 2017).
Tali corsi sono considerati idonei alla prevenzione e i datori di lavoro sono tenuti a indicarli nel documento di valutazione dei rischi di cui agli articoli 17 e 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008.
Nei confronti di coloro che pongono in essere condotte vessatorie, l’articolo 4 della presente proposta di legge configura una responsabilità disciplinare, civile e penale in analogia a quanto previsto in caso di discriminazioni nel luogo di lavoro dall’articolo 40 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, prevedendo, inoltre, l’applicazione delle sanzioni penali di cui agli articoli 583 e 612-bis del codice penale.
Tuttavia, fino a quando non è proposta querela, l’articolo 5 della presente proposta di legge prevede che il lavoratore che subisce condotte vessatorie o generatrici di stress sul luogo di lavoro può presentare al questore richiesta di ammonimento nei confronti dell’autore delle condotte medesime. Lo stesso lavoratore, laddove ritenga che vi sia un caso di discriminazione diretta o indiretta, ne dà comunicazione al consigliere o alla consigliera di parità competente per territorio. Il medesimo articolo prevede la possibilità di dimissioni per giusta causa - e, quindi, di percepimento della nuova assicurazione sociale per l’impiego - in caso di condotte vessatorie o generatrici di stress perpetrate nei due mesi successivi all’ammonimento. Tale procedura è proposta in quanto più snella e veloce di quella attuale, che prevede la prova in giudizio delle condotte vessatorie o generatrici di stress per poter costituire una giusta causa di dimissione.
Dal lato assicurativo, le conseguenze di condotte vessatorie o generatrici di stress sono coperte, ai sensi dell’articolo 6 della presente proposta di legge, dall’assicurazione generale contro gli infortuni sul lavoro laddove si determinino una condizione di salute configurabile come malattia professionale, ma il procedimento amministrativo dovrà essere improntato alla celerità e alla massima collaborazione. Anche la giurisprudenza è concorde con tale impostazione, laddove si è pronunciata accollando all’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) il danno biologico da mobbing e stabilendo che: « Alla luce del sistema introdotto dall’art. 10 del d.lg. n. 38/2000, anche tenuto presente quanto disposto dal d.m. 14 novembre 2008 e dal successivo d.m. 11 dicembre 2009, il disturbo depressivo generato da costrittività organizzativa o mobbing, una volta che ne sia provata l’origine lavorativa, deve essere riconosciuto come malattia professionale indennizzabile dall’INAIL » (tribunale di Larino, 12 ottobre 2010, fonte: Diritto delle relazioni industriali 2011, 4, 1095 nota di Giglio; ma anche tribunale di Ariano Irpino, sentenza del 1° dicembre 2008; corte di appello di Roma, sentenza del 12 dicembre 2011; tribunale di Reggio Emilia, sentenza del 16 novembre 2011). In tal senso, l’articolo 6 prevede che, a seguito di una denuncia di malattia professionale, l’INAIL attivi un percorso collaborativo con l’assicurato volto a fare luce sulle cause della malattia. Laddove la documentazione prodotta sia giudicata insufficiente ma agevolmente integrabile, l’archiviazione è preclusa. L’INAIL, senza ritardo, invita l’assicurato a presentare, entro quindici giorni, nuovi elementi con l’indicazione del tipo di prove richiesto e, ove possibile, delle modalità di reperimento.
È, altresì, necessario e non più procrastinabile avere a disposizione un flusso di dati ufficiali aggiornati e un’ampia raccolta di studi che analizzano il fenomeno della violenza sui luoghi di lavoro. In Italia, infatti, gli studi disponibili sono pochi e alcuni rilevano che il genere possa essere un elemento rilevante nella comprensione del mobbing. Si è, infatti, riscontrata una prevalenza di donne vittime rispetto agli uomini (45,7 per cento uomini e 54,3 per cento donne). Al contrario, si è registrata una prevalenza di uomini aggressori rispetto alle donne (71,4 per cento uomini e 28,6 per cento donne).
Tenuto presente che il mobbing, lo straining, il bossing e ogni altra forma di violenza sul luogo di lavoro si caratterizzano per la loro difficile emersione e considerato lo stato dell’arte della materia in Italia, è indispensabile l’istituzione di un Osservatorio nazionale sulle condotte vessatorie e generatrici di stress nei luoghi di lavoro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, a sua volta, provvede a istituire osservatori regionali presso istituti di ricerca, anche universitari. L’Osservatorio nazionale, ai sensi dell’articolo 7 della presente proposta di legge, provvede al monitoraggio e all’analisi delle condotte vessatorie e generatrici di stress e dello stress psico-sociale nei luoghi di lavoro attraverso la raccolta e l’elaborazione di dati aggregati e di segnalazioni nonché mediante il confronto con le buone prassi già in uso in altri Paesi, europei e no.
Evidentemente, ogni esperienza raccolta è preziosa per poter attuare una strategia efficace contro questo fenomeno.
L’articolo 8 della presente proposta di legge concerne il potenziamento della medicina del lavoro da parte delle regioni, autorizzando a tal fine la spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
Per tutelare le vittime di condotte vessatorie e generatrici di stress sui luoghi di lavoro, l’articolo 9 della presente proposta di legge istituisce un apposito fondo per la loro assistenza legale, compresa la copertura delle spese extra-processuali relative agli oneri allegatori e probatori, nonché di quelle dovute per perizie medico-legali.
 

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità)

1. La presente legge è finalizzata a promuovere una cultura organizzativa positiva nei luoghi di lavoro e a prevenire comportamenti diretti e indiretti che possano determinare l’insorgere di stati di disagio psicologico o psicopatologico nei lavoratori.
 

Art. 2.
(Condotte vessatorie e generatrici di stress nei luoghi di lavoro)

1. Ai fini di cui alla presente legge sono definite condotte vessatorie nei luoghi di lavoro le condotte e le pratiche, poste in essere, direttamente o indirettamente, dal datore di lavoro, da un suo preposto, da un lavoratore dal quale il lavoratore gerarchicamente dipende ovvero da altri lavoratori, volte a danneggiare la dignità e la professionalità del lavoratore o a emarginarlo e che, per la loro intensità, frequenza o durata, causano una lesione all’integrità psicofisica dello stesso lavoratore.
2. Ai fini di cui alla presente legge sono definite condotte generatrici di stress nei luoghi di lavori le condotte e le pratiche, poste in essere, direttamente o indirettamente, dal datore di lavoro, da un suo preposto, da un lavoratore dal quale il lavoratore gerarchicamente dipende ovvero da altri lavoratori, che sono determinate da disfunzioni degli assetti organizzativi aziendali tali da ingenerare nel lavoratore forme di pressione psicofisica superiore a quella connaturata alla natura stessa del lavoro o dell’attività svolta e che sono idonee a causare, anche indirettamente, una lesione dell’integrità psicofisica dello stesso lavoratore.
 

Art. 3.
(Prevenzione, informazione e formazione)

1. Nella valutazione dei rischi e nel relativo documento di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, devono essere esplicitamente indicate le misure adottate, anche per gruppi di lavoratori, per la prevenzione dei rischi collegati alle condotte di cui all’articolo 2 della presente legge. Tra tali misure sono comprese, tra l’altro:
a) nell’ambito delle attività di informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, l’organizzazione di corsi di prevenzione, di informazione, di formazione e di addestramento sulle condotte di cui all’articolo 2 della presente legge ai fini dell’identificazione, della riduzione e della gestione dei rischi;
b) l’organizzazione di corsi sulla cultura del litigio e sull’autodifesa verbale;
c) l’adozione e l’affissione in un luogo accessibile a tutti i lavoratori di uno specifico codice di comportamento e di tutela della dignità nel luogo di lavoro;
d) l’adozione e, ove già esistenti, il potenziamento di meccanismi di segnalazione di illeciti da parte del lavoratore ai sensi della legge 30 novembre 2017, n. 179;
e) la pubblicità delle informazioni rilevanti per l’organizzazione del lavoro, con specifico riferimento alle modalità di impiego dei lavoratori, alle assegnazioni di incarichi, ai trasferimenti e alle modifiche nelle qualifiche e nelle mansioni ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile.
2. Nel documento di valutazione dei rischi di cui al comma 1 sono, inoltre, individuati:
a) le politiche di gestione del personale finalizzate a evitare disfunzioni organizzative rispetto alla specifica realtà aziendale;
b) il contratto collettivo nazionale di lavoro più idoneo al comparto e le misure di riduzione del rischio adottate in caso di adozione di un altro contratto.
 

Art. 4.
(Responsabilità disciplinare, civile e penale)

1. Coloro che pongono in essere condotte di cui all’articolo 2 sono responsabili sul piano disciplinare, civile e penale.
2. Nelle controversie civili in materia di lavoro in cui sia convenuto l’autore di una delle condotte di cui all’articolo 2 della presente legge si applica la disciplina in materia di onere della prova prevista dall’articolo 40 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198. Le lesioni conseguenti alle condotte di cui all’articolo 2, comma 1, della presente legge sono considerate gravi, ai sensi dell’articolo 583 del codice penale; le medesime condotte costituiscono atti persecutori ai sensi dell’articolo 612-bis del codice penale.
 

Art. 5.
(Richiesta di ammonimento al questore)

1. Fino a quando non è proposta querela, il lavoratore vittima di condotte di cui all’articolo 2 può presentare al questore richiesta di ammonimento nei confronti dei soggetti che hanno posto in essere tali condotte. Lo stesso lavoratore, laddove ritenga che vi sia un caso di discriminazione diretta o indiretta, ne dà comunicazione al consigliere o alla consigliera di parità competente per territorio.
2. Il questore, assunte informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata la richiesta di ammonimento di cui al comma 1, ammonisce oralmente il soggetto responsabile e invita il datore di lavoro ad adottare le misure di prevenzione e di contrasto delle condotte di cui all’articolo 2 previste dal documento di valutazione dei rischi, redigendo un processo verbale di quanto disposto. Copia del processo verbale è rilasciata al lavoratore richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito.
3. La messa in atto da parte del soggetto ammonito ai sensi del comma 2 del presente articolo di ulteriori condotte di cui all’articolo 2 nei successivi due mesi costituisce giusta causa di dimissione da parte del lavoratore.
 

Art. 6.
(Accertamento della malattia professionale da parte dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro)

1. Eventuali disturbi psichici o psicosomatici manifestati dal lavoratore a seguito di condotte di cui all’articolo 2 sono considerati di origine professionale. Le disposizioni del presente comma si applicano alle condotte di cui all’articolo 2, comma 2, quando le incongruenze e le disfunzioni organizzative si manifestano in modo sistematico, in un arco temporale determinato o determinabile, e sono ripetute nel tempo e purché siano verificabili e documentabili.
2. A seguito della denuncia di malattia professionale presentata ai sensi del comma 1, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) attiva un percorso collaborativo con il lavoratore volto a indagare sui caratteri e sull’origine della presunta malattia. Qualora la documentazione prodotta sia giudicata insufficiente ma agevolmente integrabile, l’archiviazione è preclusa. L’INAIL invita l’assicurato a presentare, nei quindici giorni successivi, nuovi elementi e indica il tipo di prove richiesto e, ove possibile, delle modalità di reperimento delle stesse. In ogni caso l’INAIL utilizza tutti gli atti già in suo possesso, acquisisce d’ufficio i dati emersi da indagini già effettuate su casi analoghi e integra i dati conoscitivi sul rischio mediante proprie indagini ispettive o, per i profili più strettamente tecnici, avvalendosi di specifiche consulenze tecniche di accertamento dei rischi e della prevenzione.
3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, qualora i competenti servizi sanitari dell’INAIL, sulla base della documentazione medica presentata dall’assicurato, esprimano una prima valutazione di presunta malattia professionale, tutti gli ulteriori esami clinico-specialistici e strumentali necessari per l’approfondimento del nesso eziologico sono svolti a cura e a spese dello stesso INAIL.
 

Art. 7.
(Osservatorio nazionale sulle condotte vessatorie e generatrici di stress nei luoghi di lavoro)

1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito l’Osservatorio nazionale sulle condotte vessatorie e generatrici di stress nei luoghi di lavoro, di seguito denominato « Osservatorio », che si può avvalere del contributo di istituti di ricerca, anche universitari. L’Osservatorio provvede al monitoraggio e all’analisi delle condotte di cui all’articolo 2 e dello stress psico-sociale nei luoghi di lavoro attraverso la raccolta e l’elaborazione di dati aggregati e di segnalazioni nonché mediante il confronto con le buone prassi già in uso in altri Paesi, europei ed extra europei.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità per la composizione e il funzionamento dell’Osservatorio di cui al comma 1.
3. L’Osservatorio di cui al comma 1 pubblica ogni anno, nel sito internet istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i risultati della propria attività. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali presenta alle Camere una relazione annuale sull’attività dell’Osservatorio.
 

Art. 8.
(Potenziamento della medicina del lavoro)

1. Ogni regione provvede al potenziamento delle strutture di medicina del lavoro.
2. Ai fini di cui al comma 1, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
 

Art. 9.
(Fondo per l’assistenza legale alle vittime di condotte vessatorie e generatrici di stress)

1. Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito un fondo per la copertura delle spese legali, nonché per quelle relative alla fase stragiudiziale, in favore dei lavoratori vittime di condotte di cui all’articolo 2, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
2. Agli oneri derivanti dal comma 1, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.


fonte: Camera dei Deputati