Corte d'Appello Napoli, Sez. 2, 06 ottobre 2023, n. 12039 - Infortunio con un nastro trasportatore. Condotta anomala ed esorbitante del lavoratore "capo macchina"


 





REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


La Corte di Appello di Napoli, Il Sezione Penale, composta dai Magistrati:

Dott.ssa Maria Grassi - Presidente;

Dott.ssa Gabriella Nuzzi - Consigliere est.;

Dott.ssa Corinna Forte - Consigliere

all'udienza del 6 ottobre 2023, con la partecipazione del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa D.D.P. e l'assistenza del Cancelliere dott.ssa M.V. ha pronunziato e pubblicato la seguente

SENTENZA
 


nei confronti di:

T.C. nato a M. il (...), elettivamente domiciliato in M. al Viale P. n. 6; libero assente;

difeso di fiducia dall'Avv. Luca Gastini con studio in Alessandria, Piazzetta Santa Lucia 1, presenti

R.L. nato a L. il (...) e residente in C. (L.) alla via R. n. 7/A, libero assente;

difeso di fiducia dagli Avv.ti Luca Gastini e Marika Crivelli, con studio in Alessandria, Piazzetta Santa Lucia 1, presenti

IMPUTATI

del reato p. e p. dagli artt. 113 c.p., 590 c.p., perché, in concorso tra loro, in qualità di datore di lavoro e delegato alla sicurezza della ditta D.S.P. S.p.A. per colpa data da imprudenza, imperizia e negligenza e per violazione dell'artt. 71 e 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008 cagionavano a D.M. lesioni personali (frattura della tibia) giudicate guaribili in oltre quaranta giorni. In particolare, mentre il D.M. toglieva dei cartoni incastrati nella macchina della linea Casemaker Emba 170 il nastro ripartiva improvvisamente trasportando il piede sino al ginocchio sotto il rullo del gruppo stampa e facendolo cadere per terra in quanto non vi erano dei dispositivi di sicurezza sulle linee Casemaker EMBA e Ema 240 per disattivazione e blocco del nastro trasportatore in caso di rimozione della pedana di protezione posta a protezione dello stesso e non era stata la valutazione dei rischi e dei requisiti di sicurezza derivanti dalla linea Emba 170.

In Nola il 15.06.2017

APPELLANTI

Avverso la sentenza n. 1819/2021, pronunciata in data 28 settembre 2021 e depositata in data 6 ottobre 2021, con cui il Tribunale di Nola in composizione monocratica, all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava T.C. e R.L. colpevoli del reato loro ascritto al capo A) della rubrica e concesse le attenuanti generiche, operata la riduzione per il rito, li condannava alla pena di Euro 600 di multa ciascuno, oltre al pagamento delle pene delle spese processuali, con il beneficio della pena sospesa. Veniva disposto il dissequestro e la restituzione all'avente diritto del macchinario, per effetto dell'intervenuto adempimento delle prescrizioni imposte dagli organi ispettivi.

Fatto


Con sentenza n. 1819/2021, pronunciata in data 28 settembre 2021 e depositata in data 6 ottobre 2021, il Tribunale di Nola in composizione monocratica, all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava T.C. e R.L. colpevoli del reato loro ascritto al capo A) della rubrica e contesse le attenuanti generiche, operata la riduzione per il rito, li condannava alla pena di Euro 600 di multa ciascuno, oltre al pagamento delle pene delle spese processuali, con il beneficio della pena sospesa. Il Tribunale disponeva, inoltre, il dissequestro e la restituzione all'avente diritto del macchinario, per effetto dell'intervenuto adempimento delle prescrizioni imposte dagli organi ispettivi.

L'accusa mossa agli imputati è di avere, nelle rispettive qualità di datore di lavoro e delegato alla sicurezza della ditta D.S.P. S.p.a., per colpa consistita in imprudenza, imperizia e negligenza e violazione degli articoli 71 e 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, omettendo di predisporre dispositivi di sicurezza sulle linee Casemaker Emba 170 e Ema 240 atti ad assicurare la disattivazione e/o il blocco del nastro trasportatore in caso di rimozione della griglia posta a protezione dello stesso nonché di valutare nel DVR l'incidenza dei rischi e dei requisiti di sicurezza inerenti alla Linea Emba 170, cagionato al lavoratore D.M. lesioni personali consistite nella frattura della tibia, giudicate guaribili in oltre 40 giorni.

Le cause di verificazione dell'evento lesivo e la dinamica dell'infortunio sono state ricostruite dal Tribunale sulla base del compendio probatorio acquisito in giudizio costituito dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa D.M. e dai testi P. e G., dagli accertamenti esperiti dagli Ispettori del Dipartimento di Prevenzione e dai Carabinieri di Nola, dalle conclusioni dei Consulenti tecnici di parte Ingg. Roberto Romagnoli e Giorgio Laganà (quest'ultimo escusso all'udienza del 28 settembre 2021).

È emerso che in data 15 giugno 2017 D.M., dipendente della D.S.P. SPA - che svolge attività di produzione e vendita di carta, cartone e derivati - addetto alla linea di produzione presso lo stabilimento di Nola con mansioni di capo macchina, dopo aver avviato il ciclo produttivo, si accorgeva che il macchinario denominato Casemaker EMBA 170 si bloccava. Procedeva, pertanto, a verificare dal grigliato laterale la causa dell'inceppamento. Riscontrava che i cartoni si erano incastrati nel percorso dal gruppo c.d. taglierina verso il gruppo stampa 3; a questo punto, azionato il pulsante rosso di stop, saliva i gradini per raggiungere il gruppo stampa e rimuoveva la prima delle tre pedane poste a protezione del nastro trasportatore per liberare i cartoni incastrati. Tuttavia, nel poggiarsi sul sottostante nastro trasportatore, quest'ultimo riprendeva a scorrere, imprigionando il piede destro del dipendente fino al ginocchio nel rullo, dal quale veniva liberato solo grazie all'intervento dei Vigili del Fuoco, con l'uso di una fiamma ossidrica.

D. veniva trasportato presso l'Ospedale di Nola ove veniva sottoposto ad un intervento chirurgico con diagnosi frattura della tibia e prognosi di giorni trenta.

Dagli accertamenti esperiti dagli Ispettori del Dipartimento di Prevenzione emergeva che le linee CASEMAKER EMBA 170 e EMA 240 non erano dotate dei dispositivi di sicurezza per la disattivazione o blocco del nastro trasportatore in caso di rimozione della pedana posta a protezione del nastro medesimo.

Venivano contestate agli imputati, nelle rispettive qualità, la violazione dell'art. 71 comma 4 D.Lgs. n. 81 del 2008, per omessa adozione dei dispositivi di sicurezza idonei a disattivare o bloccare il nastro trasportatore (organo in movimento) in caso di rimozione della pedana posta a protezione dello stesso, nonché l'omesso aggiornamento del Documento Valutazione Rischi carente della valutazione di corrispondenza e adeguatezza dell'attrezzatura ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa in materia e dal libretto di uso e manutenzione della stessa, in violazione dell'articolo 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008.

Il macchinario veniva sottoposto a sequestro preventivo e prescritte agli imputati le misure di adeguamento alla normativa, che in seguito venivano adempiute.

Alla luce del compendio probatorio acquisito, il Tribunale ha ritenuto dimostrata la penale responsabilità dei prevenuti, ritenendo gli stessi, nelle rispettive qualità, titolari di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori, da cui deriva l'obbligo di adottare tutte le misure di prevenzione e protezione dei rischi derivanti dalle mansioni lavorative svolte.

Sulla scorta di quanto riferito dagli Ispettori del Lavoro, il Tribunale ha affermato che il rischio di infortunio derivante dalla rimozione della pedana protettiva del nastro trasportatore era conosciuto o quantomeno conoscibile dal datore di lavoro e, pur tuttavia, non adeguatamente fronteggiato, in ragione del fatto che la pedana di protezione risultava facilmente rimovibile dall'addetto alla macchina e che l'esecuzione di tale operazione comportava l'appoggio del lavoratore su una parte del macchinario in movimento.

Evidenziava che la semplice conoscibilità del rischio specifico obbliga il datore di lavoro ad intervenire per fronteggiare adeguatamente il pericolo di infortunio derivante dall'uso scorretto e vietato del macchinario, anche quando la manomissione dello stesso comporti un intervento complesso o non immediato.

La presenza di un dispositivo di sicurezza o la difficoltà della sua manomissione non costituiscono di per sé presidio e garanzia di sicurezza del macchinario, se non solo in astratto e non esimono il datore di lavoro dall'obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della salute e sicurezza, adeguate al lavoro da svolgere, in maniera da scongiurare in concreto il rischio di infortunio derivante da un possibile utilizzo pericoloso.

Il Tribunale, inoltre, riteneva infondata la tesi difensiva mutuata dalle conclusioni del Consulente di parte ing. L., incentrata sul comportamento abnorme del lavoratore da cui era derivato l'infortunio, consistito nell'avere rimosso consapevolmente e volontariamente la griglia di protezione collocata sul nastro trasportatore senza alcuna autorizzazione, agendo in violazione delle direttive aziendali che imponevano di avvertire il servizio manutenzione, vietando al lavoratore di operare direttamente sul macchinario e della procedura di arresto dell'alimentazione del macchinario, benché formato per l'uso in sicurezza del macchinario, anche per la qualifica professionale rivestita.

Evocava al riguardo il principio secondo cui le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino da incidenti derivati da una sua negligenza, imprudenza ed imperizia, sicché la condotta imprudente del lavoratore non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore e all'emissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro.

Il Tribunale ravvisava, quindi, profili di colpa in capo agli imputati per omessa predisposizione di cautele idonee a prevenire il rischio, in caso di rimozione della griglia di protezione del nastro trasportatore, di contatto con la macchina, mediante dispositivi di arresto consistenti in barriere immateriali ovvero mediante la realizzazione di passaggi che consentissero agli operai di oltrepassare la linea produttiva senza procedere allo scavalco del nastro trasportatore o al passaggio mediante appoggio sullo stesso. Tale profilo di rischio avrebbe dovuto imporre l'immediata previsione e valutazione nel DVR, obbligo gravante sul coimputato R., quale delegato alla sicurezza aziendale.

In punto di trattamento sanzionatorio, il Tribunale, tenuto conto del comportamento tenuto dagli imputati, che avevano provveduto ad adempiere le prescrizioni imposte all'ispettorato del lavoro e al risarcimento del danno in favore della persona offesa, nonché dell'assenza di pregiudizi penali a loro carico, riconosceva le circostanze attenuanti generiche, stimando congrua la pena pecuniaria, determinata nella misura finale di 600 Euro di multa ciascuno, così calcolata: pena base, Euro 1300 di multa, ridotta ad Euro 900 per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, ulteriormente ridotta per effetto premiale del rito ad Euro 600, con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Con distinti atti datati 8 e 9 novembre 2021, proposti nell'interesse degli imputati T.C. e R.L., impugna la sentenza il difensore Avv. Luca Gastini del Foro di Alessandria.

I motivi comuni sono incentrati su:

- nullità della sentenza per difetto di correlazione tra l'imputazione contestata e l'affermazione della penale responsabilità;

- assoluzione per insussistenza del fatto essendo l'infortunio derivato da condotta consapevole e volontaria del lavoratore, contraria alle disposizioni aziendali a lui note ed esorbitante rispetto alle mansioni svolte;

- mancato riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno, concessione della sospensione condizionale della pena a fronte di una multa irrisoria e mancato beneficio della non menzione della condanna.

Riguardo al primo profilo, la difesa contesta il giudizio di penale responsabilità cui è pervenuto il Tribunale incentrato sulla ritenuta omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di misure di sicurezza atte a prevenire il rischio che in caso di rimozione della griglia posta a protezione del nastro trasportatore il lavoratore venga a contatto, anche solo accidentalmente, con una parte del macchinario in movimento.

Tali valutazioni, ad avviso dell'impugnante, tralasciano di considerare alcuni rilevanti dati fattuali emersi dagli accertamenti esperiti dai consulenti di parte Ing. R. e Ing. L., quest'ultimo escusso all'udienza del 28 settembre 2021.

Il primo dato è tratto dalle caratteristiche del macchinario, dotato di due pulsanti rossi di arresto posti sullo stesso piano di comando: uno di semplice stop del gruppo, che però non toglie l'alimentazione al macchinario; l'altro di arresto immediato (c.d. fungo di emergenza) che, disattivando l'alimentazione all'intero macchinario, consente di eseguire interventi di manutenzione in piena sicurezza. La differente funzione dei due pulsanti era ben nota agli addetti alla macchina, come risulta dalle dichiarazioni rese dal teste G.C. (sit del 15 giugno 2017), addetto alla macchina da circa 6/7 anni con mansioni di secondo, da cui emerge che "per fermare il nastro bisogna agire sul pulsante di emergenza. La procedura di fermo macchina in caso di bisogno prevede il blocco totale dei rulli e del nastro".

Il secondo dato è costituito dalle istruzioni aziendali che prevedevano, in caso di blocco della macchina o di operazioni in cui fosse necessario rimuovere la griglia di protezione del nastro trasportatore, l'immediato fermo totale azionando il pulsante di emergenza della macchina nonché la comunicazione al servizio di manutenzione, con divieto per l'addetto alla macchina di effettuare operazioni non autorizzate e non previste dalla propria specifica mansione. Depongono in tal senso le dichiarazioni di G.C., responsabile del servizio di prevenzione della società, escusso il giorno dell'infortunio, ha spiegato come, in caso di inceppamento dei macchinari, bisogna eseguire l'apposita procedura per la quale sono stati formati gli addetti alla linea, osservando la disposizione di non intervenire sugli organi in movimento dovendo in tal caso intervenire il responsabile per la messa in sicurezza della macchina.

Nondimeno, evidenzia l'appellante, il Tribunale ha escluso il comportamento abnorme del lavoratore, affermando la responsabilità del datore di lavoro per mancata previsione di un rischio conosciuto o conoscibile ovvero quello derivante dalla condotta del lavoratore che, agendo in difformità delle istruzioni aziendali, dopo aver tolto la griglia di protezione, viene a contatto con una parte del macchinario in movimento.

Evidenzia come la rimozione della protezione postuli necessariamente un'azione (non accidentale, bensì) consapevole e volontaria del lavoratore. La possibilità che "i lavoratori accidentalmente si posizionassero su una parte del macchinario in movimento" è esclusa in radice dalla stessa conformazione della macchina, giacché l'addetto non lavora sul piano del nastro trasportatore, raggiungibile salendo alcuni gradini e protetto anche da una pesante griglia che non può essere tolta per sbaglio. Inoltre, essendo una condotta vietata a tutto il personale non autorizzato, essa avrebbe potuto avere un'ipotetica rilevanza soltanto nel caso in cui l'infortunato fosse stato un manutentore autorizzato, il che non è contestato nel caso di specie.

Richiama sul punto le dichiarazioni dell'ing. L. che, escusso all'udienza del 28 settembre 2021, ha spiegato come la griglia di protezione del nastro trasportatore si trovasse in sede propria e fosse rimovibile soltanto con un'azione consapevole e volontaria e non accidentale.

Evidenzia, altresì, che il D. era stato formato e informato circa il corretto utilizzo della macchina e delle procedure da seguire in caso di verificazione di uno specifico problema e che è "fantasiosa", giacché non emersa dagli esperiti accertamenti né contestata, l'ipotesi formulata in sentenza secondo cui i lavoratori sarebbero portati a eludere le prescrizioni aziendali e le misure di sicurezza per una sorta di pressione legata ai ritmi lavorativi.

Con il secondo motivo di gravame l'impugnante invoca l'assoluzione per insussistenza del fatto essendo l'infortunio derivato da una condotta consapevole e volontaria dell'infortunato, contraria alle direttive aziendali ed esorbitanti rispetto alle mansioni svolte.

Evidenzia, al riguardo, che la società aveva predisposto un documento specifico per l'utilizzo della macchina in questione ("Uso sicuro linea di produzione Casemaker con gruppi stampa Emba 170", allegato 2 alla relazione dell'Ing. Romagnoli), oggetto di attività di formazione, informazione e addestramento, cui il D. aveva partecipato. Tale apposito documento prevedeva:

- l'obbligo di effettuare solo operazioni per le quali si era qualificati;

- il divieto di accesso all'interno di aree esposte al possibile raggio di azione di organi meccanici con possibilità di accesso solo al personale qualificato e autorizzato dal capoturno o da un superiore, previa adozione della corretta procedura di messa in sicurezza della macchina;

- il divieto di operare su organi in movimento e di rimuovere le protezioni;

- il divieto di effettuare interventi per anomalie, dovendosi in tal caso avvisare il responsabile o la manutenzione e attendere l'intervento del personale qualificato;

- il divieto di effettuare interventi per anomalie se non escludendo l'alimentazione dell'intera linea. Osserva l'impugnante che l'obbligo del datore di lavoro di prevedere e prevenire comportamenti rischiosi dei lavoratori non si estende alle azioni volontarie, contrarie alle disposizioni aziendali ed esorbitanti dalle mansioni affidate.

La difesa censura poi le argomentazioni del Tribunale evidenziando come l'infortunio non trovi origine nelle caratteristiche della macchina che, anzi, grazie alla posizione del nastro trasportatore ad un livello superiore rispetto al piano di lavoro dell'addetto e alla griglia protettiva collocata in maniera da impedire il contatto con organi in movimento, consentiva di lavorare in sicurezza, prevenendo del tutto efficacemente infortuni dipendenti da negligenze, disattenzioni e imprudenze del lavoratore.

Inoltre, l'utilizzo in sicurezza della macchina non dipendeva da un obbligo di attivarsi del D., come asserito dal Tribunale, dal momento che non spettava a lui, anzi gli era vietato, occuparsi di risolvere il problema dell'inceppamento.

Nessun infortunio sarebbe avvenuto se il D. avesse chiamato, come avrebbe dovuto, il personale addetto alla manutenzione, che avrebbe fermato l'intera linea azionando il pulsante rosso a fungo anziché quello di semplice stop.

Ulteriore doglianza investe la tesi del Tribunale secondo cui il datore di lavoro è tenuto ad adottare misure di sicurezza volte ad evitare l'elusione volontaria da parte del lavoratore delle misure di sicurezza già esistenti, trattandosi questo di un tipo di rischio che dipende da condotte consapevoli e volontarie del lavoratore, contrarie alle disposizioni normative ed eccentriche rispetto alle mansioni svolte. Evoca, al riguardo, i principi giurisprudenziali che, in tema di colpa derivante dalla violazione della normativa antinfortunistica, impongono ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e di agire con diligenza, prudenza e perizia.

La condotta di sganciamento della griglia era espressamente vietata al D. e a tutti gli operai non manutentori e non rientrava nelle sue mansioni; inoltre, la normativa non prevede affatto la predisposizione di misure di sicurezza volte ad impedire il volontario aggiramento delle misure di sicurezza.

In punto di trattamento sanzionatorio la difesa censura l'omessa valutazione da parte del Tribunale del riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno, la concessione della sospensione condizionale della pena a fronte di una multa irrisoria e mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna.

Ai tre motivi d'appello se ne aggiunge un quarto, riguardante la specifica posizione dell'imputato R.L. al quale, erroneamente, il Tribunale, affidandosi non alle risultanze degli atti ma alla erronea indicazione del capo di imputazione, ha attribuito la qualifica di delegato alla sicurezza.

Invero, R.L. risulta, all'epoca del fatto, Presidente del Consiglio di Amministrazione della società che, in data 3 novembre 2015, quale datore di lavoro, conferiva al T. delega di funzioni in ambito salute e sicurezza sul lavoro e ambiente, ai sensi dell'articolo 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008.

Tale circostanza è facilmente verificabile dalla lettura della visura camerale e della delega a firma del dott. R. del 3 novembre 2015 (allegati all'appello), entrambe trasmesse all'ASL a seguito di richiesta di documentazione in seguito all'infortunio.

La difesa spiega che la scelta di delegare le funzioni di datore di lavoro era, ed è, giustificata dal fatto che la società ha numerosi stabilimenti in Italia e, quindi, al fine di assicurare una reale e concreta tutela, era necessario che ciascuna sede avesse un effettivo datore di lavoro operativo in loco.

Pertanto, le uniche responsabilità residuate in capo al R. quale datore di lavoro delegante a norma dell'articolo 17 del D.Lgs. n. 81 del 2008, erano quelle di designare il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e di predisporre o aggiornare il Documento Valutazione Rischi, adempimenti da lui assolti.

Evidenzia che il DVR, anch'esso presente in atti, era stato aggiornato sotto la Presidenza R. nell'ottobre 2016 e nel giugno 2017, poco prima dell'infortunio; inoltre, era stato predisposto uno specifico manuale di utilizzo sicuro della Linea Emba 170, oggetto di formazione specifica dei lavoratori.

Pertanto, l'ipotizzata omessa valutazione dei rischi e dei requisiti di sicurezza derivanti dalla linea Emba 170, unico profilo in astratto addebitabile al datore di lavoro delegante, è del tutto insussistente e l'eventuale carenza del dispositivo di sicurezza non poteva che fare capo al datore delegato, non già al delegante.

All'udienza del 28 aprile 2023 le parti formulavano le rispettive conclusioni- riportate nel verbale di udienza; il P.G. chiedeva un rinvio per repliche al 15 settembre 2023.

Dopo un ulteriore rinvio, dovuto ad impedimento di uno dei componenti del Collegio, all'udienza udienza il P.G. ha rinunciato alle repliche; le difese degli imputati si sono riportati agli atti d'appello e alle memorie trasmesse in data 2 ottobre 2023; all'esito la causa è stata assunta in decisione.

 

Diritto


1.Le questioni poste al vaglio della Corte impongono un preliminare richiamo ai principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, nell'accertamento dell'elemento oggettivo del reato colposo, viene in rilievo, in primis, l'individuazione della regola cautelare violata e del suo atteggiarsi in relazione all'area di rischio considerata; indi, la posizione di garanzia in capo all'agente e, dunque, il suo dovere di osservanza della regola cautelare; infine, la sussistenza di un collegamento, non solo materiale tra condotta e evento, ma anche tra regola violata e evento verificatosi.

Imprescindibile, dunque, è l'individuazione della c.d. posizione di garanzia, da cui discende l'obbligo di osservare le regole atte a preservare il bene protetto dalla norma. A riguardo, la Corte precisa che "la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso"(Cass. IV Sez. Pen. sentenza n. 46087/2022 del 19/10/2022-6/12/2022).

Nello specifico settore della tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, il legislatore ha previsto un articolato sistema di garanzia volto ad assicurare condizioni atte ad eliminare o comunque minimizzare i rischi nello svolgimento delle attività lavorative.

La disciplina mira a prevenire anche i rischi connessi ai comportamenti imprudenti o comunque non appropriati del lavoratore.

Primo garante del sistema è il datore di lavoro, definito come "il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionale e di spesa" (art. 2, co. 1, lett. b) D.Lgs. n. 81 del 2008).

Giova ricordare che il datore di lavoro ha l'obbligo di valutare tutti i rischi connessi alle attività lavorative, di individuare le misure cautelari necessarie e di adottarle, non mancando di assicurarsi che tali misure vengano osservate dai lavoratori (art. 15 D.Lgs. n. 81 del 2008, Misure generali di tutela).

Egli inoltre è tenuto all'osservanza di una serie di obblighi, dettagliatamente elencati nell'art. 18 D.Lgs. n. 81 del 2008, tra cui: valutare, nell'affidare i compiti ai lavoratori, le capacità e le condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza; fornire loro i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale; adottare le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che abbiano ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongano ad un rischio grave e specifico; esigere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti e delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso corretto dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione; adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza; adempiere gli obblighi di informazione, formazione e addestramento cui agli artt. 36 e 37; astenersi dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato.

Il sistema normativo prevede, altresì, che il datore di lavoro possa avvalersi del meccanismo della delega di funzioni, trasferendo gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza su di lui gravanti ad altri soggetti.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l'atto di delega, ex art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, deve riguardare un ambito ben definito e non l'intera gestione aziendale, essere espresso, effettivo, non equivoco ed investire un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa, fermo restando, comunque, l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive. Quanto alla forma, l'efficacia devolutiva della delega di funzioni è subordinata all'esistenza di un atto traslativo dei compiti connessi alla posizione di garanzia del titolare, che sia connotato dai requisiti della chiarezza e della certezza, i quali possono sussistere a prescindere dalla forma impiegata, non essendo richiesta per la sua validità la forma scritta né "ad substantiam" né "ad probationem".

Il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il datore di lavoro, delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza, osservando, a sua volta, l'obbligo di vigilanza.

In ogni caso non sono delegabili la valutazione di tutti i rischi con l'elaborazione del Documento Valutazione Rischi di cui all'art. 28 né la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione rischi.

Le figure di ausilio al datore di lavoro sono i dirigenti e i preposti: i primi attuano le direttive del datore di lavoro, organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa (art. 2, co. 1, lett. d) D.Lgs. n. 81 del 2008); i secondi sovrintendono all'attività lavorativa e garantiscono l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa (art. 2, co. 1, lett. e) D.Lgs. n. 81 del 2008).

Dunque, nel sistema normativo è già previsto che il datore di lavoro vigili sull'osservanza delle misure prevenzionistiche adottate mediante la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza del datore di lavoro delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione adottate a seguito della valutazione dei rischi (Così Cass. Pen. sent. n. 14915 del 19/02/2019).

L'accertamento della qualità di destinatario delle norme antinfortunistiche deve essere in ogni caso effettuato in concreto in riferimento alla singola impresa, alle mansioni svolte, alla specifica sfera di responsabilità gestionale attribuita.

Ciò che rileva, quindi, non è solo e non tanto la qualifica astratta, ma anche e soprattutto la funzione assegnata e svolta in concreto.

Nelle imprese di rilevanti dimensioni, caratterizzate da una struttura organizzativa complessa l'individuazione del garante deve partire, secondo i supremi giudici, dalla identificazione del rischio che si è concretizzato, del settore, in orizzontale, e del livello, in verticale, in cui si colloca il soggetto che era deputato al governo del rischio stesso, in relazione al ruolo che questi rivestiva. Ad esempio, semplificando nel modo più banale, potrà accadere che rientri nella sfera di responsabilità del preposto l'incidente occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa; in quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell'organizzazione dell'attività lavorativa; in quella del datore di lavoro, invece, l'incidente derivante da scelte gestionali di fondo....

2.Tanto premesso, applicando i suddetti principi al caso che ci occupa, occorre, in primis, nel giudizio di merito, individuare la posizione di garanzia rivestita dagli imputati in relazione allo specifico ruolo assunto nei rispettivi ambiti aziendali; quindi, accertare, in relazione al ruolo ricoperto, l'effettiva titolarità del potere del garante di gestione della fonte di pericolo alla luce delle specifiche circostanze in cui si è verificato il sinistro e il correlato obbligo di adottare specifiche misure atte a prevenirlo; infine, riscontrare la sussistenza di un nesso causale tra regola cautelare violata e evento verificatosi, verificando, a contrario, se l'osservanza della regola cautelare avrebbe impedito la realizzazione dell'evento in concreto.

In riferimento all'imputato R.L., dalla documentazione versata in atti emerge chiaramente che, all'epoca del fatto, egli rivestiva la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione della società D.S.P. S.p.A. (assunta dal 27 ottobre 2015, come da visura camerale); che nei poteri conferitigli, vi era quello riguardante le deleghe di funzioni relative all'applicazione delle misure generali inerenti alla sicurezza, all'igiene e alla salute dei lavoratori nell'ambito delle singole unità produttive; e che, in data 3 novembre 2015, quale datore di lavoro, confermava al T., in qualità di dirigente dello stabilimento di Nola, la delega di funzioni in ambito salute e sicurezza sul lavoro e ambiente, ai sensi dell'articolo 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008, già rilasciata in suo favore dai precedenti amministratore.

Sulla scelta del datore di lavoro di avvalersi del meccanismo della delega di funzioni, si osserva che essa è in linea con l'esigenza, propria delle aziende di grandi dimensioni come quella in oggetto, di assicurare una tutela effettiva della salute e della sicurezza all'interno degli stabilimenti, mediante figure presenti ed operative in loco.

Dalla relazione di consulenza redata dal CTU R. emerge che "la D.S.P. spa ha da tempo consolidata un'organizzazione aziendale con l'individuazione delle figure e dei relativi ruoli e compiti nel proprio sistema di gestione della sicurezza che, dal 17/03/2014, risulta certificato e conforme alla BS OHSAS 18001:2007".

Per effetto della delega, dunque, permanevano in capo al datore di lavoro delegante, a norma dell'articolo 17 del D.Lgs. n. 81 del 2008, gli obblighi di predisporre o aggiornare il Documento Valutazione Rischi e di designare il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, adempimenti che il R. ha provveduto ad assolvere durante la sua amministrazione.

Emerge, infatti, che il DVR, era stato aggiornato sotto la Presidenza R. nell'ottobre 2016 e nel giugno 2017, poco prima dell'infortunio e che era stato predisposto uno specifico manuale di utilizzo sicuro della Linea Emba 170, oggetto di formazione specifica dei lavoratori.

E' pacifico, dunque, che gli obblighi cautelari connessi alla specifica posizione di garanzia rivestita siano stati adempiuti dall'imputato in epoca antecedente all'infortunio; né sono ravvisabili ulteriori addebiti, stante la delega di funzioni, integrante una causa di esclusione di responsabilità.

Quanto all'obbligo di vigilanza sul corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, si richiama l'indirizzo dettato dai giudici di legittimità secondo cui che detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni - che la legge affida al garante - concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; sicché l'obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato - al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo - e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 22837 del 21/04/2016).

Alla luce dei richiamati principi e delle evidenze informative e documentali acquisite s'impone nei confronti dell'imputato R.L. una pronuncia di assoluzione dal reato perché il fatto non sussiste.

Riguardo alla posizione dell'imputato T.C., ritiene la Corte che i rilievi difensivi colgano nel segno e siano, pertanto, meritevoli di accoglimento.

Dalla lettura dell'impugnata sentenza emergono le evidenti carenze argomentative circa la rilevanza probatoria e l'incidenza sull'epilogo decisorio degli esiti degli accertamenti tecnici, esperiti dai consulenti Ing. L. e R., da cui risulta che:

- nel documento di valutazione dei rischi, la cui redazione è demandata al datore di lavoro, sono riportati l'organigramma aziendale, l'analisi dei rischi della linea di produzione scatole CASEMAKER e gruppi stampa EMBA 170 - ovvero rischi da taglio e cesoiamento, schiacciamento, impigliamento e trascinamento durante l'uso - nonché l'indicazione delle relative misure di sicurezza da mettere in atto;

- il macchinario scelto per la produzione è conforme alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitaria di prodotto; esso inoltre è dotato di marcatura CE con dichiarazione di conformità CE rilasciata dal fabbricante in data 8/05/2011;

- risultano in dotazione al macchinario diversi sistemi di protezione sia per le azioni durante l'uso ordinario sia per gli interventi in caso di manutenzione e/o riparazione. Il nastro trasportatore e gli altri organi meccanici di spostamento degli imballaggi sono protetti da una griglia di acciaio, che esclude la possibilità di un contatto accidentale da parte il lavoratore che impegni la zona. L'esposizione verso gli organi meccanici in movimento può avvenire solo per effetto della rimozione volontaria della griglia di sicurezza;

- alla conduzione della linea di produzione sono addetti un capomacchina con compiti organizzativi e di controllo generale e altri due operatori come secondo e terzo aiuto;

- tutti gli operatori hanno ricevuto una formazione specifica ed un addestramento adeguato all'uso corretto delle attrezzature in relazione all'esperienza maturata negli anni nella mansione svolta, nonché alla formazione ed alle istruzioni ricevute sui rischi presenti e sulle misure di prevenzione e di protezione richieste;

- la vittima dell'infortunio D.M. è dal 2001 assunto come operaio con mansione di ''capomacchina" della LINEA EMBA 170 da circa 5/6 anni prima dell'infortunio e risulta aver partecipato incontri di formazione specifica in materia di sicurezza sul lavoro svoltisi prima dell'infortunio con l'illustrazione delle istruzioni operative di sicurezza sull'uso delle macchine, con attestati rilasciati nelle date: 31/07/2013, formazione generale (ore 4); 31/07/2013, formazione aggiuntiva per preposti (ore 4); 25/11/2013, formazione specifica (ore 12); 18/6/2014, formazione specifica relativa all'Utilizzo Sicuro della Linea EMBA 170 in data (ore 2);

D.M. risultava aver maturato una esperienza lavorativa pluriennale quale addetto alle lavorazioni in azienda e capomacchina da circa 5 o 6 anni della macchina CASEMAKER EMBA 170;

- ciò nondimeno il giorno 15/06/2017, constatato l'inceppamento della linea CASEMAKER EMBA, il D. saliva i gradini del gruppo stampa e, dopo aver azionato il pulsante rosso di stop del solo gruppo, rimuoveva la prima pedana posta sopra il nastro trasportatore e metteva il piede sul nastro che, mettendosi in moto, determinava l'infortunio;

- la condotta tenuta dal D. si poneva in contrasto con le procedure aziendali specificamente previste per l'utilizzo della linea CASEMAKER EMBA, oggetto dei corsi di formazione e addestramento cui egli aveva partecipato il 18/06/2014 che vietano espressamente l'accesso all'interno di aree esposte al possibile raggio di azione di organi meccanici, consentendo tale possibilità esclusivamente al personale qualificato e autorizzato dal capo turno o da un superiore, previa adozione della corretta procedura di messa in sicurezza della macchina; è vietata, altresì, la rimozione di protezioni alla macchina in movimento;

- le procedure prevedono inoltre che, in caso di anomalie, l'impianto debba essere immediatamente bloccato; che il lavoratore si mantenga in posizione di sicurezza, lontano da-organi in movimento e parti attive; che sia segnalata tempestivamente la situazione al responsabile, per il tempestivo intervento della manutenzione o di personale qualificato per la rimozione dell'anomalia in sicurezza, secondo le prescrizioni del manuale d'uso e manutenzione. E' prescritto inoltre che, prima di procedere, la macchina sia spenta intervenendo sull'interruttore di alimentazione; è vietato eseguire interventi in zone di azione di organi meccanici o in prossimità di parti attive o sotto tensione mettendo l'impianto solo in fermo stop o in emergenza;

- la condotta tenuta dal lavoratore si è posta in evidente contrasto con il divieto di rimuovere le protezioni; di operare su organi in movimento; di effettuare interventi per anomalie senza avvisare responsabile o la manutenzione e senza attendere l'intervento di personale qualificato; di effettuare interventi per anomalie senza escludere l'alimentazione della intera linea.

Fondato e meritevole di accoglimento è, dunque, il motivo di appello incentrato sulla riconducibilità del sinistro alla colpa esclusiva del lavoratore.

Sul punto, giova richiamare l'ormai consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui non integra comportamento abnorme idoneo ad escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l'evento lesivo o mortale patito dal lavoratore il compimento da parte di quest'ultimo di un'operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell'ambito del ciclo produttivo.

Il comportamento abnorme deve consistere, secondo i canoni dettati dalla giurisprudenza di legittimità, in qualcosa di radicalmente ontologicamente diverso dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

Nel caso in esame, la condotta tenuta dal D., frutto di un'estemporanea e imprevedibile iniziativa autonoma, è del tutto anomala ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo in corso e alla relativa area di rischio, oltre che alle proprie mansioni (nelle quali non rientra dell'impianto in caso di blocco o malfunzionamento), ponendosi in palese contrasto con le regole cautelari imposte dalle direttive aziendali e dalle istruzioni d'uso del macchinario, atte a prevenire lo specifico rischio verificatosi in concreto, di cui lo stesso D. era garante, in qualità di "capomacchina" ovvero di responsabile del funzionamento e della sicurezza della linea produttiva.

Non risulta che il D. abbia dato immediata comunicazione del blocco del macchinario al personale addetto alla manutenzione per sollecitarne l'intervento né che abbia disattivato l'impianto con il pulsante di emergenza, ben visibile sul macchinario, prima di rimuovere la grata d'acciaio posta a protezione del nastro trasportatore, operazione comunque a lui vietata dalle disposizioni aziendali.

E' evidente che, ove tali condotte fossero state tenute, l'incidente sarebbe stato scongiurato con elevato grado di probabilità razionale.

Del resto, l'istruttoria dibattimentale non ha consentito di provare che l'osservanza di dette procedure di sicurezza avrebbe potuto ritardare i tempi di riavvio del ciclo produttivo del macchinario né che all'interno dello stabilimento fosse diffusa una prassi pericolosa, in virtù della quale, in caso di inceppamento del macchinario, gli addetti avrebbero potuto azionare il fermo stop, sollevare la griglia d'acciaio posta a protezione del nastro trasportatore e intervenire direttamente su di esso.

Neppure risulta che il T. fosse a conoscenza di una simile prassi contra legem invalsa nello stabilimento da lui diretto e che l'abbia tollerata, omettendo, a sua volta, di segnalarla al datore di lavoro delegante, in maniera che questi provvedesse a dotare il macchinario di idonei dispositivi di sicurezza e di fame menzione nel DVR.

Tali considerazioni inducono ad affermare che il comportamento del D., del tutto avulso dalle sue ordinarie mansioni, abbia concretizzato un rischio - quello connesso all'esposizione del nastro trasportatore e di altri organi meccanici al contatto fisico del lavoratore - esorbitante dagli ordinari limiti di contenimento, garantiti dalla predisposizione della griglia d'acciaio e dall'adozione di specifiche istruzioni aziendali di sicurezza (tra cui il divieto di rimozione della griglia stessa in assenza di blocco totale dell'impianto), e perciò non prevedibile dai garanti primari (direttore dello stabilimento delegato alla sicurezza e datore di lavoro delegante).

Sicché anche nei confronti dell'imputato T.C. va pronunciata sentenza di assoluzione dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.

 

P.Q.M.


Letto l'art. 605 c.p.p.,

in riforma della sentenza n. 1819/2021, pronunciata in data 28 settembre 2021 dal Tribunale di Nola in composizione monocratica, appellata da T.C. e R.L., così provvede:

ASSOLVE gli imputati T.C. e R.L. dal reato loro ascritto, perché il fatto non sussiste. Conferma nel resto.

Così deciso in Napoli, il 6 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 6 ottobre 2023.