Cassazione Penale, Sez. 4, 10 novembre 2023, n. 45294 - Incidente mortale con un'autovettura usurata messa a disposizione dal datore di lavoro



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -

Dott. RICCI A.L.A. - rel. Consigliere -

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 26/09/2022 della CORTE APPELLO di LECCE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;

udito il PG che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il difensore avvocato MASSARI LADISLAO del foro di BRINDISI, in difesa del ricorrente A.A. che ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata.

 

Fatto


1. La Corte d'appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi, appellata dagli imputati A.A. e C.C., ha assolto quest'ultimo in ordine al reato di omicidio colposo in danno di D.D., nonchè di lesioni colpose in danno di E.E. e di F.F. per non aver commesso il fatto; ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di B.B. in ordine ai reati di lesioni colpose in danno di E.E. e di F.F. per difetto di querela; nei confronti dello stesso T., ha rideterminato la pena in ordine al reato di omicidio colposo in mesi sei di reclusione.

La dinamica dell'incidente è stata ricostruita nelle sentenze di merito, conformi, nei termini di seguito indicati.

In data (Omissis) in agro del Comune di (Omissis), e precisamente all'altezza del km (Omissis), si era verificato un sinistro stradale che aveva interessato la sola autovettura (Omissis) di proprietà della World Euro Italy Srl , condotta da C.C. e a bordo della quale viaggiavano tre connazionali, D.D., E.E. e F.F.; il mezzo era stato affidato dalla World Euro Italy Srl in prova a A.A., quale amministratore della Cibo Italia snc, della quale I.I. e le vittime erano dipendenti; T. a sua volta era solito lasciare la disponibilità del mezzo ai dipendenti della società per recarsi nei locali ove dovevano prestare servizio come cuochi e piazzaioli e così era accaduto la sera dell'incidente.

La causa del sinistro era stata individuata nella notevole usura dello pneumatico posteriore sinistro (fabbricato nel 1996), che nel corso del viaggio aveva provocato il distacco della parte centrale del battistrada e per l'effetto l'esplosione della struttura sottostante: l'auto era sbandata ed aveva urtato contro il guardrail, per poi fuoriuscire dalla sede stradale. A seguito del sinistro uno dei trasportati, D.D., era deceduto, mentre gli altri, E.E. e F.F., avevano riportato lesioni.

T. era stato ritenuto responsabile per aver affidato ai dipendenti la vettura Mercedes con uno pneumatico gravemente usurato.

2.Avverso la sentenza, l'imputato, a mezzo di difensore, formulare tre motivi.

2.1 Con il primo, ha dedotto violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ravvisata responsabilità penale. Il difensore lamenta che i giudici di merito avrebbero affermato la responsabilità dell'imputato per avere egli affidato ai dipendente l'autovettura Mercedes recante uno pneumatico gravemente usurato e dunque un mezzo gravemente insicuro, ma avrebbero omesso la disamina delle numerose concause dell'infausto accadimento. In particolare la Corte avrebbe omesso di considerare:

- le dichiarazioni rese dal consulente di parte, ing. H.H., secondo cui la causa del distacco del pneumatico era dovuta ad un surriscaldarnento dello stesso;

- le dichiarazioni del consulente del Pubblico Ministero, ing. Nocioni, secondo cui nella causazione dell'evento avevano influito "il rotolamento prolungato in sovraccarico o sottogonfiaggio" che aveva determinato un surriscaldamento eccessivo e una degradazione dei materiali componenti la gomma, oppure una ossidazione delle tele metalliche a seguito di tagli o perforazioni;

- le convergenti conclusioni degli esperti in ordine al mancato inserimento della cintura di sicurezza da parte della vittima.

La Corte, inoltre, non avrebbe tenuto conto che l'autovettura Mercedes era di proprietà della società World Car Italy e che l'odierno imputato rivestiva la qualità di mero affidatario in prova della stessa sulla base di un contratto stipulato circa due mesi prima rispetto al momento dell'incidente: fra l'altro il titolare del veicolo Ettore F. aveva riferito che, nel momento in cui l'aveva affidata a T., l'autovettura era in buone condizioni e egli stesso aveva provveduto a sostituire gli pneumatici una settimana prima della consegna.

In ogni caso, prosegue il difensore, da un lato non vi era alcuna previsione normativa che imponeva di sostituire gli pneumatici datati e, dall'altro, i consulenti tecnici avevano concordato nel ritenere che lo stato dello pneumatico avrebbe potuto essere rilevato solo da un occhio esperto. Ne consegue che l'imputato non avrebbe potuto prevedere o evitare l'evento dannoso.

La Corte avrebbe, infine, sostenuto che, quand'anche si fosse ritenuto che lo pneumatico usurato fosse l'originaria ruota di scorta (non rinvenuta in dotazione del mezzo), sostituito alla bisogna forse anche da taluno dei dipendenti della Cibo Italia Snc, ciò nondimeno l'imputato doveva ritenersi ugualmente responsabile, in quanto avrebbe dovuto dotare l'auto al più presto di uno pneumatico nuovo ed efficiente, se non anche di una ruota di scorta altrettanto efficiente. Siffatta motivazione era tuttavia illogica e carente, in quanto la Corte non aveva chiarito quando e chi avesse provveduto alla sostituzione del pneumatico: per ipotesi, tale sostituzione avrebbe potuto risalire al giorno stesso dell'incidente, senza che T. ne fosse stato informato.

2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena. La Corte si era limitata ad affermare che congrua era la pena irrogata, pari a mesi 6 di reclusione, in ragione del grado della colpa, trascurando di considerare tutti gli altri elementi indicati dall'art. 133 c.p..

3. Il Procuratore generale, nella persona del sostituto Felicetta Marinelli ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
 

Diritto


1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Si deve premettere che nel caso in cui il giudice di appello confermi la sentenza di primo grado, le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, purchè la sentenza di appello si richiami alla sentenza di primo grado e adotti gli stessi criteri di valutazione della prova (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019 E. Rv. 277218). Va, inoltre, ribadito che nella motivazione della sentenza confermativa di quella di primo grado, il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muià, Rv.254107; Sez. 4 n. 6501 del 26/01/2021PMT c/Todaro Rv. 281049). Quanto alla natura del ricorso in cassazione, si è affermato che il contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo e altri Rv. 254584). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l'apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).

2.1. Ciò premesso/nel caso in esame, la sentenza di primo e di secondo grado hanno ricostruito la dinamica del sinistro in modo coerente con i dati riportati. Il Tribunale ha rilevato che dopo l'incidente lo pneumatico della ruota posteriore sinistra si presentava afflosciato, lacerato e frammentato con totale distacco del battistrada; che i penumatici delle ruote anteriori e quello della ruota posteriore destra erano stati fabbricati rispettivamente nel mese di febbraio 2008 e nel mese di marzo 2006 e presentavano un'usura valutabile tra il 30% e il 40%, mentre lo pneumatico posteriore sinistro, di altra marca, era stato fabbricato nel 1996, ovvero ben tredici anni prima, ed era vecchio e usurato con la gomma cristallizzata e screpolata, ovvero in condizioni suscettibili di agevolare il distacco del battistrada; che non era presente all'interno del veicolo la ruota di scorta e che tale mancanza poteva risalire ad un qualsiasi imprecisato momento successivo al 19.03.2008 (data della revisione). Il Tribunale ha, dunque, concordato con le conclusioni del Consulente Tecnico del Pubblico Ministero, secondo il quale l'incidente si era verificato a causa della eccessiva usura dello pneumatico (verosimilmente quello di scorta montato sull'auto in un momento non individuato), dopo aver spiegato, in maniera non illogica, le ragioni per cui le conclusioni del Consulente Tecnico dell'imputato, secondo cui il cedimento dello pneumatico era da ascrivere al sottogonfiacigio e non ad usura, non potevano essere condivise (pagg.9-12 della sentenza di primo grado). La Corte di Appello, in continuità con la sentenza di primo grado, ha, anch'essa in maniera motivata, ritenuto convincente la ricostruzione del Consulente del Pubblico Ministero.

Sulla base di tale ricostruzione, dunque, giudici di merito hanno individuato la responsabilità nella causazione del sinistro in capo al T., il quale aveva messo a disposizione dei dipendenti un'autovettura non sicura e non si era occupato della corretta manutenzione di tutti i suoi componenti: lo pneumatico che aveva determinato l'esplosione della ruota (fosse esso quello originariamente montato, fosse esso quello di scorta montato in seguito alla rottura di quello originario) era usurato e pericoloso ed era compito del datore di lavoro preoccuparsi, anche attraverso frequenti controlli e verifiche, che i mezzi messi a disposizione dei dipendenti fossero in efficienza in tutte le loro componenti.

Il ricorrente, nel momento in cui lamenta che la Corte non avrebbe preso in considerazione l'intero compendio istruttorio e non avrebbe chiarito quale fosse la regola violata da parte di T., non si confronta con tale percorso argomentativo e non contrappone ad esso alcun valido argomento di fatto e di diritto.

3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. o richiama alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197). Nel caso in esame la pena è stata determinata in misura pari a nove mesi di reclusione, con un richiamo sufficiente al grado della colpa, e poi ridotta a mesi sei di reclusione per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

4.Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo ragioni di esonero.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2023