Cassazione Penale, Sez. 3, 11 dicembre 2023, n. 49041 - Violazioni in materia di sicurezza. Ruolo del Sindaco e delega di funzione


 

Nota a cura di Angelo Giuliani, in Ambiente&sicurezza sul lavoro, 2/2024, pp. 118-122 "Le responsabilità del Sindaco in materia di salute e sicurezza sul lavoro Individuazione della figura del datore di lavoro e responsabilità residuale"


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SARNO Giulio - Presidente -

Dott. GALTERIO Donatella - Consigliere -

Dott. GENTILI Andrea - Consigliere -

Dott. PAZIENZA Vittorio - rel. Consigliere -

Dott. GALANTI Andrea - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza emessa il 18/10/2022 dal Tribunale di Messina;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione del Consigliere Vittorio Pazienza;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Stefano Tocci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
 

Fatto


1. Con sentenza del 18/10/2022, il Tribunale di Messina ha condannato A.A. alla pena di giustizia in relazione ad una pluralità di violazioni del D.Lgs. n. 81 del 2008, a lui contestate nella qualità di sindaco del comune di Torregrossa e conseguentemente di datore di lavoro del personale dipendente: violazioni concernenti la mancata redazione del documento di valutazione dei rischi (capo a), la mancata nomina del soggetto responsabile del servizio di prevenzione e protezione (capo b), la mancata nomina del medico competente per la sorveglianza sanitaria (capo c) e la mancata informazione dei lavoratori circa i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro (capo d).

2. L'impugnazione proposta nell'interesse dello A.A. - qualificato dalla Corte d'Appello di Catania come ricorso per cassazione, con conseguente trasmissione a questa Suprema Corte - deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento a tutti i capi di accusa, per avere il Tribunale erroneamente individuato nel sindaco il "datore di lavoro" in materia di sicurezza.

Il difensore censura, in particolare, il mancato apprezzamento della documentazione prodotta in giudizio, ritenuta dimostrativa del fatto che, già prima dell'accesso degli operanti, era stato ritualmente nominato, quale datore di lavoro, l'ing. B.B., responsabile dell'area territorio e ambiente (essendo egli responsabile di tale articolazione comunale deputata, tra l'altro, agli adempimenti per la sicurezza dei luoghi di lavoro di competenza del datore di lavoro, nonchè le funzioni di supporto al medico competente e al responsabile del servizio prevenzione e protezione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008). Il difensore evidenzia poi, da un lato, l'attribuzione all'B.B., di poteri di spesa per il settore che qui rileva; d'altro lato, sottolinea l'errore di diritto in cui era caduto il Tribunale nel richiamare la disposizione sui poteri non delegabili, in quanto si trattava non già di una delega del D.Lgs. n., ex art. 16, (con la conseguente coesistenza di due figure, il delegante e il delegato), ma di una designazione del datore di lavoro nell'ambito di una pubblica amministrazione, con la conseguente sussistenza di un'autonoma posizione datoriale, cui dovevano ritenersi inapplicabili i limiti di delega di cui all'art. 17..

3. Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, evidenziando che - nella fattispecie - difettava l'espressa attribuzione all'B.B. della qualifica di datore di lavoro, con la conseguente persistenza sul sindaco degli obblighi datoriali.
 

Diritto


1. La non manifesta infondatezza delle doglianze prospettate con il ricorso impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere i reati contravvenzionali ascritti allo A.A. ormai estinti per intervenuta prescrizione, essendo ormai ampiamente decorso il termine massimo quinquennale.

2. Il percorso argomentativo della sentenza impugnata, volto ad affermare l'identificazione del "datore di lavoro" per i dipendenti del comune di (Omissis) nel sindaco A.A., con ogni conseguenza in ordine alla sua responsabilità penale per le violazioni riscontrate dagli operanti, risulta imperniato sulla inesistenza di valide deleghe ad altri soggetti, ai sensi e per gli effetti di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 16, (cfr. pagg. 4, 6, 7 della sentenza impugnata).

In tale prospettiva, il Tribunale ha ritenuto irrilevante la documentazione offerta in giudizio dalla difesa, volta a comprovare che in realtà la posizione datoriale era stata attribuita all'ing. B.B.: si è anzi conclusivamente precisato che "ammessa e non concessa l'eventualità di una valida delega di funzioni dal sindaco A.A. al dirigente B.B." la prospettazione difensiva non sarebbe stata comunque accoglibile, sia per l'impossibilità di estendere la delega agli adempimenti di cui alle lettere a) e b), sia comunque perchè la delega non avrebbe comunque comportato ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 16 comma 3 l'esonero del garante originario da ogni incombenza (determinandosi piuttosto la trasformazione di un obbligo di garanzia in un obbligo di vigilanza: cfr. pag. 7 cit.).

3. Come già accennato nell'esposizione dei motivi di ricorso, la difesa ha censurato l'impianto motivazionale della sentenza, per un verso lamentando un difetto di effettivo apprezzamento dei documenti prodotti, ritenuti dimostrativi dell'attribuzione all'B.B., della qualifica di datore di lavoro per i dipendenti del comune di Torregrossa (cfr. pag. 4 segg. del ricorso), con specifico riguardo: alla delibera comunale relativa al riassetto dell'organizzazione comunale, con l'attribuzione, ad una delle articolazioni dell'area "Territorio e Ambiente", degli adempimenti relativi al D.Lgs. n. 81 del 2008 di competenza del datore di lavoro (anche quanto alle funzioni di supporto al medico competente e al responsabile del servizio prevenzione e protezione, ecc.); alla determinazione sindacale con cui era stata attribuita all'B.B., la responsabilità della predetta area "Territorio e Ambiente"; alla delibera comunale di approvazione del bilancio, con la previsione di risorse per la tutela della sicurezza e dell'igiene sui luoghi di lavoro (riconducibili alla predetta area diretta dall'B.B.).

Per altro verso, la difesa ha censurato la sentenza per aver ricondotto la fattispecie all'istituto della delega, disciplinato dall'art. 16 del D.Lgs. n. 81: è stata infatti prospettata la configurabilità di una autonoma posizione datoriale in capo all'B.B., scaturita dalla rituale designazione da parte del sindaco e connotata dall'autonomia di poteri di gestione e di spesa. Doveva ritenersi perciò erroneo, ad avviso del ricorrente, il richiamo all'art. 16 e ai limiti ivi previsti per l'esercizio del potere di delega, ecc. 4. La prospettazione difensiva fa evidentemente riferimento all'indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte secondo cui "il Sindaco, ove abbia provveduto all'individuazione dei soggetti cui attribuire la qualità di datore di lavoro, risponde per l'infortunio occorso al lavoratore solo nel caso in cui risulti che egli, essendo a conoscenza della situazione antigiuridica inerente alla sicurezza dei locali e degli edifici in uso all'ente territoriale, abbia omesso di intervenire, con i propri autonomi poteri, atteso che con l'atto di individuazione, emanato ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, art. 2, comma 1, lett. b), vengono trasferite al dirigente pubblico tutte le funzioni datoriali, ivi comprese quelle non delegabili, il che rende non assimilabile detto atto alla delega di funzioni disciplinata dal medesimo D.L., art. 16, (Sez. 4, n. 22415 del 12/05/2015, Borghi, Rv. 263873 - 01).

La mancanza di un effettivo confronto, da parte del Tribunale, con la plausibilità di tale specifica ipotesi ricostruttiva, avuto anche riguardo alla documentazione di supporto, impone di ritenere il ricorso immune da profili di manifesta infondatezza: da ciò consegue, come già accennato, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere i reati ascritti allo A.A. estinti per intervenuta prescrizione.

 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2023