Cassazione Penale, Sez. 4, 13 dicembre 2023, n. 49495 - Mancanza nel DVR di un'analisi del pericolo cui era concretamente esposto qualsiasi lavoratore all'atto di accedere nell'area di caricamento automatico delle billette destinate alla pressa



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. MICCICHE’ Loredana - Consigliere -

Dott. MARI Attilio - rel. Consigliere -

Dott. RICCI A.L.A. - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 14/12/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ATTILIO MARI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIULIO ROMANO;

che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

E' presente l'avvocato PERILLO MARCELLO del foro di LECCO, in difesa del ricorrente A.A., il quale, dopo aver illustrato i punti salienti del ricorso, insiste nell'accoglimento.

 

Fatto


1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Brescia ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 14/06/2022 dal Tribunale di Bergamo nei confronti di A.A., imputato del reato previsto dall'art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3, commesso in dato di B.B., riducendo la sanzione irrogata a un mese di reclusione, confermando la concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione.

1.1 Era contestato all'imputato di avere - nella propria qualità di direttore generale e procuratore della Bodega G. & C. Spa - cagionato gravi lesioni personali al B.B.; in particolare, secondo il capo di imputazione - per colpa generica nonchè per colpa specifica consistita nella violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, comma 2, lett. a), - l'imputato non aveva valutato tutti i rischi connessi all'area esterna di caricamento automatico delle billette della pressa P2, con particolare riferimento alla valutazione dei rischi cui si trovasse esposto il lavoratore all'atto dell'entrata nella camera insonorizzata per eventuali operazioni di manutenzione; di modo che il B.B., al fine di sistemare un malfunzionamento nella zona di caricamento delle billette sui rulli di avanzamento, era entrai() nella cabina insonorizzata per sistemare il sensore di rilevamento e, dopo averlo posizionato correttamente, era stato investito al torace da una billetta che gli aveva cagionato gravi lesioni personali.

1.2 La Corte territoriale ha premesso la ricostruzione del fatto operata da parte del Tribunale, sulla base delle dichiarazioni dei testi escussi e dei documenti acquisiti; ricostruzione in base alla quale, il giorno (Omissis), il B.B. (dipendente della società e addetto da 12 anni al comando della pressa denominata P2) si trovava al momento del sinistro nella zona di caricamento delle billette, il quale, a propria volta, avveniva in modo automatico tramite un carello elevatore sul quale veniva posizionato il materiale caricato all'esterno del capannone tramite una cabina insonorizzata e dotata di una porta d'accesso; era quindi emerso che, il giorno dell'infortunio, una billetta si era bloccata vicino al caricamento e che il B.B., si era avvicinato alla stessa, che si era quindi messa in movimento attingendolo al torace.

La Corte, sempre in sede di esposizione del fatto, ha dato atto che il B.B. - in sede di testimonianza - aveva riferito di essere intervenuto vista l'assenza del capo turno e del manutentore elettrico e di avere schiacciato il tasto manuale del quadro comandi e cioè quello che escludeva il caricamento automatico delle billette; di essere quindi entrato nella cabina di caricamento e di avere constatato che un sensore di fine corsa era spostato e non permetteva il caricamento della billetta sui rulli; che, convinto di avere posto la macchina in modalità manuale, aveva toccato il sensore che si era però messo in funzione/ caricando la billetta verso i rulli e cagionandogli lesioni al torace.

La Corte territoriale ha quindi esposto che il Tribunale aveva dato atto che il datore di lavoro, in violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, comma 2, lett.a), non aveva valutato i rischi connessi all'area esterna di caricamento delle billette nella pressa P2, tra cui quelli cui era esposto il lavoratore entrato nella cabina insonorizzata per eseguire operazioni di manutenzione; ha altresì esposto che il Tribunale aveva dato atto che l'imputato, in sede di esame, aveva dichiarato che a lui competeva la stesura del documento di valutazione dei rischi, per il quale era stato assistito dai delegati alla sicurezza; ha quindi esposto che il Tribunale aveva dato atto del profilo di colpa specifica gravante sull'imputato e conseguente alla mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi nel senso suddetto, non essendo stata prevista la collocazione di una fotocellula che, all'ingresso della persona nella cabina, bloccasse il caricamento del materiale e ciò pur dando atto dell'imprudenza del comportamento del lavoratore nell'essersi introdotto all'interno del locale per sbloccare la pressa, ritenendo peraltro che lo stesso non potesse essere qualificato come imprevedibile o estraneo alle mansioni affidate.

1.3 La Corte ha quindi rigettato il motivo di appello riguardante la responsabilità dell'imputata in ordine all'argomentazione difensiva inerente alle dimensioni dell'azienda (avente circa 300 dipendenti e tre stabilimenti) e l'intervenuta delega a esercitare le funzioni in materia di sicurezza del lavoro, aveva dedotto che tali circostanze non escludevano il contestato profilo di colpa specifica, attesa la non delegabilità dell'obbligo previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, comma 2, e considerato che il documento di valutazione dei rischi non presentava alcuna analisi del pericolo cui era potenzialmente sottoposto il lavoratore all'esito dell'accesso nell'area di caricamento automatico delle billette e segnatamente del rischio di venire a contatto con gli organi in movimento dell'apparecchiatura, con la conseguenza che mancava qualsiasi specifica misura di prevenzione così come, di conseguenza, le procedure atte a eliminare il rischio.

La Corte ha altresì rilevato che, nel caso di specie, non si presentava il cosiddetto rischio eccentrico in ragione del dedotto carattere abnorme del comportamento del lavoratore; sul punto, il giudice di secondo grado ha dato atto del fatto che il lavoratore aveva premuto - presumibilmente in modo non adeguato - il tasto di blocco del caricamento automatico, attivando quindi il pur inadeguato presidio di sicurezza predisposto dall'azienda e che l'accesso nella cabina era comunque già avvenuto nei giorni precedenti con analoghe modalità, per cui il relativo comportamento non poteva ritenersi frutto di un'iniziativa estemporanea della persona offesa, quale addetto alla suddetta pressa.

Infine, la Corte territoriale ha accolto il motivo di appello riguardante la dosimetria della pena, ritenendo errata la valutazione compiuta dal Tribunale in dipendenza della concessione delle attenuanti generiche e della ritenuta equivalenza rispetto alla contestata aggravante.

2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione A.A., tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.

Con il primo motivo ha dedotto l'erronea applicazione della legge penale in relazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 590 c.p. e art. 28.

Ha dedotto che la valutazione della responsabilità del datore di lavoro doveva essere calata nel caso concreto e specificamente adattata alla situazione di aziende strutturate e di grandi dimensioni, anche alla luce della circostanza relativa alla eventuale previa segnalazione della situazione specifica e in riferimento alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro.

Con il secondo motivo ha dedotto l'erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 40 e 42 c.p., in considerazione dell'interruzione del nesso di causalità derivante dalla valutazione del cosiddetto rischio eccentrico per il comportamento del lavoratore nell'accadimento dell'infortunio.

Ha dedotto che la zona di caricamento dove era avvenuto l'infortunio era collocata all'esterno del capannone ove si trovava la pressa cui era addetto il lavoratore; che su tale zona la persona offesa non era investita di alcun genere di mansione e che alle conseguenti problematiche di tale macchinario avrebbero dovuto provvedere solo e unicamente i manutentori; deducendo altresì come la persona offesa avrebbe comunque malamente azionato il dispositivo di blocco ovvero di messa in modalità manuale, ravvisandosi quindi un comportamento abnorme e inadeguato in capo al lavoratore e tale da escludere il nesso di causalità con l'omissione addebitata all'imputato.

 

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.

2. Va premesso che, vertendosi - in punto di valutazione di responsabilità dell'imputato - in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui "Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile" (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti, Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617).

3. Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

Il motivo stesso, difatti, si risolve nella mera riproposizione di argomentazioni già sottoposte al giudice di secondo grado e da questi disattese con analitica motivazione; ricordando sul punto che è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970).

3.1 Sul punto oggetto del motivo di impugnazione va quindi rilevato che la Corte territoriale - con conclusione formulata in punto di fatto e non oggetto di alcun rilievo critico da parte della difesa - ha esposto che il documento di valutazione dei rischi (acquisito in atti) non conteneva alcuna analisi del pericolo cui era concretamente esposto qualsiasi lavoratore all'atto di accedere nell'area di caricamento automatico delle billette destinate alla pressa, con specifico riferimento a quello derivante dall'eventuale contatto con gli organi in movimento dell'apparecchiatura.

Su tale specifico profilo, la motivazione della Corte territoriale appare quindi del tutto conforme ai consolidati principi in base ai quali - in tema di prevenzione degli infortuni - il datore di lavoro ha l'obbligo di analizzare e individuare con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, avuto riguardo alla casistica concretamente verificabile in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro, e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Serafica, Rv. 267253; Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep.2017, Furlan, Rv. 270355; Sez. 4, n. 7093 del 11/11/2021, dep. 2022, Malenchini, Rv. 282672, in motivazione).

3.2 I giudici di merito - in conformità con i predetti principi - hanno quindi ritenuto che l'omessa predisposizione del documento di valutazione dello specifico rischio sia idoneo a fondare un addebito colposo nei confronti del datore di lavoro, in quanto il relativo inadempimento ha concretamente impedito l'apprestamento di uno strumento cautelare specifico che avrebbe impedito il verificarsi dell'evento dannoso.

Non rileva altresì la circostanza, dedotta in ricorso e già posta all'attenzione dei giudici di merito, che il titolare dell'azienda si fosse avvalso della collaborazione di professionisti incaricati di risolvere ogni problematica in materia di sicurezza; difatti, la valutazione del rischio, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 17, è compito affidato al datore di lavoro e da questi non delegabile (cfr. Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep. 31/05/2017, Rv. 270355, già sopra citata, ai sensi della quale "in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 28, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata").

4. Parte ricorrente ha altresì censurato la sentenza impugnata - sotto il profilo della violazione di legge - nella parte in cui ha ravvisato la sussistenza del nesso di causalità tra le violazioni della normativa antinfortunistica indicate nel capo di imputazione e l'evento lesivo; ritenendo che tale evento sarebbe stato conseguenza di un comportamento del lavoratore eccedente rispetto alle mansioni affidate, in modo da dare luogo a una condotta connotata dall'attributo dell'abnormità ovvero dalla eccentricità del rischio.

Anche tale motivo è inammissibile, risolvendosi nella riproposizione di argomentazioni già ampiamente confutate da parte della Corte territoriale.

4.1 Va quindi rilevato - sotto tale aspetto - che il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia qualificabile come abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, solo al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente e ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222; Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237).

In particolare, ancora più specificamente, la giurisprudenza di questa Corte ha rilevato che, in tema di prevenzione antinfortunistica, perchè la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748; Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237, cit.).

In sostanza, sulla base dell'esame sinottico dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi che sia interruttiva del nesso di condizionamento la condotta del lavoratore nel solo caso in cui la stessa si collochi in qualche modo al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso, di modo che il comportamento possa ritenersi derivante esclusivamente dal centro decisionale facente capo al lavoratore, potendosi quindi considerare il fattore di rischio come non connaturato alle mansioni svolte o assegnate e quindi non prevedibile e governabile da parte del datore; tanto anche in coerenza con l'espresso disposto del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 20, comma 2, lett. g), che impone al lavoratore di "non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori".

Rilevando altresì che la giurisprudenza di legittimità è ferma nel sostenere che non possa discutersi di responsabilità (o anche solo di corresponsabilità) del lavoratore per l'infortunio quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (Sez.4, n. 16888 del 07/02/2012, Pugliese, Rv.252373, nonchè, in senso coerente, anche Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242), ciò in quanto le disposizioni antinfortunistiche perseguono, il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez.4, n. 4114 del 13/01/2011, n. 4114, Galante, n. m.; Sez. F, n. 32357 del 12/08/2010, Mazzei, Rv. 247996).

4.2 Deve quindi rilevarsi come le argomentazioni espresse dalla Corte territoriale, in adesione a quelle formulate nella motivazione della sentenza di primo grado, si siano adeguatamente confrontate con i predetti principi, con motivazione immune dal denunciato vizio di violazione di legge.

In particolare, la Corte - richiamando quanto desumibile dagli atti - ha rilevato che il lavoratore era investito di mansioni strettamente connesse rispetto al funzionamento del meccanismo di caricamento delle billette, essendo addetto alla relativa pressa e che tale tipologia di intervento era stata già operata nei giorni precedenti con l'evidente consapevolezza da parte dei soggetti preposti.

La Corte quindi, con motivazione coerente con i predetti principi, ha escluso qualsiasi carattere di abnormità in capo al comportamento del lavoratore, in conseguenza del carattere complementare delle mansioni svolte e - in ogni caso - dell'azionamento del (pur inadeguato) meccanismo di blocco del caricamento automatico, presumibilmente non azionato in conseguenza solo di un imperfetto utilizzo del relativo pulsante.

D'altra parte, sempre in coerenza con i predetti principi, deve ritenersi che il datore di lavoro non possa comunque ritenersi esente da responsabilità per l'infortunio quando - come nel caso di specie - abbia omesso di predisporre i necessari presidi prevenzionali per effetto della mancata previsione del relativo rischio nel documento di valutazione.

5. Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2023