Cassazione Penale, Sez. 4, 15 dicembre 2023, n. 50095 - Appalto per l'assemblaggio di carpenteria in ferro e morte dell'operaio saldatore durante l'utilizzo di un carroponte presente in azienda


 

 

Dal compendio probatorio era emersa l'esistenza di una prassi irregolare ..., in cui, a parte saltuari richiami verbali, era di fatto consentito al personale esterno l'utilizzo delle attrezzature pericolose presenti in azienda.

... In tema di infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro di vigilare sull'esatta osservanza, da parte dei lavoratori, delle prescrizioni volte alla tutela della loro sicurezza, può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza (Sez. 4 - n. 35858 del 14/09/2021, Tamellini, Rv. 281855 - 01).
 


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. MICCICHE’ Loredana - rel. Consigliere -

Dott. MARI Attilio - Consigliere -

Dott. RICCI Anna Luisa - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 09/12/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LOREDANA MICCICHE';

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. ROMANO GIULIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza emessa in data 16 gennaio 20231 la Corte d'Appello di Brescia confermava in punto di responsabilità la sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo nei confronti di A.A., riformando la prima pronuncia in ordine alla misura della pena inflitta, che riduceva. Al A.A. era stato contestato il reato di cui all'art. 589 c.p., commi 1 e 2, commesso per negligenza imprudenza e imperizia nonchè in violazione delle norme in materia di tutela della salute e sicurezza suoi luoghi di lavoro, in quanto, amministratore unico della DEA montaggi Srl , aveva cagionato la morte di B.B., operaio saldatore della Metalmec Srl , società con la quale la Edil montaggi aveva stipulato un appalto per l'assemblaggio di carpenteria in ferro, da eseguirsi presso lo stabilimento della DEA Montaggi Srl .

2. I fatti sono stati così ricostruiti dai giudici di merito. Il (Omissis) il predetto operaio B.B., intento a svolgere le operazioni di saldatura a filo di un traliccio in acciaio del peso di 37 quintali, per effettuare le quali era necessaria a movimentazione del traliccio mediante carroponte al fine di ruotarlo su quattro lati, durante la rotazione del traliccio (che, si ripete, veniva movimentato tramite carroponte azionato con pulsantiera a filo) rimaneva schiacciato tra il traliccio sospeso e alcuni cavalletti di ferro posti alle sue spalle; detto schiacciamento aveva cagionato un gravissimo politrauma che aveva determinato la morte del B.B. pochi giorni dopo.

3. All'imputato erano stati contestati, quali profili di colpa specifica, la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18, comma 3 bis, per non aver vigilato riguardo al corretto utilizzo delle attrezzature da parte dei lavoratori, posto che il B.B. utilizzava un carroponte in dotazione alla DEA montaggi senza essere stato a ciò autorizzato nè formato; nonchè la violazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71, comma 7, lett. a) per non aver adottato le misure necessarie affinchè l'uso delle attrezzature di lavoro fosse riservato ai lavoratori allo scopo incaricati ed appositamente formati per utilizzarle.

3. La Corte territoriale, nel confermare la sentenza di primo grado, riteneva sussistente la responsabilità dell'odierno ricorrente in quanto considerava pienamente integrati i profili di colpa consistenti nell'aver messo a disposizione del lavoratore un macchinario che non era abilitato ad utilizzare. A nulla rilevava la corretta redazione del documento di valutazione dei rischi e la previsione dello specifico rischio di evitare che i lavoratori inesperti, estranei alla DEA montaggi, utilizzassero il carroponte, poichè il A.A. era perfettamente a conoscenza di prassi contrarie praticate in azienda ed aveva, in forza della sua posizione di garanzia, l'obbligo di far sì che dette prassi non venissero praticate.

4. Propone ricorso l'imputato per il tramite del difensore di fiducia, deducendo quattro motivi.

4.1 Con il primo e secondo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di contraddittorietà della motivazione in relazione all'art. 192 c.p.p., 533 c.p.p., art. 589 c.p. e D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 18, comma 3 bis e art. 71, comma 7.

La Corte territoriale, omettendo ogni valutazione in ordine al materiale probatorio offerto riguardo ai profili di colpa specifica, aveva fornito una motivazione manifestamente errata, considerando, da un lato, il A.A. come datore di lavoro della vittima anzichè committente, in presenza invece di un regolare contratto di appalto, e, dall'altro, valorizzando - in assoluta contraddizione con il complesso del materiale probatorio acquisito - una circostanza del tutto minimale in rapporto alla istruttoria svolta, ossia il fatto che il A.A. fosse stato a conoscenza di un unico e solo episodio di movimentazione del carroponte in autonomia da parte del B.B..

Da tale dato la Corte territoriale aveva tratto, del tutto illogicamente ed in contraddizione con il quadro istruttorio complessivo (deposizioni del capo officina C.C. e del tecnico 4Zanni, citate nel motivo di ricorso), che vi fosse una prassi scorretta all'interno della Dea Montaggi Srl , prassi che il A.A. non aveva provveduto a rimuovere.

4.2 Con il terzo motivo si denuncia violazione del principio dell'aldilà di ogni ragionevole dubbio. La Corte territoriale aveva desunto la sussistenza della culpa in vigilando dal singolo episodio di movimentazione del carroponte di cui il A.A. si era detto a conoscenza, senza considerare che invece l'istruttoria aveva dimostrato come fossero state adottate le misure idonee a scongiurare l'utilizzo predetto, attraverso precisi richiami scritti.

4.3 Con il quarto motivo i deduce vizio di motivazione in ordine al giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e le contestate aggravanti, che non era stato sorretto da adeguate ed idonee argomentazioni.

 

Diritto


1.I primi tre motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente per intima logica connessione, sono infondati. Le doglianze si risolvono in contestazioni del valore probatorio degli elementi utilizzati dalla Corte di appello per pervenire al convincimento di responsabilità, senza tener conto degli argomenti contenuti nella esaustiva motivazione della sentenza impugnata e elle sostanziano in una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione impugnata e nella proposizione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).. E va altresì rimarcato il principio secondo cui la condanna può essere pronunciata solo se l'imputato risulti colpevole "oltre ogni ragionevole dubbio", non può essere utilizzato, nel giudizio di legittimità, per valorizzare e rendere decisiva una ricostruzione alternativa del fatto emersa in sede di merito su segnalazione della difesa, se tale differente prospettazione sia stata oggetto di puntuale e motivata disamina da parte del giudice, il quale abbia individuato gli elementi di conferma dell'ipotesi ricostruttiva accolta posti a base della condanna, in modo da far risultare la non razionalità del dubbio derivante dalla prospettazione alternativa, non potendo detto dubbio fondarsi su un'ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Sez.1, n. 53512 del 17 luglio 2014, Rv.261600; Sez.4, n. 22257 del 25 marzo 2014, Rv.259204).

2.-Tanto premesso, si osserva invece che i temi probatori risultano adeguatamente esplorati e illustrati sia dalla sentenza di primo grado, sia da quella impugnata, specie considerando che le due pronunzie, corrispondenti alla nozione ed aventi i requisiti della c.d. "doppia conforme", devono essere lette ed esaminate come un unicum motivazionale. E' invero pacifico che nel caso in esame ci si trova in una tipica situazione di " rischio interferenziale", dato dal contatto rischioso tra il personale di imprese diverse operanti nello stesso contesto aziendale che può essere fonte di ulteriori rischi per l'incolumità dei lavoratori (cfr. Sez. 4, n. 9167 del 01/02/2018, Verity James, Rv. 273257 - 01; Sez. 4, n. 44792 del 17/06/2015, Mancini, Rv. 264957 - 01) che fa scattare l'operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione previsti dal D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 26, compendiati nel cd. DUVRI (documento di valutazione del rischio interferenziale). Sul punto, la Corte territoriale non fa altro che richiamare il complesso delle deposizioni riportate nella sentenza di primo grado e mai messe in discussione nella loro attendibilità, e ne propone una ricostruzione perfettamente coerente e logica. In particolare, pur essendo emerso che, in base al Documento unico di valutazione del rischio interferenze, regolarmente redatto dalla impresa DEA, i lavoratori di ditte appaltatrici non potevano utilizzare i macchinari DEA, i giudici di merito hanno rilevato che: 1) il direttore tecnico della DEA, D.D., aveva dichiarato che gli era già stato segnalato che il B.B. aveva utilizzato attrezzature della DEA per eseguire i lavori di cui era incaricato; 2) stesse dichiarazioni erano state rese dal capo officina, C.C., che ha riferito di aver constatato che il B.B. utilizzasse, in maniera impacciata, il carroponte senza saperlo fare, e che spesso era dovuto intervenire per far completare la manovra di rotazione del pezzo; 3) ancora, le medesime dichiarazioni erano state rese da un altro operaio, E.E.; lo stesso imputato aveva riferito che una volta gli era stato segnalato l'uso del carroponte da parte del B.B.. Inoltre, ha rilevato la sentenza impugnata come all'interno dell'officina in cui era avvenuto l'infortunio non erano presenti specifici cartelli di sicurezza, salvo un cartello posto all'ingresso del capannone nord, ben lontano dal luogo in cui il B.B. operava.

Non è dunque affatto illogica la considerazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui dal compendio probatorio era emersa l'esistenza di una prassi irregolare all'interno della DEA, in cui, a parte saltuari richiami verbali, era di fatto consentito al personale esterno l'utilizzo delle attrezzature pericolose della DEA (elemento desunto, tra l'altro, dalla chiara deposizione del D.D., che ha pure riferito come egli intervenisse per permettere al Omissis di completare la rotazione del manufatto con il carroponte). Parimenti del tutto logica e coerente è dunque l'argomentazione secondo cui l'imputato era stato informato di detta irregolarità e che a tal fine non era certo rilevante se l'informazione concernesse uno o più episodi; così come era del tutto insufficiente, ai fini dell'effettivo controllo del rispetto dell'obbligo di osservare le prescrizioni del DUVRI, l'affidarsi a meri richiami verbali effettuati di volta in volta. Si tratta di affermazioni non solo congrue ed aderenti al materiale probatorio esaminato accuratamente dai giudici di merito, ma pienamente rispettose dei principi ripetutamente affermati da questa Corte, e richiamati dalla sentenza impugnata, secondo cui in tema di infortuni sul lavoro, l'obbligo del datore di lavoro di vigilare sull'esatta osservanza, da parte dei lavoratori, delle prescrizioni volte alla tutela della loro sicurezza, può ritenersi assolto soltanto in caso di predisposizione e attuazione di un sistema di controllo effettivo, adeguato al caso concreto, che tenga conto delle prassi elusive seguite dai lavoratori di cui il datore di lavoro sia a conoscenza (Sez. 4 - n. 35858 del 14/09/2021, Tamellini, Rv. 281855 - 01).

3. Anche il motivo con il quale il ricorrente si duole della erroneità del giudizio di bilanciamento è infondato. E' principio acquisito che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto. (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931 - 01). Nel caso in esame, il giudizio di equivalenza è ancorato alla colpa riscontrabile nel caso concreto e non è certamente un ragionamento illogico o arbitrario.

4. Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Segue a quanto esposto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2023