Cassazione Penale, Sez. 4, 20 dicembre 2023, n. 50818 - Cantiere abbandonato e morte del minore. Obblighi dell'appaltatore di lavori edili



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente -

Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere -

Dott. MICCICHE’ Loredana - Consigliere -

Dott. MARI Attilio - rel. Consigliere -

Dott. SESSA Gennaro - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 01/02/2023 della CORTE APPELLO di POTENZA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ATTILIO MARI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PASSAFIUME SABRINA, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso, riportandosi alla memoria depositata.

E' presente l'avvocato PEZZOLLA GIOVANNI, del foro di POTENZA, in difesa di A.A.. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento.

 

Fatto


1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Potenza ha riformato la sentenza emessa il 21/06/2018 dal Tribunale di Potenza nei confronti di A.A., imputato del reato previsto dagli artt. 113 e 589 c.p., contestato in concorso con B.B. e commesso in danno del minore C.C., rideterminando la pena in anni due di reclusione e con condanna al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili, da liquidarsi in separato giudizio, con provvisionale esecutiva pari a Euro 10.000,00.

Era stato contestato all'imputato, nella sua qualità di titolare della omonima ditta edile, di avere realizzato senza titolo abilitativo tre corpi di fabbrica in cemento armato siti alla prima traversa (Omissis), abbandonando sino dal 2004 il relativo cantiere privo di recinzione e di parapetti con tavole fermapiede o intavolato solidamente fissato sui ponti di servizio e sulle aperture presenti sul suolo - opere imposte dalla normativa e necessarie e indispensabili per impedire l'accesso di terzi e/o caduta dall'alto di persone in prossimità dell'apertura di solai - cagionando quindi per colpa generica nonchè per colpa specifica (consistente nella violazione del T.U. emesso con D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, artt. 109 e 146), la morte del minore C.C. che, salito sul piano sopraelevato, era precipitato da una buca priva di protezione ed era caduto al suolo riportando un trauma cranico letale.

La Corte territoriale ha rilevato che, sulla base delle risultanze dibattimentali acquisite nel primo grado di giudizio, emergesse come i lavori fossero stati affidati originariamente alla ditta facente capo all'imputato e come non risultasse che altre imprese fossero mai materialmente subentrate nella gestione del cantiere, tanto in relazione al punto del motivo di appello nel quale il A.A. aveva assunto che i lavori in questione sarebbero stati ceduti alle società Victoria Srl ed Eurocostruzioni Srl ; ha quindi ritenuto condivisibile l'argomentazione del giudice di primo grado in base alla quale, già a decorrere dall'anno 2004, non fossero state predisposte procedure idonee a evitare che soggetti terzi potessero avere libero accesso al cantiere e, in particolare, al solaio sopraelevato ove - sulla base della documentazione fotografica in atti - erano presenti plurime aperture di forma quadrata, prive di idonei meccanismi di protezione atti a prevenire il pericolo di cadute accidentali; in condivisione con le argomentazioni del giudice di primo grado, la Corte territoriale ha altresì rilevato che - anche all'esito della cessione del contratto concluso con la citata Victoria Srl - il A.A. non aveva provveduto a rimuovere dal cantiere i beni di sua proprietà e come quindi lo stesso, anche per effetto della risoluzione del contratto di cessione determinata proprio dall'omessa rimozione medesima, avesse mantenuto la titolarità di uno specifico obbligo di sorveglianza e vigilanza sullo stato dei luoghi, comunque espressamente sancito in seno ai singoli contratti di appalto conclusi con ciascun committente; ha quindi ritenuto che non sussistesse alcun presupposto per rivisitare, in senso critico, quanto sancito dal giudice di primo grado, essendo la ditta del A.A. stata l'unica appaltatrice ad avere mai conservato la materiale disponibilità del cantiere in questione e ad assumere pertanto la posizione di garanzia; la Corte ha altresì ritenuto meritevole il motivo di appello inerente al trattamento sanzionatorio, rideterminandolo nel senso suddetto.

2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione A.A., tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.

Con il primo motivo di impugnazione ha dedotto l'erronea applicazione dell'art. 589 c.p., comma 2, con vizio di motivazione in punto di contraddittorietà e di travisamento della prova, sia testimoniale e sia documentale.

Specificamente ha dedotto che la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che il ricorrente non aveva alcuna titolarità sul cantiere all'interno del quale era avvenuto l'evento letale; in particolare ha dedotto che, dalla documentazione in atti, risultava che, in data 29/04/2004, era stato concluso un contratto di cessione dei lavori dalla ditta del A.A. alla Victoria Srl , comunicato alle autorità amministrative e che i lavori erano stati sospesi da parte del responsabile dell'ufficio tecnico del Comune di Venosa il 25/06/2004, mentre nell'anno 2005 era sopravvenuta la dichiarazione di fallimento della stessa Victoria Srl , con successivo susseguirsi di altre società per l'esecuzione delle opere con contestuale nomina di altri direttori dei lavori.

Ha quindi dedotto che la Corte territoriale avrebbe adottato una motivazione, al fine di giustificare la sussistenza della posizione di garanzia, distonica rispetto a quella adottata ai fini dell'assoluzione del coimputato B.B., in relazione al quale era stato richiamato il principio di effettività delle funzioni di garanzia; ha, in particolare, dedotto che - per effetto della cessione del contratto e. della successiva presentazione all'autorità amministrativa di un progetto in sanatoria e in variante depositato il 18/09/2006 - i relativi obblighi di garanzia fossero stati assunti dalla Eurocostruzioni Srl e che il cantiere era comunque, antecedentemente, passato nella disponibilità della Victoria Srl ; con conseguente insussistenza della posizione di garanzia dedotta da parte dei giudici di merito, comunque consacrata dalla presentazione del citato progetto in sanatoria.

In ordine al passaggio della motivazione relativo alla mancata rimozione dal cantiere di beni di proprietà del ricorrente, ha dedotto un travisamento delle dichiarazioni rese dal coimputato B.B. e dal perito Maruggi; dalle quali sarebbe emersa la sussistenza di un pieno passaggio di consegne con la Victoria Srl al momento della conclusione del contratto di cessione; deducendo altresì come, dal permesso di costruire in sanatoria rilasciato in favore della Eurocostruzioni Srl e dalla successiva ordinanza n. 17/2011 che imponeva la messa in sicurezza del cantiere dopo l'evento letale, il ricorrente non risultava quale destinatario.

Con il secondo motivo di impugnazione ha dedotto l'inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 589 c.p., comma 2, e il vizio di motivazione della sentenza; ha dedotto che, per effetto dell'ordinanza di sospensione dei lavori adottata il 25/06/2004, il cantiere sarebbe rimasto nella esclusiva disponibilità dell'ente locale; deducendo altresì come la fattispecie prevista dall'art. 589 c.p. sarebbe applicabile ai soli cantieri in cui si esplichi attività lavorativa e non ai cantieri ove i lavori siano fermi.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

 

Diritto


1. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.

2. Va premesso che, vertendosi - in punto di valutazione di responsabilità dell'odierno ricorrente - in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui "Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile" (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti, Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617).

3. Ciò premesso, con il primo motivo di impugnazione il ricorrente ha dedotto un vizio di travisamento della prova, in riferimento al complesso degli elementi documentali ivi richiamati e sulla scorta dei quali - sulla base dell'assunto difensivo - sarebbe emerso che la ditta di proprietà dell'imputato non si sarebbe più trovata nella disponibilità del cantiere al momento dell'accadimento letale.

Il motivo è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

3.1 Va quindi premesso che, rispetto al dedotto vizio di travisamento della prova, il vizio medesimo può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso - come quello di specie - di cosiddetta "doppia conforme ", nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018; Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155); ricordando che tale vizio vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia ", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos Silva, Rv. 283370).

In particolare, il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l'inammissibilità, ad addurre l'esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l'atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonchè della effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085).

3.2 Va quindi rilevato che - nelle argomentazioni della Corte d'appello, a propria volta richiamante l'ampio apparato motivazionale posto alla base della sentenza di primo grado - non è ravvisabile alcun travisamento e nè alcun profilo di illogicità nella valutazione degli elementi documentali richiamati dal ricorrente; dovendo anzi rilevarsi come il motivo di ricorso ometta del tutto di raffrontarsi con le argomentazioni spiegate dai giudici di merito e specificamente attinenti alla permanenza dell'obbligo di garanzia in capo all'imputato.

Dovendosi richiamare sul punto il principio in base al quale, in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, il necessario onere di confronto con la motivazione della sentenza impugnata impone al ricorrente, a pena di inammissibilità, di non limitare il proprio esame alla sola parte del provvedimento specificamente riferita alla questione posta, ma di considerare anche le argomentazioni contenute in altre parti comunque rilevanti rispetto al giudizio devoluto sul tema (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425; Sez. 3, n. 3953 del 26/10/2021, dep.2022, Berroa, Rv. 282949).

3.3 Sul punto, va premesso che i giudici di merito hanno fatto applicazione del consolidato principio in base al quale le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa; conseguendone che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perchè possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli artt. 40 e 41 c.p..

Conseguendone che, in tale evenienza, quindi, dovrà ravvisarsi l'aggravante di cui all'art. 589 c.p., comma 2, e art. 590 c.p., comma 3, nonchè il requisito della perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex art. 590 c.p., u.c., anche nel caso di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, purchè la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell'infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante e purchè, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi (Sez.4, n. 14775 del 11/4/2016, Grasso, in motivazione; conf. già Sez. 4, n. 43168 del 17/06/2014, Cinque, Rv. 260947; fattispecie, nella quale l'imputato, nella qualità di responsabile per la sicurezza, è stato ritenuto colpevole della morte di un minore, che, introdottosi con degli amici in un cantiere edile, salito su un solaio, precipitava al suolo attraverso un lucernaio rimasto aperto).

3.4 Tanto premesso in punto di configurabilità della responsabilità colposa nella fattispecie concreta in esame, va rilevato come il motivo di ricorso abbia del tutto omesso di raffrontarsi con gli elementi documentali richiamati nelle sentenze di merito e specificamente attinenti alla rilevanza - nel caso in questione - della scrittura privata con la quale era stata pattuita la cessione del contratto di appalto dalla ditta facente capo al A.A. nei confronti della Victoria Srl , pure espressamente richiamata nel motivo di ricorso.

Difatti, nella sentenza di primo grado era stato dato atto del tenore testuale della predetta scrittura privata e, in particolare, di quanto pattuito ai relativi punti nn. 3) e 5); nei quali, specificamente, era stata prevista la necessità - da intendersi peraltro ripetitiva dei presupposti, previsti, in materia di cessione del contratto, dagli artt. 1406-1410 c.c. - che la cessione medesima venisse accettata da parte del contraente ceduto, accettazione pattuita come condizione risolutiva; mentre era stato altresì previsto che l'impresa del A.A. dovesse liberare da cose e beni di sua proprietà il cantiere entro e non oltre il 14/05/2004, essendo il relativo obbligo pure pattuito a titolo di condizione risolutiva del contratto.

Ne consegue che il giudice di merito - con motivazione coerente e non manifestamente illogica - ha quindi dato atto del fatto che non vi fosse prova dell'accettazione della cessione da parte del contraente ceduto (elemento, a rigore, rappresentante un elemento costitutivo del contratto e la cui prova, sulla base dei principi civilistici, incombe su chi invochi l'avvenuta cessione del contratto stesso).

Mentre, altresì, con argomentazione in fatto pure intrinsecamente coerente, la Corte ha rilevato che il A.A. aveva omesso di ottemperare allo specifico obbligo indicato al punto 5) del contratto di cessione, non avendo rimosso dal cantiere i beni di sua proprietà, come risultante dalla allegata documentazione fotografica riproducente lo stato dei luoghi al 21/03/2011 e dalle dichiarazioni dei testi escussi in dibattimento, sulla base delle quali era risultata la presenza all'interno del cantiere - della gru appartenente alla ditta dell'imputato, elemento di fatto idoneo comunque a perfezionare la condizione risolutiva ivi pattuita e, in ogni caso, il venire meno ex tunc dell'efficacia del contratto di cessione.

3.5 Deve quindi ritenersi del tutto immune da censure la motivazione dei giudici di merito, nella parte in cui hanno ritenuto che il predetto contratto di cessione non abbia - di fatto - mai assunto efficacia, con conseguente permanenza in capo alla ditta dell'imputato degli obblighi di garanzia connessi alla custodia del cantiere.

In relazione alle ulteriori censure tese a sottolineare che, dopo la conclusione del contratto con la Victoria Srl , la materiale disponibilità del cantiere sarebbe stata assunta da ulteriori imprese cessionarie, la Corte territoriale ha adeguatamente motivato in ordine al fatto che non emergeva dagli atti alcuna effettiva consegna materiale del cantiere medesimo nei confronti di ulteriori imprese cessionarie - in relazione alle quali, peraltro, non è risultata dagli atti la conclusione di alcun contratto valutabile ai sensi dei citati artt. 1406-1410 c.c.; e che, in particolare e in relazione alla specifica deduzione difensiva, tale passaggio non era avvenuto nei confronti della Eurocostruzioni Srl , la cui assunzione della materiale disponibilità dell'area non è - coerentemente - stata ricondotta alla sola menzione della società nel progetto in sanatoria presentato presso gli uffici comunali il 28/11/2006.

Conseguendone - in relazione all'assunto difensivo - che non può ravvisarsi alcuna distonia tra le argomentazioni addotte a sostegno della conferma della condanna dell'odierno ricorrente con quelle poste alla base dell'assoluzione dei coimputato B.B., nella sua veste di direttore dei lavori, giustificata sulla base del principio di effettività e per non avere lo stesso mai avuto la materiale disponibilità del cantiere neanche come titolare della citata Victoria Srl e proprio in considerazione della mancanza di effetti giuridici in capo al predetto contratto di cessione.

3.6 D'altra parte, deve rilevarsi comunque come la conclusione dei giudici di merito si appalesi coerente con il principio in base al quale l'appaltatore di lavori edili, nell'esecuzione della propria attività e in base al principio del neminem laedere, deve osservare tutte le cautele necessarie per evitare che non solo i propri dipendenti, ma anche i terzi, riportino danni alla persona; rilevando che tale obbligo non si limita al periodo di mera esecuzione delle opere appaltate, ma anche alla fase successiva, qualora egli conservi il controllo della zona dei lavori, ma soprattutto si concreta nell'obbligo di non lasciare senza custodia situazioni di grave pericolo (Sez. 4, n. 14817 del 02/03/2006, Finato, Rv. 234034; fattispecie nella quale la Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo pronunciata a carico del titolare della ditta appaltatrice che aveva eseguito alcuni lavori condominiali, cui era stato addebitato, pur avendo ancora mantenuto il controllo e la sorveglianza dell'area, di avere lasciato alcuni balconi privi di protezione, dai quali era precipitata, decedendo, una condomina; in senso conforme, Sez. 4, n. 24692 del 29/03/2016, Nobilioni, Rv. 267230); principio dal quale si desume la persistenza della posizione di garanzia in capo all'appaltatore anche nella fase successiva alla eventuale cessione dei lavori e anteriormente al momento in cui l'area interessata dalle opere sia materialmente ed effettivamente entrata nella disponibilità del cessionario.

4. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.

Difatti, gli obblighi di sorveglianza del cantiere incombono sul titolare della posizione di garanzia - da identificare, nel caso concreto e sulla base delle predette considerazioni, nell'odierno ricorrente - anche nel caso in cui i lavori non siano in corso di esecuzione; essendo attuali anche in tale fase gli obblighi di recinzione preordinati a prevenire l'ingresso di terzi sull'area interessata (previsto dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 109) e tanto in coerenza con il principio richiamato in ordine al quale le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo.

5. Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

P.Q.M.
 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2023