Cassazione Civile, Sez. Lav., 04 gennaio 2024, n. 244 - Risarcito il dirigente medico per gli eccessivi turni di reperibilità


 


Presidente Marotta – Relatore Cavallari

 

Rilevato che

1. La Corte d'appello di Caltanissetta rigettava l'appello proposto dall'Azienda Sanitaria Provinciale (d'ora in avanti ASP) di avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Enna, in parziale accoglimento del ricorso proposto da V.G. (dirigente medico in forza presso la U.O.C. di Chirurgia dell'Ospedale di Nicosia), l'aveva condannata al pagamento di una somma pari ad € 120,00, detratto quanto già ricevuto a titolo di retribuzione, per ogni turno prestato in eccedenza rispetto al limite delle dieci ore mensili, a decorrere dal 17.4.2004, a titolo di risarcimento del danno.

2. La Corte riteneva inammissibile la censura relativa al rigetto dell'eccezione di prescrizione, evidenziando che la domanda proposta non riguarda il pagamento di differenze retributive, ma il risarcimento del danno ex art. 2087 cod. civ., cui si applica il termine ordinario decennale.

3. Evidenziava che la stessa ASP aveva riconosciuto l'abuso commesso e lo stress psicofisico cagionato al dipendente; in ragione del carattere continuativo ed ininterrotto dell'adibizione del V.G. a turni di reperibilità eccedenti i 10 mensili dall'aprile del 2004 al marzo 2014, dell'entità del monte ore accumulato (906 turni eccedenti nell'arco temporale di un decennio) e della specificità dell'attività svolta, considerava provati sia il colpevole inadempimento dell'Amministrazione, che il danno da stress psico-fisico subito dal lavoratore.

4. Riteneva che la critica dell'appellante sul quantum riconosciuto dal primo giudice (120,00 euro per turno eccedente detratto quanto ricevuto a titolo di retribuzione) non fosse tale da integrare una effettiva e specifica ragione impugnatoria.

5. Per la cassazione della sentenza di appello la ASP di (omissis) ha proposto ricorso prospettando cinque motivi.

6. V.G. ha resistito con controricorso.

 

Considerato che

1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2948 cod. civ. e art. 17 CCNL Area dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario parte normativa biennio 2002-2005 e parte economica biennio 2002-2003, in relazione all'art. 1362 cod. civ., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.

Lamenta l'erronea applicazione del termine di prescrizione decennale, evidenziando che indipendentemente dalla qualificazione della domanda ad opera della parte, rileva il contenuto della domanda medesima.

Rimarca che ai fini della responsabilità contrattuale ex art. 2087 cod. civ. nel caso di specie difettano l'indicazione delle norme violate e la prova del danno subito.

Aggiunge che il diritto dei dipendenti delle USL al pagamento della maggiore retribuzione e il danno da responsabilità extracontrattuale sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale.

2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. art. 2087 cod. civ. e dell'art. 17 CCNL Area dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario parte normativa biennio 2002-2005 e parte economica biennio 2002-2003 in relazione all'art. 1363 cod. civ., nonché in relazione agli artt. 2,8,40 d.lgs. n. 165/2001; denuncia inoltre violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 2697,1223 e 1226 cod. civ. e vizio di motivazione per mancata dimostrazione del danno.

Evidenzia che la previsione contrattuale di un'indennità per il superamento del limite dei dieci turni esclude la debenza del risarcimento; lamenta inoltre la mancanza di prova del danno alla salute e del nesso causale, evidenziando che non può farsi ricorso al ragionamento presuntivo.

Deduce l'inapplicabilità della legge n. 161/2014, che rinvia comunque alla disciplina pattizia.

Rileva che ai sensi dell'art. 17 del CCNL le materie degli orari di lavoro ordinario e straordinario e dei turni di servizio formano oggetto di contrattazione decentrata.

3. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 17 CCNL Area dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario parte normativa biennio 2002-2005 e parte economica biennio 2002-2003 in relazione all'art. 1367 cod. civ., nonché in relazione agli artt. 36 Cost. e 45 d.lgs. n. 165/2001.

Evidenzia che il V.G. aveva già percepito una somma aggiuntiva per i turni effettuati in eccedenza rispetto al limite previsto dall'art. 17 del CCNL ed esclude una disparità di trattamento con i radiologi; sostiene che il tetto dei 10 turni previsto dall'art. 17 del CCNL non ha carattere perentorio, evidenziando che l'indennità prevista da tale disposizione costituisce già risarcimento per il maggiore impegno profuso.

Aggiunge che la pronta disponibilità non equivale a lavoro effettivo e rimarca la sussistenza di limiti di spesa.

4. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 17 CCNL Area dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario parte normativa biennio 2002-2005 e parte economica biennio 2002-2003 in relazione all'art. 1367 cod. civ., nonché in relazione agli artt. 36 Cost e 45 d.lgs. n. 165/2001.

Evidenzia la preferenza legislativa per la disciplina contrattuale in ordine ai trattamenti economici e torna ad argomentare sul carattere non perentorio del tetto previsto dall'art. 17 del CCNL e sull'aggravio di spesa pubblica che verrebbe a determinarsi a fronte di un'interpretazione di segno diverso.

5. Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 17 CCNL Area dirigenza medico-veterinaria del Servizio Sanitario parte normativa biennio 2002-2005 e parte economica biennio 2002-2003 in relazione all'art. 1367 cod. civ., nonché in relazione all'art. 45 d.lgs. n. 165/2001.

Deduce l'insussistenza di un diritto alla remunerazione aggiuntiva della reperibilità, atteso che il CCNL di riferimento prevede l'istituto della pronta disponibilità, lo remunera di per sé e prevede la possibilità che venga richiesto oltre il numero dei dieci turni mensili senza stabilire alcun compenso supplementare.

6. Va innanzitutto premesso che il ricorso, complessivamente considerato, supera il vaglio di ammissibilità condotto ai sensi degli artt. 360 e 366 cod. proc. civ., in ragione della tecnica di redazione e della modalità di esposizione dei motivi; va pertanto disattesa la relativa eccezione formulata dalla controricorrente, rimanendo impregiudicata la valutazione di ammissibilità contenutistica dei singoli motivi (sul punto, v. infra).

Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 17698/2014; Cass. n. 21297/2016; Cass. n. 8009/2019; Cass. n. 8425/2020), ai fini del rispetto dei limiti contenutistici di cui all'art. 366, primo comma, n. 3) e 4), cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità al dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell'intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell'ambito della tipologia dei vizi elencata dall'art. 360 cod. proc. civ.

L'inosservanza di tale dovere pregiudica l'intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l'esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e comporta pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendosi in contrasto con l'obiettivo del processo, volto ad assicurare un'effettiva tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (artt. 111, secondo comma, Cost. e 6CEDU), senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui.

L'eccessiva ampiezza del ricorso per cassazione non determina, di per sé, l'inammissibilità dello stesso; la violazione del dovere di sinteticità può condurre ad una declaratoria di inammissibilità della impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi la intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata.

La sanzione di inammissibilità trova applicazione quando la mancanza di chiarezza e sinteticità determina la violazione dei requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell'art. 366 cod. proc. civ.; l'eccessiva lunghezza e una certa farraginosità del ricorso non ne comportano l'inammissibilità tutte le volte che l'interpretazione complessiva dell'atto consenta, comunque, di comprendere agevolmente lo svolgimento della vicenda processuale e di individuare con chiarezza la portata delle censure rivolte alla sentenza impugnata.

Nel caso di specie il ricorso, ancorché caratterizzato da una lunghezza non necessaria, consente di selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una adeguata rappresentazione dell'intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa (riconoscimento di un'indennità risarcitoria in violazione dell'art. 17 del CCNL 2002-2005), appartenendo al diverso ambito della corretta ascrivibilità delle critiche alla tipologia dei vizi elencata dall'art. 360 cod. proc. civ. la autonoma valutazione delle stesse sotto il profilo della ammissibilità.

7. Tanto premesso, il primo motivo è inammissibile.

La censura, riguardante l'erronea individuazione del termine di prescrizione, si fonda sul presupposto che la Corte territoriale abbia erroneamente qualificato a domanda ai sensi dell'art. 2087 cod. civ., a fronte dell'incongruità della somma pretesa e riconosciuta a titolo risarcitorio e della mancata indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 2087 cod. civ.

Il motivo è confonde dunque la qualificazione della domanda, da effettuarsi sulla base del petitum e della causa petendi (v. tra le tante Cass. n. 13381/2017), con l'eventuale infondatezza nel merito derivante dall'asserita insufficienza delle allegazioni, senza considerare che il primo giudice ha utilizzato le previsioni della contrattazione collettiva solo come parametro di riferimento, come risulta dalla sentenza impugnata.

8. I restanti motivi, in disparte l'inconferenza di alcune argomentazioni rispetto alla motivazione della sentenza impugnata ed i profili di inammissibilità nelle parti in cui denunciano la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e sollecitano un giudizio di merito attraverso l'applicazione dell'Accordo aziendale per la retribuzione di risultato e di alcune delibere, sono infondati, in conformità alle ordinanze di questa Corte nn. 36839/2022 e 1680/2023, alle quali si intende dare continuità e alle cui motivazioni si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.

9. Ai fini dell'interpretazione dell'art. 17 del CCNL 2002-2005, si è innanzitutto rammentato (ex aliis, Cass., n. 24699/2021) che nell'applicazione dei criteri interpretativi occorre avviare l'esame dall'elemento letterale, il quale assume funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, dovendo tuttavia essere verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, in virtù del coordinamento tra loro delle singole clausole, così come previsto dall'art. 1363, cod. civ., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone; non già una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, posto che il giudice deve collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato e sempre avendo in primo luogo riguardo allo scopo pratico che le parti abbiano inteso realizzare con la stipulazione del contratto.

Si è dunque evidenziato che il “servizio di pronta disponibilità”, “caratterizzato dalla immediata reperibilità del dirigente e dall'obbligo per lo stesso di raggiungere il presidio nel tempo stabilito con le procedure cui (…)” è stato disciplinato nel tempo, con disposizioni di analogo contenuto, dall'art. 20 del CCNL 5 dicembre 1996, Comparto sanità, dirigenza medico veterinaria, dall'art. 16, comma 8, del CCNL 8 giugno 2000 (secondo cui tutti i dirigenti medici di cui al comma 1, indipendentemente dall'esclusività del rapporto sono tenuti ad assicurare i servizi di guardia e di pronta disponibilità previsti dagli artt. 19 e 20, CCNL 5.12.96)e dall'art. 17 del CCNL 2002-2005, dal CCNL 19 dicembre 2019, art. 27, comma 6.

L'art. 17, comma 4, del CCNL 2002-2005 stabilisce che «il servizio di pronta disponibilità ha durata di dodici ore. Due turni di pronta disponibilità sono prevedibili solo per le giornate festive. Di regola non potranno essere previste per ciascun dirigente più di dieci turni di pronta disponibilità nel mese», mentre il comma 5 regola la retribuzione del servizio e stabilisce che la pronta disponibilità dà diritto ad una indennità, modulata secondo l'orario prestato; in caso di chiamata, l'attività prestata viene computata come lavoro straordinario o compensata come recupero orario.

La giurisprudenza di questa Corte ha già esaminato alcuni aspetti della suddetta disciplina convenzionale.

Si è inoltre affermato che l'art. 17, comma 5, nel prevedere il diritto del dirigente in reperibilità chiamato a rendere la prestazione a percepire, oltre alle indennità ivi stabilite, anche la maggiorazione per il lavoro straordinario, o, in alternativa, ad usufruire di un corrispondente recupero orario, non esclude che l'Azienda sanitaria debba inoltre garantire al medico, anche senza sua richiesta, il riposo settimanale, trattandosi di diritto indisponibile (Cass. n. 5465/2016).

Si è poi rilevato che ai sensi dell'art. 17, comma 7, del CCNL, ai compensi per la pronta reperibilità si provvede con il Fondo disciplinato dall'art. 55 (poi dall'art. 9 CCNL 6.5.2010 biennio economico 2008-2009); tale disposizione contrattuale collettiva “Fondi per il trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro”, a sua volta, rinvia all'art. 51, del CCNL 8 giugno 2000, che a sua volta richiama le particolari condizioni di lavoro previste dall'art. 62 del CCNL 5 dicembre 1996, di cui conferma, in particolare, il comma 4, relativo all'ammontare della indennità di pronta disponibilità ed ai poteri concessi al riguardo alla contrattazione integrativa (si v. Cass. n. 2408/2022).

Con l'ordinanza n. 28938/2019, proprio in sede di interpretazione dell'art. 17, comma 4, del CCNL Comparto sanità, dirigenza medico veterinaria 2002-2005, si è affermato che l'espressione «di regola non potranno essere previste per ciascun dirigente più di dieci turni di pronta disponibilità nel mese», non pone un limite inderogabile all'utilizzazione della pronta reperibilità, né fa riferimento ad un onere dimostrativo delle esigenze particolari che giustifichino il ricorso alla pronta disponibilità oltre le dieci volte in un mese, fatta salva l'ipotesi di abuso.

L'ordinanza n. 436/2021 (si v., anche Cass. 25380/2017), in relazione alla disciplina contrattuale dei turni di pronta disponibilità del personale infermieristico (art. 7 del CCNI Comparto sanità del 20 settembre 2001), ha poi statuito che in tema di servizio di pronta disponibilità, il limite di sei turni al mese per ciascun dipendente, stabilito dal comma 10 del predetto articolo, va inteso come previsione di natura programmatica e non come contingente temporale invalicabile, avuto riguardo al tenore letterale della norma, alla qualità dei destinatari ed alla natura del servizio reso, oltre che alla remunerazione prevista dalla contrattazione collettiva; il che vale a dire che uno sforamento del limite è anche possibile, ferma restando la corresponsione dell'indennità come prevista dall'art. 7, comma 6, per ogni pronta disponibilità della durata di 12 ore e fatto salvo l'eventuale risarcimento del danno laddove la violazione della regola di cui al comma 10 del medesimo art. 7 si sia risolta in un pregiudizio per il recupero delle energie psicofisiche.

E' poi rimessa alla contrattazione integrativa la possibilità di rideterminare l'importo dell'indennità di cui al comma 6 in base ai modelli organizzativi adottati dall'azienda con riguardo alla razionalizzazione dell'orario di lavoro e dei servizi di pronta disponibilità che abbiano carattere di stabilità.

L'interpretazione dell'art. 17, comma 4 (e delle altre di analogo contenuto che nel tempo hanno disciplinato, per i dirigenti medici, i turni di pronta disponibilità), sia in ragione del tenore letterale già di per sé chiaro, sia considerando gli ulteriori criteri ermeneutici sopra richiamati nonché i principi già affermati da questa Corte con riferimento all'art. 7 del CCNI, Comparto sanità del 20 settembre 2001, è dunque nel senso che la disposizione non esclude la prestazione di turni ulteriori rispetto a quelli mensili previsti “di regola”, che quindi sono soggetti alla medesima disciplina collettiva dei turni ordinari.

Anche per i turni prestati in eccedenza va pertanto riconosciuta l'indennità di cui all'art. 17, comma 5 (e dalle disposizioni anteriori e successive di identico contenuto), che, come questa Corte ha già affermato, è caratterizzata da una propria specificità ed autonomia che rientra nel trattamento economico del dirigente medico sia pure come voce non fissa e ricorrente (Cass., S.U., 9279/2016).

Questa Corte ha inoltre chiarito che va fatta salva l'ipotesi di abuso per irragionevole ricorso all'istituto della pronta disponibilità in ragione del numero complessivo di servizi di pronta disponibilità pretesi e/o per manifesta inesistenza delle relative esigenze, contrario alle clausole generali di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 cod. civ. nello svolgimento del rapporto contrattuale.

Né l'art. 17, comma 7, l'art. 4 e l'art. 55 del CCNL, oltre alla disciplina della retribuzione di risultato, offrono argomenti per un diverso esito interpretativo, ma anzi rafforzano la già chiara interpretazione letterale; ciò, sia detto, anche considerando come la contrattazione collettiva, mentre agli artt. 52 del CCNL 8 giugno 2000 e 56 del CCNL 2002/2005 ha regolato i Fondi per la retribuzione di risultato e per il premio della qualità della prestazione individuale, nel disciplinare il «trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro» ha previsto, all'art. 62 del CCNL 5 dicembre 1996 (come richiamato dagli artt. 51 del CCNL 8 giugno 2000 e 55 del CCNL 2002/2005) la costituzione di un Fondo «finalizzato alla remunerazione di compiti che comportano oneri, rischi o disagi particolarmente rilevanti, collegati alla natura dei servizi che richiedono interventi di urgenza o per fronteggiare particolari situazioni di lavoro (…)», tra cui quella in esame, specificamente indicata.

E' pur vero che la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed immancabili dell'incarico affidatogli, ma, proprio a conferma di tale principio si è affermato che quando la disciplina collettiva ha inteso riconoscere una compensazione delle ore di lavoro straordinario per i medici-dirigenti lo ha specificamente previsto come avvenuto per l'attività connessa alle guardie mediche o alla cosiddetta pronta disponibilità (si v., Cass., n. 16855/2021, e giurisprudenza nella stessa richiamata).

Tale principio vale anche per i turni di pronta disponibilità (oltre che per la eventuale effettiva prestazione oraria), di talché questi ultimi, allorché l'Azienda abbia inteso farvi ricorso oltre il numero indicato dall'art. 17, comma 4, del CCNL 2005, vanno retribuiti quale autonoma voce del trattamento accessorio.

Pertanto l'art. 17, comma 4, del CCNL, Comparto sanità, dirigenza medico veterinaria 2002/2005 va inteso come previsione di natura programmatica e non come limite temporale invalicabile, fermo restando il diritto alla prevista indennità retributiva per i turni eccedentari, e salvo il risarcimento del danno nel caso di pregiudizio per il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore.

Per i turni di pronta disponibilità resi dal personale medico e dai dirigenti medici oltre il numero mensile stabilito “di regola” dalla contrattazione collettiva, deve essere corrisposta la specifica indennità retributiva prevista dall'art. 17, comma 5, del CCNL dirigenza medica 2002- 2005, senza che per i dirigenti medici la stessa possa essere assorbita nella retribuzione di risultato.

Peraltro, lo svolgimento sistematico per anni di turni di pronta disponibilità in misura smodatamente eccedente la regola ordinaria, specie laddove non bilanciato – nel caso di turni festivi - da riposi compensativi, ben può comportare la sottoposizione a notevole stress psicofisico con ripercussioni sia sulla qualità di lavoro che sulla qualità della propria vita privata e di relazione.

10. La Corte territoriale, avendo ritenuto che il tetto previsto dall'art. 17 del CCNL 2002-2005 non costituisce un limite invalicabile, ed avendo affermato che le Aziende Sanitarie possono imporre ai dirigenti medici in servizio “turni eccedenti” legittimamente ed esaustivamente remunerati con l'indennità prevista dalla fonte pattizia salva l'ipotesi del ricorso abusivo allo strumento in violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede (ipotesi in cui è possibile il ricorso agli strumenti di carattere risarcitorio qualora dalla condotta datoriale sia derivato un danno anche non patrimoniale al dipendente), ha fatto corretta applicazione di tali principi.

11. Il ricorso va pertanto rigettato.

12. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

13. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell'art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell'obbligo, per la parte ricorrente, di versare l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

 

P.Q.M.
 


La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 3.000,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.