REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANATO Graziana |
- Presidente |
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) D.V.F. N. IL ***;
2) D.B.F.P. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 418/2008 CORTE APPELLO di CATANZARO, del 19/02/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/04/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D'ISA;
udito il P.G. in persona del Dott. GIALANELLA Antonio che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
udito l'avv. Greco Emilio delle parti civili che conclude per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Grogh Massimo difensore di entrambi i ricorrenti, che conclude per l'accoglimento dei ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
D.V.F. e D.B.F.P. ricorrono in cassazione avverso la sentenza, in data 9.02.2009, della Corte d'Appello di Catanzaro di conferma della sentenza di condanna emessa nei loro confronti il 12.06.2007 in ordine a reati contravvenzionali e al delitto di cui all'articolo 589 c.p.p., comma 2.
In sintesi il fatto.
V.C., operaio alle dipendenze della ditta R.E.S., di cui il D.B. era amministratore unico, nel mentre, all'interno di un capannone della ditta F.S., di cui il D.V. ne era amministratore unico, ove si stavano eseguendo lavori di installazione di un impianto di climatizzazione, stava spostando, per poter collocare all'esterno del capannone la tubazione del climatizzatore, un trabattello che urtava una linea elettrica di 20.000 Volt, posta nelle immediate vicinanze, rimaneva folgorato con conseguente decesso.
Il Tribunale evidenziava elementi colpa, come contestati, a carico degli imputati per avere omesso, con condotte autonome, di predisporre, trattandosi di lavori eseguiti in prossimità di linee elettriche e quindi da eseguire ad una distanza non minore di cinque metri, un'adeguata protezione atta ad evitare accidentali contatti o pericolosi avvicinamenti ai conduttori delle linee stesse (Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articoli 11 e 77). Inoltre, per non avere liberato dal materiale di ingombro esistente sul piazzale le aree ove si svolgevano i citati lavori, onde consentire che potessero essere utilizzate facilmente in piena sicurezza senza che i lavoratori, operanti nelle vicinanze della linea elettrica, corressero alcun rischio.
La Corte d'Appello, nel fare proprio l'impianto motivazionale della sentenza di primo grado, ha rigettato gli appelli ritenendo infondati i relativi motivi. I ricorrenti con un primo motivo denunciano violazione di legge per l'erronea applicazione dell'articolo 157 c.p.p., comma 8 bis. Si deduce che era stata sollevata eccezione di nullità della notifica del decreto di citazione innanzi alla Corte d'Appello in quanto notificato a mani del difensore di fiducia senza che fossero state esaurite le modalità di notifica già indicate nel precedente comma 8.
Con un secondo motivo si denuncia difetto di motivazione in punto di affermazione di responsabilità.
Si adduce che fu proprio il V., caposquadra che dava direttive sul posto di lavoro, come riferito in dibattimento dall'operaio C., anch'egli intento nell'esecuzione dei lavori di montaggio del climatizzatore, a decidere di trasportare il trabattello all'interno del capannone senza prima smontarlo, non ascoltando il consiglio del compagno che era di senso opposto in quanto si era soliti prima smontare il trabattello e poi riporlo nel capannone. Se il trabattello fosse stato smontato all'esterno del capannone l'incidente non si sarebbe verificato. Dunque, il V., nella sua qualità di responsabile sul posto, decise di operare in modo inusuale in ordine alla sistemazione del trabattello a fine lavoro, ponendo in essere la prima condizione per la causazione del tragico evento. Si argomenta che la Corte del merito sul punto, motivando in modo generico ed apodittico, ha respinto le censure degli appellanti secondo cui il comportamento anomalo della vittima sarebbe stata la causa esclusiva dell'evento con interruzione di qualsiasi causa preesistente.
Con un terzo motivo si denuncia difetto di motivazione anche con riferimento ai capi A) e B) della rubrica circa l'inapplicabilità al caso di specie delle contravvenzioni contestate. Il punto trascurato dalla Corte d'Appello, che coinvolge sia il capo A) che il capo B), sta nel fatto che il tipo di lavoro che i tre operai dovevano realizzare non presupponeva un'adeguata protezione atta ad evitare accidentali contatti o pericolosi avvicinamenti ai conduttori delle linee stesse, in quanto doveva essere semplice cura degli operai, e per essi del caposquadra, di non oltrepassare i cinque metri, cosa che ovviamente tutti e tre sapevano. Non si vede quale adeguata protezione dovesse esservi se non il buon senso degli operai.
Con un ultimo motivo si evidenzia altro vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla posizione del committente. Il D.V. era il committente del lavoro ma non aveva alcun rapporto con gli operai che lo eseguivano. È noto come la giurisprudenza abbia in alcuni casi ritenuto la possibilità di corresponsabilità del committente nell'ipotesi di ingerenza dello stesso nell'organizzazione del lavoro, ma la Corte d'Appello ha visto tale ingerenza nel fatto che il titolare della F.S. avesse suggerito l'uso del trabattello piuttosto che quello di un muletto. Ma l'uso di tale mezzo presentava un rischio maggiore, come riconosciuto dalla stessa Corte ed era stato sconsigliato dal D.V.. Ma, ritenere che questo consiglio realizzi un'ingerenza nell'organizzazione del lavoro, al punto di considerare il D.V. corresponsabile dell'evento determinato dagli anomali comportamenti del caposquadra nell'uso e nel trasporto di trabattello, non è giuridicamente sostenibile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'impugnata sentenza va annullata senza rinvio limitatamente ai reati contravvenzionali in quanto estinti per prescrizione con la conseguente eliminazione della pena di euro 1000,00 di ammenda a tale titolo inflitta.
I ricorsi vanno rigettati nel resto in quanto i motivi posti a base di essi sono infondati. Relativamente alla questione concernente la dedotta nullità per l'omessa notifica agli imputati del decreto di citazione a giudizio, sollevata per l'erronea applicazione dell'articolo 157 c.p.p., comma 8 bis, si rileva che la risposta data sul punto dalla Corte d'Appello è totalmente condivisibile perché conforme al dettato della norma ed alla giurisprudenza di legittimità.
Risulta dalla sentenza impugnata, e dalla stessa esposizione contenuta nei motivi di ricorso, che l'avviso della fissazione dell'udienza nel processo di primo grado fu notificato al difensore di fiducia, ai sensi dell'articolo 157 c.p.p., comma 8 bis, aggiunto dal Decreto Legge 21 febbraio 2005, n. 17, articolo 2, convertito nella Legge 22 aprile 2005, n. 60, dopo l'entrata in vigore di questa modifica legislativa.
Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza (richiamata dalla Corte d'Appello) del 27.03.2008 n. 19602 hanno evidenziato che dalla chiara lettera della disposizione normativa in esame risulta che la modalità di cui al comma 8 bis non presuppone affatto il previo infruttuoso esperimento della notifica con le modalità di cui ai commi precedenti, bensì soltanto che si tratti di una notificazione successiva ad altra già eseguita con le modalità ordinarie non già nel grado, ma nel corso dell'intero processo fin dal suo inizio.
Quanto al secondo punto della stessa eccezione, la norma prevede che il difensore possa "dichiarare immediatamente all'autorità che procede di non accettare le notificazioni" e la Corte di merito ha interpretato questa formula normativa nel senso che la dichiarazione di non accettazione debba essere fatta subito dopo la nomina del difensore di fiducia e prima che vengano effettuate le notificazioni e non contestualmente ad esse. Secondo il ricorrente questa interpretazione si porrebbe in contrasto con la lettera della legge che, con l'uso dell'avverbio "immediatamente", non potrebbe che riferirsi alla prima notificazione.
È parere della Corte che l'interpretazione del giudice di merito sia corretta. A parte un precedente isolato (Cass., sez. 6a, 9 giugno 2006 n. 24743, Castaldo, rv. 234908) la giurisprudenza di legittimità è uniforme nel ritenere che la dichiarazione di non accettare le notificazione debba essere formulata dopo la nomina e che non sia consentito attendere la prima notificazione per manifestarla (in questo senso v. Cass., sez. 1, 30 gennaio 2008 n. 6068, Bavarese, rv. 238921; sez. 3a, 20 settembre 2007 n. 41063, Ardito, rv. 237640; sez. 6a, 2 aprile 2007 n. 21341, Borrelli, rv. 236874; 9 marzo 2006 n. 19267, Casilli, rv. 234499).
Questa interpretazione è conforme alla lettera della norma apparendo evidente che la dichiarazione non può essere resa all'ufficiale giudiziario (o all'ufficiale postale nel caso di notificazione a mezzo posta) perché è espressamente richiesto che venga resa "all'autorità che procede".
Ma l'interpretazione che si propone è conforme anche a principi di ragionevolezza perché appare del tutto evidente la necessità che l'organo procedente sia a conoscenza preventivamente e non solo a notificazione non avvenuta per il rifiuto - delle modalità da adottare per la notificazione al fine di evitare che si crei una situazione di incertezza e la possibilità di manovre dilatorie idonee, in taluni casi, a far prescrivere il reato. La Corte di merito, nella sentenza impugnata, ha precisato che la notificazione ai sensi del citato comma 8 bis è stata effettuata al difensore che solo il giorno successivo alla notificazione ha rinunziato al mandato.
La trattazione degli altri motivi del ricorso impone il richiamo preliminare dei rilievi oggettivi cui fa riferimento la Corte d'Appello, assolutamente pacifici:
a) la morte del V. è stata causata dalla scarica elettrica determinata dal contatto del trabattello con i cavi dell'alta tensione che correvano lungo il piazzale lato sud del capannone di proprietà della ditta "F.S." ad una distanza inferiore ai cinque metri imposti dalla legge;
b) gli operai della ditta "E.R." avevano sempre eseguito, indifferentemente, tanto il tragitto in direzione sud/est, quanto quello in direzione sud/ovest; il trabattello era stato sempre spostato ancora montato nonostante la presenza dei cavi elettrici.
Inoltre, perfettamente aderente al dettato normativo è la ritenuta applicazione al caso concreto della normativa antinfortunistica di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 11 in relazione all'articolo 1 dello stesso decreto presidenziale. Rilevandosi correttamente che l'ambito di operatività del Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956 non è circoscritto alle attività costruttive in senso stretto, essendo contemplate anche le opere realizzate con materiali diversi dalla muratura e del cemento armato e le opere diverse da quelle edilizie, tra cui certamente la realizzazione di impianti elettrici ed opere idrauliche cui deve essere assimilata l'installazione di impianto di climatizzazione. Di conseguenza va riaffermato che il divieto posto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 11 di eseguire lavori in prossimità di linee elettriche in aree in assenza di adeguate protezioni è applicabile a qualsiasi tipo di lavoro.
Ciò premesso, quanto alla titolarità delle posizioni di garanzia rispettivamente individuate in capo agli imputati, non sussistendo alcun dubbio su quella ricoperta dal D.B. (V. sul punto la esaustiva motivazione della sentenza impugnata a pag. 8 e 9) per la sua qualità di datore di lavoro, relativamente alle osservazioni sul punto esposte dal D.V. va riportato che i giudici del merito, in punto di fatto, hanno evidenziato, all'esito dell'acquisizione probatoria, che l'imputato non si è limitato a vietare agli operai della ditta E.R. l'uso di un muletto, ma anche suggerito l'uso del trabattello cioè del ponteggio mobile che in concreto è venuto a contatto con la fonte del pericolo, pur essendo consapevole dell'esistenza della linea elettrica che attraversava l'area all'interno della sua azienda dove era utilizzato il trabattello senza che la stessa fosse stata debitamente segnalata.
Dunque, al di là dell'inammissibile carattere di prospettazione in fatto delle doglianze formulate, si tratta, comunque, di censure già disattese dal collegio di appello con considerazioni coerenti all'insegnamento del Supremo Collegio in punto di responsabilità per ingerenza, che va tenuto presente, sia pure considerando la peculiarità della fattispecie in esame, e secondo cui il committente risponde penalmente degli eventi dannosi comunque determinatisi, in ragione dell'attività di esecuzione svolta dall'appaltatore quando si sia ingerito nell'esecuzione dell'opera mediante una condotta che abbia determinato o concorso a determinare l'inosservanza di norme di legge, regolamento o prudenziali, poste a tutela dell'altrui incolumità.
Quanto poi (V. parte narrativa secondo e terzo motivo) al denunciato vizio di motivazione in ordine alla esenzione di responsabilità, entrambi i ricorrenti essenzialmente disancorano il nesso causale dal loro comportamento omissivo facendo ricadere la causazione dell'evento unicamente sul comportamento della persona offesa, dimenticando che anche essa, nonostante il suo ruolo attivo nella esecuzione dei lavori, era la destinataria delle garanzie antinfortunistiche.
Con tranquillante uniformità questa Corte ha affermato che l'obbligo di prevenzione si estende agli incidenti che derivino da negligenza, imprudenza e imperizia dell'infortunato, essendo esclusa, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo, solo in presenza di comportamenti che presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, alle direttive organizzative ricevute e alla comune prudenza. Ed è significativo che in ogni caso, nell'ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o dall'inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale venga attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento (confr. Cass. Pen. n. 31303 del 2004 cit.).
Sul punto la motivazione della sentenza impugnata è più che congrua nel rilevare che dall'inadempimento relativo alla mancata segnalazione della linea elettrica ad alta tensione e dall'aver, comunque, consentito che si svolgessero lavori ad una distanza inferiore ai cinque metri da essa, sono derivate conseguenze particolarmente gravi, strettamente legate da nesso di causalità con l'infortunio occorso al V.. Quanto al comportamento della vittima puntualmente la Corte del merito, uniformemente al principio esposto, ha sottolineato che, nel caso di specie, stante la vicinanza fra la sede dell'impresa appaltatrice ed il luogo di svolgimento dell'attività' lavorativa, l'iniziativa del lavoratore di riportare il trabattello presso la sede della propria ditta, senza provvedere al suo smontaggio, costituiva comportamento del tutto prevedibile da parte degli imputati, che erano ben consapevoli dell'utilizzazione di detto ponteggio mobile all'esterno del capannone e della presenza della fonte di pericolo. Era del tutto prevedibile il rischio che, nel trasportare il trabattello, il lavoratore potesse per errore incrociare la linea elettrica e restare folgorato. L'applicazione delle misure di prevenzione degli infortuni sul lavoro sottendono proprio allo scopo di evitare che l'errore umano, possibile e, quindi, prevedibile, influente su di una condotta lavorativa diversa da quella corretta, ma pur sempre posta in essere nel contesto lavorativo, possa determinare il verificarsi di un infortunio. Se tutti i dipendenti fossero sempre diligenti, esperti e periti non sarebbe necessario dotare i luoghi di lavoro e le macchine di sistemi di protezione.
Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché la refusione delle spese di questo giudizio in favore della parte civile che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle contravvenzioni perché estinte per prescrizione ed elimina la relativa pena di euro 1000,00 di ammenda. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché a rifondere le spese di questo giudizio alla parte civile che liquida in complessivi euro 3.500,00, oltre accessori come per legge.