SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

1° luglio 2010 (
*)

«Politica sociale –
Direttiva 92/85/CEE − Protezione della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento − Artt. 5, n. 2, e 11, punto 1 − Lavoratrice provvisoriamente assegnata ad un altro posto per il periodo della gravidanza − Assegnazione obbligatoria a causa dell’esistenza di un rischio per la sua sicurezza e per la sua salute o per quella del bambino − Retribuzione inferiore alla retribuzione media percepita prima di tale assegnazione − Precedente retribuzione composta da uno stipendio di base e da diverse integrazioni − Calcolo dello stipendio cui la lavoratrice gestante ha diritto per la durata della provvisoria assegnazione»

 

Fonte: Sito web Eur-Lex

 

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Nel procedimento C‑471/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Helsingin käräjäoikeus (Finlandia), con decisione 30 ottobre 2008, pervenuta in cancelleria il 4 novembre 2008, nella causa

Sanna Maria Parviainen

contro

Finnair Oyj,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dalla sig.ra P. Lindh, dai sigg. A. Rosas, A. Ó Caoimh (relatore) e A. Arabadjiev, giudici,

avvocato generale: sig. P. Mengozzi

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 settembre 2009,

considerate le osservazioni presentate:

– per la sig.ra Parviainen, dall’avv. M. Penttinen, asianajaja,

– per Finnair Oyj, dai sigg. P. Verronen e A. Kujala, varatuomarit,

– per il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra W. Ferrante, avvocato dello Stato,

– per il governo finlandese, dalla sig.ra A. Guimaraes-Purokoski, in qualità di agente,

– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. M. van Beek, M. Huttunen e P. Aalto, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 dicembre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’art. 11, punto 1, della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’art. 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 348, pag. 1).

2 Detta domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede la sig.ra Parviainen, impiegata in qualità di responsabile di cabina presso la Finnair Oyj (in prosieguo: la «Finnair»), compagnia di trasporto aereo, contrapposta a quest’ultima per quanto riguarda la retribuzione che essa ha percepito in seguito alla temporanea assegnazione, per il periodo della sua gravidanza, ad un posto a terra.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

3 I ‘considerando’ nono e sedicesimo della direttiva 92/85 sono formulati come segue:

«considerando che la protezione della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento non deve svantaggiare le donne sul mercato del lavoro e non pregiudica le direttive in materia di uguaglianza di trattamento tra uomini e donne;

(…)

considerando che le misure di organizzazione del lavoro a scopo di protezione della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento non avrebbe[ro] un effetto utile se non fossero accompagnate dal mantenimento dei diritti connessi con il contratto di lavoro, compreso il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un’indennità adeguata».

4 L’art. 2 di detta direttiva così recita:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a) “lavoratrice gestante”, ogni lavoratrice gestante che informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;

b) “lavoratrice puerpera”, ogni lavoratrice puerpera ai sensi delle legislazioni e/o prassi nazionali che informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente a dette legislazioni e/o prassi;

c) “lavoratrice in periodo di allattamento”, ogni lavoratrice in periodo di allattamento ai sensi delle legislazioni e/o prassi nazionali, che informi del suo stato il proprio datore di lavoro, conformemente a dette legislazioni e/o prassi».

5 L’art. 4 della stessa direttiva, intitolato «Valutazione e informazione», prevede al suo n. 1 quanto segue:

«Per tutte le attività che possono presentare un rischio particolare di esposizioni ad agenti, processi o condizioni di lavoro, di cui un elenco non esauriente figura nell’allegato I, la natura, il grado e la durata dell’esposizione, nell’impresa e/o nello stabilimento interessato, delle lavoratrici di cui all’articolo 2 dovranno essere valutati dal datore di lavoro, direttamente o per il tramite dei servizi di protezione e di prevenzione di cui all’articolo 7 della direttiva [del Consiglio 12 giugno 1989,] 89/391/CEE [concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1)], al fine di poter:

– valutare tutti i rischi per la sicurezza o la salute nonché tutte le ripercussioni sulla gravidanza o l’allattamento delle lavoratrici di cui all’articolo 2;

– definire le misure da adottare».

6 L’art. 5 della direttiva 92/85, intitolato «Conseguenze dei risultati della valutazione», ai suoi nn. 1‑3, dispone quanto segue:

«1. Fatto salvo l’articolo 6 della direttiva 89/391/CEE, qualora i risultati della valutazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1 rivelino un rischio per la sicurezza o la salute di una lavoratrice di cui all’articolo 2, nonché ripercussioni sulla gravidanza o l’allattamento, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché l’esposizione di detta lavoratrice al rischio sia evitata modificando temporaneamente le sue condizioni di lavoro e/o il suo orario di lavoro.

2. Se la modifica delle condizioni di lavoro e/o dell’orario di lavoro non è tecnicamente e/o oggettivamente possibile o non può essere ragionevolmente richiesta per motivi debitamente giustificati, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché la lavoratrice in questione sia assegnata ad altre mansioni.

3. Se l’assegnazione ad altre mansioni non è tecnicamente e/o oggettivamente possibile o non può essere ragionevolmente richiesta per motivi debitamente giustificati, la lavoratrice in questione è dispensata dal lavoro durante tutto il periodo necessario per la protezione della sua sicurezza o della sua salute, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali».

7 L’art. 8 di detta direttiva, intitolato «Congedo di maternità», dispone al suo n. 1 quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le lavoratrici di cui all’articolo 2 fruiscano di un congedo di maternità di almeno quattordici settimane ininterrotte, ripartite prima e/o dopo il parto, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali».

8 L’art. 11 della stessa direttiva, intitolato «Diritti connessi con il contratto di lavoro», recita come segue:

«Per garantire alle lavoratrici di cui all’articolo 2 l’esercizio dei diritti di protezione della sicurezza e della salute riconosciuti nel presente articolo:

1) nei casi contemplati agli articoli 5, 6 e 7, alle lavoratrici di cui all’articolo 2 devono essere garantiti, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, i diritti connessi con il contratto di lavoro, compreso il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un’indennità adeguata;

2) nel caso contemplato all’articolo 8, devono essere garantiti:

a) i diritti connessi con il contratto di lavoro delle lavoratrici di cui all’articolo 2, diversi da quelli specificati nella lettera b) del presente punto;

b) il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un’indennità adeguata alle lavoratrici di cui all’articolo 2;

3) l’indennità di cui al punto 2), lettera b) è ritenuta adeguata se assicura redditi almeno equivalenti a quelli che la lavoratrice interessata otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi connessi allo stato di salute, entro il limite di un eventuale massimale stabilito dalle legislazioni nazionali;

4) gli Stati membri hanno la facoltà di subordinare il diritto alla retribuzione o all’indennità di cui al punto 1) e al punto 2), lettera b) al fatto che la lavoratrice interessata soddisfi le condizioni previste dalle legislazioni nazionali per usufruire del diritto a tali vantaggi.

Tali condizioni non possono in alcun caso prevedere periodi di lavoro preliminare superiori a dodici mesi immediatamente prima della data presunta del parto».

9 L’allegato I della direttiva 92/85, cui rinvia l’art. 4 della stessa direttiva, contempla in quanto agenti fisici che possono comportare lesioni del feto e/o che rischiano di provocare il distacco della placenta, in particolare, le radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.

La normativa nazionale

10 In conformità all’art. 7, n. 1, della legge sulla parità di trattamento tra l’uomo e la donna [naisten ja miesten välisestä tasa-arvosta annettu laki (609/1986)], come modificata dalla legge (232/2005) (in prosieguo: la «legge 609/1986»), è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sul sesso. Ai sensi del n. 2 dello stesso articolo, si intende per discriminazione diretta il fatto di porre una persona in una situazione diversa per un motivo collegato allo stato di gravidanza o al parto.

11 In forza dell’art. 8, n. 1, secondo comma, della legge 609/1986, si deve ritenere che il comportamento del datore di lavoro costituisca discriminazione vietata dalla legge se quest’ultimo, nell’adottare decisioni relative alle condizioni di impiego, si comporti in modo tale che la persona di cui trattasi sia collocata in una situazione meno vantaggiosa per un motivo collegato allo stato di gravidanza, al parto o per un altro motivo collegato al sesso.

12 La legge sul contratto di lavoro [työsopimuslaki (55/2001)] prevede, all’art. 3 del suo titolo 2, che, qualora le mansioni professionali o le condizioni di lavoro della lavoratrice gestante mettano in pericolo la sua salute o quella del feto e sia impossibile eliminare i fattori di rischio derivanti dal lavoro o dalle condizioni di lavoro, occorre mettere in campo ogni sforzo per trasferire la lavoratrice di cui trattasi per il periodo della sua gravidanza affinché essa sia assegnata ad altre più appropriate mansioni, tenuto conto della sua capacità di lavoro e delle sue competenze professionali.

13 Un’analoga disposizione figura all’art. 11, n. 2, del titolo 2 della legge sulla sicurezza sul lavoro [työturvallisuuslaki (738/2002)].

14 La legge sull’assicurazione malattia [sairausvakuutuslaki (1224/2004)] dispone, all’art. 4 del suo titolo 9, che la lavoratrice gestante che compia un lavoro retribuito ha diritto a percepire un’indennità di maternità speciale («erityisäitiysraha») se una sostanza chimica, una radiazione, una malattia trasmissibile, collegata alle sue mansioni professionali o alle sue condizioni di lavoro o un altro elemento paragonabile, metta in pericolo la sua salute o quella del feto. Il versamento di tale indennità è subordinato alla condizione che l’assicurata sia idonea al lavoro, al fatto che sia impossibile procurarle un altro lavoro ai sensi dell’art. 3, n. 2, del titolo 2 della legge sul contratto di lavoro e che, per questo motivo, essa sia obbligata ad assentarsi dal suo posto di lavoro.

15 Dalle informazioni di cui la Corte dispone risulta che la normativa finlandese non contiene disposizioni espresse relative alla determinazione dello stipendio per il caso in cui la lavoratrice gestante sia assegnata provvisoriamente ad un altro posto per svolgere mansioni diverse da quelle che svolge normalmente.

16 Il contratto collettivo del personale aereo (matkustamohenkilökunnan työehtosopimus; in prosieguo: il «contratto collettivo») è stato concluso tra il sindacato delle hostess di volo e degli steward aerei finlandesi e l’unione dei datori di lavoro per i settori dei servizi. Tale contratto era in vigore tra il 1 aprile 2005 e il 30 settembre 2007.

17 La retribuzione per il congedo di maternità e per il congedo di maternità speciale è disciplinata dall’art. 16, punto B, dell’accordo collettivo. Secondo il punto B2 di tale articolo un’hostess di volo può interrompere la sua attività di volo immediatamente dopo la constatazione dello stato di gravidanza. Fatti salvi i motivi legati alla salute, il lavoro in volo è autorizzato non oltre la diciottesima settimana di gravidanza.

18 Secondo il punto B 3 di detto art. 16, un’hostess di volo, nel corso del periodo di gravidanza, può, su richiesta, essere assegnata a svolgere un altro lavoro attribuitole dal datore di lavoro. Su domanda dell’interessata, quest’ultimo attribuisce un altro lavoro fino alla data alla quale la lavoratrice gestante inizia a percepire le indennità di maternità («äitiyspäiväraha») previste dalla legge sull’assicurazione malattia, oppure versa lo stipendio per il periodo interessato.

19 In base al punto B 4 dello stesso art. 16, lo stipendio previsto al punto B 3 del medesimo viene corrisposto al livello della retribuzione dei congedi per ferie della lavoratrice interessata. L’hostess di volo che rifiuta il lavoro così attribuitole perde il diritto a tale retribuzione.

20 Il 20 giugno 1989, la Finnair ha adottato una decisione, entrata in vigore il 1° luglio successivo, in merito alla determinazione della retribuzione da lavoro a terra che doveva essere corrisposta alle hostess di volo nel periodo di gravidanza (in prosieguo: la «decisione 20 giugno 1989»). Ai sensi di tale decisione e conformemente al contratto collettivo, alla hostess di volo assegnata ad un posto a terra a causa del suo stato di gravidanza occorre versare una retribuzione pari a quella corrispondente ai congedi per ferie retribuiti. La retribuzione mensile da corrispondere per il periodo di lavoro a terra è composta dal trattamento mensile di base e da 25 volte la retribuzione integrativa detta «lisäpäiväpalkka». Quest’ultima è calcolata sulla base del valore medio delle retribuzioni integrative di tutte le hostess di volo e di tutti gli steward rientranti nello stesso scatto di stipendio. L’appartenenza ad uno scatto di stipendio è funzione della permanenza in servizio maturata dal lavoratore interessato. Il coefficiente moltiplicatore 25 deriva dal fatto che esistono 25 giorni di salario pagati al mese.

Causa principale e questione pregiudiziale

21 La ricorrente nella causa principale ha lavorato a servizio della Finnair in qualità di hostess di volo a partire dall’8 aprile 1998. Il posto di responsabile di cabina le è stato attribuito nel corso del mese di ottobre del 2005.

22 La ricorrente nella causa principale è rimasta incinta all’inizio del 2007. Il parto era previsto per il 16 ottobre 2007; a causa dello stato di gravidanza essa è stata provvisoriamente assegnata, a partire dal 30 aprile 2007, ad un posto a terra, corrispondente ad un lavoro amministrativo. Essa ha occupato tale posto fino al 15 settembre successivo, data in cui è iniziato il suo congedo di maternità.

23 Tale assegnazione è avvenuta in conformità all’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva 92/85 alle pertinenti disposizioni della legge sul contratto di lavoro e della legge sulla sicurezza sul lavoro, nonché del contratto collettivo. Dal fascicolo risulta che detto provvedimento era motivato dal fatto che la ricorrente nella causa principale era esposta, a causa del suo lavoro, ad agenti fisici, come le radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, che potevano comportare lesioni del feto.

24 Dalla decisione di rinvio risulta che, in quanto responsabile di cabina, una parte consistente della retribuzione complessiva della ricorrente nella causa principale è composta da indennità integrative. Le integrazioni versate ai lavoratori possono considerevolmente variare a seconda che si tratti di una persona avente la qualità di superiore gerarchico, come il responsabile di cabina, oppure una hostess di volo o uno steward. Tali lavoratori possono percepire diverse indennità, come, in particolare, quelle per il lavoro notturno, per il lavoro domenicale, per i giorni di ferie, per le ore supplementari se la giornata di lavoro eccede le otto ore, per i voli di lunga durata o anche per i voli che comportano una differenza del fuso orario. Inoltre, persone che hanno lo stesso grado possono compiere un numero di ore di lavoro assai vario, il che incide sull’importo dei premi corrisposti.

25 Tali integrazioni rappresentavano circa il 40% della retribuzione totale della ricorrente nella causa principale prima della sua temporanea assegnazione ad un posto a terra. Lo stipendio mensile di base di quest’ultima ammonta ad EUR 1 821,76 e la sua retribuzione mensile media ad EUR 3 383,04. In seguito a tale assegnazione, la retribuzione mensile totale della ricorrente nella causa principale è diminuita di EUR 834,56.

26 Secondo la ricorrente nella causa principale, la Finnair non aveva il diritto di diminuire la sua retribuzione in seguito alla sua assegnazione provvisoria, in particolare, non prendendo in considerazione la sua qualità di superiore gerarchico. Siffatta diminuzione integrerebbe un comportamento discriminatorio in contrasto con la direttiva 92/85 e con la legge 609/1986. Nel suo ricorso dinanzi al giudice del rinvio, la ricorrente ha reclamato, per il periodo di cui trattasi nella causa principale, il versamento di una retribuzione almeno equivalente a quella che essa percepiva in qualità di responsabile di cabina.

27 La Finnair ha chiesto il rigetto del ricorso. A suo avviso, la ricorrente nella causa principale ha percepito nel corso della sua gravidanza una retribuzione maggiore di quella versata ad un lavoratore che effettua regolarmente un lavoro a terra equivalente. Inoltre, nel corso della sua attività in qualità di responsabile di cabina, essa non avrebbe potuto pretendere un importo garantito di integrazioni. Infatti, l’importo delle integrazioni che le vengono versate dipenderebbe sempre dalla quantità e dai tipi di volo effettuati.

28 L’Helsingin käräjäoikeus (Tribunale di primo grado di Helsinki), considerando che la Corte non si è ancora pronunciata sul modo in cui occorre interpretare l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85 e che l’interpretazione di tale disposizione riveste grande importanza per la soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 11, [punto] 1, della direttiva [92/85] debba essere interpretato nel senso che, in base alla direttiva stessa, una lavoratrice, la quale, a causa della gravidanza, è stata assegnata ad un posto in cui svolge mansioni a cui corrisponde una retribuzione inferiore, deve ricevere una retribuzione della stessa entità di quella che percepiva in media prima di tale trasferimento. Inoltre, se, a tal fine, sia rilevante il tipo di integrazione salariale corrisposta alla lavoratrice in aggiunta alla retribuzione base mensile e i motivi per cui tale integrazione veniva versata».

Sulla questione pregiudiziale

29 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85 debba essere interpretato nel senso che la lavoratrice gestante, la quale, in conformità all’art. 5, n. 2, di detta direttiva, sia stata provvisoriamente assegnata in ragione della sua gravidanza ad un posto in cui svolge mansioni diverse da quelle che esercitava anteriormente all’assegnazione, abbia diritto ad una retribuzione equivalente a quella che percepiva in media anteriormente a detta assegnazione. Il giudice del rinvio chiede anche se il tipo di integrazioni percepite da tale lavoratrice nell’esercizio delle sue precedenti attività e i motivi del loro versamento rivestano importanza al riguardo.

30 Occorre preliminarmente ricordare che, dato che talune attività possono presentare un rischio specifico di esposizione della lavoratrice gestante, puerpera o in periodo di allattamento, ad agenti, processi o condizioni di lavoro pericolose, come quelle elencate all’allegato I della direttiva 92/85, che mettono a repentaglio la sicurezza o la salute, il legislatore dell’Unione, adottando detta direttiva, ha introdotto un dispositivo di valutazione e di comunicazione dei rischi, nonché il divieto per la lavoratrice di svolgere talune attività (v., in tal senso, sentenza 1° febbraio 2005, causa C‑203/03, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑935, punto 44).

31 Qualora i risultati della valutazione del rischio effettuata in conformità all’art. 4 della direttiva 92/85 rivelino rischi per la sicurezza e la salute nonché ripercussioni sulla gravidanza o l’allattamento di una lavoratrice, l’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva prevede che il datore di lavoro sia tenuto a procedere ad una temporanea modifica delle condizioni di lavoro e/o dell’orario di lavoro oppure, se essa si riveli tecnicamente o obiettivamente impossibile o se non possa essere ragionevolmente richiesta per motivi debitamente giustificati, ad un cambiamento del posto di lavoro.

32 È soltanto per l’ipotesi in cui anche siffatto cambiamento si riveli impossibile che l’art. 5, n. 3, di detta direttiva prevede che la lavoratrice interessata sia dispensata, in base alle norme e/o alle prassi nazionali, dal lavoro per tutto il periodo necessario per la tutela della sua salute o della sua integrità (sentenza 19 novembre 1998, causa C‑66/96, Høj Pedersen e a., Racc. pag. I‑7327, punto 57).

33 Dall’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85 risulta che, nei casi contemplati negli artt. 5‑7 della stessa, devono essere garantiti, in conformità alle norme e/o alle prassi nazionali, i diritti collegati al contratto di lavoro, incluso il mantenimento di una retribuzione e/o il beneficio di una adeguata indennità per le lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

34 Per quanto riguarda le lavoratrici in congedo di maternità, va ricordato che l’art. 11, n. 2, lett. b), della direttiva 92/85 prevede anche che ad esse debbano essere garantiti «il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un’indennità adeguata».

35 Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di retribuzione che compare all’art. 11 di tale direttiva include, alla stessa stregua della definizione enunciata all’art. 141, n. 2, primo comma, CE, i vantaggi che il datore di lavoro paga direttamente o indirettamente durante il congedo di maternità in ragione dell’attività lavorativa svolta dalla lavoratrice. La nozione di indennità di cui si riferisce altresì tale disposizione comprende invece qualsiasi reddito che la lavoratrice percepisce durante il congedo di maternità e che non le sia versato dal datore di lavoro in forza del rapporto di lavoro (v. sentenza 27 ottobre 1998, causa C‑411/96, Boyle e a., Racc. pag. I‑6401, punto 31).

36 Per quanto riguarda la nozione di indennità adeguata cui le lavoratrici in congedo di maternità hanno diritto in forza dell’art. 11, punto 2, lett. b), della direttiva 92/85, la Corte ha del pari dichiarato che la definizione di tale indennità adeguata, che figura al punto 3 dello stesso articolo, è diretta a garantire che la lavoratrice fruisca, durante il congedo di maternità, di un reddito di importo almeno equivalente a quello della prestazione prevista dalle normative previdenziali nazionali in materia per il caso di interruzione dell’attività lavorativa per motivi di salute (sentenza Boyle e a., cit., punto 32).

37 Secondo detta giurisprudenza, la percezione di un reddito di siffatto livello dev’essere garantita alle lavoratrici durante il congedo di maternità, indipendentemente dal fatto che tale reddito venga versato, in conformità all’art. 11, n. 2, lett. b), della direttiva 92/85, sotto forma di indennità, di retribuzione, oppure di una combinazione di entrambe (sentenza Boyle e a., cit., punto 33).

38 Tuttavia, anche se tanto l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85, quanto i punti 2, lett. b), e 3 di detto articolo, si riferiscono «[al] mantenimento di una retribuzione e/o [al] versamento di un’indennità adeguata alle lavoratrici [gestanti, puerpere o in periodo di allattamento]», dagli obiettivi che la direttiva persegue e dalla giurisprudenza della Corte relativa a dette disposizioni risulta che, per quanto riguarda la percezione di un reddito, la situazione delle lavoratrici gestanti, di cui all’art. 5 di detta direttiva, e quella delle lavoratrici in congedo di maternità, di cui tratta l’art. 8 della medesima, non possono essere utilmente assimilate.

39 In primo luogo, le lavoratrici gestanti di cui all’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva 92/85, le cui condizioni di lavoro sono state temporaneamente modificate o che sono state assegnate ad altri posti dal datore di lavoro, continuano a lavorare e ad effettuare le prestazioni di lavoro che sono loro richieste dal datore di lavoro.

40 Per contro, le lavoratrici che fruiscono del congedo di maternità previsto all’art. 8 della direttiva si trovano in una situazione specifica, la quale richiede che venga loro concessa una tutela speciale, ma che non può essere assimilata a quella di un lavoratore, né a quella della lavoratrice effettivamente presente sul posto di lavoro (v. sentenze 13 febbraio 1996, causa C‑342/93, Gillespie e a., Racc. pag. I‑475, punto 17, nonché 30 marzo 2004, causa C-147/02, Alabaster, Racc. pag. I‑3101, punto 46).

41 In secondo luogo, dall’art. 11, punto 3, della direttiva 92/85 risulta esplicitamente che la definizione della nozione di indennità adeguata che vi compare si applica esclusivamente al punto 2, lett. b), dello stesso articolo e, quindi, esclusivamente alle lavoratrici in congedo di maternità (v., in tal senso, sentenza Høj Pedersen e a., cit., punto 39).

42 Alla luce delle summenzionate differenze tra i casi contemplati, da un parte, agli artt. 5, nn. 1 e 2, della direttiva 92/85 e, dall’altra, all’art. 8 della stessa, non è dunque possibile trasporre la giurisprudenza della Corte relativa alla definzione delle nozioni di retribuzione e di indennità adeguata che compare all’art. 11, punti 2, lett. b), e 3, di detta direttiva, riguardanti le lavoratrici in congedo di maternità, al diritto a retribuzione delle lavoratrici che nel periodo della gravidanza hanno subito, in forza del detto art. 5, nn. 1 e 2, un cambiamento delle loro condizioni di lavoro o un cambiamento temporaneo di posto.

43 Infatti, la trasposizione della giurisprudenza della Corte relativa al congedo di maternità a lavoratrici che si trovano in situazioni come quella di cui all’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva 92/85, potrebbe dar luogo all’irragionevole situazione per cui una lavoratrice che, come la ricorrente nella causa principale, sia temporaneamente assegnata, per il suo stato di gravidanza, ad un posto diverso da quello in cui essa esercitava la sua attività lavorativa anteriormente alla nuova assegnazione, potrebbe veder ridursi la sua retribuzione per tutta la durata di tale temporanea assegnazione ad un importo equivalente a quello dell’indennità prevista dalle normative previdenziali nazionali in caso di interruzione dell’attività per motivi di salute.

44 Orbene, siffatta riduzione della retribuzione di una lavoratrice che continua effettivamente a lavorare sarebbe non solo in contrasto con l’obiettivo di protezione della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti perseguito dalla direttiva 92/85, ma violerebbe anche, in contrasto con quanto previsto dal nono ‘considerando’ della stessa direttiva, le disposizioni del diritto dell’Unione che sanciscono la parità di trattamento tra i lavoratori e le lavoratrici.

45 Nella causa principale, la Finnair e il governo finlandese sostengono che, in forza dell’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85, la determinazione dell’importo del reddito da versare ad una lavoratrice temporaneamente assegnata ad un altro posto, a motivo della sua gravidanza, è lasciata alla discrezione degli Stati membri. Secondo detto governo il livello della retribuzione deve essere tale che l’obiettivo di tutela della sicurezza e della salute della lavoratrice gestante, perseguito dalla direttiva, non debba essere vanificato.

46 Per contro, la ricorrente nella causa principale e la Commissione delle Comunità europee fanno valere che una lavoratrice gestante che si trova in una situazione come quella della ricorrente, a priori deve, per tutta la durata della sua temporanea assegnazione, poter beneficiare del mantenimento integrale del suo stipendio.

47 Per parte sua, il governo italiano constata che, secondo il suo diritto interno, la lavoratrice gestante assegnata a funzioni che corrispondono ad un livello gerarchico inferiore a quello delle sue funzioni abituali, conserva la retribuzione corrispondente alle funzioni esercitate precedentemente. Tuttavia, per quanto riguarda le indennità e le integrazioni che si aggiungono allo stipendio di base, sarebbe necessario operare una distinzione tra, da una parte, quelle versate in considerazione delle qualità professionali intrinseche della lavoratrice interessata, le quali non dovrebbero poter essere soppresse o ridotte dal datore di lavoro nell’ipotesi di un cambiamento temporaneo di assegnazione della lavoratrice, per tutelare la sua salute, e, dall’altra, le integrazioni e le indennità basate sulle modalità particolari della prestazione di lavoro, le quali vengono versate soltanto per compensare inconvenienti e difficoltà specifiche incontrate dalla lavoratrice e potrebbero essere soppresse in caso di scomparsa delle situazioni specifiche che le motivano.

48 Occorre, al riguardo, ricordare che, durante il periodo che ha dato luogo alla controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio, la ricorrente nella causa principale ha continuato a lavorare e ad effettuare le prestazioni di lavoro che le sono state affidate dal suo datore di lavoro. Inoltre, l’assegnazione temporanea è stata effettuata non a domanda dell’interessata, ma in applicazione delle pertinenti disposizioni del diritto interno finlandese e dell’art. 5, n. 2, della direttiva 92/85, e mirava ad evitare qualsiasi rischio per la sicurezza o la salute dell’interessata o del bambino.

49 Detto questo, l’esame della formulazione dell’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85, nonché l’obiettivo di tutela delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, perseguito dalla direttiva, indica che, contrariamente a quanto sostenuto sia dalla Commissione sia dalla ricorrente nella causa principale, una lavoratrice gestante che, come la ricorrente nella causa principale, sia temporaneamente assegnata ad un altro posto e la cui retribuzione anteriore all’assegnazione di cui trattasi si componga di uno stipendio di base e di una serie di integrazioni, la cui concessione dipende, per alcune di esse, dall’esercizio di specifiche funzioni, non può, sulla base di detta disposizione, esigere la conservazione dell’intera retribuzione che percepiva prima della temporanea assegnazione.

50 Anzitutto, anche se, essendo basato sul rapporto di lavoro e versato alla lavoratrice gestante di cui all’art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva 92/85, che continua effettivamente a lavorare, il reddito che il datore di lavoro versa a tale lavoratrice costituisce retribuzione ai sensi dell’art. 141 CE, ciò non toglie che l’art. 11, punto 1, di tale direttiva, nella maggior parte delle versioni linguistiche esistenti alla data della sua adozione, si riferisca al mantenimento di «una» retribuzione e non «della» retribuzione della lavoratrice interessata.

51 Inoltre, l’art. 11, punto 4, della direttiva prevede che gli Stati membri hanno facoltà di subordinare il diritto alla retribuzione o all’indennità prevista al punto 1 dello stesso articolo alla condizione che la lavoratrice interessata soddisfi i requisiti che, in base alla normativa nazionale, danno accesso al diritto a tali vantaggi.

52 La Corte ha, poi, già osservato che gli elementi in fatto, relativi alla natura delle attività lavorative svolte e alle condizioni nelle quali esse vengono compiute, possono essere eventualmente considerati come fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, idonei a giustificare eventuali disparità di retribuzione tra diversi gruppi di lavoratori (v., in tal senso, nell’ambito dell’art. 141 CE, sentenza 30 marzo 2000, causa C-236/98, JämO, Racc. pag. I‑2189, punto 52).

53 Orbene, nella fattispecie, è pacifico che il pagamento di alcune integrazioni cui la ricorrente nella causa principale aveva diritto anteriormente alla sua temporanea assegnazione dipendeva dall’esercizio di funzioni specifiche in condizioni particolari e che, per il periodo della sua temporanea assegnazione ad un altro posto, essa non ha esercitato siffatte funzioni.

54 Infine, l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85 fa espresso rinvio alle normative e/o alle prassi nazionali.

55 Tale disposizione lascia, così, agli Stati membri e, eventualmente, alle parti sociali, un certo margine di discrezionalità nel definire le condizioni di esercizio e di applicazione del diritto alla retribuzione delle lavoratrici gestanti di cui all’art. 5, n. 2, della direttiva 92/85. Spetta pertanto agli Stati membri definire le modalità di applicazione di tale diritto, senza poter tuttavia subordinare a qualsivoglia condizione la costituzione stessa di tale diritto che scaturisce direttamente dalla direttiva e dal rapporto di lavoro tra la lavoratrice gestante e il suo datore di lavoro (v., per analogia, sentenza 26 giugno 2001, causa C‑173/99, BECTU, Racc. pag. I‑4881, punto 53).

56 L’esercizio, da parte degli Stati membri e, eventualmente, delle parti sociali, di detto margine di discrezionalità all’atto della determinazione della retribuzione cui ha diritto la lavoratrice gestante, temporaneamente assegnata ad un altro posto in occasione ed a causa della sua gravidanza, non può, da una parte, vanificare l’obiettivo di tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti perseguito dalla direttiva 92/85 né, dall’altra, ignorare il fatto che siffatta lavoratrice continua effettivamente a lavorare e a svolgere le prestazioni di lavoro affidatele dal datore di lavoro.

57 Infatti, come risulta dal sedicesimo ‘considerando’ della direttiva 92/85, le misure di organizzazione del lavoro a scopo di protezione della salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento non avrebbero effetto utile se non fossero accompagnate dal mantenimento dei diritti connessi con il contratto di lavoro, compreso il mantenimento di una retribuzione e/o il versamento di un’indennità adeguata.

58 La retribuzione che occorre mantenere alla lavoratrice gestante, in conformità all’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85, in seguito alla sua temporanea assegnazione ad un posto diverso da quello che occupava prima della gravidanza non può comunque essere inferiore a quella versata ai lavoratori che occupano il posto di lavoro cui essa è temporaneamente assegnata. Infatti, per la durata di tale temporanea assegnazione, la lavoratrice gestante ha diritto anche agli elementi della retribuzione e alle integrazioni che si ricollegano a tale posto, purché per essa ricorrano le condizioni di accesso a tali diritti in conformità all’art. 11, punto 4, della direttiva.

59 Inoltre, come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 69 e 70 delle sue conclusioni, nel definire gli elementi della retribuzione di tale lavoratrice che devono essere mantenuti per la durata della temporanea assegnazione in conformità all’art. 11, punto 1, di tale direttiva, gli Stati membri e, eventualmente, le parti sociali sono vincolati dalla natura delle diverse integrazioni versate dal datore di lavoro, che possono, in alcuni casi, come quello di cui trattasi della causa principale, costituire una parte importante della retribuzione globale della lavoratrice gestante interessata.

60 Ne consegue che, oltre allo stipendio di base previsto dal suo contratto o dal suo rapporto di lavoro, la lavoratrice gestante temporaneamente assegnata ad un altro posto, in forza dell’art. 5, n. 2, della direttiva 92/85, conserva, in occasione di tale assegnazione il diritto agli elementi della retribuzione o alle integrazioni che si ricollegano al suo status professionale, come, in particolare, le integrazioni legate alla sua qualità di superiore gerarchico, alla sua anzianità e alle sue qualifiche professionali.

61 Per contro, gli Stati membri e, eventualmente, le parti sociali non sono tenuti, in forza dell’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85, a mantenere, durante detta assegnazione temporanea, gli elementi della retribuzione o le integrazioni che, come risulta dal punto 53 della presente sentenza, dipendono dall’esercizio, da parte della lavoratrice interessata, di funzioni specifiche in condizioni particolari e che sono essenzialmente diretti a compensare gli inconvenienti collegati a tale esercizio.

62 Da quanto precede risulta che una lavoratrice gestante, in seguito alla sua provvisoria assegnazione ad un posto diverso da quello che occupava anteriormente alla sua gravidanza, in conformità all’art. 5, n. 2, della direttiva 92/85, non ha diritto, in forza dell’art. 11, punto 1, di tale direttiva, alla retribuzione media che percepiva anteriormente all’assegnazione.

63 Va tuttavia ricordato che l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85 prevede soltanto una tutela minima con riferimento al diritto ad un reddito delle lavoratrici gestanti di cui all’art. 5 di tale direttiva. Nessuna disposizione di quest’ultima osta a che gli Stati membri, oppure, se del caso, le parti sociali prevedano il mantenimento di tutti gli elementi della retribuzione e di tutte le integrazioni, cui la lavoratrice gestante aveva diritto prima della sua gravidanza e della temporanea assegnazione ad un altro posto.

64 Infatti, la direttiva 92/85, che è stata adottata in conformità all’art. 118 A del Trattato CE (gli artt. 117‑120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 136 CE‑143 CE), non osta a che uno Stato membro, come risulta dall’art. 137, n. 4, CE, conservi o adotti misure di protezione più rigorose, a condizione che siano compatibili con le disposizioni del Trattato (v., in tal senso, sentenza 4 ottobre 2001, causa C‑438/99, Jiménez Melgar, Racc. pag. I‑6915, punto 37).

65 Dai punti 19 e 20 della presente sentenza risulta che, nella causa principale, in conformità al contratto collettivo e alla decisione del 20 giugno 1989, viene corrisposta ad una hostess di volo gestante, in seguito alla sua assegnazione ad un posto a terra a motivo dello stato di gravidanza, una retribuzione equivalente a quella percepita a titolo dei congedi annuali retribuiti.

66 La retribuzione pagata dalla Finnair ad una lavoratrice gestante per la durata della sua temporanea assegnazione è composta dal suo stipendio mensile di base e da un’integrazione detta «lisäpäiväpalkka». Come risulta dal punto 20 della presente sentenza, detta integrazione è calcolata in due fasi. In primo luogo, viene calcolata la media delle integrazioni percepite da un’hostess di volo o da uno steward durante un dato periodo di riferimento. Si tratta di un’integrazione della retribuzione personale detta «lisäpäiväpalkka», versata all’interessata durante tale periodo. In secondo luogo, viene calcolato il valore medio delle integrazioni personali della retribuzione di tutte le hostess di volo e di tutti gli steward appartenenti allo stesso scatto di stipendio.

67 Va osservato che, poiché la retribuzione pagata alle lavoratrici gestanti, in seguito alla loro temporanea assegnazione ad un posto diverso da quello che esse occupavano in precedenza, viene calcolata sulla base del valore medio, durante un determinato periodo di riferimento, delle integrazioni percepite da tutte le hostess di volo e da tutti gli steward rientranti nello stesso scatto di stipendio, siffatto sistema di retribuzione può dar luogo ad una diminuzione, oppure ad un aumento del reddito percepito dalla lavoratrice gestante rispetto a quello che le veniva versato durante il periodo di riferimento di cui trattasi. Orbene, come risulta dalla decisione di rinvio, il personale di volo può percepire più di una decina di integrazioni diverse, il cui versamento è collegato alle modalità particolari secondo cui vengono effettuate le prestazioni di lavoro. In tale contesto, sia l’importo sia i tipi di integrazione di cui hanno fruito le hostess di volo e gli steward inquadrati nello stesso scatto di stipendio durante tale periodo di riferimento possono variare considerevolmente.

68 La scelta, da parte di uno Stato membro o, eventualmente, delle parti sociali, in merito ad un sistema retributivo in base al quale il reddito delle lavoratrici gestanti, in seguito all’assegnazione temporanea, è composto da detto stipendio mensile di base e dal valore medio delle integrazioni di cui il personale di volo ha beneficiato nel corso di un dato periodo di riferimento non può, in linea di principio, essere considerata contrastante con l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85.

69 Tuttavia, nei limiti in cui tale sistema di retribuzione non tiene conto –nel calcolo della retribuzione mensile da pagare alle hostess di volo gestanti, oggetto di temporanea assegnazione ad altre mansioni, in conformità all’art. 5, n. 2, della direttiva 92/85 – degli elementi della retribuzione o delle integrazioni che si ricollegano allo status professionale della lavoratrice gestante, status che detta temporanea assegnazione non pone affatto nuovamente in discussione, come le integrazioni connesse alla qualità di superiore gerarchico dell’interessata, alla sua anzianità e alle sue qualifiche professionali, tale sistema non può essere considerato conforme ai requisiti previsti all’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85.

70 Come risulta, dunque, dal punto 56 della presente sentenza, anche se, in conformità all’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85, la determinazione delle modalità di calcolo della retribuzione cui ha diritto la lavoratrice gestante, di cui all’art. 5, n. 2, della stessa direttiva, è affidata agli Stati membri, questi ultimi devono astenersi dal fissare modalità che non siano conformi con l’obiettivo di protezione della sicurezza e della salute delle lavoratrici gestanti perseguito dalla direttiva. Essi non devono neppure, all’atto di determinare siffatta retribuzione, ignorare il fatto che tale lavoratrice continua effettivamente a lavorare.

71 Nella fattispecie, come la ricorrente nella causa principale fa valere, mentre la sua integrazione retributiva personale, detta «lisäpäiväpalkka» ammonta ad EUR 74,35 al giorno nel corso del periodo di riferimento, il valore medio della stessa integrazione versato a tutte le hostess di volo e a tutti gli steward appartenenti allo stesso scatto di stipendio era, per lo stesso periodo, di EUR 39,74 al giorno. In seguito all’assegnazione temporanea ad un posto a terra dell’interessata, la sua retribuzione mensile totale è diminuita di EUR 834,56 rispetto a quella che essa percepiva anteriormente alla temporanea assegnazione.

72 Spetta al giudice del rinvio accertare se, in forza del metodo di calcolo della retribuzione previsto dal contratto collettivo e/o dalla decisione del 20 giugno 1989 per quanto riguarda le hostess di volo nel periodo di gravidanza, la ricorrente nella causa principale sia stata privata, in seguito alla sua temporanea assegnazione ad un posto diverso da quello che essa occupa normalmente, del beneficio degli elementi della retribuzione o delle integrazioni collegati al suo status professionale. Se ciò accade, il sistema di retribuzione che prevede siffatta diminuzione della sua retribuzione per la durata della temporanea assegnazione, ai sensi dell’art. 5, n. 2, della direttiva 92/85, deve essere considerato contrario alle disposizioni di cui all’art. 11, punto 1, della direttiva.

73 Alla luce di quanto precede, la questione presentata va risolta dichiarando che l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85 deve essere interpretato nel senso che una lavoratrice gestante, la quale, in conformità all’art. 5, n. 2, della direttiva, sia stata temporaneamente assegnata, a causa della sua gravidanza, ad un posto nel quale essa svolge mansioni diverse rispetto a quelle che esercitava anteriormente all’assegnazione, non ha diritto alla retribuzione che percepiva in media anteriormente a detta assegnazione. Oltre al mantenimento del suo stipendio di base, siffatta lavoratrice ha diritto, ai sensi di detto articolo 11, punto 1, agli elementi della retribuzione o alle integrazioni che si collegano al suo status professionale, come le integrazioni collegate alla sua qualità di superiore gerarchico, alla sua anzianità e alle sue qualifiche professionali. Benché l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85 non osti all’utilizzo di un metodo di calcolo della retribuzione da versare a detta lavoratrice che sia fondato sul valore medio delle integrazioni collegate alle condizioni di lavoro di tutto il personale di bordo appartenente allo stesso scatto di stipendio, durante un determinato periodo di riferimento, la mancata considerazione di detti elementi della retribuzione o di dette integrazioni deve essere considerata in contrasto con quest’ultima disposizione.

Sulle spese

74 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’art. 11, punto 1, della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE), deve essere interpretato nel senso che una lavoratrice gestante che, in conformità all’art. 5, n. 2, della direttiva 92/85, sia stata provvisoriamente assegnata, a causa della sua gravidanza, ad un posto nel quale essa svolge mansioni diverse rispetto a quelle che esercitava anteriormente all’assegnazione, non ha diritto alla retribuzione che percepiva in media anteriormente a detta assegnazione. Oltre al mantenimento del suo stipendio di base, siffatta lavoratrice ha diritto, ai sensi di detto art. 11, punto 1, agli elementi della retribuzione o alle integrazioni che si collegano al suo status professionale, come le integrazioni collegate alla sua qualità di superiore gerarchico, alla sua anzianità e alle sue qualifiche professionali. Benché l’art. 11, punto 1, della direttiva 92/85 non osti all’utilizzo di un metodo di calcolo della retribuzione da versare a detta lavoratrice che sia fondato sul valore medio delle integrazioni collegate alle condizioni di lavoro di tutto il personale di bordo appartenente allo stesso scatto di stipendio durante un determinato periodo di riferimento, la mancata considerazione di detti elementi della retribuzione o di dette integrazioni deve essere considerata in contrasto con quest’ultima disposizione.

Firme

*Lingua processuale: Finlandese.


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