Confartigianato Imprese             CNA Artigiani Imprenditori d'Italia             CASARTIGIANI

XIX Legislatura

Documento di osservazioni e proposte
Disegno di legge recante Disposizioni in Materia di Lavoro
AC 1532-bis


24 gennaio 2024
 

Signor Presidente, Onorevoli Commissari,
un sentito ringraziamento per l’opportunità offerta a Confartigianato, CNA e Casartigiani di fornire il proprio contributo in merito al disegno di legge AC 1532-bis, contenente rilevanti disposizioni in materia di lavoro.
Il disegno di legge interviene su numerosi aspetti della disciplina lavoristica, sui temi di salute e sicurezza, sulla previdenza, anche fornendo importanti chiarimenti e precisazioni, rispetto alle quali le nostre Confederazioni esprimono un parere complessivamente positivo, seppur con delle precisazioni e delle proposte di integrazioni che si riportano di seguito.

Articolo 2 (modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81)
In materia di salute e sicurezza, il disegno di legge apporta numerose modifiche.
In questa sede ci preme sottolineare l’impatto della disposizione che, intervenendo sull’articolo 41 del Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, collega l’obbligo di nomina del medico competente e la conseguente sorveglianza sanitaria alla valutazione dei rischi elaborata dal datore di lavoro.
Si tratta di una modifica che segue un percorso inaugurato dal decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, in occasione del quale le nostre Confederazioni hanno già rappresentato le notevoli perplessità che discendono da una disposizione siffatta.
Nello specifico, infatti, si tratta di una disposizione che, sebbene persegua il condivisibile obiettivo di rafforzare il sistema di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, nella sua attuazione concreta finisce per introdurre degli elementi di pericolosa incertezza giuridica, caricando il datore di lavoro di nuovi oneri economici, giuridici e organizzativi, connessi all’incremento del numero, dell’impegno e del compenso dei medici competenti necessari. Tutto ciò va ad aggravare la situazione già ampiamente diffusa per la quale le nostre imprese si trovano in grande difficoltà nella ricerca di medici competenti.
Ricordiamo, inoltre, che attualmente la sorveglianza sanitaria è obbligatoria nei casi puntualmente previsti dalla legge ed è finalizzata non a verificare il generico stato di salute o addirittura di benessere del lavoratore, ma mira a valutare esclusivamente l’idoneità del lavoratore allo svolgimento delle mansioni connesse alla prestazione.
La modifica che si intende effettuare, al contrario, elimina il filtro normativo ed estende a una platea indefinita di imprese l’obbligo di nomina del medico competente e la conseguente sorveglianza sanitaria.
La stessa modifica, poi, fa leva su un generico e improprio concetto di salute, che potrà verosimilmente indurre il medico a estendere le azioni di sorveglianza, gli esami e gli accertamenti, in una logica difensiva.
Si tratta, pertanto, di una impostazione che va in netta controtendenza con le esigenze di certezza del diritto di cui hanno bisogno le nostre imprese, soprattutto in una materia complessa e delicata quale quella della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.
Per tutte queste ragioni, le nostre Confederazioni chiedono con forza di eliminare la previsione in parola, che finisce per scaricare sul datore di lavoro costi e responsabilità connessi alla tutela della salute del lavoratore, tutela che, invece, è compito primario dello Stato, ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione.
Desta, inoltre, perplessità la modifica introdotta all’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 in materia di interpello che, per l’individuazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori che possono formulare quesiti, modifica il criterio di rappresentatività facendo riferimento a quelle “maggiormente rappresentative sul piano nazionale” e non più a quelle “comparativamente più rappresentative”. Si chiede, quindi, di mantenere la formulazione attualmente vigente della norma che fa riferimento a un criterio di maggiore qualificazione degli attori sociali, criterio che peraltro informa numerose disposizioni dello stesso Testo Unico.
Proprio nell’ottica di assicurare il rispetto del principio dell’effettiva rappresentanza delle categorie economiche si pone la modifica, condivisibile, all’articolo 6 del d.lgs. n. 81/2008 in virtù della quale viene ripristinato il cosiddetto “tripartitismo perfetto” all’interno della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza del lavoro della quale fanno parte i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Articolo 3 (Sospensione della prestazione di cassa integrazione)
Confartigianato, CNA e Casartigiani esprimono un giudizio positivo sulla disposizione di cui all’articolo 3, norma che interviene in materia di ammortizzatori sociali, superando l’attuale previsione normativa relativa alla compatibilità tra fruizione del sostegno al reddito e svolgimento dell’attività lavorativa.
L’attuale disposizione, infatti, prevede una diversa disciplina a seconda che l’attività lavorativa sia superiore o inferiore a sei mesi. Nello specifico, la norma oggi vigente dispone che se il lavoratore, durante la percezione dell’integrazione salariale, svolge attività lavorativa superiore a sei mesi non ha diritto al trattamento di sostegno al reddito; viceversa, se l’attività lavorativa è pari o inferiore a sei mesi, il trattamento viene sospeso per la durata del rapporto di lavoro.
Come abbiamo già avuto modo di segnalare in altre occasioni, l’attuale formulazione inserisce una distinzione non chiara e poco equa - tanto che non è stata mai oggetto di indicazioni applicative da parte dell’INPS - che quindi viene positivamente superata dalla nuova formulazione. Quest’ultima introduce un unico regime di disciplina, in base al quale il lavoratore che svolge attività di lavoro subordinato o autonomo durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuato.
Sul punto ci preme chiarire che il sistema delle integrazioni salariali in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa è nel comparto dell’artigianato interamente gestito da FSBA, il Fondo di Solidarietà Bilaterale alternativo per l’artigianato, costituito e disciplinato dalle Parti Sociali ai sensi dell’articolo 27 del decreto legislativo 148/2015.
La modifica normativa avrà quindi un importante impatto anche sul nostro Fondo di Solidarietà, ai sensi del regolamento vigente.

Articolo 5 (Modifiche alla disciplina in materia di somministrazione di lavoro)
L’articolo 5 interviene sui limiti quantitativi di assunzione di lavoratori somministrati con contratto a tempo determinato. La norma prevede che i lavoratori che siano assunti a tempo indeterminato dal somministratore non vengano conteggiati nel limite del 30%, con l’obiettivo, quindi, di favorire le assunzioni in somministrazione con alla base un rapporto stabile.
Si tratta di una norma condivisibile, in grado di coniugare da un lato l’esigenza di stabilità del rapporto di lavoro e dall’altro di dotare le imprese della buona flessibilità, con la quale far fronte alle specifiche e mutevoli esigenze del mercato.

Articolo 6 (Durata del periodo di prova)
Particolarmente rilevanti le disposizioni che intervengono sulla durata del periodo di prova.
La disposizione in commento interviene sul c.d. Decreto Trasparenza e introduce una norma di maggiore chiarezza per il contratto a tempo determinato, rispetto al quale il Decreto stesso aveva fissato il principio della proporzionalità tra durata del periodo di prova e durata del contratto di lavoro, mansioni da svolgere e natura dell'impiego.
In questo solco, la disposizione in commento mira a dare dei margini entro i quali determinare il periodo di prova, disponendo che “fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro.”
Si tratta di una norma che mira a fare chiarezza, ma che presenta alcune criticità, sulle quali sarà opportuno intervenire.
In primo luogo, non si comprende cosa si intenda per “disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva”. Come noto, infatti, il periodo di prova è un periodo durante il quale entrambe le parti valutano reciprocamente se le mansioni, l'attività e le capacità lavorative sono idonee a un proficuo proseguimento del rapporto di lavoro.
È un periodo, caratterizzato dal recesso libero, posto a garanzia di entrambe le parti, in quanto da una parte c’è l’interesse del datore di lavoro a valutare le capacità lavorative del dipendente, e dall’altra l’interesse del dipendente di poter beneficiare di un periodo congruo per effettuare le proprie valutazioni e per dare prova delle proprie capacità.
Non è quindi così univoco capire cosa si debba intendere per “trattamento più favorevole nei confronti del lavoratore”, anche ai fini di una valutazione sul superamento o meno del periodo stesso.
Pertanto, si suggerisce di eliminare dalla previsione in parola il riferimento alla locuzione “più favorevoli della contrattazione collettiva”, lasciando salve semplicemente le diverse disposizioni della contrattazione stessa, ove previste.
La clausola di salvezza nei confronti della contrattazione collettiva, del resto, consente anche di tener debitamente conto della differenziazione delle mansioni: a fronte di mansioni che possono richiedere un breve periodo di prova, infatti, possono esserci mansioni più complesse, in cui le parti devono aver diritto a un più ampio termine di prova.
La seconda parte della norma prevede dei periodi minimi e massimi del periodo di prova. Si tratta di una disposizione che non convince per vari motivi. In primo luogo, essa non tiene conto della differenziazione tra mansioni, e quindi della necessità di modulare la durata del periodo di prova rispetto alla natura dell’impiego, potendo anche determinare un diverso regime rispetto ai contratti a tempo indeterminato, per i quali, invece, il contratto collettivo prevede nella quasi totalità dei casi tale distinzione.
In secondo luogo, non appare di facile interpretazione il riferimento ai limiti massimi di 15 e 30 giorni della durata del periodo di prova, dal momento che gli stessi delineano periodi più lunghi rispetto a quelli derivanti dall’applicazione del criterio di legge. Andrebbe, quindi, chiarita la portata di questa previsione e se la stessa operi come limite massimo entro il quale possono agire le diverse disposizioni della contrattazione collettiva.
Allo stesso modo, utilizzando il metodo di calcolo offerto dal disegno di legge, per i contratti a termine più lunghi di 12 mesi (es. 24 mesi) la durata dei periodi di prova potrebbe risultare più elevata rispetto ai corrispondenti periodi di prova previsti per i lavoratori a tempo indeterminato. Detto in altri termini, si potrebbe verificare l’ipotesi paradossale per la quale la medesima mansione abbia nel caso di contratto a tempo indeterminato un periodo di prova più breve rispetto alla medesima mansione nel caso di contratto a tempo determinato.
Si propone, pertanto, di eliminare l’ultimo inciso dell’articolo 6.
Alla luce di quanto sopra riteniamo, pertanto, che il criterio individuato dalla legge debba essere meglio definito affinché il periodo di prova possa essere effettivamente proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere. Un criterio puramente “matematico”, ovvero un giorno di prestazione lavorativa ogni quindici giorni di calendario, rischia di non cogliere il differente contenuto delle mansioni da svolgere e quindi la necessità di modulare la durata della prova rispetto alla natura della prestazione lavorativa.
In tal senso, appare quindi necessario riconoscere ampio spazio di intervento alla contrattazione collettiva, individuata ai sensi dell’art. 51 d.lgs. n. 81/2015, e fissare comunque un criterio che consenta di parametrare il periodo di prova previsto dai contratti collettivi alla durata del contratto a tempo determinato.

Articolo 7 (Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile)
In materia di comunicazioni obbligatorie per il lavoro agile, la disposizione prevede che la comunicazione di lavoro agile debba essere effettuata al Ministero del lavoro “entro cinque giorni dalla data di avvio del periodo”. Sul punto, andrebbe chiarito che il termine decorre dall’effettivo avvio del periodo anche qualora non coincida con la sottoscrizione dell’accordo.

Articolo 8 (Misure in materia di politiche formative nell’apprendistato)
Per quanto concerne l’apprendistato, la norma dispone che a partire dall’anno in corso le risorse, pari a 15 milioni annui, finora destinate esclusivamente al finanziamento delle attività di formazione di base e trasversale nell'esercizio dell'apprendistato professionalizzante, possano essere utilizzate delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano per il finanziamento delle attività formative in tutte le tipologie di apprendistato.
Rispetto a tale previsione si evidenzia, tuttavia, la necessità di puntare sull’apprendistato professionalizzante, quale principale canale di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, anche attraverso un adeguato finanziamento della formazione di base e trasversale, e in considerazione del fatto che la Legge di Bilancio 2024 ha incrementato per il 2024 le risorse già destinate in modo specifico e strutturale ai percorsi formativi relativi ai contratti di apprendistato duale e ai percorsi di alternanza scuola lavoro.
L’apprendistato professionalizzante, infatti, è per le imprese artigiane uno strumento fondamentale per coniugare lavoro e formazione, che sarà necessario potenziare e incentivare in questa fase in cui, come noto, il fenomeno del mismatch tra domanda e offerta di lavoro finisce per danneggiare soprattutto le micro e piccole imprese.
Alla luce di quanto sopra rappresentato si sottolinea quindi l’attenzione che il legislatore dovrà avere nell’allocazione delle risorse per le diverse tipologie di apprendistato.

Articolo 9 (Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro)
Particolarmente positiva è la previsione di cui all’articolo 9 del disegno di legge in esame, che mira a risolvere il problema delle c.d. dimissioni per fatti concludenti.
Come noto, infatti, a seguito delle riforme introdotte con il “Jobs Act”, a partire dal 2016 le dimissioni volontarie devono essere effettuate in modalità esclusivamente telematica, al fine di contrastare il fenomeno delle “dimissioni in bianco”.
La norma, se da un lato ha avuto un obiettivo condivisibile, dall’altro lato, nell’attuazione pratica ha provocato numerose problematiche e, talvolta, anche comportamenti scorretti ad opera dei lavoratori che, pur sciogliendosi dal vincolo lavorativo, non perfezionavano le dimissioni secondo la modalità telematica prevista, costringendo il datore di lavoro che intendesse chiarire quella condizione giuridica a dover licenziare il dipendente, sostenendone costi e oneri.
La norma in parola, come richiesto in numerose occasioni dalle nostre Confederazioni, ripropone nell’ordinamento le dimissioni per fatti concludenti e, in tal senso, appare una positiva risposta che viene data dal legislatore, contro gli abusi e l’incertezza giuridica.
Si evidenzia, tuttavia, la necessità di fornire ulteriori elementi di certezza in merito alla gestione di tali ipotesi, tenuto anche conto del fatto che l’assenza ingiustificata può configurare un licenziamento, chiarendo in modo inequivoco che il comportamento inerte del lavoratore, qualificato come manifestazione tacita di recesso unilaterale dal rapporto di lavoro, evita al datore di lavoro l’avvio di una procedura di licenziamento e quindi il versamento del relativo ticket.

Articolo 15 (Dilazione del pagamento dei debiti contributivi)
Positiva anche la previsione contenuta nell’articolo 15, relativa alla dilazione del pagamento dei debiti contributivi, rispetto alla quale, tuttavia, si segnala che nel processo di definizione, attraverso decreto ministeriale, delle casistiche in relazione alle quali è possibile accedere alla rateazione in oggetto non è previsto il coinvolgimento delle Parti sociali.
Si tratta, invece, di un coinvolgimento necessario, finalizzato anche ad attribuire il peso specifico alle organizzazioni che siano effettivamente rappresentative del mondo del lavoro e dell’impresa.

Articolo 16 (Potenziamento dell’attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo e della riscossione degli importi non versati)
In riferimento all’articolo 16, in tema di potenziamento dell’attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo, il comma 2 dispone che gli uffici dell’Inps “possono” invitare i contribuenti a fornire i chiarimenti dovuti rispetto alla contestazione ricevuta.
Si tratta di una positiva disposizione che mette il contribuente nelle condizioni di esporre le proprie ragioni prima che venga emesso un provvedimento volto al recupero degli addebiti riscontrati dall’Istituto. Sarebbe tuttavia opportuno che in questa fase il coinvolgimento dei contribuenti fosse “obbligatorio”, sulla scorta della prassi già adottata in termini di compliance dall’Agenzia delle Entrate.

Articolo 23 (Disposizioni in materia di percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento presso le istituzioni scolastiche)
Particolarmente positiva appare l’istituzione dell’Osservatorio nazionale per i percorsi e le competenze trasversali e per l’orientamento, con compiti di sostegno delle attività e di monitoraggio e valutazione dei percorsi. Si segnala fin d’ora che sarà necessaria la partecipazione attiva delle Parti sociali comparativamente più rappresentative a livello nazionale ai lavori dell’Osservatorio, il quale dovrà potersi assumere il compito di indirizzare e di sostenere le politiche in materia, in modo che tali percorsi possano continuare a svolgere in modo efficace la loro funzione di avvicinamento dei giovani alla realtà produttiva.
Positiva anche l’istituzione dell’Albo delle buone pratiche dei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, sebbene anche in questo caso sarà necessario incentivare e sostenere la partecipazione delle Parti sociali, anche per favorire le relazioni tra imprese, territorio, istituzioni scolastiche e famiglie.

Ulteriori proposte
In una prospettiva di rafforzamento degli interventi delineati dal provvedimento riteniamo, infine, opportuno evidenziare ulteriori ambiti di intervento.
Va, in primo luogo, segnalato come resti ancora aperta la questione relativa alle risorse destinate ai Fondi Interprofessionali per la formazione continua.
Come noto, con l’entrata in vigore della legge n. 190/2014, il legislatore ha previsto una decurtazione delle risorse destinate ai Fondi Interprofessionali pari a 20 milioni di euro per l’anno 2015 e di 120 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2016.
Si tratta di una decurtazione che contrasta con il generale obiettivo di rilanciare le politiche attive e di sostegno della formazione continua e di integrarle alle politiche passive.
Gli investimenti nella formazione continua consentono, infatti, alle imprese di affrontare meglio le sfide di un mercato caratterizzato dalla transizione digitale e da quella verde, di aggiornare le conoscenze dei dipendenti e di realizzare prodotti e servizi di qualità.
Confartigianato, CNA e Casartigiani ritengono quindi necessario che sia eliminato il taglio strutturale e che ai Fondi Interprofessionali sia destinato l’intero gettito dello 0,30 anche in considerazione del ruolo che i Fondi svolgono nell’attuazione del Fondo Nuove Competenze e della riforma degli ammortizzatori sociali.
Nell’ottica, invece, di proseguire nel processo di semplificazione della gestione degli adempimenti in materia di lavoro, si coglie l’opportunità di questa audizione per evidenziare la necessità di apportare miglioramenti e semplificazioni all’operatività delle Associazioni di categoria, quali intermediari abilitati, all’interno dei servizi online del Ministero del Lavoro.
In particolare, la procedura per l’acquisizione della delega a operare, ad oggi, presuppone che sia l’azienda stessa a registrarsi sul portale e a creare e inviare la delega all’intermediario Associazione di categoria, comportando quindi una serie di passaggi che rendono difficoltosa la gestione degli adempimenti.
Con riferimento a tale profilo andrebbero, quindi, previste modalità semplificate che possono essere mutuate dalle procedure già in atto per l’acquisizione delle deleghe nel sistema INPS ed INAIL. In un sistema così definito, il caricamento in delega delle imprese, anche massivamente, potrà avvenire ad opera dell’Associazione stessa attraverso l’inserimento delle anagrafiche aziendali con conseguente generazione di una delega da far sottoscrivere all’impresa per la quale si opera.


fonte: confartigianato.it