Regione Umbria
Testo della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, concernente «Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali» (pubblicata nel s.o. n. 1 al Bollettino Ufficiale della Regione 15 aprile 2015, n. 21) coordinata con le modifiche e le integrazione di cui alla legge regionale 11 aprile 2016, n. 5, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2016 - Modificazioni e integrazioni di leggi regionali (Collegato 2016)» (in s.s. al Bollettino ufficiale della Regione 13 aprile 2016, n. 17), alla legge regionale 28 luglio 2016, n. 9, recante «Assestamento del bilancio di previsione 2016/2018 e provvedimenti collegati in materia di entrata e di spesa - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali» (in s.s. n. 2 al Bollettino ufficiale della Regione 29 luglio 2016, n. 35), alla legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, recante «Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 9 aprile 2015, n. 11 (Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali) e alla legge regionale 30 marzo 2015, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali)» (in s.o. al Bollettino ufficiale della Regione 19 agosto 2016, n. 39) e alla legge regionale 29 dicembre 2016, n. 18, recante «Ulteriori misure di razionalizzazione della spesa - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali» (in s.s. n. 3 al Bollettino Ufficiale della Regione 30 dicembre 2016, n. 64).
B.U.R. 1° febbraio 2017, n. 5 - s.o. n. 1
 

AVVERTENZA:
Il testo coordinato è stato redatto a cura della Direzione regionale Risorse finanziarie e strumentali. Affari generali e rapporti con i livelli di Governo, Servizio Attività legislativa e Segreteria della Giunta regionale. Promulgazione leggi ai sensi dell’articolo 4 della legge regionale 26 giugno 2012, n. 9. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui coordinati.

 

LEGGE REGIONALE 9 APRILE 2015, N. 11
TESTO UNICO IN MATERIA DI SANITÀ E SERVIZI SOCIALI


CAPO I Oggetto e finalità
Art. 1 (Oggetto)
1. Il presente testo unico, ai sensi dell'articolo 40 dello Statuto regionale e in attuazione della legge regionale 16 settembre 2011, n. 8 (Semplificazione amministrativa e normativa dell'ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali), riunisce le disposizioni di legge regionali in materia di Sanità e Servizi sociali.

Art. 2 (Finalità)
2. Il presente testo unico persegue, in particolare, le seguenti finalità:
a) la tutela della salute quale diritto fondamentale della persona e della comunità;
b) la salvaguardia dei livelli uniformi ed essenziali di tutela della salute;
c) la realizzazione della piena eguaglianza degli assistiti nel godimento delle prestazioni che realizzano il diritto alla salute;
d) la promozione della salute, la prevenzione, la cura e la riabilitazione degli assistiti;
e) l'esercizio della funzione sociale, la programmazione, l'organizzazione e la gestione delle attività e dei servizi sociali;
f) la creazione di una rete di opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie, all'esercizio della cittadinanza attiva;
g) la presa in carico unitaria delle problematiche delle persone e delle famiglie;
h) la realizzazione dell'universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione e dell'omogeneità nel territorio dei livelli di assistenza sociale.

PARTE I Sanità
Titolo I Norme sul servizio sanitario regionale
Capo I Disposizioni generali
Art. 3 (Ordinamento del Servizio sanitario regionale)
1. L'ordinamento del Servizio sanitario regionale è costituito dal complesso di funzioni, attività e strutture che, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 32 della Costituzione e con i principi contenuti nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra servizio sanitario nazionale ed università a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419) ed in attuazione dell'articolo 13 dello Statuto regionale, è volto a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale della persona e della comunità.
2. Costituiscono obiettivi del Servizio sanitario regionale la promozione della salute, la prevenzione, la cura e la riabilitazione, al fine di assicurare ai cittadini i livelli uniformi ed essenziali di tutela della salute e assistenza sanitaria indicati dalla programmazione nazionale, nonché eventuali ulteriori livelli integrativi di assistenza sanitaria indicati dalla programmazione regionale anche in rapporto alle risorse messe a disposizione.
3. Nell'organizzazione e nel funzionamento, il Servizio sanitario regionale si informa al principio della centralità della persona, della comunità e della valorizzazione del ruolo e responsabilità degli operatori sanitari per la promozione della qualità. A tal fine privilegia:
a) i modelli organizzativi che, favorendo la costituzione e lo sviluppo di reti interstrutturali e interaziendali anche con altre istituzioni, contribuiscono allo sviluppo dei livelli di salute mediante il coordinamento e l'integrazione dei servizi sanitari e socio-sanitari;
b) l'adozione di percorsi assistenziali integrati come metodologia di lavoro corrente per la gestione delle patologie prevalenti, a garanzia della continuità della presa in carico del bisogno di cura individuale, dalla fase di acuzie e sub-acuzie a quella riabilitativa e di gestione della cronicità.
4. Il Servizio sanitario regionale opera al fine di garantire agli assistiti la piena eguaglianza nel godimento delle prestazioni che realizzano il diritto alla salute.
5. Il Servizio sanitario regionale appartiene alla comunità e le strutture che ne fanno parte operano garantendo forme di partecipazione degli utenti e delle loro organizzazioni, in particolare, nelle fasi di programmazione e valutazione dei servizi.

Titolo II Soggetti del servizio sanitario regionale
Capo I Competenze della regione e dei comuni
Art. 4 (Assetto istituzionale)
1. Sono soggetti istituzionali del Servizio sanitario regionale la Regione e i comuni.
2. I compiti di gestione dei servizi sanitari sono esercitati dalle aziende sanitarie regionali distinte in aziende unità sanitarie locali, aziende ospedaliere e aziende ospedaliero-universitarie.
3. Alla determinazione ed al perseguimento delle finalità del Servizio sanitario regionale concorrono l'Università degli Studi di Perugia e l'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche di cui alla legge regionale 20 novembre 2013, n. 28 (Ratifica dell'accordo tra la Regione Umbria e la Regione Marche concernente il riordino dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche), nonché gli enti sanitari e assistenziali pubblici e organismi privati accreditati operanti nel territorio regionale.

Art. 5 (Competenze della Regione)
1. Spettano alla Regione le funzioni di pianificazione, programmazione, indirizzo, coordinamento, monitoraggio e controllo, verifica e valutazione delle attività svolte nell'ambito del Servizio sanitario regionale, nonché le altre funzioni ad essa demandate dalla normativa statale.
2. La Giunta regionale, con propri atti, definisce modalità e criteri per regolare la produzione e l'erogazione dei servizi sanitari da parte degli operatori pubblici e privati nel territorio regionale.
3. La Giunta regionale, al fine di assicurare la coerenza della gestione dei servizi sanitari rispetto agli obiettivi della programmazione e garantire omogeneità di interventi e di prestazioni su tutto il territorio regionale, nonché l'uso ottimale delle risorse finanziarie e l'efficienza delle strutture sanitarie, adotta direttive vincolanti per le aziende sanitarie regionali, informandone contestualmente l'Assemblea Legislativa.
4. La Giunta regionale, anche attraverso il sistema integrato in rete delle strutture erogatrici di prestazioni sanitarie, fornisce alle aziende sanitarie regionali supporti tecnico-scientifici sotto forma di linee-guida, protocolli e altre norme di buona pratica professionale finalizzate anche al perseguimento della appropriatezza.
5. La Giunta regionale svolge attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle aziende sanitarie regionali, anche in relazione al controllo di gestione, ai controlli interni ed alla valutazione di qualità, quantità e costi delle prestazioni sanitarie.
6. La Giunta regionale acquisisce le informazioni epidemiologiche necessarie al processo di programmazione, indirizzo, valutazione e verifica dell'efficacia degli interventi, mediante l'osservatorio epidemiologico regionale di cui all'articolo 101.
7. La Giunta regionale verifica annualmente lo stato di realizzazione dei piani attuativi delle aziende sanitarie regionali di cui all'articolo 14 anche in base alla relazione di cui all'articolo 29 trasmessa dai direttori generali.
8. La Giunta regionale, a completamento di ogni ciclo di programmazione sanitaria regionale, predispone la relazione di cui all'articolo 16, comma 1, finalizzata alla valutazione del Servizio sanitario regionale.
9. L'Assemblea Legislativa approva il Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12.
 

Art. 6 (Competenze del Comune)
1. Il Comune partecipa alla realizzazione degli obiettivi del Servizio sanitario regionale concorrendo alla programmazione sanitaria regionale.
2. Il Comune in particolare tutela i cittadini nel loro diritto alla promozione ed alla difesa della salute e svolge le funzioni relative alla tutela dell'ambiente di vita avvalendosi dei servizi dei dipartimenti di prevenzione di cui all'articolo 42 e dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente di cui alla legge regionale 6 marzo 1998, n. 9 «Norme sulla istituzione e disciplina dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (A.R.P.A.)».
3. Il Comune può, altresì, presentare alle unità sanitarie locali osservazioni e proposte per la salvaguardia dei diritti e della dignità dei propri cittadini, nonché per il miglioramento delle condizioni di erogazione delle prestazioni sanitarie e contribuisce al perseguimento di obiettivi di integrazione tra i servizi socio-assistenziali e quelli sanitari.
4. Il Comune, previa verifica di compatibilità con la programmazione regionale da parte della Giunta regionale, può concordare con l'azienda unità sanitaria locale particolari forme di assistenza sanitaria che integrino i livelli stabiliti dalla Regione, purché i relativi costi siano sostenuti interamente dal comune stesso.
 

Art. 7 (Poteri del sindaco)
1. Il sindaco, nell'esercizio delle funzioni che gli competono quale autorità sanitaria locale si avvale dei servizi dell'azienda unità sanitaria locale di riferimento facendone preventivamente richiesta al Direttore generale dell'azienda medesima.
2. Qualora sussistono motivate ragioni di urgenza il sindaco si avvale dei servizi di cui sopra rivolgendosi direttamente ai responsabili dei servizi medesimi, informandone contemporaneamente il Direttore generale dell'azienda territorialmente competente.
 

Art. 8 (Conferenza dei sindaci)
(Testo dell’articolo 8 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato ed integrato dall’articolo 1 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con l’aggiunta di alcune parole alla lettera b), la sostituzione di alcune parole alla lettera c) e l’abrogazione della lettera i) al comma 6)
1. In ciascuna delle aziende unità sanitarie locali di cui all'art. 18 è costituita la Conferenza dei sindaci, organo di rappresentanza dei Comuni per l'espressione delle esigenze sanitarie del territorio di competenza.
2. La Conferenza dei sindaci svolge le sue funzioni tramite il Consiglio di rappresentanza composto da quattro membri e dal presidente della Conferenza stessa. Nel Consiglio di rappresentanza sono comunque presenti i sindaci dei due Comuni con maggior numero di abitanti.
3. La Conferenza dei sindaci approva, entro sessanta giorni dall'insediamento, il regolamento per il proprio funzionamento recante anche la disciplina per la nomina del presidente e del Consiglio di rappresentanza di cui al comma 2. Il regolamento stabilisce i criteri di rappresentanza in relazione alla rispettiva consistenza demografica.
4. La Conferenza dei sindaci, nell'ambito della programmazione regionale e delle risorse definite, contribuisce a delineare le linee di indirizzo e di attività delle unità sanitarie locali nonché a definire la programmazione e le modalità di integrazione della risposta ai bisogni di salute che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale.
5. La Conferenza dei sindaci garantisce la concertazione e la cooperazione tra le aziende unità sanitarie locali e gli enti locali, anche attraverso la partecipazione dei cittadini, in forma singola o associati, ai processi di formazione degli atti regionali di programmazione in materia di assistenza sanitaria e alla verifica dell'efficacia ed efficienza degli interventi realizzati.
6. La Conferenza dei sindaci esercita le seguenti funzioni:
a) formula, nell'ambito della programmazione regionale, indirizzi per l'impostazione programmatica del Piano attuativo di cui all'articolo 14 e delle attività delle unità sanitarie locali;
b) esprime, con le modalità ed i termini previsti dall’articolo 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), parere sul piano attuativo della unità sanitaria locale dell'articolo 14;
c) esprime, con le modalità ed i termini previsti dall’articolo 16 della l. 241/1990, parere sui progetti relativi al bilancio pluriennale e i relativi aggiornamenti e al bilancio preventivo economico dell'unità sanitaria locale di riferimento ai sensi dell'articolo 65;
d) esercita l'intesa prevista all'articolo 38, comma 7, sulla definizione dell'articolazione del territorio afferente all'azienda unità sanitaria locale, in distretti sanitari;
e) verifica l'andamento generale dell'attività dell'azienda unità sanitaria locale ed esprime il parere alla Giunta regionale, sull'efficacia, efficienza e funzionalità dei servizi sanitari e sociosanitari al fine della valutazione annuale dei direttori generali da parte della stessa Giunta;
f) esprime parere sul progetto di Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12;
g) esprime alla Giunta regionale parere sulla proposta in ordine alla localizzazione della sede legale dell'unità sanitaria locale;
h) esercita l'intesa con il Direttore generale della unità sanitaria locale per la nomina del coordinatore dei servizi sociali di cui all'articolo 36;
i) (abrogata).
 

Art. 9 (Funzioni del Consiglio delle autonomie locali nell'ordinamento sanitario regionale)
(Testo dell’articolo 9 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 2 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con l’abrogazione di un paragrafo al comma 4)
1. Le competenze e le funzioni della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio - sanitaria regionale, di seguito Conferenza permanente, già istituita con legge regionale 27 marzo 2000, n. 29 (Prime disposizioni di recepimento del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernente: "Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419", d'integrazione e modificazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) sono attribuite al Consiglio delle autonomie locali (CAL) di cui alla legge regionale 16 dicembre 2008, n. 20 (Disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali).
2. La composizione del CAL è integrata, qualora non presenti tra i componenti del Consiglio medesimo, dai Presidenti delle Conferenze dei sindaci delle aziende unità sanitarie locali regionali.
3. Il CAL, come eventualmente integrato ai sensi del comma 2, esprime pareri nei confronti della Giunta regionale:
a) sul progetto di Piano sanitario regionale, di cui all'articolo 12, sui disegni di legge e sulle proposte di regolamento in materia sanitaria;
b) sugli schemi di atti relativi all'integrazione socio-sanitaria;
c) sugli indirizzi emanati dalla Giunta regionale per l'elaborazione dei piani attuativi di cui all'articolo 14.
4. Sono attribuite al CAL, limitatamente alle aziende ospedaliere e alle aziende ospedaliere universitarie le funzioni di cui all'articolo 8, comma 6, lettere a), b), c) ed e).
 

Capo II Competenze dell'università
Art. 10 (Università)
1. Il rapporto tra le università e la Regione è regolato, in particolare, da protocolli di intesa ai sensi della normativa vigente.
2. La Giunta regionale stipula protocolli d'intesa con l'Università degli Studi di Perugia per la partecipazione della stessa al processo di programmazione sanitaria e, in particolare, per la regolamentazione dell'apporto universitario delle attività di didattica e ricerca alle attività assistenziali del Servizio sanitario regionale nel rispetto delle specifiche finalità istituzionali.
3. I protocolli d'intesa vincolano l'atto aziendale delle aziende ospedaliero-universitarie ed i conseguenti accordi attuativi aziendali, definendo, nel rispetto del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419), in particolare:
a) per le attività assistenziali, i criteri per la costituzione delle strutture organizzative;
b) in relazione alle attività didattiche, i criteri per definire gli apporti reciproci rispetto ai fabbisogni formativi del Servizio sanitario regionale, per l'individuazione delle scuole e dei corsi di formazione nonché per la ripartizione degli oneri;
c) le tipologie di ricerche da assegnare ai dipartimenti assistenziali integrati ed i criteri di ripartizione dei relativi oneri e di utilizzo dei risultati conseguiti;
d) i livelli di compartecipazione della Regione e dell'Università ai risultati di gestione.
4. Per la predisposizione dei protocolli di intesa tra Regione e Università degli Studi di Perugia è costituita, su designazione degli enti stessi, un'apposita commissione paritetica con funzione di supporto tecnico. La commissione è disciplinata e nominata dalla Giunta regionale con proprio atto. I componenti della stessa non percepiscono alcun compenso.
 

Titolo III Pianificazione e programmazione del servizio sanitario regionale
Capo I Pianificazione e programmazione
Art. 11 (Livelli e strumenti di pianificazione e programmazione)
1. La pianificazione e la programmazione sanitaria della Regione assicurano, in coerenza con i principi di cui al d.lgs. 502/1992, lo sviluppo dei servizi di prevenzione, dei servizi ospedalieri in rete, dei servizi sanitari territoriali e la loro integrazione con i servizi di assistenza sociale.
2. Sono strumenti della pianificazione sanitaria a livello regionale:
a) il Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12 ed i relativi strumenti di attuazione;
b) il Piano regionale della prevenzione.
3. Sono strumenti della programmazione sanitaria a livello regionale il documento regionale annuale di programmazione di cui all'articolo 14 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disposizioni sulla partecipazione della Regione Umbria alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione Europea - Disciplina dell'attività internazionale della Regione) e le disposizioni collegate alla manovra di bilancio regionale.
4. Sono strumenti della pianificazione sanitaria a livello locale i piani attuativi delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di cui all'articolo 14.
5. Sono strumenti della programmazione sanitaria a livello locale:
a) i programmi annuali di attività dei dipartimenti, delle strutture e dei servizi, i progetti operativi annuali;
b) il programma delle attività territoriali di distretto previsto dall'articolo 3-quater, comma 3 del d.lgs. 502/1992 e dall'articolo 4, comma 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001, di cui all'articolo 15.
6. Sono strumenti di valutazione e di monitoraggio della programmazione socio-sanitaria regionale:
a) la relazione sanitaria regionale di cui all'articolo 16;
b) la relazione sanitaria aziendale di cui all'articolo 29.
 

Capo II Piano sanitario regionale, piano attuativo e programma delle attività territoriali
Art. 12 (Piano sanitario regionale)
1. Il Piano sanitario regionale, elaborato in coerenza con il Piano sanitario nazionale, è lo strumento con il quale la Regione definisce gli obiettivi di salute e di politica sanitaria regionale ed adegua l'organizzazione dei servizi sanitari e socio-sanitari in relazione ai bisogni assistenziali della popolazione attraverso idonei indicatori dello stato di salute della popolazione medesima.
2. Il Piano sanitario regionale, di durata triennale, definisce i livelli uniformi ed essenziali di assistenza da assicurare su tutto il territorio regionale e contiene le disposizioni generali per la formazione dei piani attuativi di cui all'art. 14.
3. Il Piano sanitario regionale assicura il raccordo con il Piano sociale regionale di cui all'articolo 270, nonché l'integrazione con il Piano regionale integrato per la non autosufficienza di cui all'articolo 326.
4. Il Piano sanitario regionale prevede metodologie e strumentazioni atte a consentire il monitoraggio e la verifica d'attuazione dei programmi e dei progetti ivi contenuti.
5. Il piano, nel rispetto dei contenuti e degli indirizzi del Piano sanitario nazionale e della programmazione economica, contiene in particolare:
a) le modalità per il conseguimento degli obiettivi da realizzare nel triennio con riferimento a quelli previsti all'art. 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale);
b) la previsione dei fondi predisposti per l'attuazione del piano e gli indirizzi per la loro ripartizione;
c) gli indirizzi per realizzare nel territorio regionale l'equilibrata e coordinata organizzazione dei servizi;
d) le indicazioni per la formazione e l'aggiornamento professionale del personale;
e) le procedure e le modalità per le verifiche periodiche sullo stato di attuazione del piano.
6. Il piano individua le forme ed i modi di partecipazione delle associazioni di volontariato alla realizzazione degli obiettivi previsti.
 

Art. 13 (Procedimento di approvazione del Piano sanitario regionale)
1. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è adottato dalla Giunta regionale ai fini dell'acquisizione dei pareri di cui ai commi 2 e 3 e degli adempimenti di concertazione sociale e istituzionale di cui al comma 4.
2. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è inviato, per l'acquisizione dei relativi pareri, al CAL di cui all'articolo 9, alle Conferenze dei sindaci di cui all'articolo 8 e all'Università degli Studi di Perugia. Qualora tali pareri non vengano resi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta, gli stessi si intendono espressi in senso favorevole.
3. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale, corredato del parere espresso dall'Università degli Studi di Perugia ovvero dell'attestazione della mancata espressione del parere nei termini indicati, viene trasmesso al Ministero della Salute per acquisire il parere relativo alla coerenza dello stesso con gli indirizzi del Piano sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 14 del d.lgs. 502/1992.
4. Lo schema di proposta del Piano sanitario regionale è sottoposto dalla Giunta regionale all'esame del tavolo di concertazione e partenariato istituzionale e sociale di cui all'articolo 5 della l.r. 13/2000.
5. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dal ricevimento dell'ultimo dei pareri di cui al presente articolo, adotta la proposta di Piano sanitario regionale da trasmettere all'Assemblea Legislativa corredata dei pareri stessi, unitamente alla documentazione acquisita in sede di concertazione.
6. L'Assemblea Legislativa approva il Piano sanitario regionale. L'aggiornamento del Piano sanitario regionale, avviene, di norma, con il Documento annuale di programmazione regionale e con le disposizioni collegate alla manovra di bilancio regionale.
7. Fino all'approvazione del nuovo Piano sanitario regionale vigono le disposizioni del Piano precedente.
 

Art. 14 (Piano attuativo)
1. Il Piano attuativo è lo strumento di pianificazione mediante il quale le aziende sanitarie regionali regolano le proprie attività, in attuazione delle linee di indirizzo della programmazione regionale.
2. Il Piano attuativo definisce, in rapporto agli obiettivi determinati ed ai livelli uniformi ed essenziali di assistenza, la programmazione delle attività da svolgere e individua le modalità operative ed organizzative per il perseguimento degli obiettivi stessi.
3. Il Direttore generale di cui all'articolo 25 elabora il progetto di Piano attuativo con il supporto del Collegio di direzione di cui all'articolo 32, sulla base delle disposizioni della programmazione regionale sanitaria e, limitatamente alle aziende unità sanitarie locali, anche sulla base della programmazione regionale socio-sanitaria.
4. Il progetto di Piano attuativo di cui al comma 3 tiene conto anche delle proposte delle Conferenze dei sindaci di cui all'articolo 8, del CAL di cui all'articolo 9, nonché dei soggetti di cui all'articolo 96, comma 2.
5. Il progetto di Piano attuativo viene trasmesso al Consiglio dei sanitari di cui all'articolo 35 per l'acquisizione del relativo parere.
6. Il progetto di Piano attuativo viene adottato dal Direttore generale di cui all'articolo 25 e trasmesso alla Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 8 per le aziende unità sanitarie locali e al CAL di cui all'articolo 9 per le aziende ospedaliere, al fine dell'acquisizione dei relativi pareri.
7. Il Direttore generale rielabora il Piano attuativo, sulla base dei pareri acquisiti, e lo trasmette alla Giunta regionale, unitamente agli stessi. La Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 83, entro quaranta giorni verifica la conformità del Piano attuativo alla programmazione regionale sanitaria e socio-sanitaria. In caso di mancata conformità, la Giunta regionale rinvia la proposta di Piano attuativo al Direttore generale il quale è tenuto a predisporre una nuova proposta che tenga conto dei rilievi espressi.
8. Il Piano attuativo è efficace con l'approvazione della Giunta regionale.
9. Il Piano attuativo ha la durata del Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12 ed è aggiornato annualmente.
10. Gli aggiornamenti del Piano attuativo si realizzano attraverso i programmi annuali di attività dei dipartimenti, delle strutture e dei servizi, mediante i progetti operativi e, limitatamente alle aziende unità sanitarie locali, mediante il programma delle attività territoriali di cui all'articolo 15. Nell'ambito di tali programmi sono definiti gli standard quantitativi e qualitativi, gli indicatori di verifica di cui all'articolo 17, comma 5 e le risorse necessarie che tengono conto delle metodiche di budget.
 

Art. 15 (Programma delle attività territoriali)
1. Il Programma delle Attività Territoriali, di seguito denominato PAT, i cui contenuti sono fissati all'articolo 3-quater, commi 2 e 3 del d.lgs. 502/1992, è lo strumento programmatorio del distretto in cui sono definiti i bisogni prioritari e gli interventi di natura sanitaria e socio-sanitaria necessari per affrontarli.
2. Il PAT è basato sulla intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative e contiene:
a) la localizzazione dei servizi e delle strutture afferenti al distretto;
b) la determinazione delle risorse per l'integrazione socio-sanitaria e delle quote rispettivamente a carico dell'unità sanitaria locale e dei comuni.
3. Il PAT si inserisce nel sistema programmatorio socio-sanitario e si coordina con quanto previsto dal Piano sociale di Zona di cui all'art. 272 relativamente agli interventi sociali. Costituisce parte integrante del PAT il Programma operativo del Piano regionale integrato per la non autosufficienza di cui all'articolo 326.
4. Il PAT, sulla base delle risorse assegnate e previo parere del Comitato dei sindaci di distretto di cui all'articolo 40, è proposto dal Direttore del distretto di cui all'articolo 39, e approvato dal Direttore generale di cui all'articolo 25 d'intesa, limitatamente alle attività sociosanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto conto delle priorità stabilite a livello regionale e locale.
5. Il PAT è aggiornato con cadenza annuale sulla base del processo di valutazione di cui all'articolo 17, comma 6 in raccordo con il budget di distretto.
 

Art. 16 (Relazioni sanitarie)
1. Per il miglioramento della qualità del Servizio sanitario regionale, e al fine di definire le strategie dei successivi Piani sanitari regionali, la Giunta regionale predispone, al completamento di ogni ciclo di pianificazione sanitaria regionale, la relazione sanitaria sui risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti dal Piano sanitario regionale, sulla base di un apposito sistema di indicatori individuati dalla Giunta stessa.
2. La relazione di cui al comma 1 è trasmessa alla Conferenza dei sindaci per il parere di cui all'articolo 8, comma 6, lettera e) per le aziende unità sanitarie locali e al CAL per le aziende ospedaliere ai sensi dell'articolo 9, comma 4.
3. La relazione di cui al comma 1, unitamente ai pareri di cui al comma 2, è trasmessa all'Assemblea Legislativa.
4. La Giunta regionale trasmette annualmente al Ministero della Salute, ai sensi dell'articolo 1, comma 4 del d.lgs. 502/1992, una relazione sullo stato di attuazione della programmazione regionale, sui risultati di gestione raggiunti in merito agli obiettivi di salute e sulla spesa prevista per l'anno successivo.
 

Titolo IV Organizzazione del servizio sanitario regionale
Capo I Istituzione e compiti delle aziende sanitarie regionali
Art. 17 (Principi generali per la gestione dei servizi sanitari da parte delle aziende sanitarie regionali)
1. Le aziende sanitarie regionali pianificano le attività ed i servizi sulla base di percorsi assistenziali in grado di assicurare la continuità delle cure attraverso un modello integrato tra servizi territoriali e servizi ospedalieri.
2. Le aziende sanitarie regionali devono garantire il coordinamento delle prestazioni correlate alle condizioni di salute del singolo attraverso l'integrazione degli operatori, con l'obiettivo di dare una risposta appropriata sia in termini di qualità che di compatibilità con le risorse disponibili.
3. La Giunta regionale definisce, con proprio atto, un sistema di indicatori per verificare gli standard organizzativi, l'appropriatezza, la qualità ed i risultati conseguiti dal percorso assistenziale.
4. La Giunta regionale con regolamento disciplina l'organizzazione e il funzionamento del nucleo tecnico per il controllo di gestione ed il controllo di qualità al fine di monitorare la spesa e valutare i servizi erogati dalle strutture sanitarie pubbliche e private.
5. Le aziende sanitarie regionali definiscono gli standard di responsabilità sociale, intesi come gli impegni che l'azienda sanitaria stessa intende garantire nella propria organizzazione dei servizi e delle attività, in relazione agli aspetti organizzativi, strutturali e comportamentali con l'obiettivo dell'umanizzazione delle cure e del perseguimento dei valori sottesi.
6. Le aziende sanitarie regionali sviluppano un processo di valutazione circa la conformità dell'insieme delle proprie strutture ed attività agli standard di responsabilità sociale definiti al comma 5. In tale processo valutativo deve essere garantita la partecipazione attiva degli operatori e dei responsabili aziendali unitamente a quella degli utenti e delle loro associazioni di rappresentanza. Al termine del processo di valutazione l'azienda definisce un piano di miglioramento aziendale rispetto alle criticità rilevate che va assunto quale elemento strategico della propria pianificazione generale.
 

Art. 18 (Istituzione delle aziende unità sanitarie locali)
1. In ciascuno degli ambiti territoriali individuati nella tabella Allegato A), che forma parte integrante e sostanziale del presente testo unico, è confermata l'istituzione di una unità sanitaria locale, già istituita ai sensi dell'articolo 6 della l.r. 18/2012.
2. La sede legale delle aziende unità sanitarie locali è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, acquisito il parere della competente Conferenza dei sindaci di cui all'articolo 8, entro trenta giorni dal ricevimento, da parte della Conferenza stessa, della proposta della Giunta regionale. In caso di inerzia provvede comunque la Giunta regionale.
3. Le unità sanitarie locali di cui al comma 1 sono costituite in aziende dotate di personalità giuridica pubblica e godono di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica ed imprenditoriale.
4. L'organizzazione e il funzionamento delle unità sanitarie locali sono disciplinati con l'atto aziendale di diritto privato di cui all'articolo 22.
 

Art. 19 (Organizzazione delle Aziende unità sanitarie locali)
1. Le aziende unità sanitarie locali, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, organizzano i propri servizi e l'attività di competenza attenendosi ai seguenti criteri:
a) autonomia organizzativa dei livelli decisionali, al fine della efficienza operativa;
b) articolazione dei servizi idonea a garantire l'erogazione e l'acquisizione delle prestazioni individuate nel Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12 sulla base dei livelli essenziali di assistenza, attraverso la definizione di percorsi assistenziali integrati;
c) strutturazione in forma dipartimentale anche a valenza interaziendale, per aree omogenee, sulla base delle disposizioni del presente Testo unico e della programmazione regionale;
d) istituzione, in attuazione della legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica), del Servizio infermieristico, tecnico-sanitario, riabilitativo, ostetrico e della prevenzione (SITRO) come struttura di staff della direzione aziendale dotato di autonomia tecnico organizzativa e gestionale, che può essere articolato anche su base dipartimentale per la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di modelli di organizzazione ed innovazione dei processi assistenziali;
e) decentramento decisionale verso i dipartimenti, i distretti e le strutture al fine di favorire la più ampia partecipazione e l'apporto delle professionalità del Servizio sanitario regionale ai processi organizzativi e operativi;
f) coordinamento tra attività sanitarie ed attività sociali;
g) coordinamento tra servizi ospedalieri e servizi territoriali distrettuali, sia domiciliari che semiresidenziali e riabilitativi;
h) garanzia della presa in carico del cittadino-utente al momento dell'accesso ai servizi con procedure semplificate;
i) pieno coinvolgimento e responsabilizzazione dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta nella programmazione del percorso assistenziale e nella sua attivazione e monitoraggio.
2. Ciascuna unità sanitaria locale esercita la propria autonomia organizzativa mediante l'atto aziendale di diritto privato di cui all'articolo 22.
 

Capo II Aziende ospedaliere ed aziende ospedaliero universitarie
Art. 20 (Aziende ospedaliere)
1. Gli ospedali costituiti in azienda ospedaliera hanno personalità giuridica pubblica e godono di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale, tecnica e imprenditoriale.
2. Sono aziende ospedaliere del Servizio sanitario regionale di rilievo nazionale di alta specialità: l'Azienda Ospedaliera di Perugia Santa Maria della Misericordia e l'Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni.
3. Le aziende ospedaliere, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, organizzano i propri servizi e l'attività di competenza, attenendosi ai seguenti criteri:
a) autonomia organizzativa dei livelli decisionali, al fine dell'efficienza operativa;
b) strutturazione in forma dipartimentale anche a valenza interaziendale, per aree omogenee, sulla base delle disposizioni della presente legge e della programmazione regionale;
c) istituzione, in attuazione della l. 251/2000, del Servizio infermieristico, tecnico sanitario, riabilitativo, ostetrico (SITRO), come struttura di staff della direzione aziendale dotata di autonomia tecnico organizzativa e gestionale, che può essere articolato anche su base dipartimentale, per la promozione, l'attuazione e lo sviluppo di modelli di organizzazione ed innovazione dei processi assistenziali;
d) decentramento decisionale verso i dipartimenti e le strutture al fine di favorire la più ampia partecipazione e l'apporto delle professionalità del Servizio sanitario regionale ai processi organizzativi e operativi.
4. Ciascuna azienda ospedaliera esercita la propria autonomia organizzativa mediante l'atto aziendale di diritto privato di cui all'articolo 22.
 

Art. 21 (Aziende ospedaliero-universitarie)
1. In attuazione del d.lgs. 517/1999 possono essere costituite le aziende ospedaliero- universitarie di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b) dello stesso decreto legislativo.
2. Le modalità di costituzione della Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e della Azienda ospedaliero-universitaria di Terni sono disciplinate dal comma 3.
3. La costituzione, l'attivazione, l'organizzazione e il funzionamento delle aziende ospedaliero- universitarie di cui al comma 2 sono disciplinate dal protocollo d'intesa previsto dal d.lgs. 517/1999 e dall'articolo 10 del presente testo unico; in particolare, le aziende ospedaliero-universitarie sono costituite in seguito alla sottoscrizione dei protocolli attutivi, stipulati rispettivamente dai direttori generali o soggetti ad essi equiparati delle aziende ospedaliere di cui all'articolo 20 e dal Rettore dell'Università degli Studi di Perugia.
4. I protocolli attutivi di cui al comma 3 disciplinano in particolare l'atto aziendale ed il regolamento di organizzazione e funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie di cui al comma 2 nonché la ripartizione paritetica dei risultati economici della gestione, come risultante da bilancio consuntivo annuale.
5. Le aziende ospedaliero-universitarie di cui al comma 2 sono dotate di personalità giuridica pubblica e sono formalmente costituite con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, che prende atto della avvenuta sottoscrizione dei protocolli attuativi di cui al comma 3. La formale costituzione decorre dal giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione del decreto del Presidente della Giunta regionale.
6. La concreta attivazione dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Terni avviene con la costituzione degli organi, al termine dell'espletamento delle relative procedure.
7. A far data dalla costituzione dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia, con decreto del Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta regionale, è soppressa l'Azienda Ospedaliera di Perugia Santa Maria della Misericordia. A far data dalla costituzione dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Terni, con decreto del Presidente della Giunta regionale,
su conforme deliberazione della Giunta regionale, è soppressa l'Azienda ospedaliera S. Maria di Terni.
 

Capo III Atto aziendale e servizi gestiti in forma associata
Art. 22 (Atto aziendale)
1. L'organizzazione e il funzionamento delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono disciplinate dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis del d.lgs. 502/1992. L'atto aziendale contiene, in particolare:
a) l'individuazione delle strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico professionale, soggette a rendicontazione analitica e le competenze dei relativi responsabili. L'atto aziendale attribuisce ai responsabili delle diverse strutture in cui si articola l'azienda poteri gestionali e competenze decisionali comprese quelle che impegnano l'azienda verso l'esterno. L'incarico di direzione di struttura vale anche come delega per il relativo esercizio;
b) l'individuazione dei distretti quale articolazione territoriale e organizzativa dell'azienda unità sanitaria locale;
c) le modalità di costituzione e di funzionamento dei dipartimenti e delle strutture secondo quanto previsto all'articolo 37, comma 5;
d) le modalità ed i criteri per l'attribuzione ai dirigenti dei compiti e degli incarichi e per la verifica dei risultati degli stessi;
e) le modalità di partecipazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta alla gestione e programmazione aziendale dei servizi sanitari;
f) la disciplina dell'attribuzione ai dirigenti di cui all'articolo 15-bis, comma 1 del d.lgs. 502/1992 dei compiti per l'attuazione degli obiettivi definiti dalla programmazione aziendale, entro i limiti economici e secondo le modalità operative definite in sede di assegnazione degli obiettivi stessi;
g) il numero degli incarichi e delle strutture, nonché le modalità ed i criteri per l'attribuzione degli stessi e la verifica di risultato, secondo quanto previsto all'articolo 15-ter del d.lgs. 502/1992;
h) la previsione dell'adozione di un Codice etico cui devono uniformarsi sia il personale dell'azienda che le associazioni che intendono svolgere le loro attività nelle strutture organizzative aziendali.
2. L'atto aziendale e le sue modifiche ed integrazioni sono adottati dal Direttore generale sulla base degli indirizzi della programmazione regionale ed in conformità con i principi ed i criteri di cui alla presente legge, sentito il Collegio di direzione di cui all'articolo 32 acquisito il parere del Consiglio dei sanitari di cui all'articolo 35.
3. L'atto aziendale, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 83 è trasmesso alla Giunta.
4. A seguito dell'adozione dell'atto aziendale i direttori generali provvedono ad adeguare allo stesso i contenuti del regolamento aziendale, previsto all'articolo 25, comma 2, lettera f).
 

Art. 23 (Servizi gestiti in forma associata e aggregata)
1. Ciascuna azienda sanitaria regionale può gestire, per conto delle altre, attività di interesse comune, anche di carattere sanitario, previa stipula di apposito accordo e può, altresì, consorziarsi per la disciplina e per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività gestionali ed amministrative di interesse comune.
2. I direttori generali delle aziende sanitarie regionali definiscono programmi pluriennali per l'acquisizione, in forma centralizzata di beni e servizi e dispongono, i piani di acquisto annuali di beni e servizi occorrenti per il funzionamento delle aziende sanitarie regionali in funzione degli obiettivi fissati nel programma pluriennale.
3. La Giunta regionale dispone, con propria deliberazione, l'assetto organizzativo, le modalità di gestione e l'individuazione delle attività tecnico-amministrative e sanitarie in cui si esplica la gestione in comune prevista al comma 1.
4. La Giunta regionale emana indirizzi riguardo alla predisposizione di piani aziendali integrati per migliorare l'efficienza energetica delle strutture sanitarie.
 

Titolo V Funzioni gestionali
Capo I Organi delle aziende sanitarie regionali
Art. 24 (Organi delle aziende sanitarie regionali)
1. Sono organi delle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universitarie:
a) il Direttore generale;
b) il Collegio di direzione;
c) il Collegio sindacale.
2. È altresì organo delle aziende ospedaliero-universitarie l'Organo di indirizzo istituito quale organo unico delle aziende ospedaliere-universitarie costituite nella Regione.
 

Art. 25 (Direttore generale: poteri e competenze)
1. Il Direttore generale ha la rappresentanza dell'azienda sanitaria regionale ed è responsabile della sua gestione. Il Direttore generale, al fine di garantire il corretto, efficace ed efficiente funzionamento dell'organizzazione da esso diretta, attribuisce, tramite l'atto aziendale di cui all'articolo 22 i poteri di gestione ad esso riconosciuti dalle vigenti disposizioni ai diversi livelli gestionali. Il Direttore generale con le proprie scelte di organizzazione assicura un'adeguata distribuzione delle potestà decisionali e mantiene presso la direzione aziendale le funzioni di programmazione, di gestione strategica e di decisione generale.
2. Sono comunque riservati al Direttore generale i seguenti atti:
a) la nomina del Direttore amministrativo e del Direttore sanitario di cui all'articolo 36;
b) la nomina, ove ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3, comma 3, del d.lgs. 502/1992, del coordinatore dei servizi sociali di cui all'articolo 36;
c) la nomina di figure dirigenziali altamente qualificate e con funzioni coadiuvanti in relazione ad obiettivi specificamente individuati e la conseguente stipula di contratti di diritto privato;
d) la sospensione e la decadenza del direttore amministrativo, del direttore sanitario, delle figure dirigenziali di cui alla lettera c) e del coordinatore dei servizi sociali; la decadenza del coordinatore dei servizi sociali è disposta d'intesa con la conferenza dei sindaci;
e) la nomina dei componenti del collegio sindacale;
f) l'adozione del regolamento di organizzazione dell'azienda sanitaria regionale, sentito il Direttore amministrativo, il Direttore sanitario e il Coordinatore dei servizi sociali ove nominato, nonché per le aziende ospedaliero-universitarie d'intesa con il Rettore dell'Università;
g) gli atti di bilancio;
h) la predisposizione dei piani attuativi di cui all'articolo 14.
3. Al Direttore generale compete la verifica dei rendimenti e dei risultati aziendali, nonché la valutazione dell'efficacia e dell'economicità dell'azione amministrativa, in applicazione dei principi generali enunciati all'articolo 17.
4. Il Direttore generale promuove con azioni positive pari opportunità fra i sessi nell'organizzazione aziendale. Il rapporto sulla situazione del personale, previsto dall'articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246), è redatto almeno ogni due anni e trasmesso, ai soggetti individuati al comma 2 dello stesso articolo 46 del d.lgs. 198/2006 ed al Presidente della Giunta regionale.
5. Il Direttore generale convoca, almeno una volta all'anno, apposita conferenza dei servizi ai sensi dell'articolo 14 del d.lgs. 502/1992 per verificare l'andamento degli stessi e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni.
6. Sono attribuite al Direttore generale delle aziende unità sanitarie locali le funzioni di Commissario liquidatore delle soppresse unità sanitarie locali, già ricomprese nell'ambito territoriale di rispettiva competenza.
 

Art. 26 (Direttore generale: nomina e rapporto di lavoro)
(Testo dell’articolo 26 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 3 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la soppressione di alcune parole al comma 1)
1. Il Direttore generale delle aziende sanitarie regionali è nominato dal Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della Giunta stessa, tra soggetti in possesso dei requisiti previsti all'articolo 3-bis, comma 3 del d.lgs. 502/1992, iscritti nell'elenco di cui all'articolo 27 e per i quali non sussistano cause ostative previste dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190).
2. Il rapporto di lavoro del Direttore generale è esclusivo.
3. L'efficacia della nomina è subordinata alla stipula di apposito contratto di diritto privato tra il Presidente della Giunta regionale ed il Direttore generale, di durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni. La durata degli incarichi di direzione generale è di norma la stessa per tutte le aziende sanitarie regionali. Il contratto è redatto in osservanza delle norme del libro V, Titolo III del codice civile, secondo uno schema tipo adottato dalla Giunta regionale con proprio atto.
4. Il rilievo di eventuali incompatibilità, di cui al d.lgs. 39/2013, è contestato, in qualunque momento, dalla Giunta regionale al Direttore generale il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, provvede a rimuoverne le cause, dandone notizia alla Giunta stessa; decorso tale termine senza che le cause siano state rimosse, il Direttore generale è dichiarato decaduto.
5. Prima della scadenza del contratto, la Giunta regionale con atto motivato contenente la valutazione positiva dell'operato del Direttore generale può procedere alla conferma dell'incarico con la stipula di un nuovo contratto nel rispetto di quanto previsto al comma 6, ovvero prorogare per un periodo non superiore a sessanta giorni il contratto in scadenza.
6. Le funzioni di Direttore generale non possono essere esercitate per un periodo superiore ai dieci anni.
7. La Giunta regionale può modificare, per motivate esigenze organizzative e gestionali, la sede di assegnazione degli incarichi già conferiti a direttori generali di aziende sanitarie regionali. La mobilità interaziendale non comporta ulteriori variazioni al contratto originario, fatta salva la sede di assegnazione riportata nell'atto di accettazione. La mancata accettazione della variazione di sede comporta la risoluzione del contratto.
8. Il Direttore generale, entro diciotto mesi dalla data della nomina, ha l'obbligo di produrre l'attestato di frequenza del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione sanitaria di cui all'articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992, pena la decadenza automatica dall'incarico.
9. Ai fini della nomina del Direttore generale delle aziende sanitarie regionali non si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 21 marzo 1995, n. 11 (Disciplina delle nomine di competenza regionale e della proroga degli organi amministrativi).
 

Art. 27 (Elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale)
1. L'elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende sanitarie regionali, già istituito dalla Giunta regionale, è ridenominato dal presente Testo unico Elenco regionale dei candidati idonei alla nomina di Direttore generale delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, è aggiornato ogni due anni ed è pubblicato nel sito internet istituzionale e nel Bollettino ufficiale della Regione.
2. Ai fini dell'inserimento nell'elenco dei candidati idonei, la Giunta regionale definisce con proprio atto i criteri per la verifica dei requisiti di cui all'articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992 e può prevedere specifici titoli e attestazioni comprovanti una qualificata formazione ed attività professionale di direzione tecnica o amministrativa rispetto all'incarico da ricoprire.
3. La Giunta regionale ai fini della selezione dei candidati per l'inserimento nell'elenco degli idonei si avvale di una commissione costituita in prevalenza da esperti indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti dalla Regione medesima di cui uno designato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Ai componenti della commissione non spetta alcun compenso.
4. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina i contenuti degli avvisi pubblici finalizzati all'elenco di cui al comma 1.
 

Art. 28 (Valutazione dell'attività del Direttore generale)
(Testo dell’articolo 28 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 9 della legge regionale 11 aprile 2016, n. 5, con la sostituzione del comma 2)
1. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina le modalità e i criteri per la valutazione annuale dell'attività del Direttore generale in riferimento alla garanzia dei livelli essenziali di assistenza, in termini di efficacia e di efficienza, dei risultati di gestione conseguiti in riferimento agli indirizzi e agli obiettivi fissati nel Piano sanitario regionale di cui all'articolo 12 nel Documento regionale annuale di programmazione (D.A.P.) e negli altri atti di indirizzo emanati dalla Regione. Il mancato rispetto da parte del Direttore generale della normativa vigente in materia di contenimento della spesa per beni e servizi ai sensi dell'articolo 2 del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 (Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, costituisce oggetto di valutazione ai sensi del presente comma.
2. La Giunta regionale per i procedimenti di cui al presente articolo si avvale del supporto tecnico delle proprie strutture anche attraverso l'organismo indipendente di valutazione di cui all'articolo 99, comma 2 della l.r. 13/2000.
3. Le strutture di valutazione di cui al comma 2 provvedono a:
a) svolgere funzioni istruttorie per individuare gli obiettivi di mandato da assegnare ai direttori generali nonché i profili di valutazione degli stessi;
b) predisporre, ai fini delle verifiche annuali e di fine mandato, una relazione istruttoria sui risultati di gestione conseguiti dai direttori generali con riguardo agli obiettivi assegnati.
4. La Giunta regionale ai fini della valutazione dell'attività del Direttore generale acquisisce la relazione di cui all'articolo 29.
5. All'esito della verifica di cui al presente articolo la Giunta regionale dispone, con provvedimento motivato, la conferma dell'incarico o la risoluzione del contratto.
 

Art. 29 (Relazione sanitaria aziendale annuale)
1. La relazione sanitaria aziendale è il documento che attesta i risultati raggiunti annualmente dai direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere in attuazione del piano attuativo di cui all'articolo 14, in considerazione degli obiettivi e degli indicatori di valutazione, previamente definiti dalla Giunta regionale.
2. La relazione sanitaria aziendale è predisposta dai direttori con il supporto del Collegio di direzione di cui all'art. 32, previa acquisizione del parere del Consiglio dei sanitari. La relazione viene trasmessa alla Giunta regionale entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento.
3. La Giunta regionale sulla base della relazione di cui al comma 1 verifica i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi assegnati al Direttore e acquisisce, per le aziende unità sanitarie locali, il parere di cui all'articolo 8, comma 6, lettera e) e, per le aziende ospedaliere, nonché per le aziende ospedaliero-universitarie, il parere di cui dell'articolo 9, comma 4.
4. La Giunta regionale sulla base della relazione aziendale, predispone con cadenza annuale una relazione di monitoraggio e valutazione sull'attività dei direttori generali e sullo stato di attuazione della programmazione regionale. La relazione viene trasmessa all'Assemblea Legislativa unitamente ai pareri di cui al comma 3.
 

Art. 30 (Decadenza e revoca del Direttore generale)
1. La Giunta regionale può dichiarare la decadenza e la revoca del Direttore generale. La pronuncia della decadenza e della revoca comportano la risoluzione del contratto dello stesso.
2. Costituiscono causa di decadenza e revoca del Direttore generale oltre a quanto previsto agli articoli 3 e 3-bis del d.lgs. 502/1992:
a) l'insorgenza di un grave disavanzo d'esercizio tale da costituire pregiudizio all'equilibrio economico dell'azienda sanitaria regionale;
b) il mancato rispetto delle direttive vincolanti emanate dalla Regione;
c) la mancata realizzazione degli obiettivi contenuti negli atti di programmazione regionale, allorché gli stessi prevedano espressamente tale sanzione in caso di inadempienza;
d) l'esito negativo della valutazione di cui all'art. 28;
e) la mancata rimozione delle incompatibilità di cui all'art. 26;
f) la grave violazione dei principi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione o altri gravi motivi anche su segnalazione della Commissione consiliare competente in materia di sanità.
3. In caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o impedimento del Direttore generale si applica quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 3 del d.lgs. 502/1992.
4. La Giunta regionale in caso di decadenza e di revoca del Direttore generale procede alla sua sostituzione ai sensi dei commi 6 e 7 dell'articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992.
 

Art. 31 (Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria: ulteriori disposizioni)
1. La nomina del Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria avviene d'intesa con il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia, attingendo all'elenco regionale di cui all'articolo 27, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992 e dall'articolo 4, comma 2 del d.lgs. 517/1999.
2. Le procedure di verifica dei risultati, di conferma, di decadenza e di revoca del Direttore generale dell'azienda ospedaliero-universitaria sono disciplinate dai protocolli d'intesa tra la Regione e l'Università degli Studi di Perugia, sulla base dei principi di cui all'articolo 3-bis del d.lgs. 502/1992.
 

Art. 32 (Collegio di direzione)
1. Presso ogni azienda sanitaria regionale è istituito il Collegio di direzione. Il Collegio di direzione, in particolare:
a) concorre al governo delle attività cliniche;
b) partecipa alla pianificazione delle attività, incluse la ricerca, la didattica ed i programmi di formazione;
c) indica le soluzioni organizzative per l'attuazione dell'attività libero-professionale intramuraria.
2. Il Collegio di direzione concorre, inoltre, allo sviluppo organizzativo e gestionale delle aziende, con particolare riferimento all'individuazione di indicatori di risultato clinico-assistenziale e di efficienza, nonché dei requisiti di appropriatezza e di qualità delle prestazioni. Partecipa, altresì, alla valutazione interna dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi prefissati ed è consultato obbligatoriamente dal direttore generale su tutte le questioni attinenti al governo delle attività cliniche.
3. Nelle aziende ospedaliero universitarie il Collegio di direzione partecipa alla pianificazione delle attività di ricerca e didattica.
4. La Giunta regionale definisce, con direttiva vincolante, la composizione e il funzionamento del Collegio di direzione, in modo da garantire la partecipazione di tutte le figure professionali presenti nell'azienda, prevedendo la partecipazione del Direttore sanitario e del Direttore amministrativo di cui all'articolo 36, dei Direttori di dipartimento di cui all'articolo 37 e dei Direttori di presidio di cui all'articolo 41 tenendo conto delle peculiarità delle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e ospedaliero-universitarie.
5. La composizione del Collegio di direzione nelle aziende unità sanitarie locali è integrata con la partecipazione dei Direttori dei distretti di cui all'articolo 39 afferenti alle stesse.
6. Le modalità di funzionamento, la convocazione periodica, nonché le forme e le modalità delle relazioni tra il Collegio di direzione e gli organi dell'azienda sanitaria regionale sono disciplinate nell'atto aziendale di cui all'articolo 22.
7. Ai componenti del Collegio di direzione non spetta alcun emolumento, compenso, indennità o rimborso spese.
 

Art. 33 (Collegio sindacale)
(Testo dell’articolo 33 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 4 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione del secondo periodo al comma 3)
1. Il Collegio sindacale è istituito presso ogni azienda sanitaria regionale, con compiti di vigilanza sulla regolarità amministrativa e contabile, così come previsto dall'articolo 3-ter del d.lgs. 502/1992.
2. Il Collegio sindacale, nominato dal Direttore generale dell'azienda sanitaria regionale, dura in carica tre anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dal Presidente della Giunta regionale, uno designato dal Ministro dell'Economia e delle Finanze e uno dal Ministro della Salute.
3. Presso le aziende ospedaliero universitarie, di cui all'articolo 21 è istituito il Collegio sindacale con le attribuzioni di cui all'articolo 4, comma 3 del d.lgs. 517/1999. Il Collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dal Presidente della Giunta regionale, uno dal Ministro dell’Economia e delle Finanze e uno dal Ministro della Salute.
 

Art. 34 (Organo di indirizzo delle aziende ospedaliero-universitarie)
1. L'organo di indirizzo di cui all'articolo 24, comma 2, è unico, per le due aziende ospedaliero- universitarie costituite ai sensi dell'articolo 21.
2. L'organo di indirizzo è composto da cinque membri, nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale, così individuati:
a) un membro, con funzioni di Presidente, designato dalla Giunta regionale d'intesa con il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia;
b) il responsabile della struttura universitaria di coordinamento;
c) un membro designato dal Rettore in rappresentanza dell'università degli Studi di Perugia;
d) due membri designati dalla Giunta regionale.
3. I componenti dell'organo di indirizzo sono scelti tra persone di notoria e riconosciuta indipendenza, esperte in materia di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari; durano in carica quattro anni e possono essere riconfermati una sola volta. Non possono far parte dell'organo di indirizzo né i dipendenti delle aziende né i componenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Non possono essere, altresì indicati quali membri dell'organo d'indirizzo coloro che già godono del trattamento di quiescenza.
4. L'organo di indirizzo determina, nell'ambito delle risorse assegnate dallo Stato e dalla Regione, le linee di indirizzo dell'attività delle aziende ospedaliero-universitarie al fine di determinare la coerenza della programmazione generale dell'attività assistenziale delle aziende ospedaliero-universitarie con la programmazione didattica e scientifica dell'università e ne verifica la corretta attuazione d'intesa con le direzioni generali delle aziende ospedaliero-universitarie.
5. L'organo di indirizzo verifica il raggiungimento degli obiettivi di didattica e di ricerca e vigila sul perseguimento degli stessi in coerenza ed integrazione con le attività assistenziali e di cura delle aziende ospedaliero universitarie di cui all'articolo 21.
6. L'organo di indirizzo esprime parere:
a) sugli atti di programmazione aziendale in riferimento alle attività e alle strutture essenziali all'integrazione dell'assistenza, della didattica e della ricerca;
b) sull'istituzione, la modifica o la disattivazione di dipartimenti interaziendali, essenziali allo svolgimento delle attività di didattica e di ricerca. I predetti pareri si intendono favorevoli se non espressi entro trenta giorni dalla richiesta.
7. L'organo di indirizzo verifica la corretta attuazione, da parte delle aziende ospedaliero universitarie, della programmazione regionale e del protocollo d'intesa, riferendo trimestralmente alla Giunta regionale e all'Università degli Studi di Perugia.
8. L'organo di indirizzo si dota di un regolamento interno ed è assistito da una segreteria.
9. L'organo di indirizzo si riunisce di norma una volta al mese. Il Presidente convoca l'organo di indirizzo, lo presiede e ne fissa l'ordine del giorno.
10. Possono partecipare alle sedute dell'organo d'indirizzo, senza diritto di voto, il Presidente della Giunta regionale ed il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia o loro delegati per singole sedute o specifici argomenti all'ordine del giorno. I direttori generali delle aziende ospedaliero- universitarie, partecipano ai lavori dell'Organo di indirizzo senza diritto di voto.
11. Ai componenti dell'organo di indirizzo non spetta alcun compenso.
 

Capo II Organismi tecnico-consultivi presso le aziende sanitarie regionali
Art. 35 (Consiglio dei sanitari)
1. Il Consiglio dei sanitari è organismo elettivo delle aziende unità sanitarie locali con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal Direttore sanitario di cui all'articolo 36.
2. Il Consiglio dei sanitari esprime parere:
a) sull'atto aziendale di cui all'articolo 22, sui piani attuativi aziendali di cui all'articolo 14 e sui programmi annuali di attività delle aziende unità sanitarie locali;
b) sulle materie individuate dall'atto aziendale di cui all'articolo 22.
3. Il Consiglio dei sanitari può, altresì, essere chiamato ad esprimere il proprio parere a seguito di formale richiesta del Direttore generale di cui all'articolo 25 o del Direttore sanitario di cui all'articolo 36.
4. I pareri di cui al comma 2, lettere a) e b) sono obbligatori.
5. Il Consiglio dei sanitari è tenuto a rendere il parere entro trenta giorni dal ricevimento dei provvedimenti o delle richieste, decorsi i quali il parere si intende favorevole. Il Direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal Consiglio dei sanitari.
6. Il Consiglio dei sanitari dura in carica cinque anni.
7. La Giunta regionale definisce, con direttiva vincolante e nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 3, comma 12 del d.lgs. 502/1992, la composizione, le modalità di elezione e di funzionamento del Consiglio dei sanitari.
8. Ai componenti del Consiglio dei sanitari non spetta alcun compenso.
 

Capo III Direttore amministrativo, direttore sanitario e coordinatore dei servizi sociali
Art. 36 (Direttore amministrativo, Direttore sanitario e Coordinatore dei servizi sociali)
1. Il Direttore amministrativo e il Direttore sanitario coadiuvano il Direttore generale di cui all'articolo 25 nell'esercizio delle sue funzioni; i requisiti e le funzioni loro attribuite sono disciplinate dagli articoli 3 e 3-bis del d.lgs. 502/1992. Non possono essere nominati coloro che godono già del trattamento di quiescenza.
2. I rapporti di lavoro del Direttore sanitario e del Direttore amministrativo sono esclusivi e sono regolati da contratti di diritto privato.
3. L'incarico di Direttore amministrativo delle aziende sanitarie regionali è conferito a soggetti in possesso di laurea magistrale o diploma di laurea del vecchio ordinamento in discipline giuridiche o economiche che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbiano svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o in strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.
4. L'incarico di Direttore sanitario delle aziende sanitarie regionali è conferito a un medico che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età, che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o in strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione.
5. Il Direttore amministrativo, ai sensi dell'articolo 3-bis, comma 9 del d.lgs. 502/1992, ha l'obbligo di produrre, entro diciotto mesi dalla data della nomina, l'attestato di frequenza del corso di formazione manageriale di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 (Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l'accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l'accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale), pena la decadenza automatica dall'incarico. Il Direttore sanitario, ai sensi dell'articolo 1 del d.p.r. 484/1997, ha l'obbligo di produrre, entro diciotto mesi dalla data della nomina, l'attestato di frequenza del corso di formazione manageriale di cui all'articolo 7 dello stesso d.p.r., pena la decadenza automatica dall'incarico.
6. Per la direzione e il coordinamento delle attività socio-sanitarie e sociali di competenza ed ove ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3, comma 3 del d.lgs. 502/1992, il Direttore generale nomina il Coordinatore dei servizi sociali. L'incarico di Coordinatore dei servizi sociali è attribuito a soggetti in possesso di laurea magistrale o diploma di laurea del vecchio ordinamento e che abbiano svolto una qualificata attività di direzione in ambito sociale, socio-sanitario o sanitario e che non abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno d'età.
 

Titolo VI Articolazione ed organizzazione delle aziende sanitarie regionali
Capo I Dipartimenti e distretti sanitari
Art. 37 (Dipartimento)
1. L'organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende sanitarie regionali.
2. Il dipartimento è un'organizzazione integrata di più strutture operative omogenee, affini o complementari che perseguono comuni finalità e sono tra loro interdipendenti pur mantenendo autonomia e responsabilità professionale.
3. Il Direttore di dipartimento è nominato dal Direttore generale di cui all'art. 25 ai sensi dell'articolo 17-bis del d.lgs. 502/1992.
4. Per l'azienda ospedaliero-universitaria la nomina del Direttore di dipartimento è effettuata dal Direttore generale dell'azienda medesima d'intesa con il Rettore dell'Università degli Studi di Perugia ai sensi del d.lgs. 517/1999.
5. Le strutture operative che costituiscono i dipartimenti sanitari sono aggregate al fine di garantire risposte assistenziali integrate, tempestive ed efficaci sulla base di regole condivise di comportamento assistenziale, etico e medico-legale.
6. I dipartimenti sanitari, in collaborazione con i distretti sanitari di cui all'articolo 38 per quanto concerne le attività territoriali, perseguono la gestione integrata e complessiva dei percorsi di cura, garantendo la presa in carico e la continuità assistenziale, lo sviluppo di comportamenti clinico-assistenziali basati sull'evidenza, la misurazione degli esiti, la gestione del rischio clinico, l'adozione di linee-guida e protocolli diagnostico-terapeutici, la formazione continua, il coinvolgimento e l'informazione del paziente, nonché il coordinamento e l'integrazione delle attività amministrative.
7. L'organizzazione dei dipartimenti è caratterizzata da:
a) attribuzione di risorse e conseguente responsabilità di gestione del Direttore di dipartimento connessa con il loro utilizzo;
b) attribuzione al Direttore di dipartimento di poteri e responsabilità di gestione in ordine alla razionale e corretta programmazione delle attività;
c) condivisione di spazi, professionalità, risorse e tecnologie;
d) appartenenza delle strutture operative ad un unico dipartimento.
8. La Giunta regionale approva direttive vincolanti per fissare i requisiti minimi, i criteri operativi e organizzativi per l'istituzione ed il funzionamento dei dipartimenti.
9. La Giunta regionale può istituire su propria iniziativa Dipartimenti interaziendali, regolandone il funzionamento sulla base del presente articolo.
 

Art. 38 (Distretto)
(Testo dell’articolo 38 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 5 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 7)
1. Il Distretto è l'articolazione territoriale ed organizzativa della unità sanitaria locale per lo svolgimento delle attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, alle cure e alla riabilitazione, tramite la gestione integrata delle risorse della unità sanitaria locale e degli enti locali.
2. Il Distretto ha una dimensione territoriale tale da garantire un'ampia presenza di servizi territoriali e di operatori, in modo da caratterizzarsi come soggetto di negoziazione con la direzione dell'unità sanitaria locale e di interlocuzione con il sistema del governo locale. Il Distretto si articola in centri di salute che rappresentano il punto di contatto e di accesso unico del cittadino per tutte le prestazioni sanitarie e sociali che afferiscono al sistema primario delle cure.
3. Al Distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento; il distretto, nell'ambito delle risorse assegnate, è dotato di autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all'interno del bilancio della unità sanitaria locale.
4. Il Distretto:
a) gestisce e coordina i servizi ubicati nel territorio di competenza, destinati all'assistenza sanitaria di base e specialistica di primo livello, assicura l'integrazione degli accessi, dei luoghi e delle attività chiamati a soddisfare i bisogni di salute che richiedono unitariamente l'erogazione di prestazioni sanitarie e l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria se delegate dai comuni;
b) organizza l'accesso dei cittadini alle prestazioni e servizi erogati dalle strutture operative a gestione diretta del distretto, nonché dagli ambulatori e dalle strutture ospedaliere e territoriali accreditate;
c) assicura, anche attraverso i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale, un efficace orientamento e controllo della domanda sociosanitaria attraverso la realizzazione di percorsi sanitari integrati, promuovendo la continuità terapeutica tra i diversi luoghi di trattamento indirizzando e coordinando il ricorso all'assistenza ospedaliera;
d) favorisce e promuove soluzioni organizzative finalizzate al potenziamento delle cure primarie, anche mediante la valorizzazione delle forme di aggregazioni funzionali e territoriali dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e dei medici di continuità assistenziale, che assicurano la presa in carico della persona e la continuità assistenziale.
5. Il Distretto assicura, inoltre:
a) le attività ed i servizi per la tutela della salute mentale;
b) l'attività ed i servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;
c) l'attività ed i servizi per la tutela della salute dell'infanzia, della donna e della famiglia,
comprensivi dei servizi consultoriali;
d) le attività di cure primarie, comprensive dell'attività specialistica ambulatoriale;
e) le attività di riabilitazione territoriale;
f) le attività socio-sanitarie e socio-assistenziali;
g) le attività ed i servizi rivolti a disabili e anziani;
h) le attività ed i servizi di assistenza domiciliare integrata;
i) l'attività e i servizi per le patologie da HIV;
l) le attività ed i servizi di cure palliative per le patologie in fase terminale;
m) le attività e servizi di cure intermedie.
6. Nel Distretto trovano collocazione funzionale le articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale, del dipartimento dipendenze e del dipartimento di prevenzione, con riferimento ai servizi alla persona.
7. L'ambito territoriale di ciascun Distretto è definito dal Direttore generale dell'azienda unità sanitaria locale, d'intesa con la conferenza dei sindaci di cui all'articolo 8, in armonia con quanto previsto dalla normativa nazionale e nel rispetto degli articoli 265 e 268 bis. Ciascun distretto, di norma, comprende una popolazione residente non inferiore a cinquantamila abitanti, salvo deroga disposta con provvedimento del Direttore generale, d'intesa con la conferenza dei sindaci ed approvata dalla Giunta regionale.
8. La Giunta regionale adotta, con proprio atto, linee di indirizzo per la massima integrazione dei servizi sanitari erogati dal distretto e il loro coordinamento e integrazione con gli interventi sociali e promuove l'istituzione di case della salute in cui i diversi servizi trovano una sede comune e un luogo di coordinamento funzionale.
 

Art. 39 Direttore di Distretto.
1. L'incarico di Direttore di Distretto è attribuito dal Direttore generale di cui all'art. 25 a un dirigente dell'azienda che abbia maturato una specifica esperienza nei servizi territoriali e un'adeguata formazione nella loro organizzazione oppure a un medico convenzionato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1 del d.lgs. 502/1992, da almeno dieci anni, con contestuale congelamento di un corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria.
2. Il rapporto di lavoro del Direttore di Distretto è esclusivo. L'atto aziendale di cui all'art. 22 definisce le caratteristiche dell'incarico, la durata e i motivi di revoca.
3. Il Direttore di Distretto realizza le indicazioni della direzione aziendale, gestisce le risorse assegnate al distretto, in modo da garantire l'accesso della popolazione alle strutture e ai servizi, l'integrazione tra i servizi e la continuità assistenziale. Il Direttore del distretto, propone il programma delle attività territoriali di cui all'articolo 15, supporta la direzione generale nei rapporti con il Comitato dei sindaci di distretto di cui all'art. 40.
4. Il Direttore di Distretto si avvale di un ufficio di coordinamento delle attività distrettuali, composto dai responsabili dei servizi distrettuali, dai Direttori dei dipartimenti territoriali e da rappresentanti delle figure professionali operanti nei servizi stessi. Sono membri di diritto di tale ufficio un rappresentante dei medici di medicina generale, uno dei pediatri di libera scelta e uno degli specialisti ambulatoriali convenzionati operanti nel distretto.
5. Il Direttore di Distretto si avvale inoltre di un responsabile per le attività amministrative, di un responsabile del servizio infermieristico e di un responsabile del servizio sociale distrettuale.
6. Il Direttore di Distretto convoca, almeno una volta l'anno, apposita conferenza dei servizi, aperta ai cittadini ed alle loro associazioni, per verificare l'andamento degli interventi attuati e per proporre azioni di miglioramento tese al raggiungimento degli obiettivi di salute definiti dalla programmazione distrettuale.
 

Art. 40 (Comitato dei sindaci di Distretto)
1. A livello distrettuale è istituito il Comitato dei sindaci di Distretto composto da tutti i sindaci dei comuni facenti parte del distretto.
2. Il Comitato dei sindaci di Distretto concorre al processo di programmazione e verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal PAT di cui all'art. 15 anche mediante il coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini e dei soggetti impegnati in ambito socio-sanitario.
 

Art. 41 (Presidi ospedalieri)
1. Gli ospedali non costituiti in aziende ospedaliere, dislocati in una unica unità sanitaria locale, sono accorpati in un unico presidio.
2. Sono comunque costituiti in presidio ospedaliero autonomo gli ospedali sede di dipartimento per l'emergenza ed urgenza.
3. Ai presidi ospedalieri è attribuita autonomia economico finanziaria, con contabilità analitica separata all'interno del bilancio dell'unità sanitaria locale.
4. Al presidio ospedaliero sono preposti un dirigente medico ed un dirigente amministrativo come previsto all'articolo 4, comma 9 del d.lgs. 502/1992, tra i quali il Direttore generale dell'aziende della unità sanitaria locale individua il Direttore del presidio ospedaliero responsabile della gestione complessiva.
5. Sulla base di specifici indirizzi della Giunta regionale le unità sanitarie locali procedono alla riorganizzazione dei presidi ospedalieri secondo una logica di rete e di integrazione con le attività territoriali di distretto. La definizione della suddetta rete dei presidi ospedalieri e dei distretti deve garantire il percorso assistenziale dell'utente preso in carico.
 

Capo II Dipartimento di prevenzione
Art. 42 (Dipartimento di prevenzione)
1. Il dipartimento di prevenzione, nel rispetto dei principi contenuti nell'art. 7-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è struttura operativa dell'unità sanitaria locale che trova collocazione funzionale nel distretto di cui all'art. 38 quale macrostruttura organizzativa. Il dipartimento di prevenzione eroga le prestazioni proprie del livello di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramento della qualità della vita dei singoli e della collettività, attraverso interventi che possono superare i confini del settore sanitario e coinvolgere l'intera società civile.
2. Il dipartimento di prevenzione opera nell'ambito del piano attuativo di cui all'art. 14 ha autonomia organizzativa e contabile ed è organizzato in centri di costo e di responsabilità.
3. Il dipartimento di prevenzione è costituito dalle seguenti macroaree intese come aree di aggregazione funzionale dei servizi afferenti a ciascuna di esse quali:
a) macroarea di sanità pubblica;
b) macroarea della prevenzione nei luoghi di lavoro;
c) macroarea della sanità pubblica veterinaria;
d) macroarea della sicurezza alimentare.
4. L'articolazione in macroaree è integrata dalla presenza di un'area professionale della prevenzione, in seno alla quale confluiscono tecnici della prevenzione e assistenti sanitari.
5. Costituiscono obiettivi dell'area professionale della prevenzione di cui al comma 4:
a) lo sviluppo di autonomia professionale e organizzativa, con piena assunzione di responsabilità rispetto al raggiungimento degli obiettivi negoziati in seno alla programmazione di budget con i responsabili delle quattro macroaree;
b) il potenziamento dell'integrazione operativa nella attuazione degli obiettivi condivisi;
c) la responsabilizzazione nella fase di valutazione degli esiti dei processi di prevenzione
attivati nel corso dell'anno.
6. Le macroaree di cui al comma 3 hanno il compito di:
a) recuperare risorse attraverso il potenziamento del livello di aggregazione tra servizi affini mediante la definizione di obiettivi comuni e integrati;
b) favorire l'azione di governo nei confronti del sistema delle diverse istituzioni e forze sociali, che svolgono la funzione di portatori di interesse rispetto ai principali determinanti di salute, attraverso una evoluzione del mandato dei servizi che vi confluiscono.
7. Alla macroarea sanità pubblica afferiscono i seguenti servizi:
a) il Servizio igiene e sanità pubblica;
b) il Servizio epidemiologia;
c) il Centro screening.
8. Alla macroarea della prevenzione nei luoghi di lavoro, afferisce il Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro.
9. Alla macroarea sanità pubblica veterinaria afferiscono i seguenti servizi:
a) il Servizio veterinario di sanità animale;
b) il Servizio veterinario di igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.
10. Alla macroarea sicurezza alimentare afferiscono i seguenti servizi:
a) il Servizio di igiene degli alimenti di origine animale;
b) il Servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione.
11. La Giunta regionale con direttive vincolanti individua le procedure tecniche ed amministrative per l'accreditamento dei servizi del Dipartimento di prevenzione da parte di un ente certificatore riconosciuto in ambito comunitario.
12. Ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106 (Riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero della salute, a norma dell'art. 2 della legge 4 novembre 2010, n.
183), la Regione Umbria, d'intesa con la Regione Marche, provvede a definire le modalità di raccordo funzionale tra i Dipartimenti di prevenzione e l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche.
13. Il raccordo funzionale tra i Dipartimenti di prevenzione e l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente dell'Umbria è disciplinato dall'articolo 4 della L.R. n. 9/1998.
 

Art. 43 (Direttore del dipartimento di prevenzione)
1. Il Direttore del dipartimento di prevenzione è nominato dal Direttore generale di cui all'art. 25 tra i direttori di struttura complessa del dipartimento con almeno cinque anni di anzianità di funzione e risponde alla direzione aziendale del perseguimento degli obiettivi aziendali, dell'assetto organizzativo e della gestione in relazione alle risorse assegnate ai sensi dell'articolo 7-quater del d.lgs. 502/1992.
2. Spettano al Direttore del dipartimento di prevenzione le seguenti funzioni:
a) stabilire con la direzione aziendale, nell'ambito della programmazione di budget, le risorse necessarie alla realizzazione degli obiettivi di salute da raggiungere e/o consolidare, con particolare attenzione allo sviluppo di processi integrati;
b) garantire la corretta programmazione e gestione delle risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti, anche attraverso i piani di attività integrati, negoziati con i coordinatori delle quattro macroaree di cui all'art. 44;
c) rappresentare il dipartimento nei rapporti con la direzione aziendale;
d) promuovere l'attuazione di percorsi di qualità, sia in seno ai singoli servizi che nelle macroaree anche attraverso lo sviluppo e il mantenimento di adeguati percorsi formativi;
e) assicurare il monitoraggio delle attività negoziate anche attraverso la manutenzione costante dei sistemi informativi attivi su scala regionale;
f) garantire l'integrazione del dipartimento con le altre macrostrutture aziendali nonché con i portatori d'interesse, anche attraverso la lettura per la direzione aziendale del contesto epidemiologico;
g) valutare dal punto di vista quantitativo e qualitativo l'attività delle macroaree.
 

Art. 44 (Coordinamento delle macroaree del dipartimento di prevenzione)
1. Per ciascuna delle quattro macroaree il Direttore generale dell'azienda unità sanitaria locale, sentito il Direttore del dipartimento di cui all'articolo 43, nomina un coordinatore scelto tra i dirigenti dei servizi che afferiscono alle stesse.
2. Al coordinatore spettano i seguenti compiti:
a) la definizione di piani di attività integrati in occasione della predisposizione della proposta di budget per il dipartimento di prevenzione;
b) la negoziazione dei piani di cui alla lettera a) con l'area professionale della
prevenzione;
c) la valutazione dei risultati dei processi integrati al fine di garantire una
programmazione inserita in un percorso virtuoso di qualità.
 

Titolo VII Personale del servizio sanitario regionale
Capo I Personale dipendente del S.s.r.
Art. 45 (Organico e ruoli nominativi)
(Testo dell’articolo 45 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato ed integrato dall’articolo 6 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 3 e l’aggiunta del comma 3 bis)
1. Il personale dipendente del Servizio sanitario regionale è iscritto nei ruoli nominativi costituiti e gestiti, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, dalle singole aziende sanitarie regionali cui è conferita la competenza della gestione giuridica ed economica del personale dipendente. Per ciascun dipendente sono indicati il cognome e il nome, la data di nascita, il codice fiscale, la data di assunzione e la data di conseguimento della qualifica di appartenenza. La Giunta regionale, entro il 30 giugno di ogni anno, provvede alla pubblicazione degli elenchi nominativi trasmessi dalle singole aziende sanitarie regionali. Gli elenchi pubblicati assumono funzioni meramente ricognitiva e costituiscono la base conoscitiva e statistica per le finalità della programmazione regionale.
2. Prima della trasmissione alla Giunta regionale le aziende sanitarie regionali devono portare a conoscenza del personale dipendente, mediante adeguate forme di pubblicizzazione, gli elenchi di cui al comma 1. Eventuali istanze di correzione possono essere avanzate dai dipendenti interessati, entro 15 giorni dalla pubblicizzazione degli elenchi, all'azienda di appartenenza nelle forme da essa stabilite.
3. La copertura dei posti vacanti in organico riferiti alle posizioni funzionali apicali è sottoposta alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale. È, altresì, sottoposta alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale, la copertura dei posti di dirigente del ruolo amministrativo.
3 bis. La Giunta regionale stabilisce periodicamente con proprio atto, per ogni singola azienda sanitaria, anche al fine del rispetto di quanto stabilito dall’articolo 47 bis, per i profili e posizioni funzionali del ruolo amministrativo, ad esclusione dei posti di dirigente, la percentuale dei posti vacanti che può essere coperta nel periodo preso in esame.
 

Art. 46 (Personale in stato di quiescenza. Disciplina degli incarichi)

1. In armonia con la normativa nazionale, al personale dipendente delle aziende sanitarie regionali in stato di quiescenza non possono essere conferiti incarichi di consulenza, collaborazione, studi e ricerca o incarichi professionali altrimenti qualificati, sia da parte dell'amministrazione con la quale ha avuto rapporti di lavoro o impiego, sia da parte delle altre amministrazione del Servizio sanitario regionale.
 

Art. 47 (Compensi ai componenti le commissioni e sottocommissioni esaminatrici dei concorsi e delle selezioni per l'assunzione del personale delle aziende sanitarie regionali)
1. La disciplina dei compensi è stabilita dalle Aziende sanitarie regionali con atto del Direttore generale, nel rispetto della normativa nazionale e regionale in materia.
 

Art. 47 bis (Misure di razionalizzazione della spesa sanitaria)
(Testo dell’articolo 47 bis, aggiunto dall’articolo 7 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10 poi così sostituito dall’articolo 6 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 18)
1. Gli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) applicano le disposizioni di principio di cui agli articoli 6 e 9 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Resta ferma la possibilità, per gli stessi enti, di ricorrere comunque ad assunzioni di personale a tempo determinato e ad altre tipologie di rapporti di lavoro flessibile, nella misura strettamente necessaria ad assicurare le attività di emergenza e urgenza o il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza.
2. La Giunta regionale definisce le direttive per assicurare le finalità di cui al comma 1 e procede annualmente alla verifica del rispetto da parte degli enti del SSR delle condizioni e dei limiti ivi recati
 

Art. 47 ter (Procedure attuative del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015)
(Testo dell’articolo 47 ter così aggiunto dall’articolo 8 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Le aziende sanitarie regionali danno attuazione ai commi 6, 7, 8 e 9 dell’articolo 4 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, con le procedure di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015 (Disciplina delle procedure concorsuali riservate per l’assunzione di personale precario del comparto sanità), anche con riferimento ai dirigenti del ruolo professionale, tecnico e amministrativo del Servizio sanitario regionale, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e nel limite massimo del cinquanta per cento delle risorse finanziarie occupazionali di ciascuna azienda relative allo stesso anno.
 

Capo II Incarichi di direzione di struttura nelle aziende sanitarie regionali
Art. 48 (Incarichi di direzione)
1. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina i criteri e le procedure per l'attribuzione degli incarichi di direzione di struttura semplice o di struttura complessa nel rispetto dei principi fissati dall'articolo 15, commi 7, 7-bis, 7-ter, 7-quater, 7-quinquies del d.lgs. 502/1992, nonché delle disposizioni della contrattazione collettiva, tenendo conto delle linee di indirizzo definite in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
 

Art. 49 (Esclusività del rapporto di lavoro)
1. Gli incarichi di direzione di struttura semplice o complessa conferiti ai dirigenti del ruolo sanitario del Servizio sanitario regionale implicano il rapporto di lavoro esclusivo ai sensi dell'articolo 15-quinquies, comma 5 del d.lgs. 502/1992.
2. Gli incarichi di direzione di struttura semplice o complessa del Servizio sanitario regionale, nonché la responsabilità e la gestione dei programmi di cui all'articolo 5, comma 4 del d.lgs. 517/1999, conferiti a professori e ricercatori universitari, implicano un rapporto di lavoro esclusivo.
3. Il dirigente titolare di uno degli incarichi di cui ai commi 1 e 2, che opta per il rapporto di lavoro non esclusivo ai sensi dell'articolo 15-quater, comma 4 del d.lgs. 502/1992, decade automaticamente dall'incarico.
 

Art. 50 (Indennità)
1. L'indennità di esclusività del rapporto di lavoro prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro della dirigenza medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale e della dirigenza sanitaria è erogata unicamente al personale con rapporto di lavoro esclusivo.
 

Titolo VIII Formazione in sanità
Capo I Operatore socio sanitario
Art. 51 Istituzione della figura professionale di operatore socio-sanitario.
1. È istituita la figura professionale dell'operatore socio-sanitario.
2. L'operatore socio-sanitario, a seguito dell'attestato di qualifica conseguito al termine di specifica formazione professionale, svolge attività indirizzata a:
a) soddisfare i bisogni primari della persona, nell'àmbito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario;
b) favorire il benessere e l'autonomia dell'utente.
 

Art. 52 Formazione.
1. La Giunta regionale provvede alla programmazione dei corsi e alle attività didattico- formative relative all'acquisizione della qualifica di operatore socio-sanitario.
2. La Giunta regionale determina, altresì, con il piano annuale di formazione degli operatori della sanità, in attuazione del Piano sanitario regionale, l'attivazione dei corsi in base al fabbisogno annuale.
3. I corsi sono gestiti dalle aziende sanitarie locali ed ospedaliere o da organismi accreditati, con comprovata esperienza nel settore, secondo quanto previsto dalla vigente normativa ed in particolare dall'articolo 5 della legge 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale), dal d.lgs. 502/1992 e dalla legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 (Norme sul sistema formativo regionale).
 

Art. 53 Contesti operativi e relazionali.
1. L'operatore socio-sanitario svolge la sua attività:
a) in tutti i servizi del settore sociale e sanitario, di tipo residenziale e semiresidenziale, in ambito ospedaliero e al domicilio dell'utente;
b) in collaborazione con gli altri operatori professionali preposti all'assistenza sanitaria e a quella sociale, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale.
2. In particolare gli operatori socio-sanitari esplicano:
a) assistenza diretta ed aiuto domestico, alberghiero;
b) intervento igienico-sanitario e di carattere sociale;
c) supporto gestionale, organizzativo e formativo.
 

Art. 54 Requisiti di accesso.
1. Per l'accesso al corso di formazione di operatore socio-sanitario è richiesto il diploma di scuola dell'obbligo ed il compimento del diciassettesimo anno di età alla data di iscrizione al corso.
 

Art. 55 Organizzazione didattica.
1. La didattica è strutturata per moduli didattici e per aree disciplinari e comprende:
a) un modulo di base;
b) un modulo professionalizzante.
2. I corsi di formazione per operatore socio-sanitario hanno durata non inferiore a diciotto mesi, per un numero di ore non inferiore a mille.
3. In aggiunta al corso di qualificazione di base, la Giunta regionale attiva moduli di formazione Integrativa, miranti a specifiche utenze e specifici contesti operativi.
4. La Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 8 del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402 (Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, programma corsi di formazione complementare in assistenza sanitaria per operatori socio-sanitari.
 

Art. 56 Materie di insegnamento e tirocinio.
1. Le materie di insegnamento, relative al moduli didattici di cui all'articolo 55 sono articolate nelle seguenti aree disciplinari:
a) socio-culturale, istituzionale e legislativa;
b) psicologica e sociale;
c) igienico-sanitaria;
d) tecnico-operativa.
2. Tutti i corsi comprendono un tirocinio guidato presso le strutture ed i servizi nel cui ambito è prevista la figura dell'operatore socio-sanitario.
 

Art. 57 Esame finale e rilascio dell'attestato.
1. Al termine del corso gli allievi sono sottoposti ad una prova teorica e ad una prova pratica da parte di un'apposita commissione d'esame costituita dalla Giunta regionale.
2. La frequenza ai corsi è obbligatoria e non sono ammessi alle prove di valutazione finale coloro che hanno superato il tetto massimo di assenze indicato nel provvedimento regionale di attivazione del corso.
3. Il provvedimento regionale di attivazione del corso fissa il numero dei partecipanti.
4. All'allievo che supera la prova è rilasciato dalla Regione attestato di qualifica valido, ai sensi della normativa vigente, nelle strutture, attività e servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali.
 

Art. 58 Titoli pregressi.
1. La Regione quantifica il credito formativo da attribuirsi a titoli e servizi pregressi, in relazione all'acquisizione dell'attestato di qualifica relativo alla figura professionale di operatore socio-sanitario, prevedendo misure compensative in tutti i casi in cui la formazione pregressa risulti insufficiente, per la parte sanitaria o per quella sociale, rispetto a quella prevista dal presente Titolo.
2. La frequenza, con esito positivo, di corsi autorizzati dalla Regione per la formazione di operatori che svolgono la loro attività nel campo sociale, assistenziale e sanitario, ed espletati prima del 15 agosto 2002, è valutata ai fini dell'applicazione del comma 1.
 

Titolo IX Indirizzi e criteri di finanziamento - Sistema informativo sanitario regionale - Controlli
Capo I Determinazione del fabbisogno e finanziamento del servizio sanitario regionale
Art. 59 Determinazione del fabbisogno finanziario del Servizio sanitario regionale.
1. La Giunta regionale, in sede di elaborazione del D.A.P., procede alla stima del fabbisogno finanziario del Servizio sanitario regionale necessario ad assicurare, per il triennio successivo, i livelli uniformi ed essenziali di assistenza in condizioni di efficienza ed appropriatezza, tenuto conto degli obiettivi di crescita programmati, dell'evoluzione della domanda di salute, dell'andamento dei costi dei fattori produttivi, del programma degli investimenti.
2. La Giunta regionale procede annualmente a:
a) ripartire le risorse disponibili da destinare al Servizio sanitario regionale;
b) emanare direttive per la formazione dei bilanci da parte delle aziende sanitarie regionali e degli enti del Servizio sanitario regionale;
c) individuare, anche in corso di esercizio di bilancio, le misure da porre in essere per assicurare l'equilibrio tra fabbisogno e risorse.
 

Art. 60 Finanziamento del Servizio sanitario regionale.
1. La Regione indirizza la gestione economico-finanziaria del Servizio sanitario regionale verso l'obiettivo della massima efficienza ed efficacia, verificando la rispondenza dei risultati di gestione rispetto agli obiettivi programmatici, nell'ambito delle compatibilità economiche generali.
2. La Giunta regionale determina annualmente i costi standard e i fabbisogni standard del Servizio sanitario regionale, tenendo conto, anche delle macroaree dei livelli essenziali di assistenza.
3. La Giunta regionale determina altresì le risorse che, al netto della quota direttamente gestita dalla Regione, sono destinate alle aziende sanitarie regionali e procede alla definizione del fabbisogno standard delle aziende unità sanitarie locali sulla base del costo standard regionale e dei seguenti criteri:
a) popolazione residente nel proprio ambito territoriale, ponderata secondo parametri di natura epidemiologica e demografica e tenendo conto di carenze strutturali presenti in alcune aree territoriali e atte ad incidere sui costi delle prestazioni;
b) quote per funzioni assistenziali da garantire sulla base degli obiettivi della programmazione regionale.
4. Il finanziamento delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universitarie a valere sulle risorse ordinarie destinate al fabbisogno standard regionale avviene mediante:
a) una quota per i servizi da garantire su mandato, sulla base degli obiettivi della programmazione regionale e per specifiche funzioni assistenziali;
b) una quota per esigenze di didattica e ricerca scientifica.
5. La Giunta regionale determina, per le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario regionale, il finanziamento destinato alle funzioni assistenziali di cui al comma 4, in base al costo standard di produzione del programma di assistenza e determina altresì la remunerazione delle altre attività assistenziali, in base a quanto previsto dall'art. 92.
 

Art. 61 Contabilità e controlli.
1. Alla contabilità ed ai controlli delle aziende sanitarie regionali si applicano le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e dai relativi decreti attuativi, nel rispetto dei principi di cui al d.lgs. 502/1992.
 

Capo II Attività programmatica e documenti previsionali
Art. 62 Attività programmatica.
1. Costituiscono strumenti dell'attività programmatica delle aziende sanitarie regionali:
a) il bilancio pluriennale di previsione;
b) il bilancio preventivo economico annuale.
 

Art. 63 Bilancio pluriennale di previsione.
1. Le scelte compiute e le priorità individuate con i documenti di programmazione sanitaria di cui all'art. 11 sono tradotte in termini contabili nel bilancio pluriennale di previsione.
2. Il bilancio pluriennale di previsione ha come riferimento temporale quello dei documenti di cui all'art. 11; le previsioni in esso contenute sono suddivise per anno, sono strutturate secondo gli schemi nazionali vigenti e sono annualmente aggiornate.
 

Art. 64 Bilancio preventivo economico annuale.
1. Il bilancio preventivo economico annuale deve essere predisposto in coerenza con la programmazione sanitaria e con la programmazione economico-finanziaria della Regione.
2. Il bilancio preventivo economico annuale deve essere redatto secondo le disposizioni di cui all'art. 25 del D.Lgs. 118/2011 e dei relativi decreti attuativi.
3. Costituiscono parte integrante del bilancio preventivo economico annuale i documenti predisposti dalle Aziende sanitarie regionali ai sensi dell'articolo 128 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione della direttiva 2004/17/CE e della direttiva 2004/18/CE).
4. È fatto obbligo alle Aziende sanitarie di redigere la previsione dei costi e dei ricavi in situazione di pareggio ai sensi del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012). L'equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione dovranno essere assicurati nel bilancio preventivo economico annuale, nelle rendicontazioni periodiche infra-annuali e nel bilancio di esercizio. In caso di mancato raggiungimento dell'equilibrio economico da parte delle Aziende sanitarie si applica la normativa vigente.
5. Al bilancio preventivo economico annuale sono allegati i budget riferiti ai vari centri di risorsa ed alle specifiche aree di attività. I dirigenti sono responsabili del budget loro assegnato.
 

Art. 65 Approvazione dei documenti economici previsionali.
1. La Giunta regionale determina gli indirizzi vincolanti per la predisposizione dei bilanci di previsione.
2. Il bilancio preventivo economico annuale e il bilancio pluriennale di previsione sono corredati dalla relazione del Collegio Sindacale.
3. Il bilancio pluriennale di previsione e il bilancio preventivo economico annuale sono approvati con provvedimento del direttore generale entro il 10 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento del bilancio preventivo economico annuale.
4. I documenti di cui al comma 3 sono soggetti ai controlli previsti dall'art. 83. A tale fine i documenti stessi sono trasmessi alla Giunta regionale entro 10 giorni dall'adozione.
5. Il direttore generale trasmette alla Conferenza dei Sindaci il bilancio pluriennale e il bilancio preventivo economico annuale per il parere di competenza e ne dispone la pubblicazione ai sensi della normativa vigente in materia. Il bilancio preventivo economico annuale è altresì pubblicato per esteso nel sito istituzionale della Regione.
 

Art. 66 Contabilità economica generale.
1. Le Aziende sanitarie regionali rilevano i fatti di gestione con contabilità economico- patrimoniale, ai sensi del d.lgs. 118/2011 e relativi decreti attuativi.
2. Le Aziende sanitarie regionali adottano il piano dei conti deliberato dalla Giunta regionale secondo le disposizioni di cui all'art. 27 del d.lgs. 118/2011.
 

Art. 67 Contabilità analitica.
1. I fatti attinenti ai centri di costo ed alle specifiche aree di attività sono rilevati con contabilità analitica intesa a fornire, per ciascun oggetto di rilevazione ed a supporto dei controlli di cui agli articoli 81 e 82, ogni elemento conoscitivo utile a valutare i risultati conseguiti in termini di economicità, efficacia ed efficienza della gestione.
2. I risultati delle analisi dei costi, dei rendimenti e dei risultati per centro di costo e responsabilità sono pubblicati annualmente dalle Aziende sanitarie regionali sul proprio sito istituzionale.
 

Art. 68 Libri obbligatori.
1. Le Aziende sanitarie regionali devono tenere:
a) il libro giornale;
b) il libro degli inventari;
c) il mastro della contabilità;
d) il partitario dei creditori;
e) il partitario dei debitori;
f) il libro delle deliberazioni del direttore generale;
g) il libro delle sedute e delle deliberazioni del collegio sindacale;
h) il registro della contabilità di magazzino.
2. I libri di cui al comma 1 devono essere numerati, vidimati e bollati, ove previsto, secondo le disposizioni vigenti.
3. È fatto inoltre obbligo di contabilizzare separatamente i proventi e gli oneri derivanti dall'attività libero professionale intramuraria.
 

Art. 69 Tutela della contabilità e conservazione delle scritture contabili.
1. In materia di tenuta della contabilità e di conservazione delle scritture contabili si applicano le norme contenute negli articoli dal 2214 al 2220 del codice civile.
2. Il direttore generale adotta, con formale deliberazione, un regolamento per la contabilità, l'amministrazione dei beni e l'attività contrattuale, uniformandosi agli standard previsti dal Percorso Attuativo della Certificabilità (P.A.C.), di cui al il D.M. 1° marzo 2013, o, in assenza, ai principi del presente Titolo, del codice civile e delle disposizioni normative vigenti.
 

Capo III Mezzi finanziari
Art. 70 Fonti di finanziamento.
1. Costituiscono fonti di finanziamento delle Aziende sanitarie regionali:
a) le risorse destinate, ai sensi dell'art. 60, alle aziende sanitarie dalla Regione a titolo di fabbisogno standard;
b) i ricavi ed i proventi derivanti da prestazioni sanitarie rese a soggetti pubblici e privati, compresi quelli di competenza relativi all'attività libero professionale ed ai servizi a pagamento, quelli provenienti da contratti e convenzioni nonché le quote di partecipazione alla spesa eventualmente poste a carico degli assistiti;
c) i contributi di soggetti pubblici e privati;
d) i proventi derivanti dalla gestione dei beni del patrimonio, ivi compresi quelli provenienti da lasciti, donazioni ed altri atti di liberalità ricevuti;
e) i concorsi, i rimborsi, i recuperi ed altri introiti diversi ed eventuali.
2. L'accettazione di lasciti e donazioni deve essere preventivamente autorizzata dalla Giunta regionale.
3. Le Aziende sanitarie regionali, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3, commi da 16 a 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)), possono ricorrere, previa autorizzazione della Giunta regionale, all'assunzione di mutui o di altre forme di indebitamento, di durata non superiore a venti anni, fino a raggiungere, con l'ammontare complessivo delle rate di ammortamento, comprensive di capitale ed interesse, il 15 per cento delle entrate proprie correnti o dei ricavi netti e proventi di esercizio previsti nel bilancio preventivo economico dell'anno in corso, con esclusione delle quote assegnate a titolo di fabbisogno sanitario standard e delle sopravvenienze, insussistenze e plusvalenze attive.
4. Il collegio sindacale dell'azienda sanitaria verifica, preliminarmente all'adozione degli atti conseguenti, la compatibilità economico-finanziaria della proposta di indebitamento di cui al comma 3.
5. Per far fronte a temporanee esigenze di cassa, le Aziende sanitarie regionali possono attivare anticipazioni con il proprio tesoriere nella misura massima di un dodicesimo dell'ammontare annuo delle entrate previste nel bilancio preventivo economico dell'esercizio in corso, con esclusione di quelle relative ai conti d'ordine.
6. L'atto di indebitamento adottato al di fuori di quanto previsto ai commi 3 e 4 è nullo.
 

Art. 71 Finanziamento dei servizi socio-assistenziali.
1. Gli oneri per la realizzazione di servizi socio-assistenziali delegati dagli Enti locali sono a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale e con specifica contabilizzazione.
2. L'Azienda USL, allo scopo di assicurare il passaggio nella gestione di tali servizi delegati, stipula apposita convenzione che disciplini le clausole che regolano contenuti, quantità e modalità di svolgimento dei servizi da realizzare e le scadenze nell'erogazione dei finanziamenti da parte dell'ente delegante.
3. La gestione dei servizi socio-assistenziali è rilevata con contabilità economica separata con apposito bilancio.
 

Capo IV Servizio di tesoreria e di cassa
Art. 72 Servizio di tesoreria.
1. Le Aziende sanitarie regionali affidano il proprio servizio di tesoreria ad una o più banche con le procedure previste dalla vigente normativa nazionale e comunitaria.
2. I criteri selettivi, le modalità di gestione del servizio di tesoreria, nonché la durata sono disciplinati con apposito capitolato approvato dal direttore generale, da allegare alla convenzione di tesoreria per farne parte integrante e sostanziale.
3. Il Collegio sindacale effettua verifiche trimestrali periodiche di tesoreria ed esegue la riconciliazione tra gli estratti del conto corrente di tesoreria ed i movimenti nel corrispondente conto della contabilità generale.
 

Art. 73 Servizio di cassa.
1. Le somme riscosse direttamente dalle strutture delle Aziende sanitarie regionali devono essere versate al tesoriere entro il termine e con le modalità stabilite dal regolamento interno di contabilità di cui all'art. 69, comma 2.
2. Per il pagamento di minute spese di gestione i direttori generali delle Aziende sanitarie possono disporre, a carico del conto di tesoreria, anticipazioni di fondi a dipendenti appositamente individuati, nei limiti e con le modalità stabiliti dallo stesso regolamento di cui all'art. 69, comma 2 e nel rispetto della normativa vigente.
3. L'imputazione al conto economico delle spese sostenute e documentate è effettuata in sede di presentazione dei rendiconti che deve avvenire con cadenza almeno trimestrale. I rendiconti sono controllati ed approvati dal responsabile del servizio economico-finanziario.
 

Art. 74 Classificazione del patrimonio.
1. Le attività e le passività patrimoniali delle Aziende sanitarie regionali sono classificate secondo il piano dei conti dello stato patrimoniale, tenuto conto dell'esigenza di standardizzazione delle procedure contabili e dei debiti informativi previsti dall'art. 27 del d.lgs. 118/2011.
 

Capo V Il bilancio d'esercizio
Art. 75 Bilancio d'esercizio.
1. Il bilancio d'esercizio delle Aziende sanitarie regionali contiene l'esposizione chiara, veritiera e corretta dei risultati della gestione, è redatto con riferimento all'anno solare e, come previsto dal d.lgs. 118/2011 e relativi decreti attuativi, si compone dello Stato Patrimoniale, del Conto Economico, del Rendiconto Finanziario e della Nota Integrativa ed è corredato da una Relazione sulla Gestione sottoscritta dal Direttore Generale.
2. Il bilancio di esercizio è redatto in conformità al d.lgs. 118/2011 secondo gli schemi ivi previsti, nel rispetto della normativa nazionale vigente.
3. Il bilancio di esercizio, come previsto dal comma 1, è corredato dalla relazione sulla Gestione del Direttore Generale che, oltre a contenere il modello di rilevazione dei costi per Livelli di Assistenza (Mod. L.A.) per l'esercizio in chiusura e per l'esercizio precedente, riporta anche un'analisi dei costi sostenuti per l'erogazione dei servizi sanitari e il Conto Economico di ogni singolo presidio.
5. Al bilancio di esercizio delle aziende unità sanitarie locali è unito il rendiconto della gestione dei servizi socio-assistenziali di cui all'art. 71.
 

Art. 76 Principi e criteri per la redazione del bilancio d'esercizio.
1. Nella redazione del bilancio d'esercizio delle Aziende sanitarie regionali si applicano gli articoli da 2423 a 2428 del codice civile, fatto salvo quanto diversamente disposto dal d.lgs. 118/2011.
 

Art. 77 Risultato economico della gestione.
1. L'eventuale risultato positivo di esercizio, ai sensi dell'art. 30 del d.lgs. 118/2011, è portato a ripiano delle eventuali perdite d'esercizio precedenti. L'eventuale eccedenza è accantonata a riserva ovvero è resa disponibile per il ripiano delle perdite del S.S.R.. Resta fermo quanto stabilito a livello nazionale in ordine ai risparmi di gestione conseguiti dai singoli S.S.R..
 

Art. 78 Approvazione e pubblicazione del bilancio di esercizio.
1. Il bilancio d'esercizio è adottato dal direttore generale entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento ed è corredato dalla Relazione del Collegio Sindacale. Il bilancio d'esercizio è sottoposto al controllo di cui all'art. 83.
2. Il direttore generale dispone la pubblicazione del bilancio d'esercizio per esteso nel sito istituzionale aziendale. Il bilancio d'esercizio è altresì pubblicato per esteso nel sito istituzionale della Regione.
 

Capo VI Attività contrattuale
Art. 79 Attività contrattuale.
1. L'attività contrattuale è esercitata nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria vigente.
 

Art. 80 Contabilità di magazzino.
1. Le Aziende sanitarie regionali devono tenere la contabilità di magazzino relativamente ai materiali sanitari, prodotti farmaceutici ed agli altri beni di consumo allo scopo di pervenire, attraverso idonee rilevazioni, alla determinazione dei valori, delle quantità e delle qualità dei beni esistenti all'inizio e alla fine dell'esercizio, nonché alla determinazione dei consumi dei centri di costo anche per periodi inferiori all'anno, uniformandosi agli standard previsti dal Percorso Attuativo della Certificabilità (P.A.C.).
2. Le registrazioni delle operazioni di carico e scarico devono essere eseguite in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente, nonché dai singoli regolamenti aziendali.
3. La valutazione dei beni in carico e in discarico è effettuata in base a quanto previsto dalla normativa vigente e dal regolamento aziendale in materia.
 

Capo VII Controllo di gestione
Art. 81 Controllo interno di gestione.
1. Il direttore generale attua il controllo di gestione per verificare mediante la valutazione comparativa dei costi, dei rendimenti e dei risultati, il grado di economicità, di efficacia e di efficienza raggiunto dall'Azienda sanitaria regionale nell'azione di conseguimento dei rispettivi fini istituzionali.
2. Le finalità di cui al comma 1 vengono perseguite avvalendosi di un'apposita struttura organizzativa che opera stabilmente per la gestione del sistema di programmazione e controllo e dipende in via diretta ed esclusiva dal direttore generale.
3. La struttura di cui al comma 2:
a) individua le procedure, i parametri e gli indicatori atti a valutare: la capacità dell'ente di acquisire i fattori operativi per la fornitura dei servizi assegnati alla sua competenza funzionale, l'efficienza nell'impiego delle risorse e la produttività dei fattori anzidetti;
b) redige il rapporto annuale finale che attua il sistematico confronto fra le scelte dei documenti programmatici e i dati di consuntivo.
 

Art. 82 Controllo regionale sulla gestione.
1. La Giunta regionale esercita il controllo sulla gestione delle Aziende sanitarie regionali al fine di verificare il risultato di gestione conseguito in termini di buon andamento e di conseguimento dell'equilibrio economico. La valutazione viene effettuata in relazione all'attività svolta a garanzia dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, in termini di efficacia e di efficienza, nonché in riferimento agli indirizzi e agli obiettivi fissati dalla programmazione regionale.
2. La Giunta regionale persegue le finalità di cui al comma 1, oltre che mediante il controllo su documenti programmatici e di bilancio, ai sensi dell'art. 83, anche avvalendosi delle verifiche svolte dall'organismo di valutazione di cui all'art. 28, comma 2 organizzando altresì analisi su efficienza, appropriatezza ed erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza.
 

Capo VIII Controlli
Art. 83 Controllo della Regione.
1. La Giunta regionale esercita il controllo sulle aziende sanitarie regionali anche ai sensi dell'articolo 4, comma 8 della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), mediante:
a) la valutazione della conformità e congruità, rispetto alle indicazioni del piano sanitario regionale di cui all'articolo 12, alle direttive vincolanti regionali e alle risorse assegnate, dei seguenti atti:
1) bilancio preventivo annuale e relative variazioni;
2) bilancio pluriennale di previsione;
3) bilancio di esercizio;
4) istituzione di nuovi servizi;
5) proposta di copertura delle perdite e per il riequilibrio della situazione economica;
6) dotazione organica complessiva del personale;
7) deliberazioni di programmi di spesa pluriennali, con esclusivo riferimento alle spese di investimento. Non sono considerati impegni pluriennali quelli riferiti a spese il cui impegno non ecceda i dodici mesi;
8) atto aziendale di cui all'articolo 22;
9) piano attuativo di cui all'articolo 14;
b) l'attività ispettiva, di vigilanza e di controllo ai sensi della legge 26 aprile 1982, n. 181 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)»;
c) la nomina, previa diffida a provvedere entro il termine di trenta giorni, di commissari ad acta per i provvedimenti non adottati entro i termini stabiliti e le modalità prescritte per legge e per atti amministrativi di programmazione generale.
2. Sono soggetti, altresì, al controllo della Giunta regionale i provvedimenti di acquisizione, a qualsiasi titolo, da parte delle aziende sanitarie regionali di attrezzature sanitarie. La Giunta regionale, con proprio atto, emana linee guida per l'individuazione delle tipologie di attrezzature sanitarie soggette al controllo nonché degli ambiti della valutazione di congruità.
3. Il termine per l'esercizio del controllo sugli atti delle aziende sanitarie regionali è di quaranta giorni dal ricevimento dell'atto ed è interrotto, per una sola volta, a seguito di richiesta di chiarimenti o integrazione della documentazione. Il termine ricomincia a decorrere dal giorno successivo alla produzione dei chiarimenti richiesti o alla presentazione dei documenti integrativi.
4. Nel caso di mancata pronuncia della Giunta regionale entro il termine di cui al comma 3, l'atto soggetto a controllo si intende approvato.
5. Il termine per l'esercizio del controllo è sospeso dal 1 al 31 agosto e dal 23 dicembre al 6 gennaio di ciascun anno, fatte salve le ipotesi di particolare necessità ed urgenza.
6. Le modalità per l'esercizio del controllo sugli atti delle aziende sanitarie regionali sono disciplinate dal Reg. reg. 17 gennaio 2006, n. 1 (Modalità di esercizio del controllo regionale sugli atti delle aziende sanitarie).
7. Il controllo sulle deliberazioni del Consiglio di amministrazione dell'Istituto zooprofilattico dell'Umbria e delle Marche, previsto dall'articolo 18 dell'Accordo tra la Regione Umbria e la Regione Marche, ratificato con L.R. 20 novembre 2013, n. 28 è esercitato dalla Giunta regionale con le modalità di cui al presente articolo.
8. Gli atti ed i provvedimenti assunti dal Direttore generale per le aziende sanitarie regionali e dal Consiglio d'amministrazione per l'istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche sono pubblicati nel sito istituzionale dell'azienda sanitaria regionale o dell'istituto stesso, secondo le modalità e i limiti previsti dall'ordinamento vigente in materia di pubblicità degli atti. Gli atti non soggetti a controllo sono esecutivi dal giorno della loro pubblicazione nel sito istituzionale, salvo diversa espressa disposizione. L'esecutività degli atti di cui al comma 1, lettera a), è subordinata all'esito positivo del controllo regionale ovvero alla mancata pronuncia della Giunta regionale entro il termine di cui al comma 3.
 

Capo IX Patrimonio delle aziende sanitarie regionali
Art. 84 Contributi in conto capitale.
1. La Regione, in coerenza con gli obiettivi definiti nel Piano sanitario regionale (PSR), concede contributi in conto capitale alle Aziende sanitarie regionali per la realizzazione di investimenti.
 

Art. 85 Disposizioni sul patrimonio sanitario.
1. Al fine di ottimizzare la valorizzazione patrimoniale delle strutture ospedaliere dismesse o da dismettere, la proprietà delle stesse è trasferita al patrimonio regionale, ferma restando la destinazione sanitaria dei proventi nel rispetto di quanto previsto dall'art. 29, comma 1 lettera c) del d.lgs. 118/2011 con le modalità di cui al successivo articolo 86.
2. Le Aziende sanitarie regionali, in deroga al comma 1 possono essere autorizzate dalla Regione, previa presentazione di un piano di valorizzazione, a mantenere la proprietà delle strutture ospedaliere dismesse o da dismettere, ai fini della loro alienazione da parte delle Aziende sanitarie stesse. il piano di valorizzazione dovrà indicare l'eventuale porzione della struttura ospedaliera, che si intende non alienare, fermo restando che la stessa dovrà essere riutilizzata per fini sanitari. L'autorizzazione regionale fissa il termine entro il quale la procedura di alienazione deve essere conclusa.
3. La Regione può trasferire alle Aziende sanitarie regionali le strutture ospedaliere dismesse e già acquisite al patrimonio regionale per le quali non sono state attivate procedure di valorizzazione. il trasferimento dei beni avviene a titolo gratuito con decreto del Presidente della Giunta regionale che costituisce titolo per la trascrizione immobiliare e ne disciplina i termini per l'alienazione.
4. Le risorse derivanti dalla valorizzazione di cui al comma 1, vengono messe a disposizione delle Aziende sanitarie regionali alle quali i beni immobili appartenevano, con le modalità e nei termini della convenzione di cui all'articolo 86.
5. Per strutture ospedaliere dismesse si intendono quelle che hanno cessato la destinazione sanitaria dopo il 1° gennaio 2000.
6. Per strutture ospedaliere da dismettere si intendono quelle che, a seguito dell'inizio dei lavori per la costruzione di nuovi plessi ospedalieri, cesseranno la loro destinazione.
 

Art. 86 Convenzioni tra Regione e Aziende sanitarie regionali.
1. Le modalità del trasferimento dei beni immobili di cui all'articolo 85, nonché dell'assegnazione delle risorse derivanti dalla valorizzazione degli stessi a favore delle Aziende sanitarie regionali sono disciplinati da apposita convenzione tra la Regione e la singola Azienda sanitaria regionale da stipularsi prima del trasferimento del bene.
2. Le risorse derivanti dalla valorizzazione dei beni immobili saranno destinate, in via preferenziale, ai servizi sanitari del territorio in cui i beni sono collocati, nel rispetto della programmazione sanitaria regionale e di quanto previsto dall'art. 29, comma 1 lettera c) del D.Lgs. 118/2011.
3. Il trasferimento in proprietà alla Regione dei beni immobili di cui al comma 1 dell'articolo 85 è attuato con decreto del Presidente della Giunta regionale che ne disciplina i termini e costituisce titolo per la trascrizione immobiliare.
 

Art. 87 Piano del patrimonio delle aziende sanitarie.
(Testo dell’articolo 87 della legge regionale 9 aprile 2015, così modificato ed integrato dall’articolo 9 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione del segno di punteggiatura alla lettera e) e l’aggiunta del comma e bis) al comma 1)
1. Le aziende sanitarie redigono il Piano triennale del patrimonio, nel quale individuano:
a) i beni destinati o da destinare all'erogazione di servizi e a sede degli uffici;
b) i beni utilizzati per finalità di pubblico interesse da enti pubblici o privati senza scopo di
lucro, in virtù di accordi di programma o convenzioni;
c) i beni destinati o da destinare alla produzione di reddito con l'indicazione dei proventi conseguiti o conseguibili nonché delle azioni che si intendono intraprendere per ottimizzare la redditività degli stessi;
d) i beni di cui alla lettera a) destinati a sede di uffici o servizi, dei quali si prevede la dismissione dall'uso, nel triennio, con la indicazione delle ipotesi di riutilizzo;
e) i beni che si intendono alienare nel triennio, ivi compresi quelli destinati a sede di uffici o servizi, di cui si prevede la dismissione dall'uso, indicando i tempi di alienazione e la destinazione dei proventi;
e bis) i beni immobili che si intendono acquisire nel triennio per il perseguimento dei fini istituzionali.
2. I beni di cui al comma 1, lettera e), già facenti parte del patrimonio dei comuni, con vincolo di destinazione sanitaria ai sensi della legge 833/1978, ed aventi interesse storico o culturale, ovvero caratterizzati da un ruolo strategico nell'ambito degli strumenti urbanistici, possono essere ceduti direttamente al comune in cui gli stessi insistono, al valore di stima del bene, quando lo stesso ne faccia formale richiesta, entro sei mesi dall'approvazione del Piano di cui al comma 4.
3. Il Piano di cui al comma 1 adottato dall'organo aziendale competente, è trasmesso entro trenta giorni alla Giunta regionale, che può formulare osservazioni. Il Piano è definitivamente approvato dall'organo aziendale competente adeguandosi alle eventuali osservazioni e rilievi formulati dalla Giunta regionale entro sessanta giorni dal ricevimento degli stessi.
4. Il Piano, definitivamente approvato, viene trasmesso alla Giunta regionale e diventa efficace con la comunicazione da parte della stessa, della avvenuta presa d'atto.
5. La Giunta regionale comunica tempestivamente all'Assemblea Legislativa il piano corredato della relativa presa d'atto.
6. Il Piano viene aggiornato con cadenza almeno triennale ed in ogni caso entro sei mesi dalla nomina del Direttore generale.
 

Art. 88 Autorizzazione all'alienazione.
1. L'autorizzazione all'atto di alienazione dei beni immobili già prevista nel piano del patrimonio definitivamente approvato, ai sensi dell'articolo 87 è finalizzata alla verifica:
a) della coerenza dell'atto proposto con le previsioni del piano;
b) della scelta della procedura ritenuta più idonea;
c) della congruità del prezzo definito da apposita perizia di stima.
 

Art. 88 bis (Autorizzazione all’acquisizione e alla sottoscrizione di contratti atipici)
(Articolo aggiunto dall’articolo 10 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. L’acquisizione di beni immobili già prevista nel Piano triennale del patrimonio deve essere preventivamente autorizzata dalla Giunta regionale allo scopo di verificare la conformità delle operazioni patrimoniali con la programmazione regionale.
2. Sono altresì soggetti all’autorizzazione da parte della Giunta regionale i contratti atipici relativi ai beni immobili, nel rispetto della normativa nazionale vigente
 

Art. 89 Inventario generale del patrimonio.
1. L'inventario generale del patrimonio comprende le attività e le passività patrimoniali di cui all'articolo 74 ed è redatto dalle Aziende sanitarie regionali all'inizio della propria attività e al termine di ogni esercizio.
2. L'inventario iniziale è approvato con deliberazione del direttore generale, nella quale sono indicati e motivati i criteri di valutazione adottati per l'attribuzione dei valori.
 

Art. 90 Consegnatari dei beni patrimoniali.
1. I direttori generali delle Aziende sanitarie regionali individuano, con propria deliberazione, i consegnatari responsabili dei beni patrimoniali, stabilendo i registri e le scritture da tenere nonché le modalità di resa dei conti.
2. I consegnatari sono personalmente responsabili dei beni ricevuti in consegna fino alla loro formale discarica.
 

Art. 91 Dichiarazione di fuori uso e di scarico.
1. I beni mobili a disposizione delle Aziende sanitarie regionali non più idonei all'uso loro assegnato per vetustà o che per qualsiasi altra ragione divenissero inservibili, sono dichiarati fuori uso e cancellati dal relativo inventario con deliberazione del direttore generale, sulla base di una motivata proposta del competente ufficio.
 

Art. 91 bis (Promozione e coordinamento deU’utilizzo del patrimonio mobiliare dismesso dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie)
(Articolo aggiunto dall’articolo 11 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. La Regione promuove e coordina, per fini umanitari o per altri scopi comunque non lucrativi, la cessione e l’utilizzo, in Italia e all’estero, del patrimonio mobiliare dismesso dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private operanti sul territorio regionale, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 107, comma 2, lettera d) e commi 3 e 4 e nel rispetto della legge 11 agosto 2014, n. 125 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo).
2. L’attività di promozione e coordinamento di cui al comma 1 avviene nel rispetto dell’autonomia patrimoniale, gestionale e contabile delle aziende sanitarie regionali e con riferimento ai beni mobili dichiarati fuori uso dalle stesse e cancellati dal relativo inventario ai sensi dell’articolo 91.
3. Ai fini del comma 1, la Giunta regionale, con proprio atto, definisce le necessarie indicazioni operative, nel rispetto dei seguenti criteri:
a) l’adesione delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private di cui al comma 1 all’attività di promozione e coordinamento della Regione avviene su base volontaria;
b) il bene messo a disposizione deve essere funzionante e libero da vincoli, secondo quanto previsto dalle procedure di contabilità generale;
c) la cessione del bene, ai fini previsti dal presente articolo, deve avvenire a titolo gratuito;
d) possono presentare richiesta per la cessione o l’utilizzo dei beni dismessi gli enti pubblici, le organizzazioni e gli enti non governativi riconosciuti a livello nazionale, gli enti ecclesiastici riconosciuti, le organizzazioni del terzo settore iscritte nei registri regionali, le rappresentanze diplomatiche in Italia ed all’estero, la Croce rossa italiana e i soggetti di cui all’articolo 26 della l. 125/2014, fatta salva l’eventualità che il destinatario ultimo del bene non coincida con il richiedente.
4. La Giunta regionale, con l’atto di cui al comma 3, definisce, altresì, le modalità di vigilanza e controllo sull’effettivo utilizzo del bene per le finalità previste dal presente articolo.
5. I soggetti richiedenti di cui al comma 3, lettera d), provvedono in proprio al trasporto dalla struttura in cui si trova il bene alla destinazione finale, senza alcun onere per l’amministrazione regionale e per l’ente che cede il bene.
6. All’attuazione del presente articolo si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio regionale.
 

Capo X Disposizioni per la remunerazione degli erogatori di prestazioni sanitarie
Art. 92 Remunerazione degli erogatori di prestazioni sanitarie.
1. La Regione assicura i livelli uniformi ed essenziali di assistenza avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, dalle aziende ospedaliere e dalle aziende ospedaliero-universitarie, nonché dai soggetti privati accreditati ai sensi dell'articolo 8-quater del d.lgs. 502/1992, nel rispetto degli accordi e dei contratti di cui all'articolo 8-quinquies del d.lgs. 502/1992.
2. Le prestazioni erogate all'assistito nell'ambito dei livelli uniformi ed essenziali di assistenza sono finanziariamente a carico dell'azienda unità sanitaria locale di residenza del cittadino; l'erogatore privato o pubblico, diverso dall'azienda unità sanitaria locale di residenza, che ha provveduto all'erogazione è remunerato nella misura conseguente all'applicazione del sistema tariffario e dei criteri definiti dalla Regione con deliberazione della Giunta regionale.
3. La Giunta regionale, in relazione all'attuazione della programmazione regionale e tenuto conto delle risorse disponibili, definisce annualmente i volumi programmati di attività corrispondenti al fabbisogno di prestazioni del Servizio sanitario regionale, articolati per tipologie assistenziali, determinando i criteri di remunerazione delle stesse prestazioni con indicazione dell'ammontare globale predefinito di finanziamento e le misure di abbattimento delle tariffe al superamento dei volumi programmati. Tali volumi programmati possono, a seguito di accordi stipulati con altre Regioni, essere previsti anche per le prestazioni rese a cittadini residenti fuori dal territorio regionale. Le aziende sanitarie regionali definiscono annualmente mediante gli accordi di cui al comma 1 i volumi finanziari derivanti dai flussi di mobilità interaziendale.
4. La Giunta regionale con propri atti disciplina le modalità e le procedure per regolare il sistema dei rapporti tra gli erogatori di prestazioni sanitarie, anche in relazione alle disposizioni emanate a livello nazionale circa le modalità di compensazione della mobilità sanitaria interregionale.
 

Art. 93 Addebito delle prestazioni ai terzi responsabili.
1. Quando le prestazioni sanitarie erogate siano determinate da fatto comportante presumibile responsabilità di terzi, le aziende sanitarie regionali esercitano il diritto di rivalersi dei costi delle prestazioni sanitarie rese nell'ambito del Servizio sanitario regionale sui terzi responsabili dei danni, applicando le tariffe vigenti, salvo quanto disposto dalla normativa statale in materia.
 

Capo XI Sistema informativo sanitario regionale
Art. 94 Sistema informativo sanitario regionale.
1. Il Sistema informativo sanitario regionale è unitario a livello regionale e comprende dati e informazioni prodotte dai sistemi informativi delle aziende sanitarie e dei soggetti erogatori pubblici e privati accreditati della Regione.
2. Il Sistema informativo sanitario regionale:
a) acquisisce i dati e le informazioni per il monitoraggio, la valutazione e la programmazione regionale;
b) diffonde la telemedicina e l'integrazione delle tecnologie biomedicali;
c) fornisce i servizi al cittadino nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e dal Reg. reg. 12 maggio 2006, n. 4 (Trattamento dei dati personali, sensibili e giudiziari di competenza della Giunta regionale, delle aziende sanitarie, degli enti ed agenzie regionali e degli enti vigilati dalla Regione).
3. Per le finalità di cui al comma 2 il Sistema informativo sanitario regionale:
a) assicura la compatibilità del Sistema informativo sanitario regionale con il Nuovo Sistema Informativo Sanitario nazionale (NSIS);
b) assicura l'interconnessione e l'interoperabilità dei sistemi informativi delle aziende sanitarie regionali, delle strutture accreditate, delle farmacie, dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e dei professionisti convenzionati con il Sistema sanitario regionale;
c) consente l'integrazione delle informazioni relative alle attività svolte, ai servizi forniti e ai percorsi di cura garantiti ai cittadini.
4. La Giunta regionale con appositi atti:
a) definisce sulla base degli standard nazionali e internazionali, i requisiti minimi strutturali dei sistemi informativi delle aziende sanitarie regionali e degli enti e soggetti del Servizio sanitario regionale;
b) stabilisce i livelli di informatizzazione per la definizione dei percorsi clinici e organizzativi finalizzati alla continuità di cura e la rilevazione epidemiologica;
c) rileva con progetti specifici interaziendali e in riferimento al singolo cittadino lo stato di salute e le prestazioni erogate, finalizzate alla realizzazione del fascicolo sanitario elettronico;
d) attiva sistemi di valutazione e controllo sui livelli di completezza e qualità dei sistemi informativi, sull'adesione agli standard e alle direttive nazionali e regionali.
 

Titolo X Partecipazione, diritti degli utenti e forme di tutela
Capo I Partecipazione
Art. 95 Informazione e partecipazione dei cittadini.
1. Mediante la partecipazione i cittadini, le formazioni sociali esistenti sul territorio, gli operatori sanitari contribuiscono a migliorare l'organizzazione dei servizi e a dare impulso all'attività programmata; inoltre controllano l'efficacia e la rispondenza dell'attività medesima rispetto alle finalità perseguite dal Servizio sanitario regionale.
2. Le aziende sanitarie regionali adottano strumenti idonei per l'informazione, per la partecipazione, per la comunicazione e per la trasparenza finalizzati alla conoscibilità degli obiettivi, delle attività e dei servizi erogati dalle stesse. A tal fine, le aziende sanitarie regionali garantiscono uno spazio adeguato all'informazione e all'acquisizione delle valutazioni da parte dei destinatari delle prestazioni, assicurando il coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini e dei malati.
3. I rapporti con le associazioni dei consumatori e utenti e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, le cui attività concorrano con le finalità del servizio sanitario regionale, possono essere disciplinati da apposite convenzioni e protocolli di intesa, in conformità con quanto disposto dalle normative nazionali e regionali vigenti, al fine di porre in atto azioni in grado di aumentare il livello di coinvolgimento e di partecipazione, nella prospettiva dell'empowerment del cittadino.
4. Ciascuna azienda sanitaria regionale adotta la carta dei servizi e ne assicura adeguata pubblicità mediante pubblicazione sul sito web istituzionale, nonché in tutte le strutture in cui si svolgono le attività di servizio all'utenza.
5. Ciascuna azienda sanitaria regionale introduce forme di valutazione della qualità, dell'efficienza, dell'efficacia e dell'equità del sistema sanitario coinvolgendo direttamente i cittadini attraverso lo strumento degli audit civici.
 

Art. 96 Partecipazione alla programmazione.
1. Ai sensi dell'articolo 14 del d.lgs. 502/1992, la Regione promuove le più ampie forme di concertazione-partenariato istituzionale e sociale ai fini della predisposizione delle proposte di atti di pianificazione e programmazione regionale.
2. La Giunta regionale promuove forme di partecipazione e consultazione al processo di programmazione sociosanitaria in ambito regionale e locale, anche mediante il tavolo di concertazione e partenariato istituzionale e sociale di cui all'articolo 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disciplina generale della programmazione, del bilancio, dell'ordinamento contabile e dei controlli interni della Regione dell'Umbria), con i cittadini e le loro organizzazioni, con le organizzazioni sindacali, con gli organismi di volontariato, di promozione sociale, di cooperazione sociale e con gli altri soggetti del Terzo settore.
3. Le aziende sanitarie regionali assicurano la partecipazione dei soggetti di cui al comma 2 al processo di pianificazione e programmazione sanitaria e sociosanitaria in ambito locale.
 

Capo II Diritti degli utenti
Art. 97 Diritti degli utenti.
1. L'attività degli organi e degli operatori delle aziende sanitarie regionali è finalizzata ad assicurare prestazioni adeguate ai bisogni dell'utente.
2. Gli operatori delle aziende sanitarie regionali nell'ambito dei servizi e dei presidi devono tenere comportamenti che non inducano in stato di soggezione l'utente, rispettando le sue convinzioni secondo i principi della dignità umana.
 

Art. 98 Modalità di tutela dei diritti.
1. Le osservazioni, le richieste e le proposte in ordine al funzionamento dei servizi possono essere avanzate dagli utenti all'Ufficio relazioni con il pubblico (U.R.P.) dell'azienda sanitaria ed agli organi dell'azienda medesima.
2. L'U.R.P. fornisce agli interessati una risposta motivata sulle osservazioni, richieste e proposte di cui al comma 1.
3. L'U.R.P. segnala al Direttore generale eventuali disfunzioni informandone l'utente che le ha denunciate.
4. Qualora l'U.R.P. corredi la segnalazione con una proposta per la migliore organizzazione di un servizio, il Direttore generale è tenuto a pronunciarsi in merito alla stessa.
 

Art. 99 Ricorso al Difensore civico.
1. Gli utenti che hanno avanzato osservazioni, richieste e proposte con la modalità di cui all'art. 98, comma 1 e non ritengano esaurienti le risposte ricevute, possono richiedere l'intervento del Difensore civico regionale di cui alla legge regionale 27 novembre 2007 n. 30 (Nuova disciplina del difensore civico regionale. Abrogazione della legge regionale 30 novembre 1995 n. 45).
2. Il Difensore civico, valutato il fondamento dell'istanza, invita il Direttore generale dell'Azienda sanitaria a fornire tutte le informazioni e i chiarimenti ritenuti necessari, nei termini di cui alla L.R. n. 30/2007.
3. Il Difensore civico segnala le irregolarità ed i disservizi accertati al Presidente della Giunta regionale.
4. Qualora, nell'esercizio delle sue funzioni, il Difensore civico venga a conoscenza di fatti che possano costituire reato, ne fa rapporto all'Autorità giudiziaria e, nel caso di fatti che possano comportare responsabilità contabile o amministrativa, li segnala alla Corte dei Conti.
 

Titolo XI Anagrafe sanitaria, osservatorio epidemiologico, registri di popolazione e di patologia e comitato etico delle aziende sanitarie dell'Umbria
Capo I Anagrafe sanitaria regionale
Art. 100 Istituzione dell'Anagrafe sanitaria regionale.
1. È istituita l'Anagrafe sanitaria regionale quale anagrafica di riferimento del Servizio sanitario regionale, al fine di permettere l'identificazione univoca all'interno della Regione, degli assistiti, degli assistibili e dei soggetti che abbiano avuto almeno un accesso ad una struttura sanitaria regionale.
2. L'Anagrafe di cui al comma 1 ha la finalità di:
a) gestire in maniera corretta il processo di erogazione delle prestazioni ai cittadini attraverso la condivisione dei dati individuali tra le aziende sanitarie regionali;
b) garantire la funzionalità di servizi avanzati;
c) assicurare un efficace controllo della spesa.
3. La Giunta regionale disciplina, con proprio regolamento, le modalità di raccolta e trattamento dei dati anagrafici e sanitari dei soggetti di cui al comma 1 nel rispetto e con le modalità stabilite dalle disposizioni vigenti, in modo da garantire la tutela della riservatezza dei dati personali.
 

Capo II Osservatorio epidemiologico regionale
Art. 101 Osservatorio epidemiologico regionale.
1. Nell'ambito della competente direzione della Giunta regionale è istituito l'Osservatorio epidemiologico regionale, di seguito denominato Osservatorio, con funzione di osservazione epidemiologica.
2. L'Osservatorio rappresenta una componente fondamentale per orientare l'azione di governo della Giunta regionale e l'attività di pianificazione delle aziende sanitarie regionali, sia nella scelta delle modalità assistenziali, che per effettuare una adeguata valutazione del soddisfacimento dei bisogni di salute emergenti nella popolazione.
3. L'Osservatorio epidemiologico regionale opera nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione di dati personali) ed ha il compito di:
a) promuovere l'istituzione, ai vari livelli del Servizio sanitario regionale, di strumenti di osservazione epidemiologica secondo una metodologia di rilevazione programmata finalizzata a produrre statistiche sanitarie omogenee;
b) raccogliere dai vari livelli del Servizio sanitario regionale dati che riguardano lo stato di salute e la diffusione di malattie nella popolazione;
c) elaborare i dati provenienti dalle aziende sanitarie regionali finalizzati a produrre statistiche sanitarie correnti;
d) fornire le informazioni alle direzioni generali delle aziende sanitarie regionali, finalizzate alla valutazione e al controllo di qualità delle prestazioni sanitarie;
e) acquisire informazioni di interesse epidemiologico da fonti internazionali, nazionali e regionali, finalizzate anche ad individuare i fattori responsabili della patogenesi delle malattie e le condizioni individuali e ambientali che predispongono all'insorgenza delle stesse;
f) programmare e attuare indagini volte ad approfondire la conoscenza dei fenomeni di interesse sanitario per il miglioramento degli interventi sanitari;
g) partecipare all'Assemblea Legislativa, alla conferenza dei sindaci, alla struttura di valutazione di cui all'articolo 28 nonché ai cittadini ed alle loro associazioni i risultati delle informazioni raccolte.
4. L'Osservatorio, di cui al comma 1, attiva collaborazioni e collegamenti funzionali con i servizi epidemiologici delle aziende sanitarie regionali, dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche e dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, con gli osservatori epidemiologici istituiti dalle altre regioni, con il laboratorio epidemiologico dell'Istituto superiore di sanità e con altri enti e istituzioni interessate.
 

Capo III Registri regionali di popolazione e di patologia
Art. 102 Istituzione dei registri regionali di popolazione e di patologia.
1. In applicazione del d.lgs. 196/2003, ai sensi degli articoli 20 e 154, comma 1, lettera g) sono istituiti a livello regionale i seguenti registri di popolazione e di patologia:
a) Registro tumori;
b) Registro mesoteliomi;
c) Registro dialisi e trapianto;
d) Registro trapianti d'organo;
e) Registro malattie rare;
f) Registro malformazioni congenite;
g) Registro screening oncologici;
h) Registro diagnosi anatomo-patologiche;
i) Registro sclerosi laterale amiotrofica (SLA);
l) Registro mortalità.
2. I registri di popolazione e di patologia di cui al comma 1 raccolgono dati anagrafici e sanitari relativi a persone affette dalle malattie ivi individuate a fini di studio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali.
3. Con regolamento regionale, adottato in conformità al parere espresso dal Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi degli articoli 20 e 154, comma 1, lettera g), del d.lgs. 196/2003 sono previsti i tipi di dati sensibili, le operazioni eseguibili, le specifiche finalità perseguite da ciascuno dei registri di cui al comma 1, i soggetti che possono avere accesso ai registri e i dati che possono conoscere e le misure per la custodia e la sicurezza dei dati.
4. Le previsioni del regolamento di cui al comma 3 devono in ogni caso informarsi al principio di necessità di cui all'articolo 3 del d.lgs. 196/2003.
 

Capo IV Comitato etico delle aziende sanitarie dell'Umbria
Art. 103 Comitato Etico delle Aziende sanitarie dell'Umbria.
1. Il Comitato Etico delle Aziende sanitarie dell'Umbria (CEAS Umbria), già istituito dalla Giunta regionale, è un organismo indipendente che garantisce la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti che partecipano a protocolli di ricerca clinica e che fornisce pubblica garanzia di tale tutela.
2. Il CEAS Umbria si configura come struttura indipendente con assenza di subordinazione gerarchica nei confronti dei soggetti per i quali opera (Regione, Università degli Studi di Perugia, aziende sanitarie pubbliche e private) nel rispetto delle linee guida per la Buona Pratica Clinica.
3. Il CEAS Umbria svolge i compiti di cui alla normativa vigente ed esprime pareri relativamente a:
a) sperimentazioni di farmaci, dispositivi medici, tecniche e metodiche invasive e non, studi osservazionali e/o non interventistici, usi terapeutici di medicinali sottoposti a sperimentazione clinica, da attuare nelle strutture del servizio sanitario regionale;
b) aspetti etici riguardanti le attività scientifiche ed assistenziali svolte nelle strutture sanitarie regionali.
4. Il CEAS Umbria promuove iniziative di formazione di operatori sanitari in materia di sperimentazione clinica e di bioetica.
5. Il CEAS Umbria è nominato dalla Giunta regionale, ha sede in Perugia presso la Direzione regionale competente. Il CEAS Umbria si avvale di segreteria tecnico-scientifica qualificata ai sensi della normativa vigente.
 

Titolo XII Intervento e trasporto sanitario
Capo I Trasporto sanitario
Art. 104 Gestione del trasporto sanitario.
1. Il trasporto sanitario costituisce attività di interesse generale improntata al rispetto dei principi di universalità, solidarietà, economicità ed appropriatezza.
2. Il trasporto sanitario a carico del servizio sanitario regionale è assicurato dalle Aziende sanitarie regionali, avvalendosi di personale e mezzi propri e, ove ciò non sia possibile, secondo le modalità indicate ai commi 4 e 5. Il servizio di trasporto sanitario regionale può essere effettuato anche tramite mezzi di elisoccorso.
3. Ai fini dell'applicazione dei commi 4 e 5, per trasporto sanitario e prevalentemente sanitario si intende:
a) i servizi di trasporto sanitario di emergenza urgenza gestiti dalla centrale operativa;
b) i servizi di trasporto e intervento previsti nei livelli essenziali di assistenza, con necessità di assistenza in itinere di personale sanitario o di altro personale adeguatamente formato ed in possesso di un attestato di idoneità rilasciato sulla base della frequenza di uno specifico corso di addestramento, con esame finale. La disciplina e l'organizzazione dei percorsi formativi obbligatori vengono definite in apposito atto di Giunta.
4. Il trasporto sanitario e prevalentemente sanitario è affidato a soggetti autorizzati ed accreditati secondo la disciplina prevista nel regolamento di cui al comma 6, con il seguente ordine di priorità:
a) con convenzioni stipulate con le associazioni di volontariato, con la Croce Rossa Italiana, con le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo di cui all'articolo 1, comma 18 del d.lgs. 502/1992, nel rispetto dei principi di economicità, efficienza e non sovracompensazione delle spese effettivamente sostenute al fine di garantire l'espletamento del servizio di interesse generale. Le convenzioni sono rese pubbliche in conformità a quanto previsto dalla normativa statale ed europea in materia di contratti pubblici. I soggetti con i quali si stipulano le convenzioni devono essere in regola con le norme sulla contrattazione collettiva nazionale;
b) con contratti a titolo oneroso stipulati nel rispetto della normativa statale ed europea in materia di contratti pubblici di servizi.
5. Il trasporto sanitario di urgenza ed emergenza, per effetto della sentenza della Corte di giustizia europea, Sez. V, 11 dicembre 2014 n. C-113/13, è attribuito in via prioritaria e con affidamento diretto alle associazioni di volontariato con le modalità ed entro i limiti disposti dalla medesima sentenza.
6. Il trasporto non prevalentemente sanitario è affidato ai soggetti autorizzati e accreditati secondo la disciplina prevista nel regolamento di cui al comma 6, sulla base di procedure concorsuali in conformità alla normativa statale ed europea in materia di contratti pubblici di servizi.
7. La Giunta regionale fissa con regolamento i requisiti e gli adempimenti necessari per ottenere l'autorizzazione e l'accreditamento all'esercizio del trasporto di cui ai commi 4 e 5, nel rispetto dei principi di diritto europeo in materia di libertà di stabilimento e di libera circolazione dei servizi. Con norme regolamentari, sono altresì definiti i criteri per l'espletamento delle procedure di cui al comma 4, nel rispetto della normativa statale ed europea e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e di rotazione.
 

Titolo XIII Diritto di accesso all'assistenza sanitaria
Capo I Diritto d'accesso all'assistenza sanitaria
Art. 105 Diritto di accesso alla assistenza sanitaria e ospedaliera.
(Testo dell’articolo 105 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato ed integrato dall’articolo 12 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la soppressione di una parola al primo periodo e l’aggiunta di un periodo al comma 3)
1. I cittadini appartenenti ad uno degli Stati membri della Unione Europea presenti nel territorio dell'Umbria, hanno diritto di accedere all'assistenza sanitaria nel rispetto della normativa europea e statale.
2. La Regione garantisce altresì l'assistenza ospedaliera all'estero, secondo le disposizioni vigenti, ai cittadini italiani residenti in Umbria iscritti nell'elenco degli assistiti.
3. I cittadini residenti nella Regione Umbria possono ottenere il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno in Italia per sottoporsi a interventi di trapianto di organi, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dal presente comma. Il rimborso riguarda le spese di viaggio e di soggiorno sostenute per l'effettuazione dell'intervento di trapianto, degli esami preliminari, clinici ed immunologici, dei controlli e degli eventuali interventi successivi. Il rimborso, previo parere favorevole del Centro regionale di riferimento per i trapianti, istituito ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 16 giugno 1977, n. 409, è disposto e liquidato dall'Azienda USL nel cui ambito è ricompreso il Comune di residenza del richiedente. Le spese di soggiorno sono altresì rimborsate per l’accompagnatore del richiedente secondo le modalità definite ai sensi del presente comma. L'ammissibilità delle spese di viaggio e di soggiorno, nonché i termini per il rimborso sono definite con atto della Giunta regionale.
4. Gli apolidi, i rifugiati e i profughi possono beneficiare degli interventi per l'accesso ai servizi sanitari ove non usufruiscano di più favorevoli o di analoghi benefici in forza della normativa europea, statale e regionale.
 

Art. 106 Servizi sanitari per soggetti provenienti da paesi extracomunitari e loro familiari.
1. La Regione, nell'ambito ed in attuazione della normativa statale e regionale in materia, assicura ai soggetti provenienti da Paesi extracomunitari e loro familiari, l'accesso ai servizi sanitari.
2. Sono destinatari degli interventi per l'accesso ai servizi sanitari, di cui al comma 1, i cittadini provenienti da Paesi extracomunitari e loro familiari, sia in caso di immigrazione definitiva che in caso di permanenza limitata finalizzata al rientro, che risiedano o dimorino nel territorio della Regione Umbria secondo la normativa vigente.
 

Art. 107 Interventi di assistenza sanitaria in favore di Paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie.
(Testo dell’articolo 107 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 13 della legge regionale 17 agosto 2016,. 10, con la sostituzione della lettera d) al comma 2, la sostituzione del comma 3 e l’aggiunta di alcune parole al comma 4)
1. La Regione detta norme finalizzate all'attuazione di interventi sanitari, destinati a Paesi extracomunitari che versano in gravi difficoltà assistenziali sanitarie per contingenti ragioni politiche, militari ed economiche, assicurando, mediante azioni mirate e coordinate volte sia alle cause che agli effetti, il contributo del Servizio sanitario regionale.
2. Gli interventi di cui al comma 1 consistono in:
a) erogazione da parte delle Aziende sanitarie di prestazioni di alta specializzazione rivolte a cittadini extracomunitari provenienti da Paesi in gravi difficoltà assistenziali sanitarie per contingenti ragioni politiche, militari ed economiche;
b) assistenza sanitaria per motivi umanitari a cittadini di origine umbra residenti in Paesi extracomunitari in particolare stato di bisogno;
c) interventi sanitari nei Paesi d'origine ai sensi dell'articolo 32, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), valorizzando le risorse umane disponibili nell'area d'intervento anche attraverso programmi di formazione del personale tecnico-sanitario da effettuarsi presso la Regione o nel paese oggetto dell'intervento stesso;
d) invio, nei Paesi oggetto dell’intervento, del patrimonio mobiliare dismesso di cui all’articolo 91 bis, con particolare riferimento alle attrezzature medico-chirurgiche, anche tramite i soggetti di cui all’articolo 26 della l. 125/2014.
3. Gli interventi di cui al comma 2, lettere c) e d) sono realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla l. 125/2014.
4. La struttura competente della Giunta regionale individua i beni mobili e le attrezzature medico chirurgiche di cui al comma 2, lettera d).
 

Art. 108 Accesso a trattamenti terapeutici per i cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza.
1. La Regione, nel rispetto dell'articolo 13 dello Statuto regionale, contribuisce alla tutela della salute dei cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza al fine di favorire l'inclusione sociale e il recupero psicofisico, nel rispetto della dignità e della libertà della persona, della qualità e dell'appropriatezza delle cure in rapporto a specifiche esigenze e bisogni di salute.
2. L'accesso a trattamenti terapeutici appropriati per problematiche relative al consumo di sostanze psicoattive o allo stato di dipendenza avviene in presenza di accertato bisogno, diagnosticato e certificato esclusivamente da parte dei servizi pubblici dedicati delle Aziende unità sanitarie locali.
3. Le persone sottoposte a sanzioni per consumo di sostanze illegali, comminate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), accedono a trattamenti terapeutici appropriati solo in caso di accertato bisogno, certificato esclusivamente da parte dei servizi pubblici dedicati delle Aziende unità sanitarie locali.
4. La certificazione di cui al comma 1 è esentata dall'esplicitazione delle metodiche di accertamento.
 

Capo II Modalità di esercizio delle funzioni concernenti il riconoscimento della invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità
Art. 109 Commissioni mediche per accertamenti sanitari.
1. Il presente Capo disciplina la composizione e le modalità di funzionamento delle commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi al riconoscimento degli stati di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, di cui alle leggi 15 ottobre 1990, n. 295 (Modifiche ed integrazioni all'articolo 3 del d.l. 30 maggio 1988, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 luglio 1988, n. 291, in materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti) e 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), per tutti i soggetti aspiranti ad ottenere la pensione, l'assegno o l'indennità di invalidità civile ovvero altri benefici previsti dalla vigente legislazione.
2. Il presente Capo disciplina, altresì, le funzioni e i compiti riservati alla Regione in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.
 

Art. 110 Funzioni esercitate dalle Aziende sanitarie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Indennizzi per soggetti danneggiati.
1. Gli accertamenti sanitari in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità di cui all'articolo 109, in conformità al principio di separazione del procedimento di accertamento sanitario dal procedimento per la concessione delle provvidenze economiche di cui all'articolo 11 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), sono svolti dalle Aziende unità sanitarie locali tramite le commissioni mediche operanti presso di esse, composte come previsto dall'articolo 112.
2. Sono trasferite alle Aziende unità sanitarie locali le funzioni in materia di indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nonché a causa di vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362 "Disposizioni urgenti in materia sanitaria". I fondi per l'esercizio delle funzioni di cui al precedente periodo sono ripartiti tra le Aziende unità sanitarie locali, sulla base delle comunicazioni trimestrali contenenti l'ammontare degli importi dovuti per l'erogazione degli indennizzi ai soggetti aventi diritto e residenti nell'Azienda territorialmente competente. La Giunta regionale con propria deliberazione stabilisce le modalità di attuazione del presente comma anche al fine di omogeneizzare le procedure e la modulistica su tutto il territorio regionale.
 

Art. 111 Costituzione delle commissioni mediche.
1. Ciascuna Azienda unità sanitaria locale, sulla base del numero delle domande da evadere e tenendo conto dei tempi di accertamento fissati dall'articolo 113, commi 3 e 4, costituisce una o più commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi al riconoscimento dello stato di invalidità civile.
2. Nell'ambito dell'Azienda unità sanitaria locale nel cui territorio è ricompreso il Comune capoluogo di provincia, con competenza estesa all'intero territorio provinciale, operano:
a) una commissione medica incaricata di effettuare gli accertamenti sanitari relativi alle condizioni visive, in conformità a quanto stabilito dalla L. 27 maggio 1970, n. 382 e successive modificazioni ed integrazioni;
b) una commissione medica incaricata di effettuare gli accertamenti sanitari relativi al sordomutismo, in conformità a quanto stabilito dalla L. 26 maggio 1970, n. 381 e successive modificazioni ed integrazioni.
3. I Direttori generali delle Aziende USL, in base al numero delle richieste ed effettive necessità, istituiscono una o più commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi alle minorazioni di cui all'art. 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
 

Art. 112 Composizione delle commissioni.
1. Ciascuna commissione è presieduta da un medico specialista in medicina legale scelto tra i medici dipendenti convenzionati dell'Azienda USL. Nel caso di comprovata impossibilità a reperire specialisti in medicina legale possono essere nominati medici che svolgono, da almeno cinque anni, attività in servizi di medicina legale ovvero, in subordine, che siano stati membri, per almeno un quinquennio negli ultimi dieci anni, di commissioni mediche incaricate degli accertamenti di cui al presente Capo.
2. Le commissioni, oltreché dal presidente, sono composte:
a) per gli accertamenti di invalidità civile, da due medici dipendenti dell'Azienda USL o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro;
b) per gli accertamenti di cui all'art. 111, comma 2, lettere a) e b), da due medici dipendenti dell'Azienda USL o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, uno dei quali scelto rispettivamente tra gli specialisti in oftalmologia e otorinolaringoiatria;
c) per gli accertamenti di cui all'art. 111, comma 3, da due medici dipendenti dell'Azienda USL o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, uno dei quali scelto tra gli specialisti in psichiatria, nonché da un operatore sociale e da un esperto dell'area specialistica riferita al caso da esaminare, in servizio presso le Aziende USL.
3. Le commissioni di cui all'art. 111 sono integrate ai sensi dell'art. 1, comma 3, della L. 15 ottobre 1990, n. 295.
4. Le funzioni di segretario sono esercitate da un dipendente dell'Azienda USL appartenente ai profili professionali degli assistenti amministrativi o del personale amministrativo laureato.
5. Per ciascun membro effettivo delle commissioni mediche, ivi compreso il segretario, è nominato, con le stesse modalità, un membro supplente che partecipa alle riunioni solo in caso di assenza o di impedimento del titolare.
6. Alle nomine di cui alla lettera a) del comma 2 provvede il direttore generale dell'Azienda USL con proprio atto motivato.
7. Alle nomine di cui alla lettera b) del comma 2, provvede il Direttore generale dell'Azienda USL nel cui territorio è ricompreso il Comune capoluogo di provincia, di concerto con il Direttore generale dell'altra Azienda USL il cui territorio è ricompreso nell'ambito provinciale di riferimento.
8. Alle nomine di cui al comma 3 dell'art. 111 provvedono i Direttori generali delle Aziende USL, in base al numero delle richieste ed effettive necessità.
9. Ciascuna commissione è integrata da un medico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, designato dallo stesso ente, ai sensi dell'articolo 20, comma 1 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini) convertito, con modificazioni, nella legge 3 agosto 2009, n. 102.
 

Art. 113 Disciplina delle commissioni.
1. Le commissioni mediche assumono decisioni valide con la presenza di almeno tre componenti, uno dei quali deve essere il presidente. Alla formazione del numero legale concorre il sanitario designato in rappresentanza delle associazioni.
2. Le commissioni mediche hanno la durata di cinque anni ed i loro membri non possono essere riconfermati.
3. Le commissioni provvedono ad effettuare gli accertamenti di cui al presente Capo, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricevimento della istanza.
4. In relazione a specifiche patologie, caratterizzate da esiti non stabilizzati il termine di cui al comma 3 può essere differito sulla base di convalidati criteri medico legali. Resta fermo che i benefici eventualmente riconosciuti hanno comunque decorrenza dalla data di presentazione della domanda.
 

Art. 114 Compensi.
1. La disciplina dei compensi è stabilita dalle Aziende USL con atto del Direttore generale, nel rispetto della normativa nazionale e regionale in materia.
 

Art. 115 Funzioni per la concessione di provvidenze economiche in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità.
1. Ai sensi dell'articolo 20 del d.l. n. 78/2009, a decorrere dal 1° gennaio 2010, le attività relative all'esercizio delle funzioni per la concessione delle provvidenze economiche nei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità sono affidate all'INPS che le esercita con la massima efficienza e trasparenza.
2. La Regione stipula con l'INPS apposita convenzione che regola gli aspetti tecnico procedurali dei flussi informativi necessari per la gestione del procedimento di cui al comma 1.
3. La convenzione di cui al comma 2 definisce, in particolare, le modalità concernenti:
a) le procedure e lo scambio reciproco di dati, anche attraverso cooperazione applicativa, tra sistema informativo INPS e sistemi informatici della Regione, in ordine alle fasi del procedimento di cui al comma 1;
b) gli standard di sicurezza di trasmissione dei dati personali;
c) lo svolgimento, da parte dell'INPS, dell'attività istruttoria e di concessione delle provvidenze economiche;
d) la gestione amministrativa delle provvidenze economiche, compresi i relativi controlli di permanenza del diritto anche nella fase transitoria;
e) la tutela della privacy;
f) lo svolgimento di attività di monitoraggio e verifica delle attività previste dalla convenzione.
 

Art. 116 Benefici aggiuntivi.
1. Sono riservati alla Regione le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla determinazione, per tutto il territorio regionale, di eventuali benefici aggiuntivi ai sensi dell'articolo 130, comma 2 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti locali in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).
 

Titolo XIV Autorizzazione, accreditamento, rilascio di nulla osta
Capo I Autorizzazione ed accreditamento delle strutture sanitarie
Art. 117 Autorizzazioni sanitarie.
(Testo dell’articolo 117 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato ed integrato dall’articolo14 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione del comma 1 e l’aggiunta dei commi 1 bis e 1 ter)
1. La Giunta regionale disciplina, con norme regolamentari, le modalità e i termini per la richiesta e il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie e socio-sanitarie e all’esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie di cui all’articolo 8-ter del d.lgs. 502/1992 da parte di strutture pubbliche e private, nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private).
2. bis. Le norme regolamentari di cui al comma 1, nel rispetto dei criteri di semplificazione amministrativa, trasparenza e pubblicità, dovranno garantire la sicurezza delle attività sanitarie erogate nelle strutture pubbliche e private e promuovere la qualità delle strutture sanitarie e dei processi di cura.
3. ter. La Giunta regionale, con le norme regolamentari di cui al comma 1, disciplina inoltre:
a) le modalità e i termini per la richiesta e il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie da parte degli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie di cui al comma 2 dell’articolo 8-ter del d.lgs. 502/1992, nel rispetto dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi richiesti per l’esercizio dell’attività;
b) le modalità di comunicazione di avvio dell’esercizio dell’attività, nel rispetto dell’articolo 19 della l. 241/1990, nonché le verifiche da svolgere ai sensi del comma 4 del presente articolo, nel caso di studi che non necessitano della suddetta autorizzazione.
4. La Giunta regionale stabilisce con norme regolamentari, nel rispetto dei requisiti minimi previsti dal d.p.r. 14 gennaio 1997, i requisiti aggiuntivi finalizzati a garantire la sicurezza delle strutture nelle quali vengono erogate le prestazioni.
5. Le strutture già autorizzate ed in esercizio ai sensi dell'articolo 8-ter del d.lgs. 502/1992 si adeguano ai requisiti aggiuntivi di cui al comma 2 nei tempi e con le modalità stabilite dalle norme regolamentari di cui allo stesso comma.
6. La verifica del possesso e del mantenimento dei suddetti requisiti viene effettuata dalla Giunta regionale che può avvalersi delle apposite strutture delle aziende unità sanitarie locali.
 

Art. 118 Accreditamento istituzionale.
1. L'accreditamento istituzionale, di cui all'articolo 8-quater del d.lgs. 502/1992, è rilasciato dalla Giunta regionale alle strutture sanitarie e socio-sanitarie autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiesta e siano in possesso di requisiti ulteriori di qualificazione oltre a quelli previsti per l'autorizzazione.
2. L'accreditamento istituzionale di cui al comma 1 è rilasciato secondo quanto stabilito dal reg. reg. 31 luglio 2002, n. 3 (Disciplina in materia di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio-sanitarie) e dalle altre norme regionali di riferimento, nel rispetto dei seguenti criteri:
a) coerenza con le scelte della programmazione regionale, sulla base della domanda di salute espressa dalla popolazione di riferimento e del livello di offerta esistente per le varie tipologie di prestazioni;
b) adeguatezza qualitativa e quantitativa delle dotazioni strumentali tecnologiche ed organizzative;
c) equilibrio tra volume di prestazioni erogabili e potenzialità della struttura;
d) congruità delle professionalità presenti con la tipologia delle prestazioni erogabili;
e) presenza di un sistema informativo connesso con quello del Servizio sanitario regionale
e conforme alle specifiche regionali;
f) presenza di un idoneo sistema per il controllo ed il miglioramento continuo della qualità;
g) verifica positiva dell'attività svolta e dei risultati raggiunti.
 

Capo II Autorizzazione e vigilanza sulle strutture sanitarie private di diagnostica di laboratorio
(Capo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
Art. 119 Strutture sanitarie private che svolgono attività di analisi a scopo diagnostico.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 120 Strutture di fascia A.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 121 Strutture di "fascia B".
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 122 Strutture di "fascia C".
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 123 Personale impiegato nelle strutture.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 124 Locali delle strutture.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 125 Registrazione e archiviazione dei dati.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 126 Autorizzazione.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 127 Vigilanza.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 128 Obblighi del titolare.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Art. 129 Adeguamento dei requisiti.
(Articolo abrogato dall’articolo 15 della legge regionale 17 agosto 2016, n 10)
Capo III Rilascio del nulla osta all'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo medico
Art. 130 Nulla osta - Domanda e Autorità competente.
1. L'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo medico, in attuazione all'articolo 29, comma 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili), è soggetto a nulla osta preventivo, fatte salve le esenzioni previste dalla normativa vigente.
2. L'Autorità competente all'adozione dei provvedimenti previsti dal presente Capo, di seguito denominata "Autorità", è il responsabile del Servizio della Direzione regionale competente cui sono attribuite le relative funzioni.
3. La domanda di nulla osta è presentata alla Direzione regionale competente e contiene i dati e gli elementi relativi al tipo di pratica che si intende svolgere, alle caratteristiche delle macchine radiogene e al tipo e alle quantità di materie radioattive che si intendono impiegare, alle modalità di produzione e smaltimento di rifiuti, all'eventuale riciclo o riutilizzazione dei materiali, all'identificazione dei rischi per la popolazione e per i lavoratori ammessi all'esercizio della pratica.
4. La domanda è corredata dalla documentazione redatta e firmata, per la parte di propria competenza, dall'esperto qualificato di cui all'articolo 77 del d.lgs. 230/1995.
5. Le modalità di cui ai commi 3 e 4 si osservano anche per le domande relative alla modifica del nulla osta.
 

Art. 131 Commissione per la radioprotezione.
1. È istituita, presso la Direzione regionale competente, la Commissione per la radioprotezione, di seguito denominata "Commissione", organismo tecnico consultivo ai sensi dell'articolo 29, comma 2, del d.lgs. 230/1995, a cui sono attribuiti i seguenti compiti:
a) esprimere parere tecnico obbligatorio preventivo sulle istanze ai fini del rilascio del nulla osta per le attività comportanti esposizione a radiazioni ionizzanti a scopo medico di categoria B;
b) assicurare il supporto tecnico all'Autorità ai fini del parere per il rilascio del nulla osta di categoria A, ai sensi dell'articolo 28 del d.lgs. 230/1995;
c) esprimere parere tecnico sulle istanze per il rilascio del nulla osta di categoria B, per scopi diversi da quello medico, su eventuale richiesta del Prefetto, ai sensi dell'articolo 29, comma 2 secondo periodo del d.lgs. 230/1995.
2. La Commissione è presieduta dal dirigente del Servizio regionale competente o da un suo delegato, ed è composta da:
a) un fisico esperto in fisica medica, come definito ai sensi del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 187, articolo 2, comma 1, lettera i);
b) un esperto qualificato iscritto all'elenco di cui all'articolo 78 del d.lgs. 230/1995, con abilitazione almeno di secondo grado;
c) un medico specialista in medicina nucleare o in radioterapia o, in caso di non disponibilità di tali specialisti, in radiodiagnostica;
d) un medico specialista in medicina del lavoro, preferibilmente in possesso della qualifica di medico autorizzato di cui all'articolo 88 del d.lgs. 230/1995;
e) un rappresentante dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (A.R.P.A.);
f) un rappresentante della Direzione territoriale del lavoro;
g) un rappresentante del Comando provinciale dei vigili del fuoco.
3. La Commissione è integrata da un rappresentante della Prefettura presso la quale è istruita la pratica di cui all'articolo 29, comma 2, secondo periodo del d.lgs. 230/1995.
4. La Commissione dura in carica tre anni ed è costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale, sulla base delle designazioni effettuate dalla Giunta regionale, con riferimento ai membri di cui alle lettere a), b), c), d) del comma 2 e dagli organismi previsti dalle lettere e), f), g) del comma 2 e dal comma 3.
5. La Commissione, una volta insediata, approva il regolamento organizzativo che disciplina, in particolare, la periodicità delle riunioni, le modalità di valutazione tecnica delle richieste di parere, il numero minimo di partecipanti ai fini della valida espressione dei pareri. La Direzione regionale competente assicura il supporto organizzativo alla Commissione.
6. La disciplina dei compensi ai componenti della Commissione per la radioprotezione, estranei alla Amministrazione regionale, è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, nel rispetto della normativa nazionale e regionale vigente.
 

Art. 132 Rilascio nulla-osta.
1. L'Autorità provvede sulle istanze per il rilascio del nulla osta e relative modifiche, acquisito il parere della Commissione di cui all'articolo 131, entro novanta giorni dal ricevimento della istanza e comunica immediatamente all'interessato l'esito del procedimento. Copia dei provvedimenti viene inviata all'Azienda U.S.L. competente per territorio, al Comando provinciale dei vigili del fuoco, alla Direzione territoriale del lavoro, all'A.R.P.A. e all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente (A.N.P.A.).
2. La Commissione esprime il proprio parere entro sessanta giorni dalla data della richiesta da parte della Autorità. Qualora siano necessari ulteriori documenti o elementi conoscitivi, i termini di cui al comma 1 e al presente comma sono interrotti per una sola volta e ricominciano a decorrere dall'inizio, a partire dalla data di ricevimento dei documenti e/o degli elementi conoscitivi richiesti.
3. Nel caso di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 131, il parere della Commissione deve essere espresso entro novanta giorni dalla richiesta e immediatamente comunicato al Prefetto, ferma restando la possibilità di interruzione del termine di cui al comma 2.
 

Art. 133 Prescrizioni nel nulla-osta.
1. Nel nulla osta sono inserite eventuali specifiche prescrizioni tecniche relative:
a) alle fasi di costruzione, di prova e di esercizio, alla gestione dei rifiuti radioattivi, al riciclo dei materiali, alla cessazione dell'attività e alla disattivazione degli impianti, compresa l'eventuale copertura finanziaria per la disattivazione medesima;
b) al valore massimo di dose derivante dall'attività per gli individui dei gruppi di riferimento della popolazione ad essa interessata, tenendo conto dell'esposizione esterna e dell'esposizione interna;
c) allo smaltimento di materie radioattive nell'ambiente;
d) agli aspetti della radioprotezione del paziente.
 

Art. 134 Aggiornamento, variazioni, modifiche.
1. Ogni sette anni, a decorrere dalla data di rilascio, il titolare del nulla osta ha l'obbligo di inoltrare all'Autorità, che la trasmette per il parere alla Commissione, una relazione tecnica, sottoscritta, per la parte di propria competenza, dall'esperto qualificato di cui all'articolo 77 del d.lgs. 230/1995, relativa alla gestione radioprotezionistica dell'attività con l'aggiornamento della documentazione originariamente prodotta.
2. Le variazioni nello svolgimento dell'attività che non comportino modifiche del provvedimento autorizzativo o delle prescrizioni tecniche in esso contenute sono soggette a preventiva comunicazione all'Autorità. Il titolare del nulla osta può adottare le variazioni qualora, entro sessanta giorni dalla richiesta, l'Autorità non abbia comunicato l'avvio del procedimento di modifica del nulla osta.
3. Il nulla osta può essere modificato dall'Autorità competente nei seguenti casi:
a) ove ritenuto necessario, a seguito del parere della Commissione sulla relazione tecnica di cui al comma 1;
b) su richiesta del titolare del nulla osta, in caso di variazioni che comportino modifiche all'oggetto del provvedimento o alle prescrizioni tecniche;
c) su richiesta degli organi di vigilanza individuati al comma 1 dell'articolo 136.
 

Art. 135 Cessazione, revoca, sospensione.
1. La comunicazione di cessazione dell'attività oggetto del nulla-osta deve essere trasmessa, almeno trenta giorni prima della data di cessazione, all'Autorità e, in copia, ai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 132.
2. Alla comunicazione deve essere allegata una relazione sottoscritta, per gli aspetti di propria competenza, dall'esperto qualificato, di cui all'articolo 77 del d.lgs. 230/1995, che attesti, in particolare, il rispetto delle eventuali prescrizioni contenute nel nulla osta, inerenti la disattivazione dell'attività.
3. Al termine delle operazioni di cessazione dell'attività l'esercente trasmette all'Autorità una relazione, sottoscritta dall'esperto qualificato per gli aspetti di propria competenza, che attesti l'assenza di vincoli di natura radiologica nelle installazioni in cui l'attività è stata effettuata.
4. L'Autorità provvede, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, sentito il parere della Commissione, alla revoca del nulla osta, disponendo l'adozione di eventuali ulteriori prescrizioni.
5. L'Autorità procede alla sospensione o alla revoca del nulla osta nei casi e con le modalità previste dall'articolo 35 del d.lgs. 230/1995.
6. Copia della revoca e della sospensione del nulla osta è inviata ai soggetti di cui al comma 1 dell'art. 132.
 

Art. 136 Vigilanza.
1. Le funzioni di vigilanza sul possesso del nulla osta e sul rispetto, da parte del titolare, delle prescrizioni inserite nel nulla osta sono esercitate dagli organismi di cui all'articolo 59, comma 2 del d.lgs. 230/1995 nonché dall'A.R.P.A., quest'ultima per quanto attiene gli aspetti ambientali. Detti organismi comunicano all'Autorità competente le violazioni rilevate, ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 135.
 

Titolo XV Promozione e tutela della salute
Capo I Regolamentazione del servizio di assistenza dei nefropatici cronici
Art. 137 Organizzazione dell'assistenza ai nefropatici cronici.
1. La Regione istituisce il servizio dialisi per l'assistenza dei nefropatici cronici per i quali non sia necessario procedere a ricovero ospedaliero secondo le modalità di cui al presente Capo e può concedere, nelle fattispecie e nei limiti previsti dalla disposizioni vigenti in materia, contributi per trapianti renali.
2. L'assistenza di cui al comma 1 consiste:
a) nel trattamento conservativo medico, affidato ai servizi dialisi, fatti salvi gli oneri incombenti sugli enti gestori dell'assicurazione contro le malattie;
b) nella consulenza per il trattamento dietetico, affidato ai servizi dialisi;
c) nell'assistenza per l'adeguamento dell'attività lavorativa al grado di invalidità che spetta ai servizi competenti delle Aziende U.S.L.;
d) nei trattamenti dialitici, domiciliari o ambulatoriali ad assistenza limitata secondo le norme di cui agli articoli 138 e 139;
e) nella consulenza telefonica per il paziente in trattamento dialitico domiciliare e per il suo assistente, di cui all'articolo 140;
f) nel trasporto dal domicilio al servizio di trattamento dialitico;
g) nell'addestramento del personale di assistenza al trattamento dialitico secondo le norme previste all'articolo 142.
 

Art. 138 Dialisi domiciliare.
1. Per trattamento dialitico domiciliare si intende una tecnica affidata, nella sua condotta operativa, direttamente al paziente, che la effettua senza la presenza di personale sanitario o con l'ausilio di un familiare o terzo da lui designato, entrambi addestrati dal servizio dialitico ospedaliero.
 

Art. 139 Dialisi ambulatoriale ed assistenza limitata.
1. Per trattamento dialitico ambulatoriale ad assistenza limitata si intende una tecnica affidata ad un operatore sanitario che assiste nell'ambito dei servizi ospedalieri ed extraospedalieri anche più pazienti contemporaneamente.
 

Art. 140 Consulenza telefonica.
2. L'Azienda sanitaria organizza presso il servizio dialitico la consulenza telefonica, per il paziente in trattamento domiciliare e per il suo assistente, nelle ore concordate per l'effettuazione della dialisi.
3. Il paziente ed il suo assistente debbono segnalare qualsiasi situazione che, a loro giudizio, si discosti dal normale svolgimento del trattamento dialitico e, in caso di incidente, debbono immediatamente collegarsi con il servizio.
4. Attraverso la consulenza telefonica il medico del servizio dialisi consiglia la soluzione più opportuna, assicura, in caso di necessità, il pronto intervento tecnico del servizio stesso e decide il ricovero di urgenza.
5. Il servizio dialisi non risponde alle conseguenze derivanti da irreperibilità o mancata disponibilità nel caso di collegamenti telefonici per trattamenti dialitici effettuati in orari non concordati.
 

Art. 141 Responsabilità.
1. I servizi dialisi autorizzati dagli atti di programmazione regionale hanno la responsabilità tecnica dell'assistenza dei pazienti in dialisi domiciliare ed ambulatoriale ad assistenza limitata.
2. Il personale di altri presidi utilizzato per tale assistenza dipende funzionalmente dai servizi dialisi.
3. L'Azienda USL assicura i collegamenti con i servizi dialisi sia per effettuare il trattamento dialitico sia per gli interventi conservativi medici e dietetici.
 

Art. 142 Corsi di addestramento.
1. Il paziente, il suo assistente e l'operatore di cui all'articolo 139 vengono messi in grado di attendere al trattamento dialitico domiciliare e ambulatoriale ad assistenza limitata attraverso la frequenza di corsi appositi autorizzati dalla Giunta regionale presso i servizi dialisi ai quali gli interessati sono obbligati a partecipare se intendono avvalersi del servizio.
 

Art. 143 Contributi spese telefoniche.
1. La Giunta regionale può concedere ai nefropatici non abbienti un contributo per l'installazione dell'apparecchio telefonico a domicilio.
 

Art. 144 Doveri del paziente nell'esercizio della dialisi domiciliare.
1. Le sedute di dialisi devono avvenire nei giorni e nelle ore concordate con il servizio dialisi. Qualsiasi seduta di dialisi in ore e giorni diversi da quelli fissati deve essere concordata oppure, in caso di emergenza, tempestivamente segnalata. Il servizio dialisi non risponde delle conseguenze di una mancata reperibilità degli operatori sanitari se la dialisi viene eseguita in orari non concordati.
2. Il paziente deve condurre il trattamento secondo le regole apprese durante il corso accettando inoltre eventuali variazioni ritenute necessarie dai medici responsabili del programma o imposte dagli sviluppi del programma stesso. Non sono consentite variazioni se non preventivamente concordate con il servizio dialisi.
3. Il paziente deve dare tempestivamente segnalazioni di qualsiasi situazione anormale o di incidente di qualsiasi entità al servizio dialisi che impartirà le opportune istruzioni.
 

Art. 145 Norme di indirizzo per i corsi.
1. La Giunta regionale con proprio regolamento disciplina la durata, il contenuto, lo svolgimento dei corsi e la nomina dei docenti, stabilisce i requisiti per l'ammissione, la composizione delle commissioni giudicatrici le modalità relative alla distribuzione, uso delle apparecchiature e dei materiali, nonché le garanzie assicurative.
 

Capo II Istituzione del servizio di ospedalizzazione a domicilio per pazienti oncologici terminali
Art. 146 Programma di ospedalizzazione domiciliare.
1. Al fine di assicurare un'assistenza domiciliare qualificata ai pazienti oncologici terminali, la Giunta regionale, sentite le Aziende sanitarie regionali, predispone un programma di ospedalizzazione domiciliare che ha validità per la durata del Piano sanitario regionale di cui costituisce parte integrante.
2. Il programma contiene l'indicazione delle forme di erogazione dell'assistenza, le modalità per la determinazione della riduzione effettiva della spesa nella struttura, le procedure per garantire l'intervento domiciliare nella misura della riduzione della spesa effettivamente conseguita.
 

Art. 147 Promozione e coordinamento.
1. La Giunta regionale promuove e coordina il servizio per il trattamento a domicilio dei pazienti colpiti da neoplasia in fase terminale, nelle Aziende sanitarie regionali, nei casi in cui è possibile la sostituzione delle cure da effettuare in costanza di ricovero con cure presso il domicilio.
 

Art. 148 Richiesta ed autorizzazione.
1. Ciascuna ospedalizzazione domiciliare di pazienti oncologici terminali viene attivata su richiesta del paziente o della famiglia con il parere del medico di medicina generale e previa autorizzazione del presidio ospedaliero pubblico presso il quale il paziente è in cura.


Art. 149 Trattamento domiciliare.
1. Il trattamento a domicilio ha luogo mediante l'impiego, da parte delle Aziende sanitarie regionali competenti per territorio, di personale specializzato con particolare riferimento alle specifiche esperienze di terapia del dolore, già maturate nelle singole aziende sanitarie.
2. Il programma di ospedalizzazione domiciliare di cui all'art. 146 può essere attuato, su richiesta dei pazienti o delle famiglie, anche presso residenze collettive o case alloggio a favore di quei soggetti affetti da malattia oncologica con gravi limitazioni dell'autosufficienza o terminali, che non possono essere accolti nell'ambito familiare.
3. Il trattamento domiciliare può essere attuato anche con il concorso di organizzazioni di volontariato, di cui al presente Testo unico, all'uopo convenzionate.
 

Art. 150 Convenzioni.
1. La Giunta regionale predispone uno schema di convenzione tipo da stipularsi da parte delle Aziende sanitarie regionali con le organizzazioni di volontariato di cui all'art. 149, comma 3.
2. La convenzione disciplina in particolare modalità e termini del concorso delle organizzazioni di volontariato alla operatività del servizio, le modalità e la misura del contributo pubblico, le forme di controllo delle Aziende sanitarie regionali sulle modalità di eventuale utilizzazione presso il domicilio di farmaci, compresi quelli autorizzati per il solo uso ospedaliero, come previsto dal comma 1, dell'art. 6 del D.P.R. 20 ottobre 1992.
 

Capo III Norme per la razionalizzazione dei servizi trasfusionali e la promozione della donazione del sangue
Art. 151 Promozione donazione del sangue.
1. Il presente Capo contiene disposizioni per la promozione e la razionalizzazione della attività di donazione volontaria del sangue, riconoscendo la funzione civica, sociale e solidaristica delle associazioni aventi come fine istituzionale tale attività.
 

Art. 152 Rinvio al piano sanitario regionale.
1. Il piano sanitario regionale, nel rispetto delle disposizioni statali in materia, determina criteri ed indirizzi per l'organizzazione, il funzionamento e il coordinamento dei servizi inerenti la raccolta, preparazione, conservazione del sangue umano per uso trasfusionale, prevedendo a tale scopo la creazione di un sistema regionale trasfusionale unitario (S.T.U.).
 

Art. 153 (Struttura regionale di coordinamento)
(Testo dell’articolo 153 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 16 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Il Centro Regionale Sangue, istituito con deliberazione della Giunta regionale, in attuazione della legge 21 ottobre 2005, n. 219 (Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati) e dell’Accordo Stato Regioni del 13 ottobre 2011, è la Struttura Regionale di Coordinamento (SRC) della Regione.
2. La SRC è la struttura tecnico-organizzativa che garantisce lo svolgimento delle attività di supporto alla programmazione regionale in materia di attività trasfusionali e di coordinamento e controllo tecnico-scientifico della rete trasfusionale regionale, in sinergia con il Centro Nazionale Sangue. Sono inoltre affidate a tale struttura le attività di coordinamento del sistema sangue regionale in tutti gli ambiti definiti dalla normativa vigente in materia di attività trasfusionali, al fine di garantire il costante perseguimento degli obiettivi di sistema, rendere omogenei i livelli di qualità, sicurezza, standardizzazione e contribuire al perseguimento dell’appropriatezza in medicina trasfusionale su tutto il territorio della Regione.
3. La Giunta regionale stabilisce, con proprio atto, la composizione e le modalità di funzionamento della SRC.
 

Art. 154 Volontariato.
(Testo dell’articolo 154 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 17 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 2 e l’abrogazione dei commi 3 e 4)
1. La Regione riconosce che l'attività di propaganda e l'organizzazione dei donatori da parte delle associazioni del volontariato costituiscono momenti fondamentali ed insostituibili per garantire ai presidi sanitari delle aziende sanitarie della Regione il soddisfacimento delle esigenze di sangue e dei relativi derivati.
2. Allo scopo di ottenere un incremento delle unità-sangue donate, la Regione, in attuazione dell’articolo 6, comma 1, lettera b) della l. 219/2005 e sulla base di quanto definito nel relativo Accordo attuativo stipulato in sede di Conferenza Stato-Regioni il 20 marzo 2008, ed in particolare dello schema tipo per la stipula di convenzioni, garantisce il rimborso dei costi dell’attività associativa nonché della eventuale attività di raccolta all'Associazione Volontari Italiani del Sangue (AVIS) regionale e alle altre associazioni esistenti e costituite nella Regione, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 ottobre 2005, n. 219 (Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati).
3. (Abrogato).
4. (Abrogato).
 

Art. 155 Convenzioni.
1. Il concorso delle associazioni di volontariato alle attività dei servizi delle aziende sanitarie dell'Umbria per la raccolta, preparazione, conservazione e distribuzione del sangue è regolato, nel rispetto delle disposizioni nazionali e regionali vigenti, mediante convenzione, da stipulare tra ciascuna aziende sanitarie e le associazioni operanti nel territorio di competenza.
2. La convenzione deve prevedere la costituzione e la disciplina di funzionamento di un Comitato paritetico composto di un pari numero di rappresentanti delle aziende sanitarie e delle associazioni, per la verifica dell'attuazione della stessa e la partecipazione alle sedute del Comitato del responsabile del servizio trasfusionale dell'azienda sanitaria.
 

Capo IV
Norme human immunodeficiency virus (h.i.v.) per la limitazione dell'infezione da e del fenomeno dell'abbandono delle siringhe usate
Art. 156 Azioni volte a limitare l'infezione da H.I.V. e altre infezioni virali sangue correlate e il fenomeno dell'abbandono di siringhe usate.
1. La Regione, al fine del raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadini e di creazione di un moderno ed integrale sistema di sicurezza sociale previsto dall'art. 13 dello Statuto, promuove azioni volte a limitare l'infezione da H.I.V. e altre infezioni virali sangue correlate e il fenomeno dell'abbandono di siringhe usate.
 

Art. 157 Acquisto ed installazione di distributori.
1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'art. 156, le Aziende USL d'intesa con i Comuni interessati, provvedono all'acquisto ed alla installazione nel proprio territorio di distributori scambiatori automatici di siringhe monouso e di distributori automatici di profilattici.
2. L'installazione dei distributori di cui al comma 1 è inoltre disposta, d'intesa con le autorità competenti, negli Istituti di prevenzione e pena, nelle Caserme, negli Istituti di scuola media superiore e nelle Università, salvaguardando le esigenze di riservatezza dei soggetti utilizzatori.
3. Per gli interventi programmati nei confronti delle realtà scolastiche, l'intesa di cui al comma 2 dovrà prevedere metodologie, procedure anche finanziarie e di informazione capaci di determinare le più ampie convergenze tra le autorità scolastiche, le famiglie e gli studenti.
 

Art. 158 Localizzazione dei siti e gestione dei distributori.
1. I Comuni interessati provvedono alla gestione dei distributori di cui all'art. 157 mediante le farmacie comunali, siano esse associate in aziende che direttamente gestite.
2. I Comuni interessati che non dispongono di farmacie comunali operanti sul territorio, possono convenzionarsi con le altre farmacie aperte al pubblico per garantire il servizio.
3. Nell'espletamento dei compiti di cui al comma 1 i Comuni si avvalgono della collaborazione dei servizi di assistenza per la tossicodipendenza presso le Aziende USL di cui all'art. 27 della legge 26 giugno 1990, n. 162 (Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della L. 22 dicembre 1975, n. 685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza).
 

Art. 159 Raccolta e distribuzione delle siringhe usate.
1. I Comuni e le Aziende USL usufruiscono delle strutture abilitate allo smaltimento dei rifiuti speciali e/o tossici per la raccolta e la distribuzione delle siringhe usate.
 

Art. 160 Conferenza regionale permanente.
1. È istituita la "Conferenza regionale permanente per le tossicodipendenze da droga, sostanze stupefacenti o psicotrope", con compiti di informazione, consultazione, studio e raccordo delle attività di prevenzione, cura e recupero socio-sanitario, svolte in tutto il territorio della Regione in materia di tossicodipendenza.
2. La Conferenza è presieduta dal Presidente della Giunta regionale o da un suo delegato.
3. La Conferenza si compone:
a) di un rappresentante per ogni Azienda USL;
b) di un rappresentante per ogni Comune con popolazione superiore ai 30.000 abitanti e di
tre rappresentanti degli altri Comuni, designati dall'A.N.C.I.;
c) di un rappresentante per Provincia;
d) di cinque rappresentanti scelti dalla Giunta regionale, sulla base di oggettivi criteri di rappresentatività con particolare riguardo alla consistenza ed alla territorialità, fra quelli designati dalle Associazioni di cui all'art. 371;
e) di tre rappresentanti designati dalle Comunità terapeutiche;
f) di dieci rappresentanti, degli studenti eletti negli organismi rappresentativi degli Istituti superiori e universitari, designati dai rispettivi organi collegiali e scelti dalla Giunta regionale sulla base di oggettivi criteri di rappresentatività con particolare riguardo alla loro consistenza ed alla territorialità.
4. La nomina dei componenti la Conferenza è effettuata con decreto del Presidente della Giunta regionale.
5. Alla Conferenza sono invitati i responsabili dei competenti uffici delle amministrazioni statali interessate alla prevenzione ed al recupero dalle tossicodipendenze.
6. La Conferenza dura in carica cinque anni ed ai componenti non spetta alcun compenso.
7. La Conferenza adotta un regolamento interno con cui disciplina il proprio funzionamento.
 

Art. 161 Relazione annuale.
1. La Giunta regionale presenta all'Assemblea Legislativa entro il 30 aprile di ciascun anno, una relazione circa lo stato di applicazione del presente Capo.
 

Capo V Tutela sanitaria delle attività sportive
Art. 162 Promozione dell'educazione e tutela dei soggetti che praticano attività motorie e sportive.
1. La Regione, nell'ambito della programmazione sanitaria, provvede alla promozione dell'educazione e della tutela di coloro che praticano attività motorie e sportive di tipo agonistico e non agonistico quali validi strumenti di prevenzione, di mantenimento e recupero della salute.
 

Art. 163 Destinatari degli interventi.
1. Sono sottoposti al controllo sanitario per la certificazione di idoneità all'esercizio delle attività sportive gli atleti che praticano l'attività sportiva in forma agonistica ai sensi del decreto ministeriale 18 febbraio 1982 e per l'attività sportiva non agonistica ai sensi del decreto ministeriale 24 aprile 2013.
2. Ai sensi del decreto 24 aprile 2013 del Ministro della sanità, sono sottoposti al controllo sanitario per la certificazione di idoneità all'esercizio delle attività sportive in forma non agonistica:
a) gli alunni che svolgono attività fisico-sportive organizzate dagli organi scolastici nell'ambito delle attività parascolastiche;
b) coloro che svolgono attività organizzate dal CONI o da società sportive affiliate alle federazioni sportive nazionali o dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e che non siano qualificati atleti agonisti ai sensi del decreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità;
c) coloro che partecipano ai giochi sportivi studenteschi nelle fasi precedenti a quelle nazionali.
 

Art. 164 Funzioni della Regione. 1. La Regione, nella materia regolata dal presente Capo, esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo e coordinamento, di controllo e di vigilanza previste all'art. 5 ed inoltre:
a) istituisce il libretto sanitario sportivo dell'atleta di cui all'art. 167;
b) nomina i componenti della Commissione medica regionale per i ricorsi avverso i giudizi di non idoneità nella pratica sportiva agonistica di cui all'art. 170.
 

Art. 165 Funzioni delle Aziende USL.
1. Le Aziende USL nell'esercizio delle competenze loro attribuite dal d.lgs. 502/1992, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, operano per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 162 assicurando in particolare:
a) promozione dell'attività fisica rivolta a tutta la popolazione nelle diverse fasce di età con l'obiettivo di favorire uno stile di vita sano e di migliorare lo stato di salute;
b) l'accertamento anche periodico e la certificazione di idoneità psicofisica alle attività sportive svolte in forma agonistica;
c) l'accertamento, anche periodico, e la certificazione di idoneità generica alle attività sportive svolte in forma non agonistica comprese quelle nell'ambito scolastico;
d) l'attività di supporto clinico strumentale per programmi terapeutico-riabilitativi per la popolazione in generale e, in particolare, in favore delle persone disabili;
e) l'organizzazione dei servizi di pronto soccorso, di assistenza e di controllo medico in occasione di manifestazioni o competizioni sportive di particolare rilevanza;
f) lo svolgimento di attività didattiche e di ricerca in campo medico sportivo, in collaborazione con la Federazione medici sportivi italiani (F.M.S.I.) e l'Università degli studi di Perugia.
2. Le Aziende USL attuano, mediante i competenti servizi di igiene e prevenzione dei Dipartimenti igiene e prevenzione, i compiti di vigilanza nei confronti dei centri privati e degli specialisti che operano nel campo della medicina sportiva, secondo le direttive della Giunta regionale.
 

Art. 166 Attuazione degli interventi.
1. Agli accertamenti diagnostici, alle visite mediche di selezione e di controllo periodico, al rilascio della certificazione di idoneità all'attività sportiva agonistica provvedono, sulla base di piani annuali preventivi delle prestazioni, i servizi di medicina dello sport pubblici o privati accreditati, ai sensi dell'art. 118.
2. Di norma, si procede all'accreditamento dei soggetti interessati, sia pubblici sia privati, in possesso dei requisiti di legge, nel rispetto del criterio del loro analogo utilizzo.
3. Sono altresì autorizzati al rilascio della certificazione di idoneità all'attività sportiva agonistica specialisti in medicina dello sport operanti presso strutture sanitarie non accreditate o ambulatori medici privati ai sensi dell'art. 117. La struttura sanitaria o l'ambulatorio medico devono essere, inoltre, in possesso dei requisiti di organizzazione, struttura ed attrezzatura determinati dalla Giunta regionale in riferimento a quelli generali e specifici previsti per le strutture accreditate che svolgono attività analoghe.
4. Le certificazioni di cui all'art. 163, comma 2, redatte in conformità al decreto 24 aprile 2013 del Ministro della sanità e successive modificazioni, sono rilasciate anche dai medici di medicina generale e dagli specialisti pediatri di libera scelta convenzionati con le Aziende USL. In caso di dubbio sull'idoneità del soggetto i medici hanno facoltà di stabilire e richiedere interventi di consulenza e/o accertamenti sanitari presso i Servizi di medicina dello sport pubblici accreditati.
5. Ai soggetti riconosciuti idonei all'attività sportiva agonistica viene rilasciato un certificato di idoneità predisposto in triplice copia, conforme agli schemi approvati con decreto ministeriale 18 febbraio 1982, su modello unico regionale.
6. Una copia del certificato di idoneità è consegnata all'interessato o alla società, un'altra è inviata alla Azienda USL di appartenenza dell'utente. Una copia, unitamente alla documentazione sanitaria relativa agli accertamenti effettuati, deve essere conservata presso la struttura sanitaria che l'ha rilasciata per almeno cinque anni e tenuta a disposizione per legittima richiesta.
7. Qualora l'interessato richieda il rilascio della certificazione di idoneità all'attività sportiva agonistica ai medici specialisti autorizzati ai sensi del presente articolo, nessun onere può essere posto a carico del Servizio sanitario regionale.
 

Art. 167 Libretto sanitario sportivo.
1. La Regione istituisce in collaborazione con il CONI il libretto sanitario sportivo personale, ad uso medico sportivo, valevole dieci anni, sul quale il medico certificante l'idoneità alla pratica sportiva agonistica deve annotare:
a) le generalità dell'atleta;
b) lo sport o gli sport praticati;
c) la società sportiva di appartenenza;
d) la data della visita di idoneità;
e) gli accertamenti eseguiti;
f) l'esito finale della visita;
g) le visite di controllo;
h) la data dell'effettuazione dell'ultimo richiamo della vaccinazione antitetanica. Il libretto sanitario sportivo è rilasciato dall'Azienda USL competente, secondo un modello approvato dalla Giunta regionale ed è strettamente personale.
2. Le visite per l'idoneità alla pratica sportiva devono essere effettuate previa esibizione del libretto sanitario, da restituire al completamento della visita medico-sportiva con le annotazioni contenute nel certificato di cui al comma 6 dell'art. 166.
 

Art. 168 Tutela sanitaria degli atleti disabili.
1. La richiesta di certificazione per l'espletamento di attività sportive da parte di atleti disabili deve essere corredata da certificazione o cartella clinica che attesti l'eziologia della disabilità.
2. La certificazione di idoneità deve fare riferimento alle attività sportive per gli atleti disabili secondo le norme ed i regolamenti della Federazione italiana sport disabili.
3. L'accertamento per gli atleti disabili comporta, ai sensi del decreto 4 marzo 1993 del Ministro della sanità, un giudizio altamente individualizzato, con analisi ed apprezzamento delle condizioni di invalidità del soggetto e delle caratteristiche biomeccaniche e di impegno funzionale dell'attività sportiva da svolgere.
 

Art. 169 Controllo anti-doping.
1. I controlli anti-doping sono svolti dal Servizio sanitario regionale nel rispetto di quanto previsto dalla legge 26 ottobre 1971, n. 1099 (Tutela sanitaria delle attività sportive), del decreto 5 luglio 1975 del Ministro della sanità e dalla legge 14 dicembre 2000, n. 376 (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping).
2. Gli oneri finanziari relativi agli accertamenti sono a carico di chi richiede il controllo.
 

Art. 170 Commissione medica regionale per i ricorsi.
1. Ai soggetti non riconosciuti idonei all'espletamento dell'attività sportiva agonistica viene rilasciato certificato di non idoneità in conformità al decreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità.
2. In caso di esito negativo degli accertamenti sanitari volti a valutare l'idoneità all'attività sportiva agonistica e non agonistica, gli interessati possono, entro trenta giorni, proporre istanza di revisione alla commissione sanitaria prevista dall'art. 6 del decreto 18 febbraio 1982 del Ministro della sanità e nominata dal Presidente della Giunta regionale, previa deliberazione della stessa. La commissione dovrà pronunciarsi entro i successivi trenta giorni dal ricevimento dell'istanza.
3. La commissione dura in carica cinque anni ed è composta da:
a) un medico specialista in medicina dello sport che svolge anche le funzioni di presidente;
b) un medico specialista in medicina interna o in materie equivalenti;
c) un medico specialista in cardiologia;
d) un medico specialista in ortopedia;
e) un medico specialista in medicina legale e delle assicurazioni. I componenti della commissione possono essere riconfermati.
4. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario regionale della Direzione regionale competente.
5. Per ciascun componente effettivo è nominato un supplente che partecipa alle sedute in caso di assenza o impedimento del componente effettivo.
6. Le sedute della commissione sono valide con la presenza di tutti i componenti o degli eventuali sostituti.
7. La disciplina dei compensi ai componenti della Commissione medica regionale per i ricorsi, estranei alla Amministrazione regionale, che grava sul bilancio regionale, è stabilita dalla Giunta regionale con proprio atto, nel rispetto della normativa nazionale e regionale vigente.
 

Art. 171 Adempimenti delle società sportive.
1. Le società sportive sono tenute, sotto la propria responsabilità, a subordinare il tesseramento e la partecipazione degli atleti alle attività sportive, agonistiche e non, alla presentazione di certificazione di idoneità sportiva prevista del presente capo, conservando agli atti la relativa documentazione e verificandone la scadenza e la validità giuridica.
2. Le Società sportive dilettantistiche e professionistiche si dotano di defibrillatori semi automatici ai sensi del D.M. 24 aprile 2013.
3. Gli enti organizzatori di manifestazioni sportive sono tenuti ad assicurare a proprie spese, per i partecipanti alle competizioni, i servizi di assistenza, controllo medico e di pronto soccorso previsti dal regolamento delle federazioni sportive nazionali ed internazionali. Gli enti organizzatori sono tenuti a comunicare alle Aziende USL il calendario delle manifestazioni, perché possano essere predisposti eventuali controlli e il supporto assistenziale.
 

Capo VI Istituzione nelle aziende Usl della regione del servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica
Art. 172 Attivazione di un Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.
1. In ogni distretto sanitario delle Aziende USL della Regione è attivato un Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica (di seguito denominato Servizio) allo scopo di tutelare e migliorare la salute dei cittadini, di contenere i costi per gli utenti per prestazioni sanitarie e sociali, dando priorità alle fasce più deboli della popolazione, individuate con regolamento regionale, al fine di realizzare altresì un effettivo regime di libera scelta tra servizio pubblico, anche integrato da strutture odontoiatriche private accreditate, e strutture private nel mantenimento di elevati standards qualitativi.
2. Le strutture odontoiatriche private accreditate di cui all'articolo 173, comma 1, lettera b), garantiscono all'utente parità di trattamento e di accesso.
 

Art. 173 Erogazione dell'assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.
1. Le prestazioni di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica di cui al presente Capo sono erogate nell'ambito del territorio regionale:
a) dal Servizio attivato nei distretti sanitari delle Aziende USL;
b) dalle strutture odontoiatriche private accreditate, previa stipula di specifici contratti con l'Azienda USL territorialmente competente.
2. La Giunta regionale, con direttiva vincolante, assunta ai sensi dell'art. 5, comma 3, indica gli standards organizzativi, gestionali e dimensionali cui le Aziende USL devono attenersi per l'attivazione del Servizio.
3. La direttiva di cui al comma 2 dispone, in particolare, che:
a) le dotazioni tecnologiche e le attrezzature dei gabinetti odontoiatrici per l'attivazione del Servizio, sono conformi a quanto previsto dall'Allegato C al decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 2000, n. 271 (Regolamento di esecuzione dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni);
b) il Servizio è articolato in più gabinetti odontoiatrici nell'ambito del territorio di ciascun distretto sanitario, tenuto conto delle dimensioni ed articolazioni territoriali del distretto stesso;
c) le Aziende USL, nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992, impiegano medici chirurghi dentisti ed odontoiatri dipendenti e specialisti ambulatoriali convenzionati e che le attività infermieristiche sono assicurate dal personale dipendente della Azienda USL;
d) le Aziende USL nello stipulare i contratti ai sensi del comma 1, lettera b), prevedono l'applicazione da parte delle strutture odontoiatriche private accreditate del nomenclatore tariffario di cui al comma 4;
e) la gestione finanziaria del Servizio è separata dal Fondo sanitario regionale.
4. La Giunta regionale, con proprio atto, predispone l'elenco di tutte le prestazioni necessarie ad assicurare l'assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica ed il relativo tariffario, comprensivo altresì dei costi dei materiali (di seguito denominato nomenclatore tariffario), tenendo conto anche del tariffario regionale per prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.
 

Art. 174 Oneri per gli utenti.
1. È a totale carico degli assistiti la tariffa delle prestazioni previste dalla presente Capo nei limiti delle previsioni del nomenclatore tariffario di cui all'articolo 173, comma 4.
2. Gli assistiti sono tenuti ad anticipare almeno il trenta per cento della spesa risultante da un preventivo appositamente predisposto dal Servizio o dalle strutture odontoiatriche private accreditate di cui all'articolo 173, comma 1, lettera b) ed a versare la quota rimanente dopo l'erogazione delle prestazioni.
3. Restano salvi i diritti degli assistiti esentati dalla spesa sanitaria, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) e dei provvedimenti relativi adottati dalla Giunta regionale.
 

Art. 175 Gestione finanziaria del Servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica.
1. Gli oneri derivanti alle Aziende USL per il Servizio di cui al presente capo sono finanziati attraverso uno speciale Fondo, distinto in spese correnti e spese di investimento, alimentato con le entrate derivanti dalle prestazioni effettuate, restando escluso l'utilizzo di risorse del Fondo sanitario regionale.
 

Art. 176 Contributi per l'attivazione del Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica.
1. Per lo svolgimento del Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica la Giunta regionale eroga alle Aziende USL contributi sulla base di criteri e modalità stabilite con proprio atto, per attrezzare gabinetti odontoiatrici idonei.
 

Titolo XVI Norme in materia di prevenzione
Capo I Prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro
Art. 177 Campo di applicazione.
1. Il presente capo fissa i principi relativi alla programmazione, organizzazione e gestione delle attività per la prevenzione e la tutela della salute nei luoghi di lavoro, in conformità a quanto previsto in particolare dagli articoli 14, 20 e 21 della legge 833/1978, e dagli articoli 7, 10, 11, 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123), in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), in armonia con la programmazione regionale sanitaria e con le linee di indirizzo nazionali.
2. In relazione a quanto stabilito dall'art. 20, ultimo comma, della legge 833/1978, la Regione e le Aziende USL realizzano per quanto di competenza le attività di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro condividendo i piani di attività con le istituzioni e gli enti presenti nel Comitato Regionale di Coordinamento per la Salute e la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro previsto dal D.P.C.M. 21 dicembre 2007.
 

Art. 178 Compiti della Regione.
1. La Regione promuove la prevenzione e la tutela della salute nei luoghi di lavoro:
a) delineando strategie ed obiettivi programmatici nell'ambito del Piano Regionale della Prevenzione;
b) promuovendo l'integrazione delle politiche volte a tutelare la salute nei luoghi di lavoro attraverso il Comitato Regionale di Coordinamento per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 7 del d.lgs. 81/2008.
 

Art. 179 Compiti delle Aziende USL.
1. Presso ciascuna Azienda USL è istituito, in seno alla macro-area della prevenzione nei luoghi di lavoro del Dipartimento di Prevenzione, il Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (di seguito Servizio PSAL).
 

Art. 180 Obiettivi del Servizio PSAL.
1. Al Servizio PSAL compete:
a) garantire le attività di prevenzione e vigilanza in materia di tutela della salute e del benessere dei lavoratori di ogni genere e provenienza, in attuazione di quanto previsto dall'art. 9 della legge 20 maggio 1970, n. 300 [Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento (Statuto dei Lavoratori)] e dall'art. 13 del d.lgs. 81/2008;
b) garantire lo sviluppo integrato di tutte le attività che competono al Servizio in materia di prevenzione nei luoghi di lavoro ed il raggiungimento degli obiettivi definiti in sede di programmazione regionale e di Aziende USL, in base alla L. 833/1978 ed al d.lgs. 81/2008;
c) fornire alla pubblica amministrazione, alle associazioni imprenditoriali, dei lavoratori e alla società civile supporto consultivo in materia di salute e sicurezza del lavoro ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. 81/2008;
d) sostenere l'applicazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, anche attraverso attività di informazione, assistenza e coordinamento, finalizzate alla prevenzione dei fattori di rischio e alla rimozione degli elementi di nocività in particolare nei confronti della piccola impresa ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. 81/2008;
e) favorire la partecipazione delle parti sociali e delle loro rappresentanze al processo di prevenzione, attraverso la periodica informazione sulle attività svolte e sui risultati ottenuti, anche per il tramite del Comitato Regionale di Coordinamento per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
f) monitorare i danni da lavoro e le condizioni di rischio lavorativo.
2. Le attività di cui al comma 1 possono essere svolte anche in integrazione con gli altri Servizi del Dipartimento di Prevenzione e della Azienda USL qualora tale modalità di lavoro determini vantaggio per la collettività.
 

Art. 181 Compiti del Servizio PSAL.
1. Il Servizio PSAL raggiunge gli obiettivi di cui all'art. 180 attraverso le seguenti attività:
a) vigilanza e controllo tecnico e amministrativo, anche in riferimento agli aspetti organizzativi del lavoro;
b) emissione di provvedimenti amministrativi o sanzionatori conseguenti alle inosservanze rilevate in corso di vigilanza o finalizzati a prevenire situazioni di rischio per la salute e sicurezza dei lavoratori;
c) effettuazione di accertamenti sanitari sui lavoratori, laddove previsto dalla normativa nazionale vigente;
d) controllo delle condizioni di lavoro anche attraverso interventi di igiene industriale e di valutazione dello stato di salute dei lavoratori;
e) indagine di infortunio sul lavoro e di malattia professionale di iniziativa o su delega dell'autorità giudiziaria;
f) produzione periodica di informazioni sulle attività svolte e sui risultati ottenuti;
g) emissione di pareri tecnico preventivi, laddove previsto dalle disposizioni vigenti o su richiesta degli enti pubblici territoriali, su progetti di insediamenti destinati alla produzione di beni e servizi o su modifiche degli stessi, su processi di lavoro ed attività soggetti ad istruttoria amministrativa o autorizzazione da parte della pubblica amministrazione;
h) verifica degli impianti di esclusiva competenza Azienda USL, previsti dalla normativa vigente;
i) raccolta e elaborazione dei dati relativi ai danni correlati al lavoro, provenienti dai sistemi informativi istituzionali;
j) realizzazione di interventi di assistenza con il fine di migliorare l'organizzazione del sistema di tutela delle aziende, in particolare nella piccola impresa, anche attraverso iniziative o atti di indirizzo destinati ai datori di lavoro, ai servizi di prevenzione e protezione, ai medici competenti ed ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali e di sito produttivo.
 

Art. 182 Articolazione del Servizio PSAL.
1. Ciascuna Azienda USL organizza all'interno della pianta organica del Dipartimento di Prevenzione il Servizio PSAL, diretto da personale medico con specializzazione in medicina del
lavoro o titolo di servizio equiparato, articolato in Unità Operative (UO), integrate per lo sviluppo dei programmi di attività del servizio, così definite:
a) UO di medicina del lavoro ed epidemiologia occupazionale;
b) UO di igiene del lavoro e tossicologia industriale;
c) UO di sicurezza dei luoghi di lavoro, degli impianti e delle attrezzature.
 

Art. 183 Attività di controllo e vigilanza.
1. Le attività di controllo e vigilanza nei luoghi di lavoro vengono esercitate ai sensi dell'art. 21 della legge 833/1978 e dell'art. 13 del d.lgs. 81/2008 anche da personale dei Servizi PSAL delle Aziende USL munito di qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria acquisita attraverso nomina prefettizia.
2. Il Presidente della Giunta regionale, ai fini della proposta dei nominativi degli operatori cui dovrà essere attribuita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 21, terzo comma, della legge 833/1978, si avvale dei criteri formulati con deliberazione della Giunta regionale.
 

Capo II Norme in materia di cremazione, dispersione delle ceneri e servizi cimiteriali
Art. 184 Cremazione, conservazione e dispersione delle ceneri.
1. Il presente Capo, nel rispetto delle disposizioni contenute nella legge 30 marzo 2001, n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri) disciplina la pratica della cremazione e dispersione delle ceneri nel rispetto delle volontà e dignità del defunto e delle diverse convinzioni religiose e culturali di ogni individuo.
2. L'autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto dei principi e delle modalità di cui alla legge 130/2001.
3. La dispersione delle ceneri avviene nei luoghi indicati dall'articolo 3, comma 1, lettera c), della legge 130/2001 o nel cinerario comune ed è eseguita dal coniuge, da altro familiare o dal personale a tal fine autorizzato dall'avente diritto o, in caso di iscrizione del defunto a un'associazione aderente alla Federazione italiana delle società per la cremazione, dal rappresentante legale dell'associazione stessa che ne dà comunicazione ai familiari di primo grado.
4. Nel caso in cui il defunto non abbia manifestato la volontà di far disperdere le sue ceneri, queste vengono riposte in un'urna sigillata, recante i dati anagrafici, per la tumulazione o l'affidamento ai familiari di primo grado.
5. Il coniuge superstite e i figli possono richiedere l'affidamento delle ceneri del defunto già depositate nel cinerario comune.
6. La consegna dell'urna cineraria è effettuata previa sottoscrizione di un documento nel quale i soggetti di cui al comma 3 dichiarano la destinazione finale dell'urna o delle ceneri. Tale documento, conservato in copia presso l'impianto di cremazione e presso il Comune in cui è avvenuto il decesso, costituisce documento di accompagnamento obbligatorio nelle fasi di trasporto delle ceneri.
7. In caso di comprovata necessità, l'ufficiale di stato civile autorizza, con il consenso dei familiari di primo grado, la cremazione delle salme inumate da almeno dieci anni e delle salme tumulate da almeno venti anni, secondo le procedure previste per l'autorizzazione alla cremazione.
 

Art. 185 Attività funebre.
1. I Comuni singoli o associati disciplinano, nel rispetto della legislazione vigente, i servizi cimiteriali e ne informano i cittadini, con particolare riguardo alle differenti forme di sepoltura e ai relativi profili economici.
2. I Comuni assicurano spazi adeguati per lo svolgimento di funerali civili tali da consentire la riunione di persone e lo svolgimento delle onoranze funebri nel rispetto della volontà del defunto e dei suoi familiari. Tali spazi possono essere utilizzati anche per lo svolgimento di riti funebri per culti diversi da quello cattolico.
3. La Giunta regionale, d'intesa con l'ANCI e le associazioni di categoria, emana il codice deontologico delle imprese, società e consorzi che svolgono attività funebre.
 

Art. 186 Cimiteri.
1. Il Comune è tenuto a garantire sepoltura ai cadaveri dei propri residenti e delle persone decedute nel territorio del comune, quale ne fosse la residenza, ai cadaveri di aventi diritto al seppellimento in sepoltura privata esistente nel comune stesso e alle ossa, resti mortali e ceneri derivanti da cadaveri. Le attività cimiteriali sono disciplinate dai Comuni sulla base di un regolamento tipo, previa richiesta di parere all'ANCI.
2. Ogni Comune, nell'ambito della pianificazione urbanistica e territoriale, prevede aree cimiteriali in grado di rispondere alle necessità di sepoltura nell'arco dei trenta anni successivi all'adozione degli strumenti urbanistici, tenuto conto degli obblighi di cui al comma 1 e con la finalità di favorire il ricorso alle forme di sepoltura di minor impatto sull'ambiente.
3. La cremazione e la manutenzione dei cimiteri possono essere affidate a soggetti privati mediante convenzione.
4. L'area cimiteriale deve essere delimitata da idonea recinzione. L'area di rispetto lungo il perimetro cimiteriale deve essere definita considerando:
a) la necessità di dotazione di parcheggi e servizi per i frequentatori;
b) l'eventuale necessità di ampliamento, in relazione alle previsioni di cui al comma 2;
c) l'eventuale presenza di servizi o impianti tecnologici all'interno del cimitero e le conseguenti distanze di tutela;
d) il rispetto delle attività di culto.
5. Il Comune, su richiesta di privati o associazioni o enti morali, può concedere in uso aree all'interno del cimitero per sepolture private, nel rispetto dei requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla normativa.
6. Il Comune può richiedere al Presidente della Giunta regionale l'autorizzazione alla tumulazione in luoghi al di fuori del cimitero, quando ricorrano giustificati motivi di speciali onoranze.
 

Capo III Disciplina in materia di requisiti igienico-sanitari delle piscine ad uso natatorio
Art. 187 Oggetto e definizioni.
1. Il presente Capo detta disposizioni in materia di requisiti igienico-sanitari relativi alla struttura e alla manutenzione delle piscine ad uso natatorio e alla qualità delle acque e detta disposizioni in materia di vigilanza.
2. Le disposizioni del presente Capo si applicano esclusivamente alle piscine classificate nelle categorie A, classe A/1, A/2, A/3, A/4 e B, classe B/1, di cui all'articolo 188, ed aventi tipologie di vasche a), b), c), d), e) ed f) di cui all'articolo 189.
3. Sono escluse dalle disposizioni del presente Capo le piscine classificate nella categoria B, classe B/2, e nella categoria C di cui all'articolo 188.
4. Si definisce piscina un complesso attrezzato per la balneazione che comporta la presenza di uno o più bacini artificiali utilizzati per attività ricreative, formative, sportive e terapeutiche esercitate nell'acqua contenuta nei bacini stessi.
5. Parti essenziali costituenti il complesso sono:
a) sezione vasche;
b) sezione servizi;
c) sezione impianti tecnici;
d) sezione pubblico;
e) sezione attività accessorie.
 

Art. 188 Classificazione delle piscine.
1. Le piscine, ai fini igienico-sanitari, sono classificate in base ai seguenti criteri: destinazione, caratteristiche ambientali e strutturali, tipo di utilizzazione.
2. Le piscine in base alla loro destinazione si distinguono nelle categorie A, B e C, a loro volta suddivise in classi.
3. Alla categoria A appartengono le piscine pubbliche o private destinate ad una utenza pubblica.
4. La categoria A è suddivisa nelle seguenti classi:
a) A/1 piscine pubbliche o private aperte al pubblico;
b) A/2 piscine ad uso collettivo inserite in strutture ricettive alberghiere, extralberghiere, all'aria aperta e agrituristiche, a disposizione esclusiva degli alloggiati, nonché inserite in altre strutture adibite ad uso collettivo quali collegi, convitti, scuole, università, comunità, palestre, circoli e associazioni, a disposizione dei soli ospiti, studenti, clienti o soci;
c) A/3 impianti finalizzati al gioco acquatico;
d) A/4 strutture complesse comprendenti piscine rientranti in più di una delle classi di cui alle lettere a), b) e c).
5. Alla categoria B appartengono le piscine costituenti parti comuni dell'edificio ai sensi dell'articolo 1117 del codice civile e destinate agli abitanti del condominio stesso e le piscine di pertinenza di abitazioni private facenti parte di edificio o complesso residenziale destinate agli abitanti dell'edificio o complesso stessi e non comprese tra quelle classificate A/2 del comma 4.
6. La categoria B è suddivisa nelle seguenti classi:
a) B/1 piscine facenti parte di condomini o di pertinenza di abitazioni private facenti parte di edificio o complesso residenziale costituiti da più di quattro unità abitative;
b) B/2 piscine facenti parte di condomini o di pertinenza di abitazioni private facenti parte di edificio o complesso residenziale costituiti da non più di quattro unità abitative.
7. Alla categoria C appartengono le piscine destinate ad usi speciali collocate all'interno di strutture di cura, di riabilitazione e termale.
8. In base alle caratteristiche ambientali e strutturali le piscine si distinguono in:
a) scoperte se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali non confinati entro strutture chiuse permanenti;
b) coperte se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali confinati entro strutture chiuse permanenti;
c) di tipo misto se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali scoperti e coperti utilizzabili anche contemporaneamente;
d) di tipo convertibile se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali nei quali gli spazi destinati alle attività possono essere aperti o chiusi in relazione alle condizioni atmosferiche.
 

Art. 189 Tipologie di vasche.
1. In base alla loro utilizzazione si individuano nelle categorie di piscine di cui all'articolo 188 i seguenti tipi di vasche:
a) agonistiche, per nuotatori e di addestramento al nuoto, aventi requisiti che consentono l'esercizio delle attività natatorie in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della Federazione Italiana Nuoto (FIN) e della Federation Internationale de Natation Amateur (FINA);
b) per tuffi ed attività subacquee, aventi requisiti che consentono l'esercizio delle attività in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della FIN e della FINA;
c) ricreative, aventi requisiti morfologici e funzionali che le rendono idonee per il gioco e la balneazione;
d) per bambini, aventi requisiti morfologici e funzionali, quali la profondità massima di sessanta centimetri, che le rendono idonee per la balneazione dei bambini;
e) polifunzionali, aventi caratteristiche morfologiche e funzionali che consentono l'uso contemporaneo del bacino per attività differenti o che posseggono requisiti di convertibilità che le rendono idonee ad usi diversi;
f) ricreative attrezzate, caratterizzate dalla prevalenza di attrezzature accessorie quali acquascivoli, sistemi di formazione di onde, fondi mobili;
g) per usi riabilitativi, aventi requisiti morfologici e funzionali nonché dotazione di attrezzature specifiche per l'esercizio esclusivo di attività riabilitative e rieducative sotto il controllo sanitario specialistico;
h) per usi curativi e termali, nelle quali l'acqua viene utilizzata come mezzo terapeutico in relazione alle sue caratteristiche fisico-chimiche intrinseche e/o alle modalità con cui viene in contatto dei bagnanti e nelle quali l'esercizio delle attività di balneazione viene effettuato sotto il controllo sanitario specialistico.
 

Art. 190 Utenti.
1. Gli utenti delle piscine si distinguono in:
a) frequentatori: utenti presenti all'interno dell'impianto natatorio;
b) bagnanti: utenti che si trovano all'interno della sezione vasche delimitata sul posto.
2. Il numero massimo di frequentatori e di bagnanti ammissibili è determinato, con le norme regolamentari, in relazione alle diverse categorie di piscine.
 

Art. 191 Parere igienico-sanitario.
1. Per la costruzione di nuovi impianti natatori o per la ristrutturazione e/o ampliamento di impianti esistenti che comportano variazioni distributive e/o funzionali è necessario acquisire il preventivo parere igienico-sanitario dell'Azienda USL competente.
 

Art. 192 Inizio attività.
1. L'inizio dell'attività delle piscine di nuova costruzione appartenenti alle classi A/1 ed A/4 è subordinato alla comunicazione alla Azienda USL competente al fine dell'acquisizione del parere igienico-sanitario successivo alla realizzazione dell'impianto.
2. L'inizio dell'attività delle piscine appartenenti alle classi A/2, A/3 e B/1 è subordinato alla comunicazione alla Azienda USL competente.
 

Art. 193 Comunicazioni periodiche delle attività stagionali.
1. I titolari degli impianti realizzati per le attività stagionali, trenta giorni prima dell'attivazione dell'impianto, comunicano alla Azienda USL competente la riapertura della struttura e le eventuali variazioni degli impianti e/o del responsabile della piscina, nonché la chiusura della struttura, qualora debba verificarsi l'interruzione dell'attività.
 

Art. 194 Dotazione di personale.
1. Il titolare dell'impianto nomina il responsabile della piscina o dichiara formalmente di assumerne personalmente le funzioni al fine di garantire l'igiene, la sicurezza e la funzionalità delle piscine.
2. Il responsabile della piscina assicura:
a) il corretto funzionamento della struttura sotto ogni aspetto gestionale, tecnologico e organizzativo;
b) il rispetto dei requisiti igienico-sanitari e ambientali previsti dall'Accordo del 16 gennaio 2003 tra Ministro della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, di seguito denominato Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003;
c) la corretta esecuzione delle procedure di autocontrollo;
d) le operazioni di pulizia quotidiana.
3. Per le piscine di classe B/1, salvo diversa formale designazione, il responsabile della piscina è l'amministratore; in mancanza di amministratore o di responsabile designato rispondono i proprietari nei modi e limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia.
4. Il responsabile della piscina individua le seguenti figure:
a) assistente bagnanti;
b) addetto agli impianti tecnologici.
5. L'assistente bagnanti di cui al comma 4, lettera a), abilitato alle operazioni di salvataggio e di primo soccorso ai sensi della normativa vigente, vigila, ai fini della sicurezza, sulle attività che si svolgono in vasca e negli spazi perimetrali intorno alla vasca. In ogni piscina con bagnanti è assicurata la presenza di assistenti bagnanti durante tutto l'orario di funzionamento della piscina, fatti salvi i casi previsti al comma 6.
6. I responsabili delle piscine classificate A/2 e B/1 possono derogare dall'obbligo della presenza di assistente bagnanti secondo le disposizioni previste dalle norme regolamentari di cui all'articolo 205.
7. L'addetto agli impianti tecnologici di cui al comma 4, lettera b) garantisce il corretto funzionamento degli impianti ai fini del rispetto dei requisiti igienico-sanitari e ambientali di cui all'Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003.
 

Art. 195 Requisiti strutturali.
1. I requisiti strutturali delle parti essenziali del complesso di cui all'articolo 187 comma 5, devono:
a) garantire che la potenzialità degli impianti di trattamento dell'acqua sia proporzionata al volume dell'acqua delle vasche e al carico inquinante dovuto all'utilizzazione delle stesse;
b) garantire che l'attività natatoria, nelle varie forme previste per le diverse categorie e gruppi di piscine e tipi di vasche, possa svolgersi nel rispetto delle esigenze di sicurezza e di sorveglianza degli utenti;
c) garantire che la fruizione da parte degli utenti e la pulizia ordinaria e straordinaria degli spogliatoi, delle docce e dei servizi igienici e di tutte le aree accessorie e di disimpegno possa avvenire in modo regolare e col minimo rischio per la sicurezza degli utenti;
d) garantire che la localizzazione e l'installazione degli impianti, nonché la loro gestione, siano tali da assicurare condizioni di sicurezza e di facile accessibilità;
e) garantire la fruibilità da parte dei portatori di handicap, secondo la normativa vigente.
 

Art. 196 Documentazione.
1. Il responsabile della piscina tiene a disposizione della Azienda USL competente, incaricata dei controlli esterni, la seguente documentazione:
a) il documento di valutazione del rischio in cui è considerata ogni fase che potrebbe rivelarsi critica nella gestione dell'attività. Il documento tiene conto dei seguenti principi:
1) l'analisi dei potenziali pericoli igienico-sanitari per la piscina;
2) l'individuazione dei punti o delle fasi in cui possono verificarsi i pericoli di cui alla lettera a), numero 1) e la definizione delle relative misure preventive da adottare;
3) l'individuazione dei punti critici e definizione dei limiti degli stessi;
4) la definizione del sistema di monitoraggio;
5) l'individuazione delle azioni correttive;
6) le verifiche periodiche delle attività di gestione ed autocontrollo ed eventuali aggiornamenti, anche in relazione al variare delle condizioni iniziali, delle analisi dei rischi, dei punti critici, e delle procedure in materia di controllo e sorveglianza;
b) il registro dei requisiti tecnico-funzionali;
c) il registro dei controlli dell'acqua in vasca;
d) la documentazione relativa alla normativa antinfortunistica;
e) la documentazione relativa alla certificazione degli impianti;
f) la copia dei brevetti degli assistenti bagnanti;
g) l'attestazione di eventuali corsi di aggiornamento e formazione del personale operante presso l'impianto di balneazione.
2. La documentazione di cui al comma 1 è a disposizione della Azienda USL competente per un periodo di almeno due anni.
 

Art. 197 Controlli.
1. I controlli per la verifica del corretto funzionamento del complesso sono distinti in controlli interni, eseguiti a cura del responsabile della piscina, e controlli esterni di competenza dell'Azienda USL.
2. Per le piscine di proprietà pubblica o privata destinate ad una utenza pubblica di cui alla categoria A dell'articolo 188, comma 3, sono fatti salvi i controlli delle commissioni comunali e provinciali di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo di cui al regolamento per l'esecuzione del Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza regio-decreto 6 maggio 1940, n. 635, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 311.
 

Art. 198 Controlli interni.
1. Il responsabile della piscina garantisce la corretta gestione sotto il profilo igienico-sanitario di tutti gli elementi funzionali del complesso che concorrono alla sicurezza della piscina.
2. I controlli interni sono eseguiti secondo le norme regolamentari di cui all'art. 205, lettera f), con attività di gestione e di auto-controllo indicate nella documentazione di cui all'articolo 196.
3. Il responsabile della piscina, qualora a seguito dei controlli interni riscontri valori dei parametri microbiologici e chimico-fisici non conformi ai valori stabiliti dall'Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003 provvede al ripristino delle condizioni ottimali.
4. Il responsabile della piscina comunica alla Azienda USL competente per territorio la non conformità di cui al comma 3 non risanabile rapidamente; indica altresì i provvedimenti che intende adottare al fine del ripristino delle condizioni ottimali.
 

Art. 199 Controlli esterni.
1. I controlli ed i relativi prelievi sono effettuati dalla Azienda USL competente, sulla base di appositi piani di controllo e di vigilanza e secondo modalità e frequenza che tengono conto della tipologia degli impianti esistenti all'interno degli specifici ambiti territoriali, con particolare riferimento ai punti critici evidenziati nel documento di valutazione del rischio di cui all'articolo 196, comma 1, lettera a) e di autocontrollo di cui all'articolo 198 predisposti dal responsabile dell'impianto.
2. L'Azienda USL competente qualora accerti la non conformità dell'impianto ai requisiti prescritti dall'Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003, adotta i necessari provvedimenti finalizzati al ripristino della salubrità.
 

Art. 200 Corsi di formazione ed aggiornamento.
1. La Regione, tramite le Aziende USL, dispone l'organizzazione di corsi di formazione ed aggiornamento, finalizzati all'acquisizione della necessaria conoscenza sanitaria in materia di igiene delle piscine, per i responsabili delle piscine, per gli assistenti bagnanti e per gli addetti agli impianti tecnologici. I corsi non sostituiscono quelli specifici di qualificazione professionale riconosciuti dalla normativa nazionale.
 

Art. 201 Primo soccorso.
1. Le piscine sono dotate di un sistema organizzato di primo soccorso di facile accesso per lo svolgimento delle relative operazioni.
2. Le piscine appartenenti alla classe A/1, sono dotate di un locale adibito esclusivamente a primo soccorso.
3. Il locale di primo soccorso, di cui al comma 2, è dotato di idonei materiali ed attrezzature di primo soccorso utilizzati dall'assistente bagnanti di cui all'articolo 194, comma 4, lettera a), in attesa dell'intervento del personale dei servizi pubblici di emergenza. Il locale è dotato, altresì, di telefono fisso e al suo interno è esposto un elenco contenente i numeri telefonici del servizio sanitario di emergenza.
4. Le piscine appartenenti alle classi A/2 e B/1 sono dotate, in un locale di facile accesso, di telefono fisso e elenco contenente i numeri telefonici del servizio sanitario di emergenza.
 

Art. 202 Regolamento interno.
1. Il responsabile della piscina adotta un regolamento interno per la disciplina del rapporto con gli utenti, in riferimento agli aspetti igienico-sanitari. In particolare il regolamento determina elementi comportamentali e di igiene personale che contribuiscono a mantenere idonee le condizioni nell'impianto natatorio, nonché il numero massimo di frequentatori e di bagnanti.
 

Art. 203 Requisiti igienico-sanitari e ambientali.
1. Le piscine di cui all'articolo 187, comma 2, rispettano i requisiti igienico-sanitari e ambientali relativi alle caratteristiche delle acque utilizzate, alle sostanze da impiegare per il trattamento dell'acqua, ai punti di prelievo, ai requisiti termoigrometrici, di ventilazione, illuminotecnici e acustici stabiliti dalla tabella A all'allegato 1 dell'Accordo Stato-Regioni 16 gennaio 2003.
2. I requisiti igienico-sanitari relativi alle caratteristiche delle acque utilizzate, di cui all'allegato 1 e alla tabella A del citato Accordo Stato-Regioni, sono applicati anche alle piscine classificate B/2.
 

Art. 204 Sanzioni amministrative.
1. I comuni esercitano le funzioni amministrative relativamente all'applicazione delle sanzioni per le violazioni delle norme di cui al presente Capo, sulla base dell'accertamento delle violazioni effettuato dalla Azienda USL competente.
2. La violazione del numero massimo di frequentatori e di bagnanti ammissibili di cui all'articolo 190 comporta la chiusura dell'attività balneare per un massimo di cinque giorni.
3. La violazione delle disposizioni sulle comunicazioni di cui agli articoli 192 ed 193 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 500,00 a euro 2.400,00.
4. La violazione delle disposizioni sui compiti del responsabile della piscina di cui all'articolo 194, comma 2, lettere a) e d), e comma 4 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 3.000,00.
5. La violazione dei requisiti strutturali di cui all'articolo 195 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 3.000,00.
6. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 196 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 800,00 a euro 4.000,00.
7. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 198 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 800,00 a euro 4.500,00.
8. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 201 comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 500,00 a euro 3.500,00.
9. La violazione dei requisiti igienico-sanitari e ambientali, di cui all'articolo 203, comma 1, ove non venga provveduto tempestivamente al ripristino dei requisiti stessi, comporta l'applicazione della sanzione amministrativa da euro 500,00 a euro 5.000,00.
10. La recidiva delle violazioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 comporta la chiusura dell'attività balneare fino al ripristino delle condizioni la cui violazione ha comportato l'applicazione delle sanzioni di cui al presente articolo.
 

Art. 205 Norme regolamentari.
1. La Regione, al fine di assicurare le esigenze unitarie, stabilisce con norme regolamentari: a) il numero massimo dei frequentatori e dei bagnanti di cui all'articolo 190;
b) le modalità di comunicazione di inizio delle attività alla Azienda USL competente di cui all'articolo 192;
c) le figure professionali dell'assistente bagnanti e dell'addetto agli impianti tecnologici di cui all'articolo 194, comma 4, nonché eventuali deroghe di cui allo stesso articolo 194, comma 6;
d) i requisiti strutturali di cui all'articolo 195;
e) le modalità ed i criteri per la tenuta della documentazione di cui all'articolo 196;
f) le modalità ed i criteri per i controlli interni di cui all'articolo 198;
g) le modalità ed i criteri per i controlli esterni delle ASL di cui all'articolo 199;
h) i materiali e le attrezzature di primo soccorso di cui all'articolo 201, comma 3;
i) le disposizioni tecniche da inserire nel regolamento interno di cui all'articolo 202.
 

Capo IV BENESSERE ANIMALE, TUTELA DEGLI ANIMALI DI AFFEZIONE, PREVENZIONE E CONTROLLO DEL RANDAGISMO
(Rubrica del Capo IV della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituita dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
Art. 206 Oggetto e finalità
(Testo dell’articolo 206 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. La Regione, con il presente Capo, nell’esercizio delle proprie competenze ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e in attuazione della legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) nonché delle ulteriori disposizioni vigenti in materia:
a) promuove il benessere degli animali;
b) promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione;
c) adotta i provvedimenti e le misure necessarie a contrastare il randagismo e favorire l’adozione, promuovendo in particolare il possesso responsabile degli animali di affezione e il controllo delle nascite;
d) promuove tutti gli interventi atti a superare la filosofia del ricovero permanente degli animali di affezione, favorendo azioni volte all’affidamento e all’adozione, nel rispetto delle disposizioni previste dal presente Capo.
1. La Regione riconosce agli animali da affezione lo status di essere senziente e come tale il diritto alla dignità e al rispetto delle proprie esigenze fisiologiche ed etologiche.
2. La Regione tutela le condizioni di vita degli animali d’affezione e promuove la corretta relazione uomo-animali-ambiente impostata sul rispetto di ogni essere vivente, al fine di garantire forme di convivenza rispettose del benessere degli animali e dell’uomo.
3. La Regione riconosce, promuove e valorizza il ruolo sociale degli animali di affezione nella vita della collettività e del singolo individuo. Favorisce, altresì, l’integrazione animale- uomo anche promuovendo, nel rispetto delle norme igieniche e di sicurezza, l’accesso degli animali di affezione ai luoghi pubblici o aperti al pubblico, ai mezzi di trasporto pubblici, alle strutture ricettive e sanitarie. La Giunta regionale stabilisce, con proprio atto, le misure di promozione dell’accesso.
4. La Regione promuove, inoltre, l’impiego degli animali di affezione per gli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA) di cui all’articolo 213 e per il sostegno alla disabilità, tutelandone il rispetto e il benessere sia fisico che etologico
 

Art. 207 Definizioni
(Testo dell’articolo 207 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Ai fini del presente Capo si intende per:
a) animale di affezione: ogni animale tenuto o destinato ad essere tenuto dall’uomo per compagnia senza fini produttivi o alimentari, compresi gli animali che svolgono attività utili all’uomo, come il cane per disabili, gli animali per gli IAA, per la riabilitazione e impiegati nella pubblicità. Gli animali selvatici in libertà non sono considerati animali di affezione;
b) cane o gatto vagante: cane o gatto segnalato libero nel territorio senza mezzi di contenzione;
c) cane abbandonato: cane vagante per il quale è possibile risalire al proprietario o al detentore;
d) cane randagio: cane vagante non identificato e comunque non riconducibile ad un proprietario o ad un detentore;
e) cane a rischio di aggressività: cane che, dopo valutazione comportamentale da parte del servizio veterinario delle aziende unità sanitarie locali, di seguito denominato servizio veterinario, eventualmente coadiuvato da un medico veterinario esperto in comportamento animale, viene dichiarato a rischio elevato per l’incolumità pubblica e degli altri animali;
f) proprietario: qualunque persona fisica o giuridica responsabile di un animale di affezione che, in tale qualità, ha provveduto a registrarlo all’anagrafe regionale degli animali di affezione di cui all’articolo 219 o che comunque lo detiene stabilmente;
g) detentore: qualunque persona fisica o giuridica che detiene temporaneamente, a qualsiasi titolo, anche su incarico del proprietario, un animale di affezione e ne assume la responsabilità per il relativo periodo;
h) gatto libero: gatto vagante nel territorio non riconducibile ad un proprietario o ad un detentore;
i) colonia felina: gruppo di almeno cinque gatti adulti, di entrambi i sessi, in età riproduttiva, che vive in libertà, legato stabilmente con un territorio e con l’uomo. La colonia felina è individuata in aree pubbliche o aperte al pubblico di centri abitati ed è accudita ed alimentata, al di fuori di una proprietà privata, da associazioni di volontariato per la protezione degli animali, di seguito denominate associazioni di volontariato, o da singoli cittadini, individuati quali responsabili della colonia stessa;
j) gattile sanitario: struttura sanitaria di ricovero temporaneo, ubicata all’interno dei canili sanitari e dei canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario, dove sono somministrate cure ed è assicurata degenza o osservazione sanitaria a gatti liberi, appartenenti o non a colonie feline, recuperati per motivi sanitari, in attesa di essere reimmessi nel territorio o nel gruppo a cui appartengono;
k) oasi felina: struttura pubblica, gestita dai comuni singoli o associati direttamente o mediante convenzioni, o privata convenzionata con comuni singoli o associati, recintata, ad ingresso controllato, nella quale vengono ospitati i gatti che non possono essere immessi nel territorio per problematiche sanitarie e/o etologiche;
l) detenzione per finalità ludico sportive: detenzione, per finalità connesse alla cinofilia
o all’attività venatoria, senza scopo di lucro, nella medesima struttura, di un numero di cani superiore a dieci, appartenenti a diversi proprietari;
m) canile sanitario: struttura sanitaria pubblica, gestita dai comuni singoli o associati direttamente o mediante convenzioni, provvista di ambulatorio per gli interventi sanitari ed adibita al ricovero temporaneo dei cani randagi catturati, ovvero dal momento della cattura fino ad un massimo di sessanta giorni e comunque fino alla sterilizzazione da parte del servizio veterinario;
n) canile rifugio: struttura pubblica, gestita da comuni singoli o associati direttamente o mediante convenzioni, adibita a ricovero dei cani randagi catturati che hanno superato il periodo di ricovero temporaneo di sessanta giorni presso il canile sanitario, comunque finalizzata all’adozione degli animali;
o) canile privato convenzionato: struttura privata convenzionata adibita a canile sanitario e/o a canile rifugio, destinata al ricovero di cani randagi catturati nel territorio comunale, che può ospitare anche cani e gatti di privati;
p) detenzione personale a scopo amatoriale con finalità non economiche: detenzione di uno o più animali di affezione a scopo amatoriale da parte di un unico proprietario o comunque di un nucleo familiare;
q) detenzione con finalità economiche: detenzione di animale di affezione finalizzata ad
attività economica, quale:
1) allevamento di cani e di gatti, in numero pari o superiore a cinque fattrici o trenta cuccioli per anno;
2) negozi di vendita di animali;
3) pensioni per animali;
4) attività di toelettatura;
5) centri di addestramento.
 

Art. 208 Competenze della Regione
(Testo dell’articolo 208 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. La Giunta regionale provvede, in particolare:
a) a stabilire i criteri per la costruzione, il risanamento e la corretta gestione dei canili
sanitari e dei canili rifugio;
b) ad adottare il piano triennale degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione di cui all’articolo 211;
c) ad approvare il programma annuale degli interventi, attuativo del piano di cui alla lettera b);
d) a garantire l’implementazione e lo sviluppo dell’anagrafe regionale informatizzata degli animali di affezione, nonché l’accesso alla stessa da parte dei comuni singoli o associati e dei soggetti competenti al controllo, ai sensi della normativa vigente;
e) a stabilire le tariffe minime per il mantenimento giornaliero dei cani nei canili di cui all’articolo 219 ter e dei gatti nelle oasi feline di cui all’articolo 219 quater, idonee a garantire le condizioni di benessere degli animali stessi;
f) ad emanare linee di indirizzo al servizio veterinario sui criteri per il rilascio ai veterinari liberi professionisti dell’autorizzazione all’iscrizione degli animali da affezione nell’anagrafe di cui alla lettera d);
g) a promuovere l’adozione degli animali ospitati nei canili rifugio e nei canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio anche mediante convenzioni con l’Università degli Studi di Perugia e campagne di sensibilizzazione da realizzare in collaborazione con i comuni singoli o associati, con il servizio veterinario e con le associazioni di volontariato;
h) a stabilire i tassi di affidamento annuale che devono essere rispettati dai canili rifugio e dai canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio secondo il criterio per cui i tassi medesimi devono essere inversamente proporzionali alle percentuali di affidamento delle singole strutture, calcolate sulla base dei dati dell’anno precedente;
i) a stabilire i criteri e le modalità per il riparto dei contributi, tra i comuni singoli o associati, per la realizzazione degli interventi di loro competenza;
j) a istituire un numero unico per le emergenze veterinarie e di pronto soccorso.
 

Art. 209 Competenze dei comuni.
(Testo dell’articolo 209 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. I comuni, singoli o associati, provvedono in particolare:
a) ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione;
b) alla costruzione dei canili sanitari e dei canili rifugio e alla ristrutturazione di quelli esistenti, nel rispetto del piano di cui all’articolo 211;
c) all’individuazione, in assenza delle strutture di cui alla lettera b), di strutture di
ricovero, pubbliche o private, preposte alla funzione di canile sanitario e di canile rifugio;
d) a gestire i canili sanitari, i canili rifugio e le oasi feline, direttamente o mediante convenzioni con le associazioni di volontariato di cui all’articolo 219 ter, comma 1, lettera a), o con soggetti privati che garantiscono la presenza, nella struttura, di volontari delle associazioni medesime preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti;
e) a rispettare i tassi di affidamento, secondo quanto stabilito dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 208, comma 1, lettera h), nella gestione diretta dei canili rifugio di cui alla lettera d);
f) a promuovere, organizzare e partecipare a campagne di sensibilizzazione per incentivare le adozioni dei cani ricoverati presso i canili rifugio e i canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio, in collaborazione con la Regione, con il servizio veterinario e con le associazioni di volontariato;
g) ad eseguire, tramite il servizio veterinario, gli adempimenti di identificazione e registrazione dei cani randagi rinvenuti sul proprio territorio, ai sensi dell’articolo 219, comma 6;
h) a collocare presso un canile rifugio o un canile privato convenzionato adibito a canile rifugio i cani vaganti rinvenuti o catturati sul proprio territorio, ai sensi dell’articolo 219 bis, comma 1;
i) ad assicurare ricovero, custodia, identificazione, sterilizzazione, mantenimento e assistenza sanitaria dei gatti ospitati nelle oasi feline del proprio territorio;
j) a censire, d’intesa e in collaborazione con il servizio veterinario, le colonie feline e ad
autorizzarne la gestione da parte di privati cittadini o di associazioni di volontariato che ne facciano richiesta, vigilando sul rispetto delle condizioni igienico-sanitarie degli animali e sul controllo delle nascite;
k) a garantire la raccolta e lo smaltimento delle carcasse degli animali, non identificati o comunque non riconducibili ad un proprietario o ad un detentore, deceduti sul territorio di competenza, anche attraverso la stipula di convenzioni con soggetti autorizzati.
2. Nella gestione dei canili rifugio mediante le convenzioni di cui al comma 1, lettera d), i Comuni devono adottare idonee misure affinché vengano rispettati i tassi di affidamento, secondo quanto stabilito dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 208, comma 1, lettera h, individuando il mancato rispetto dei tassi medesimi come inadempienze alle convenzioni stipulate, anche prevedendo l’eventuale risoluzione delle stesse.
3. Per incentivare l’adozione dei cani ospitati nei canili rifugio i Comuni, nei limiti delle loro risorse, possono prevedere la corresponsione di agevolazioni a rimborso di spese medico - veterinarie o alimentari eventualmente sostenute. Al di fuori di tali modalità non possono essere elargiti incentivi di natura economica o in denaro per promuovere l’adozione medesima.
 

Art. 210 Competenze delle aziende unità sanitarie locali.
(Testo dell’articolo 210 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10 poi modificato ed integrato dall’articolo 6 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 18, con l’aggiunta della lettera m bis) al comma 1)
1. Le aziende unità sanitarie locali provvedono, in particolare:
a) all’inserimento di apposito microchip in ogni animale di affezione di cui all’articolo
219 e all’iscrizione dell’animale stesso all’anagrafe regionale di cui al medesimo articolo 219;
b) all’aggiornamento dell’anagrafe regionale informatizzata degli animali d’affezione di
cui alla lettera a);
c) alla cattura di cani vaganti;
d) all’affidamento temporaneo dei cani randagi catturati, ai sensi dell’articolo 219 bis, comma 3, nonché all’osservazione, profilassi e assistenza sanitaria dei cani in affidamento temporaneo ai sensi dello stesso articolo 219 bis, comma 4;
e) ai controlli pre e post affido eseguiti a campione anche attraverso la collaborazione con le associazioni di volontariato ai sensi dell’articolo 219 bis, comma 11, nonché al controllo, alla profilassi e all’assistenza sanitaria sugli animali custoditi nei canili sanitari e nei canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario;
f) alla identificazione e sterilizzazione dei cani randagi catturati sul territorio, nonché all’identificazione, sterilizzazione e cura dei gatti appartenenti alle colonie feline;
g) a partecipare ad iniziative di informazione e promozione sulle materie di cui al presente Capo, anche in collaborazione con la Regione, i comuni singoli o associati e le associazioni di volontariato;
h) a collaborare con i comuni singoli o associati nel censimento delle colonie feline, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni di volontariato;
i) alla soppressione dei cani randagi e dei gatti, qualora ricorrano le condizioni di cui all’articolo 216;
j) all’esame ed alla valutazione dei cani morsicatori o a rischio di aggressività;
k) al servizio di reperibilità e pronto soccorso veterinario per animali di affezione feriti o incidentati, anche in convenzione con l’Università degli Studi di Perugia;
l) all’erogazione delle prestazioni di primo e di secondo livello di cui all’articolo 219
quinquies;
m) alla collaborazione nella redazione e nell’attuazione del Piano e del programma di cui all’articolo 211;
m bis) all’irrogazione delle sanzioni amministrative di cui all’articolo 219 septies.
2. Le funzioni e le attività di cui al presente articolo sono svolte da apposita unità organizzativa delle aziende unità sanitarie locali.
 

Art. 211 Piano degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione e programma annuale.
(Testo dell’articolo 211 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. La Giunta regionale, sentite le aziende unità sanitarie locali, adotta il piano degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione, di seguito denominato piano.
2. Il piano stabilisce, in particolare:
a) i criteri per gli interventi di costruzione, risanamento e corretta gestione dei canili sanitari e dei canili rifugio;
b) le iniziative di informazione, sensibilizzazione ed educazione, da svolgere anche in ambito scolastico, al fine di promuovere una maggiore consapevolezza del rapporto fra uomo, animali e ambiente;
c) i corsi di aggiornamento sul benessere degli animali rivolti ai medici veterinari, al personale di vigilanza delle aziende unità sanitarie locali e alle guardie zoofile;
d) la determinazione delle tariffe per le prestazioni previste dal presente Capo.
3. Il piano è approvato dall’Assemblea legislativa ed ha validità triennale.
4. La Giunta regionale, in attuazione del piano, entro il 30 aprile di ogni anno adotta il programma annuale degli interventi di prevenzione del randagismo degli animali di affezione, di seguito denominato programma, elaborato in collaborazione con le aziende unità sanitarie locali, sentiti gli Ordini Provinciali dei Medici Veterinari e le associazioni di volontariato iscritte all’Elenco di cui all’articolo 212
 

Art. 212 Elenco delle associazioni di volontariato per la protezione degli animali.
(Testo dell’articolo 212 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Presso la struttura regionale competente in materia di Sanità veterinaria è istituto l’Elenco delle associazioni di volontariato per la protezione degli animali, di seguito denominato elenco.
2. La struttura di cui al comma 1 è preposta alla tenuta dell'elenco, nel quale possono essere inserite, su apposita richiesta, tutte le associazioni di volontariato, ferma restando la possibilità di iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato di cui all’articolo 371.
3. Con apposito atto della Giunta regionale sono disciplinate le modalità di tenuta dell’elenco nonché i criteri per l’inserimento nello stesso delle associazioni di volontariato di cui al comma 1.
 

Art. 213 Interventi Assistiti con gli Animali - IAA.
(Testo dell’articolo 213 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. La Regione, nel rispetto della normativa e delle disposizioni vigenti, promuove la conoscenza e l’utilizzo degli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA), a valenza terapeutica, riabilitativa, educativa e ludico-ricreativa, nei seguenti ambiti di intervento: Terapia Assistita con gli Animali (TAA), Educazione Assistita con gli Animali (EAA) e Attività Assistita con gli Animali (AAA).
2. La Giunta regionale, con proprio atto, provvede ad attuare quanto previsto al comma 1.
 

Art. 214 Responsabilità e doveri del proprietario e del detentore
(Testo dell’articolo 214 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 18 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Chiunque sia proprietario o detentore di un animale di affezione è responsabile della sua salute e del suo benessere e deve provvedere alla sua idonea sistemazione, fornendogli adeguate cure e attenzioni, tenuto conto dei bisogni fisiologici ed etologici con riguardo alla specie, alla razza, all’età e al sesso.
2. Il proprietario e il detentore, fermi restando i divieti previsti dalla normativa vigente in materia, non possono:
a) detenere animali che non si possono adattare alla cattività;
b) detenere animali in numero o in condizioni tali da causare problemi di natura igienica o sanitaria ovvero da recare pregiudizio al benessere degli animali stessi;
c) usare animali come premio o regalo per giochi, feste, sagre, lotterie, sottoscrizioni o altre attività;
d) organizzare spettacoli, gare e rappresentazioni pubbliche o private che comportano maltrattamenti per gli animali;
e) utilizzare animali nella pratica dell’accattonaggio;
f) utilizzare animali di età inferiore a quattro mesi nelle mostre, nelle fiere espositive e nelle altre manifestazioni espositive;
g) esporre gli animali nei negozi a fini di vendita;
h) vendere o cedere cani non identificati e registrati, nonché cani di età inferiore ai sessanta giorni, fatti salvi i casi in cui i cuccioli devono essere allontanati dalla madre per motivi sanitari certificati da un medico veterinario del servizio veterinario o da un medico veterinario libero-professionista autorizzato ad accedere all’anagrafe regionale informatizzata degli animali di affezione;
i) utilizzare a scopo di sperimentazione gli animali di affezione che vivono in libertà o abbandonati;
j) selezionare, incrociare e addestrare cani per esaltarne l’aggressività;
k) abbandonare gli animali di affezione e lasciare gli stessi all’interno di un ’abitazione senza alcuna vigilanza o forma di custodia e accudimento giornaliero adeguato a garantirne il benessere psico-fisico;
l) lasciare gli animali di affezione liberi o incustoditi.
3. Il proprietario e il detentore, ai fini della riproduzione di un animale di affezione, devono tenere conto delle caratteristiche fisiologiche e comportamentali del proprio animale tutelandone la salute e il benessere.
4. Il proprietario e il detentore devono denunciare le cucciolate al servizio veterinario entro venti giorni dall’evento, anche al fine di consentire il monitoraggio del successivo collocamento delle stesse.
 

Capo V
(Rubrica del Capo V della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, soppressa dall’articolo 19 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
Art. 215 Furto, smarrimento e ritrovamento di animali di affezione.
(Testo dell’articolo 215 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 19 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Il proprietario o il detentore dell’animale di affezione, ferme le disposizioni di cui all’articolo 219, comma 7, deve comunicare, entro tre giorni, l’eventuale furto o smarrimento dell’animale al servizio veterinario. La comunicazione deve specificare i dati del proprietario o del detentore, i dati identificativi dell’animale, il luogo e il giorno della scomparsa e qualsiasi altro elemento utile al ritrovamento dell’animale stesso. In caso di furto, alla comunicazione deve essere altresì allegata copia della relativa denuncia presentata all’autorità competente.
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 189, comma 9 bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), chiunque trovi un animale ferito o lo ferisca involontariamente è tenuto a prestargli soccorso o a provvedere affinché gli venga prestato soccorso.
3. Chiunque rinvenga uno o più cani vaganti sul territorio regionale è tenuto a comunicarne la presenza entro quarantotto ore dal rinvenimento, al comune o al servizio veterinario, fornendo le indicazioni necessarie al prelevamento. Il servizio veterinario provvede alla cattura dei cani vaganti rinvenuti.
 

Art. 216 Soppressione eutanasica
(Testo dell’articolo 216 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 19 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. La soppressione degli animali di affezione deve essere effettuata da medici veterinari esclusivamente con metodi incruenti che non arrechino sofferenza all’animale, preceduta da analgesia ed anestesia profonda, su animali affetti da una malattia inguaribile senza possibilità di miglioramento con alcuna terapia chirurgica o farmacologia. Lo stato di sofferenza dell’animale deve essere documentato da indagini cliniche complete di certificazione medico veterinaria. Tale documentazione, corredata da dichiarazione di avvenuta soppressione, deve essere conservata dal proprietario o dal detentore e dal medico veterinario per almeno due anni dalla data della soppressione. Il medico veterinario deve comunque evitare ogni forma di accanimento terapeutico.
2. La soppressione eutanasica deve essere riportata nel registro degli animali soppressi, tenuto dal servizio veterinario, con l’indicazione della diagnosi e del motivo della soppressione.
3. Qualora la soppressione eutanasica è effettuata da medici veterinari liberi professionisti, gli stessi sono tenuti a trasmettere copia della documentazione di cui al comma 1 al servizio veterinario.
4. Fermo quanto previsto dalle disposizioni penali vigenti, è vietata la soppressione volontaria di animali d’affezione sani o affetti da malattie curabili di cui si è proprietari o detentori.
 

Art. 217 Trasporto di animali
(Testo dell’articolo 217 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 19 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Il trasporto degli animali di affezione, fermo restando il rispetto delle disposizioni normative vigenti, deve avvenire in modo adeguato alla specie e deve essere evitata ogni condizione che possa esporre i soggetti trasportati a lesioni o sofferenze. I mezzi di trasporto devono avere caratteristiche tali da proteggere gli animali da intemperie o lesioni e consentire altresì l’ispezione e la cura degli stessi. La ventilazione e la cubatura d’aria devono essere adeguate alle condizioni di trasporto ed alle specie animali trasportate.
2. E’ consentito il trasporto di animali d’affezione sui mezzi di trasporto pubblici all’interno di idonei trasportini. I cani senza trasportino devono essere condotti al guinzaglio e con la museruola al seguito.
 

Art. 218 Detenzione degli animali di affezione.
(Testo dell’articolo 218 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 19 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Nel caso di detenzione personale a scopo amatoriale con finalità non economiche, i cani che vivono in civili abitazioni non devono essere confinati permanentemente in locali o terrazze, né mantenuti in condizioni d’isolamento.
2. Le strutture adibite alla detenzione dei cani per finalità ludico sportive devono essere costruite tenendo conto delle caratteristiche e dei bisogni dell’animale e sottoposte alle autorizzazioni ai sensi della normativa vigente. I recinti e i box devono essere confortevoli e mantenuti in buone condizioni igienico-sanitarie.
3. Le strutture adibite alla detenzione degli animali di affezione per finalità economiche devono essere costruite tenendo conto delle caratteristiche etologiche specie specifiche e dei bisogni dell'animale e sottoposte alle autorizzazioni ai sensi della normativa vigente. I recinti e i box devono essere mantenuti in buone condizioni igienico-sanitarie. La detenzione in gabbie deve essere limitata e legata a particolari esigenze eccezionali.
4. La Giunta regionale, con proprio atto, per la detenzione degli animali di affezione, stabilisce i requisiti dei recinti, dei box e delle gabbie e le modalità di detenzione degli animali ivi ospitati.
5. E’ vietata la detenzione dei cani alla catena.
 

Art. 219 Identificazione e registrazione all’anagrafe regionale degli animali di affezione.
(Testo dell’articolo 219 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 19 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Il proprietario di un cane è tenuto a registrarlo all’anagrafe regionale informatizzata, collocata nel Sistema Informativo Veterinario ed Alimenti (SIVA) e connessa con l’Anagrafe nazionale, entro sessanta giorni di vita dell’animale o entro dieci giorni dal possesso nel caso di animale non registrato. In ogni caso è obbligatoria la registrazione prima della cessione, effettuata a qualunque titolo.
2. Il cane è identificato mediante inserimento sottocutaneo nella regione del collo, dietro il padiglione auricolare sinistro, di un microchip conforme alle norme ISO.
3. L’applicazione del microchip deve essere effettuata esclusivamente dal servizio veterinario o da medici veterinari liberi professionisti, anche non operanti presso una struttura veterinaria, autorizzati ad accedere all’anagrafe di cui al comma 1, secondo le modalità stabilite dalla Giunta regionale, con proprio atto. Con il medesimo atto sono inoltre stabilite le modalità per l’attuazione delle altre disposizioni previste dal presente articolo.
4. I veterinari che provvedono all’applicazione del microchip devono contestualmente effettuare la registrazione del cane identificato, nell’anagrafe regionale. Il certificato di iscrizione deve accompagnare il cane in tutti i trasferimenti di proprietà.
5. I medici veterinari di cui al comma 3 devono in ogni caso verificare la presenza del microchip identificativo del cane. Nel caso di mancanza o di illeggibilità dello stesso, il proprietario o il detentore devono essere informati degli obblighi di legge e il medico veterinario libero professionista autorizzato ne deve dare comunicazione al servizio veterinario. L’omessa comunicazione al servizio veterinario comporta la revoca dell’autorizzazione di cui al comma 3.
6. I comuni, nel caso di cani randagi rinvenuti sul proprio territorio, provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo tramite il servizio veterinario.
7. Il proprietario o il detentore del cane registrato all’anagrafe regionale deve comunicare al servizio veterinario:
a) lo smarrimento del cane, nei termini e con le modalità di cui all’articolo 215, comma 1;
b) il furto del cane, nei termini e con le modalità di cui all’articolo 215, comma 1;
c) la cessione del cane a titolo oneroso o gratuito, comunicando contestualmente le generalità e l’indirizzo del nuovo proprietario, entro dieci giorni;
d) la morte del cane, entro dieci giorni;
e) la variazione di residenza, entro dieci giorni.
8. Il proprietario di gatti può provvedere, secondo quanto previsto al comma 3, alla identificazione degli stessi, mediante inoculazione sottocutanea di un microchip conforme alle norme ISO e contestuale registrazione all’anagrafe regionale.
9. L’identificazione e iscrizione nell’anagrafe regionale di un gatto, ai sensi dell’Accordo del 24 gennaio 2013 tra il Governo, le regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane in materia di identificazione e registrazione degli animali da affezione, è obbligatoria nel caso di vendita o cessione dell’animale.
10. Il servizio veterinario o il medico veterinario libero professionista autorizzato, effettuati gli adempimenti di cui al presente articolo, rilascia al proprietario il documento di identità dell’animale, conforme alle indicazioni per il modello di identificazione e registrazione del cane e del gatto ai sensi dell’Accordo di cui al comma 9, che attesta anche l’avvenuta iscrizione all’anagrafe regionale e gli interventi di profilassi e sanità veterinaria.
11. Salvo quanto previsto all’articolo 219 quinquies, comma 5, al proprietario del cane o del gatto è addebitato il costo dell’apposizione del microchip. Le persone disabili sono esonerate da tale costo in caso di microchippatura di cani effettuata presso il servizio veterinario.
12. I cani non possono essere intestati a soggetti che non hanno compiuto il diciottesimo anno di età o a persone che abbiano riportato condanne definitive per i reati di cui al Libro II, Titolo IX bis e di cui all’articolo 727 del codice penale.
13. I comuni devono dotare la propria polizia locale di almeno un dispositivo di lettura di microchip conforme alle norme ISO, al fine dell’effettuazione dei controlli di prevenzione del randagismo.
 

Art. 219 bis Controllo del randagismo, affidamento e adozione
(Articolo aggiunto dall’articolo 20 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Il Sindaco è responsabile dei cani vaganti rinvenuti o catturati sul territorio del comune e, dopo il periodo di osservazione nel canile sanitario ovvero qualora non ricorrano le condizioni di cui al comma 2, ha l’obbligo di collocarli presso un canile rifugio o un canile privato convenzionato adibito a canile rifugio. La collocazione presso il canile privato convenzionato può avvenire solo qualora non sia presente un canile rifugio ovvero non sia possibile il ricovero presso quest’ultimo. Il Sindaco è altresì responsabile delle colonie feline di cui all’articolo 219 quater.
2. Fermi i casi di maltrattamento o abbandono previsti dal codice penale, i cani vaganti catturati, laddove identificati, devono essere restituiti al proprietario o al detentore. Le spese di cattura e di custodia sono, in ogni caso, a carico di questi ultimi.
3. I cani randagi catturati sono identificati ai sensi dell’articolo 219 e introdotti nei canili sanitari dove sono effettuate la profilassi e l’assistenza sanitarie. Il servizio veterinario, in alternativa all’immissione nei canili sanitari e previa motivazione, può disporre, in particolare se si tratta di cuccioli, l’affidamento temporaneo del cane stesso al soggetto che lo ha rinvenuto, a privati cittadini che ne facciano richiesta o ad un’associazione di volontariato iscritta nell’elenco di cui all’articolo 212. Gli affidatari devono garantire il buon trattamento dell’animale.
4. Il servizio veterinario provvede all’osservazione, alla profilassi e all’assistenza sanitaria dell’animale affidato temporaneamente, presso il canile sanitario dove l’affidatario si deve impegnare a portarlo, previo accordo con il servizio veterinario, o presso la struttura dell’associazione di volontariato.
5. Qualora i cani randagi di cui al comma 3 non siano reclamati entro il termine di sessanta giorni dalla cattura o dal rinvenimento, e venga accertato il buon trattamento, l’affidamento temporaneo diventa definitivo.
6. I cani vengono sterilizzati prima dell’affidamento definitivo o del loro trasferimento nei canili rifugio o nei canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio.
7. Fermo quanto previsto dalla normativa statale vigente, i cani, ivi compresi quelli vaganti, randagi e quelli ospitati presso i canili di cui all’articolo 219 ter, e i gatti, ivi compresi quelli vaganti, liberi, di colonia e quelli ospitati presso le oasi feline, non possono essere destinati alla sperimentazione, né soppressi salvo quanto previsto dall’articolo 216.
8. Al fine di favorire e promuovere l’adozione di cani, i canili rifugio e i canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio devono consentire l’accesso alle associazioni di volontariato, secondo procedure concordate tra i Comuni, i gestori dei canili e le associazioni medesime, e devono prevedere giornalmente regolari orari di apertura al pubblico delle strutture non inferiori alle due ore al giorno, per consentire un agevole accesso ai soggetti interessati.
9. Allo scopo di garantire il benessere dei cani, sia in caso di affidamento che di adozione di norma non possono essere consegnati più di due animali nel periodo temporale di un anno per ciascun richiedente. Tale limite non si applica nel caso di associazioni di volontariato iscritte nel Registro di cui all’articolo 371.
10. Il richiedente, sia ai fini dell’affidamento che dell’adozione, deve possedere la maggiore età, garantire il buon trattamento dell’animale ed inoltre deve sottoscrivere apposita richiesta di affidamento o adozione contenente, tra l’altro, l’impegno ad acconsentire al controllo, da parte del servizio veterinario, sull’animale affidato. Il richiedente inoltre, sia nel caso di privati che di associazioni di volontariato, deve essere l’affidatario effettivo dell’animale. Di norma non sono ammesse deleghe, neanche per il tramite delle associazioni di volontariato medesime. Le deleghe non sono comunque consentite se non viene garantita da parte del richiedente la tracciabilità dell’animale affidato.
11. Il servizio veterinario, anche in collaborazione con le associazioni di volontariato, sia in caso di affidamento che di adozione, provvede ad effettuare i necessari controlli pre e post affido, eseguiti a campione, sull’animale affidato o adottato.
12. E’ vietato l’affidamento o l’adozione di cani, gatti e altri animali d’affezione a chi ha riportato condanne definitive per maltrattamento, uccisione di animali o provvedimento di sequestro e/o confisca di animali da parte dell’autorità competente.
 

Art. 219 ter Canili
(Articolo aggiunto dall’articolo 20 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. L’accoglienza dei cani, ai fini della lotta al randagismo, si effettua nelle seguenti strutture, che devono essere sottoposte alle autorizzazioni ai sensi della normativa vigente e devono garantire il mantenimento nel tempo dei requisiti previsti e degli standard di benessere animale:
a) canili sanitari e canili rifugio, gestiti dai comuni singoli o associati direttamente o mediante la stipula di apposite convenzioni con le associazioni di volontariato iscritte al Registro di cui all’art. 371 o con i soggetti privati di cui all’articolo 209, comma 1, lettera d);
b) canili privati convenzionati con comuni singoli o associati.
2. I canili di cui al comma 1 devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) idonea distanza da abitazioni e centri abitati;
b) approvvigionamento idrico;
c) scarichi conformi alla normativa vigente;
d) ricoveri individuali o per più animali, costituiti almeno da una zona riparata, facilmente lavabile e disinfettabile;
e) un locale adibito allo stoccaggio e alla preparazione dei mangimi, nonché spogliatoi, docce e servizi igienici per il personale adibito alla cura degli animali, nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
f) apertura al pubblico per le adozioni secondo quanto previsto dall’articolo 219 bis, comma 8.
3. I canili sanitari ed i canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario devono inoltre possedere i seguenti locali:
a) un ambulatorio per primi interventi di pronto soccorso e per la profilassi sanitaria;
b) un locale per l’isolamento ed il controllo di eventuali malattie infettive;
c) un reparto riservato esclusivamente alla custodia dei cani soggetti ad osservazione sanitaria;
d) un reparto adibito esclusivamente ai cani in custodia temporanea;
e) un reparto riservato esclusivamente alla custodia dei cuccioli e delle femmine in allattamento.
4. I canili rifugio e i canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio devono garantire la quotidiana assistenza di un medico veterinario libero professionista in qualità di direttore sanitario e, all’occorrenza, di un medico veterinario esperto in medicina comportamentale.
5. Il controllo, la profilassi e l’assistenza sanitaria nei canili sanitari e nei canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario sono assicurati dal servizio veterinario.
6. I canili sanitari e i canili privati convenzionati adibiti a canile sanitario devono essere, fisicamente e funzionalmente, separati dalle altre strutture dove vengono detenuti i cani.
7. Nei canili rifugio e nei canili privati convenzionati adibiti a canile rifugio possono essere tenuti in custodia, a pagamento, animali di affezione di privati.
8. Le strutture di cui al comma 1 devono registrare su supporto informatico, gli ingressi, le uscite e i decessi degli animali attraverso l’utilizzo del SIVA.
9. La Giunta regionale, con proprio atto, stabilisce i requisiti strutturali, tecnici e gestionali delle strutture di cui al comma 1, nonché le modalità e i tempi di adeguamento per quelle non in possesso dei requisiti medesimi.
 

Art. 219 quater Colonie e oasi feline
(Articolo aggiunto dall’articolo 20 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. La Regione promuove la tutela dei gatti che vivono in libertà favorendone il mantenimento nel loro habitat naturale. Il servizio veterinario può provvedere al ricovero temporaneo dei gatti solamente per motivi di cura, anche a seguito di intervento di soccorso o di recupero per malattie debilitanti o per decorso post-operatorio.
2. Il comune tutela i gatti presenti sul territorio di propria competenza e, previo parere del servizio veterinario, ne dispone il trasferimento in luoghi ritenuti più idonei e di maggior garanzia in termini di sopravvivenza e benessere.
3. Il comune, in collaborazione con il servizio veterinario, provvede a censire le colonie feline.
4. I gatti della colonia felina sono identificati, sterilizzati e curati dal servizio veterinario che, salvo quanto previsto al comma 6 ovvero salva la necessità di ricoverarli nei gattili sanitari per i motivi di cui al comma 1, li ricolloca nel territorio o nel gruppo cui appartengono.
5. I soggetti privati e le associazioni di volontariato iscritte all’elenco di cui all’articolo 212 possono gestire a proprie spese le colonie feline, previo accordo con il comune e con il servizio veterinario, al fine di curare la salute e le condizioni di benessere dei gatti.
6. Il comune, d’intesa con il servizio veterinario, può disporre l’allontanamento dei gatti dalla colonia felina ove si renda necessario per la loro tutela o per gravi motivazioni sanitarie, trasferendoli nelle oasi feline o individuando altra idonea collocazione.
7. Le oasi feline, gestite dai comuni singoli o associati direttamente o mediante convenzioni con le associazioni di volontariato iscritte al Registro di cui all’articolo 371 o con i soggetti privati di cui all’articolo 209, comma 1, lettera d), devono essere adeguate alle esigenze etologiche e fisiologiche dei gatti ospitati e devono consentire, al fine di agevolare e promuovere le adozioni, l’ingresso al pubblico e il libero accesso alle associazioni di volontariato secondo procedure concordate tra i Comuni, i gestori delle oasi e le associazioni medesime. Nelle oasi feline sono assicurati ricovero, custodia, identificazione, sterilizzazione, mantenimento e assistenza sanitaria dei gatti ospitati.
 

Art. 219 quater bis (Convenzioni con le associazioni di volontariato)
(Articolo aggiunto dall’articolo 20 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Le convenzioni con le associazioni di volontariato di cui all’art. 219 ter, comma 1, lettera a) e 219 quater, comma 7, sono predisposte nel rispetto della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato) e delle linee guida emanate, al riguardo, dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).
 

Art. 219 quinquies (Medicina veterinaria)
(Articolo aggiunto dall’articolo 20 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Gli interventi di medicina veterinaria erogati agli animali di affezione consistono in prestazioni di primo livello e di secondo livello.
2. Le prestazioni di primo livello, erogate dal servizio veterinario o da medici veterinari liberi professionisti consistono, in particolare, nei seguenti interventi:
a) inoculazione del microchip e iscrizione nell’anagrafe regionale;
b) profilassi vaccinale;
c) profilassi e cura di endo ed ectoparassitosi;
d) profilassi e cura di malattie zoonotiche;
e) prevenzione e controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione;
f) interventi clinici e chirurgici di base e di primo soccorso.
3. Le prestazioni di secondo livello consistono in interventi complessi, anche urgenti, e sono erogate, previa stipulazione di protocollo d’intesa con la Regione, dall’Ospedale Veterinario Universitario Didattico dell’Università degli Studi di Perugia o da strutture private autorizzate per lo svolgimento di tali attività.
4. Il servizio veterinario organizza servizi di pronto intervento, notturno e festivo, per garantire l’erogazione delle prestazioni veterinarie nei confronti di cani e gatti vaganti. Le spese per le prestazioni erogate a cani o gatti riconducibili ad un proprietario o ad un detentore sono, in ogni caso, a carico di questi ultimi.
5. La Regione promuove, d’intesa con gli Ordini Provinciali dei Medici Veterinari, l’attuazione di campagne straordinarie finalizzate all’erogazione di prestazioni veterinarie gratuite, con particolare riferimento alle microchippature e alle sterilizzazioni, ai cani di proprietà di soggetti in situazione di svantaggio economico e di persone disabili, e ai cani e gatti impiegati negli IAA.
6. Nell’ambito di ciascuna azienda unità sanitaria locale deve essere sempre assicurata la presenza di un canile sanitario dotato di un ambulatorio veterinario in grado di erogare le prestazioni di primo livello di cui al comma 2.
 

Art. 219 sexies (Cani morsicatori e a rischio di aggressività)
(Articolo aggiunto dall’articolo 20 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Fermo quanto stabilito dagli articoli 86 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria), a seguito di morsicatura o aggressione il servizio veterinario attiva un percorso mirato all’accertamento delle condizioni psicofisiche dell’animale e della corretta gestione da parte del proprietario.
2. I medici veterinari liberi professionisti informano i proprietari di cani in merito alla disponibilità di percorsi formativi e, nell’interesse della salute pubblica, segnalano al servizio veterinario la presenza, tra i loro assistiti, di cani che richiedono una valutazione comportamentale, in quanto impegnativi per la corretta gestione ai fini della tutela dell’incolumità pubblica.
3. Il servizio veterinario in caso di rilevazione di rischio elevato per l’incolumità pubblica e degli altri animali, stabilisce le misure di prevenzione e la necessità di una valutazione comportamentale e di un eventuale trattamento da parte di medici veterinari esperti in comportamento animale con spese a carico del proprietario.
4. Il servizio veterinario tiene un registro aggiornato dei cani valutati a rischio di aggressività ai sensi del comma 3.
5. I proprietari dei cani inseriti nel registro di cui al comma 4 devono stipulare una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni contro terzi causati dal proprio cane, ed inoltre devono applicare agli stessi guinzaglio e museruola quando si trovano in aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico.
6. Qualora, al termine del trattamento comportamentale, il servizio veterinario accerti l’incapacità di gestione del cane da parte del proprietario, il comune provvede al sequestro ed alla confisca del cane.
7. Il proprietario può rinunciare alla custodia del cane valutato a rischio elevato. Lo stesso deve sostenere le spese di mantenimento e del trattamento comportamentale, fino all’eventuale cambiamento di proprietà.
8. Qualora un cane venga valutato come irrecuperabile, lo stesso può essere mantenuto, a spese del proprietario, presso un’associazione iscritta all’elenco di cui all’articolo 212 ovvero ceduto all’associazione medesima.
 

Art. 219 septies (Sanzioni)
(Testo dell’articolo 219 septies, aggiunto dall’articolo 20 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, poi integrato dall’articolo 6 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 18 con l’aggiunta del comma 1 bis.)
1. Fatte salve le ipotesi di responsabilità penale, ai contravventori del presente Capo, si applicano le seguenti sanzioni:
a) da euro 150,00 a euro 900,00per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 214, comma 2, lettere a), b), c), e), f), g), h) e l) e 4 e 218, comma 5;
b) da euro 3.000,00 a euro 18.000,00per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 214, comma 2, lettere i) e j), e 219 bis, comma 7;
c) da euro 25,00 a euro 150,00 per ogni animale, per chi viola la disposizioni di cui all’articolo 217, commi 1 e 2;
d) da euro 50,00 a euro 300,00 per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 216, commi 1, 2 e 3 e 219, comma 7;
e) da euro 100,00 a euro 600,00 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 219, comma 1 e 219 sexies, comma 5;
f) da euro 250,00 a euro 1.300,00per chi viola le disposizioni di cui agli articoli 218, commi 2 e 3 e 219 ter, comma 1;
g) da euro 1.000,00 a euro 6.000,00 per chi viola le disposizioni di cui all’articolo 216, comma 4.
1-bis. All’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 1 provvede l’azienda unità sanitaria locale nel cui territorio sono state rilevate le violazioni, con le modalità di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).
2. I proventi delle sanzioni amministrative di cui al presente articolo sono acquisiti al bilancio regionale con vincolo di destinazione per gli interventi previsti nel presente Capo.
 

Capo VI Divieto di detenzione e utilizzazione di esche avvelenate
Art. 220 Disposizioni generali.
1. È fatto divieto, ai fini della tutela della salute umana, dell'igiene pubblica e dell'ambiente, fatte salve le disposizioni di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), di preparare, detenere, utilizzare ed abbandonare esche o bocconi avvelenati contenenti sostanze velenose o nocive.
2. Il divieto si applica a qualsiasi sostanza ingeribile preparata idonea a causare intossicazioni, lesioni o comunque sofferenze all'animale che la ingerisce, ad esclusione delle attività di derattizzazione di cui all'articolo 221.
 

Art. 221 Derattizzazione.
1. Le attività di derattizzazione possono essere praticate esclusivamente con prodotti a ciò specificamente destinati ed utilizzati tal quali, nel rispetto comunque delle prescrizioni fornite dal produttore.
2. Le attività di derattizzazione riguardanti locali, fabbricati, abitazioni, depositi, opifici e cantieri di lavoro, sono subordinate a comunicazione al Comune e all'Azienda USL da parte dei proprietari o degli altri aventi diritto almeno 15 giorni prima. Nella comunicazione devono essere indicate durata del trattamento, sostanze o principi attivi utilizzati nonché le aree interessate.
3. Al di fuori dei luoghi di cui al comma 2, previo parere dell'Azienda USL, il Comune può autorizzare eventuali interventi di derattizzazione indicando nell'atto di autorizzazione la durata del trattamento e la sostanza da utilizzare. Le aree interessate da tali attività sono segnalate con apposita tabellazione contenente l'indicazione della presenza del ratticida e gli elementi identificativi del responsabile del trattamento.
4. I Comuni sono tenuti alla costituzione e alla custodia di un registro dei trattamenti di derattizzazione in corso sul territorio comunale, sia da parte di enti pubblici che di privati. I soggetti responsabili dei trattamenti comunicano preventivamente al Comune i tempi del trattamento e il principio attivo utilizzato, usando la scheda apposita.
 

Art. 222 Sanzioni amministrative.
(Testo dell’articolo 222 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così integrato dall’articolo 21 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con l’aggiunta del comma 3 bis)
1. Fatta salva l'applicazione delle diverse sanzioni previste dalla normativa vigente, chiunque violi le disposizioni di cui agli articoli 220 e 221 è soggetto ad una sanzione amministrativa da euro 103,00 ad euro 620,00. Si applicano nei confronti degli autori della violazione il sequestro e la confisca previsti dagli articoli 13, 18 e 20 della legge 689/1981.
2. In caso di violazione delle disposizioni di cui all'articolo 220 da parte di soggetti titolari di autorizzazioni, licenze o concessioni regionali o provinciali inerenti attività faunistiche, agro-silvo- pastorali o di raccolta di prodotti spontanei del bosco, è prevista la sanzione accessoria della sospensione per un anno dell'autorizzazione, delle stesse; la reiterazione degli atti vietati dall'articolo 220 dà luogo alla revoca dell'autorizzazione, del tesserino, della licenza o della concessione. Le sanzioni accessorie previste al presente articolo sono obbligatorie.
3. Qualora il responsabile delle violazioni delle disposizioni di cui all'art. 220 rivesta la qualifica di guardia giurata volontaria di cui all'articolo 35 della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14, (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) o di guardia ecologica volontaria di cui all'art. 7 della legge regionale 22 febbraio 1994, n. 4, (Istituzione del Servizio volontario di vigilanza ecologica), la sanzione amministrativa pecuniaria viene raddoppiata ed è prevista la revoca definitiva del decreto o della nomina di guardia particolare giurata o di guardia volontaria.
4. bis. Iproventi delle sanzioni amministrative di cui ai commi 1 e 3 sono acquisiti al bilancio regionale con vincolo di destinazione per gli interventi previsti nel presente Capo.
 

Art. 223 Applicazione delle sanzioni amministrative.
(Testo dell’articolo 223 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 22 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole ai commi 1 e 2)
1. All'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede il comune nel cui territorio sono avvenute le violazioni, con le modalità di cui alla legge 689/1981.
2. Al fine dell'applicazione delle sanzioni accessorie di cui all'articolo 222, commi 2 e 3, il comune trasmette copia dell'ordinanza-ingiunzione all'ente o all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione, il tesserino, la licenza, la concessione o che ha emanato l'atto di nomina, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine per proporre opposizione all'ordinanza- ingiunzione o, se questa è proposta, dal passaggio in giudicato della sentenza che decide sull'opposizione stessa. L'ente o l'autorità provvedono, nei successivi sessanta giorni, alla sospensione o alla revoca dei relativi provvedimenti.
 

Art. 224 Compiti del Sindaco e bonifica delle aree.
(Testo dell’articolo 224 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 23 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la soppressione di alcune parole ai commi 2 e 3)
1. Il sindaco, a seguito di accertamenti di violazioni del divieto di cui all'articolo 220 effettuati dagli organi di vigilanza competenti, ovvero sulla base delle denunce o delle segnalazioni degli interessati o dei medici veterinari, ai sensi dell'articolo 225 dà immediate disposizioni per l'apertura di un'indagine da effettuare in collaborazione con le altre Autorità competenti adottando, se necessario, i primi provvedimenti urgenti finalizzati alla prevenzione dell'avvelenamento di ulteriori animali e alla tutela della salute pubblica e dell'ambiente, ai sensi dell'art. 50 del d.lgs. 267/2000.
2. Il sindaco provvede, altresì, ad attivare, qualora i risultati delle analisi eseguite dai laboratori dell'Istituto zooprofilattico sperimentale per l'Umbria e le Marche o da altri istituti competenti, confermino la violazione di cui all'art. 220, in collaborazione con l'Azienda Unità Sanitaria Locale territorialmente competente, tutte le iniziative necessarie alla bonifica dell'area interessata.
3. Il sindaco, entro 48 ore dall'accertamento della violazione dell'art. 220, provvede, in particolare, ad individuare le modalità di bonifica del terreno e del luogo interessato dall'avvelenamento, a delimitare l'area perimetrale o dei punti di accesso prevedendone la segnalazione con apposita cartellonistica, nonché ad intensificare i controlli da parte delle Autorità preposte. A tali attività, sotto il coordinamento della polizia comunale, possono collaborare le guardie giurate volontarie di cui all'articolo 35 della legge regionale 14/1994, le guardie ecologiche volontarie di cui all'art. 7 della legge regionale 4/1994, nonché i proprietari o conduttori dei fondi interessati.
4. Le attività di bonifica e di delimitazione delle aree o degli accessi non devono comunque comportare l'interruzione delle attività faunistiche, agro-silvo-pastorali e di raccolta dei prodotti spontanei del bosco.
 

Art. 225 Compiti del medico veterinario.
(Testo dell’articolo 225 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 24 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione del comma 1)
1. Il medico veterinario che, sulla base di una sintomatologia conclamata, emette diagnosi di sospetto avvelenamento di un esemplare di specie animale domestica o selvatica, ne dà immediata comunicazione al sindaco e al servizio veterinario territorialmente competente.
2. Il medico veterinario, nei casi di cui al comma 1, o direttamente o tramite l'Azienda USL, dovrà altresì inviare l'animale o qualsiasi campione utile per l'identificazione dell'eventuale veleno, alla struttura indicata all'articolo 226, secondo le modalità in questo stabilite.
3. L'inosservanza degli obblighi di cui alla presente disposizione comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa da euro 26,00 a euro 103,00. In caso di recidiva il Comune invia gli atti all'Ordine dei Medici Veterinari competente per l'accertamento di eventuali illeciti disciplinari.
 

Art. 226 Analisi di laboratorio.
(Testo dell’articolo 226 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 25 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la soppressione di alcune parole al comma 2)
1. La Giunta regionale, per le finalità di cui al presente capo, assicura l'attivazione dei laboratori dell'Istituto zooprofilattico sperimentale per l'Umbria e le Marche in grado di esaminare i campioni tissutali e di contenuto gastrico degli animali uccisi o eventuali parti di esche con possibilità di ricerca almeno dei seguenti veleni:
a) Stricnina;
b) Fosfuro di zinco;
c) Organofosforici-carbammati;
d) Metaldeide;
e) Anticoagulanti;
f) Arsenico;
g) Cloralosio;
h) Crimidina;
i) Cianuri;
j) Erbicidi triazinici;
k) Clorati;
l) Paraquat;
m) DNOC;
n) Imidaclopride.
2. Le modalità di accesso a tale servizio da parte dei medici veterinari e delle Aziende Unità Sanitarie Locali, le modalità e i termini delle analisi, gli obblighi di comunicazione alle Aziende Unità Sanitarie Locali ed al Sindaco, la copertura delle spese, comprese quelle di spedizione, nonché le caratteristiche delle schede di cui all'art. 221, comma 4 e all'art. 225, comma 1, sono individuate dalla Giunta regionale con proprio atto.
 

Art. 227 (Competenze dei Comuni)
(Testo dell’articolo 227 della legge regionale 9 agosto 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 26 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. I Comuni mettono in atto tutte le misure necessarie a prevenire e contrastare il fenomeno degli avvelenamenti di animali, nel rispetto di quanto stabilito dalla Giunta regionale con l’atto di cui all’articolo 228, comma 1, lettera a).
 

Art. 228 Competenze della Regione.
(Testo dell’articolo 228 della legge regionale 9 agosto 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 27 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Per le finalità di cui all’articolo 220 la Giunta regionale con proprio atto:
a) stabilisce le misure per prevenire e monitorare il fenomeno degli avvelenamenti di animali, indicando compiti e responsabilità, nonché coordinando i flussi informativi;
b) aggiorna ogni due anni la lista dei prodotti velenosi che a causa del loro uso oltre che per la finalità loro propria, anche per la preparazione di esche o bocconi avvelenati, devono essere sottoposti a regime controllato mediante utilizzazione di appositi registri.
 

Titolo XVII Norme in materia di assistenza farmaceutica
Capo I Corretto uso del farmaco ed assistenza farmaceutica
Art. 229 Finalità.
1. Il presente capo disciplina l'esercizio delle funzioni da parte delle Aziende sanitarie regionali - e della Regione in materia di assistenza farmaceutica e vigilanza sulle farmacie ai fini del corretto uso del farmaco, nei limiti dei principi fissati dalle vigenti leggi statali e con riferimento alle norme sull'organizzazione del Servizio sanitario regionale di cui al presente Testo unico.
2. Con il presente capo inoltre, la Regione dà attuazione agli adempimenti previsti negli articoli 28, 29, 30, 31 e 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, così come integrati decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 «Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE».
 

Art. 230 Protocolli, elenchi e repertori farmaceutici per il corretto uso del farmaco.
1. Le Aziende sanitarie regionali allo scopo di assicurare l'uso corretto dei farmaci, curano la diffusione nelle proprie strutture e tra i medici dipendenti e convenzionati, di protocolli e repertori farmacoterapeutici, che siano predisposti dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
2. Le Aziende sanitarie regionali per l'impiego dei farmaci e del restante materiale sanitario nei presidi ospedalieri ed ambulatoriali a diretta gestione, adottano elenchi e repertori terapeutici predisposti ed aggiornati periodicamente sulla base del prontuario farmaceutico nazionale.
3. È in ogni caso garantito il diritto del medico curante alla piena responsabilità della condotta terapeutica.
 

Art. 231 Informazioni sui farmaci e vigilanza sulla pubblicità.
1. Le Aziende sanitarie regionali curano l'informazione scientifica degli operatori e la educazione sanitaria della popolazione nell'ambito dei programmi e con le modalità previste dall'art. 31, quinto comma della l. 833/1978 e dal decreto legislativo 219/2006.
2. A tale scopo la Giunta predispone appositi programmi che costituiscono parte del Piano formativo di cui alla legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 (Norme sul sistema formativo regionale), nei quali sono comprese le iniziative di qualificazione degli operatori nonché quelle di aggiornamento professionale dei medici, da espletarsi sulla base degli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. 502/1992.
3. In attuazione delle normative emanate in materia dal Ministero della salute e dall'AIFA, la Giunta regionale detta disposizioni per la vigilanza sulle attività di informazione svolte dalle imprese farmaceutiche.
 

Capo II Sulle modalità per l'erogazione dell'assistenza farmaceutica
Art. 232 Diritto all'assistenza e livelli delle prestazioni.
1. I cittadini iscritti negli elenchi degli assistibili formati presso le Aziende USL, hanno diritto ad usufruire dell'assistenza farmaceutica in forma diretta, secondo i livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e senza limitazioni territoriali all'interno della Regione.
2. L'assistenza farmaceutica è erogata nei limiti e secondo le indicazioni fissate dal prontuario farmaceutico nazionale. Salvi gli oneri previsti dalle disposizioni statali e regionali in materia di compartecipazione, l'assistenza è erogata esclusivamente in forma diretta.
 

Art. 233 Farmaci non inclusi nel prontuario farmaceutico.
1. Il Servizio sanitario regionale non può corrispondere alcun rimborso per farmaci non inclusi nel Prontuario farmaceutico nazionale o non erogabili presso i presidi delle Aziende sanitarie regionali.
 

Art. 234 Erogazione dell'assistenza da parte delle farmacie.
1. Le Aziende USL erogano l'assistenza farmaceutica per mezzo delle farmacie pubbliche e private convenzionate con le modalità stabilite negli accordi collettivi nazionali stipulati ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. 502/1992.
2. I rapporti conseguenti sono regolati nelle forme previste dai citati accordi.
3. Le Aziende USL esercitano la vigilanza sulla corretta applicazione della convenzione attraverso la struttura competente, individuata ai sensi dell'articolo 236.
 

Art. 235 nImpiego dei farmaci nelle strutture delle Aziende sanitarie regionali.
1. L'assistenza farmaceutica è garantita inoltre mediante l'impiego diretto dei farmaci nei presidi ospedalieri ed ambulatoriali delle Aziende sanitarie regionali, ai sensi dell'art. 28 della l. 833/1978.
2. Impieghi diretti dei farmaci possono essere previsti anche relativamente a terapie di lunga durata e a programmi farmacoterapeutici inclusi nei progetti del Piano sanitario regionale.
 

Capo III Organizzazione del servizio farmaceutico
Art. 236 Organizzazione del servizio farmaceutico.
1. Ciascuna Azienda sanitaria regionale istituisce un servizio cui viene attribuita la responsabilità organizzativa delle attività concernenti l'assistenza farmaceutica che, inoltre, limitatamente alle Aziende USL, effettua la vigilanza sulle farmacie e sulla corretta applicazione dell'accordo nazionale unico per l'assistenza farmaceutica stipulato ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. 502/1992.
2. A tale servizio viene preposto un farmacista dipendente di livello apicale o di livello immediatamente inferiore.
3. Lo stesso servizio predispone gli ordinativi per l'acquisto dei farmaci da parte dell'Azienda sanitaria regionale.
4. La conservazione dei farmaci nell'ambito dei reparti di ricovero e cura è affidata al personale infermieristico a ciò abilitato ai sensi della vigente legislazione statale sotto la vigilanza del direttore della farmacia interna.
5. Ugualmente si procederà, di norma, negli altri presidi, ferme restando le responsabilità del farmacista o, in mancanza, del medico responsabile del presidio.
 

Art. 237 Norme per le sostanze stupefacenti.
1. All'emissione degli ordinativi per procedere all'acquisto degli stupefacenti e delle altre sostanze ad azione psicotropa, nelle forme di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), provvede il direttore della farmacia interna di ogni singolo presidio sanitario; per i presidi sprovvisti di farmacia interna provvede il direttore di farmacia di altro presidio della stessa Azienda sanitaria regionale individuato dal Direttore generale.
2. Le funzioni relative alla vigilanza sugli acquisti degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope sono di competenza del responsabile del servizio di cui all'art. 236.
 

Art. 238 Controlli di qualità.
1. La Regione promuove intese per mettere a disposizione dell'Istituto superiore di sanità i servizi competenti delle Aziende sanitarie per l'esecuzione di controlli di qualità sui farmaci, sui prodotti galenici e sul restante materiale sanitario, che siano distribuiti presso le farmacie pubbliche e private convenzionate, o che siano impiegati nei presidi a diretta gestione.
 

Capo IV Norme inerenti le farmacie
Art. 239 (Norme inerenti le farmacie)
(Testo dell’articolo 239 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11 sostituito dall’articolo 28 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, poi così sostituito dall’articolo 6 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 18)
1. I comuni, sentiti le aziende unità sanitarie locali e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identificano le zone nelle quali collocare le nuove farmacie.
2. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 1, sono di competenza dei comuni, nel. rispetto della normativa vigente, le funzioni amministrative in materia di:
a) revisione o conferma delle zone esistenti;
b) trasferimento delle farmacie;
c) decentramento delle farmacie;
d) istituzione dei dispensari farmaceutici di cui all’articolo 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221 (Provvidenze a favore dei farmacisti rurali) come modificato dalla legge 8 novembre 1991, n. 362.
3. I comuni trasmettono alla Regione i provvedimenti concernenti le funzioni di cui ai commi 1 e 2.
 

Art. 240 Concorsi per le farmacie private.
1. Il conferimento delle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione che risultino disponibili per l'esercizio privato ha luogo mediante concorso regionale da espletarsi nei tempi e con le modalità previsti dalla normativa vigente.
 

Art. 241 Apertura e chiusura delle farmacie e dispensari farmaceutici.
(Testo dell’articolo 241 della legge regionale 9 aprile 2015 n. 11, così integrato dall’articolo 29 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con l’aggiunta del comma 2 bis)
1. L'autorizzazione all'apertura e all'esercizio delle farmacie nonché l'apertura dei dispensari farmaceutici sono disposte dall'Azienda USL competente per territorio con l'osservanza delle disposizioni vigenti.
2. Compete ugualmente alle Aziende USL il provvedimento di chiusura temporanea delle farmacie, nonché quello di decadenza dell'autorizzazione all'esercizio farmaceutico nei casi previsti dalle leggi vigenti.
3. bis. L’azienda unità sanitaria locale competente per territorio è individuata, ai sensi dell’articolo 112 quater, comma 3, del d.lgs. 219/2006, quale autorità competente al rilascio delle autorizzazioni a fornire medicinali a distanza al pubblico, alle farmacie e agli esercizi commerciali di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
 

Art. 242 Orari di servizio e turni.
1. Le Aziende USL con riferimento al territorio complessivo delle medesime, stabiliscono i turni per il regolare esercizio delle farmacie. A tale scopo la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare adotta un provvedimento che disciplina le modalità di apertura, di chiusura, le festività e le ferie annuali delle farmacie aperte al pubblico.
 

Art. 243 Vigilanza.
1. Le funzioni ispettive, di vigilanza e di controllo sul servizio farmaceutico sono esercitate dalle Aziende USL.
2. La commissione per le ispezioni ordinarie e straordinarie alle farmacie, di cui all'art. 127 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), è composta da:
a) un farmacista dipendente dell'Azienda USL;
b) un medico con rapporto di lavoro a tempo pieno, dipendente dell'Azienda USL;
c) un farmacista prescelto in una terna fornita dall'Ordine dei farmacisti della Provincia in cui ha sede l'Azienda USL.
3. Svolge le funzioni di segretario un collaboratore amministrativo o un assistente amministrativo, dipendente dell'Azienda USL.
4. La commissione è nominata dal Direttore generale dell'Azienda USL, che individua anche il componente incaricato di svolgere le funzioni di Presidente, e dura in carica per 3 anni. Per ogni membro e per il segretario sono nominati i relativi supplenti con gli stessi criteri di nomina dei componenti effettivi.
5. Copia del verbale delle ispezioni effettuate dalla medesima commissione è tempestivamente trasmessa alla struttura competente individuata ai sensi dell'articolo 236 che ha l'obbligo di proporre al Direttore generale o al Sindaco, secondo le specifiche competenze, l'adozione dei provvedimenti necessari ad assicurare il corretto esercizio del servizio farmaceutico.
 

Art. 244 Provvidenze per le farmacie rurali.
1. I provvedimenti relativi alla corresponsione delle indennità dovute ai titolari di farmacie rurali e ai gestori di dispensari farmaceutici, secondo la vigente normativa, statale e regionale, nonché quelli relativi alle determinazioni dell'indennità di avviamento e dell'importo del rilievo degli arredi, provviste e dotazioni di cui all'art. 110 del R.D. 1265/1934, sono adottati dalla Azienda USL territorialmente competente.
 

Art. 245 Interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate.
1. Le Aziende USL erogano una indennità annua lorda per disagiato servizio ai titolari e direttori responsabili di farmacie rurali, ubicate in comuni o frazioni o centri abitati con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, il cui volume d'affari dell'anno precedente, risultante dalle distinte contabili riepilogative mensili di cui al D.P.R. 8 luglio 1998, n. 371 (Regolamento recante norme concernenti l'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private), non superi l'importo complessivo di euro 154.937,00.
2. L'indennità annua lorda per disagiato servizio di cui al comma 1 è erogata nella seguente misura:
a) euro 3.099,00 annui lordi per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume d'affari, risultante dalle distinte contabili riepilogative dell'anno precedente, compreso tra 51.646,00 e 103.291,00 euro;
b) euro 2.066,00 annue lorde per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume d'affari, risultante dalle distinte contabili riepilogative dell'anno precedente, compreso tra 103.291,00 e 129.114,00 euro;
c) euro 1.033,00 annue lorde per i titolari e direttori responsabili di farmacie rurali con volume di affari, risultante dalle distinte contabili riepilogative dell'anno precedente, compreso tra 129.114,00. e 154.937,00 euro.
3. Le indennità di cui al comma 2 sono concesse ferme restando le provvidenze previste dalla legge 8 marzo 1968, n. 221 e dalla legge 5 marzo 1973, n. 40 (Norme interpretative dell'articolo 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, recante provvedimenti a favore dei farmacisti rurali).
4. Gli aspiranti alle indennità previste dal comma 2 devono presentare all'Azienda USL competente per territorio, entro il 30 giugno di ciascun anno, apposita domanda corredata da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e dalla copia del documento di riconoscimento in corso di validità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa Testo A) attestante la residenza del titolare e del direttore responsabile della farmacia rurale. La consistenza della popolazione residente nel comune, frazione e centro abitato in cui è ubicata la farmacia, al 31 dicembre dell'anno precedente, viene richiesta d'ufficio al comune interessato.
5. Le indennità di cui al comma 2 sono erogate dalle Aziende USL nel cui territorio sono ubicate le farmacie rurali interessate, entro il 30 settembre di ciascun anno, previa verifica delle distinte contabili riepilogative pagate alle stesse farmacie nell'anno precedente. Le indennità sono corrisposte unicamente ai titolari e direttori responsabili di farmacie rurali che siano risultate aperte al pubblico per l'intero anno solare cui il volume di affari si riferisce e sono rivalutate annualmente in base al tasso d'inflazione programmato dal Governo.
 

Art. 246 Regolamento dei rapporti finanziari.
1. I rapporti tra le Aziende USL e le farmacie convenzionate, pubbliche e private, sono regolati nelle forme e con le modalità previste dall'accordo nazionale unico di cui all'art. 8, comma 2 del d.lgs. 502/1992.
2. Le Aziende USL della Regione assicurano il servizio di verifica contabile delle distinte secondo le norme della convenzione unica nazionale, e di controllo contabile e tecnico delle ricette mediche.
3. L'Azienda USL può svolgere il servizio di cui al comma 2 attraverso i propri uffici oppure tramite convenzione con un'altra Azienda USL che sia dotata delle strutture necessarie per l'effettuazione di tali servizi.
 

Titolo XVIII Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali
Capo I Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali
Art. 247 Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali.
1. La Regione eroga contributi a favore di mutilati, invalidi di guerra e categorie assimilate finalizzati a favorire la fruizione delle seguenti prestazioni sanitarie:
a) cure climatiche;
b) soggiorni terapeutici;
c) cure termali.
 

Art. 248 Definizioni.
1. Per cure climatiche si intendono quelle per le quali il clima rappresenta un fattore terapeutico atto a prevenire la riacutizzazione o le complicanze dell'infermità, nonché le patologie ad essa connesse, in base alla quale è stata riconosciuta l'invalidità.
2. Per soggiorni terapeutici si intendono quelli che hanno finalità convalescenziale, in località marine, montane, lacustri e collinari, al fine di consolidare i risultati ottenuti con recenti ricoveri o prolungate cure ambulatoriali, ovvero di prevenire aggravamenti di dette infermità cronicizzati e suscettibili di complicanze per le condizioni climatiche sfavorevoli della località di abituale dimora.
3. Per cure termali si intendono quelle che utilizzano acque termali e loro derivati, aventi riconosciuta efficacia terapeutica, per la tutela globale della salute nella fase di prevenzione, terapia e riabilitazione delle patologie per il cui trattamento è assicurata l'erogazione delle cure stesse, a carico del Servizio sanitario nazionale.
 

Art. 249 Prestazioni.
1. Le cure climatiche sono concesse su apposita prescrizione di un medico del Servizio sanitario nazionale.
2. I soggiorni terapeutici sono prescritti nell'àmbito di progetti curativi e riabilitativi redatti dalla Azienda U.S.L. competente, che provvede ad attestare l'idoneità delle modalità e delle strutture individuate per il soggiorno stesso.
3. Le cure climatiche e i soggiorni terapeutici sono concessi in regime di assistenza indiretta e per un periodo massimo di ventuno giorni per anno.
4. Le cure termali sono erogate con le modalità previste dall'articolo 36 della legge 833/1978.
 

Art. 250 Beneficiari.
1. Sono ammessi ai benefici previsti dalla presente legge:
a) i mutilati ed invalidi di guerra, di cui agli articoli 2 e 3 del D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra) e successive modificazioni ed integrazioni e al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 (Definitivo riordinamento delle pensioni di guerra, in attuazione della delega prevista dall'art. 1 della legge 23 settembre 1981, n. 533);
b) coloro che sono in possesso di pensione ascrivibile ad una categoria compresa fra la prima, con o senza assegni di superinvalidità, e l'ottava, di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 915/1978;
c) i mutilati e invalidi per cause di guerra, di cui agli articoli 8 e 9 del D.P.R. n. 915/1978 ed al D.P.R. n. 834/1981;
d) coloro che sono in possesso del verbale di visita della Commissione medica di pensione di guerra, in attesa del decreto di concessione della pensione, dal quale risulti l'attribuzione di una categoria fra quelle indicate alla lettera b) e dal quale risulti che l'infermità è dipendente da causa di servizio o di guerra;
e) i mutilati ed invalidi per servizio, di cui alla legge 26 gennaio 1980, n. 9 (Adeguamento delle pensioni dei mutilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla L. 29 novembre 1977, numero 875, e dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915);
f) i mutilati ed invalidi per servizio ordinario in possesso di pensione privilegiata ascrivibile ad una categoria compresa fra la prima, con o senza assegni di superinvalidità, e l'ottava, di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 915/1978, alla quale si fa riferimento anche per gli invalidi per servizio;
g) coloro che, in attesa di ottenere il decreto di concessione della pensione, sono in possesso del verbale della Commissione medico-ospedaliera che ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio di ferite, lesioni od infermità, attribuendo una delle categorie di pensione di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 915/1978;
h) coloro ai quali è stato riconosciuto l'equo indennizzo per infermità contratta in servizio ascrivibile ad una delle categorie di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 915/1978;
i) gli ex deportati politici nei campi di sterminio nazisti che, ai sensi dell'articolo 1 della legge 18 novembre 1980, n. 791 (Istituzione di un assegno vitalizio a favore degli ex deportati nei campi di sterminio nazista K.Z.), sono equiparati agli invalidi di guerra.
 

Art. 251 Contributi per cure climatiche e soggiorni terapeutici.
1. Agli invalidi ammessi alle cure climatiche ed ai soggiorni terapeutici è concesso, da parte delle Aziende USL, per un periodo non superiore a quello stabilito al comma 3 dell'articolo 249, un contributo giornaliero, comprensivo delle spese di viaggio, di euro 30,99 per ogni giorno di effettiva permanenza nella località di cura.
 

Art. 252 Contributi per cure termali.
1. Agli invalidi ammessi alle cure termali è concesso da parte delle Aziende USL un contributo, comprensivo delle spese di viaggio e residenza, riferito ad un solo ciclo di cure termali per la durata massima di quindici giorni, nella misura di euro 30,99 al giorno.
 

Art. 253 Contributi di accompagnamento.
1. Agli invalidi ammessi alle cure climatiche, ai soggiorni terapeutici ed alle cure termali, di cui agli articoli 251 e 252, per i quali risulta comprovata la assoluta incapacità di provvedere alle normali esigenze della vita quotidiana, è concesso un contributo di accompagnamento nella misura di euro 30,99 al giorno.
 

Art. 254 Provvedimenti di attuazione.
1. La Giunta regionale, con norme regolamentari disciplina le ulteriori modalità ed i termini per la erogazione dei contributi previsti dal presente Capo.
2. La Regione adegua ogni due anni l'importo giornaliero di cui al comma 1, in base agli indici ISTAT.
 

Titolo XIX Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing
Capo I Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing
Art. 255 Finalità.
1. La Regione Umbria, in attuazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 32 e 41 della Costituzione italiana, nel rispetto della normativa statale vigente e dell'ordinamento comunitario, al fine di tutelare l'integrità psico-fisica della persona sul luogo di lavoro, promuove azioni ed iniziative volte a prevenire e contrastare l'insorgenza e la diffusione di fenomeni di molestie morali, persecuzioni e violenze psicologiche sui luoghi di lavoro, di seguito denominate mobbing.
 

Art. 256 Compiti della Regione.
1. Per le finalità di cui all'articolo 255 la Regione promuove, in collaborazione con le parti sociali interessate, con l'Osservatorio regionale sul mobbing di cui all'articolo 261 e con le strutture socio-sanitarie locali, azioni di prevenzione, formazione, informazione, ricerca ed assistenza medico-legale e psicologica.
 

Art. 257 Azioni di formazione.
1. La Regione promuove corsi di formazione professionale sul fenomeno mobbing, rivolti, in particolare, ai seguenti soggetti:
a) operatori dei Servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (Servizio PSAL) e dei Centri di salute mentale;
b) operatori dell'Ispettorato del lavoro;
c) operatori degli Istituti di previdenza;
d) operatori delle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro;
e) operatori degli sportelli anti-mobbing di cui all'articolo 260;
f) responsabili della gestione del personale nel settore pubblico e privato.
 

Art. 258 Azioni di informazione e ricerca.
1. La Regione promuove:
a) l'elaborazione e diffusione di studi e ricerche sul mobbing, anche attraverso l'Osservatorio regionale sul mobbing di cui all'articolo 261 e l'Agenzia umbra ricerche (AUR);
b) la realizzazione di strumenti permanenti di documentazione e informazione;
c) l'attivazione di corsi post-laurea nelle materie oggetto del presente Capo.
 

Art. 259 Azioni di assistenza medico-legale e psicologica.
1. La Regione concede incentivi alla realizzazione di supporti e terapie psicologiche di sostegno e riabilitazione per il lavoratore vittima del mobbing ed i suoi familiari, secondo criteri e modalità da stabiliti con proprio atto dalla Giunta regionale.
 

Art. 260 Sportelli anti-mobbing.
1. La Regione promuove l'istituzione presso gli uffici comunali di cittadinanza di appositi sportelli anti-mobbing con il compito di:
a) fornire una prima consulenza in ordine ai diritti del lavoratore;
b) orientare il lavoratore presso gli uffici della Azienda USL competente;
c) segnalare, con il consenso del lavoratore, i casi di presunto mobbing al Servizio PSAL territorialmente competente.
 

Art. 261 Osservatorio regionale sul mobbing.
1. È istituito l'Osservatorio regionale sul mobbing con sede presso l'Assessorato competente in materia di lavoro.
2. La partecipazione all'Osservatorio è a titolo gratuito. L'Osservatorio è composto da:
a) l'assessore regionale alle politiche attive del lavoro, o suo delegato, che lo presiede;
b) un membro designato dal Comitato regionale di coordinamento per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro di cui all'articolo 7 del d.lgs. 81/2008;
c) il dirigente regionale del Servizio competente della Direzione Salute e Coesione sociale, o suo delegato;
d) un rappresentante designato dalla direzione regionale del lavoro;
e) un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori presenti nella Commissione tripartita ex art. 6 del decreto legislativo 23 Dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59);
f) un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro presenti nella commissione tripartita di cui alla lett. e);
g) la consigliera regionale di parità;
h) un sociologo e uno psicologo individuati dalla Direzione regionale Salute e Coesione sociale, a cura del direttore della stessa;
i) un avvocato esperto di diritto del lavoro, da individuare nell'ambito dell'Ufficio legale della Regione.
3. L'Osservatorio è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale e il suo funzionamento è disciplinato da apposito regolamento interno. Le funzioni di segreteria sono svolte dalla struttura dell'assessorato competente in materia di lavoro.
4. L'Osservatorio svolge i seguenti compiti:
a) formula proposte alla Giunta regionale in ordine alle azioni e interventi di cui al presente Capo;
b) svolge attività di consulenza nei confronti degli organi regionali, nonché degli enti pubblici, delle associazioni ed enti privati e delle aziende sanitarie che adottino progetti o sviluppino iniziative a sostegno delle finalità del presente Capo, in particolare si raccorda con i comitati paritetici sul fenomeno del mobbing o organismi analoghi eventualmente previsti dai contratti collettivi di lavoro;
c) realizza il monitoraggio e le analisi del fenomeno del mobbing, anche avvalendosi degli enti strumentali della Regione;
d) promuove studi, ricerche, campagne di sensibilizzazione e di informazione in raccordo con i soggetti destinatari del presente Capo;
e) promuove protocolli d'intesa e collaborazioni con gli organismi di vigilanza al fine di contrastare il fenomeno del mobbing anche nell'ambito dello svolgimento delle loro attività istituzionali.
 

Art. 262 Attività di controllo.
1. Il Servizio PSAL, sulla base delle segnalazioni ricevute o nell'ambito della sua attività istituzionale, effettua apposite ispezioni nel luogo di lavoro per accertare l'esistenza di azioni di mobbing e l'eventuale stato di malattia del lavoratore.
2. Presso ogni Servizio PSAL è istituito un collegio medico con il compito di confermare lo stato di malattia del lavoratore e di accertare la connessione tra stato di malattia ed azioni di mobbing. La partecipazione al collegio è a titolo gratuito.
3. Il collegio è composto da:
a) un medico specialista in medicina del lavoro del Servizio PSAL;
b) un medico specialista in medicina legale;
f) uno psicologo o uno psichiatra.
 

PARTE II Servizi sociali
Titolo I Sistema integrato di interventi e servizi sociali
Capo I Disciplina per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali
Art. 263 Realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
1. Il presente titolo, in armonia con i principi della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), nonché con i principi del diritto internazionale e del diritto comunitario in materia di diritti sociali della persona, disciplina la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
2. In particolare il presente titolo disciplina l'esercizio della funzione sociale, la programmazione, l'organizzazione e la gestione delle attività e dei servizi sociali nella Regione in zone territoriali adeguate nonché la loro integrazione con le politiche ed il sistema dei servizi sanitari e dei servizi educativi, dell'ambiente, dell'avviamento al lavoro e del reinserimento nelle attività lavorative, dei servizi del tempo libero, dei trasporti e delle comunicazioni e, in genere, tutte le politiche ed i settori di intervento rilevanti per le politiche sociali. Definisce, altresì, gli indirizzi per l'organizzazione del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali, per l'affermazione dei diritti e dei doveri sociali di cittadinanza e della responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una comunità solidale.
3. Il sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali è finalizzato a realizzare una rete di opportunità e di garanzie orientate allo sviluppo umano e al benessere della comunità, al sostegno dei progetti di vita delle persone e delle famiglie, all'esercizio di una cittadinanza attiva.
4. L'ordinamento dei servizi sociali si informa, in via prioritaria, ai seguenti principi:
a) universalità degli interventi diretti alla generalità della popolazione ed omogeneità nel territorio dei livelli essenziali di assistenza sociale di seguito denominati LIVEAS;
b) presa in carico unitaria delle problematiche delle persone e delle famiglie;
c) centralità dell'azione promozionale volta a sviluppare l'autonomia sociale dei singoli e della comunità;
d) preferenza e valorizzazione della scelta della domiciliarità nella risposta ai bisogni e nel rispetto del generale diritto di libera scelta degli utenti;
e) esclusione della monetizzazione dei servizi ove non finalizzata ad una più efficace risposta al bisogno;
f) attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale intesa quale partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni alla funzione sociale, ai sensi dell'articolo 118, comma 4 della Costituzione;
g) valorizzazione e sostegno delle reti sociali primarie, in primo luogo le famiglie, quale ambito di relazioni significative per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;
h) promozione delle solidarietà e della coesione sociale;
i) sviluppo delle reti comunicative, quale fattore di integrazione e di autogoverno dei soggetti.
5. I destinatari delle prestazioni sociali sono riconosciuti e sostenuti dalla Regione, dagli enti dalla stessa dipendenti e dagli enti locali, nell'ambito della funzione sociale, anche quali portatori di risorse ed elementi attivi nella programmazione, progettazione, realizzazione e valutazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali.
 

Art. 264 Destinatari delle prestazioni sociali.
1. Sono destinatarie delle prestazioni sociali di cui al presente titolo tutte le persone residenti o domiciliate o aventi stabile dimora nel territorio regionale e le loro famiglie. Le prestazioni sociali si estendono, altresì, alle persone occasionalmente o temporaneamente presenti in Umbria allorché si trovino in condizioni di difficoltà tali da non consentire l'intervento da parte dei servizi della Regione o dello Stato di appartenenza, salvo rivalsa in base alla normativa vigente.
 

Capo II Soggetti istituzionali
Art. 265 Il comune
(Testo dell’articolo 265 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, sostituito dall’articolo 30 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, poi modificato dall’articolo 6 della legge regionale 29 dicembre 2016, n. 18, con la sostituzione del comma 2)
1. Il comune è titolare delle funzioni in materia di politiche sociali e svolge le attività di cui all’articolo 6 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali).
2. I comuni esercitano le funzioni in materia di politiche sociali ai sensi della legge regionale 2 aprile 2015, n. 10 (Riordino delle funzioni amministrative regionali, di area vasta, delle forme associative di Comuni e comunali - Conseguenti modificazioni normative) nelle forme previste dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) e prevalentemente con la forma associativa della convenzione di cui all’articolo 30 del medesimo d.lgs.. I comuni associati, nelle forme previste dal d.lgs. 267/2000, esercitano le funzioni sociali e provvedono all’erogazione degli interventi e dei servizi sociali tramite le Zone sociali di cui all’articolo 268-bis.
3. La convenzione di cui al comma 2 deve stabilire, in coerenza con lo svolgimento delle funzioni in materia di politiche sociali di cui al medesimo comma 2, i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie. La convenzione deve inoltre stabilire le modalità e i criteri per l’assegnazione del personale qualora in carico agli ATI nel rispetto della normativa statale e regionale.
4. La convenzione deve altresì prevedere, ai sensi dell’articolo 30, comma 4 del d.lgs. 267/2000, la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all’accordo, a favore di uno di essi, denominato Comune capofila, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.
5. La convenzione deve inoltre stabilire le modalità di approvazione degli atti di programmazione e dei regolamenti sociali zonali, nel rispetto delle disposizioni di cui al d.lgs. 267/2000.
 

Art. 266 Ambito territoriale integrato.
(Articolo abrogato dall’articolo 31 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
Art. 267 La provincia.
(Articolo abrogato dall’articolo 32 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
 

Art. 268 La Regione.
1. La Regione esercita le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali, nonché di verifica dell'attuazione a livello territoriale. Disciplina l'integrazione degli interventi sociali e provvede, in particolare, all'integrazione socio sanitaria in coerenza con gli obiettivi del Piano sanitario regionale, nonché al coordinamento delle politiche dell'istruzione, della formazione, del lavoro e delle politiche sociali abitative.
2. La Regione, in particolare:
a) ripartisce le risorse del Fondo sociale regionale, del Fondo nazionale per le politiche sociali e degli altri Fondi nazionali del settore sociale;
b) effettua il controllo delle risorse di cui alla lettera a);
c) vigila sulla effettiva realizzazione dei LIVEAS di cui all'articolo 263, comma 4, lettera a) e di cui al comma 3;
d) verifica l'attuazione del Piano sociale regionale con riferimento agli obiettivi, alle priorità, allo stato dei servizi, alla qualità degli interventi ed ai progetti sperimentali e dei Piani sociali di zona;
e) adotta atti di indirizzo e di coordinamento nella materia oggetto del presente titolo, per salvaguardare esigenze di carattere unitario nel territorio regionale;
f) riconosce il ruolo delle persone anziane nella comunità sociale e ne promuove la partecipazione alla vita sociale, civile, economica e culturale favorendo la costruzione di percorsi per l'autonomia e il benessere nell'ambito dei propri e abituali contesti di vita; valorizza altresì le esperienze formative, cognitive, professionali ed umane accumulate dalle persone anziane nel corso della vita, nonché il loro patrimonio di relazioni personali;
g) promuove e valorizza l'invecchiamento attivo sostenendo politiche a favore delle persone anziane riconoscendone il ruolo attivo nella società attraverso un impegno utile e gratificante capace di renderle protagoniste del proprio futuro;
h) contrasta i fenomeni di esclusione e di discriminazione sostenendo azioni che garantiscono un invecchiamento sano e dignitoso e rimuovono gli ostacoli ad una piena inclusione sociale;
i) adotta atti di indirizzo affinché, attraverso la programmazione regionale di settore, si definiscano le azioni a tutela della promozione e della valorizzazione dell'invecchiamento attivo.
3. La Regione definisce, nei limiti delle risorse disponibili, gli ulteriori LIVEAS di cui all'articolo 270, comma 4, lettera g) rispetto a quelli individuati dalla legislazione statale. Garantisce, comunque, un sistema unitario di offerta di servizi e prestazioni sociali nelle aree di intervento di cui all'articolo 295, comma 2.
4. La Regione promuove periodicamente, e comunque almeno una volta all'anno, incontri partecipativi con i soggetti sociali che concorrono alla realizzazione delle finalità di cui al presente titolo.
 

Art. 268 bis (Zone sociali)
(Articolo aggiunto dall’articolo 33 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Le Zone sociali sono articolazioni territoriali corrispondenti ai distretti sanitari di cui all’articolo 22, individuate dal Piano sociale regionale di cui all’articolo 270. Le Zone sociali, tramite il comune capofila, esercitano, in particolare, le seguenti funzioni:
a) definiscono gli obiettivi da perseguire per garantire la gestione secondo criteri di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, uniformità e appropriatezza nel sistema di offerta ed equità per l’accesso alle prestazioni e ne verificano il raggiungimento;
b) provvedono all’erogazione degli interventi e dei servizi sociali;
c) provvedono al rilascio dell’accreditamento e istituiscono l’elenco delle strutture accreditate;
d) garantiscono l’unitarietà degli interventi e degli adempimenti amministrativi, la territorializzazione di un sistema di servizi a rete, l’operatività del sistema degli uffici della cittadinanza organizzati nelle Zone sociali;
e) curano le attività di monitoraggio, di verifica e di valutazione dei servizi e degli interventi nonché la rilevazione dei dati e delle informazioni utili alla pianificazione sociale;
f) garantiscono l’integrazione dei servizi di assistenza sociale con quelli sanitari e la attuano mediante accordi di programma con l’azienda unità sanitaria locale competente.
2. Presso il Comune capofila della Zona sociale è attivata una apposita struttura preposta alla pianificazione sociale del territorio, denominata “Ufficio di piano”. Il Comune capofila della Zona sociale nomina il responsabile sociale di zona, designato dalla Conferenza di zona.
3. Le funzioni di cui al comma 1 sono svolte da personale messo a disposizione dai comuni della Zona sociale, previo accordo con le organizzazioni sindacali, ferma restando la permanenza della titolarità del rapporto di lavoro con il comune di appartenenza. Le funzioni di responsabilità tecnica e di coordinamento della rete territoriale dei servizi sociali sono assicurate da personale con profilo professionale e competenze tecnico professionali in materia sociale.
4. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, trasmette alla Giunta regionale entro il 31 marzo di ciascun anno una relazione sulle attività svolte.
5. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, definisce con regolamento le modalità e i criteri per il proprio funzionamento, sulla base degli indirizzi stabiliti dalla Giunta regionale che tengono conto dei principi di differenziazione ed adeguatezza e della autonomia organizzativa dei comuni.
6. Le attività socio sanitarie integrate, individuate dal Piano attuativo locale (PAL) e dal Programma attuativo territoriale (PAT) di cui al d.lgs. 502/1992, sono svolte da personale con adeguate competenze tecnico professionali in materia sociale a disposizione della Zona sociale e da personale dipendente dalle aziende unità sanitarie locali.
7. Il coordinamento politico e istituzionale della Zona sociale è effettuato dalla Conferenza di zona di cui all’articolo 271.
8. Nell’ambito della Zona sociale sono istituiti:
a)il Tavolo zonale di concertazione di cui all’articolo 271 bis;
b) i Tavoli zonali di coprogettazione di cui all’articolo 271 ter.


Art. 269 (Aziende pubbliche di servizi alla persona e persone giuridiche di diritto privato)
(Testo dell’articolo 269 della legge regionale 9 aprile 2015, n, 11, così sostituito dall’articolo 34 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Le aziende pubbliche di servizi alla persona e le persone giuridiche di diritto privato di cui alla legge regionale 28 novembre 2014, n. 25 (Riordino e trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) e disciplina delle aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) - Ulteriori modificazioni della legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26 (Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali) - Ulteriori modificazioni della legge regionale 16 settembre 2011, n. 8 (Semplificazione amministrativa e normativa dell’ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali) sono inserite nel sistema pubblico di programmazione, progettazione e attuazione dei servizi e degli interventi sociali.
2. Le funzioni dei soggetti di cui al comma 1 si realizzano, prevalentemente, attraverso la produzione e l’offerta dei servizi e interventi sociali, socio sanitari e socio educativi.
 

Capo III Programmazione
Art. 270 Piano sociale regionale.
(Testo dell’articolo 270 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 35 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole alla lettera e) del comma 4 e la sostituzione di un numero al comma 7)
1. Il Piano sociale regionale è lo strumento di governo del sistema dei servizi e delle attività sociali mediante il quale la Regione definisce gli indirizzi, gli obiettivi, le priorità sociali, la soglia territoriale ottimale per la programmazione e la gestione degli interventi sociali ed i criteri per la relativa attuazione.
2. Il Piano sociale regionale individua i principali fattori di sviluppo e di rischio come elementi di orientamento per gli interventi di area sociale nelle materie di competenza regionale.
3. Il Piano sociale regionale si integra con il Piano sanitario regionale, in particolare per le prestazioni socio sanitarie di cui all'articolo 281; esso stabilisce le modalità e gli strumenti per l'integrazione con le altre politiche del welfare e con le altre politiche e piani di settore.
4. Il Piano sociale regionale in particolare definisce:
a) la dotazione essenziale ed unitaria del sistema di offerta dei servizi sociali territoriali;
b) le tipologie di servizio con particolare riferimento ai servizi sociali innovativi;
c) gli indirizzi per l'organizzazione del sistema regionale dei servizi sociali;
d) le modalità di verifica sullo stato dei servizi e la qualità degli interventi mediante un apposito sistema di indicatori;
e) i criteri e le modalità per l'individuazione dei rappresentanti all'interno del Tavolo zonale di concertazione di cui all'articolo 271 bis ;
f) gli standard di figura e di percorso formativo per gli operatori impegnati nelle attività e nei servizi sociali di cui alla presente legge;
g) gli ulteriori LIVEAS di cui all'articolo 268, comma 3.
5. Il Piano sociale regionale individua il rapporto fra uffici della cittadinanza e popolazione residente che deve essere assicurato su tutto il territorio regionale.
6. Il Piano sociale regionale è adottato dalla Giunta regionale previo espletamento delle procedure di concertazione di cui alla normativa vigente ed è trasmesso all'Assemblea Legislativa per l'approvazione. Eventuali modifiche ed adeguamenti del Piano sociale regionale sono adottati dalla Giunta regionale e trasmessi all'Assemblea Legislativa. Il Piano ha validità triennale ed esplica i suoi effetti fino all'approvazione del successivo.
7. Nel Piano sociale di cui al comma 1 è inserita altresì la programmazione degli interventi coordinati a favore delle persone anziane, negli ambiti della protezione e promozione sociale, della formazione permanente, della cultura e del turismo sociale, dell'impegno civile, del volontariato in ruoli di cittadinanza attiva responsabile e solidale, dello sport e tempo libero per il mantenimento del benessere durante l'invecchiamento, anche attraverso il confronto e la partecipazione con le forze sociali e del terzo settore. La programmazione degli interventi coordinati si attua anche mediante gli accordi di cui agli articoli 273 e 279.
8. La Giunta regionale adotta atti indirizzo per la definizione delle azioni e degli interventi a favore delle persone anziane affinché, attraverso la programmazione regionale di settore, si definiscano le azioni di cui agli articoli 291, 293 e 294.
9. Per persone anziane di cui al comma 7 si intendono coloro che hanno compiuto sessantacinque anni di età e per invecchiamento attivo, di cui al medesimo comma 7, si intende il processo volto ad ottimizzare le opportunità concernenti la salute, la sicurezza e la partecipazione alle attività sociali allo scopo di migliorare la qualità della vita.
 

Art. 271 Conferenza di Zona
(Testo dell’articolo 271 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 36 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. La Conferenza di Zona costituisce il soggetto di coordinamento politico e istituzionale della Zona sociale ed è composta da tutti i sindaci dei comuni il cui territorio ricade all’interno della Zona sociale o da loro assessori delegati.
2. La Conferenza di Zona delibera validamente con la presenza di sindaci o loro assessori delegati che rappresentano almeno la maggioranza dei comuni e la maggioranza dei residenti nella Zona sociale.
3. Le deliberazioni della Conferenza di Zona si intendono approvate se ottengono voti favorevoli che corrispondono ad almeno la metà più uno dei comuni presenti e ad almeno la maggioranza assoluta dei residenti negli stessi. Il coordinamento dei lavori della Conferenza di Zona è affidato ad un componente individuato dalla Conferenza stessa.
4. La Conferenza di Zona adotta i regolamenti sociali zonali e il Piano sociale di zona; gli stessi sono approvati nel rispetto delle disposizioni di cui al d.lgs. 267/2000, con le modalità stabilite nella convenzione di cui all’articolo 265.
5. La Conferenza di Zona si dota di un regolamento per il proprio funzionamento.
 

Art. 271 bis (Tavolo zonale di concertazione)
(Articolo aggiunto dall’articolo 37 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Il Tavolo zonale di concertazione costituisce un organismo partecipativo di cui fanno parte le aziende unità sanitarie locali, gli enti pubblici operanti nel territorio con funzioni a rilevanza sociale, le aziende dei servizi alla persona (ASP) e le persone giuridiche di diritto privato di cui alla l.r. 25/2014, i soggetti di cui all'articolo 1, comma 4 della l. 328/2000 e le organizzazioni del mondo del lavoro presenti e maggiormente rappresentative a livello della singola Zona sociale.
2. Il Tavolo zonale di concertazione contribuisce:
a) alla definizione degli indirizzi per la programmazione sociale di zona;
b) alla valutazione della realizzazione del Piano sociale di zona.
3. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, costituisce il Tavolo zonale di concertazione secondo i criteri e le modalità stabilite dal Piano sociale regionale di cui all’articolo 270.
4. Le modalità di funzionamento e la durata del Tavolo zonale di concertazione sono definite dal regolamento sociale zonale tenuto conto del Piano sociale di zona di cui all’articolo 272.
 

Art. 271 ter (Tavoli di coprogettazione)
(Articolo aggiunto dall’articolo 37 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. I Tavoli zonali di coprogettazione costituiscono organismi partecipativi di cui fanno parte le aziende pubbliche di servizi alla persona e le persone giuridiche di diritto privato di cui alla l.r. 25/2014 e i soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5 della l. 328/2000.
2. I Tavoli zonali di coprogettazione consentono la partecipazione alla progettazione dei servizi e degli interventi e alla valutazione della loro realizzazione anche mediante sottoscrizione degli accordiprocedimentali di cui all’articolo 279, comma 4.
3. Le modalità di funzionamento e la durata dei Tavoli zonali di coprogettazione sono definite dal regolamento sociale zonale, tenuto conto del Piano sociale di zona di cui all’articolo 272.
 

Art. 272 Piano sociale di zona.
(Testo dell’articolo 272 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, costì sostituito dall’articolo 38 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. Il Piano sociale di zona è lo strumento mediante il quale la Zona sociale programma gli interventi e i servizi sociali e stabilisce i criteri per l’erogazione dei servizi sociali e per la loro attuazione.
2. Il Piano sociale di zona contiene, in particolare:
a) lo stato di attuazione del precedente Piano;
b) gli obiettivi strategici e le priorità d’intervento;
c) le modalità organizzative dei servizi, delle prestazioni e degli interventi;
d) le risorse umane, finanziarie e strumentali da utilizzare;
e) la determinazione delle quote di risorse di cui alla lettera d) poste a carico delle Zone sociali tenendo conto del numero degli abitanti, delle caratteristiche di età degli stessi e delle caratteristiche economiche e geomorfologiche dei territori;
f) le modalità di integrazione e di coordinamento delle attività socio assistenziali con quelle sanitarie, educative, della formazione e con gli altri strumenti di programmazione territoriali.
3. L’Ufficio di piano della Zona sociale, con il coinvolgimento del Tavolo zonale di concertazione, elabora, sulla base del Piano sociale regionale, la proposta di Piano sociale di zona e a tal fine:
a) effettua la rilevazione dei bisogni del territorio;
b) tiene conto, ai fini dell’integrazione socio sanitaria:
1) del Piano regionale integrato per la non autosufficienza (PRINA) di cui all’articolo 326;
2) del Piano attuativo delle aziende sanitarie regionali di cui all’articolo 14;
3) del Programma delle Attività Territoriali (PAT) di distretto di cui all’articolo 15.;
4. Il Piano sociale di zona, per le attività socio sanitarie integrate, costituisce parte integrante delPAT.
5. Il Piano sociale di zona ha durata triennale.
 

Art. 273 Procedimento per l’adozione del Piano sociale di zona
(Testo dell’articolo 273 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così sostituito dall’articolo 39 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
1. L’ufficio di Piano della zona sociale trasmette alla Giunta regionale il Piano sociale di zona per l’acquisizione del relativo parere, da rendersi con le modalità ed i termini previsti dall’articolo 16 della l. 241/1990. Tale parere tiene conto della coerenza del Piano stesso con la programmazione regionale.
2. Il Piano sociale di zona è adottato dalla Conferenza di zona di cui all’articolo 271, mediante accordo di programma sottoscritto dai comuni della Zona sociale, ai sensi dell’articolo 19, comma 2 della l. 328/2000. Con tale accordo le parti si impegnano a concorrere al perseguimento degli obiettivi del Piano sociale di Zona.
3. Le aziende pubbliche di servizi alla persona e le persone giuridiche di diritto privato di cui alla l.r. 25/2014 e i soggetti di cui all’articolo 1, commi 4 e 5 della l. 328/2000 sono invitati dall’ufficio di piano a partecipare all’attuazione del Piano sociale di Zona.
 

Art. 274 Attuazione del Piano sociale di zona e coprogettazione.
(Articolo abrogato dall’articolo 40 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)

Art. 275 Concertazione.
(Articolo abrogato dall’articolo 41 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
 

Art. 276 Piano operativo.
(Testo dell’articolo 276 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 42 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la soppressione di alcune parole al comma 1)
1. La Giunta regionale approva ogni anno, d'intesa con le Zone sociali dopo l'approvazione della legge finanziaria regionale, un piano operativo che integri le diverse politiche e risorse regionali relative agli interventi e ai servizi a tutela della promozione e della valorizzazione dell'invecchiamento attivo che tenga conto sia di quelli aventi rilevanza regionale sia di quelli a rilevanza territoriale, al fine di coordinare e armonizzare le diverse azioni. Il piano operativo viene approvato previo confronto con le istituzioni, le forze sociali e il terzo settore.
 

Capo IV Partecipazione, promozione e valorizzazione degli organismi aventi funzione sociale, educativa e formativa
Art. 277 Rapporti fra Regione ed enti locali e partecipazione.
(Testo dell’articolo 277 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 43 della legge regionale
17 agosto 2016, n. 10, con la soppressione di alcune parole al comma 1)
1. La Giunta regionale, al fine di garantire un efficace sistema di relazioni istituzionali fra Regione e comuni nella elaborazione della programmazione sociale, promuove appositi incontri anche attraverso le loro associazioni.
2. I comuni, nell'ambito delle proprie attività istituzionali, garantiscono ai minori i diritti di manifestazione del pensiero, adottando le opportune forme di partecipazione delle bambine e dei bambini su questioni che interessano la loro condizione di vita, con particolare riferimento alla organizzazione sociale urbana.
 

Art. 278 Promozione dell'economia sociale.
1. La Regione, in collaborazione con gli enti locali e con le organizzazioni rappresentative del mondo del lavoro, dell'imprenditoria e dei soggetti non profit operanti nel sistema dei servizi e degli interventi sociali, promuove la costituzione di reti locali deputate allo sviluppo dell'economia sociale.
2. Per economia sociale si intendono le azioni e le relazioni di soggetti che svolgono attività imprenditoriali non profit e profit operanti sul mercato con l'offerta di beni e servizi relazionali.
3. Per le finalità di cui al comma 1 la Regione può concedere incentivi ed agevolazioni fiscali nel rispetto della normativa vigente; può altresì promuovere e stipulare gli accordi di cui all'articolo 2, comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e, in genere, ogni altro accordo pubblico/privato previsto dalla normativa vigente.
 

Art. 279 Organizzazioni di utilità sociale.
(Testo dell’articolo 279 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 44 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 4)
1. La Regione riconosce lo svolgimento della pubblica funzione sociale da parte delle cooperative sociali, delle associazioni di promozione sociale, del volontariato e delle altre organizzazioni senza finalità di profitto di cui all'articolo 1, comma 4, della L. 328/2000, e promuove la costruzione di un sistema di responsabilità pubbliche, anche non statuali, condivise fra soggetti istituzionali e soggetti sociali, comprese le famiglie.
2. Le organizzazioni di cui al comma 1 concorrono alla individuazione dei bisogni, alla programmazione ed alla progettazione del sistema dei servizi e degli interventi sociali, alla realizzazione degli obiettivi ed alla gestione delle attività sociali. Il concorso di tali organizzazioni avviene in forme differenziate, articolate in armonia alle rispettive specificità, secondo le modalità stabilite dal Piano sociale regionale.
3. Possono concorrere alla gestione dei servizi e degli interventi di cui alla presente legge anche i soggetti di cui all'articolo 1, commi 4 e 5, della L. 328/2000.
4. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, ai sensi dell'articolo 3, comma 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) favoriscono l'impegno dei soggetti di cui all'articolo 1, commi 4 e 5, della L. 328/2000 anche mediante gli accordi procedimentali di cui all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) attraverso i quali realizzare forme di collaborazione pubblico/privato senza finalità di profitto, nell'esercizio della funzione sociale.
 

Art. 280 Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa delle parrocchie mediante gli oratori.
1. La Regione riconosce e valorizza la funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie e dagli istituti religiosi cattolici attraverso gli oratori, nell'ambito del percorso formativo rivolto ai soggetti in età minore, agli adolescenti e ai giovani.
2. La Regione riconosce la titolarità delle diocesi dell'Umbria e degli istituti religiosi cattolici che svolgono attività oratoriale ad essere consultati nella fase di elaborazione delle linee di programmazione, organizzazione e gestione del sistema integrato degli interventi e servizi sociali, con particolare riguardo alle tematiche riferite ai soggetti in età minore, agli adolescenti e ai giovani.
3. Il riconoscimento di cui ai commi l e 2 è esteso alle attività oratoriali o similari svolte da altri enti di culto riconosciuti dallo Stato.
4. Per le finalità di cui al presente articolo, le diocesi umbre, gli istituti religiosi cattolici e le organizzazioni che rappresentano gli altri enti di culto riconosciuti dallo Stato, possono sottoscrivere con i comuni associati nell'ambito territoriale l'accordo di programma che regola il piano di zona, ai sensi dell'art. 19, commi 2 e 3 della legge 8 novembre 2000, n. 328, nel quale vengono individuate le priorità previste al comma 5 e le modalità della loro attuazione.
5. Per il raggiungimento delle finalità di cui al presente articolo, sono finanziabili i progetti previsti nel sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali ed educativi, rivolti ai soggetti in età minore, agli adolescenti e ai giovani, concernenti:
a) realizzazione di attività di promozione e sostegno per lo svolgimento delle funzioni sociali ed educative;
b) allestimento di centri ricreativi e sportivi, ivi compreso l'acquisto di attrezzature e materiali;
c) realizzazione di percorsi di recupero a favore di soggetti a rischio di emarginazione sociale, di devianza in ambito minorile, di disabilità;
d) manutenzione straordinaria e riadattamento di immobili adibiti ed utilizzati come luogo di incontro per adolescenti e giovani;
e) percorsi di formazione sociale, al fine di valorizzare tutte le risorse e le competenze presenti sul territorio e supportare le attività di oratorio e quelle similari.
 

Titolo II Gestione delle prestazioni sociali
Capo I Prestazioni socio sanitarie e zone sociali
Art. 281 Prestazioni socio sanitarie.
1. Le prestazioni socio sanitarie sono distinte, ai sensi dell'articolo 3-septies del d.lgs. 502/1992 e sue successive modificazioni e integrazioni, in:
a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, intese quali attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;
b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ovvero tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute;
c) prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria che sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e che attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da Human Immunodeficiency Virus (HIV) e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico degenerative.
2. La Giunta regionale, con proprio atto, predispone un quadro di riferimento per l'integrazione delle attività socio sanitarie provvedendo tra l'altro all'analisi dei costi.
3. I costi relativi alle componenti sanitaria e sociale all'interno delle attività socio sanitarie sono stabiliti dalla Giunta regionale che tiene conto dell'analisi dei costi di cui al comma 2, previa acquisizione del parere obbligatorio del Consiglio delle Autonomie locali e dei Direttori generali delle Aziende USL. È fatto salvo quanto previsto dalla normativa nazionale in materia dei LIVEAS.
 

Art. 282 Zone sociali.
(Articolo abrogato dall’articolo 45 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
Art. 283 Conferenza di zona.
(Articolo abrogato dall’articolo 46 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
 

Art. 284 Uffici della cittadinanza.
(Testo dell’articolo 284 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 47 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 1)
1. All'interno della Zona sociale sono istituiti gli uffici della cittadinanza, ai sensi dell’articolo 268 bis, comma 1, lettera d) e dell'articolo 270, comma 5, quali uffici territoriali di servizio sociale pubblico ed universalistico finalizzati, in via esclusiva, a garantire l'accesso al sistema territoriale dei servizi e al contatto con l'utenza. Gli uffici di cittadinanza attuano gli interventi mediante la presa in carico delle persone e delle famiglie, con l'impiego di équipe interprofessionali territoriali, per soddisfare ogni domanda di intervento e di partecipazione sociale.
 

Titolo III Azioni, interventi e servizi sociali
Capo I Azioni, interventi e servizi sociali
Art. 285 Articolazione delle attività sociali.
1. Le attività sociali si articolano in azioni sociali, interventi e servizi sociali.
2. Le azioni sociali si articolano in:
a) azioni per la promozione e sostegno della sussidiarietà orizzontale;
b) azioni per la qualità;
c) azioni di promozione;
d) azioni di comunicazione;
e) azioni di mutualità.
3. Gli interventi e servizi sociali si articolano in:
a) servizi di prossimità;
b) servizi per le responsabilità familiari;
c) interventi e servizi socio assistenziali;
d) interventi e servizi per la formazione permanente delle persone anziane;
e) interventi e servizi per la cultura ed il benessere durante l'invecchiamento;
f) interventi e servizi per la cultura, il tempo libero, l'impegno e il volontariato civile delle
persone anziane;
g) interventi ed azioni per l'implementazione delle nuove tecnologie per favorire l'accesso a servizi e interventi a favore delle persone anziane.
 

Capo II Azioni sociali
Art. 286 Azioni per la promozione ed il sostegno della sussidiarietà orizzontale.
(Testo dell’articolo 286 della legge regionale 9 aprile 2015, n.11, così modificato dall’articolo 48 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 1 e la sostituzione del comma 2)
1. I comuni, singoli o in forma associata, favoriscono la partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali ed il loro contributo al sistema locale dei servizi e degli interventi sociali attraverso lo svolgimento di attività di interesse generale, anche mediante forme di collaborazione ai sensi della normativa vigente.
2. Le funzioni sociali di cui al comma 1 sono svolte dalle Zone sociali mediante azioni finalizzate a sostenere e a favorire l’autonoma iniziativa dei privati nell’esercizio della stessa funzione sociale.
3. Le azioni di facilitazione dei privati di cui al comma 2 consistono nella messa a disposizione di informazioni, nella instaurazione di flussi di comunicazione, nel coordinamento dei servizi e degli interventi pubblici con quelli privati e in ogni altra forma di collaborazione che comunque non comporti l'attribuzione di somme di denaro o di altri beni da parte di amministrazioni pubbliche.
4. Le azioni di sostegno di cui al comma 2 sono finalizzate a rendere adeguato l'impegno di soggetti privati senza finalità di profitto nella funzione sociale e a responsabilizzare tali soggetti nella realizzazione del sistema dei servizi alla persona; esse consistono nella messa a disposizione da parte di soggetti pubblici, alle organizzazioni private senza finalità di profitto, di benefici economici a fronte del loro impegno a partecipare ai processi di coprogettazione dei servizi e degli interventi e dalla loro realizzazione, nell'ambito della programmazione sociale locale mediante la stipula degli accordi procedimentali di cui all'articolo 279, comma 4 che stabiliscono le modalità di collaborazione e la realizzazione dei servizi e degli interventi di qualità, coprogettati. L'entità dei contributi economici non può superare quanto necessario al fine della compensazione degli oneri che il partner privato assume ai sensi della decisione 20 dicembre 2011 n. 2012/21/UE (Decisione della Commissione riguardante l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale)".
5. L'individuazione dei soggetti privati senza finalità di profitto, per la stipula degli accordi procedimentali di cui al comma 4, avviene nel processo di costruzione del Piano sociale di zona, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 1 della L. 241/1990 attraverso procedure non competitive ad evidenza pubblica.
6. Dai benefici economici di cui al comma 4 è esclusa la corresponsione, sotto qualsiasi forma, di altre utilità economiche riconducibili ai corrispettivi per la fornitura di servizi o beni.
7. La Giunta regionale con proprio atto disciplina le modalità per la concessione dei benefici economici di cui al comma 4.
 

Art. 287 Azioni per la qualità.
1. I comuni, singoli o in forma associata, promuovono azioni positive, a carattere sociale, educativo e culturale, per ricostruire e sviluppare i legami di condivisione e di appartenenza alla comunità.
2. Tali azioni sono dirette:
a) a migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e della vita quotidiana anche favorendo lo sviluppo di armoniche relazioni intergenerazionali e di genere;
b) a migliorare la qualità dei contesti urbani e di vita quotidiana, anche promuovendo politiche di conciliazione, la cultura ed il tempo libero delle persone e delle famiglie;
c) a sostenere le persone e le famiglie, le competenze, i legami solidali ed affettivi presenti al loro interno adattando le politiche sociali alle loro diversità;
d) a ridurre le situazioni di rischio sociale con particolare riferimento ai bambini e alle bambine, agli uomini ed alle donne, agli adolescenti e agli anziani.
3. Le finalità di cui al comma 1 sono perseguite mediante l'integrazione progettuale delle risorse formali e informali nonché con programmi intersettoriali diretti alle aree sociali specifiche: infanzia, adolescenti e giovani, famiglie e donne, popolazione anziana.
 

Art. 288 Azioni di promozione.
(Testo dell’articolo 288 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 49 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole ai commi 1 e 3)
1. Le Zone sociali, anche con l’apporto delle organizzazioni di volontariato e di utilità sociale, incentivano le attività sociali di promozione. Tali attività comprendono i servizi di comunicazione, di mutualità e di prossimità.
2. Le azioni di comunicazione assolvono a funzioni di promozione della partecipazione attiva dei cittadini e delle loro organizzazioni all'esercizio della funzione sociale nei momenti della programmazione, della progettazione e della realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, oltre che ad una funzione di informazione, conoscenza e sostegno sociale diretta a far acquisire ai singoli soggetti consapevolezza, autonomia e responsabilità per l'esercizio dei diritti di cittadinanza.
3. Le azioni di mutualità favoriscono lo scambio di prestazioni e di tempo fra persone e gruppi sociali che intendono autorganizzarsi per la realizzazione di determinati servizi. Le Zone sociali al fine di sostenere le reti di mutualità fra i cittadini possono promuovere la costituzione di centri di riferimento con il compito di raccogliere e gestire le disponibilità dirette ad impieghi sociali.
4. I servizi di prossimità sono forniti a livello locale alle persone e alle famiglie e sono orientati alle nuove esigenze derivanti dalla trasformazione delle strutture demografiche, familiari e dei modi di vita. I servizi di prossimità possono essere realizzati con il coinvolgimento attivo dei soggetti sociali, dei cittadini e delle famiglie e si articolano in tre aree:
a) servizi alle persone anziane attinenti a bisogni di cura e di socializzazione;
b) servizi di supporto alle famiglie, atti a semplificare la vita quotidiana della famiglia nello svolgimento di propri compiti educativi e di cura;
c) servizi a struttura comunitaria, rivolti a bisogni sociali collettivi e riferiti all'intero ciclo di vita.
 

Capo III Servizi e interventi sociali
Art. 289 Servizi per le responsabilità familiari.
1. La Regione individua con il Piano sociale regionale i servizi socio educativi di supporto alle responsabilità e ai compiti educativi e di cura della famiglia. La Regione inoltre sostiene e promuove azioni che consentano la piena realizzazione di una maternità e paternità responsabile. I servizi per le responsabilità familiari si articolano in due aree:
a) servizi socio educativi per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani;
b) servizi socio assistenziali per giovani e adulti bisognosi di supporti assistenziali.
 

Art. 290 Interventi e servizi socio assistenziali.
1. I servizi socio assistenziali hanno natura solidaristica e sono rivolti a persone e famiglie, con particolare riferimento ai soggetti vulnerabili e maggiormente esposti a rischio di esclusione. Essi consistono in azioni di sostegno, prestazioni e attività sociali ad integrazione e/o sostituzione delle funzioni della rete sociale primaria.
2. I servizi socio assistenziali, in particolare, comprendono:
a) i servizi domiciliari di supporto familiare;
b) i servizi comunitari;
c) i servizi per l'alloggio;
d) i servizi semi residenziali;
e) i servizi residenziali;
f) i servizi e gli interventi di accoglienza e sostegno sociale;
g) i servizi per la tutela sociale dei minori.
3. La gestione dei servizi di cui al presente articolo è affidata a soggetti pubblici, soggetti privati e soggetti di privato sociale.
 

Art. 291 Interventi e servizi per la formazione permanente delle persone anziane.
1. La Regione promuove la partecipazione delle persone anziane a processi educativi, alle attività ricreative e alla formazione lungo tutto l'arco della vita, rendendole così protagoniste del proprio futuro. La Regione, in particolare:
a) incentiva la mutua formazione inter e intra generazionale tra appartenenti a culture differenti, riconoscendo e promuovendo il valore della differenza di genere;
b) sostiene le attività delle università della terza età, comunque denominate;
c) valorizza le esperienze professionali acquisite e le metodologie didattiche, nonché il ruolo attivo delle persone anziane nella trasmissione dei saperi alle nuove generazioni durante l'orientamento o i percorsi di prima formazione, anche con il concorso delle imprese e delle organizzazioni sindacali.
2. La Regione per le azioni di cui al comma 1 può promuovere e sostenere protocolli operativi con le scuole di ogni ordine e grado per la realizzazione di progetti che prevedono la messa a disposizione da parte della persone anziane del proprio tempo, per tramandare alle giovani generazioni i mestieri, i talenti e le esperienze.
3. La Regione sostiene azioni volte a rendere le persone anziane capaci di affrontare le problematiche e le criticità connesse alla modernità e, in particolare, percorsi formativi finalizzati a:
a) progettare un invecchiamento attivo, con particolare attenzione ai temi dell'impegno civile e della cittadinanza attiva;
b) ridurre il divario nell'accesso reale alle tecnologie - digital divide e la disparità nell'acquisizione di risorse e conoscenze della rete informatica, nonché delle capacità necessarie a partecipare alla società dell'informazione;
c) promuovere stili di consumo intelligenti ed ecocompatibili e gestire efficacemente il risparmio;
d) perseguire la sicurezza stradale e domestica;
e) facilitare la comprensione del tempo presente in tutti i suoi aspetti attraverso la proposta di occasioni e strumenti di approfondimento culturale.
 

Art. 292 Interventi e servizi per la cultura, la prevenzione ed il benessere durante l'invecchiamento.
1. La Regione, al fine di prevenire processi invalidanti fisici e psicologici, promuove azioni tese al mantenimento del benessere durante l'invecchiamento della persona anziana, sostenendo la diffusione di corretti stili di vita e l'educazione motoria e fisica. A tal fine può promuovere protocolli operativi tra enti locali territoriali, aziende sanitarie locali e associazioni di volontariato e di promozione sociale.
2. La Regione promuove, inoltre, politiche di sostegno alla persona anziana nel suo abituale contesto familiare e territoriale agevolando una vita di relazione attiva, al fine di prevenire i fenomeni di isolamento sociale e limitare l'ospedalizzazione e l'inserimento in strutture assistenziali residenziali. A tale scopo, la Regione sostiene, in un'ottica intergenerazionale e interculturale, la diffusione sul territorio di centri sociali e di spazi e di luoghi di incontro, socializzazione e partecipazione.
3. Per il benessere della persona anziana e per contrastare la solitudine sono favoriti gli strumenti di prossimità e di socialità, nonché gli strumenti che garantiscono e facilitano l'acquisizione di informazioni sui servizi presenti nel territorio regionale, nonché sugli interventi e sulle azioni sociali promossi.
 

Art. 293 Interventi e servizi per la cultura, il tempo libero, l'impegno e il volontariato civile delle persone anziane.
1. La Regione, riconoscendo il ruolo centrale degli enti locali territoriali e del terzo settore, favorisce la partecipazione delle persone anziane ad attività culturali, ricreative e sportive, anche per sviluppare relazioni solidali, positive e continuative tra le persone e senso di appartenenza alla comunità.
2. La Regione, al fine di valorizzare l'impiego delle persone anziane in attività socialmente utili ne favorisce la partecipazione alla vita della comunità locale, anche attraverso l'impegno civile nel volontariato e nell'associazionismo o in ruoli di cittadinanza attiva, responsabile e solidale.
3. Il volontariato civile delle persone anziane costituisce una forma di promozione dell'invecchiamento attivo attraverso la realizzazione di progetti sociali, utili alla comunità.
4. I progetti sociali di cui al comma 3 possono essere promossi dagli enti locali territoriali e sono realizzati dai soggetti del terzo settore. Tali progetti, sono inseriti nella programmazione sociale territoriale.
5. Alle persone anziane che operano nei progetti di cui al comma 3 può essere riconosciuto, per il tramite delle associazioni di volontariato iscritte nel Registro regionale di cui agli articoli 371 e 388 un rimborso per le spese sostenute, nonché crediti sociali fruibili in servizi regolati dagli enti locali territoriali promotori dei progetti.
6. La Regione sostiene progetti sperimentali o convenzioni tra enti pubblici e soggetti del terzo settore tesi a sviluppare il volontariato civile degli anziani.
7. L'impegno civile delle persone anziane si realizza, in particolare, attraverso le seguenti azioni:
a) accompagnamento con mezzi pubblici per l'accesso a prestazioni socio assistenziali e socio sanitarie;
b) supporto nei percorsi formativi di collegamento fra la scuola e il mondo del lavoro, anche in relazione alle iniziative promosse dalle imprese e dalle organizzazioni sindacali;
c) attività ausiliari di vigilanza presso scuole e mense;
d) sorveglianza durante mostre e manifestazioni giovanili;
e) animazione, custodia e vigilanza di musei, biblioteche, mostre, sale di ritrovo dei quartieri, aree sportive e centri sociali sportivi, ricreativi e culturali;
f) conduzione di appezzamenti di terreno di proprietà o di uso pubblico;
g) iniziative volte a far conoscere e perpetuare le tradizioni di artigianato locale;
h) assistenza, anche domiciliare, a minori, anziani e disabili a supporto degli operatori dei servizi sociali;
i) assistenza sociale e culturale negli ospedali e nelle carceri;
j) attività di prevenzione del disagio giovanile e delle dipendenze;
k) interventi di carattere ecologico, stagionale o straordinario, nel territorio umbro;
l) campagne e progetti di solidarietà sociale.
8. I comuni possono affidare a persone anziane, singole o associate, la gestione gratuita di terreni comunali nei quali svolgere attività di giardinaggio, orticoltura e in generale la cura dell'ambiente naturale. I soggetti interessati all'affidamento si impegnano a gestire gratuitamente terreni comunali nel rispetto delle regole stabilite dal comune competente per territorio. I comuni stabiliscono, inoltre, le modalità e i criteri per l'affidamento della gestione di terreno pubblico. I comuni possono revocare l'affidamento per sopravvenute esigenze pubbliche e, con adeguato preavviso, qualora l'assegnatario non rispetti le regole stabilite dal comune stesso.
 

Art. 294 Interventi ed azioni per l'implementazione delle nuove tecnologie.
1. La Regione, al fine di consentire una fruizione più immediata e una maggiore diffusione dei servizi offerti alle persone anziane, sostiene la diffusione e l'implementazione di strumenti tecnologicamente avanzati, quali card informatizzate, portali telematici e piattaforme tecnologiche.
2. La Regione, per le finalità di cui al comma 1, promuove la stipula di accordi e convenzioni con gli enti locali territoriali e con i soggetti del terzo settore tesi ad agevolare, anche economicamente, l'utilizzo degli strumenti di cui al comma 1.
 

Art. 295 Diritti sociali di cittadinanza.
1. I servizi e gli interventi sociali di cui alla presente legge garantiscono il raggiungimento dei LIVEAS stabiliti dalle norme statali mediante:
a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora;
b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;
c) interventi a favore di minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, per favorire l'armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare;
e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838 (Norme sull'assistenza degli illegittimi, abbandonati o esposti all'abbandono), del testo unico delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità ed infanzia di cui al R.D. 24 dicembre 1934, n. 2316 e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative;
f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili; realizzazione, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), dei centri socio riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all'articolo 10 della stessa L. 104/1992 e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;
g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l'accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell'autonomia, non siano assistibili a domicilio, ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale;
h) prestazioni integrate di tipo socio educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e di reinserimento sociale;
i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di autoaiuto.
2. Per le finalità di cui al comma 1 e di cui all'articolo 268, comma 3 le strutture competenti garantiscono, tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, comunque, l'erogazione delle prestazioni essenziali ed unitarie nelle seguenti aree di intervento:
a) welfare leggero;
b) welfare dell'emergenza;
c) welfare domiciliare di supporto familiare;
d) welfare comunitario;
e) welfare residenziale e semiresidenziale.
3. Nella programmazione, progettazione ed erogazione dei servizi e degli interventi di cui ai commi 1 e 2 i soggetti erogatori si conformano ai seguenti principi:
a) eguaglianza di opportunità a condizioni sociali e stati di bisogno differenti;
b) rispetto della dignità della persona con riferimento alle esigenze di informazione e consensualità, nonché di riservatezza delle informazioni che riguardano la sua condizione;
c) diritto ad una maternità e paternità consapevole e responsabile;
d) conoscenza dei percorsi assistenziali e l'informazione sui servizi disponibili;
e) libertà di opzione tra le prestazioni erogabili nell'ambito del sistema dei servizi;
f) accesso e fruibilità delle prestazioni in tempi compatibili con i bisogni.
 

Titolo IV Politiche per le famiglie
Capo I Riconoscimento e valorizzazione delle famiglie
Art. 296 Riconoscimento e valorizzazione delle famiglie.
1. La Regione Umbria riconosce la famiglia quale nucleo fondante della società, secondo quanto previsto dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo, dai Trattati internazionali in materia, dalla Costituzione, dallo Statuto regionale.
2. La Regione Umbria valorizza il nucleo familiare formato da persone unite da vincoli di coniugio, parentela e affinità, promuove e sostiene la funzione genitoriale nei compiti di cura, educazione e tutela del benessere dei figli.
3. La Regione Umbria, per l'attuazione delle politiche di sostegno alla famiglia, si ispira ai principi di solidarietà, sussidiarietà e reciprocità nelle relazioni familiari, sviluppa e potenzia le politiche sociali regionali mediante azioni nell'area della protezione sociale, dell'abitare, della salute, del lavoro, dell'organizzazione degli spazi di vita, dell'istruzione, della formazione e del credito.
4. La Regione, in attuazione del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione, della legge regionale 4 dicembre 2006, n. 16 (Disciplina dei rapporti tra l'autonoma iniziativa dei cittadini e delle formazioni sociali e l'azione di Comuni, Province, Regione, altri Enti Locali e Autonomie funzionali in ordine allo svolgimento di attività di interesse generale secondo i principi di sussidiarietà e semplificazione) e degli articoli 16, comma 3, e 17 dello Statuto, riconosce l'associazionismo familiare quale soggetto portatore di risorse e soggetto attivo nella programmazione regionale.
5. La Regione, nell'ambito della propria attività di indirizzo e programmazione, anche in coerenza con quanto previsto dalla normativa nazionale e regionale in materia di sistema integrato dei servizi sociali, con il presente titolo si propone di:
a) promuovere e garantire il diritto di libera scelta nei confronti dei soggetti erogatori di servizi e le pari opportunità tra donne e uomini;
b) favorire il mantenimento e lo sviluppo di uno stretto rapporto tra le generazioni;
c) implementare specifici interventi in favore di situazioni di particolare disagio causate
da problemi economici o dalla presenza di persone prive di autonomia fisica o psichica;
d) favorire la conciliazione delle esigenze familiari con quelle professionali;
e) sostenere il lavoro di cura familiare, quale attività di primaria importanza per la vita della famiglia e della società.
 

Art. 297 Strumenti per le politiche di sostegno alle famiglie.
1. La Regione promuove e tutela la famiglia attraverso:
a) il sostegno alle giovani coppie nella formazione di una nuova famiglia e nello svolgimento del ruolo genitoriale, con particolare riferimento ai primi tre anni di vita dei figli;
b) il sostegno alle nuove famiglie mediante interventi che concorrono ad eliminare gli ostacoli di natura economica e sociale che ne impediscono la costituzione e lo sviluppo;
c) la valorizzazione della responsabilità dei genitori nei doveri di cura, educazione ed istruzione dei figli;
d) la promozione, anche in forma integrata, di iniziative pubbliche, di privato sociale e delle reti parentali, soprattutto con riferimento alle iniziative rivolte agli anziani ed ai minori;
e) la predisposizione di programmi per la famiglia nelle situazioni di vulnerabilità o disagio e per il sostegno ai compiti di cura delle persone disabili, anziane e non autosufficienti;
f) la tutela del benessere dei nuclei familiari, con particolare riguardo alle famiglie numerose, ai nuclei monogenitoriali, alle famiglie in crisi, ed a tutte le situazioni in cui siano presenti aspetti di criticità;
g) la garanzia, nel rispetto del principio di uguaglianza e degli altri principi costituzionali, della libertà di scelta e della parità di trattamento tra gli iscritti alle scuole pubbliche, statali e paritarie;
h) il supporto all'inserimento ed al reinserimento nel mondo del lavoro delle persone che si sono dedicate al lavoro di cura familiare;
i) il sostegno e la qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare;
j) l'armonizzazione dei tempi di vita personale e professionale, per conciliare gli impegni familiari con l'attività lavorativa, anche attraverso lo strumento del telelavoro;
k) la valorizzazione dell'associazionismo familiare attraverso l'attribuzione di un ruolo attivo alle associazioni familiari nella programmazione, progettazione, realizzazione e valutazione del sistema dei servizi alla persona;
l) la promozione del diritto della famiglia a svolgere liberamente le proprie funzioni sociali ed educative, anche attraverso il coinvolgimento e la partecipazione della stessa alla progettazione dei relativi interventi e servizi.
 

Capo II Servizi, interventi e azioni per le famiglie
Art. 298 Servizi ed azioni generali e sostegno alla funzione educativa e di cura dei soggetti in età minore.
1. La Regione, per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente titolo, nel definire gli interventi e i servizi a sostegno della famiglia, provvede:
a) al potenziamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia, come previsti e disciplinati dalla legge regionale 22 dicembre 2005, n. 30 (Sistema integrato dei servizi socioeducativi per la prima infanzia);
b) al potenziamento delle attività dei consultori familiari per la famiglia, per la valorizzazione della maternità e paternità responsabile, per il sostegno alle gestanti ed alle madri in difficoltà, per la prevenzione dell'abbandono alla nascita, per l'ascolto ed il sostegno ai genitori durante la gravidanza, al momento della nascita e nella fase del post-partum, e per la tutela psicofisica delle donne vittime di violenza;
c) allo sviluppo e al potenziamento dei servizi di mediazione familiare quali strumenti di supporto qualificato a coppie in crisi, allo scopo principale di sostenere i genitori nell'individuazione delle decisioni più appropriate, con particolare riguardo agli interessi dei figli minori.
2. La Regione, nel riconoscere la valenza sociale, educativa e formativa svolta dai genitori, promuove azioni formative e informative di sostegno alla genitorialità, anche all'interno dei servizi socio-educativi e scolastici del territorio, finalizzate a riconoscere, sostenere e sviluppare le competenze dei genitori nel loro ruolo educativo e di cura.
3. La Regione promuove interventi di sostegno al rapporto genitori e figli, tesi a prevenire situazioni di rischio e disagio, mediante azioni di supporto alle relazioni familiari volte al superamento delle eventuali situazioni di crisi e disagio comunicativo e relazionale. Tali azioni consistono in:
a) interventi socio-educativi territoriali, all'individuo o al gruppo, volti al contrasto della devianza e dell'esclusione sociale, valorizzando le risorse presenti nel tessuto sociale, per favorire processi di autoriconoscimento e di appartenenza;
b) interventi socio-educativi domiciliari diretti alle famiglie con bambini che, per diversi motivi, hanno difficoltà ad assolvere agli impegni della vita quotidiana;
c) azioni di mediazione fra soggetti a rischio e contesto di riferimento.
4. La Regione promuove la cultura dell'accoglienza verso i minori, nonché opportunità diversificate per fornire risposte efficaci a bisogni di protezione, ospitalità ed affettività.
5. La Regione, nei limiti delle proprie competenze, sostiene l'adozione e l'affidamento familiare, nonché i servizi residenziali e semiresidenziali di tipo familiare o comunitario e gli interventi di prevenzione e contrasto al maltrattamento.
 

Art. 299 Assistenza socio-sanitaria e sanitaria alla famiglia.
1. La Regione tutela la maternità e la paternità responsabile nel rispetto dei principi etici di ciascuno, ed attraverso le aziende sanitarie regionali e con le strutture ed i servizi sociali del territorio, garantisce continuità assistenziale alla famiglia attraverso:
a) l'assistenza sanitaria e socio-sanitaria per la tutela della maternità e per la procreazione responsabile, anche medicalmente assistita;
b) l'assistenza sanitaria, psicologica e sociale, anche domiciliare, alle donne e alle famiglie in situazione di rischio sanitario e psicosociale, sia antecedente che successiva al parto, anche su segnalazione dei punti nascita, nonché attraverso la promozione di reti di auto-aiuto;
c) la prevenzione e riduzione delle cause di infertilità e abortività spontanea e lavorativa, nonché delle cause di potenziale danno per il nascituro, in relazione alle condizioni ambientali, ai luoghi di lavoro e agli stili di vita;
d) le attività informative e di prevenzione tramite prestazioni sanitarie e psicologiche, anche riabilitative e post-traumatiche, alle vittime di violenza sessuale ed ai minori vittime di abuso, di grave trascuratezza e di maltrattamento;
e) l'assistenza sanitaria e socio-sanitaria a favore di famiglie che si prendono cura di persone con problemi psichiatrici, persone non autosufficienti e persone che assumono sostanze che provocano dipendenza.
2. Le Aziende USL garantiscono mediante i propri consultori:
a) l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia, anche in ordine alla problematica minorile;
b) l'informazione relativa a questioni concernenti la sterilità, l'infertilità e le tecniche di riproduzione medicalmente assistita, nonché l'attività di orientamento verso i centri che praticano quest'ultima e il raccordo operativo con gli stessi;
c) la tutela della salute della donna e del concepito;
d) l'assistenza alla gestante, garantendole i necessari accertamenti medici e informandola sui diritti a lei spettanti come lavoratrice madre, e sui servizi offerti dalle strutture delle Aziende USL;
e) l'informazione a favore della maternità responsabile.
3. La Regione, le Aziende sanitarie regionali e i Comuni attuano gli interventi di cui ai commi 1 e 2 attraverso gli strumenti previsti dagli atti di programmazione regionale.
 

Art. 300 Interventi per le famiglie vulnerabili.
1. La Regione promuove forme di sostegno, anche mediante agevolazioni economiche, ai nuclei familiari che, per il combinarsi di più fattori, tra i quali l'elevato numero dei figli, sono vulnerabili e più esposti al disagio e al rischio di povertà.
2. Per l'attuazione di quanto disposto dal comma 1, la Regione e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, realizzano i seguenti interventi:
a) erogazione diretta di benefici economici per la fornitura di beni e servizi essenziali per la vita familiare;
b) agevolazioni per i costi di servizi pubblici e di tariffe, nei limiti delle normative vigenti;
c) riduzione di costi di beni o servizi di uso familiare mediante convenzioni con produttori e distributori;
d) integrazione al canone di locazione ed altre agevolazioni per l'accesso all'alloggio in locazione;
e) agevolazioni per spese mediche e sanitarie;
f) prestito sociale d'onore;
g) misure di sostegno all'inserimento e reinserimento nel mondo del lavoro.
3. Con norme regolamentari vengono definiti le modalità, i criteri e le risorse per la realizzazione degli interventi di cui al comma 2, in armonia con quanto previsto dal Piano sociale regionale.
4. Le norme regolamentari di cui al comma 3, in coerenza con la presente legge, definiscono la categoria della vulnerabilità, tenendo presenti, in ogni caso, le seguenti situazioni di disagio:
a) nascita di un altro figlio o adozione o affido;
b) ingresso dei figli nel circuito dell'istruzione;
c) decesso, ovvero riduzione o perdita del reddito da lavoro da parte della persona di riferimento del nucleo familiare;
d) scomposizione della famiglia;
e) insorgenza di una malattia grave o di una dipendenza;
f) perdita o difficoltà di accesso all'alloggio;
g) presenza o insorgenza in famiglia di una condizione di non autosufficienza;
h) inabilità temporanea al lavoro di lavoratore autonomo, qualora sia unico titolare del reddito nell'ambito del nucleo familiare, per periodi eccedenti la copertura assicurativa o in assenza di garanzie assicurative individuali.
 

Art. 301 Interventi per la famiglia in condizione di grave disagio.
1. Oltre agli interventi di cui all'articolo 300, la Regione prevede specifiche misure per la famiglia in condizione di particolare disagio sociale, economico e relazionale.
2. A tal fine la Regione riconosce il valore della permanenza a domicilio di persone prive, anche parzialmente, di autonomia fisica o psichica, e la sostiene adottando apposite misure, in conformità con quanto previsto dagli strumenti normativi e programmatici regionali.
3. La Regione, inoltre, promuove ogni iniziativa idonea per consentire la modulazione e la flessibilità oraria delle prestazioni lavorative in base alle esigenze derivanti dai compiti di cura.
4. La Regione supporta anche economicamente la costituzione di strutture di tipo familiare per l'accoglienza temporanea di donne e bambini vittime di violenza o in condizione di grave disagio.
 

Art. 302 Interventi per favorire l'accesso alla casa delle famiglie.
1. La Regione promuove politiche abitative per la famiglia, con particolare riferimento ai nuclei familiari meno abbienti, mediante l'ampliamento dell'offerta di alloggi a canone contenuto, il sostegno economico per i canoni di locazione e l'intervento per l'insorgere di imprevedibili esigenze abitative, secondo quanto previsto dalla legge regionale 28 novembre 2003, n. 23 (Norme di riordino in materia di edilizia residenziale pubblica) e in attuazione dell'articolo 300.
2. La Regione sostiene le famiglie di nuova formazione e le giovani coppie mediante appropriate forme di supporto da definirsi nel piano triennale per l'edilizia residenziale e nei programmi operativi annuali di cui agli articoli 2 e 3 della legge regionale n. 23/2003.
 

Art. 303 Diritto allo studio.
1. La Regione rispetta e garantisce la libertà di scelta e di educazione dei genitori, nonché la parità di trattamento tra gli utenti di scuole ed università pubbliche, statali e paritarie.
2. La Regione prevede strumenti tesi ad assicurare un effettivo diritto allo studio e la concreta possibilità di beneficiare del pluralismo delle offerte educative a partire dalla prima infanzia, ivi compresi contributi diretti alle famiglie, anche nella forma di buoni scuola, nonché servizi e supporti finalizzati all'abbattimento delle spese sostenute per la frequenza.
 

Art. 304 Interventi per l'inserimento e reinserimento lavorativo.
1. La Regione adotta misure per favorire le aziende pubbliche o private che assumono con contratto part time persone con figli fino a tre anni di età e sostiene in via prioritaria l'inserimento lavorativo delle stesse.
2. La Regione promuove iniziative volte ad incentivare il reinserimento lavorativo del componente del nucleo familiare, che per compiti di assistenza nei confronti di minori o di cura nei confronti di persona non autosufficiente ha interrotto la precedente attività di lavoro.
3. La Regione favorisce inoltre il reinserimento lavorativo dei disoccupati con famiglia a carico.
4. Le iniziative di cui ai commi 2 e 3 consistono in:
a) attività sistematica d'informazione delle opportunità occupazionali esistenti tramite i servizi territoriali dedicati (Centri per l'impiego e Servizi accompagnamento lavoro);
b) programmi formativi specifici finalizzati al rientro nel mercato del lavoro;
c) riconoscimento di riserva significativa di posti, comunque non superiore al 15%, nei percorsi di formazione professionale nell'ambito delle politiche regionali della formazione.
5. La Regione favorisce con interventi economici la realizzazione di asili nido, anche con strutture presso le aziende, per favorire i genitori nell'attività lavorativa.
 

Art. 305 Sostegno all'adozione e all'affidamento familiare.
1. La Regione, nei limiti della propria competenza, al fine di garantire la tutela e la salvaguardia dei minori in Umbria in situazione di difficoltà o di abbandono e per tutelare il loro diritto alla famiglia, sostiene l'attività dei servizi territoriali e di tutti gli altri enti interessati negli adempimenti previsti dalle vigenti leggi in materia di adozione di minori e di affidamento familiare.
2. A tali fini la Regione:
a) sostiene i servizi e le équipe territoriali per l'adozione e promuove l'affidamento familiare mediante apposite linee guida;
b) promuove la collaborazione tra enti autorizzati e servizi pubblici, ai fini di un migliore inserimento dei minori nelle famiglie e nel contesto sociale, nonché ai fini della prevenzione dei fallimenti adottivi;
c) sostiene ed agevola le adozioni e gli affidamenti familiari di minori di età superiore ai 12 anni, con grave disabilità, con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 104/1992;
d) realizza un sistema di monitoraggio sul numero, sull'andamento e sulla gestione delle adozioni, degli affidamenti e sui minori fuori famiglia accolti in strutture residenziali.
 

Art. 306 Riconoscimento del lavoro di cura familiare.
1. La Regione riconosce e valorizza il lavoro di cura familiare non retribuito derivante da responsabilità familiari, per l'educazione dei figli o per la cura ed il sostegno dei membri della famiglia in situazione di non autosufficienza.
 

Art. 307 Sostegno e qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare.
1. La Regione, in armonia con la legge n. 328/2000 e con il Piano sanitario regionale, con il Piano sociale regionale e con la programmazione regionale in materia di formazione, favorisce il sostegno e la qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare.
2. Per attività di assistenza familiare domiciliare si intende il lavoro di cura e aiuto prestato a domicilio da persone singole, anche straniere, non in rapporto di parentela, a favore di coloro che hanno bisogno di un supporto per svolgere le attività della vita quotidiana.
3. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1 sono promosse e attuate iniziative di:
a) formazione;
b) promozione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro;
c) informazione, assistenza, supporto e consulenza;
d) sostegno economico;
e) monitoraggio e verifica degli interventi.
 

Art. 308 Formazione per le persone che prestano attività di assistenza familiare.
1. La Regione promuove la realizzazione di programmi di formazione e aggiornamento del personale addetto all'assistenza familiare domiciliare.
2. Le attività di formazione sono rivolte in particolare a fornire competenze nel lavoro di cura e aiuto, igiene alimentare, personale ed ambientale, elementi di gerontologia, geriatria, psicologia, problematiche dell'handicap, miglioramento del contesto abitativo, indipendenza e sicurezza domestica, capacità di orientamento e interazione con il sistema dei servizi nonché, per le persone straniere, ad assicurare l'apprendimento di base e il miglioramento della conoscenza della lingua, della cultura e della tradizione italiana.
3. In esito al percorso formativo è previsto il rilascio di un attestato di frequenza con profitto, secondo la disciplina prevista dalla Giunta regionale, in merito alla programmazione, gestione, vigilanza e rendicontazione degli interventi di formazione e politiche attive del lavoro, in cui vengono rappresentati gli esiti degli apprendimenti maturati nel percorso formativo, in termini di competenze, riconoscibili come crediti formativi. Saranno riconoscibili, inoltre, come crediti formativi in ingresso gli apprendimenti comunque acquisiti dalla persona compresi i titoli conseguiti all'estero, attestanti l'acquisizione di competenze nei processi di assistenza alla persona, ai fini dell'iscrizione negli elenchi di cui all'articolo 310, comma 1.
4. La Giunta regionale individua i soggetti attuatori, i destinatari, la durata, le modalità e il contenuto dei programmi di formazione e aggiornamento, gli incentivi per la frequenza, nonché i criteri per il rilascio dell'attestato di frequenza e per il riconoscimento dei crediti formativi.
 

Art. 309 Selezione del personale straniero che presta attività di assistenza familiare.
1. Nel rispetto della normativa statale in materia, la Regione promuove azioni finalizzate all'inserimento lavorativo in ambito regionale di lavoratori stranieri da impiegare nell'assistenza familiare domiciliare, attraverso percorsi formativi da realizzarsi nel Paese d'origine del cittadino extracomunitario.
2. Alle persone individuate ai sensi del comma 1, nel rispetto della normativa statale vigente, è garantito titolo di preferenza nell'ambito delle quote d'ingresso di lavoratori stranieri extracomunitari assegnate alla Regione.
 

Art. 310 Promozione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
(Testo dell’articolo 310 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 50 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 1 e la soppressione di alcune parole al comma 2)
1. La Regione, per garantire un servizio di cura qualificato e regolare nonché per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, predispone elenchi di persone disponibili all'assistenza familiare domiciliare con indicazione specifica di coloro che sono in possesso dell'attestato di cui all'articolo 308, comma 3 e di eventuali altri titoli di formazione nell'area assistenziale.
2. La Giunta regionale stabilisce, con proprio atto, i requisiti di iscrizione agli elenchi di cui al comma 1, gli obblighi degli iscritti, le modalità di tenuta, di aggiornamento e di pubblicazione degli elenchi.
 

Art. 311 Attività di informazione e assistenza.
(Testo dell’articolo 311 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 51 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 1)
1. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, con la collaborazione di soggetti pubblici, privati e del privato sociale, garantiscono l'attività di informazione, assistenza e consulenza in favore delle famiglie e del personale addetto all'assistenza familiare domiciliare.
2. Le attività di cui al comma 1 sono rivolte in particolare a sostenere le persone singole e le famiglie nell'avvio e nella gestione del rapporto di lavoro, con riferimento agli aspetti di natura sia amministrativa che relazionale e a garantire al personale addetto all'assistenza familiare domiciliare regolari condizioni di vita e di lavoro.
 

Art. 312 Interventi di sostegno economico a favore dei soggetti che si avvalgono del personale addetto alle attività di assistenza familiare.
(Testo dell’articolo 312 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 52 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole ai commi 1 e 4)
1. La Regione sostiene le persone singole e le famiglie che si avvalgono di personale addetto all'assistenza familiare domiciliare per le finalità di cui all'articolo 307, comma 1, anche attraverso intese tra Zone sociali tramite il Comune capofila, terzo settore e associazionismo sociale, al fine di agevolare l'erogazione di contributi mensili, diretti a ridurre gli oneri derivanti dai contratti di lavoro.
2. La Giunta regionale stabilisce con proprio regolamento:
a) i soggetti che possono richiedere il contributo mensile di cui al comma 1;
b) i requisiti necessari ai fini dell'ammissione al contributo con riferimento, in particolare:
1) alla situazione economica del nucleo familiare della persona richiedente, valutata secondo il metodo ISEE;
2) alla condizione di bisogno e di disagio individuale e familiare;
3) alla durata e alle condizioni stabilite nel contratto di lavoro del personale addetto
all'assistenza familiare domiciliare;
c) la commisurazione del contributo mensile rapportata ai requisiti di cui ai numeri 1), 2) e 3) della lettera b) del presente comma.
3. I soggetti di cui alla lettera a) del comma 2 si impegnano a far partecipare il personale addetto all'assistenza familiare domiciliare ai programmi di formazione e aggiornamento di cui all'articolo 308.
4. Il contributo mensile è erogato dalle Zone sociali, tramite il Comune capofila sulla base di appositi finanziamenti concessi dalla Regione e ripartiti in relazione alla popolazione ultrasessantacinquenne e alla popolazione diversamente abile residente nell'ambito territoriale di riferimento di cui al Piano sociale regionale.
5. I contributi sono cumulabili con altre agevolazioni compatibili con leggi regionali.
 

Capo III Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro
Art. 313 Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro.
1. La Regione, nel rispetto dei principi sanciti dallo Statuto regionale, al fine di far fronte all'emergenza delle famiglie di lavoratrici e lavoratori autonomi e subordinati nonché di soggetti ad essi equiparati, vittime di incidenti mortali del lavoro, istituisce il Fondo regionale di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro di seguito denominato Fondo. Il Fondo è finalizzato all'erogazione di un contributo in caso di morte del lavoratore per incidente del lavoro.
2. La Regione con il Fondo di cui al comma 1, promuove, altresì, in collaborazione con altri soggetti istituzionali e organismi che operano nell'ambito della sicurezza sul lavoro, campagne di informazione e progetti di sensibilizzazione sul diritto delle lavoratrici e dei lavoratori alla sicurezza nei luoghi di lavoro al fine di assicurare una più efficace azione volta alla soluzione del problema della sicurezza nei luoghi di lavoro.
3. Le risorse destinate alle campagne ed ai progetti di cui al comma 2 non possono superare il dieci per cento del fondo.
4. Il Fondo di cui al comma 1 è alimentato:
a) da risorse regionali;
b) dalla raccolta effettuata dal Comitato regionale di cui all'articolo 315 dei contributi volontari e solidaristici versati dai lavoratori, dai datori di lavoro, dagli amministratori, eletti o nominati, della Regione, dei Comuni e delle Province, dagli amministratori nominati dagli Enti pubblici, dai cittadini singoli o associati e qualunque altro soggetto pubblico o privato;
c) con i proventi derivanti dalle sanzioni applicate alle imprese che non risultano in regola con le disposizioni regionali in materia di regolarità contributiva.
5. Le risorse finanziarie costituenti il Fondo possono essere utilizzate per interventi e prestazioni di assistenza sociale a favore dei soggetti di cui all'articolo 314, al fine di garantire agli stessi una quota assistenziale al momento della perdita del familiare, con le modalità previste nel regolamento di cui all'articolo 316, comma 1, lettera a).
 

Art. 314 Contributo in caso di morte del lavoratore per incidente sul lavoro.
1. Sono beneficiari del contributo di cui all'articolo 313 il coniuge superstite o, in mancanza i figli, o in mancanza di questi, gli ascendenti, o in mancanza di questi, i fratelli e le sorelle in rapporto di dipendenza economica, o in mancanza di questi ultimi, il convivente anagraficamente in rapporto di dipendenza economica, secondo le modalità stabilite dal regolamento di all'articolo 316, comma 1, lettera a).
2. Il contributo è concesso ove il lavoratore deceduto risulti residente in Umbria al momento del decesso, ovvero ove l'incidente mortale si sia verificato nel territorio regionale.
3. Il contributo è concesso entro trenta giorni dalla morte del lavoratore per una sola volta. Esso è aggiuntivo rispetto ad eventuali emolumenti o indennizzi derivanti da altri obblighi di legge o assicurativi.
 

Art. 315 Comitato regionale per il Fondo emergenza incidenti del lavoro.
1. È istituito il Comitato per il Fondo emergenza incidenti del lavoro composto da:
a) il Presidente della Giunta regionale, o suo delegato, con funzioni di Presidente;
b) un componente designato dall'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) e uno designato dall'Unione province d'Italia associazioni dell'Umbria (UPI);
c) tre componenti designati dalle organizzazioni sindacali regionali dei lavoratori maggiormente rappresentative, Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL), Unione italiana del lavoro (UIL) e Unione generale del lavoro (UGL);
d) un componente designato dalla Confindustria Umbria;
e) un componente designato dalla Confederazione italiana della piccola e media industria regionale (CONFAPI);
f) un componente designato dalla Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa regionale (CNA);
g) un componente designato dalla Associazione provinciale artigiani della provincia di Perugia e della provincia di Terni;
h) un componente designato dalla Confartigiano imprese Umbria;
i) un componente designato dalla Unione fra gli artigiani della Regione Umbria (CLAAI);
j) un componente designato dalla Confederazione italiana agricoltori dell'Umbria regionale (CIA);
k) un componente designato dalla Confagricoltura regionale;
l) un componente designato dalla Coldiretti Umbria;
m) un componente designato dalla Confcommercio regionale;
n) un componente designato dalla Confesercenti regionale;
o) un componente designato dalla Confcooperative regionale;
p) un rappresentante designato dalla Lega regionale delle cooperative;
q) un componente designato dalla Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL) Umbria.
2. Il Comitato può, di volta in volta, invitare alle sedute altri soggetti oltre a quelli individuati al comma 1.
3. Il Comitato è nominato dal Presidente della Giunta regionale, resta in carica per la durata della legislatura e opera presso la Direzione regionale competente in materia di servizi sociali.
4. Le funzioni di segreteria e di assistenza del Comitato sono svolte dal servizio regionale competente in materia di servizi sociali.
5. Il Comitato adotta un regolamento interno per il proprio funzionamento. Il regolamento può prevedere l'adesione di altri soggetti.
6. Ai componenti del Comitato non spetta alcun compenso e rimborso spese.
 

Art. 316 Funzioni del Comitato regionale per il Fondo emergenza incidenti del lavoro.
1. Il Comitato svolge le seguenti funzioni:
a) provvede alla gestione del Fondo e alla erogazione del contributo in caso di morte del lavoratore per incidente del lavoro sulla base delle modalità stabilite dalla Giunta regionale con regolamento, secondo il criterio che il contributo si compone di una parte fissa uguale per tutti i beneficiari e di una parte variabile da determinare tenendo conto del reddito complessivo del nucleo familiare e del numero dei suoi componenti. La parte variabile del contributo non può essere superiore al triplo della parte fissa dello stesso;
b) formula proposte alla Giunta regionale in merito alle iniziative dirette a favorire la conoscenza e la sensibilizzazione in ordine al rispetto dei diritti dei lavoratori sulla sicurezza nei luoghi di lavoro;
c) propone alla Giunta regionale indagini e studi nelle materie di cui al presente Testo unico.
 

Titolo V Politiche per le persone a rischio di esclusione sociale
Capo I Fondo regionale per la non autosufficienza e diritto alle prestazioni
Art. 317 Fondo regionale per la non autosufficienza.
1. La Regione, nel rispetto dei valori della Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dei principi fondamentali stabiliti dalla legge n. 328/2000 e dalla normativa statale vigente in materia, nonché dei principi fissati dallo Statuto regionale, istituisce il Fondo regionale per la non autosufficienza, di seguito denominato Fondo, al fine di incrementare il sistema di protezione sociale e di cura delle persone non autosufficienti e delle relative famiglie, sulla base dei principi generali di universalità nell'accesso alle prestazioni, di integrazione delle politiche sociali e sanitarie, di presa in carico attraverso una progettualità personalizzata e partecipata.
 

Art. 318 Diritto alle prestazioni.
1. Possono usufruire delle prestazioni dei servizi, finanziati con il Fondo, le persone non autosufficienti aventi diritto all'assistenza sanitaria.
2. Con il termine persone non autosufficienti si intendono quelle persone che hanno subito una perdita permanente parziale o totale dell'autonomia delle abilità fisiche, psichiche, sensoriali, cognitive e relazionali, da qualsiasi ragione determinata, con conseguente incapacità di compiere gli atti essenziali della vita quotidiana senza l'aiuto rilevante di altre persone, considerando i fattori ambientali e personali che concorrono a determinare tale incapacità coerentemente con quanto previsto dalle indicazioni della Organizzazione mondiale della sanità (O.M.S.) attraverso la classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (I.C.F.). La condizione di non autosufficienza si articola in diversi livelli di gravità, secondo quanto previsto all'articolo 320, comma 2, lettera b).
 

Art. 319 Accesso unico alle prestazioni e presa in carico della persona non autosufficiente.
(Testo dell’articolo 319 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 53 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 2)
1. L'accesso alle prestazioni dei servizi finanziati con il Fondo è garantito dalla rete territoriale dei servizi socio-sanitari attraverso i centri di salute dei distretti socio-sanitari e gli uffici della cittadinanza dei comuni, che assicurano l'uniformità dell'informazione e l'accoglienza, confluendo in un punto unico rappresentato dal distretto socio-sanitario.
2. Il distretto sanitario o le Zone sociali provvedono alla presa in carico della persona non autosufficiente ed alla attivazione della unità multidisciplinare di valutazione prevista dalle disposizioni regionali in materia.
3. La presa in carico comporta la valutazione multidisciplinare della persona non autosufficiente e la formulazione di un progetto individuale finalizzato a realizzare la piena inclusione della persona non autosufficiente nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché, nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro in armonia con quanto stabilito dal Capo III della legge n. 328/2000. All'interno del progetto individuale viene formulato il programma assistenziale personalizzato come definito dall'articolo 324.
 

Art. 320 Accertamento e valutazione della non autosufficienza.
1. L'accertamento della condizione di non autosufficienza è effettuato dalle unità multidisciplinari di valutazione, geriatrica e per disabili, previste dalle disposizioni regionali in materia operanti presso i distretti socio-sanitari delle Aziende (USL).
2. La Giunta regionale, con proprio atto di indirizzo fissa in maniera omogenea su tutto il territorio:
a) i criteri per definire la composizione delle unità di valutazione di cui al comma 1 e le relative modalità di funzionamento;
b) i criteri di classificazione dei casi sottoposti a valutazione per categoria clinica e gravità della condizione.
3. La valutazione della condizione di non autosufficienza avviene tenendo conto delle indicazioni della O.M.S. ed è ispirata ai principi generali della I.C.F. di cui all'articolo 318 comma 2.
4. Alle unità di valutazione di cui al comma 1 partecipano, almeno, il medico di medicina generale, il personale sanitario dell'area infermieristica e dell'area riabilitativa della competente struttura della Azienda USL e il personale relativo alle figure professionali socio-assistenziali dei servizi sociali del comune competente per territorio.
5. Le Aziende USL competenti per territorio provvedono alla nomina e all'insediamento delle unità di valutazione di cui al comma 1.
 

Art. 321 Costituzione del Fondo regionale per la non autosufficienza.
1. Il Fondo regionale per la non autosufficienza è alimentato da:
a) risorse provenienti dal riparto del Fondo nazionale per la non autosufficienza;
b) risorse provenienti dal finanziamento di parte corrente del Servizio sanitario regionale specificatamente destinate alle finalità della presente legge;
c) risorse proprie del bilancio regionale afferenti anche al Fondo sociale regionale di cui alla legge regionale 26/2009;
d) eventuali altre risorse di natura privata.
2. Il Fondo costituisce vincolo di risorse per la realizzazione degli obiettivi previsti di cui all'articolo 317.
3. Alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 317 concorrono i Comuni con risorse proprie appositamente destinate nei bilanci annuali e pluriennali.
4. Il Fondo ha contabilità separata nel bilancio delle Aziende USL.
5. La Giunta regionale, con proprio atto di indirizzo, definisce le modalità di tenuta della contabilità e la relativa rendicontazione.
 

Art. 322 Partecipazione delle formazioni sociali e delle organizzazioni sindacali nella costruzione e gestione del Fondo regionale per la non autosufficienza.
(Testo dell’articolo 322 della legge regionale 9 aprile 2015, n 11, così modificato dall’articolo 54 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 2)
1. La Regione riconosce il ruolo di rappresentanza sociale delle organizzazioni e delle formazioni sociali che rappresentano e tutelano i cittadini nella costruzione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e assume il confronto e la concertazione come metodo di relazione con esse.
2. Nella costruzione e gestione del Fondo assume un ruolo fondamentale il confronto ai vari livelli istituzionali con le organizzazioni sindacali, le espressioni di autorganizzazione della società civile in ambito sociale, con particolare riferimento alle organizzazioni di volontariato, alle associazioni di promozione sociale e del confronto con le rappresentanze dei soggetti gestori dei servizi. Il confronto si realizza lungo tutto l'arco della elaborazione degli strumenti di programmazione e si completa nel confronto sulla valutazione degli esiti. A livello delle Zone sociali tale confronto si svolge attraverso il Tavolo zonale di concertazione di cui all’articolo 271 bis.
3. I principi di cui al presente articolo orientano l'attività della Regione e degli Enti locali a tutti i livelli, prevedendo momenti di concertazione e confronto per i rispettivi ambiti di competenza.
 

Capo II Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali
Art. 323 Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali.
(Testo dell’articolo 323 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 55 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 2)
1. Il Fondo per garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, in favore delle persone non autosufficienti anziani, adulti e minori, finanzia le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria.
2. La Regione assegna direttamente ai Distretti di cui all'art. 38 e alle Zone sociali di cui all’articolo 268 bis le risorse del fondo per l'erogazione delle prestazioni di cui al comma 1 a rilevanza sociale.
3. Le prestazioni di cui al comma 1, garantite alle persone non autosufficienti secondo criteri di gradualità nell'erogazione come previsto dal comma 6, lettera c), sono orientate a favorire la permanenza dell'assistito nel proprio domicilio ed evitare il ricovero in strutture residenziali. Le prestazioni socio-sanitarie e sociali prevedono interventi volti a mantenere ed accrescere le opportunità di sviluppo psicosociale della persona disabile.
4. Le spese sostenute per l'assistenza alle persone non autosufficienti seguono il criterio della residenza del beneficiario e la compensazione finanziaria avviene secondo le disposizioni che regolano la mobilità sanitaria.
5. La Giunta regionale in coerenza con gli obiettivi della programmazione socio-sanitaria, stabilisce con proprio atto:
a) le prestazioni erogabili a domicilio con particolare riguardo all'assistenza tutelare, all'aiuto personale nello sviluppo delle attività quotidiane, all'assistenza familiare domiciliare, alla promozione di attività di socializzazione, nonché le prestazioni della medesima natura da garantire presso le strutture residenziali e semi residenziali per le persone non autosufficienti, non assistibili a domicilio, incluse quelle di ospitalità alberghiera;
b) i criteri di erogazione appropriata delle prestazioni, correlati alla natura del bisogno da garantire alle persone non autosufficienti in ambito domiciliare, semi residenziale e residenziale, articolati in base all'intensità complessiva e alla durata dell'assistenza;
c) l'individuazione dei costi posti a carico del Servizio sanitario nazionale per ciascuna prestazione.
6. La Giunta regionale disciplina con regolamento:
a) i criteri e le modalità per l'accesso alle prestazioni;
b) i criteri di compartecipazione al costo delle prestazioni di cui alla presente legge tenendo conto delle condizioni economiche del destinatario della prestazione, prevedendo l'esenzione totale, l'esenzione parziale e la non esenzione;
c) i criteri per garantire la gradualità nell'erogazione delle prestazioni, limitatamente alla fase di progressivo raggiungimento dei livelli essenziali, in modo proporzionale alle risorse disponibili.
 

Capo III Programma assistenziale personalizzato
Art. 324 Programma assistenziale personalizzato.
1. Il programma assistenziale personalizzato, di seguito PAP, individua obiettivi ed esiti attesi in termini di mantenimento e miglioramento delle condizioni di salute, indica le prestazioni da assicurare alla persona non autosufficiente e alla famiglia, fissa i tempi e le modalità di erogazione delle prestazioni, nonché i criteri di verifica in itinere dei risultati raggiunti.
2. Alla definizione del PAP partecipano la persona non autosufficiente, o eventualmente chi è stato nominato dal Giudice tutelare, i suoi familiari e conviventi.
3. Il PAP individua il responsabile del programma che deve essere scelto tra gli operatori dell'area sanitaria o dell'area sociale sulla base del criterio della prevalenza della tipologia delle prestazioni previste dal programma stesso.
4. Il responsabile del PAP di cui al comma 3 garantisce l'attuazione del programma attraverso l'intervento integrato dei servizi sanitari e dei servizi sociali, divenendo il referente dei soggetti di cui al comma 2.
 

Art. 325 Patto per la cura e il benessere.
1. Al fine di assicurare la piena applicazione del PAP la persona non autosufficiente, o eventualmente chi è stato nominato dal Giudice tutelare, i suoi familiari o conviventi e il responsabile del PAP predispongono e sottoscrivono il Patto per la cura e il benessere con il quale vengono garantite e coordinate le prestazioni sanitarie e socio-assistenziali, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche.
 

Capo IV Piano regionale integrato per la non autosufficienza
Art. 326 Piano regionale integrato per la non autosufficienza.
1. La Giunta regionale adotta, contestualmente al Piano sanitario ed al Piano sociale, il Piano regionale integrato per la non autosufficienza di seguito PRINA e lo trasmette, espletate le procedure di concertazione, all'Assemblea Legislativa per l'approvazione.
2. Il PRINA ha durata triennale e definisce:
a) i criteri generali di riparto del Fondo di cui all'articolo 1 e l'assegnazione delle risorse da destinare alle Aziende USL e alle zone sociali con il vincolo di destinazione per i distretti sociosanitari e Ambiti territoriali sociali;
b) le aree prioritarie di intervento nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza da garantire alle persone non autosufficienti;
c) gli indirizzi per l'organizzazione dei servizi territoriali operanti a livello di Azienda USL e a livello di Comune.
 

Art. 327 Livelli e strumenti della programmazione.
(Testo dell’articolo 327 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 56 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole alla lettera b) e la sostituzione della lettera c) del comma 1, la sostituzione dei commi 3 e 4 e la sostituzione di alcune parole ai commi 5, 6 e 7)
1. Ai fini della presente legge, in coerenza con gli indirizzi fissati dal PRINA, la programmazione si articola su tre livelli:
a) Regione;
b) Azienda USL e Zone sociali dei distretti dell’azienda unità sanitaria locale ;
c) distretti sanitari e Zone sociali.
2. La Regione approva il PRINA, ne verifica l'attuazione e ne valuta gli esiti.
3. L’azienda unità sanitaria locale e le Zone sociali ricompresi nel suo territorio redigono il Piano attuativo triennale del PRINA.
4. Il Piano attuativo triennale del PRINA è articolato per distretti sanitari e Zone sociali e individua i servizi aventi come bacino di utenza l’intero territorio delle Zone sociali.
5. Il Piano attuativo triennale del PRINA è approvato dalla Conferenza di zona, entro 30 giorni dalla approvazione del PRINA, ed acquista efficacia dopo la valutazione di congruità da parte della Giunta regionale, così come previsto per i piani attuativi locali, resa entro 30 giorni.
6. I distretti sanitari e le Zone sociali, definiscono il Programma operativo del PRINA quale parte integrante del Programma delle attività territoriali del distretto socio-sanitario e del Piano di zona.
7. Il Programma operativo del PRINA viene redatto e approvato nel rispetto delle procedure previste dalle disposizioni vigenti per la redazione e approvazione del Programma delle attività territoriali del distretto sanitario e del Piano di zona.
8. Il Programma operativo del PRINA è approvato entro 30 giorni dalla deliberazione della Giunta regionale avente ad oggetto la valutazione di congruità del Piano attuativo triennale del PRINA.
9. Gli anziani non autosufficienti che beneficiano dell'assegno di cura di cui alla L.R. n. 24/2004 continuano a percepire l'incentivo economico fino a quando è predisposto e sottoscritto in loro favore il patto per la cura ed il benessere che può confermare l'incentivo o prevedere altre misure economiche ai sensi dell'articolo 325.
 

Capo V Prestito sociale d'onore
Art. 328 Prestito sociale d'onore.
1. Il prestito sociale d'onore, in coerenza con il Piano sociale regionale, è un'agevolazione concessa a favore di soggetti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 330 che versano in situazioni di temporanea difficoltà economica.
2. La difficoltà economica di cui al comma 1 deve essere:
a) momentanea e contingente, legata a problematiche individuali, familiari, abitative, scolastico-formative, lavorative, di salute e legali.
b) caratterizzata dalla presenza di concrete opportunità volte al superamento delle difficoltà economiche da parte del soggetto e/o dei suoi familiari.
 

Art. 329 Fondo per l'accesso al prestito sociale d'onore.
1. La Giunta regionale finanzia il prestito sociale d'onore con un apposito fondo finalizzato a consentire l'accesso al microcredito da parte dei soggetti di cui all'articolo 330, anche al fine di contrastare fenomeni di usura.
2. Il fondo è ripartito tra le Zone sociali con le modalità stabilite dal regolamento di cui all'articolo 331 comma 6.
3. Il prestito sociale d'onore consiste nell'abbattimento totale degli interessi sui prestiti sociali d'onore erogati da istituti di credito convenzionati con Gepafin S.p.A., da restituirsi in rate periodiche entro un periodo massimo di sessanta mesi. La restituzione del prestito decorre dal sesto mese dall'erogazione dello stesso. Il prestito sociale d'onore è garantito da Gepafin S.p.a. sull'importo richiesto, nei limiti della disponibilità del Fondo.
4. Il prestito sociale d'onore ha un importo massimo di euro 5 mila ed è determinato in funzione delle necessità dei soggetti e della loro capacità di rimborso.
5. La gestione amministrativa e contabile del fondo di cui al comma 1, effettuata secondo un criterio di separazione tra l'importo per l'abbattimento totale degli interessi derivanti dall'erogazione di prestiti e l'importo a garanzia dei prestiti sociali erogati, è attribuita a Gepafin S.p.a. sulla base di una apposita convenzione stipulata tra la stessa Gepafin e la Regione.
6. Un nuovo prestito sociale d'onore non può essere concesso al richiedente e/o al proprio nucleo familiare prima di dodici mesi a partire dal termine della restituzione del precedente prestito.
 

Art. 330 Requisiti per l'accesso.
1. Il soggetto, per ottenere il prestito sociale d'onore deve essere in possesso, alla data di presentazione della domanda, dei seguenti requisiti:
a) essere cittadino italiano o dell'Unione Europea; qualora cittadino extracomunitario, essere in possesso di carta di soggiorno o regolare permesso di soggiorno, la cui scadenza deve essere successiva alla restituzione del prestito;
b) esercitare attività di lavoro subordinata o autonoma;
c) avere residenza anagrafica da almeno un anno in uno dei comuni dell'Umbria;
d) avere compiuto i 18 anni di età;
e) avere un reddito familiare complessivo, come determinato da attestazione ISEE, ai sensi dalle vigenti disposizioni nazionali e regionali, non superiore a 17 mila euro annui e non inferiore a 5 mila euro annui, calcolato sulla base dell'ultima dichiarazione dei redditi;
f) avere una condizione socio-economica, alla data di presentazione della domanda o conseguibile in un arco temporale di breve periodo rispetto alla data della domanda stessa, tale da consentire una ragionevole e ponderata capacità di rimborso entro i termini stabiliti all'articolo 329, comma 3;
g) non godere di altre agevolazioni della stessa natura erogate da soggetti pubblici e privati, fatte salve le agevolazioni di carattere fiscale. Tale requisito deve sussistere fino alla restituzione dell'ultima rata del prestito sociale d'onore ottenuto;
h) non avere una situazione debitoria che evidenzia l'assoluta incapacità di rimborso del prestito sociale d'onore.
 

Art. 331 Modalità per l'erogazione del prestito.
1. Il soggetto, al fine dell'erogazione del prestito sociale d'onore, deve presentare apposita domanda al Comune di residenza o al Comune capofila di Zona sociale individuato nel Piano sociale regionale. La domanda deve contenere le dichiarazioni sostitutive di certificazione e di atto di notorietà rese ai sensi del D.P.R. 445/2000 relativamente:
a) al possesso dei requisiti di cui all'articolo 330;
b) alla sussistenza delle problematiche di cui all'articolo 328 comma 2 lettera a).
2. La domanda deve altresì contenere l'importo della spesa sostenuta o da sostenere che deve essere dimostrato da puntuale e adeguata documentazione.
3. Il Comune di cui al comma 1, verifica il possesso dei requisiti di cui all'articolo 330 e trasmette a Gepafin S.P.A. le domande prevenute, con cadenza mensile.
4. Gepafin S.p.A. stila una graduatoria delle domande pervenute, tenendo conto delle priorità determinate con il regolamento di cui al comma 6 e, entro dieci giorni dal ricevimento della domanda, trasmette agli istituti di credito convenzionati di cui all'articolo 329, comma 3, una comunicazione contenente l'indicazione dei soggetti che hanno i requisiti per accedere al prestito sociale d'onore.
5. Gli istituti di credito convenzionati, entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 4, deliberano la concessione del prestito sociale d'onore.
6. La Giunta regionale, con apposito regolamento:
a) stabilisce le specifiche tipologie di difficoltà economica, momentanea e contingente, con l'individuazione delle relative priorità ai sensi dell'articolo 328 comma 2, lettera a);
b) approva lo schema di avviso pubblico da pubblicarsi presso i Comuni;
c) individua i criteri e le procedure per la ripartizione del fondo di cui all'articolo 329, tra Zone sociali previsti dal Piano sociale regionale.
 

Capo VI Erogazione di contributi a favore degli enti di tutela e assistenza agli invalidi
Art. 332 Erogazione di contributi.
1. La Regione concede annualmente contributi alle seguenti Associazioni allo scopo di favorirne lo svolgimento dei compiti istituzionali:
a) Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro (ANMIL) riconosciuta con D.P.R. 31 marzo 1979;
b) Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili (ANMIC) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;
c) Associazione nazionale vittime civili di guerra (ANVCG) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;
d) Unione nazionale mutilati per servizio (UNMS) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;
e) Unione italiana ciechi (UIC) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;
f) Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra (ANMIG) riconosciuta con D.P.R. 23 dicembre 1978;
g) Ente nazionale sordomuti (ENS) riconosciuta con D.P.R. 31 dicembre 1979.
 

Art. 333 Modalità di erogazione dei contributi.
1. I contributi vengono erogati dalla Giunta regionale sulla base di un programma di riparto adottato dalla Giunta medesima secondo le seguenti percentuali: il 20 per cento dello stanziamento regionale viene assegnato alla Unione italiana ciechi (UIC), il 29 per cento all'ANMIC, il 20 per cento all'ANMIL, il 13 per cento all'ANMIG, il 6 per cento all'ENS, il 6 per cento all'UNMS e il 6 per cento all'ANVCG.
2. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, con proprio atto provvede ogni due anni alla revisione delle aliquote percentuali di cui al comma 1, sulla base del numero degli assistiti di ciascuna associazione e del volume dell'attività svolta, da valutare in base al consuntivo di cui al successivo articolo.
3. Al fine della formazione del piano di riparto di cui al comma 1, gli aventi diritto devono presentare entro il 31 ottobre di ogni anno alla Giunta regionale il programma di attività per l'anno successivo ed il relativo piano finanziario. La Giunta regionale provvede alla liquidazione dei contributi previa valutazione dei programmi presentati.
4. Entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello dell'erogazione del contributo, gli aventi diritto presentano alla Giunta regionale il rendiconto delle attività svolte ed i relativi conti consuntivi.
5. Qualora la Giunta regionale riscontri difformità rispetto ai piani di attività e/o ai compiti istituzionali stabiliti negli statuti delle associazioni che hanno beneficiato del contributo, revoca il contributo stesso.
 

Titolo VI Misure per favorire l'inserimento di comunità a rischio di emarginazione sociale
Capo I Misure per favorire l'inserimento dei nomadi nella società e per la tutela della loro identità e del loro patrimonio culturale
Art. 334 Misure per l'insediamento dei nomadi nel contesto sociale.
1. La Regione favorisce l'insediamento dei nomadi di cittadinanza italiana nel contesto sociale, garantendo la salvaguardia dell'identità e della cultura nomade, riconosce il diritto al nomadismo, ne disciplina la sosta nel territorio regionale, la fruizione dei servizi per l'assistenza sociale e sanitaria e stabilisce provvidenze finalizzate all'inserimento della comunità nomade di cittadinanza italiana nel contesto sociale.
2. Possono beneficiare delle previsioni di cui al presente Testo unico anche i nomadi non cittadini italiani, nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione statale.
 

Art. 335 Realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito.
1. I Comuni qualora intendano realizzare i campi di sosta e di transito, provvedono con apposita variante al proprio strumento urbanistico generale di previsione alla individuazione delle aree necessarie classificandole: "aree e servizi pubblici", con specifica destinazione.
2. I Comuni entro il 31 gennaio di ogni anno presentano al Presidente della Giunta regionale le domande per la realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito per i nomadi.
3. Alle domande devono essere allegati:
a) i progetti dei campi di sosta e delle aree di transito, le relative relazioni tecniche e preventivi di spesa;
b) i preventivi di spesa relativi alla gestione ed alla manutenzione dei campi e delle aree.
4. Il campo di sosta nel quale è consentito un periodo di permanenza massima di un anno per non più di cento utenti deve avere una superficie non inferiore a mq. 2000 e non superiore a mq. 3000, deve essere dotato di recinzione, servizi igienici compresi docce, fontana e lavatoio, illuminazione pubblica, impianti di allaccio di energia elettrica ad uso privato, area di giochi per bambini, telefono pubblico, contenitori per immondizie.
5. L'area riservata al transito consiste in una superficie dove i nomadi possono sostare per un periodo non superiore a venti giorni. L'area di transito deve essere dotata di recinzione, impianto di allaccio di energia elettrica, servizi igienici, acqua potabile e di spazi per la sosta delle roulotte.
6. L'ubicazione dei campi di sosta e di transito è individuata in modo da favorire la partecipazione degli utenti alla vita sociale e l'accesso ai servizi sanitari e sociali. La vigilanza sulle condizioni igienico-sanitarie è assicurata da parte dell'Azienda USL competente.
7. I nomadi accedono ai campi di sosta e di transito previa richiesta al Comune, il quale può disporre il versamento di un contributo.
8. I Comuni che abbiano realizzato i campi di sosta e le aree di transito possono affidarne, mediante convenzione, la gestione ad associazioni di volontariato, che operino nel settore dei servizi sociali, con le modalità previste dall'articolo 382.
 

Art. 336 Piano annuale ed erogazione dei contributi.
1. La Giunta regionale, sulla base delle domande presentate dai Comuni, approva il piano annuale per la localizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito per i nomadi entro sessanta giorni dal termine di cui all'articolo 335, comma 2 ai fini della ripartizione dei contributi per la realizzazione e la gestione dei campi di sosta e delle aree di transito, previo parere della competente commissione consiliare.
2. I Comuni, entro sessanta giorni dall'approvazione del piano di cui al comma 1 devono presentare il progetto esecutivo delle opere.
3. L'erogazione dei contributi è disposta:
a) per l'acquisto delle aree fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammissibile;
b) per la realizzazione dei campi di sosta e delle aree di transito fino al 30 per cento della
spesa ritenuta ammissibile;
c) per la gestione fino al 30 per cento della spesa ritenuta ammissibile, entro il 30 settembre di ogni anno secondo le previsioni del piano di cui al comma 1.
4. I contributi sono erogati dalla Giunta regionale con le modalità previste dalla legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici.)
 

Art. 337 Inserimento scolastico e professionale.
1. La Regione, al fine di favorire ed agevolare l'inserimento dei minori appartenenti alle Comunità dei nomadi negli asili nido, nella scuola materna e dell'obbligo, nel rispetto delle peculiarità della loro cultura, promuove iniziative dei Comuni e delle autorità scolastiche locali in accordo con l'Ufficio scolastico regionale.
2. I giovani nomadi che si iscrivono e frequentano gli asili nido, le scuole materne e dell'obbligo, i corsi di formazione professionale e le scuole secondarie in Umbria, usufruiscono delle provvidenze di cui alla legislazione regionale vigente nei limiti e secondo le modalità previste.
3. I soggetti destinatari della delega in materia di formazione professionale provvedono, nell'ambito dei piani annuali di attività, alla programmazione di iniziative specifiche dirette alla qualificazione professionale dei giovani nomadi, con particolare riferimento alle forme di lavoro e artigianato tipiche della loro cultura.
4. È consentita la partecipazione ai corsi annuali programmati per i giovani nomadi in possesso dei necessari requisiti culturali e di base adeguatamente accertati.
 

Art. 338 Promozione delle attività artigiane e delle forme associative tipiche della cultura nomade.
1. La Regione favorisce la realizzazione di iniziative di sostegno del settore dell'artigianato, in particolare di quello tipico della cultura nomade, nel quadro della vigente normativa nazionale e regionale.
2. La Regione favorisce altresì la realizzazione di iniziative volte alla creazione di forme associative o cooperative nei settori di attività tipici dei nomadi.
 

Titolo VII Azioni regionali per favorire lo scambio e l'utilizzo di prestazioni sociali tra cittadini
Capo I Banche del tempo e associazionismo familiare
Art. 339 Associazioni "Banche del tempo".
1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, facilitare l'utilizzo dei servizi, favorire la produzione di beni relazionali nella comunità incentivando le iniziative di espressioni organizzate delle persone che intendono scambiare parte del proprio tempo a favore della famiglia per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, la Regione favorisce la costituzione di associazioni denominate "Banche del tempo".
2. Al fine di favorire e sostenere le attività di cui al comma 1, i Comuni possono realizzare e favorire la formazione di banche del tempo attraverso le seguenti modalità:
a) disponendo l'utilizzo di locali e l'accesso ad eventuali servizi;
b) assicurando o concorrendo all'organizzazione di attività di promozione, formazione e informazione;
c) stipulando convenzioni che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto in favore di genitori, famiglie e singoli cittadini. Tali prestazioni non devono costituire modalità di esercizio di attività istituzionali.
 

Art. 340 Coordinamento dei tempi della città.
1. I comuni, anche in forma associata, adottano piani territoriali degli orari, al fine di armonizzare i tempi delle città con le esigenze delle famiglie.
2. I piani di cui al comma 1 sono strumenti di carattere unitario per finalità e indirizzo, articolati in progetti, anche di carattere sperimentale, volti al coordinamento e all'armonizzazione degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici, degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, dei trasporti pubblici, delle attività culturali e di spettacolo, nonché alla promozione del tempo per fini di solidarietà sociale.
 

Art. 341 Associazionismo familiare.
1. In attuazione di quanto stabilito dall'articolo 296, comma 4, le associazioni familiari concorrono alla formazione degli strumenti di programmazione nelle forme e nei modi stabiliti dalle disposizioni regionali, nazionali e dell'Unione europea, secondo quanto previsto dall'articolo 4 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (Disciplina generale della programmazione).
2. La Regione favorisce e promuove le forme di associazionismo e autorganizzazione delle famiglie dirette a:
a) organizzare esperienze di mutualità nel lavoro di cura familiare;
b) realizzare interventi e servizi diretti a semplificare la vita quotidiana della famiglia;
c) realizzare attività informative per la famiglia sui servizi disponibili sul territorio e sulle esperienze di solidarietà familiare come l'adozione o l'affido, ovvero sugli interventi previsti dal presente Testo unico;
d) realizzare attività di formazione riguardanti le responsabilità familiari;
e) svolgere qualunque altra attività conforme alle finalità della presente legge.
 

Titolo VIII Gestione dei servizi e degli interventi sociali
Capo I Gestione dei servizi sociali
Art. 342 Affidamento e gestione dei servizi.
(Testo dell’articolo 342 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 57 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 1 e l’abrogazione dei commi da 2 a 7)
1. La Zona sociale, tramite il Comune capofila procede all'aggiudicazione dei servizi di cui al presente Testo unico in conformità alle disposizioni statali in materia.
2. (Abrogato).
3. Oggetto dell'acquisto o dell'affidamento deve essere l'organizzazione complessiva del servizio o della prestazione con esclusione delle mere prestazioni di manodopera.
4. Nella scelta del contraente si applica il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi qualitativi:
a) valutazione della qualità del progetto da realizzare;
b) modalità adottate per il contenimento del turn over degli operatori;
c) formazione, qualificazione ed esperienza degli operatori coinvolti al fine di verificare l'attitudine alla realizzazione del progetto;
d) esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento al fine di verificare l'attitudine alla realizzazione del progetto.
5. L'elemento prezzo, di norma, è pari al trenta per cento.
6. Nella valutazione dell'offerta economica anche il punteggio assegnato all'elemento prezzo va graduato secondo criteri di proporzionalità.
7. (Abrogato).
8. I rapporti di appalto con le cooperative sociali sono regolati dalla normativa nazionale e regionale in materia.
 

Art. 343 Affidamento e inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
1. I Piani sociali di zona prevedono, in conformità agli articoli 2 e 69 del D.Lgs. 163/2006, che una quota predefinita dei contratti per l'acquisto di beni e servizi o per l'esecuzione di opere e lavori pubblici, anche di importo superiore alla soglia comunitaria, contengano clausole sociali relative all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. L'offerta dei concorrenti è articolata anche nei contenuti afferenti alla clausola sociale; a tal fine è specificata nei capitolati e nelle disposizioni di gara e valutata ai fini dell'aggiudicazione.
2. La Regione, al fine di favorire l'inserimento di persone svantaggiate nel mondo del lavoro, incentiva la stipula di convenzioni, da parte dei Comuni, anche in forma associata, con le cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381 (Disciplina delle cooperative sociali), per la fornitura di beni e di servizi, diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, ai sensi e secondo le modalità di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 381/1991 e dell'articolo 403.
3. A decorrere dall'anno 2016, la Regione, con l'atto di programmazione del Fondo sociale regionale di cui all'articolo 357, destina una quota dello stesso Fondo, compresa tra il tre ed il dieci per cento, per le finalità di cui al comma 2. Tale quota è ripartita dalla Regione tra i comuni per i quali risultano affidamenti, anche in forma associata, di forniture di beni e di servizi a favore delle cooperative di tipo B, secondo quanto previsto al medesimo comma 2, riferibili all'anno precedente a quello della ripartizione, in misura percentuale non inferiore al cinque per cento del valore complessivo degli importi degli affidamenti di forniture di beni e servizi, operati dagli stessi comuni e riferibili al medesimo anno precedente la ripartizione, al netto dell'IVA. I comuni per essere ammessi alla ripartizione devono presentare apposita richiesta.
4. La Giunta regionale, con il medesimo atto di programmazione di cui al comma 3, specifica i criteri per la ripartizione della quota di cui allo stesso comma 3, anche tenendo conto di elementi di ponderazione socio-demografici, indica procedure, termini e modalità per la presentazione della richiesta da parte dei comuni di cui al comma 3 ed individua le tipologie e le procedure di verifica e di controllo, potendo avvalersi ai fini delle verifiche e dei controlli, anche dell'Osservatorio regionale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 10 della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3 (Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici).
5. La quota da ripartire tra i comuni di cui al presente articolo non costituisce contributo ai fini dell'articolo 401.
 

Art. 344 Autorizzazione al funzionamento dei servizi residenziali, semiresidenziali, diurni e domiciliari.
(Testo dell’articolo 344 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 58 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole ai commi 1 e 4 e la soppressione di alcune parole al comma 4)
1. I servizi socio assistenziali a carattere residenziale, semiresidenziale, diurno e domiciliare, pubblici e privati sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dalla zona sociale tramite il Comune capofila.
2. Il rilascio dell'autorizzazione è subordinato alla verifica del possesso da parte della struttura dei requisiti stabiliti con atto della Giunta regionale sulla base dei seguenti criteri:
a) servizi di tipo familiare o comunitario;
b) bassa intensità assistenziale;
c) bassa capacità di accoglienza;
d) organizzazione modulare;
e) flessibilità di fruizione.
3. La Giunta regionale adotta apposito regolamento con il quale disciplina le modalità per il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 1 e individua i servizi per i quali è necessario il rilascio dell'autorizzazione stessa.
4. La zona sociale, tramite il Comune capofila, può sospendere o revocare l'autorizzazione qualora accerti, anche su segnalazione dei comuni, la perdita dei requisiti previsti o gravi irregolarità nella gestione dell'erogazione dei servizi.
 

Art. 345 Accreditamento.
(Testo dell’articolo 345 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 59 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole ai commi 5 e 7)
1. Per accreditamento si intende il riconoscimento del possesso di requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti per il rilascio dell'autorizzazione.
2. I requisiti di cui al comma 1 sono definiti con il regolamento di cui all'articolo 358 che tiene conto, in particolare:
a) degli aspetti tecnico-professionali e formativi quali espressioni delle conoscenze, competenze e abilità tecniche e relazionali degli operatori;
b) degli elementi organizzativi caratterizzati da elevata capacità di risposta nei tempi e nelle modalità di erogazione dei servizi;
c) delle modalità di rilevazioni della soddisfazione degli utenti e degli operatori.
3. I soggetti che intendono ottenere l'accreditamento devono assicurare ai servizi erogati caratteristiche qualitative di particolare livello, comunque superiori a quelle richieste per il rilascio dell'autorizzazione.
4. I servizi per i quali non è prevista l'autorizzazione possono richiedere il rilascio dell'accreditamento purché in possesso dei requisiti di cui al comma 2.
5. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, provvede al rilascio dell'accreditamento e istituisce l'elenco degli erogatori delle prestazioni accreditate prevedendone forme idonee di pubblicità e di aggiornamento. L'elenco è trasmesso annualmente alla Regione.
6. Il regolamento di cui al comma 2 stabilisce le modalità per la richiesta ed il rilascio dell'accreditamento.
7. La Zona sociale, tramite il Comune capofila, svolge funzioni di vigilanza e controllo sul mantenimento dei requisiti necessari ai fini dell'accreditamento.
 

Art. 346 Accordi contrattuali.
(Testo dell’articolo 346 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 60 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole ai commi 1, 2 e 4)
1. La qualità di soggetto accreditato non comporta l'automatica assunzione di oneri economici da parte delle Zone sociali. Al fine di porre il costo del servizio in tutto o in parte a loro carico le Zone sociali, tramite il Comune capofila, possono stipulare con i soggetti accreditati specifici accordi contrattuali aventi la durata minima e massima prevista dal regolamento di cui all'articolo 358.
2. Le Zone sociali, a seguito della stipula degli accordi contrattuali di cui al comma 1, assumono a proprio carico la differenza fra la tariffa standard e la tariffa ridotta percentualmente sulla base delle norme di riferimento, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili di cui all'articolo 356., assegnate a ciascuna Zona sociale. Il servizio sociale pubblico dei comuni della Zona sociale adotta il provvedimento di ammissione degli utenti al servizio.
3. Le modalità di gestione degli accordi contrattuali sono definite nelle norme regolamentari di cui all'articolo 358.
4. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, concludono gli accordi contrattuali che prevedono un volume di attività ed una spesa comunque non superiori a quelli previsti dagli atti di programmazione. Per la selezione tra i soggetti accreditati da ammettere all'accordo contrattuale, le Zone sociali, tramite il Comune capofila, adottano procedure di evidenza pubblica ai sensi della normativa vigente. Tali procedure sono disciplinate in modo tale da garantire, ove possibile, l'effettiva presenza su tutto il territorio di una pluralità di centri di offerta e l'effettivo esercizio del diritto di scelta da parte dell'utente.
5. È fatto salvo l'esercizio da parte degli utenti del diritto di libera scelta del fornitore del servizio, nell'ambito dei progetti individualizzati di sostegno, inserimento o reinserimento sociale eventualmente predisposti dal servizio sociale.
 

Capo II Accesso ai servizi sociali
Art. 347 Accesso e compartecipazione al costo dei servizi.
1. L'accesso alle prestazioni del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali prescinde dalle condizioni economiche e sociali degli utenti.
2. La Regione stabilisce, con proprio atto, la compartecipazione alla copertura del costo degli interventi sociali tenendo conto delle condizioni economiche degli utenti attraverso l'applicazione dei criteri per la determinazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) previsti dalle vigenti disposizioni nazionali e regionali e dal Piano sociale regionale.
3. La compartecipazione di cui al comma 2 è determinata per le fattispecie di cui al comma 4 tenendo conto della situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione.
4. Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura socio sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale continuativo e a ciclo diurno, rivolte alle persone con handicap permanente grave di cui all'articolo 3, comma 3, della L. 104/1992, accertato ai sensi dell'articolo 4 della L. 104/1992, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle Aziende unità sanitarie locali. La compartecipazione tiene conto della situazione economica del solo assistito con esclusione di rivalsa a qualunque titolo nei confronti di soggetti per i quali le norme vigenti prevedono, a qualsiasi titolo, oneri di partecipazione alla spesa.
5. Per quanto concerne il servizio erogato in regime di residenza continuativa la compartecipazione dell'utente è determinata sulla base del reddito personale complessivamente disponibile. Ai soggetti fruitori della prestazione e ad altri soggetti eventualmente a carico è garantita la conservazione di una quota di reddito da utilizzare per esigenze di vita secondo le disposizioni della Giunta regionale.
6. L'accesso ai servizi secondo le modalità di cui al presente articolo è subordinato all'ammissione agli stessi da parte del servizio sociale pubblico, secondo le modalità definite dal Piano sociale regionale.
7. L'accesso ai servizi secondo le modalità di cui al presente articolo è subordinato all'ammissione agli stessi da parte del servizio sociale pubblico, secondo le modalità definite dal Piano sociale regionale.
8. Nel caso di servizi di tipo residenziale, gli oneri sono a carico del comune di residenza al momento dell'inizio di erogazione della prestazione. Sono irrilevanti i successivi cambiamenti di residenza e i successivi cambiamenti relativi al luogo di erogazione delle prestazioni.
9. Nel caso di minori, la residenza di riferimento è costituita da quella dei genitori esercenti la potestà genitoriale, ovvero del genitore affidatario nel caso in cui il minore sia affidato ad uno dei genitori, ovvero da quella del tutore anche nel caso in cui la tutela avvenga dopo l'inizio delle prestazioni. Nel caso di genitori entrambi esercenti la potestà con residenza in comuni diversi o di genitori separati o divorziati con affidamento congiunto, l'onere è posto a carico dei due comuni nella misura del cinquanta per cento ciascuno.
10. Limitatamente all'applicazione del presente articolo, l'affidamento a famiglie affi datarie è considerato servizio di tipo residenziale.
 

Capo III Risorse umane che operano nell'ambito dei servizi e degli interventi sociali
Art. 348 Valorizzazione delle risorse umane.
1. La Regione riconosce la risorsa umana quale fattore strategico della qualità del sistema dei servizi e degli interventi sociali.
2. L'organizzazione dei servizi e degli interventi sociali valorizza, in tutte le sue potenzialità, le risorse umane attraverso assetti che, da un lato, tengono conto del peculiare rilievo della risorsa umana, quale primario fattore produttivo e, dall'altro, sono in grado di valorizzare le capacità e le competenze relazionali e conoscitive utili anche alla programmazione, alla progettazione, alla realizzazione ed alla valutazione dei servizi alla persona.
3. Le figure professionali presenti nel sistema integrato di interventi e servizi sociali della Regione sono articolate in figure di base, figure intermedie di primo e secondo livello e figure manageriali. La definizione dei contesti operativi e delle relative funzioni è demandata al Piano sociale regionale.
 

Art. 349 Formazione.
(Testo dell’articolo 349 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 61 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 2)
1. La Regione individua nella formazione e nella formazione permanente del personale, impegnato nello svolgimento delle attività sociali di cui alla presente legge, lo strumento fondamentale di efficienza organizzativa e di efficacia qualitativa del sistema dei servizi sociali.
2. La Regione, sulla base dei criteri indicati dal Piano sociale regionale e dei fabbisogni formativi individuati annualmente dalle Zone sociali, predispone azioni formative dirette a tutti i soggetti che concorrono alla realizzazione degli interventi e dei servizi sociali con le modalità previste dalla programmazione regionale.
 

Capo IV Monitoraggio, valutazione e vigilanza del sistema regionale degli interventi e dei servizi sociali
Art. 350 Conoscenza e valutazione.
(Testo dell’articolo 350 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 62 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole ai commi 1 e 6)
1. La qualità del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali è garantita dalla realizzazione di assetti che valorizzino il monitoraggio costante e la valutazione partecipata anche da parte dei soggetti di cui agli articoli 271 bis e 271 ter nonché dei cittadini delle associazioni sociali e di tutela degli utenti. Attraverso il monitoraggio la Regione sottopone a costante e sistematica rilevazione l'andamento dei servizi e degli interventi sociali e, a tal fine, si avvale del Sistema informativo sociale regionale, di seguito denominato SISO, ai sensi dell'articolo 21, comma 2 della L. 328/2000.
2. Il SISO, quale sistema per la raccolta, lo scambio e la diffusione di informazioni atte a rispondere ai fabbisogni informativi, si pone sia quale strumento strategico per il livello politico e manageriale, sia quale strumento tecnico per la programmazione, la progettazione, la gestione e la valutazione. A tal fine si configura come sistema di rete regionale che ha come comunità territoriale di riferimento la Zona sociale quale interfaccia del livello regionale. Il SISO si integra con il sistema informativo regionale utilizzandone le informazioni ed i canali di comunicazione e mettendo a disposizione i propri.
3. Il SISO raccoglie ed elabora informazioni concernenti:
a) il sistema della domanda;
b) il sistema di offerta;
c) il sistema delle risorse;
d) il sistema socio demografico.
4. Ai fini del corretto ed efficace funzionamento del SISO i soggetti gestori, pubblici e privati, che erogano i servizi e le prestazioni socio assistenziali, devono trasmettere alla struttura competente della Giunta regionale le informazioni di cui al presente articolo secondo le modalità e termini definiti dalla Giunta regionale.
5. Ai fini del corretto ed efficace funzionamento del SISO i soggetti gestori, pubblici e privati, che erogano i servizi e le prestazioni socio assistenziali, devono trasmettere alla struttura competente della Giunta regionale le informazioni di cui al presente articolo secondo le modalità e termini definiti dalla Giunta regionale.
6. La Giunta regionale definisce con proprio provvedimento le caratteristiche del sistema valutativo di cui al comma 5 prevedendo la partecipazione al sistema di valutazione dei soggetti di cui agli articoli 271 bis e 271 ter nonché dei cittadini delle associazioni sociali e di tutela degli utenti.
 

Art. 351 Ricerca e valutazione per la programmazione sociale.
1. Il compito di acquisire il quadro conoscitivo della realtà regionale a supporto dell'attività di programmazione e verifica degli interventi di politica sociale e delle tendenze in atto è affidato all'Agenzia Umbria Ricerche, di seguito denominata AUR, che espleta la funzione propria di indagine, ricerca e osservazione sociale. A tal fine l'AUR redige un rapporto regionale pluriennale sull'integrazione sociale in Umbria finalizzato alla programmazione strategica.
2. Il rapporto di cui al comma 1:
a) fornisce una ricognizione ed una interpretazione dello stato e dell'evoluzione dei bisogni sociali della popolazione regionale, nonché dei processi sociali ad essi sottesi mediante ricerca e indagine;
b) valuta la rispondenza fra risorse impiegate, livelli di attività e grado di soddisfazione dei bisogni;
c) valuta i contenuti sociali e i modelli organizzativi del sistema dei servizi sociali, nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sociale regionale.
3. L'attività di cui al comma 1 si può organizzare per aree sociali e sezioni di ricerca nel quadro dei fabbisogni della programmazione sociale pluriennale, anche in raccordo con l'Osservatorio sulle Povertà.
4. L'attività di indagine prevede la collaborazione con i soggetti sociali, gli uffici, gli enti e gli istituti di ricerca e gli altri centri di osservazione delle situazioni e delle politiche sociali, anche partecipati con soggetti privati.
 

Capo V Organismi operanti in ambito sociale
Art. 352 Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità.
1. È istituito presso la Giunta regionale l'Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità in attuazione dei principi sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo Opzionale fatta a New York il 13 dicembre 2006) per la promozione della piena integrazione delle persone con disabilità.
2. L'Osservatorio di cui al comma 1 svolge funzioni di promozione e sostegno alle politiche inclusive in materia di disabilità nel rispetto dei principi sanciti in materia a livello nazionale ed europeo, di interlocuzione e concorso nelle azioni interistituzionali sui temi della disabilità, nonché di confronto con le azioni attivate con le altre regioni.
3. L'Osservatorio di cui al comma 1 ha i seguenti compiti:
a) studio e analisi sulla condizione delle persone con disabilità e delle loro famiglie e le conseguenti azioni volte a garantire i diritti sanciti dalla Convenzione ONU;
b) rilevazione dei servizi e degli interventi a favore delle persone con disabilità ed analisi della corrispondenza dei medesimi con la piena soddisfazione dei diritti della Convenzioni ONU;
c) studio e analisi della qualità dei servizi erogati a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie sulla base degli standard definiti;
d) formulazione di pareri e proposte agli organi regionali in materia di disabilità;
e) promozione della conoscenza dei diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie anche promuovendo l'attivazione di forme di collaborazione con il mondo della scuola e del lavoro e azioni di sensibilizzazione della società civile.
4. L'Osservatorio di cui al comma 1 è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica tre anni ed è di riferimento per l'Assessorato competente in materia di servizi sociali. L'Osservatorio è composto da:
a) Presidente della Giunta regionale o suo delegato in qualità di presidente;
b) Presidente dell'Unione Province Italiane (UPI) Umbria o suo delegato;
c) Presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) Umbria o suo delegato;
d) cinque membri in rappresentanza delle associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle persone con disabilità e delle loro famiglie;
e) un membro in rappresentanza del Forum Terzo Settore - Umbria;
f) un membro nominato congiuntamente dalle Aziende USL.
5. Possono essere invitati a partecipare ai lavori dell'Osservatorio soggetti in rappresentanza della sede regionale INPS e dell'Ufficio scolastico regionale.
6. Ai lavori dell'Osservatorio possono partecipare, su invito del Presidente, referenti tecnici regionali con riferimento alle seguenti aree: sociale, sanità, mobilità, istruzione, formazione e lavoro.
7. La Giunta regionale individua le associazioni maggiormente rappresentative a livello regionale di cui al comma 4, lettera d).
8. Ai componenti dell'Osservatorio non spetta alcun compenso e rimborso spese.
9. La Giunta regionale con proprio atto disciplina il funzionamento dell'Osservatorio e individua la struttura regionale di supporto dello stesso.
 

Art. 353 Forum regionale welfare.
1. È istituito presso la struttura regionale competente il Forum regionale welfare con funzioni consultive e propositive nelle politiche sociali, con particolare riferimento alla definizione e alla verifica dell'attuazione del Piano sociale regionale.
2. Il Forum regionale welfare è convocato dalla Giunta regionale con cadenza biennale.
3. La composizione e il funzionamento del Forum regionale welfare sono determinati con atto della Giunta regionale, nel rispetto dei principi di rappresentatività, democraticità e trasparenza.
 

Capo VI Funzioni di vigilanza e controllo e potere sanzionatorio
Art. 354 Vigilanza e controllo.
(Testo dell’articolo 354 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 63 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al commi 1 e 3)
1. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, esercitano le funzioni di vigilanza e controllo sui soggetti pubblici e privati che svolgono attività socio assistenziali e socio sanitarie. Le Zone sociali si avvalgono si avvalgono delle proprie strutture zonali e delle Aziende USL per gli aspetti sanitari.
2. Le funzioni di vigilanza e controllo consistono nella verifica:
a) della rispondenza dei servizi e degli interventi alla normativa concernente i requisiti strutturali, gestionali ed organizzativi;
b) della qualità e dell'appropriatezza;
c) del rispetto dei LIVEAS individuati dalla legislazione statale;
d) dell'attivazione e del corretto funzionamento degli strumenti e delle procedure per la tutela dei diritti sociali.
3. Le Zone sociali, tramite il Comune capofila, provvedono alla determinazione, alla irrogazione ed alla riscossione delle sanzioni amministrative previste dal presente testo unico.
 

Art. 355 Sanzioni amministrative.
1. Chiunque esercita o gestisce i servizi o le strutture socio assistenziali, pubbliche e private di cui all'articolo 265 senza la prescritta autorizzazione è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 3.000,00 a euro 10.000,00.
2. Chiunque esercita o gestisce servizi o strutture socio assistenziali, pubbliche e private, attribuendosi il possesso dell'accreditamento non rilasciato, previsto all'articolo 345 è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 3.000,00 a euro 10.000,00.
3. Chiunque dichiara nella richiesta di autorizzazione o di accreditamento requisiti non posseduti è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 3.000,00.
4. Chiunque non dichiara o non comunica nei termini previsti dal regolamento regionale di cui all'articolo 344, comma 3 le modifiche di caratteristiche della struttura o del servizio, o di elementi rilevanti ai fini del rilascio dell'autorizzazione che fanno venire meno i requisiti per l'esercizio dell'attività stessa, è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.
5. Chiunque non dichiara o non comunica nei termini previsti dal regolamento regionale di cui all'articolo 345, comma 2 le modifiche apportate alla struttura o al servizio o di elementi rilevanti ai fini del rilascio dell'accreditamento, è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.
6. Chiunque non espone o espone in modo non conforme a quanto stabilito dal regolamento regionale di cui all'articolo 344, comma 3 l'autorizzazione, le tariffe per il servizio, le prestazioni incluse e quelle escluse dalla tariffa e il rispettivo costo è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.
7. Chiunque non espone o espone in modo non conforme a quanto stabilito dal regolamento regionale di cui all'articolo 345, comma 2 l'accreditamento e tutti gli altri elementi che devono essere pubblicizzati, o pubblicizza informazioni non veritiere è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.
8. Chiunque applica tariffe superiori a quelle esposte o pubblicizzate è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 5.000,00.
9. Chiunque non effettua nei termini stabiliti dal regolamento regionale di cui all'articolo 344, comma 3 le comunicazioni e cambiamenti attinenti al responsabile della struttura è soggetto alla sanzione amministrativa da euro 300,00 a euro 500,00.
 

Titolo IX Il finanziamento del sistema
Capo I Risorse finanziarie e fondo sociale regionale
Art. 356 Risorse finanziarie.
1. Le risorse del sistema regionale integrato di interventi e servizi sociali sono costituite dal:
a) Fondo nazionale per le politiche sociali di cui alla L. 328/2000;
b) Fondo sociale regionale;
c) Fondo sociale degli enti locali;
d) Fondi sociali di settore.
2. I comuni istituiscono per il finanziamento degli interventi e dei servizi sociali previsti nella presente legge un Fondo sociale unico zonale degli enti locali.
 

Art. 357 Fondo sociale regionale.
(Testo dell’articolo 357 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 64 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole alla lettera a) del comma 1)
1. Il Fondo sociale regionale di cui all'articolo 356, comma 1, lettera b), è finanziato annualmente dalla legge di bilancio ed è ripartito con atto di programmazione della Giunta regionale entro il 30 aprile di ogni anno, come segue:
a) almeno l'ottantacinque per cento del Fondo sociale regionale è ripartito in proporzione della popolazione residente e sulla base di elementi di ponderazione individuati dalla Giunta regionale con proprio atto. Inoltre, una percentuale del Fondo sociale regionale compresa tra il tre e il dieci per cento è destinata per le finalità di cui all'articolo 343, commi 2 e 3;
b) una percentuale non superiore al cinque per cento del Fondo sociale regionale è destinata dalla Giunta regionale all'attività di programmazione sociale della Regione e all'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 8, comma 3, lettere c), d), e), f) ed m) della L. 328/2000.
2. Nel caso in cui non pervenga alcuna richiesta, da parte dei comuni, ai sensi dell'articolo 343, commi 3 e 4, la percentuale del Fondo sociale regionale destinata alle finalità di cui all'articolo 343, commi 2 e 3, è ripartita secondo le modalità di cui al comma 1, lettera a), primo periodo.
3. L'ottantacinque per cento del Fondo sociale regionale cui al comma 1, lettera a), primo periodo, è vincolato al raggiungimento dei LIVEAS.
 

Art. 358 Norme regolamentari.
(Testo dell’articolo 358 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 65 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la soppressione di alcune parole al comma 1)
1. La Giunta regionale adotta, le norme regolamentari di cui agli articoli 344, comma 3, 345, commi 2 e 6, 346 commi 1 e 3.
 

Art. 359 Disposizioni fino all'effettivo esercizio dell'ATI.
(Articolo abrogato dall’articolo 66 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10)
 

Titolo X Istituzione di figure di garanzia in ambito sociale
Capo I Istituzione del garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale e del garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza
Art. 360 Disposizioni generali.
1. La Regione istituisce il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale e il Garante per l'infanzia e l'adolescenza di seguito denominati Garanti.
2. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, in armonia con i principi fondamentali della Costituzione, delle Convenzioni internazionali sui diritti umani ratificate dall'Italia, della normativa statale vigente e nell'ambito delle materie di competenza regionale, contribuisce a garantire i diritti delle persone:
a) negli istituti penitenziari;
b) in esecuzione penale esterna;
c) sottoposte a misure cautelari personali;
d) in stato di arresto ovvero di fermo;
e) presenti nelle strutture sanitarie in quanto sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio.
3. Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza assicura la piena attuazione nel territorio regionale dei diritti e degli interessi sia individuali che collettivi dei minori, nel rispetto delle competenze degli Enti locali, e garantisce la piena attuazione di tutti i diritti riconosciuti ai bambini ed alle bambine, ai ragazzi ed alle ragazze presenti sul territorio regionale.
4. Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza opera in piena autonomia e indipendenza, non è sottoposto a forme di controllo gerarchico o funzionale, collabora con le strutture regionali competenti ed ha pieno accesso agli atti, informazioni e documenti inerenti il suo mandato istituzionale.
5. Al Garante per l'infanzia e l'adolescenza è affidata la promozione, la difesa e la verifica dell'attuazione dei diritti dei minori attraverso azioni positive mirate alla promozione del diritto alla vita, alla famiglia, all'istruzione, all'assistenza sociosanitaria, alla sopravvivenza e alla partecipazione alle decisioni che li riguardano, tenendo conto del loro superiore interesse.
6. L'azione del Garante per l'infanzia e l'adolescenza viene esercitata nell'ambito dei principi della normativa nazionale in materia, nonché dei seguenti atti internazionali:
a) Convenzione Internazionale sui Diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989);
b) Convenzione Europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, firmata a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata ai sensi della legge 20 marzo 2003, n. 77 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996);
c) Risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite relativa alle Istituzioni Nazionali per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani.
 

Capo II Designazione, nomina, incompatibilità dei garanti
Art. 361 Designazione e nomina dei Garanti.
1. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è designato dall'Assemblea Legislativa, mediante elezione a maggioranza dei 2/3 dei Consiglieri regionali assegnati. Se al termine della terza votazione non si sia raggiunta la maggioranza richiesta dal comma 1, a partire dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza assoluta dei consiglieri regionali assegnati.
2. Il Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza è eletto dall'Assemblea Legislativa a maggioranza assoluta dei consiglieri regionali assegnati.
3. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale ed il Garante per l'infanzia e l'adolescenza sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale, durano in carica cinque anni e non possono essere riconfermati. Alla scadenza del mandato, rimangono in carica fino alla nomina del successore e comunque per un tempo non superiore a novanta giorni, entro il quale deve concludersi il procedimento della nomina del nuovo Garante.
4. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è scelto tra persone con comprovata competenza nel campo delle scienze giuridiche, scienze sociali e dei diritti umani e con esperienza in ambito penitenziario, opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione e, per esperienze acquisite nella tutela dei diritti, deve offrire garanzia di probità, indipendenza, obiettività, competenza e capacità nell'esercizio delle proprie funzioni.
5. Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza è scelto tra persone di comprovata competenza e professionalità con esperienza nel campo delle problematiche concernenti l'età evolutiva e quelle familiari ed educative.
 

Art. 362 Incompatibilità dei Garanti.
1. Per ricoprire la carica di Garanti di cui all'articolo 360 il soggetto designato non deve incorrere in cause di inconferibilità e di incompatibilità previste dal D.Lgs. 39/2013.
2. La carica di Garanti di cui all'articolo 360 è, inoltre, incompatibile con l'esercizio, durante il mandato, di qualsiasi attività che possa configurare conflitto di interesse con le attribuzioni proprie dell'incarico.
3. Il conferimento degli incarichi di Garante a personale regionale o di altri enti dipendenti o comunque controllati dalla Regione ne determina il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto di lavoro. Il periodo di aspettativa è utile al fine del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell'anzianità di servizio.
 

Capo III Funzioni, decadenza, revoca e trattamento economico dei garanti
Art. 363 Funzioni del Garante per l'infanzia e l'adolescenza.
1. Il Garante per l'infanzia e l'adolescenza, per le finalità di cui all'articolo 360, comma 5, svolge le seguenti funzioni:
a) promuove, in collaborazione con gli enti locali, la scuola e le istituzioni che si occupano di minori, iniziative per la diffusione di una cultura dell'infanzia e dell'adolescenza, finalizzata al riconoscimento dei bambini e delle bambine come soggetti titolari di diritti;
b) promuove, in accordo con le strutture regionali competenti in materia, iniziative di sensibilizzazione e diffusione della cultura dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, anche in occasione della celebrazione della giornata italiana per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, istituita dall'articolo 1, comma 6 della legge 23 dicembre 1997, n. 451 (Istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia) e del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 103 (Regolamento recante riordino dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia, a norma dell'articolo 29 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248);
c) promuove e sostiene forme di ascolto e di partecipazione dei bambini e delle bambine alla vita delle comunità locali, con particolare attenzione al mondo dell'associazionismo e del volontariato;
d) promuove e vigila, con la collaborazione di operatori preposti, affinché sia data applicazione su tutto il territorio regionale alla Convenzione internazionale ed alla Convenzione europea di cui all'articolo 360;
e) accoglie segnalazioni in merito a violazioni dei diritti dei minori e sollecita le amministrazioni competenti all'adozione di interventi adeguati per rimuovere le cause che ne impediscono la tutela;
f) interviene nei procedimenti amministrativi della Regione, degli enti da essa dipendenti e degli enti locali ai sensi dell'articolo 9 della legge 241/1990, ove sussistano fattori di rischio o di danno per le persone di minore età;
g) promuove e collabora alla realizzazione di servizi di informazione destinati all'infanzia e all'adolescenza; vigila in collaborazione con il Comitato regionale per le comunicazioni, sulla programmazione televisiva, sulla comunicazione a mezzo stampa e sulle altre forme di comunicazione audiovisive e telematiche affinché siano salvaguardati e tutelati i bambini e le bambine sia sotto il profilo della percezione infantile che in ordine alla rappresentazione dell'infanzia stessa, allo scopo di segnalare all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed agli organi competenti eventuali trasgressioni commesse, in coerenza con il codice di autoregolamentazione della RAI;
h) promuove, anche in collaborazione con gli enti locali, con la scuola ed altri soggetti, iniziative dirette a rimuovere situazioni di pregiudizio in danno di bambini e adolescenti anche in relazione alla prevenzione dell'abuso dell'infanzia e dell'adolescenza in relazione alle disposizioni della legge 3 agosto 1998, n. 269 (Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù);
i) fornisce attività di consulenza agli operatori dei servizi sociali; istituisce un elenco al quale può attingere anche il giudice competente per la nomina di tutori o curatori; assicura la consulenza ed il sostegno ai tutori o curatori nominati;
j) concorre alla verifica delle condizioni e degli interventi volti all'accoglienza ed all'inserimento del minore straniero anche non accompagnato;
k) collabora all'attività di raccolta ed elaborazione di tutti i dati relativi alla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in ambito regionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 4 del D.P.R. n. 103/2007;
l) formula proposte e esprime pareri su atti normativi e di indirizzo riguardanti l'infanzia, l'adolescenza e la famiglia, di competenza della Regione, delle province e dei comuni.
2. Il Garante nello svolgimento dei compiti previsti dal presente titolo:
a) promuove intese ed accordi con ordini professionali e organismi che si occupano di infanzia e adolescenza;
b) intrattiene rapporti di scambio, di studio e di ricerca con organismi pubblici e privati;
c) promuove le necessarie azioni di collegamento con le amministrazioni del territorio
regionale impegnate nella tutela dell'infanzia e dell'adolescenza e con le autorità giudiziarie;
d) segnala la necessità di interventi sostitutivi in caso di inadempienza o gravi ritardi nell'azione degli enti locali a tutela dei minori.
3. Nei casi di particolare importanza, o comunque meritevoli di urgente considerazione, il Garante può altresì inviare in ogni momento relazioni ai Presidenti della Giunta e dell'Assemblea Legislativa. Il Presidente dell'Assemblea Legislativa dispone l'iscrizione delle relazioni all'ordine del giorno dell'Assemblea, affinché la stessa le discuta. La relazione annuale e le altre relazioni sono pubblicate nel Bollettino Ufficiale della Regione. Di tali atti è data pubblicità su quotidiani, emittenti radiofoniche e televisive a diffusione regionale.
4. Le Commissioni consiliari possono convocare il Garante per avere chiarimenti sull'attività svolta.
 

Art. 364 Funzioni del Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale.
1. Il Garante per le finalità di cui all'articolo 360 comma 2, nell'ambito delle iniziative di solidarietà sociale e in previsione della promozione dei diritti di partecipazione alla vita civile, svolge, in collaborazione con le competenti amministrazioni statali e con la magistratura di sorveglianza, le seguenti funzioni:
a) assume iniziative volte ad assicurare che alle persone di cui all'articolo 360, comma 2, siano erogate le prestazioni inerenti al diritto alla salute, al miglioramento della qualità della vita, all'istruzione e alla formazione professionale e ogni altra prestazione finalizzata al recupero, alla reintegrazione sociale e all'inserimento nel mondo del lavoro;
b) segnala eventuali fattori di rischio o di danno per le persone di cui all'articolo 360, comma 1 dei quali venga a conoscenza in qualsiasi forma, su indicazioni sia dei soggetti interessati sia di associazioni o organizzazioni non governative;
c) si attiva, anche nei confronti delle amministrazioni competenti, affinché queste assumano le necessarie iniziative volte ad assicurare le prestazioni di cui alla lettera a);
d) si attiva presso le strutture e gli enti regionali competenti in caso di accertate omissioni o inosservanze che compromettano l'erogazione delle prestazioni di cui alla lettera a);
e) propone agli organi regionali titolari della vigilanza, l'adozione delle opportune iniziative o l'esercizio del potere sostitutivo, in caso di perdurata assenza di quanto previsto alla lettera d);
f) propone agli organi regionali competenti, l'adozione di atti normativi e amministrativi per contribuire ad assicurare il pieno rispetto dei diritti delle persone di cui all'articolo 360, comma 1;
g) esprime parere, su richiesta degli organi regionali competenti, relativamente alle materie della presente capo;
h) propone iniziative di informazione, di promozione culturale e di sensibilizzazione pubblica sui temi dei diritti e delle garanzie delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale;
i) promuove la sottoscrizione di protocolli d'intesa tra la Regione e le amministrazioni statali competenti volti:
1) ad attivare, all'interno degli istituti penitenziari, strumenti informativi e di supporto ai detenuti in relazione agli interventi rientranti nelle materie di competenza regionale;
2) a prevedere forme di collaborazione volte ad agevolare lo svolgimento delle funzioni del Garante con particolare riguardo alle modalità di accesso negli istituti di pena;
l) può acquisire, per le finalità di cui all'articolo 360, comma 2, gli esiti delle decisioni conseguenti alla concertazione della programmazione sociale di territorio e può formulare proposte al tavolo regionale del welfare per le tematiche inerenti la propria funzione;
m) informa periodicamente la Commissione consiliare competente in materia, sull'attività svolta;
n) presenta, entro il mese di marzo di ogni anno una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente e sui risultati ottenuti all'Assemblea Legislativa ed alla Giunta regionale. La relazione è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. L'Assemblea Legislativa provvede a darne adeguata pubblicità su organi di stampa della Regione o indipendenti. L'Assemblea Legislativa discute la relazione in una apposita sessione, convocata entro due mesi dalla presentazione della stessa.
2. Il Garante è membro dell'Osservatorio regionale sulla condizione penitenziaria e post penitenziaria.
3. Le attività del Garante ed i materiali documentali ed informativi connessi alla sua funzione vengono pubblicati su apposita sezione del sito della Regione.
4. Gli organi regionali con competenze attinenti dovranno trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, relazioni riepilogative comprensive di statistiche sintetiche sui servizi o progetti attivati e sui risultati raggiunti.
 

Art. 365 Trattamento economico dei Garanti, decadenza dall'incarico, sostituzione e revoca.
1. Al Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale è attribuita un'indennità mensile determinata dalla Giunta regionale non oltre il venti per cento dell'indennità mensile lorda spettante ai consiglieri regionali.
2. Al Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza è attribuita un'indennità mensile pari al dieci per cento dell'indennità mensile lorda spettante ai consiglieri regionali.
3. Ai Garanti di cui ai commi 1 e 2 spetta il trattamento di missione nella misura prevista per i dirigenti regionali, qualora debba recarsi fuori sede per ragioni connesse all'esercizio delle proprie funzioni.
4. Il Presidente dell'Assemblea legislativa, qualora accerti una delle cause di incompatibilità di cui all'articolo 362, sentito l'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea medesima, invita l'interessato a rimuovere tale causa entro quindici giorni e, se questi non ottempera all'invito, lo dichiara decaduto dall'incarico dandone immediata comunicazione all'Assemblea legislativa la quale provvede, con le modalità di cui all'articolo 361, alla designazione di un nuovo Garante entro e non oltre novanta giorni.
5. L'Assemblea legislativa, in caso di dimissioni, morte, accertato impedimento fisico o psichico del Garante o nel caso in cui lo stesso riporti condanna penale definitiva, provvede alla nuova designazione, ai sensi dell'articolo 361.
6. L'Assemblea legislativa può revocare il Garante in caso di gravi violazioni di legge o dei doveri inerenti l'incarico affidato. In questo caso l'Assemblea legislativa procede ad una nuova designazione ai sensi dell'articolo 361.
 

Capo IV Organizzazione degli uffici dei garanti e conferenza regionale per l'infanzia e l'adolescenza
Art. 366 Ufficio dei Garanti e rapporti tra autorità di garanzia.
1. Il Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale si avvale, per lo svolgimento delle proprie funzioni, delle risorse umane ed infrastrutturali messe a disposizione dalla Giunta regionale, sentito il Garante stesso. Il Garante, con proprio atto, disciplina le modalità organizzative interne.
2. Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale può avvalersi della collaborazione dell'Osservatorio regionale sulla condizione penitenziaria e post penitenziaria, della Conferenza regionale volontariato giustizia, di centri di studio e ricerca, di associazioni di volontariato che si occupano di diritti umani e di condizioni di detenzione, senza oneri aggiuntivi per il bilancio regionale.
3. L'ufficio del Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza ha sede presso la Giunta regionale e collabora con le strutture regionali competenti nelle materie riguardanti l'infanzia e l'adolescenza. La Giunta regionale, nell'ambito dello stanziamento annuale previsto per l'attuazione del presente Testo unico, determina le risorse a disposizione per le spese di funzionamento.
4. Il Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza riferisce all'Assemblea Legislativa, almeno una volta all'anno sull'attività svolta e trasmette al Presidente dell'Assemblea Legislativa una relazione esplicativa entro il 31 marzo di ogni anno. L'Assemblea Legislativa esamina e discute la relazione ed adotta le determinazioni che ritiene opportune, invitando gli organi della Regione previsti dallo Statuto e quelli dei soggetti istituzionali che si interessano di minori ad adottare le ulteriori misure necessarie. La Giunta regionale altresì definisce con regolamento:
a) l'organizzazione degli uffici del Garante per l'infanzia e l'adolescenza assicurandone la funzionalità;
b) i requisiti professionali del personale addetto agli uffici del Garante per l'infanzia e l'adolescenza, promuovendone la formazione specifica alla trattazione delle questioni relative alla tutela minorile, all'età evolutiva ed alla famiglia;
c) ulteriori modalità di funzionamento degli uffici del Garante per l'infanzia e l'adolescenza e l'attribuzione di diverse e specifiche risorse.
5. Il Difensore civico regionale, il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale e il Garante per l'infanzia e l'adolescenza si danno reciproca segnalazione di situazioni di interesse comune, coordinando le rispettive attività nell'ambito delle loro competenze.
 

Art. 367 Conferenza regionale per l'infanzia e l'adolescenza.
1. Al fine di promuovere lo sviluppo di una più diffusa sensibilità sui temi e le problematiche dell'infanzia e dell'adolescenza, l'Assemblea Legislativa organizza, ogni tre anni, in occasione della celebrazione della giornata italiana per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, una conferenza regionale sull'infanzia ed adolescenza in collaborazione con il Garante, con la struttura regionale competente in materia di servizi sociali, con gli enti locali e con tutti i soggetti interessati alle attività.
 

Art. 368 Centro per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
1. Presso la struttura competente della Giunta regionale è istituito il Centro per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza quale strumento conoscitivo e di supporto alle funzioni di indirizzo, programmazione e coordinamento delle politiche per l'infanzia e l'adolescenza del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali. A tal fine il Centro svolge i seguenti compiti:
a) attività di documentazione delle esperienze e delle buone pratiche, finalizzata ad azioni di promozione culturale, di comunicazione, di socializzazione delle conoscenze e di diffusione delle esperienze progettuali maturate a livello territoriale, regionale e nazionale;
b) attività di valorizzazione delle esperienze che si realizzano nei servizi e di promozione dello sviluppo di competenze diffuse per la progettualità sociale, rivolta ai minori, in una logica di sistema e di radicamento territoriale delle iniziative;
c) attività di promozione e organizzazione di occasioni di confronto e di scambio sulle modalità di attivazione degli interventi e servizi rivolti all'infanzia e all'adolescenza, finalizzate alla loro innovazione e qualificazione per garantire la diffusione di metodologie e strumenti adeguati su tutto il territorio regionale.
2. La Giunta regionale con proprio atto, provvede a definire la struttura gestionale ed organizzativa del Centro di cui al comma 1, senza oneri aggiuntivi.
 

Titolo XI Norme in materia di organizzazioni di volontariato, associazionismo di promozione sociale e cooperazione sociale
Capo I Principi generali
Art. 369 Finalità.
1. La Regione riconosce e valorizza, in attuazione della normativa nazionale vigente, la funzione dell'attività di volontariato e dell'associazionismo come espressione di partecipazione, solidarietà, pluralismo e utilità sociale e ne promuove lo sviluppo, salvaguardandone l'autonomia di organizzazione e di iniziativa, allo scopo di favorire il formarsi di nuove realtà associative e di consolidare e rafforzare quelle esistenti. La Regione riconosce, altresì, il rilevante valore e la finalità pubblica della cooperazione sociale nel perseguimento della promozione umana e dell'integrazione sociale dei cittadini nell'interesse generale della comunità.
2. La Regione, per le finalità di cui al comma 1, in particolare:
a) favorisce l'apporto originale del volontariato per il conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile, culturale, individuate dalle istituzioni pubbliche e promuove forme di coordinamento e collaborazione tra le organizzazioni di volontariato, gli enti locali e le istituzioni pubbliche e private, disciplinandone relativi rapporti;
b) disciplina i rapporti tra le istituzioni pubbliche e le associazioni di promozione sociale, il riconoscimento delle associazioni di promozione sociale, l'incentivazione delle attività delle associazioni di promozione sociale, la programmazione regionale delle attività di promozione sociale, assicurando la partecipazione delle associazioni;
c) istituisce e regolamenta il registro regionale delle organizzazioni di volontariato, il registro regionale delle associazioni di promozione sociale e l'albo regionale delle cooperative sociali;
d) determina le modalità di raccordo ed integrazione con l'attività e la programmazione dei servizi sociali, sanitari, educativi, di formazione professionale, di turismo a fini sociali per soggetti svantaggiati, di sviluppo dell'occupazione e di inserimento lavorativo di persone svantaggiate;
e) fissa i criteri per gli affidamenti dei servizi cui debbono uniformarsi contratti e convenzioni tra cooperative sociali, consorzi ed enti ed aziende pubbliche;
f) definisce le misure di promozione, sostegno e sviluppo della cooperazione sociale;
g) istituisce e determina le funzioni della Commissione regionale della cooperazione sociale.
 

Sezione I Organizzazioni di volontariato
Art. 370 Organizzazioni di volontariato.
1. Ai fini del presente testo unico, sono considerate organizzazioni di volontariato gli organismi dotati di autonomia di organizzazione e di iniziativa, liberamente costituiti al fine di
svolgere attività di volontariato in modo personale, spontaneo, gratuito, verso terzi, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato).
2. L'attività di volontariato non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario; al volontario possono essere soltanto rimborsate dalla organizzazione di cui fa parte le spese sostenute entro i limiti stabiliti dall'organizzazione stessa.
3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di appartenenza.
4. Ferma restando la prevalenza dell'attività dei soggetti aderenti, l'organizzazione di volontariato può avvalersi di prestazioni comunque retribuite rese da soggetti non aderenti, purché si tratti di prestazioni necessarie ad assicurare il regolare funzionamento dell'organizzazione oppure occorrenti a qualificare e specializzare l'attività da essa svolta.
5. Le organizzazioni di volontariato hanno l'obbligo di assicurare i propri aderenti, che prestano attività di volontariato, contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso terzi.
 

Art. 371 Registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
1. È istituito presso la Giunta regionale il registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
2. Nel regionale sono iscritte, a domanda, le organizzazioni di volontariato che:
a) abbiano la sede legale in un comune della regione;
b) esercitino le attività di cui all'art. 2 della legge 266/1991;
c) risultino in possesso dei requisiti previsti all'articolo 372.
3. Possono altresì essere iscritte le organizzazioni aventi sede legale in altra regione purché operanti nel territorio di uno o più comuni dell'Umbria con proprie autonome sezioni.
4. Il registro regionale è articolato in base alle attività svolte dalle organizzazioni nei seguenti settori:
a) attività sociali;
b) attività sanitarie;
c) attività culturali ed artistiche;
d) attività scientifiche;
e) attività educative;
f) attività sportive, ricreative e del tempo libero;
g) attività turistico-naturali;
h) attività di salvaguardia del patrimonio storico, culturale, artistico ed ambientale;
i) attività di protezione civile.
5. Le organizzazioni sono iscritte in relazione al prevalente settore di intervento o iniziativa.
6. Le iscrizioni nel registro regionale sono pubblicate annualmente nel Bollettino Ufficiale della Regione con l'indicazione delle variazioni intervenute nel corso dell'anno.
 

Art. 372 Requisiti per l'iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
1. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto delle organizzazioni che chiedono l'iscrizione nel registro regionale debbono essere previsti:
a) l'assenza di fini di lucro;
b) il fine dichiarato di solidarietà;
c) la democraticità delle strutture;
d) l'elettività e la gratuità delle cariche associative;
e) la gratuità delle prestazioni degli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione dei soci, nonché i loro obblighi e diritti;
f) l'obbligo di formazione del bilancio dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti;
g) le modalità di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea degli aderenti.
 

Art. 373 Domanda di iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
1. La domanda di iscrizione, sottoscritta dal legale rappresentante dell'organizzazione o sezione autonoma, deve essere presentata alla Regione, unitamente a:
a) copia dell'atto costitutivo o dello statuto o degli accordi degli aderenti;
b) una relazione sottoscritta dal legale rappresentante da cui risulti:
1) il tipo di attività svolta;
2) le eventuali risorse economiche complessive per lo svolgimento dell'attività;
3) le eventuali attività commerciali e produttive marginali che l'organizzazione esercita o intende esercitare così come definite dal decreto del Ministro delle Finanze 25 maggio 1995 (Criteri per l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato).
2. Nella domanda di iscrizione devono essere dichiarati:
a) le generalità del legale rappresentante e dei componenti gli organi di amministrazione e di gestione;
b) la forma giuridica dell'organizzazione;
c) la sede legale;
d) la materia di prevalente attività;
e) l'assenza di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato o autonomo e di forme retributive di qualsiasi genere, salvo il rimborso delle spese sostenute entro limiti prefissati, tra organizzazioni e volontari aderenti.
 

Art. 374 Iscrizione nel registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
1. La Regione richiede al Comune ove ha sede l'organizzazione di volontariato di esprimere il parere circa l'iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato, trasmettendo contestualmente la documentazione di cui all'art. 373, comma 1.
2. Il Comune trasmette il parere di cui al comma 1 entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta. Decorso tale termine, la struttura regionale competente procede indipendentemente dall'espressione del parere.
3. L'iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato è disposta con determinazione del dirigente della struttura regionale competente entro sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza.
4. Copia del provvedimento di iscrizione è trasmessa al Comune di riferimento e al Comitato di gestione del fondo speciale regionale di cui all'art. 15 della legge n. 266/1991, costituito ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del Decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre 1997 (Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni).
5. L'organizzazione di volontariato deve produrre alla struttura regionale competente e al Comune ove ha sede, entro 60 giorni dal ricevimento dell'atto di iscrizione, copia delle polizze assicurative contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento delle attività e per la copertura della responsabilità civile verso terzi stipulate ai sensi del comma 5 dell'articolo 370. La trasmissione di copia delle polizze deve essere altresì effettuata in caso di rinnovo, entro 30 giorni dal rinnovo medesimo.
 

Art. 375 Variazioni al registro regionale delle organizzazioni di volontariato.
1. Ogni variazione dell'atto costitutivo, dello statuto o dell'accordo degli aderenti, delle generalità del legale rappresentante e dei componenti gli organi di amministrazione e di gestione deve essere comunicata, entro trenta giorni dal suo verificarsi, alla struttura regionale competente e al Comune di riferimento.
2. Qualora la variazione riguardi uno dei requisiti elencati all'articolo 372, la struttura regionale competente richiede al Comune ove ha sede l'organizzazione di esprimere il proprio parere in merito all'eventuale cancellazione dal registro regionale, entro il termine di cui al comma 2 dell'articolo 374. Decorso tale termine l'istruttoria è svolta dalla struttura regionale competente che conclude il procedimento nel rispetto dei termini di cui al comma 3 dell'articolo 374.
 

Art. 376 Relazioni annuali.
1. Le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale sono tenute a trasmettere al Comune ove hanno sede, entro e non oltre il 31 gennaio di ogni anno, una relazione illustrativa delle attività svolte nell'anno precedente ed il programma di attività per l'anno successivo.
2. I comuni trasmettono alla regione entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione redatta sulla base di quella disciplinata al comma 1 illustrativa dell'andamento dei rapporti intercorsi con le organizzazioni di volontariato presenti nel proprio territorio.
3. La Giunta regionale riferisce annualmente al Consiglio entro il 30 giugno sull'attività delle organizzazioni iscritte al registro regionale, nonché dello stato dei rapporti del volontariato con gli enti locali.
 

Art. 377 Revisione periodica del registro delle organizzazioni di volontariato.
1. La Giunta regionale procede alla scadenza di ogni legislatura alla revisione del registro regionale garantendo la partecipazione delle organizzazioni iscritte.
2. La revisione è effettuata dalla struttura regionale competente e dal Comune mediante una verifica generale della permanenza dei requisiti di cui all'articolo 372 e dell'effettivo svolgimento dell'attività indicata all'atto di iscrizione, sulla base delle relazioni annuali di cui all'articolo 376 e delle conseguenti verifiche disposte anche mediante ispezioni.
 

Art. 378 Inadempienze, provvedimenti e cancellazione.
1. Qualora le organizzazioni non adempiano alla relazione annuale di cui all'articolo 376, comma 1 il Comune competente provvede a:
a) diffidare l'organizzazione affinché questa provveda ai relativi adempimenti, assegnandole un termine di trenta giorni;
b) sospendere ogni eventuale erogazione di contributi, sovvenzioni od ausili comunque denominati disposti a favore dell'organizzazione inadempiente;
c) comunicare tempestivamente il contenuto degli atti di cui alle lett. a) e b) alla struttura regionale competente.
2. Il comune, nei trenta giorni successivi alla scadenza del termine indicato alla lettera a) del comma 1, qualora l'organizzazione non abbia provveduto, invia alla struttura regionale competente il parere circa la cancellazione dal registro. La struttura regionale competente provvede con proprio atto.
3. La struttura regionale competente provvede, con determinazione dirigenziale, alla cancellazione dal registro regionale di quelle organizzazioni per le quali venga accertata la perdita di uno o più requisiti richiesti ai fini dell'iscrizione, nonché all'aggiornamento del registro medesimo con tutte le ulteriori variazioni necessarie.
4. La cancellazione dell'organizzazione dal registro regionale comporta il venir meno delle agevolazioni fiscali di cui all'articolo 8 della L. 266/1991, nonché la perdita della qualifica di onlus di diritto di cui all'articolo 10, comma 8 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale) e tutti gli ulteriori benefici previsti dalla normativa vigente e ai quali l'organizzazione ha avuto accesso in conseguenza dell'iscrizione al registro. I benefici finanziari percepiti dalle organizzazioni di volontariato cancellate a seguito dell'accertamento della perdita di uno o più requisiti richiesti per l'iscrizione devono essere rimborsati alla Regione o agli altri enti erogatori.
5. Copia dei provvedimenti di cancellazione è trasmessa al Comitato di gestione, costituito ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre 1997.
 

Art. 379 Nomine regionali nel Comitato di gestione del fondo speciale per il volontariato.
1. Il Presidente della Giunta regionale, o suo delegato, partecipa di diritto al Comitato di gestione del fondo speciale regionale di cui al comma 1 dell'art. 15 della legge 266/1991.
2. Il Presidente dell'Assemblea Legislativa nomina nel Comitato di gestione previsto al comma 1, quattro rappresentanti di organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali maggiormente presenti con la loro attività nel territorio regionale; i componenti durano in carica due anni e non sono immediatamente rieleggibili.
 

Art. 380 Partecipazione del volontariato alla programmazione regionale.
1. Le organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale esprimono parere sugli atti di programmazione degli interventi regionali, provinciali e comunali relativamente ai settori in cui esse operano.
 

Art. 381 Conferenze annuali e attività di informazione.
1. La Regione promuove conferenze annuali delle organizzazioni di volontariato al fine di esaminare l'andamento delle attività e formulare proposte interessanti i campi di intervento delle organizzazioni medesime.
2. La Regione, in collaborazione con gli enti locali, attua iniziative di promozione, studio ed informazione sul fenomeno del volontariato.
 

Art. 382 Convenzioni con le organizzazioni di volontariato.
1. Le convenzioni con le organizzazioni di volontariato di cui all'art. 7 della legge n. 266/1991, devono indicare in particolare:
a) il numero degli aderenti all'organizzazione stipulante impegnati nell'attività oggetto della convenzione ed i responsabili operativi, con l'indicazione dei relativi titoli professionali e formativi;
b) il numero degli eventuali lavoratori dipendenti o autonomi per prestazioni di attività specializzate;
c) il numero e l'articolazione delle ore da impegnare nell'esercizio dell'attività convenzionata da parte dei soggetti di cui alle lettere a) e b);
d) il tipo di copertura assicurativa a favore dei soggetti di cui alle lettere a) e b) di tutti i rischi derivanti dalla specifica attività oggetto di convenzione;
e) la durata del rapporto convenzionale;
f) le modalità per la verifica periodica dei risultati conseguiti;
g) il possesso dei requisiti comprovanti la capacità professionale dei volontari impegnati e
la continuità delle loro prestazioni;
h) le modalità relative al rimborso delle spese vive sostenute dall'organizzazione, adeguatamente documentate;
i) la quantità di risorse economiche, di personale e di servizi da destinare all'attività oggetto della convenzione.
2. Nella scelta delle organizzazioni con cui stipulare le singole convenzioni, costituisce titolo di priorità il possesso dei requisiti inerenti:
a) la specifica competenza, esperienza e professionalità nel settore oggetto di convenzione, valutate anche con riferimento alla qualità degli addetti;
b) la disponibilità da parte dell'organizzazione di strutture e servizi idonei ed adeguati ad assicurare lo svolgimento delle attività oggetto della convenzione;
c) la collocazione della sede dell'associazione nel territorio di competenza dell'ente che stipula la convenzione.
3. Titoli di priorità sono inoltre attribuiti secondo i seguenti criteri:
a) continuità nello svolgimento delle attività;
b) quantità delle prestazioni erogate;
c) qualità delle prestazioni;
d) numero delle convenzioni sottoscritte con gli enti pubblici;
e) distanza delle strutture rispetto all'utenza;
f) ordine di iscrizione nel registro regionale.
4. L'attività convenzionata deve essere svolta direttamente e non può essere oggetto di affidamento a terzi.
5. Le convenzioni di cui al presente articolo sono stipulate sulla base di uno schema tipo approvato dalla Giunta regionale con propria deliberazione.
 

Art. 383 Modalità per lo svolgimento delle prestazioni delle organizzazioni di volontariato.
1. Gli aderenti alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale possono accedere alle strutture ed ai servizi pubblici o privati convenzionati con gli enti pubblici operanti nel settore di loro interesse per lo svolgimento della loro attività, purché questa sia compatibile con la disciplina interna degli enti. L'eventuale diniego all'accesso deve essere motivato.
2. L'accesso è subordinato ad accordi tra la struttura o il servizio e l'organizzazione di volontariato, concernenti le modalità di presenza del volontariato ed il rapporto tra i volontari ed il personale della struttura o servizio.
3. Gli accordi debbono prevedere tra l'altro:
a) la riconoscibilità del volontariato e dell'organizzazione di appartenenza;
b) il rispetto da parte del volontariato della disciplina specifica dell'attività svolta e delle norme per l'utilizzo delle attrezzature della struttura o servizio;
c) il rispetto della libertà, dignità personale, diritto, convinzioni e riservatezza degli utenti, compresa la libertà di questi ultimi di rifiutare l'attività del volontariato.
 

Art. 384 Sedi e attrezzature.
1. Al fine di dotare le associazioni di volontariato di sedi ed attrezzature necessarie per il conseguimento dei propri fini statutari gli enti locali possono prevedere:
a) la cessione in comodato alle associazioni di sedi o attrezzature proprie, per la durata della convenzione;
b) la concessione di contributi per l'acquisto di attrezzature.
 

Art. 385 Formazione ed aggiornamento del volontariato.
(Testo dell’articolo 385 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 67 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole al comma 1 e l’abrogazione del comma 3)
1. Per le attività formative dei volontari la Regione può avvalersi, nell'ambito del sistema formativo regionale di cui alla legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 e successive modifiche ed integrazioni, anche delle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro.
2. I volontari aderenti alle organizzazioni di volontariato iscritte nel registro regionale di cui all'articolo 371 possono partecipare ai corsi istituiti dagli enti pubblici di cui all'articolo 8 della legge regionale 69/1981.
3. (Abrogato).
 

Art. 386 Volontariato dei singoli cittadini.
1. I cittadini singoli o i nuclei familiari che intendano prestare la propria opera gratuitamente nell'ambito di attività svolte dai pubblici servizi sono iscritti a domanda in apposito elenco istituito presso il comune di residenza e suddiviso per settori di intervento.
2. A tale fine il singolo volontario rivolge domanda al sindaco, indicando il settore in cui intende svolgere la propria attività volontaria e comprovando la propria idoneità operativa.
3. Il Comune provvede a segnalare agli enti gestori dei pubblici servizi presenti nel territorio i volontari disponibili ad operare nell'ambito delle competenze del singolo ente.
4. L'ente preposto alla gestione di pubblici servizi che intenda ammettere volontari nell'ambito dell'attività di propria competenza può rimborsare al volontario le eventuali spese vive sostenute nell'espletamento della collaborazione accettata, escludendosi compensi o configurazioni di rapporto di lavoro di alcun genere.
 

Sezione II Associazioni di promozione sociale
Art. 387 Associazioni di promozione sociale.
1. Ai fini del presente testo unico, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge 7 dicembre 2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale), sono considerate associazioni di promozione sociale, le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati, con l'esclusione di quelle indicate ai commi 2 e 3 dell'articolo 2 della legge 383/2000.
 

Art. 388 Registro regionale delle associazioni di promozione sociale.
1. Presso la Giunta regionale è istituito il registro regionale delle associazioni di promozione sociale, al quale possono iscriversi:
a) le associazioni a carattere regionale;
b) le associazioni a carattere locale;
c) le associazioni a carattere nazionale presenti nel territorio regionale;
d) in apposita sezione, le associazioni ed i circoli affiliati ad associazioni a carattere nazionale e presenti sul territorio regionale.
2. Per associazioni a carattere regionale si intendono quelle costituite e che svolgono attività in almeno quindici comuni della Regione.
3. Per associazioni a carattere locale si intendono quelle non ricomprese tra quelle del comma 2.
4. L'iscrizione al registro regionale è condizione per la stipula delle convenzioni di cui all'articolo 395 e per l'accesso agli interventi di sostegno previsti dal presente testo unico da altre leggi regionali nonché per l'accesso ad altri benefici regionali.
5. Nel registro regionale devono risultare l'atto costitutivo, lo statuto, la sede dell'associazione e l'ambito territoriale di attività. Nel registro devono essere iscritti altresì le modificazioni dell'atto costitutivo e dello statuto, il trasferimento della sede, le deliberazioni di scioglimento.
6. Il registro è pubblicato, entro il 31 marzo di ogni anno, nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria (BURU).
 

Art. 389 Iscrizione nel registro delle associazioni di promozione sociale.
1. Ai fini dell'iscrizione al registro regionale, le associazioni di promozione sociale regionali e locali debbono:
a) essere costituite con atto scritto, registrato o autenticato, o redatto nella forma di atto pubblico in cui tra l'altro deve essere indicata la sede legale;
b) svolgere la loro attività da almeno due anni a partire dalla loro costituzione. Per le associazioni ed i circoli affiliati ad associazioni a carattere nazionale presenti sul territorio regionale, il termine è ridotto ad un anno.
2. Nello statuto associativo delle associazioni di cui al comma 1 debbono essere espressamente previsti i seguenti elementi:
a) la denominazione;
b) l'oggetto sociale;
c) l'attribuzione della rappresentanza legale;
d) l'assenza di fini di lucro e la previsione che i proventi delle attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette;
e) l'obbligo di reinvestire l'eventuale avanzo di gestione a favore di attività istituzionali statutariamente previste;
f) le norme sull'ordinamento interno ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati, con la previsione delle cariche associative. In relazione alla particolare natura di alcune associazioni, tale disposizione può essere derogata, sentito il parere dell'Osservatorio di cui all'articolo 392;
g) i criteri di ammissione e di esclusione dei soci e loro diritti e obblighi;
h) l'obbligo di redazione di rendiconti economico-finanziari, nonché le modalità di approvazione da parte degli organi statutari;
i) le modalità di scioglimento dell'associazione;
j) l'obbligo di devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento, cessazione o estinzione, dopo la liquidazione, a fini di utilità sociale.
3. Ogni variazione che riguarda i requisiti di cui al comma 2 ed ogni modifica all'atto costitutivo e allo statuto devono essere comunicate dalle associazioni alla Giunta regionale, entro trenta giorni dal loro verificarsi.
4. La perdita di uno o più requisiti comporta la cancellazione dal registro.
5. L'iscrizione al registro regionale delle associazioni a carattere nazionale avviene su domanda delle stesse e dietro documentazione idonea a dimostrare l'iscrizione al registro nazionale ai sensi dell'articolo 7 della legge 383/2000 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale).
6. La Giunta regionale stabilisce le modalità di iscrizione, cancellazione, revisione nonché i relativi termini del procedimento con deliberazione da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione.
 

Art. 390 Incompatibilità.
1. L'iscrizione nel registro regionale delle associazioni di promozione sociale è incompatibile con l'iscrizione al registro regionale delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 371. L'incompatibilità sussiste dal momento dell'emanazione del provvedimento di iscrizione.
 

Art. 391 Promozione e sostegno alle associazioni di promozione sociale.
1. La Regione promuove e sostiene le associazioni di promozione sociale iscritte al registro regionale attraverso i seguenti interventi:
a) contributi a fondo perduto alle associazioni per specifici progetti previsti da normative regionali;
b) organizzazione e finanziamento di attività di qualificazione, aggiornamento e riqualificazione degli operatori delle associazioni;
c) concessione di uso particolare a titolo gratuito dei beni del patrimonio indisponibile;
d) comodato a titolo gratuito di beni del patrimonio disponibile;
e) erogazione di servizi informativi, di banche dati e di assistenza tecnica;
f) accesso agevolato al credito con criteri e modalità stabiliti con provvedimento della Giunta regionale.
2. Gli enti locali hanno facoltà di ridurre i tributi di propria competenza a favore delle associazioni di promozione sociale iscritte nel registro regionale, ai sensi dell'articolo 23 della legge n. 383/2000.
 

Art. 392 Osservatorio regionale dell'associazionismo.
1. È istituito presso la Giunta regionale l'Osservatorio regionale dell'associazionismo con i seguenti compiti:
a) promozione di studi e ricerche sull'associazionismo;
b) pubblicazione di un rapporto triennale sull'andamento del fenomeno associativo in Umbria;
c) formulazione di pareri e proposte agli organi regionali in materia di associazionismo;
d) incentivazione di iniziative di formazione e aggiornamento degli operatori delle associazioni di promozione sociale;
e) formulazione di pareri sugli atti di programmazione di cui all'articolo 394;
f) promozione di scambi di conoscenza e di forme di collaborazione fra le associazioni di promozione sociale umbre, quelle nazionali ed estere e quelle di volontariato.
2. Per i componenti dell'Osservatorio non è previsto compenso.
3. L'Osservatorio, costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica tre anni ed è composto:
a) dal Presidente della Giunta regionale o suo delegato con funzioni di presidente;
b) da tre membri designati dalla Giunta regionale, fra esperti del settore;
c) da due membri designati dalle organizzazioni territoriali e dai circoli affiliati alle associazioni a carattere nazionale iscritte al registro regionale;
d) da quattro membri designati dalle associazioni a carattere regionale e locale iscritte al registro regionale;
e) da un membro designato dal Forum regionale del terzo settore.
4. La Giunta regionale disciplina le modalità di elezione dei membri dell'Osservatorio di cui alle lettere c) e d).
 

Art. 393 Conferenza regionale dell'associazionismo.
1. La Giunta regionale indice ogni tre anni la Conferenza regionale dell'associazionismo, avvalendosi dell'Osservatorio regionale di cui all'articolo 392.
2. La Conferenza:
a) promuove il coinvolgimento delle associazioni nella definizione delle politiche regionali per l'associazionismo;
b) assicura lo scambio fra le esperienze realizzate nel settore;
c) raccoglie valutazioni e proposte in merito alle prospettive di azione locale, nazionale e comunitaria in materia di associazionismo, anche con riferimento alle organizzazioni di volontariato di cui al presente titolo.
 

Art. 394 Partecipazione delle associazioni di promozione sociale alla programmazione regionale.
1. Gli indirizzi programmatici inerenti l'associazionismo di promozione sociale sono contenuti nei piani regionali triennali della programmazione di settore e nel Documento annuale di programmazione (DAP).
2. I soggetti dell'associazionismo concorrono alla individuazione degli indirizzi programmatici, nelle forme stabilite dalla Giunta regionale.
 

Art. 395 Convenzioni.
1. La Regione, gli enti locali e gli altri enti pubblici, nell'ambito dei propri compiti istituzionali, possono stipulare convenzioni con le associazioni iscritte pe convenzioni con le associazioni iscritte per la realizzazione di progetti, anche sperimentali, ai sensi dell'articolo 30 della legge 383/2000 e della normativa regionale, e nel rispetto delle indicazioni del piano sociale regionale in materia di convenzionamento.
 

Art. 396 Formazione professionale.
(Testo dell’articolo 396 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 68 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la soppressione e la sostituzione di alcune parole al comma 1)
1. La Regione nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 95 della legge regionale 2 marzo 1999, n. 3, assume, tra gli obiettivi e gli interventi in materia di formazione professionale, progetti di formazione degli operatori da impiegare per le attività delle associazioni di promozione sociale.
2. La realizzazione degli interventi di cui al comma 1, può essere affidata alle stesse associazioni di promozione sociale iscritte al registro regionale o ad enti di loro emanazione, secondo la normativa vigente in materia di formazione professionale.
 

Sezione III Cooperative sociali
Art. 397 Cooperative sociali.
1. Ai fini del presente testo unico, nel rispetto della legge 8 novembre 1991, n. 381 "Disciplina della cooperazione sociale", sono considerate cooperative sociali quelle cooperative che hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:
a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;
b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
2. Alle cooperative sociali si applicano, in quanto compatibili con i principi della L. 381/91, le norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano.
3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l'indicazione di "cooperativa sociale".
 

Art. 398 Albo regionale delle cooperative sociali.
1. È istituito presso la Giunta regionale l'Albo regionale delle cooperative sociali, di seguito denominato Albo.
2. L'Albo si articola nelle seguenti sezioni:
a) sezione A, nella quale sono iscritte le cooperative che gestiscono servizi sociali, sanitari ed educativi;
b) sezione B, nella quale sono iscritte le cooperative che svolgono attività agricole, industriali, commerciali o di servizi, finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate;
c) sezione C, nella quale sono iscritti i consorzi di cui all'articolo 8 della legge 381/1991.
3. Le cooperative di nuova costituzione che richiedono l'iscrizione alla sezione B trasmettono alla Commissione regionale di cui all'articolo 399 entro dodici mesi dalla data di iscrizione, la documentazione attestante l'inserimento di almeno il trenta per cento di lavoratori svantaggiati.
4. Il mancato inserimento della quota di lavoratori svantaggiati di cui al comma 3, comporta la cancellazione dall'Albo.
5. La Giunta regionale stabilisce, sentita la Commissione regionale della cooperazione sociale, i requisiti per l'iscrizione, gli adempimenti ordinari e i provvedimenti di cancellazione dall'Albo con deliberazione da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria.
 

Art. 399 Commissione regionale per la cooperazione sociale.
(Testo dell’articolo 399 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 69 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di una parola alla lettera h) e la sostituzione della lettera i) al comma 1 e la sostituzione di alcune parole al comma 4)
1. È istituita presso la Giunta regionale la Commissione regionale per la cooperazione sociale della quale fanno parte:
a) l'assessore regionale ai servizi sociali che la presiede o un suo delegato;
b) il direttore della direzione sanità e servizi sociali o un suo delegato;
c) un dirigente regionale per ciascuna struttura competente in materia sociale, in materia di sanità, di lavoro e formazione professionale;
d) tre rappresentanti con comprovata esperienza nel settore sociale designati dallo associazioni regionali delle cooperative che risultino aderenti alle associazioni nazionali della cooperazione;
e) tre esperti in materia di cooperazione sociale designati dalla Giunta regionale;
f) tre rappresentanti designati congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori;
g) due rappresentanti delle associazioni degli utenti;
h) quattro rappresentanti dei comuni capofila di Zona sociale, indicati dal Consiglio delle autonomie locali;
i) un dirigente regionale della struttura competente in materia di politiche attive del lavoro e centri per l’impiego.
2. La nomina dei componenti è effettuata dalla Giunta regionale ed essi restano in carica per la durata della legislatura.
3. La Commissione si dota di un regolamento per il suo funzionamento.
4. La Commissione si avvale, per l'assolvimento dei compiti e delle funzioni attribuite dalla presente legge, della struttura regionale competente in materia di politiche sociali e degli uffici di piano delle Zone sociali.
5. Ai componenti della Commissione, con esclusione dei dipendenti regionali, spetta una indennità forfettaria per ogni giornata di seduta di euro 30,00 nonché il rimborso delle spese previste dalle vigenti disposizioni per il personale regionale di più elevato livello funzionale.
 

Art. 400 Compiti della Commissione.
1. La Commissione regionale per la cooperazione sociale formula proposte ed esprime pareri alla Giunta regionale nelle materie di cui al presente testo unico ed in particolare:
a) esprime il parere sulle domande di iscrizione e sulle richieste di cancellazione dall'Albo;
b) propone indagini ed ispezioni effettuate tramite le strutture di cui all'articolo 399, comma 4;
c) propone, in occasione dei rinnovi contrattuali, il tariffario regionale;
d) propone sistemi di controllo con particolare riferimento alla qualità degli interventi;
e) può effettuare verifiche sulla effettiva operatività delle cooperative sociali iscritte all'Albo;
f) attua, in materia di cooperazione sociale, una verifica sull'attuazione del Piano sociale regionale e sui Piani sociali territoriali.
 

Art. 401 Promozione e sostegno alla cooperazione sociale.
1. La Regione può concedere alle cooperative sociali agevolazioni fiscali su base locale da determinare annualmente con legge regionale. Per la verifica della corretta destinazione delle agevolazioni, la Giunta regionale può disporre ispezioni amministrative e contabili presso i soggetti beneficiari e dispone la revoca e la restituzione dei contributi già erogati nel caso in cui la loro utilizzazione risulti non conforme alle disposizioni di cui al presente titolo.
2. La Regione, al fine di sostenere la cooperazione sociale, prevede altresì:
a) l'utilizzo degli strumenti di cui alla legge regionale 23 luglio 2003, n. 11 (Interventi a sostegno delle politiche attive del lavoro, modificazioni ed integrazioni della legge regionale 25 novembre 1998, n. 41 e disciplina del Fondo regionale per l'occupazione dei disabili.) a favore degli effettivi inserimenti lavorativi dei soggetti svantaggiati da parte delle cooperative sociali di tipo B, Tali contributi non sono cumulabili con altri benefici concessi per le medesime finalità e le cooperative facenti parte di un consorzio non ne possono usufruire qualora sul medesimo progetto sia già stato finanziato il consorzio stesso;
b) la realizzazione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi di interventi formativi rivolti alle persone svantaggiate, nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale purché siano compresi nei piani annuali di formazione professionale ai sensi della disciplina regionale vigente, ovvero previsti nell'ambito della programmazione regionale del Fondo sociale europeo e dei programmi di iniziativa comunitaria.
c) la promozione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi di azioni di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, in attuazione e in conformità della legislazione nazionale o regionale di riferimento.
d) la promozione, da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi, di accordi tra enti pubblici, società a partecipazione pubblica e cooperative sociali di tipo B, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 381/1991.
e) la promozione di uno sviluppo occupazionale che coniughi efficienza, solidarietà e coesione sociale.
 

Art. 402 Raccordo e integrazione tra la programmazione regionale e la cooperazione sociale.
1. I piani e gli atti di programmazione delle attività sociali, sanitarie ed educative di interesse socio-sanitario e di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, prevedono le modalità di specifica correlazione e di apporto della cooperazione sociale, sulla base dei principi di sussidiarietà e di programmazione condivisa. In particolare il piano sanitario e il piano sociale stabiliscono le modalità di apporto della cooperazione sociale e individuano i settori di intervento dello stesso.
2. La Regione, nell'ambito della programmazione annuale e di promozione delle attività di formazione sul lavoro degli operatori professionali, promuove, sentiti le cooperative sociali e i loro consorzi, e l'Ente bilaterale del settore, la individuazione e la definizione del fabbisogno formativo e dei relativi profili professionali.
3. Le cooperative sociali e i loro consorzi possono realizzare autonome attività di formazione sul lavoro dei propri operatori, nonché iniziative per la formazione manageriale degli amministratori, nel rispetto della normativa regionale vigente in materia.
 

Art. 403 Affidamenti e convenzioni.
1. La Giunta regionale, con deliberazione da pubblicare nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria, sentita la Commissione regionale della cooperazione sociale, approva il tariffario regionale e stabilisce, nel rispetto delle norme vigenti in materia, i criteri e le procedure per l'affidamento dei servizi e gli schemi di convenzione cui debbono uniformarsi i contratti tra cooperative sociali, enti pubblici e società a partecipazione pubblica.
2. Le procedure di affidamento di servizi alle cooperative sociali tengono conto di criteri qualitativi, stabiliti con atto della Giunta regionale, sentite le parti sociali, sulla base del Piano sociale regionale, in particolare si terrà conto delle esperienze maturate nel settore, della capacità di rapporto con il territorio, della validità del progetto di intervento in relazione agli obiettivi individuati dall'ente, della professionalità e qualificazione degli operatori, della continuità del servizio nel rispetto dei diritti degli utenti, della creazione di occupazione stabile per i soggetti svantaggiati. L'affidamento dei servizi deve rispettare il tariffario regionale di cui al comma 1.
3. Possono partecipare alle procedure di affidamento di cui al comma 1 della presente legge, le cooperative ed i consorzi iscritti all'Albo di cui all'articolo 398. La cancellazione dall'Albo comporta la risoluzione di diritto dei contratti e delle convenzioni in essere.
4. I contratti e le convenzioni relative alla gestione dei servizi, caratterizzate da prestazioni ricorrenti, sono di durata triennale e possono essere rinnovati sulla base delle valutazioni qualitative di cui all'articolo 405 comma 1, tenendo conto anche del grado di soddisfazione dei committenti e utenti.
5. La Giunta regionale definisce annualmente l'importo delle risorse da destinare all'acquisto di beni e servizi dalle cooperative sociali di tipo B iscritte all'Albo secondo le modalità previste dall'articolo 5, della legge n. 381/1991 e ne promuove l'inserimento negli appositi accordi di programma tra i soggetti pubblici interessati.
 

Art. 404 Determinazione dei corrispettivi.
1. I Contratti e le convenzioni sono stipulati ai sensi dell'articolo 403, nonché nel rispetto del tariffario vigente, considerato come elemento minimo al fine di garantire da parte delle cooperative sociali la corretta applicazione dei disposti contrattuali nazionali e anche di quelli raggiunti in sede di contrattazione decentrata. Il tariffario viene aggiornato al rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) di settore.
2. Nei contratti o convenzioni in presenza di gestioni a corpo si deve prevedere il rispetto del CCNL di settore, compreso il rispetto degli accordi raggiunti in sede di contrattazione decentrata. Nell'eventuale affidamento a corpo, totale o parziale, di servizi deve essere comunque specificata la quantificazione oraria, inerente le prestazioni alla persone ed il corrispettivo onere per la stazione appaltante non può mai essere inferiore al disposto del tariffario regionale.
3. Nei contratti o convenzioni aventi per oggetto la fornitura di servizi e/o beni da parte di cooperative sociali di tipo B e non riconducibili alla tipologia del comma 1, deve essere comunque specificata la quantificazione oraria delle prestazioni ed il corrispettivo onere per la stazione appaltante non può mai essere inferiore al disposto del tariffario regionale.
 

Art. 405 Qualità della cooperazione sociale.
1. La Giunta regionale definisce, sentita la Commissione regionale per la cooperazione sociale, i criteri di valutazione della qualità dei servizi affidati.
2. Gli enti pubblici e/o loro associazioni che stipulano contratti e convenzioni con le cooperative sociali operano un monitoraggio sulla qualità ed efficienza dei servizi e sul rispetto dei criteri di affidamento degli stessi, sulle modalità di inserimento lavorativo delle persone svantaggiate.
3. I risultati del monitoraggio di cui al comma 2 sono trasmessi annualmente e alla scadenza dei contratti delle convenzioni alla Giunta regionale, la quale sentita la Commissione regionale della cooperazione sociale, ne valuta la coerenza con i criteri di cui al comma 1, ai fini dell'implementazione del sistema di qualità.
 

PARTE III Norme comuni
Titolo I Attuazione di leggi regionali
Capo I Sanità
Art. 406 Clausole valutative.
(Testo dell’articolo 406 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato ed integrato dall’articolo 70 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione della rubrica e l’aggiunta del comma 1 bis)
1. La Giunta regionale presenta all'Assemblea Legislativa, entro il primo semestre di ciascun anno, una relazione sullo stato di attuazione e sui risultati conseguiti dall'attività di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica in Umbria di cui al Capo VI del Titolo XV della Parte I. A tal fine la relazione deve evidenziare i seguenti aspetti:
a) in quanti distretti sanitari è stato attivato il Servizio di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica e in quali distretti è stato attivato più di un gabinetto odontoiatrico;
b) quante strutture odontoiatriche private accreditate hanno stipulato specifici contratti con l'Azienda USL;
c) quali sono state le modalità da parte delle strutture odontoiatriche private, di cui alla lettera b), per garantire all'utenza il rispetto della parità di trattamento e di accesso;
d) il tempo medio di attesa per ogni prestazione effettuata dal servizio pubblico e dalle strutture private di cui alla lettera b);
e) entità e tipologia delle prestazioni rese dal servizio pubblico e dalle strutture private di cui alla lettera b);
f) se e in che misura il contenimento dei costi delle prestazioni di assistenza odontoiatrica, protesica ed ortesica, ha contribuito a regolare e calmierare i prezzi di mercato.
1 bis. La Giunta regionale rende conto all’Assemblea legislativa dell’attuazione delle disposizioni contenute nel Capo IV del Titolo XVI, e dei risultati ottenuti nel contrastare il fenomeno del randagismo, nel promuovere l’adozione e il possesso responsabile degli animali da affezione. A tal fine, la Giunta regionale trasmette all’Assemblea legislativa una relazione entro il 31 luglio di ogni anno che contiene risposte documentate ai seguenti quesiti:
a) in che misura il fenomeno del randagismo si è manifestato nell’anno di riferimento, in termini quantitativi, tipologici e di distribuzione territoriale;
b) quali iniziative sono state assunte al fine di superare la filosofia del ricovero permanente degli animali di affezione e quindi per favorire azioni volte all’affidamento e all’adozione;
c) i criteri e le modalità stabiliti dalla Giunta regionale per il riparto dei contributi tra i comuni singoli o associati;
d) le tariffe stabilite dalla Giunta regionale per il mantenimento dei cani nei canili e dei gatti nelle oasi feline;
e) l’elenco dei canili sanitari o canili rifugio e delle oasi feline presenti sul territorio regionale, specificandone la tipologia;
f) le modalità di attuazione dei commi 8 e 11 dell’articolo 219 bis;
g) il numero di cani, gatti o altri animali di affezione ospitati per singola struttura al 31 dicembre di ogni anno, distinti per durata di presenza nella struttura;
h) i tassi di affidamento stabiliti dalla Regione e realizzati per ogni anno da ciascuna struttura;
i) il numero di ingressi alla struttura distinti per specie animale e motivo dell’ingresso durante l’anno solare;
j) il numero di uscite dalla struttura distinti per specie animale e motivo dell’uscita durante l’anno solare.
 

Capo II Servizi sociali
Art. 407 Clausole valutative.
1. Con cadenza annuale, la Giunta presenta all'Assemblea Legislativa una relazione sull'attuazione degli interventi e dei servizi a tutela della promozione e della valorizzazione dell'invecchiamento attivo ed in particolare degli interventi ricompresi nel piano operativo di cui al Capo III del Titolo III - Parte II.
2. La Giunta regionale, con cadenza annuale entro il 30 novembre, informa l'Assemblea Legislativa circa l'attuazione degli interventi nell'ambito del sostegno e della qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare di cui al Capo I, Titolo IV - Parte II, evidenziando i risultati ottenuti nell'ambito.
Per le finalità di cui sopra, la Giunta regionale presenta una relazione fornendo in particolare le seguenti informazioni:
a) in che modo e con il coinvolgimento di quali soggetti si è realizzata l'attività di informazione e assistenza rivolta a sostenere le persone singole e le famiglie;
b) la qualità percepita della formazione erogata da parte dei soggetti che hanno frequentato i corsi formativi ed i risultati ottenuti sul fronte della selezione dei soggetti formati;
c) in che misura le persone singole e le famiglie ritengono accresciuta la qualità della prestazione lavorativa a seguito della partecipazione ai corsi formativi del personale addetto all'attività di assistenza familiare domiciliare.
La Giunta regionale per le finalità di cui sopra, attiva processi di monitoraggio e verifica avvalendosi dell'Osservatorio sociale regionale.
3. La Giunta regionale, entro il 30 giugno di ogni anno presenta all'Assemblea Legislativa una relazione in cui sono contenute le informazioni sull'attuazione degli interventi nell'ambito del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 317 e precisamente:
a) il dato relativo alle persone non autosufficienti in Umbria di-stinto per tipologia e livelli di gravità;
b) la situazione di ogni zona sociale e distretto che evidenzi le aree di intervento per gruppi di popolazione, tipologia di prestazioni e spesa relativa;
c) il tempo medio di attesa intercorso tra il momento della presa in carico della persona non autosufficiente e la sottoscrizione del Patto per la cura e il benessere.
La Giunta regionale con cadenza triennale presenta altresì una relazione all'Assemblea Legislativa per rispondere dettagliatamente alle seguenti domande:
d) in che modo le risorse del fondo per la non autosufficienza impiegate:
1) hanno contribuito all'obiettivo del mantenimento a domicilio delle persone non autosufficienti;
2) hanno contribuito ad incrementare il sistema di protezione sociale e di cura delle persone non autosufficienti e delle relative famiglie;
3) hanno inciso sulla spesa sanitaria;
4) hanno contribuito a contenere i tempi medi delle liste di accesso alle strutture residenziali;
e) il grado di soddisfacimento dei bisogni delle persone non autosufficienti e dei familiari e conviventi nonché il livello di qualità delle prestazioni rese e degli interventi attuati.
4. La Giunta regionale con cadenza annuale, sulla scorta delle informazioni rese dai soggetti che contribuiscono all'attuazione del prestito sociale d'onore di cui al Capo V del Titolo V - Parte II, presenta all'Assemblea Legislativa, una relazione sull'attuazione del prestito stesso e sui risultati da essa ottenuti nell'agevolare l'accesso al microcredito nella forma del prestito sociale d'onore in
favore di cittadini residenti in Umbria in situazione di temporanea difficoltà economica. La relazione è presentata alla Commissione consiliare competente in materia e fornisce i seguenti dati informativi:
a) numero delle domande presentate ai Comuni suddivise in base alla tipologia di bisogno e in base a quelle ammesse all'erogazione del prestito sociale d'onore;
b) tempi medi per Zona sociale di durata del procedimento dal momento della pubblicazione del bando al momento della erogazione del prestito;
c) dotazione finanziaria assegnata a ciascun Zona sociale in relazione al numero delle domande ammissibili, spesa sostenuta per l'abbattimento degli interessi e verifica della capacità di spesa di ogni Zona sociale.
Decorsi cinque anni dalla data di pubblicazione del primo bando la Giunta regionale fornisce dati informativi sugli importi relativi al capitale prestato in ciascuna Zona sociale e sulla restituzione dei prestiti concessi. Tutti I soggetti che contribuiscono all'attuazione dell'intervento di cui alla presente legge, pubblici e privati, sono tenuti a fornire le informazioni necessarie all'espletamento delle attività previste per consentire alla Giunta di predisporre la relazione di cui al presente comma.
5. L'Assemblea Legislativa esercita il controllo sull'attuazione e valuta gli effetti da essa prodotti nel migliorare le condizioni di vita delle famiglie e nel prevenire e alleviare situazioni di disagio.
6. La Giunta regionale entro il 31 ottobre di ogni anno, trasmette all'Assemblea Legislativa una relazione sullo stato d'attuazione degli interventi per le famiglie, di cui al Capo II, del Titolo IV - Parte II, in particolare la relazione dovrà contenere dati e informazioni dettagliate, relativamente:
a) agli interventi per le famiglie vulnerabili, realizzati;
b) agli interventi per le famiglie in condizione di grave disagio;
c) agli interventi per favorire l'accesso alla casa delle famiglie.
 

Titolo II Disposizioni transitorie e finali
Capo I Norma finanziaria
Art. 408 Norma finanziaria.
(Testo dell’articolo 408 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato ed integrato dall’articolo 16 della legge regionale 28 luglio 2016, n. 9, con la soppressione di una parola alla lettera v) del comma 2 e dall’articolo 71 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione di alcune parole alle lettere h), i), n), o), la soppressione della lettera m) e l’aggiunta della lettera o bis) al comma 1 e la sostituzione di alcune parole alla lettera a) del comma 2)
1. Agli oneri derivanti dalla applicazione della "Parte I - Sanità" del presente Testo Unico si provvede, per gli esercizi finanziari 2015 e successivi, ai sensi dell'articolo 38 del d.lgs. 118/2011 e s.m.i., con quanto annualmente destinato nel bilancio regionale al finanziamento del Servizio sanitario regionale per garantire l'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, come da apposita tabella allegata al bilancio di previsione, oltre a quanto stanziato, sulle seguenti Unità Previsionali di base (capitoli):
a) Unità Previsionale di base 12.1.006 (capitolo 2283), per il finanziamento con risorse statali dell'indennità di esclusività di cui all'articolo 50, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1;
b) Unità Previsionale di base 12.2.002 (capitolo 7217), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 84 già previsti dalla abroganda legge regionale n. 7/2004;
c) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2278), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 86 già previsti dalla abroganda legge regionale n. 7/2004;
d) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2268), per il finanziamento con risorse statali delle attività di cui all'articolo 105 commi 1 e 2, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1;
e) Unità Previsionale di base 12.1.006 (capitoli 2280 e 2284), per il finanziamento con risorse statali delle attività di cui agli articoli 105 comma 3 e 106, commi 1 e 2, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1;
f) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2129), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 107 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2004;
g) Unità Previsionale di base 12.1.011 (capitolo 2157), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 110, c. 2 già previsti dalla abroganda legge regionale 20/2001;
h) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2541), per il finanziamento degli oneri della Struttura Regionale di Coordinamento di cui all’articolo 153;
i) Unità Previsionale di base 12.1.004 (capitolo 2887), per il rimborso dei costi di cui all’articolo 154, comma 2;
j) Unità Previsionale di base 12.2.004 (capitolo 7286), per il finanziamento con risorse statali degli interventi di cui all'articolo 157;
k) Unità Previsionale di base 12.2.003 (capitolo 7208), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 176 già previsti dalla abroganda legge regionale 7/2008;
l) Unità Previsionale di base 12.1.010 (capitolo 2199), per il finanziamento, con i proventi delle sanzioni di cui al d.lgs. 81/2008, degli oneri di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 183, in aggiunta alle risorse destinate al finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui al comma 1, allocate al capitolo 2176;
m) (soppressa);
h) Unità Previsionale di base 12.2.005 (capitolo 7310), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 211, comma 2, lettera a). Al finanziamento di tali interventi concorrono gli introiti derivanti dalle sanzioni previste all'articolo 219-septies;
o) Unità Previsionale di base 12.1.012 (capitolo 2331), per il finanziamento degli interventi di cui all’articolo 211, comma 2, lettere b) e c). Al finanziamento di tali interventi concorrono gli introiti derivanti dalle sanzioni previste all’articolo 219 septies;
o bis) Unità Previsionale di base 12.1.012 (capitolo 2330), per il finanziamento, nei limiti delle risorse statali della l. 281/1991, degli interventi di cui all’articolo 208, comma 1, lettera g) e all’articolo 219 quinquies.
p) Unità Previsionale di base 02.1.005 (capitolo 560), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 240;
q) Unità Previsionale di base 12.1.010 (capitolo 2468), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 252 e 253 già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2002;
r) Unità Previsionale di base 11.1.001 (capitolo 2923), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 257, 258, 259, 260 e 262 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2005;
s) Unità Previsionale di base 11.1.001 (capitolo 2924), per il finanziamento degli oneri dell'Osservatorio di cui all'articolo 261 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2005.
2. Agli oneri derivanti dalla applicazione della "Parte II - Servizi Sociali" del presente Testo Unico si provvede, ai sensi dell'articolo 38 del d.lgs. 118/2011 e s.m.i., con quanto stanziato, per gli esercizi finanziari 2015 e successivi, sulle seguenti Unità Previsionali di base (capitoli):
a) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2884) e Unità previsionale di base 13.1.014 (capitolo 2899), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 265 e 268 bis ;
b) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2888), per il finanziamento degli
interventi di cui all'articolo 268 già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2009;
c) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2881), per il finanziamento degli
interventi di cui all'articolo 278 già previsti dalla abroganda legge regionale 26/2009;
d) Unità Previsionale di base 13.1.004 (capitolo 2859), per il finanziamento degli
interventi di cui all'articolo 280 già previsti dalla abroganda legge regionale 28/2004;
e) Unità Previsionale di base 13.1.014 (capitolo 2898), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 291, 292, 293 e 294 già previsti dalla abroganda legge regionale 14/2012;
f) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2575), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 312 già previsti dalla abroganda legge regionale 28/2007;
g) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2561), per il finanziamento del fondo di cui all'articolo 313, comma 1 già previsto dalla abroganda legge regionale 1/2008. Al finanziamento di tale fondo concorrono anche i contributi volontari di cui all'articolo 313, comma 4 lettera b) allocati al capitolo 2563 e le sanzioni di cui all'articolo 313, comma 4 lettera c) allocate al capitolo 2564 del bilancio regionale;
h) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2562), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 313, comma 2 già previsti dalla abroganda legge regionale 1/2008;
i) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2255), per il finanziamento del Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali di cui all'articolo 323 - Quota del Fondo nazionale per la non autosufficienza;
j) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2264/5010), per il finanziamento del Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali di cui all'articolo 323 - Quota parte dello stanziamento relativo al finanziamento di parte corrente del Servizio sanitario regionale;
k) Unità Previsionale di base 12.1.005 (capitolo 2256) e Unità Previsionale di base 13.1.005, (capitolo 2578), per il finanziamento del Fondo per le prestazioni socio-sanitarie e sociali di cui all'articolo 323 - Risorse regionali;
l) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2883), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 329 già previsti dalla abroganda legge regionale 25/2007;
m) Unità Previsionale di base 13.1.012 (capitolo 2886), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 332 già previsti dalla abroganda legge regionale 3/1984;
n) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2565), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 339 e 340 già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2010;
o) Unità Previsionale di base 13.1.005 (capitolo 2566), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 341 già previsto dalla abroganda legge regionale 13/2010;
p) Unità Previsionale di base 13.1.003 (capitolo 2558), per il finanziamento degli interventi di cui agli articoli 363 e 365 commi 2 e 3 già previsti dalla abroganda legge regionale 18/2009;
q) Unità Previsionale di base 13.1.001 (capitolo 2712), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 364, comma 1, lettere h) ed i) già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2006;
r) Unità Previsionale di base 13.1.001 (capitolo 2711), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 365, commi 1 e 3 già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2006;
s) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2626), per il finanziamento degli oneri di cui agli articoli 391, comma 1, lettere a), b) ed f) e 395 già previsti dalla abroganda legge regionale 22/2004;
t) Unità Previsionale di base 13.1.008 (capitolo 2625), per il finanziamento con risorse statali della L. 383/2000 degli oneri di cui all'articolo 392;
u) Unità previsionale di base 02.1.005 (capitolo 560), per il finanziamento degli oneri di cui all'articolo 399, comma 5;
v) Unità Previsionale di base 11.2.002 (capitoli 9771 - 9772), per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 401, comma 2, lettera a) già previsti dalla legge regionale 11/2003.
3. Al finanziamento degli interventi di cui agli articoli 298, 299, 300, 301,302, 303, 304, 305 e 306, già previsti dalla abroganda legge regionale 13/2010, si provvede con le risorse già previste dalle specifiche leggi regionali di settore e con le eventuali risorse statali e/o del POR FSE ad essi destinate in materia di servizi sociali, tutela della salute, non autosufficienza, politiche alloggiative, servizi socio-educativi prima infanzia, formazione, diritto allo studio e prestito sociale d'onore.
4. Al finanziamento degli interventi di cui agli articoli 308 e 309, già previsti dalla abroganda legge regionale 28/2007, si provvede con le risorse della Programmazione comunitaria e/o statali eventualmente destinate alla formazione professionale.
 

Capo II Norme transitorie e finali
Art. 409 Norme transitorie.
1. Le aziende Unità sanitarie locali di cui all'articolo 18 del presente testo unico, già istituite ai sensi dell'articolo 6 della L.R. n. 18/2012, subentrano in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi delle Aziende Unità sanitarie locali istituite ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento del sistema sanitario regionale) ivi compresi quelli inerenti i rapporti di lavoro, assumendone i relativi diritti ed obblighi e proseguendo in tutti i rapporti, anche processuali, preesistenti.
2. Nelle more della costituzione dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Perugia e dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Terni, i rapporti tra il servizio sanitario regionale e l'Università degli Studi di Perugia sono regolati da apposito atto convenzionale.
3. La Giunta regionale, con proprio atto, definisce i criteri e le modalità per il subentro di cui al comma 1, con particolare riguardo:
a) alla gestione delle attività e passività pregresse e tutela dei rapporti contrattuali in essere;
b) al patrimonio disponibile e indisponibile;
c) alla gestione del personale;
d) alla gestione delle attività contrattuali in essere;
e) alla gestione transitoria dei servizi di tesoreria;
f) alla contabilità economico-finanziaria e patrimoniale relativa agli anni precedenti.
4. Con atto della Giunta regionale, i beni patrimoniali immobili, ivi compresi quelli da reddito, nonché i beni mobili registrati, delle aziende unità sanitarie locali di cui all'articolo 8 della L.R. n. 3/1998, previa ricognizione dei medesimi, sono trasferiti al patrimonio della subentrante azienda unità sanitaria locale di cui all'articolo 18 del presente testo unico, già istituita ai sensi dell'articolo 6 della L.R. n. 18/2012. I provvedimenti regionali di trasferimento costituiscono titolo, ai sensi dell'articolo 5, comma 3 del d.lgs. 502/1992, per le conseguenti trascrizioni, registrazioni e volture e per tutti gli altri atti connessi al trasferimento con esenzione di ogni onere relativo a imposte e tasse.
5. L'incarico dei Direttori generali delle aziende unità sanitarie locali, nominati ai sensi dell'articolo 26, decorre dal 1° gennaio 2013.
6. I Direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere entro centottanta giorni dalla data di decorrenza dell'incarico, adottano:
a) il piano attuativo;
b) il piano degli investimenti e dei finanziamenti;
c) l'atto aziendale.
7. In sede di prima applicazione le due Conferenze dei Sindaci di cui all'articolo 8 esprimono alla Giunta regionale il parere di cui all'articolo 18, comma 2, in seduta plenaria, in deroga a quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo 8. Le Conferenze sono convocate dal Presidente della Giunta regionale o dall'Assessore competente e sono presiedute dal Sindaco del Comune con maggior numero di abitanti. Il parere è reso entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta. In caso di inerzia provvede comunque la Giunta regionale.
 

Art. 410 Abrogazioni.
(Testo dell’articolo 410 della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, così modificato dall’articolo 72 della legge regionale 17 agosto 2016, n. 10, con la sostituzione della lettera dddd), del comma 1)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente Testo Unico sono e restano abrogate tutte le norme contrarie o incompatibili con il presente testo. Sono e restano abrogate, in particolare, le seguenti leggi e disposizioni:
a) legge regionale 19 luglio 1972, n. 13 (Esercizio delle funzioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera);
b) legge regionale 15 dicembre 1972, n. 27 (Decisione in via amministrativa dei ricorsi in materia di spedalità);
c) legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9 (Istituzione di un fondo sanitario regionale per l'assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi);
d) legge regionale 29 marzo 1974, n. 23 (Rifinanziamento della legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9, concernente: Istituzione di un Fondo sanitario regionale per l'assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi);
e) legge regionale 29 marzo 1974, n. 24 (Designazione medici specializzati in materia di assistenza ai fini della costituzione dei Comitati comunali ONMI);
f) legge regionale 6 marzo 1975, n. 13 (Erogazione di un contributo speciale ai Comuni maggiormente colpiti dal sisma del dicembre 1974);
g) legge regionale 21 marzo 1975, n. 15 (Disciplina del diritto di accesso all'assistenza ospedaliera gestita dalla Regione dell'Umbria);
h) legge regionale 2 aprile 1975, n. 19 (Estinzione delle Opere pie e devoluzione del patrimonio all'Ente comunale di assistenza di Terni);
i) legge regionale 12 maggio 1975, n. 26 (Norme per lo svolgimento dei concorsi in campo sanitario);
j) legge regionale 27 gennaio 1977, n. 8 (Regolamentazione del servizio di assistenza dei neuropatici cronici);
k) legge regionale 26 luglio 1977, n. 35 (Modifica all'art. 2 della legge regionale 27 gennaio 1977, n. 8);
l) legge regionale 9 agosto 1977, n. 42 (Integrazione del fondo sanitario regionale per l'assistenza farmaceutica ai lavoratori autonomi previsto dalla legge regionale 22 gennaio 1973, n. 9 e dalla legge regionale 29 marzo 1974, n. 23);
m) legge regionale 28 marzo 1978, n. 13 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 12 maggio 1975, n. 26, contenente norme per lo svolgimento dei concorsi in campo sanitario);
n) legge regionale 31 luglio 1978, n. 36 (Soppressione degli Enti comunali di assistenza);
o) legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65 (Organizzazione del servizio sanitario regionale);
p) legge regionale 28 dicembre 1979, n. 72 (Disciplina dell'iscrizione nel ruolo nominativo regionale del personale addetto ai presidi, servizi ed uffici delle unità sanitarie locali);
q) legge regionale 27 febbraio 1980, n. 10 (Autorizzazione e vigilanza sulle strutture sanitarie private di diagnostica di laboratorio);
r) legge regionale 17 maggio 1980, n. 43 (Prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro);
s) legge regionale 17 maggio 1980, n. 46 (Norme sullo scioglimento delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616);
t) legge regionale 16 gennaio 1981, n. 4 (Modificazione all'art. 11 della legge regionale 28 dicembre 1979, n. 72, recante la disciplina della iscrizione nel ruolo nominativo regionale del personale addetto ai presidi, servizi ed uffici delle Unità sanitarie locali);
u) legge regionale 6 maggio 1981, n. 25 (Modifica ed integrazione dell'art. 5 della legge regionale 21 marzo 1975, n. 15. Disciplina del diritto di accesso all'assistenza ospedaliera gestita dalla Regione Umbria);
v) legge regionale 8 giugno 1981, n. 31 (Interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate);
w) legge regionale 7 aprile 1982, n. 19 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria);
x) legge regionale 14 maggio 1982, n. 24 (Norme per il trasferimento alle Unità sanitarie locali delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica);
y) legge regionale 30 agosto 1982, n. 45 (Norme per la gestione, l'organizzazione e il funzionamento dei presidi e servizi multizonali);
z) legge regionale 30 agosto 1982, n. 46 (Norme per il corretto uso del farmaco e per l'assistenza farmaceutica nell'ambito del servizio sanitario regionale);
aa) legge regionale 13 luglio 1983, n. 26 (Norme di attuazione del D.P.R. 761/1979 in materia di procedure concorsuali e disciplina del rapporto di impiego del personale delle U.L.S.S.);
bb) legge regionale 13 luglio 1983, n. 27 (Integrazione alla legge regionale 30 agosto 1982, n. 46. Norme per il corretto uso del farmaco e per l'assistenza farmaceutica nell'ambito del Servizio sanitario regionale);
cc) legge regionale 17 gennaio 1984, n. 3 (Erogazione di provvidenze a favore degli Enti di tutela e assistenza agli invalidi);
dd) legge regionale 3 agosto 1984, n. 34 (Integrazione della legge regionale 14 maggio 1982, n. 24. Norme per il trasferimento alle Unità sanitarie locali delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica);
ee) legge regionale 14 gennaio 1985, n. 1 (Norme per l'esercizio da parte dell'associazione dei comuni, di cui alla legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65, delle funzioni amministrative già attribuite o delegate ai consorzi intercomunali costituiti ai sensi della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40 e dalla legge regionale 17 agosto 1979, n. 44. Modificazioni alla legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65);
ff) legge regionale 11 marzo 1985, n. 10 (Norme per la razionalizzazione dei servizi trasfusionali e la promozione della donazione del sangue);
gg) legge regionale 21 marzo 1985, n. 11 (Piano socio - sanitario regionale per il triennio 1985-87);
hh) legge regionale 14 aprile 1986, n. 16 (Adeguamento della legislazione regionale alle norme sul nuovo assetto degli organi di gestione delle UU.LL.SS.SS.);
ii) legge regionale 21 gennaio 1987, n. 4 (Interpretazione autentica del primo comma dell'art. 22 della legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65);
jj) legge regionale 17 marzo 1987, n. 17 (Spesa sanitaria consolidata a carico della Regione dell'Umbria a norma dell'art. 69 - primo comma, lett. b), della legge 23 dicembre 1978, n. 833 relativamente agli anni dal 1981 al 1984. Definizione rapporti finanziari con lo Stato);
kk) legge regionale 20 maggio 1987, n. 27 (Carta dei diritti degli utenti dei servizi delle Unità locali per i servizi sanitari e socio-assistenziali dell'Umbria);
ll) legge regionale 20 gennaio 1988, n. 2 (Compensi ai componenti le commissioni e sottocommissioni esaminatrici dei concorsi e delle selezioni per l'assunzione del personale delle uu.ll.ss.ss dell'Umbria);
mm) legge regionale 12 giugno 1989, n. 16 (Determinazioni per l'attività di soccorso e ricostruzione a favore delle popolazioni dell'Armenia colpite dal sisma del dicembre 1988);
nn) legge regionale 27 marzo 1990, n. 9 (Piano socio-sanitario regionale per il triennio 89/91 - atto quinquies);
oo) art. 10 della legge regionale 10 aprile 1990, n. 18 (Interventi a favore degli immigrati extracomunitari in Umbria);
pp) legge regionale 27 aprile 1990, n. 33 (Nuovi interventi a favore delle farmacie rurali particolarmente disagiate);
qq) legge regionale 27 aprile 1990, n. 32 (Misure per favorire l'inserimento dei nomadi nella società e per la tutela della loro identità e del loro patrimonio culturale);
rr) legge regionale 15 aprile 1992, n. 8 (Norme regionali per la limitazione dell'infezione da h.i.v. (human immunodeficiency virus) e del fenomeno dell'abbandono delle siringhe usate);
ss) legge regionale 25 maggio 1994, n. 15 (Disciplina del volontariato);
tt) legge regionale 25 maggio 1994, n. 15 (Disciplina del volontariato);
uu) comma 1 dell'art. 12 della L.R. 21 giugno 1994, n. 18 (Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1994 e annesso bilancio pluriennale 1994/1996);
vv) legge regionale 19 luglio 1994, n. 19 (Norme per la tutela degli animali di affezione e per la prevenzione ed il controllo del fenomeno del randagismo);
ww) legge regionale 12 agosto 1994, n. 28 (Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 15 aprile 1992, n. 8. Norme regionali per la limitazione dell'infezione da HIV (Human Immunodeficiency Virus) e del fenomeno dell'abbandono delle siringhe usate);
xx) legge regionale 2 dicembre 1994, n. 37 (Finanziamento programma straordinario di investimenti della sanità - art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67 - Variazioni al bilancio preventivo regionale per l'esercizio finanziario 1994);
yy) legge regionale 30 marzo 1995, n. 17 (Istituzione del servizio di ospedalizzazione a domicilio per pazienti oncologici terminali);
zz) legge regionale 19 dicembre 1995, n. 51 (Norme in materia di contabilità, di amministrazione dei beni, di attività contrattuale e di controllo delle Aziende sanitarie regionali);
aaa) comma 3 dell'art. 15-bis e articolo 18 della legge regionale 18 aprile 1997, n. 14 (Norme sull'amministrazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare regionale e delle aziende sanitarie locali);
bbb) legge regionale 6 agosto 1997, n. 24 (Provvedimenti diretti alla promozione e allo sviluppo della cooperazione);
ccc) legge regionale 10 luglio 1998, n. 23 (Tutela sanitaria delle attività sportive);
ddd) legge regionale 30 giugno 1999, n. 20 (Norme per il funzionamento delle commissioni sanitarie di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295);
eee) legge regionale 19 novembre 1999, n. 31 (Provvidenze a favore di soggetti sottoposti a trapianto di organi);
fff) legge regionale 16 agosto 2001, n. 20 (Trasferimento alle Aziende USL delle funzioni di cui alla legge 210/1992. Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, nonché a causa di vaccinazione antipoliomilitica non obbligatoria, di cui all'art. 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362);
ggg) legge regionale 22 ottobre 2001, n. 27 (Norme in materia di divieto di detenzione ed utilizzazione di esche avvelenate);
hhh) legge regionale 28 novembre 2001, n. 31 (Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 30 giugno 1999, n. 20. Norme per il funzionamento delle Commissioni sanitarie di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295);
iii) legge regionale 17 luglio 2002, n. 13 (Istituzione e disciplina della figura professionale dell'operatore socio-sanitario);
jjj) legge regionale 6 dicembre 2002, n. 25 (Norme per il rilascio del nulla osta all'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti comportanti esposizioni a scopo medico);
kkk) legge regionale 6 dicembre 2002, n. 26 (Contributi a favore dei mutilati e invalidi di guerra e categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali);
111) legge regionale 26 maggio 2004, n. 7 (Disposizioni in materia di finanziamento degli investimenti del Servizio sanitario regionale);
mmm) legge regionale 21 luglio 2004, n. 12 (Norme in materia di cremazione, dispersione delle ceneri e servizi cimiteriali);
nnn) legge regionale 6 agosto 2004, n. 18 (Interventi di assistenza sanitaria in favore di paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie);
ooo) legge regionale 16 novembre 2004, n. 22 (Norme sull'associazionismo di promozione sociale);
ppp) legge regionale 20 dicembre 2004, n. 28 (Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori);
qqq) legge regionale 23 dicembre 2004, n. 32 (Integrazione della legge regionale 6 agosto 2004, n. 18 - Interventi di assistenza sanitaria in favore di paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie);
rrr) legge regionale 28 dicembre 2004, n. 35 (Ambiti territoriali delle Aziende Unità sanitarie locali e ulteriori modificazioni della legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 - Ordinamento del Sistema sanitario regionale);
sss) legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9 (Norme sulla cooperazione sociale);
ttt) legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15 (Modalità per il conferimento di incarichi di struttura nelle Aziende sanitarie regionali);
uuu) legge regionale 28 febbraio 2005, n. 18 (Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing);
vvv) legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale);
www) legge regionale 22 gennaio 2007, n. 1 (Accesso ai trattamenti terapeutici per i cittadini consumatori di sostanze psicoattive o in stato di dipendenza);
xxx) legge regionale 13 febbraio 2007, n. 4 (Disciplina in materia di requisiti igienico- sanitari delle piscine ad uso natatorio);
yyy) art. 1 L.R. 29 marzo 2007, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2007 in materia di entrate e di spese);
zzz) legge regionale 24 luglio 2007, n. 25 (Prestito sociale d'onore. Istituzione di un fondo per agevolarne l'accesso);
aaaa) legge regionale 3 ottobre 2007, n. 28 (Interventi per il sostegno e la qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare);
bbbb legge regionale 21 febbraio 2008, n. 1 (Istituzione del Fondo di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro);
cccc) legge regionale 7 maggio 2008, n. 7 (Istituzione nelle Aziende Unità Sanitarie Locali (USL) della Regione Umbria del Servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica);
dddd) legge regionale 4 giugno 2008, n. 9 (Istituzione del Fondo regionale per la non aurosufficienza e modalità di acceso alle prestazioni ;
eeee) legge regionale 29 luglio 2009, n. 18 (Istituzione del Garante regionale per l''infanzia e l''adolescenza);
ffff) legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26 (Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali);
gggg) legge regionale 16 febbraio 2010, n. 13 (Disciplina dei servizi e degli interventi a favore della famiglia);
hhhh) legge regionale 7 ottobre 2010, n. 21 (Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 6 agosto 1997, n. 24 (Provvedimenti diretti alla promozione e allo sviluppo della cooperazione) e modificazione della legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9);
iiii) legge regionale 10 dicembre 2010, n. 24 (Modificazioni della legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale), dalla legge regionale 29 luglio 2009, n. 18 (Istituzione del Garante regionale per Tinfanzia e l''adolescenza) e dalla legge regionale 27 novembre 2007, n. 30 (Nuova disciplina del Difensore civico regionale. Abrogazione della legge regionale 30 novembre 1995, n. 45));
jjjj) legge regionale 20 luglio 2011, n. 6 (Disciplina per l'attribuzione degli incarichi di struttura nelle Aziende sanitarie regionali. Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3 (Ordinamento del sistema sanitario regionale) e abrogazione della legge regionale 23 febbraio 2005, n. 15);
kkkk) legge regionale 4 novembre 2011, n. 13 (Integrazione della legge regionale 16 febbraio 2010, n. 13 (Disciplina dei servizi e degli interventi a favore della famiglia));
llll) art. 14, comma 1, L.R. 4 aprile 2012, n. 7 Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2012 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali;
mmmm) legge regionale 27 settembre 2012, n. 14 (Norme a tutela della promozione e della valorizzazione dell''invecchiamento attivo);
nnnn) legge regionale 12 novembre 2012, n. 18 (Ordinamento del servizio sanitario regionale);
oooo) art. 19, comma 1 e art. 21, comma 1, L.R. 9 aprile 2013, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2013 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali);
pppp) artt. 15 e 16 della L.R. 21 giugno 2013, n. 12 (Norme su perequazione, premialità e compensazione in materia di governo del territorio e modificazioni di leggi regionali);
qqqq) legge regionale 26 febbraio 2014, n. 1 Ulteriori integrazioni della legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13 (Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale).
2. Dalla data di entrata in vigore del presente Testo unico, tutti i richiami alle leggi e alle norme regionali abrogate ai sensi del comma 1, si intendono riferiti al presente Testo unico.
 

Allegato A
Ambiti territoriali delle Unità Sanitarie Locali
(all'art. 18, Capo I - Titolo IV della Parte I)
Ambiti territoriali delle Unità Sanitarie Locali:
Unità Sanitaria Locale Umbria n. 1:
Comuni di: Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara, Castiglione del Lago, Citerna, Citt? della Pieve, Citt? di Castello, Collazzone, Corciano, Costacciaro, Deruta, Fossato di Vico, Fratta Todina, Gualdo Tadino, Gubbio, Lisciano Niccone, Magione, Marsciano, Massa Martana, Monte Castello di Vibio, Monte Santa Maria Tiberina, Montone, Paciano, Panicale, Passignano sul Trasimeno, Perugia, Piegaro, Pietralunga, San Giustino, San Venanzo, Scheggia e Pascelupo, Sigillo, Todi, Torgiano, Tuoro sul Trasimeno, Umbertide, Valfabbrica.
Unità Sanitaria Locale Umbria n. 2:
Comuni di: Acquasparta, Allerona, Alviano, Amelia, Arrone, Artigliano, Avigliano Umbro, Baschi, Bevagna, Calvi dell'Umbria, Campello sul Clitunno, Cascia, Castel Giorgio, Castel Ritaldi, Castel Viscardo, Cerreto di Spoleto, Fabro, Ferentillo, Ficulle, Foligno, Giano dell'Umbria, Giove, Gualdo Cattaneo, Guardea, Lugnano in Teverina, Montecastrilli, Montefalco, Montecchio, Montefranco, Montegabbione, Monteleone di Orvieto, Monteleone di Spoleto, Narni, Nocera Umbra, Norcia, Orvieto, Otricoli, Parrano, Penna in Teverina, Poggiodomo, Polino, Porano, Preci, San Gemini, Sant'Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano, Spello, Spoleto, Stroncone, Terni, Trevi, Vallo di Nera, Valtopina.
 

Allegato B
Autorizzazione e vigilanza sulle strutture sanitarie private di diagnostica di laboratorio
(Capo II - Titolo XIV - Parte I)
 

ALLEGATO 1
Criteri per la quantificazione del carico - lavoro e la definizione dell'organico
1. - DETERMINAZIONE DEL CARICO - LAVORO.
Il carico - lavoro annuo di ciascun servizio di diagnostica di laboratorio è calcolato in base alla formula: (N. annuo prelievi X indice peso) - (N. annuo prestazioni analitiche X indice peso) = lavoro annuo in minuti diviso 60 = N. annuo ore di lavoro.
La rilevazione quantitativa di ciascun tipo di analisi, la determinazione degli indici peso e le modalità di esecuzione delle stesse costituiscono punti essenziali ed indispensabili di riferimento per il calcolo di cui sopra.
a) Rilevazione quantitativa delle analisi.
L'unità di conteggio è rappresentata dalla esecuzione analitica che porta al singolo risultato.
Unità di conteggio particolari sono da prevedere solo nei casi appresso riportati:
Chimica - clinica.
Le prove di valutazione funzionale vanno conteggiate sommando le singole voci che le compongono (es. Clearance creatinina = creatinina per 2). Salvo specifiche eccezioni (riportate nelle tabelle relative ai sistemi di carico), vanno conteggiati singolarmente: gli standard, ogni analisi della medesima curva di taratura, le analisi ripetute in doppio ed in triplo, le analisi eseguite con apparecchiature multicanali (esclusi i risultati derivati).
Ematologia.
Ogni parametro del "profilo ematico" (GR, GB, dosaggio della emoglobina, ematocrito, MCV, MCH, MCHC) va calcolato singolarmente purché non si tratti di parametri derivati.
La formula leucocitaria, ivi compresa la morfologia dei globuli rossi e delle piastrine, costituisce un esame unico e a se stante, anche se richiesto con il profilo ematico.
Microbiologia ed immunologia.
Le reazioni sierologiche sono conteggiate secondo il numero degli antigeni impiegati.
Per le indagini microbiologiche l'unità di conteggio è costituita dalla piastra, dal tubo, dalla bottiglia o dal vetrino impiegati. Urine - essudati - trasudati.
I tests di routine simultaneamente eseguiti sullo stesso campione di urine (sangue, urobilina, proteine, zucchero, acetone, ph, peso specifico) vengono conteggiati come un singolo esame; sono calcolati invece come singole determinazioni quando eseguiti separatamente. Il sedimento urinario è conteggiato sempre come esame a se stante. Gli esami di routine degli essudati e trasudati (peso specifico, proteine, sangue, sedimento, Rivalta) sono calcolati come esame unico; per esami diversi (cellularità, contenuto batterico) o per diverse valutazioni biochimiche vengono conteggiati tanti esami quanti sono rispettivamente i vetrini impiegati e le esecuzioni analitiche effettuate.
Prelievi.
Nei servizi analitici a sede ospedaliera il calcolo non terrà conto dei prelievi effettuati per i degenti dal personale di reparto.
b) Indici peso delle esecuzioni analitiche.
L'indice peso di ciascuna esecuzione analitica è costituito dal tempo medio tecnico (compreso, quello dei laureati), impiegatizio ed ausiliario necessario ed eseguirla, incluso il tempo di raccolta in laboratorio dei campioni, la centrifugazione e la ripartizione intra - laboratorio degli stessi. L'indice peso come sopra determinato non include il tempo del prelievo e della ripartizione dei campioni per l'invio ad altri presidi, da valutare separatamente. I valori di riferimento stabiliti per le varie analisi sono quelli derivati dal "sistema di carico canadese" ed espressi in minuti di lavoro manuale, come da tabella allegata.
c) Sistema di lavoro.
In rapporto all'attuale stato di evoluzione tecnica, il sistema di lavoro dei servizi di diagnostica di laboratorio può distinguersi in:
a) lavoro manuale preparazione e lettura del campione, calcolo e trascrizione dei risultati esclusivamente manuali;
b) lavoro quasi manuale preparazione manuale del campione alla lettura, lettura diretta pi? o meno automatizzata dei risultati in concentrazione, trascrizione manuale o a mezzo stampante: in sierologia preparazione automatica del campione alla lettura, lettura e trascrizione manuali;
c) lavoro in semiautomazione preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente automatiche, ma senza trascrizione automatica in scheda - paziente e senza codificazione dei risultati al CED (Centro elettronico elaborazione dati);
d) lavoro in automazione semplice preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente automatiche in una scheda - paziente, senza codificazione dei risultati al CED;
e) lavoro in automazione integrale preparazione del campione alla lettura, lettura del campione e trascrizione dei risultati completamente automatiche, codificazione dei risultati direttamente al CED.
Per il lavoro manuale e quasi manuale non è rilevante l'uso di diluitori più o meno automatici se è costante l'intervento dell'operatore.
Il sistema di lavoro condiziona l'indice peso in minuti degli esami eseguiti.
I valori di riferimento stabiliti nella tabella allegata sono ad eccezione di quelli relativi ad esami cromatografici e gascromatografici, ridotti rispettivamente:
a) del 35 per cento per le analisi eseguite con sistema quasi manuale;
b) del 75 per cento per le analisi eseguite in semiautomazione;
c) dell'85 per cento per le analisi eseguite in automazione semplice;
d) del 90 per cento per le analisi eseguite in automazione integrale.
 

2. - DEFINIZIONE DELL'ORGANICO.
Presa a riferimento la media annua del tempo di lavoro contrattuale degli operatori e dividendo per questa il numero annuo di ore di lavoro del servizio, calcolato nel modo di cui al punto precedente, si ottiene il numero complessivo degli operatori necessari ad esplicare in maniera ottimale l'attività richiesta.
La quantificazione ottenuta è comprensiva di tutte le componenti che fanno parte dell'organico dei servizi di diagnostica di laboratorio (laureati, tecnici, personale impiegatizio ed ausiliario).
La ripartizione dell'organico nelle componenti sopra indicate deve tener conto delle caratteristiche specifiche dei singoli servizi (varietà delle analisi, grado di automazione, ampiezza dei locali da pulire, ecc.).
A titolo orientativo è da ipotizzare in linea di massima il seguente rapporto:
a) personale laureato e tecnico un laureato ogni due tecnici per i servizi a conduzione tradizionale o con prevalenza del lavoro manuale; un laureato ogni 4-5 tecnici, a seconda del grado di automazione, per i servizi con lavoro in automazione integrale o semplice;
b) personale impiegatizio ed ausiliario due ausiliari e due impiegati ogni sei tecnici di laboratorio.
 

ALLEGATO 2
TABELLA DEGLI INDICI PESO DELLE PRESTAZIONI ANALITICHE (Accanto ad ogni prestazione viene indicato il tempo necessario espresso in minuti)
1° Prelievi
Prelievo di sangue venoso 8
Prelievo di sangue arterioso 12
Prelievo di sangue capillare (dito, orecchio ecc.) 12
Prelievo midollo osseo 36
Prelievo di materiali per esami microbiologici (per paziente) 6
Prelievo di succo gastrico, intubazione, aspirazione (I prelievo e successivi) 14 - 6
Prelievo di campione da drenaggio 6
Prelievo urinario con cateterismo 18
Frazionamento e distribuzione di campioni da inviare ad altro laboratorio (per paziente) 3
2° Urine
Esame chimico - fisico completo 5
Esame chimico - fisico parziale per ogni singola analisi 3
Dosaggi quantitativi (vedere corrispondente voce esami chimico - clinici)
Sedimento urinario 4
Conta di Addis 32
Prova di concentrazione (3 determinazioni) 9
Prova di diluizione (3 determinazioni) 9
3° Ematologia
VES 5
Conteggio leucociti 6
Conteggio eritrociti 6
Emoglobina 6
Conteggio piastrine 14
Conteggio reticolociti 13
Conteggio eosinofili 8
Ematocrito 3
Morfologia ematica (Formula leucocitaria, morfologia GR e piastrine) 11
Indici ematologici derivati (per campione e solo se eseguiti manualmente) 3
Conteggio punteggiati basofili 13
Resistenza globulare 45
Resistenza globulare test rapido (ad esempio con met. Simmel) 18
Ricerca cellule LE 28
Ricerca emazie fetali 18
Ricerca cellule falciformi 14
Curva eritrocitometrica di Prince - Jones 60
Esame midollo osseo (escluso prelievo) 30
Ricerche citochimiche su elementi ematici (ciascuna) 18
Emoglobine anormali (elettroforesi) 46
Emoglobina alcali - resistente (dosaggio) 31
Enzimi eritrocitari (ciascun dosaggio) 13
4° Coagulazione
Prove di fragilità capillare (ciascuna prova) 7
Tempo di emorragia 11
Tempo coagulazione sangue in toto 24
Tempo di retrazione del coagulo 4
Valutazione qualitativa e quantitativa della retrazione del coagulo 20
Tempo di protrombina 8
Tempo di tromboplastina parziale 10
Tempo di protrombina residua 12
Tempo di trombina 8
Dosaggio fattori emocoagulativi (ciascuno) 35
Test di generazione della tromboplastina 120
Tromboelastogramma 30
Test di aggregazione piastrinica 35
Test di adesività piastrinica 20
Capacità di distensione piastrinica 20
Fibrinogeno (dosaggio) 15
Tempo di lisi del coagulo 15
Tempo di lisi euglobulinica 40
Tempo di lisi tromboelastografica 30
Tempo di lisi in piastre di fibrina 90
Attivatori ed inibitori della fibrinolisi (ciascuno) 90
Tolleranza eparinica "in vitro" 50
Dosaggio antitrombina 20
Dosaggio FDP 15
Ricerca delle antitromboplastine 100
Test di paracoagulazione 5
5° Chimica - clinica
Acetone 24
Acido lattico 27
Acido piruvico 27
Acido urico 13
Acido vanilmandelico (dosaggio) 60
Albumina 12
Alcool 49
Alcool (dosaggio enzimatico) 13
Aldosterone (metodo chimico) 42
Aminoacidi (Test di Guthrie per ciascun aminoacido) 3
Aminoacidi (metodo cromatografico) 120
Ammoniaca 39
Amniotico (esame liquido) Bilirubina 24
HB 24
1/s 36
Anidride carbonica, titolazione bicarbonati 18
Acido ascorbico 25
Acido - 5 - idrossi - indolacetico (dosaggio) 22
Barbiturici (dosaggio) 32
Bilirubina totale 12
Bilirubina frazionata 24
Bromosulftaleina (compresa iniezione) 24
Beta - lipoproteina (metodo tirbidimetrico) 19
Calcio 14
Calcio ionizzato 24
Calcoli (analisi) 25
Catecolamine 80
Clearance (soltanto il calcolo) o altri indici chimici derivati) 3
Cloro 10
Colesterolo totale 14
Colesterolo frazionato 30
Corticoidi, cortisolo sangue 22
Corticoidi, cortisolo urine 31
Corticoidi, 11 - ossi o 17 - idrossi (con due dosaggi
creatinina) 54
Creatina 26
Creatinina 12
Delta - aminolevulinico acido 40
DNA dosaggio fluorimetrico 120
Elettroforesi proteine, lipoproteine, glicoproteine (per ciascun tipo) 30
Elettroforesi proteine urinarie 35
Enzimi (metodi a tempo fisso) 20
Enzimi (metodi in cinetica) 12
Estrogeni urine (metodo chimico) 35
Fenilalanina (dosaggio) 15
Ferro totale 16
Ferro (capacità legante) 24
Fosfato inorganico 18
Fosfolipidi 30
Fenosulftaleina (compresa iniezione) 24
Gastrico succo acidità (per ogni campione) 6
Glucosio (dosaggio) 12
ph, PCO2, PO2 (per ciascun parametro) 6
Grassi acidi liberi (NEFA) 25
17 - chetosteroidi totali 30
17 - chetosteroidi frazionati 84
Lipidi totali 16
Litio 10
Magnesio 13
Mercurio 40
Metemoglobina 21
Mioglobina 11
Mucopolisaccaridi (dosaggio) 30
Mucopolisaccaridi (identificazione elettroforetica) 70
Osmolarità 10
PBI 31
Piombo (dosaggio) 40
Prove eucolloidità serica (ciascuna) 10
Porfirine (esame qualitativo) 10
Porfirine () 67
Potassio 12
Pregnandiolo 40
Pregnantriolo 40
Prolina - idrossi (dosaggio) 40
Proteine Bence - Jones (metodo al calore) 18
Proteine, globuline (Pandy) 6
Proteine totali 12
Rame 40
Radiochimica (dosaggi con separazione cromatografia per campione) 30
Radiochimica (dosaggi senza separazione cromatografica) per campione 52
Salicilati 12
Sodio 12
T3 - T4 con metodo su colonna (ciascuno) 26
Trigliceridi 21
Urea, azoto ureico 12
Urobilinogeno porfo (dosaggio) 35
Volemia con colorante 60
6° Microbiologia, Parassitologia, Virologia
Manualità tecniche preliminari inerenti il materiale da esaminare (per ciascun campione in arrivo) 7,8
Arricchimento per esame microscopico o colturale del materiale (per ciascun campione) 3
Esame colturale (per ogni piastra, tubo o bottiglia) 3
Esame colturale rapido con eventuali reazioni biochimiche, su terreni multipli (per ciascun tipo di terreno contenuto nel tubo o piastra) 1
Antibiogramma (per ogni ceppo batterico, per ogni antibiotico, per ogni concentrazione) 1
Ricerca microscopica per batteri o miceti (per ogni vetrino) 2,2
Ricerca microscopica per microbatteri (per ogni vetrino) 6
Ricerca di uova o parassiti fecali (per vetrino)
Ricerca parassiti nel sangue (per campione) 22
Identificazione microbiologica con agglutinazione su vetrino o provetta (per ciascuna reazione) 2,2
Identificazione biochimica con ricerche eseguite singolarmente (per ciascuna prova) 2,2
Prova biologica in cavia o altri animali (inoculazione, autopsia, strisci e colture tessuti) per ricerca di bacteri, micobacteri e miceti) 100
Coltura primaria di tessuto (per campione) 120
Coltura di linee cellulari continue in vitro: allestimenti di ogni fiasca, piastra, provetta o fiala 30
Coltura cellulare in vitro: ricambio dei terreni di mantenimento 5
Isolamento dei virus su monostrati cellulari 15
Prova di emoadsmorbimento su colture in vitro 20
Isolamento dei virus su embrione di pollo 30
Isolamento dei virus su animali da laboratorio 30
Titolazione dei virus su coltura cellulare, uova embrionate o animali 30
Identificazione mediante prova di neutralizzazione su coltura cellulare, su uova embrionale e su animali (per ciascuna prova) 30
Ricerca di anticorpi mediante prova di neutralizzazione in coltura di tessuto, in uova embrionale o animali (per ciascuna ricerca) 30
7° Immunologia
Adsorbimento di antigeni ai globuli rossi (per ciascun antigene) 15
Titolazione del complemento (necessaria a ciascuna serie di reazioni di deviazione del complemento) per ciascun antigene e per ogni seduta 30
Allestimento reagenti per FTA, per ciascuna seduta 55
Reazione di precipitazione, di agglutinazione o di lisi (per ciascun antigene e per ciascuna diluizione) 3
Reazione di deviazione del complemento (per ciascun antigene e per ciascuna diluizione) 10
Reazione con metodo di fluorescenza per ciascun antigene o anticorpo e per ciascuna diluizione con metodo diretto 20
Reazione con metodo di fluorescenza per ciascun antigene o anticorpo e per ciascuna diluizione con metodo indiretto 30
Reazioni immunologiche qualitative o quantitative rapide su vetrino (ad es. test di gravidanza, ricerca fattore reumatoide, proteina C, VDRL ecc.) per ciascun antigene e per ciascuna diluizione 3
Ricerca con immunoelettrosineresi (per ciascuna piastra) 40
Ricerca con immunoelettrosineresi (per ciascuna piastra) 30
Immunodiffusione qualitativa (per ciascun antigene o anticorpo) 10
Immunodiffusione qualitativa (per ciascun antigene o anticorpo) 5
Test di immobilizzazione delle spirochete 30
Dye - test 30
Dosaggi radioimmunologici (per ciascun dosaggio) 20
8° Immunoematologia (esclusa quella di più specifica competenza dei Centri trasfusionali).
Ricerca antigeni del sistema ABO, Rh (con agglutinazione diretta su vetrino o in provetta (per ciascun antigene) 2
Adsorbimento anticorpale o sensibilizzazione eritrocitaria (per ciascuna esecuzione) 7
Test di Coombs, esclusa fase di adsorbimento 2
9° Miscellanea
Analisi cromatografica su colonna 120
Analisi gascromatografiche 400
Feci, esame chimico - microscopico completo 30
Feci esame parziale (ad es. sangue occulto) (per ogni indagine) 6
Liquido cefalo - rachidiano (esame chimico - microscopico) 36
Liquido cefalo rachidiano (reazioni colloidali) 5
Succo gastrico e duodenale (PH, sangue, pigmenti biliari) per ogni campione 6
Esami trasudati ed essudati (peso specifico, proteine, sangue, sedimento, Rivalta) 15
Latte completo (proteine, grassi, zuccheri) 34
Latte parziale (grassi) 16
Sperma esame completo 25
Cutireazione od intradermoreazione (per tbc, per echinococco) 10
Omogeneizzazione di cellule o tessuti per ricerche biochimiche 60
Cariogramma 420
Ricerca dei ricettori di membrana con rosette E, o immunofluorescenza diretta (per test) 50
Ricerca delle rosette EA (per test) 110
Valutazione della diluizione di lavoro dei coniugati fluorescenti (chess - board) 200
Citofluorescenza midollare per la ricerca dell'immunoglobulinopoiesi (per ciascun antisiero e per ciascuna diluizione) 50

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Note all’articolo 1, comma 1:
- Il testo vigente dell’articolo 40 della legge regionale 16 aprile 2005, n. 21 «Nuovo Statuto della Regione Umbria» (pubblicata nella ediz. straord. al Bollettino ufficiale della Regione 18 aprile 2005, n. 17), è il seguente:
«Art. 40 - Testi unici.
1. L'Assemblea legislativa autorizza con legge la Giunta a redigere, entro un tempo stabilito, progetti di testi unici di riordino e di semplificazione delle disposizioni riguardanti uno o più settori omogenei. La legge determina l'ambito del riordino e della semplificazione e fissa i criteri direttivi, nonché gli adempimenti procedurali a cui la Giunta si deve conformare.
2. Nel termine assegnato dalla legge la Giunta presenta all'Assemblea il progetto di testo unico delle disposizioni di legge. Il progetto è sottoposto all'approvazione finale dell'Assemblea con sole dichiarazioni di voto.
3. Le proposte di legge tendenti a modificare gli atti legislativi oggetto di riordino e di semplificazione e presentate nel periodo prefissato per la predisposizione del progetto di testo unico, sono discusse ed approvate solo sotto forma di proposte di modifica della legge di autorizzazione.
4. Le disposizioni contenute nei testi unici possono essere abrogate solo con previsione espressa; la approvazione di deroghe, di modifiche e di integrazioni deve essere testuale e prevedere, previa verifica del coordinamento formale, l'inserimento delle nuove norme nel testo unico.
5. Nelle materie oggetto del testo unico legislativo, la Giunta, nel rispetto dei criteri di riordino e semplificazione fissati dalla legge e acquisito il parere favorevole della Commissione competente, approva il testo unico delle disposizioni regolamentari di esecuzione di quelle autorizzate e provvede alla redazione di un testo unico compilativo, con l'indicazione per ogni disposizione della relativa fonte, legislativa o regolamentare.».
- La legge regionale 16 settembre 2011, n. 8 «Semplificazione amministrativa e normativa dell'ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali» (pubblicata nel s.o. n. 1 al Bollettino ufficiale della Regione 21 settembre 2011, n. 41), è stata da ultimo modificata dalla legge regionale 21 gennaio 2015, n. 1.
Note all’articolo 3, comma 1:
- Il testo dell’articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana, approvata dall’Assemblea costituente il 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947 (pubblicata nella ediz. straord. della Gazzetta ufficiale 27 dicembre 1947, n. 298), entrata in vigore il 1° gennaio 1948, è il seguente:
«32.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.».
- Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421» (pubblicato nel s.o. della Gazzetta ufficiale 30 dicembre 1992, n. 305) è riportato, nel testo vigente, in appendice.
- Il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 «Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419» è pubblicato nel s.o. della Gazzetta ufficiale 12 gennaio 2000, n. 8.
- Il testo dell’articolo 13 dello Statuto regionale (si veda la nota all’articolo 1, comma 1), è il seguente:
«Art. 13 Diritto alla salute.
1. La Regione promuove la salute quale diritto universale e provvede ai compiti di prevenzione, cura e riabilitazione mediante il servizio sanitario regionale, assicurando il coinvolgimento degli utenti, dei cittadini, delle associazioni di volontariato e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e garantendo la qualità delle prestazioni.
2. La Regione, nell'attuazione delle politiche sanitarie, ispira la propria azione al principio della centralità e della dignità della persona malata.
3. La Regione riconosce nell'attività fisica e sportiva un momento determinante per la salute e la formazione della persona. Tutela e valorizza la diffusione dello sport, favorendo la realizzazione di strutture adeguate.
4. La Regione adotta misure volte a garantire la salubrità dell'ambiente di vita e di lavoro, mediante la prevenzione e la progressiva eliminazione delle cause di inquinamento.
5. La Regione favorisce lo sviluppo di un sistema di sicurezza sociale anche al fine di garantire a tutti una migliore qualità della vita.».
Nota all'articolo 4, comma 3:
La legge regionale 20 novembre 2013, n. 28 «Ratifica dell'accordo tra la Regione Umbria e la Regione Marche concernente il riordino dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 27 novembre 2013, n. 53 è stata modificata dalla legge regionale 18 luglio 2014, n. 12.
Nota all’articolo 6, comma 2:
La legge regionale 6 marzo 1998, n. 9 «Norme sulla istituzione e disciplina dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (A.R.P.A.)» (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 12 marzo 1998, n. 20), è stata da ultimo modificata dalla legge regionale 16 2 aprile 2015, n. 10.
Nota all’articolo 8, comma 6, lettere b) e c):
Il testo vigente dell’articolo 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241 «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 18 agosto 1990, n. 192), è il seguente:
«Art. 16 - Attività consultiva
1. Gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro venti giorni dal ricevimento della richiesta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso, che comunque non può superare i venti giorni dal ricevimento della richiesta.
2. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere obbligatorio o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, è in facoltà dell’amministrazione richiedente di procedere indipendentemente dall’espressione del parere. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere facoltativo o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente procede indipendentemente dall’espressione del parere. Salvo il caso di omessa richiesta del parere, il responsabile del procedimento non può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione dei pareri di cui al presente comma.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano in caso di pareri che debbano essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini.
4. Nel caso in cui l'organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, i termini di cui al comma 1 possono essere interrotti per una sola volta e il parere deve essere reso definitivamente entro quindici giorni dalla ricezione degli elementi istruttori da parte delle amministrazioni interessate.
5. I pareri di cui al comma 1 sono trasmessi con mezzi telematici.
6. Gli organi consultivi dello Stato predispongono procedure di particolare urgenza per l'adozione dei pareri loro richiesti.
6-bis. Resta fermo quanto previsto dall’ articolo 127 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.».
Note all’articolo 9, comma 1:
- La legge regionale 27 marzo 2000, n. 29 «Prime disposizioni di recepimento del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernente: «Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre 1999, n. 419», d'integrazione e modificazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502» è pubblicata nella ediz. straord. del Bollettino ufficiale 7 aprile 2000, n. 21. Il presente provvedimento è stato abrogato dall’articolo 61, comma 1, lettera b) della legge regionale 12 novembre 2012, n. 18, a decorrere dalla data della entrata in vigore della stessa l.r. e con effetto dal 1° gennaio 2013, salvo gli effetti abrogativi immediati derivanti dal contrasto con talune disposizioni della suddetta legge regionale.
- La legge regionale 16 dicembre 2008, n. 20 «Disciplina del Consiglio delle Autonomie locali», (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 24 dicembre 2008, n. 59) è stata modificata da ultimo modificata dalla legge regionale 21 gennaio 2015, n. 1.
Nota all’articolo 10, comma 3:
Per il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 si vedano le note all’articolo 3, comma 1
Note all’articolo 11, commi 1,3 e 5, lettera b):
- Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo vigente dell’articolo 14 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 «Disciplina generale della
programmazione, del bilancio, dell'ordinamento contabile e dei controlli interni della Regione dell'Umbria» (pubblicata nel s.o. del Bollettino ufficiale della Regione 2 marzo 2000, n. 11), è il seguente:
«Art. 14 - Documento regionale annuale di programmazione.
1. La Regione stabilisce i contenuti della politica socio-economica nel territorio e delinea gli interventi di finanza regionale mediante DAP.
2. Il DAP tiene conto, per il periodo compreso nel bilancio pluriennale, degli effetti dei programmi comunitari in vigore, delle intese di programma con il Governo e delle valutazioni e degli effetti del documento di programmazione economico-finanziaria per il triennio di riferimento, di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni e integrazioni, come presentato dal Governo al Parlamento.
3. Il DAP costituisce lo strumento fondamentale di raccordo fra la programmazione generale e la programmazione finanziaria e di bilancio della Regione. Ai fini di tale raccordo, avvalendosi delle risultanze del controllo strategico di cui all'articolo 99, il DAP:
a) verifica e aggiorna annualmente le determinazioni programmatiche del PRS e degli strumenti attuativi settoriali e intersettoriali;
b) delinea il quadro delle risorse finanziarie regionali necessarie al collegamento fra le determinazioni programmatiche e le scelte e gli effetti di bilancio;
b-bis) indica gli strumenti di raccordo tra le strategie e le politiche regionali e quelle delineate in sede europea.
4. Il DAP contiene una sintetica descrizione della situazione economica e sociale della Regione e una valutazione degli andamenti dell'economia regionale. Nel DAP sono altresì indicati:
a) le tendenze e gli obiettivi macroeconomici, in particolare quelli relativi allo sviluppo del reddito e dell'occupazione nella Regione nel triennio di riferimento;
b) gli aggiornamenti e le modificazioni del PRS e degli altri documenti di programmazione nonché le conseguenti variazioni da apportare alla legislazione attuativa e alla strumentazione operativa;
c) il limite massimo del ricorso al mercato finanziario per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale;
d) le regole di variazione delle entrate e delle spese del bilancio di competenza della Regione per il periodo cui si riferisce il bilancio pluriennale, nonché il livello programmatico di imposizione fiscale;
e) gli indirizzi per gli interventi, anche di settore, collegati alla manovra di finanza regionale per il periodo compreso nel bilancio pluriennale, coerenti con i contenuti e le previsioni di cui alla lettera b), nell'ambito delle compatibilità di cui alle lettere c) e d);
f) la valutazione di massima dell'effetto economico-finanziario attribuito agli indirizzi e agli interventi di cui alla lettera e) in rapporto all'andamento tendenziale;
g) i criteri e i parametri per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione e l'individuazione delle priorità da realizzare.».
- Per il testo dell’articolo 3 quater, comma 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo dell’articolo 4, comma 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 febbraio 2001 «Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 6 giugno 2001, n. 129), è il seguente:
«4. Princìpi di programmazione e di organizzazione delle attività.
Omissis.
2. Al fine di favorire l'integrazione con i servizi di assistenza primaria e con le altre prestazioni socio-sanitarie, la programmazione dei servizi e delle prestazioni ad elevata integrazione sanitaria rientra nel Programma delle attività territoriali, di cui all'art. 3-quater, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni. I comuni adottano sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini per consentirne l'esercizio del diritto soggettivo a beneficiare delle suddette prestazioni.
Omissis.».
Nota all’articolo 12, comma 5, lettera a):
Il testo vigente dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 «Istituzione del servizio sanitario nazionale» (pubblicata nel s.o. della Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1978, n. 360), è il seguente:
«Art. 2 (Gli obiettivi)
Il conseguimento delle finalità di cui al precedente articolo è assicurato mediante:
1) la formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un'adeguata educazione sanitaria del cittadino e delle comunità;
2) la prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro;
3) la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata;
4) la riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità somatica e psichica;
5) la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell'igiene dell'ambiente naturale di vita e di lavoro;
6) l'igiene degli alimenti, delle bevande, dei prodotti e avanzi di origine animale per le implicazioni che attengono alla salute dell'uomo, nonché la prevenzione e la difesa sanitaria degli allevamenti animali ed il controllo della loro alimentazione integrata e medicata;
7) una disciplina della sperimentazione, produzione, immissione in commercio e distribuzione dei farmaci e dell'informazione scientifica sugli stessi diretta ad assicurare l'efficacia terapeutica, la non nocività e la economicità del prodotto;
8) la formazione professionale e permanente nonché l'aggiornamento scientifico culturale del personale del servizio sanitario nazionale.
Il servizio sanitario nazionale nell'ambito delle sue competenze persegue:
a) il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del paese;
b) la sicurezza del lavoro, con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro gli strumenti ed i servizi necessari;
c) le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela della maternità e dell'infanzia, per assicurare la riduzione dei fattori di rischio connessi con la gravidanza e con il parto, le migliori condizioni di salute per la madre e la riduzione del tasso di patologia e di mortalità perinatale ed infantile;
d) la promozione della salute nell'età evolutiva, garantendo l'attuazione dei servizi medico-scolastici negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, e favorendo con ogni mezzo l'integrazione dei soggetti handicappati;
e) la tutela sanitaria delle attività sportive;
f) la tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione;
g) la tutela della salute mentale, privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione, pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici;
h) (abrogata).».
Note all’articolo 13, commi 3 e 4:
- Per il testo dell’articolo 1, comma 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo vigente dell’articolo 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (si vedano le note all’articolo 11, comma 1), è il seguente:
«Art. 5 - Concertazione e partenariato istituzionale e sociale.
1. La Giunta regionale promuove le più ampie forme di concertazione-partenariato istituzionale e sociale ai fini della predisposizione delle proposte di atti di programmazione regionale.
2. Il partenariato sociale si attua, anche con riferimento a esperienze nazionali e comunitarie, attraverso l'istituzione di un tavolo di concertazione a cui partecipano i soggetti indicati all'articolo 4, comma 1. Entro tre mesi dall'inizio di ogni legislatura, la Giunta regionale definisce la composizione del tavolo di concertazione e gli ambiti di attività. Le specifiche sessioni di concertazione vengono precisate d'intesa con le rappresentanze economico-sociali all'inizio di ogni anno. La Giunta regionale, nella definizione delle regole di selezione dei partecipanti, si ispira ai criteri del pluralismo delle istanze, della rappresentatività generale dei soggetti, della specifica competenza tecnica rispetto agli strumenti oggetto di esame partenariale.
3. Il partenariato istituzionale si esplica, per quanto concerne gli enti locali, attraverso le apposite conferenze previste dalla legislazione regionale sugli strumenti di pianificazione urbanistica strategica territoriale regionale e attraverso la concertazione con il Consiglio delle Autonomie locali.
4. Gli altri interlocutori regionali, nazionali e comunitari, di cui all'articolo 4, comma 2, possono essere chiamati a partecipare alle sessioni di partenariato sociale ed istituzionale di cui al presente articolo in ragione delle loro competenze di istituto o con riferimento a specifiche normative.
5. La Giunta regionale attua e promuove la più ampia partecipazione alle istanze di concertazione e partenariato promosse dal Governo e dalle istituzioni dell'Unione Europea. Nell'ambito di tale attività, la Giunta regionale cura i collegamenti con le altre Regioni ai fini della proposizione di istanze e programmi comuni.».
Nota all’articolo 15, comma 1:
Per il testo dell’articolo 3 quater, commi 2 e 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 16, comma 4:
Per il testo dell’articolo 1, comma 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 18, comma 1:
La legge regionale 12 novembre 2012, n. 18 «Ordinamento del Servizio sanitario regionale» (pubblicata nella edizione straordinaria del Bollettino ufficiale della Regione 15 novembre 2012, n. 50), è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera nnnn) dalla presente legge.
Nota all’articolo 19, comma 1, lettera d):
La legge 10 agosto 2000, n. 251 «Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica», pubblicata nella Gazzetta ufficiale 6 settembre 2000, n. 208 è stata modificata dal decreto legge 29 marzo 2004, n. 81 e dal decreto legge 5 dicembre 2005, n. 250.
Nota all’articolo 20, comma 3, lettera c):
Per la legge 10 agosto 2000, n. 251, si veda la nota all’articolo 19, comma 1, lettera d).
Nota all’articolo 21, commi 1 e 3:
Per il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 22, comma 1 e comma 1, lettere f) e g):
Per il testo degli articoli 3, comma 1 bis, 15 bis, comma 1 e 15 ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 25, comma 2, lettera b) e commi 4 e 5:
- Per il testo dell’articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo vigente dell’articolo 46 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 «Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246» (pubblicato nel s.o. n. 133 alla Gazzetta ufficiale 31 maggio 2006, n. 125), è il seguente:
«Art. 46. Rapporto sulla situazione del personale (legge 10 aprile 1991, n. 125, articolo 9, commi 1, 2, 3 e 4)
1. Le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell'intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta.
2. Il rapporto di cui al comma 1 è trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità, che elaborano i relativi risultati trasmettendoli alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
3. Il rapporto è redatto in conformità alle indicazioni definite nell'ambito delle specificazioni di cui al comma 1 dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto.
4. Qualora, nei termini prescritti, le aziende di cui al comma 1 non trasmettano il rapporto, la Direzione regionale del lavoro, previa segnalazione dei soggetti di cui al comma 2, invita le aziende stesse a provvedere entro sessanta giorni. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520. Nei casi più gravi può essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall'azienda.».
- Per il testo dell’articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 26, commi 1, 4, 8 e 9:
- Per il testo dell’articolo 3 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190», pubblicato nella Gazzetta ufficiale 19 aprile 2013, n. 92 è stato modificato dal decreto legge 21 giugno 2013, n. 69.
- La legge regionale 21 marzo 1995, n. 11 «Disciplina delle nomine di competenza regionale e della proroga degli organi amministrativi», (pubblicata nella ediz. straord. del Bollettino ufficiale della Regione 29 marzo 1995, n. 16) è stata da ultimo modificata dalla legge regionale 28 novembre 2014, n. 25.
Nota all’articolo 27, comma 2:
Per il testo dell’articolo 3 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 28, commi 1 e 2:
- Il testo vigente dell’articolo 2 del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 «Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 19 settembre 2001, n. 218) e convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 16 novembre 2001, n. 405 (in Gazzetta ufficiale 17 novembre 2001, n. 268), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, è il seguente:
- 2. Disposizioni in materia di spesa nel settore sanitario.
1. Le regioni adottano le iniziative e le disposizioni necessarie affinché le aziende sanitarie ed ospedaliere, nell'acquisto di beni e servizi, attuino i princìpi di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e all'articolo 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ovvero altri strumenti di contenimento della spesa sanitaria approvati dal CIPE, su parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Le regioni, inoltre, prevedono con legge le sanzioni da applicare nei confronti degli amministratori che non si adeguino. Le regioni, in conformità alle direttive tecniche stabilite dal Ministro per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, adottano le opportune iniziative per favorire lo sviluppo del commercio elettronico e semplificare l'acquisto di beni e servizi in materia sanitaria.
1-bis. (Abrogato).
2. (Abrogato).
3. Le regioni, attraverso le proprie strutture ed unità di controllo, attivano sistemi informatizzati per la raccolta di dati ed informazioni riguardanti la spesa per beni e servizi, e realizzano, entro il 31 dicembre 2001, l'Osservatorio regionale dei prezzi in materia sanitaria, rendendo disponibili i relativi dati su un apposito sito internet.
4. Nel monitoraggio della spesa sanitaria relativa alle singole regioni si attribuisce separata evidenza:
a) agli acquisti effettuati al di fuori delle convenzioni e per importi superiori ai prezzi di riferimento;
b) alla spesa complessiva per il personale del comparto sanità, ivi compreso il personale dirigente, superiore al livello registrato nell'anno 2000, fatti salvi gli incrementi previsti dai rinnovi contrattuali.
5. (Il presente comma, modificato dalla legge di conversione 16 novembre 2001, n. 405, aggiunge i commi 5-bis, 5-ter e 5-quater all'art.
87, L. 23 dicembre 2000, n. 38810).
5-bis. Al comma 3 dell'articolo 15-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, sono aggiunte, prima delle parole: «Sono soppressi» le seguenti: «A far data dal 1° febbraio 2002».
6. All'articolo 85, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «A decorrere dal 1° gennaio 2002» sono sostituite dalle seguenti: «Dal 1° gennaio 2003»;
b) le parole: «dal 1° gennaio 2003» sono sostituite dalle seguenti: «dal 1° gennaio 2004».
- Il testo vigente dell’articolo 99, comma 2 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13 (si veda la nota all’articolo 11, comma 1), è il seguente:
«Art. 99 - Controllo strategico.
Omissis.
2. Il controllo strategico è esercitato dalla struttura regionale deputata al controllo strategico in base ad una metodologia validata dall'organismo indipendente di valutazione di diretta collaborazione della Giunta regionale. All'organismo indipendente di valutazione sono attribuite anche le funzioni di cui all'articolo 14, comma 4 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) e i compiti in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza previsti dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione) e dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni). La Giunta regionale adotta, con proprio atto, la disciplina relativa alla composizione e al funzionamento dell'organismo indipendente di valutazione e i successivi adeguamenti agli interventi di riordino della normativa in materia, previsti dall'articolo 19, comma 10 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito con legge 11 agosto 2014, n. 114.
Omissis.».
Nota all’articolo 30, commi 2, 3 e 4:
Per il testo degli articoli 3 e 3 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 31, commi 1 e 2:
- Per il testo dell’articolo 3 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo dell’articolo 4, comma 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (si vedano le note all’articolo 3, comma 1), è il seguente:
«4. Organi delle aziende.
Omissis
2. Il direttore generale è nominato dalla regione, acquisita l'intesa con il rettore dell'università. Limitatamente al periodo quadriennale di sperimentazione nelle aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale, il direttore generale è nominato dal rettore dell'università, acquisita l'intesa con la regione. I requisiti per la nomina a direttore generale delle aziende di cui all'articolo 2, sono quelli stabiliti nell'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni; ai direttori generali si applicano gli articoli, 3 e seguenti del medesimo decreto legislativo, ove non derogati dal presente decreto. I protocolli d'intesa tra regioni e università disciplinano i procedimenti di verifica dei risultati dell'attività dei direttori generali e le relative procedure di conferma e revoca, sulla base dei principi di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
Omissis.».
Note all’articolo 33, commi 1 e 3:
- Per il testo dell’articolo 3 ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo dell’articolo 4, comma 3 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (si vedano le note all’articolo 3, comma 1), è il seguente:
«4. Organi delle aziende.
Omissis.
2. Al Collegio sindacale si applicano le disposizioni dell'articolo 3-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Il Collegio è composto da cinque membri designati uno dalla regione, uno dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, uno dal Ministro della sanità, uno dal Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e uno dall'università interessata.
Omissis. ».
Nota all’articolo 35, comma 7:
Per il testo dell’articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 36, commi 1, 5 e 6:
Per il testo degli articoli 3 e 3 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Il testo degli articoli 1 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484 «Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l'accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l'accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 17 gennaio 1998, n. 13), è il seguente:
«1. Requisiti per l'accesso all'incarico di direzione sanitaria aziendale.
1. L'incarico di direzione sanitaria aziendale è riservato ai medici di qualifica dirigenziale che abbiano svolto per almeno cinque anni attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione e che abbiano conseguito l'attestato di formazione manageriale di cui all'articolo 7 previsto per l'area di sanità pubblica. Costituisce titolo preferenziale il possesso della specializzazione in una delle discipline dell'area di sanità pubblica.
2. Per gli effetti di cui al comma 1, la direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie deve aver comportato la diretta responsabilità delle risorse umane e strumentali affidate al dirigente.
3. L'attività quinquennale di direzione tecnico-sanitaria per il conferimento dell'incarico di direzione sanitaria aziendale deve essere stata svolta nei sette anni precedenti il conferimento dell'incarico.
4. L'accertamento del possesso dei requisiti di cui al comma 1 è effettuato dal direttore generale dell'azienda sanitaria prima del conferimento dell'incarico.
5. I corsi di formazione manageriale si svolgono con le modalità di cui all'articolo 7. I corsi sono riservati ai medici con una anzianità di servizio di almeno tre anni nella direzione tecnico-sanitaria in enti e strutture sanitarie, pubbliche o private di media o grande dimensione ovvero ai medici con una anzianità di servizio di almeno dieci anni.
6. Con decreto del Ministro della sanità, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, sono costituiti ed aggiornati gli elenchi dei medici che hanno frequentato, con esito positivo, i corsi di formazione manageriale per la direzione sanitaria aziendale.
7. Corsi di formazione manageriale.
1. L'attestato di formazione manageriale si consegue con la frequenza ed il superamento dei corsi disciplinati dal presente regolamento. L'attestato ha una validità di sette anni dalla data di rilascio.
2. I corsi sono riservati al personale dirigente del ruolo sanitario delle unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli istituti ed enti di cui all'articolo 4, commi 12 e 13, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni e degli istituti zooprofilattici sperimentali; il personale deve possedere una anzianità di servizio, alla data del bando, di almeno cinque anni.
3. I corsi sono finalizzati alla formazione manageriale, capacità gestionale, organizzativa e di direzione, del personale della dirigenza del ruolo sanitario e sono articolati in attività didattiche teoriche e pratiche e nella partecipazione attiva a seminari.
4. I contenuti, con particolare riferimento all'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, ai criteri di finanziamento ed ai bilanci, alla gestione delle risorse umane ed all'organizzazione del lavoro, agli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni, la metodologia delle attività didattiche teoriche, pratiche e seminariali di ogni corso nonché la durata, non inferiore a 100 ore, dei corsi stessi sono fissati con decreto ministeriale, sentito il Consiglio superiore di sanità. Un numero di ore, non inferiore a 10, di attività didattica di ciascun corso è dedicato alla sanità pubblica; la relativa attività didattica è svolta a cura dell'Istituto superiore di sanità.
5. I corsi sono indetti con periodicità almeno biennale, dal Ministero della sanità, previa programmazione nazionale sulla base delle indicazioni delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano previo accordo con il Ministero della sanità ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , organizzano e attivano i corsi. Con lo stesso accordo l'Istituto superiore di sanità organizza ed attiva i corsi dell'area di sanità pubblica.
7. I corsi sono attivati a livello nazionale, interregionale o regionale, in una o più sessioni e sedi, a seconda del numero dei candidati al corso e delle capacità ricettive delle strutture sanitarie ove si svolge l'attività didattica.
8. Il bando indica l'articolazione del corso, la durata, i contenuti, la metodologia delle attività didattiche, le sessioni, nonché le modalità di ammissione e assegnazione, il periodo di svolgimento, i posti e le sedi del corso. Nelle domande i candidati devono specificare, a pena di decadenza, la sessione e la sede preferita. Per motivate esigenze organizzative o in caso di domande superiori alla capacità delle strutture didattiche il candidato può essere assegnato ad una sessione o sede diversa da quella prescelta, o alla sessione successiva. L'assegnazione è disposta in base al criterio della precedenza in relazione all'età.
9. In ogni sessione di corsi si può presentare domanda di ammissione per un solo corso.
10. La mancata frequenza, per qualsiasi motivo, delle attività didattiche teoriche, pratiche o seminariali per un numero di ore superiore ad un quinto di quelle globalmente previste per il corso comporta l'esclusione dalla partecipazione al corso. Il periodo di formazione può essere sospeso per servizio militare, gravidanza e puerperio e malattia, fermo restando che l'intera sua durata non può essere ridotta e che il periodo di assenza deve essere recuperato nell'ambito di altro corso anche di altra sessione.
11. Al termine del periodo di formazione i partecipanti al corso devono sostenere un colloquio davanti ad una commissione composta dai docenti del corso. Ai candidati che sostengono, con esito positivo, il colloquio è rilasciato, in un unico esemplare, un attestato di formazione manageriale. In caso di più sessioni dello stesso corso, l'attestato viene rilasciato contestualmente a tutti i candidati al termine dell'ultima sessione.
12. Per la realizzazione dei corsi il Ministero della sanità, le regioni e l'Istituto superiore di sanità si avvalgono delle unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, dei policlinici universitari, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli istituti ed enti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e successive modificazioni, degli istituti zooprofilattici sperimentali, nonché di altri soggetti pubblici e privati accreditati e di associazioni e società scientifiche accreditate, ai fini della formazione, dal Ministero della sanità, sentita la commissione di cui all'articolo 9, comma 6, in relazione alla documentata rappresentanza e alla diffusione della struttura organizzativa in tutto il territorio nazionale.».
Note all’articolo 37, commi3 e 4:
- Per il testo dell’articolo 17 bis del decreto 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Per il decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 39, comma 1:
Per il testo dell’articolo 8, comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 41, comma 4:
Per il testo dell’articolo 4, comma 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 42, commi 1,12 e 13:
- Per il testo dell’articolo 7 quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo vigente dell’articolo 10 del decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 106 «Riorganizzazione degli enti vigilati dal Ministero della salute, a norma dell'articolo 2 della legge 4 novembre 2010, n. 183» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 23 luglio 2012, n. 170), è il seguente:
«Art. 10 - Principi per l'esercizio delle competenze regionali
1. Le regioni disciplinano le modalità gestionali, organizzative e di funzionamento degli Istituti, nonché l'esercizio delle funzioni di sorveglianza amministrativa, di indirizzo e verifica sugli Istituti, fatta in ogni caso salva la competenza esclusiva dello Stato, ed adottano criteri di valutazione dei costi, dei rendimenti e di verifica dell'utilizzazione delle risorse, nel rispetto dei principi di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, e dei seguenti principi fondamentali:
1) semplificazione e snellimento dell'organizzazione e della struttura amministrativa, adeguandole ai principi di efficacia, efficienza ed economicità dell'attività amministrativa;
2) razionalizzazione ed ottimizzazione delle spese e dei costi di funzionamento, previa riorganizzazione dei relativi centri di spesa e mediante adeguamento dell'organizzazione e della struttura amministrativa degli Istituti attraverso:
3) la riorganizzazione degli uffici dirigenziali, procedendo alla loro riduzione in misura pari o inferiore a quelli determinati in applicazione dell'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nonché alla eliminazione delle duplicazioni organizzative esistenti;
4) la gestione unitaria del personale e dei servizi comuni anche mediante strumenti di innovazione amministrativa e tecnologica;
5) la riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo;
6) la riduzione degli organismi di analisi, consulenza e studio di elevata specializzazione;
7) la razionalizzazione delle dotazioni organiche in modo da assicurare che il personale utilizzato per funzioni relative alla gestione delle risorse umane, ai sistemi informativi, ai servizi manutentivi e logistici, agli affari generali, provveditorati e contabilità non ecceda comunque il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate.
2. Nel caso di istituti interregionali, le Regioni provvedono di concerto.
3. Il piano sanitario regionale di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, definisce gli obiettivi e l'indirizzo per l'attività degli Istituti. La programmazione regionale prevede le modalità di raccordo tra gli Istituti zooprofilattici sperimentali e i dipartimenti di prevenzione.».
- Il testo dell’articolo 4 della legge regionale 6 marzo 1998, n. 9 (si veda la nota all’articolo 6, comma 2), è il seguente:
«Art. 4 - Convenzioni con le Unità sanitarie locali e coordinamento delle attività.
1. L'A.R.P.A. e le Unità sanitarie locali esercitano le funzioni e le attività di protezione e controllo ambientale e di prevenzione collettiva di rispettiva competenza, secondo il riparto di cui all'allegato A della presente legge.
2. Le Unità sanitarie locali si avvalgono dell'A.R.P.A. per il supporto e la consulenza in materia ambientale, nonché per le prestazioni analitiche-laboratoristiche finalizzate all'espletamento delle attività connesse con le funzioni di prevenzione collettiva.
3. L'A.R.P.A., per le prestazioni di cui al comma 2, stipula con le Unità sanitarie locali apposite convenzioni, sulla base dello schema approvato dalla Giunta regionale.
4. L'integrazione ed il coordinamento delle attività proprie dell'A.R.P.A. e delle Unità sanitarie locali, per le aree di intervento che rivestono valenza sia ambientale che sanitaria, sono assicurate dal comitato tecnico di cui all'articolo 11, nonché mediante il reciproco e regolare scambio di informazioni e conoscenze derivanti dalle attività di rispettiva competenza.».
Nota all’articolo 43, comma 1:
Per il testo dell’articolo 7 quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 45, comma 1:
Il decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 «Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali» è pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 15 febbraio 1980, n. 45.
Note all’articolo 47 bis, comma 1:
- Il testo vigente degli articoli 6 e 9 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 31 maggio 2010, n. 125), convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1 della legge 30 luglio 2010, n. 122, è il seguente:
«Art. 6 Riduzione dei costi degli apparati amministrativi
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la partecipazione agli organi collegiali di cui all'articolo 68, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; eventuali gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle commissioni che svolgono funzioni giurisdizionali, agli organi previsti per legge che operano presso il Ministero per l'ambiente, alla struttura di missione di cui all'art. 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed al consiglio tecnico-scientifico di cui all' art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43, alla Commissione per l’esame delle istanze di indennizzi e contributi relative alle perdite subite dai cittadini italiani nei territori ceduti alla Jugoslavia, nella Zona B dell’ex territorio libero di Trieste, nelle ex Colonie ed in altri Paesi, istituita dall’ articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 114, al Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 giugno 1993 e 4 maggio 2007 nonché alla Commissione di cui all’ articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 114.
2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la partecipazione agli organi collegiali, anche di amministrazione, degli enti, che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche, nonché la titolarità di organi dei predetti enti è onorifica; essa può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente; qualora siano già previsti i gettoni di presenza non possono superare l'importo di 30 euro a seduta giornaliera. La violazione di quanto previsto dal presente comma determina responsabilità erariale e gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli. Gli enti privati che non si adeguano a quanto disposto dal presente comma non possono ricevere, neanche indirettamente, contributi o utilità a carico delle pubbliche finanze, salva l'eventuale devoluzione, in base alla vigente normativa, del 5 per mille del gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. La disposizione del presente comma non si applica agli enti previsti nominativamente dal decreto legislativo n. 300 del 1999 e dal decreto legislativo n. 165 del 2001, e comunque alle università, enti e fondazioni di ricerca e organismi equiparati, alle camere di commercio, agli enti del Servizio sanitario nazionale, agli enti indicati nella tabella C della legge finanziaria ed agli enti previdenziali ed assistenziali nazionali, alle ONLUS, alle associazioni di promozione sociale, agli enti pubblici economici individuati con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze su proposta del Ministero vigilante, nonché alle società.
3. Fermo restando quanto previsto dall'art. 1, comma 58 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, a decorrere dal 1° gennaio 2011 le indennità, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010. Sino al 31 dicembre 2017, gli emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi del presente comma. Le disposizioni del presente comma si applicano ai commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400 nonché agli altri commissari straordinari, comunque denominati. La riduzione non si applica al trattamento retributivo di servizio.
4. All'articolo 62, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di rilascio dell'autorizzazione del Consiglio dei Ministri prevista dal presente comma l'incarico si intende svolto nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza del dipendente ed i compensi dovuti dalla società o dall'ente sono corrisposti direttamente alla predetta amministrazione per confluire nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale.». La disposizione di cui al presente comma si applica anche agli incarichi in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non già costituiti in forma monocratica, nonché il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti. In ogni caso, le Amministrazioni vigilanti provvedono all'adeguamento della relativa disciplina di organizzazione, mediante i regolamenti di cui all'articolo 2, comma 634, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con riferimento a tutti gli enti ed organismi pubblici rispettivamente vigilati, al fine di apportare gli adeguamenti previsti ai sensi del presente comma. La mancata adozione dei provvedimenti di adeguamento statutario o di organizzazione previsti dal presente comma nei termini indicati determina responsabilità erariale e tutti gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli. Agli enti previdenziali nazionali si applica comunque quanto previsto dall'art. 7, comma 6.
6. Nelle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché nelle società possedute direttamente o indirettamente in misura totalitaria, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento dalle amministrazioni pubbliche, il compenso di cui all’articolo 2389, primo comma, del codice civile, dei componenti degli organi di amministrazione e di quelli di controllo è ridotto del 10 per cento. La disposizione di cui al primo periodo si applica a decorrere dalla prima scadenza del consiglio o del collegio successiva alla data di entrata in vigore del presente provvedimento. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle società quotate e alle loro controllate.
7. Al fine di valorizzare le professionalità interne alle amministrazioni, a decorrere dall'anno 2011 la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati nonché gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario, non può essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009. L'affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle attività sanitarie connesse con il reclutamento, l’avanzamento e l’impiego del personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
8. A decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità. Al fine di ottimizzare la produttività del lavoro pubblico e di efficientare i servizi delle pubbliche Amministrazioni, a decorrere dal 1° luglio 2010 l'organizzazione di convegni, di giornate e feste celebrative, nonché di cerimonie di inaugurazione e di altri eventi similari, da parte delle Amministrazioni dello Stato e delle Agenzie, nonché da parte degli enti e delle strutture da esse vigilati è subordinata alla preventiva autorizzazione del Ministro competente. L'autorizzazione è rilasciata nei soli casi in cui non sia possibile limitarsi alla pubblicazione, sul sito internet istituzionale, di messaggi e discorsi ovvero non sia possibile l'utilizzo, per le medesime finalità, di video/audio conferenze da remoto, anche attraverso il sito internet istituzionale; in ogni caso gli eventi autorizzati, che non devono comportare aumento delle spese destinate in bilancio alle predette finalità, si devono svolgere al di fuori dall'orario di ufficio. Il personale che vi partecipa non ha diritto a percepire compensi per lavoro straordinario ovvero indennità a qualsiasi titolo. Per le magistrature e le autorità indipendenti, fermo il rispetto dei limiti anzidetti, l'autorizzazione è rilasciata, per le magistrature, dai rispettivi organi di autogoverno e, per le autorità indipendenti, dall'organo di vertice. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai convegni organizzati dalle università e dagli enti di ricerca ed agli incontri istituzionali connessi all'attività di organismi internazionali o comunitari, alle feste nazionali previste da disposizioni di legge e a quelle istituzionali delle Forze armate e delle Forze di polizia, nonché, per il 2012, alle mostre autorizzate, nel limite di spesa complessivo di euro 40 milioni, nel rispetto dei limiti derivanti dalla legislazione vigente nonché dal patto di stabilità interno, dal Ministero per i beni e le attività culturali, di concerto, ai soli fini finanziari, con il Ministero dell'economia e delle finanze.
9. A decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni.
10. (Abrogato)
11. Le società, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, si conformano al principio di riduzione di spesa per studi e consulenze, per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, nonché per sponsorizzazioni, desumibile dai precedenti commi 7, 8 e 9. In sede di rinnovo dei contratti di servizio, i relativi corrispettivi sono ridotti in applicazione della disposizione di cui al primo periodo del presente comma. I soggetti che esercitano i poteri dell'azionista garantiscono che, all'atto dell'approvazione del bilancio, sia comunque distribuito, ove possibile, un dividendo corrispondente al relativo risparmio di spesa. In ogni caso l'inerenza della spesa effettuata per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, nonché per sponsorizzazioni, è attestata con apposita relazione sottoposta al controllo del collegio sindacale.
12. A decorrere dall'anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per missioni, anche all'estero, con esclusione delle missioni internazionali di pace e delle Forze armate, delle missioni delle forze di polizia e dei vigili del fuoco, del personale di magistratura, nonché di quelle strettamente connesse ad accordi internazionali ovvero indispensabili per assicurare la partecipazione a riunioni presso enti e organismi internazionali o comunitari, nonché con investitori istituzionali necessari alla gestione del debito pubblico, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009. Gli atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. Il limite di spesa stabilito dal presente comma può essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un motivato provvedimento adottato dall'organo di vertice dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell'ente. Il presente comma non si applica alla spesa effettuata per lo svolgimento di compiti ispettivi, a quella effettuata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per lo svolgimento delle attività indispensabili di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale e a quella effettuata dalle università nonché a quella effettuata dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell'Unione europea ovvero di soggetti privati nonché da finanziamenti di soggetti pubblici destinati ad attività di ricerca. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le diarie per le missioni all'estero di cui all'art. 28 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248, non sono più dovute; la predetta disposizione non si applica alle missioni internazionali di pace e a quelle comunque effettuate dalle Forze di polizia, dalle Forze armate e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Con decreto del Ministero degli affari esteri di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze sono determinate le misure e i limiti concernenti il rimborso delle spese di vitto e alloggio per il personale inviato all'estero. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi.
13. A decorrere dall'anno 2011 la spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, per attività esclusivamente di formazione deve essere non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009. Le predette amministrazioni svolgono prioritariamente l'attività di formazione tramite la Scuola superiore della pubblica amministrazione ovvero tramite i propri organismi di formazione. Gli atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. La disposizione di cui al presente comma non si applica all'attività di formazione effettuata dalle Forze armate, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dalle Forze di Polizia tramite i propri organismi di formazione, nonché dalle università.
14. A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi; il predetto limite può essere derogato, per il solo anno 2011, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. La predetta disposizione non si applica alle autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
15. All'art. 41, comma 16-quinquies, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, in fine, sono aggiunti i seguenti periodi: «Il corrispettivo previsto dal presente comma è versato entro il 31 ottobre 2010 all'entrata del bilancio dello Stato.».
16. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge il Comitato per l'intervento nella Sir e in settori ad alta tecnologia, istituito con decreto-legge 9 luglio 1980, n. 301, D.P.C.M. 5 settembre 1980 e legge 28 ottobre 1980, n. 687, è soppresso e cessa ogni sua funzione, fatto salvo l'assolvimento dei compiti di seguito indicati. A valere sulle disponibilità del soppresso Comitato per l'intervento nella Sir e in settori ad alta tecnologia, la società trasferitaria di seguito indicata versa, entro il 15 dicembre 2010, all'entrata del bilancio dello Stato la somma di euro 200.000.000. Il residuo patrimonio del Comitato per l'intervento nella Sir e in settori ad alta tecnologia, con ogni sua attività, passività e rapporto, ivi incluse le partecipazioni nella Ristrutturazione Elettronica REL S.p.a. in liquidazione e nel Consorzio Bancario Sir S.p.a. in liquidazione, è trasferito alla Società Fintecna S.p.a. o a Società da essa interamente controllata, sulla base del rendiconto finale delle attività e della situazione economico-patrimoniale aggiornata alla medesima data, da redigere da parte del Comitato entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge. Detto patrimonio costituisce un patrimonio separato dal residuo patrimonio della società trasferitaria, la quale pertanto non risponde con il proprio patrimonio dei debiti e degli oneri del patrimonio del Comitato per l'intervento nella Sir ed in settori ad alta tecnologia ad essa trasferito. La società trasferitaria subentra nei processi attivi e passivi nei quali è parte il Comitato per l'intervento nella Sir e in settori ad alta tecnologia, senza che si faccia luogo all'interruzione dei processi. Un collegio di tre periti verifica, entro 90 giorni dalla data di consegna della predetta situazione economico-patrimoniale, tale situazione e predispone, sulla base della stessa, una valutazione estimativa dell'esito finale della liquidazione del patrimonio trasferito. I componenti del collegio dei periti sono designati uno dalla società trasferitaria, uno dal Ministero dell'economia e delle finanze ed il terzo, con funzioni di presidente, d'intesa dalla società trasferitaria ed il predetto Ministero dell'economia e delle finanze. La valutazione deve, fra l'altro, tenere conto di tutti i costi e gli oneri necessari per la liquidazione del patrimonio trasferito, ivi compresi quelli di funzionamento, nonché dell'ammontare del compenso dei periti, individuando altresì il fabbisogno finanziario stimato per la liquidazione stessa. Il valore stimato dell'esito finale della liquidazione costituisce il corrispettivo per il trasferimento del patrimonio, che è corrisposto dalla società trasferitaria al Ministero dell'economia e delle finanze. L'ammontare del compenso del collegio di periti è determinato con decreto dal Ministro dell'Economia e delle Finanze. Al termine della liquidazione del patrimonio trasferito, il collegio dei periti determina l'eventuale maggiore importo risultante dalla differenza fra l'esito economico effettivo consuntivato alla chiusura della liquidazione ed il corrispettivo pagato. Di tale eventuale maggiore importo il 70% è attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze ed è versato all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al fondo ammortamento dei titoli di Stato e la residua quota del 30% è di competenza della società trasferitaria in ragione del migliore risultato conseguito nella liquidazione.
17. Alla data di entrata in vigore del presente decreto, i liquidatori delle società Ristrutturazione Elettronica REL S.p.a. in liquidazione, del Consorzio Bancario Sir S.p.a. in liquidazione e della Società Iniziative e Sviluppo di Attività Industriali - Isai S.p.a. in liquidazione, decadono dalle loro funzioni e la funzione di liquidatore di dette società è assunta dalla società trasferitaria di cui al comma 16. Sono abrogati i commi 5 e 7 dell'art. 33 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
18. Tutte le operazioni compiute in attuazione dei commi 16 e 17 sono esenti da qualunque imposta diretta o indiretta, tassa, obbligo e onere tributario comunque inteso o denominato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 488 a 495 e 497 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
19. (Abrogato)
20. Le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica. A decorrere dal 2011, una quota pari al 10 per cento dei trasferimenti erariali di cui all'art. 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, a favore delle regioni a statuto ordinario è accantonata per essere successivamente svincolata e destinata alle regioni a statuto ordinario che hanno attuato quanto stabilito dall'art. 3 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito con legge 26 marzo 2010, n. 42 e che aderiscono volontariamente alle regole previste dal presente articolo. Ai fini ed agli effetti di cui al periodo precedente, si considerano adempienti le Regioni a statuto ordinario che hanno registrato un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno e che hanno rispettato il patto di stabilità interno. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, sono stabiliti modalità, tempi e criteri per l'attuazione del presente comma. Ai lavori della Conferenza Stato-Regioni partecipano due rappresentanti delle Assemblee legislative regionali designati d’intesa tra loro nell’ambito della Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome di cui agli articoli 5, 8 e 15 della legge 4 febbraio 2005, n. 11. Il rispetto del parametro è considerato al fine della definizione, da parte della regione, della puntuale applicazione della disposizione recata in termini di principio dal comma 28 dell'articolo 9 del presente decreto.
21. Le somme provenienti dalle riduzioni di spesa di cui al presente articolo, con esclusione di quelle di cui al primo periodo del comma 6, sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotati di autonomia finanziaria ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato. La disposizione di cui al primo periodo non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale, nonché alle associazioni di cui all’ articolo 270 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
21-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103.
21-ter(Abrogato)
21-quater. (Abrogato)
21-quinquies. Con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia e dell’interno, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono dettate specifiche disposizioni per disciplinare termini e modalità per la vendita dei titoli sequestrati di cui all’ articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, in modo tale da garantire la massima celerità del versamento del ricavato dell’alienazione al Fondo unico giustizia, che deve avvenire comunque entro dieci giorni dalla notifica del provvedimento di sequestro, nonché la restituzione all’avente diritto, in caso di dissequestro, esclusivamente del ricavato dell’alienazione, in ogni caso fermi restando i limiti di cui al citato articolo 2 del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, entro i quali è possibile l’utilizzo di beni e valori sequestrati.
21-sexies. Per gli anni dal 2011 al 2020, ferme restando le dotazioni previste dalla legge 23 dicembre 2009, n. 192, le Agenzie fiscali di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, possono assolvere alle disposizioni del presente articolo, del successivo articolo 8, comma 1, primo periodo, nonché alle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa dell’apparato amministrativo effettuando un riversamento a favore dell’entrata del bilancio dello Stato pari all’1 per cento delle dotazioni previste sui capitoli relativi ai costi di funzionamento stabilite con la citata legge. Si applicano in ogni caso alle Agenzie fiscali le disposizioni di cui al comma 3 del presente articolo, nonché le disposizioni di cui all’ articolo 1, comma 22, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, all’articolo 2, comma 589, e all’articolo 3, commi 18, 54 e 59, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, all’ articolo 27, comma 2, e all’ articolo 48, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Le predette Agenzie possono conferire incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, tenendo conto delle proprie peculiarità e della necessità di garantire gli obiettivi di gettito fissati annualmente. Le medesime Agenzie possono conferire incarichi dirigenziali ai sensi dell’articolo 19, comma 5-bis, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 anche a soggetti appartenenti alle magistrature e ai ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato previo collocamento fuori ruolo, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. Il conferimento di incarichi eventualmente eccedenti le misure percentuali previste dal predetto articolo 19, comma 6, è disposto nei limiti delle facoltà assunzionali a tempo indeterminato delle singole Agenzie.
21-septies. All’ articolo 17, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, la parola: «immediatamente» è soppressa.
Art. 9 Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico
1. Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi compreso il trattamento accessorio, previsto dai rispettivi ordinamenti delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non può superare, in ogni caso, il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno, fermo in ogni caso quanto previsto dal comma 21, terzo e quarto periodo, per le progressioni di carriera comunque denominate, maternità, malattia, missioni svolte all’estero, effettiva presenza in servizio, fatto salvo quanto previsto dal comma 17, secondo periodo, e dall’ articolo 8, comma 14.
2. In considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, superiori a 90.000 euro lordi annui sono ridotti del 5 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro; a seguito della predetta riduzione il trattamento economico complessivo non può essere comunque inferiore a 90.000 euro lordi annui; le indennità corrisposte ai responsabili degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri di cui all'art. 14, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 sono ridotte del 10 per cento; la riduzione si applica sull'intero importo dell'indennità (110). Per i procuratori ed avvocati dello Stato rientrano nella definizione di trattamento economico complessivo, ai fini del presente comma, anche gli onorari di cui all'articolo 21 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611. La riduzione prevista dal primo periodo del presente comma non opera ai fini previdenziali. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 31 dicembre 2013, nell'ambito delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche e integrazioni, i trattamenti economici complessivi spettanti ai titolari degli incarichi dirigenziali, anche di livello generale, non possono essere stabiliti in misura superiore a quella indicata nel contratto stipulato dal precedente titolare ovvero, in caso di rinnovo, dal medesimo titolare, ferma restando la riduzione prevista nel presente comma.
2-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2014 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. A decorrere dal 1° gennaio 2015, le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio sono decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del precedente periodo.
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, nei confronti dei titolari di incarichi di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell'art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non si applicano le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la corresponsione, a loro favore, di una quota dell'importo derivante dall'espletamento di incarichi aggiuntivi.
4. I rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono, in ogni caso, determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento. La disposizione di cui al presente comma si applica anche ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto; le clausole difformi contenute nei predetti contratti ed accordi sono inefficaci; a decorrere dalla mensilità successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto; i trattamenti retributivi saranno conseguentemente adeguati. La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica al comparto sicurezza-difesa ed ai Vigili del fuoco.
5. All'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, come modificato dall'articolo 66, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 le parole: «Per gli anni 2010 e 2011» sono sostituite dalle seguenti: «Per il quadriennio 2010-2013».
6. All'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole: «Per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dall'anno 2010».
7. All'articolo 66, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, la parola: «2012» è sostituita dalla parola: «2014».
8. (Abrogato)
9. All'articolo 66, comma 14, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
- le parole: «triennio 2010-2012» sono sostituite dalle parole: «anno 2010»;
- dopo il primo periodo sono aggiunti i seguenti: «Per il triennio 2011-2013 gli enti di ricerca possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite del 20 per cento delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell'anno precedente. La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del 50 per cento per l'anno 2014 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2015.
10. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 35, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14.
11. Qualora per ciascun ente le assunzioni effettuabili in riferimento alle cessazioni intervenute nell'anno precedente, riferite a ciascun anno, siano inferiori all'unità, le quote non utilizzate possono essere cumulate con quelle derivanti dalle cessazioni relative agli anni successivi, fino al raggiungimento dell'unità.
12. Per le assunzioni di cui ai commi 5, 6, 7, 8 e 9 trova applicazione quanto previsto dal comma 10 dell'articolo 66, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
15. Per l'anno scolastico 2010/2011 è assicurato un contingente di docenti di sostegno pari a quello in attività di servizio d'insegnamento nell'organico di fatto dell'anno scolastico 2009/2010, fatta salva l'autorizzazione di posti di sostegno in deroga al predetto contingente da attivarsi esclusivamente nelle situazioni di particolare gravità, di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
15-bis. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, anche attraverso i propri uffici periferici, nei limiti di spesa previsti dall’ elenco 1 allegato alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, è autorizzato a prorogare i rapporti convenzionali in essere, attivati dagli uffici scolastici provinciali e prorogati ininterrottamente, per l’espletamento di funzioni corrispondenti ai collaboratori scolastici, a seguito del subentro dello Stato ai sensi dell’ articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, nonché del decreto del Ministro della pubblica istruzione 23 luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio 2000, nei compiti degli enti locali.
16. In conseguenza delle economie di spesa per il personale dipendente e convenzionato che si determinano per gli enti del Servizio sanitario nazionale in attuazione di quanto previsto dal comma 17 del presente articolo, il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato, previsto dall'articolo 2, comma 67, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, è rideterminato in riduzione di 418 milioni di euro per l'anno 2011 e di 1.132 milioni di euro a decorrere dall'anno 2012.
17. Non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all'articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. Si dà luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013, 2014 e 2015 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per la sola parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica. (113) E' fatta salva l'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale nelle misure previste a decorrere dall'anno 2010 in applicazione dell'articolo 2, comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203.
18. Conseguentemente sono rideterminate le risorse di cui all'articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, come di seguito specificato:
a) comma 13, in 313 milioni di euro per l'anno 2011 e a decorrere dall'anno 2012;
b) comma 14, per l'anno 2011 e a decorrere dall'anno 2012 complessivamente in 222 milioni di euro annui, con specifica destinazione di 135 milioni di euro annui per il personale delle forze armate e dei corpi di polizia di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.
19. Le somme di cui al comma 18, comprensive degli oneri contributivi e dell'IRAP di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, concorrono a costituire l'importo complessivo massimo di cui all'articolo 11, comma 3, lettera g) della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
20. Gli oneri di cui all'art. 2, comma 16, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, stabiliti per l'anno 2011 e a decorrere dall'anno 2012 si adeguano alle misure corrispondenti a quelle indicate al comma 18, lettera a) per il personale statale.
21. I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici.
22. Per il personale di cui alla legge n. 27/1981 non sono erogati, senza possibilità di recupero, gli acconti degli anni 2011, 2012 e 2013 ed il conguaglio del triennio 2010-2012; per tale personale, per il triennio 2013-2015 l'acconto spettante per l'anno 2014 è pari alla misura già prevista per l'anno 2010 e il conguaglio per l'anno 2015 viene determinato con riferimento agli anni 2009, 2010 e 2014. Per il predetto personale l’indennità speciale di cui all’ articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, spettante negli anni 2011, 2012 e 2013, è ridotta del 15 per cento per l’anno 2011, del 25 per cento per l’anno 2012 e del 32 per cento per l’anno 2013. Tale riduzione non opera ai fini previdenziali. Nei confronti del predetto personale non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 21, secondo e terzo periodo.
23. Per il personale docente, Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (A.T.A.) della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti. È fatto salvo quanto previsto dall’ articolo 8, comma 14.
24. Le disposizioni recate dal comma 17 si applicano anche al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.
25. In deroga a quanto previsto dall'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni e integrazioni, le unità di personale eventualmente risultanti in soprannumero all'esito delle riduzioni previste dall'articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, non costituiscono eccedenze ai sensi del citato articolo 33 e restano temporaneamente in posizione soprannumeraria, nell'ambito dei contingenti di ciascuna area o qualifica dirigenziale. Le posizioni soprannumerarie si considerano riassorbite all'atto delle cessazioni, a qualunque titolo, nell'ambito della corrispondente area o qualifica dirigenziale. In relazione alla presenza di posizioni soprannumerarie in un'area, viene reso indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario in aree della stessa amministrazione che presentino vacanze in organico. In coerenza con quanto previsto dal presente comma il personale, già appartenente all'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato distaccato presso l'Ente Tabacchi Italiani, dichiarato in esubero a seguito di ristrutturazioni aziendali e ricollocato presso uffici delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, a decorrere dal 1° gennaio 2011 è inquadrato anche in posizione di soprannumero, salvo riassorbimento al verificarsi delle relative vacanze in organico, nei ruoli degli enti presso i quali presta servizio alla data del presente decreto. Al predetto personale è attribuito un assegno personale riassorbibile pari alla differenza tra il trattamento economico in godimento ed il trattamento economico spettante nell'ente di destinazione. Il Ministero dell'economia e delle finanze provvede ad assegnare agli enti le relative risorse finanziarie.
26. In alternativa a quanto previsto dal comma 25 del presente articolo, al fine di rispondere alle esigenze di garantire la ricollocazione del personale in soprannumero e la funzionalità degli uffici delle amministrazioni pubbliche interessate dalle misure di riorganizzazione di cui all'articolo 2, comma 8-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, queste ultime possono stipulare accordi di mobilità, anche intercompartimentale, intesi alla ricollocazione del personale predetto presso uffici che presentino vacanze di organico.
27. Fino al completo riassorbimento, alle amministrazioni interessate è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualunque titolo e con qualsiasi contratto in relazione alle aree che presentino soprannumeri e in relazione a posti resi indisponibili in altre aree ai sensi del comma 25.
28. A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilità e ai cantieri di lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione europea; nell'ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Per gli enti locali in sperimentazione di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (101), per l'anno 2014, il limite di cui ai precedenti periodi è fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009. A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Sono in ogni caso escluse dalle limitazioni previste dal presente comma le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale trovano applicazione le specifiche disposizioni di settore. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per gli enti di ricerca resta fermo, altresì, quanto previsto dal comma 187 dell’articolo 1 della medesima legge n. 266 del 2005, e successive modificazioni. Al fine di assicurare la continuità dell'attività di vigilanza sui concessionari della rete autostradale, ai sensi dell'art. 11, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge n. 216 del 2011, il presente comma non si applica altresì, nei limiti di cinquanta unità di personale, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esclusivamente per lo svolgimento della predetta attività; alla copertura del relativo onere si provvede mediante l'attivazione della procedura per l'individuazione delle risorse di cui all'articolo 25, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Alle minori economie pari a 27 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011 derivanti dall’esclusione degli enti di ricerca dall’applicazione delle disposizioni del presente comma, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’ articolo 38, commi 13-bis e seguenti. Il presente comma non si applica alla struttura di missione di cui all'art. 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. Per le amministrazioni che nell’anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalità previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo periodo è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.
29. Le società non quotate, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi del comma 3 dell’ articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, adeguano le loro politiche assunzionali alle disposizioni previste nel presente articolo.
30. Gli effetti dei provvedimenti normativi di cui all'articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, decorrono dal 1° gennaio 2011.
31. (Abrogato)
32. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Non si applicano le eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli; a decorrere dalla medesima data è abrogato l'art. 19, comma 1-ter, secondo periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Resta fermo che, nelle ipotesi di cui al presente comma, al dirigente viene conferito un incarico di livello generale o di livello non generale, a seconda, rispettivamente, che il dirigente appartenga alla prima o alla seconda fascia.
33. Ferma restando la riduzione prevista dall'art. 67, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, la quota del 10 per cento delle risorse determinate ai sensi dell'articolo 12, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, è destinata, per metà, al fondo di assistenza per i finanzieri di cui alla legge 20 ottobre 1960, n. 1265 e, per la restante metà, al fondo di previdenza per il personale del Ministero delle finanze, cui sono iscritti, a decorrere dal 1° gennaio 2010, anche gli altri dipendenti civili dell'Amministrazione economico-finanziaria. A decorrere dall’anno 2011 l’autorizzazione di spesa corrispondente al predetto Fondo di cui al capitolo 3985 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, nell’ambito del programma di spesa "Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità" della missione "Politiche economico-finanziarie e di bilancio", non può essere comunque superiore alla dotazione per l’anno 2010, come integrata dal presente comma.
34. A decorrere dall’anno 2014, con determinazione interministeriale prevista dall'articolo 4, comma 2, del D.P.R. 10 maggio 1996, n. 360, l'indennità di impiego operativo per reparti di campagna, è corrisposta nel limite di spesa determinato per l'anno 2008, con il medesimo provvedimento interministeriale, ridotto del 30%. Per l'individuazione del suddetto contingente l'Amministrazione dovrà tener conto dell'effettivo impiego del personale alle attività nei reparti e nelle unità di campagna. Ai relativi oneri, pari a 38 milioni di euro per ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, si fa fronte, quanto a 38 milioni di euro per l’anno 2011 e 34 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’ articolo 32 e, quanto a 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’ articolo 38, commi 13-bis e seguenti.
35. In conformità all'articolo 7, comma 10, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, l'articolo 52, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002, n. 164 si interpreta nel senso che la determinazione ivi indicata, nell'individuare il contingente di personale, tiene conto delle risorse appositamente stanziate.
35-bis. L’ articolo 32 della legge 22 maggio 1975, n. 152, si interpreta nel senso che, in presenza dei presupposti ivi previsti, le spese di difesa, anche diverse dalle anticipazioni, sono liquidate dal Ministero dell’interno, sempre a richiesta dell’interessato che si è avvalso del libero professionista di fiducia.
36. Per gli enti di nuova istituzione non derivanti da processi di accorpamento o fusione di precedenti organismi, limitatamente al quinquennio decorrente dall'istituzione, le nuove assunzioni, previo esperimento delle procedure di mobilità, fatte salve le maggiori facoltà assunzionali eventualmente previste dalla legge istitutiva, possono essere effettuate nel limite del 50% delle entrate correnti ordinarie aventi carattere certo e continuativo e, comunque nel limite complessivo del 60% della dotazione organica. A tal fine gli enti predispongono piani annuali di assunzioni da sottoporre all'approvazione da parte dell'amministrazione vigilante d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica ed il Ministero dell'economia e delle finanze.
37. Fermo quanto previsto dal comma 1 del presente articolo, le disposizioni contrattuali del comparto Scuola previste dagli artt. 82 e 83 del CCNL 2006-2009 del 29 novembre 2007 saranno oggetto di specifico confronto tra le parti al termine del triennio 2010-2012..
- Il testo dell’articolo 12 dell’Intesa della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano 23 marzo 2005 recante: “Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, in attuazione dell'articolo 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311” (pubblicata nella G.U. 7 maggio 2005, n. 105), è il seguente:
«Art. 12. - Tavolo di verifica degli adempimenti
1. Ai fini della verifica degli adempimenti per le finalità di quanto disposto dall'art. 1, comma 184, lettera c) della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, il Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, coordinato da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze e composto da rappresentanti: del Dipartimento degli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri; del Ministero della salute; delle Regioni capofila delle Aree sanità e Affari finanziari, nell'ambito della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome; di una ulteriore regione indicata dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome; dell'Agenzia per i Servizi sanitari regionali; della Segreteria della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano; della Segreteria della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome.
2. Il Tavolo tecnico di cui al comma 1 richiede alle singole Regioni la documentazione necessaria alla verifica degli adempimenti. Il Tavolo procede ad un primo esame della documentazione, informando le Regioni, prima della convocazione, sui punti di criticità riscontrati, affinché' esse possano presentarsi con le eventuali integrazioni, atte a superare le criticità individuate. Il coordinatore del Tavolo tecnico dispone che di tutte le sedute sia redatto verbale. Il verbale, che dà conto dei lavori e delle posizioni espresse dai partecipanti, è trasmesso ai componenti del Tavolo e alla Regione interessata.
3. Il Tavolo tecnico: entro il 30 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, fornisce alle Regioni le indicazioni relative alla documentazione necessaria per la verifica degli adempimenti, che le stesse devono produrre entro il successivo 30 maggio; effettua una valutazione del risultato di gestione, a partire dalle risultanze contabili al quarto trimestre ed esprime il proprio parere entro il 30 luglio dell'anno successivo a quello di riferimento; si avvale delle risultanze del Comitato di cui all'art. 9 della presente intesa, per gli aspetti relativi agli adempimenti riportati nell'Allegato 1, al Punto 2, lettere c), e), f), g), h), e agli adempimenti derivanti dagli articoli 3, 4 e 10 della presente intesa; riferisce sull'esito delle verifiche al Tavolo politico, che esprime il suo parere entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello di riferimento. Riferisce, altresì, al tavolo politico su eventuali posizioni discordanti. Nel caso che tali posizioni riguardino la valutazione degli adempimenti di una singola Regione, la stessa viene convocata dal Tavolo politico.
4. Il Tavolo politico è composto: per il Governo, dal Ministro dell'economia e delle finanze o suo delegato, dal Ministro della salute o suo delegato e dal Ministro per gli affari regionali o suo delegato; per le Regioni, da una delegazione politica della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, guidata dal Presidente o suo delegato.
5. Il Ministero dell'economia e delle finanze, successivamente alla presa d'atto del predetto Tavolo politico in ordine agli esiti delle verifiche sugli adempimenti in questione, provvede entro il 15 ottobre dell'anno successivo a quello di riferimento per le Regioni adempienti ad erogare il saldo, e provvede nei confronti delle Regioni inadempienti ai sensi dell'art. 1, comma 176, della legge n. 311 del 2004.».
- Il testo dell’articolo 1, comma 565, lettera a) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 27 dicembre 2006, n. 299), è il seguente:
«1. 565. Per garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 20072009, in attuazione del protocollo d'intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per un patto nazionale per la salute, sul quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome, in data 28 settembre 2006, ha espresso la propria condivisione:
a) gli enti del Servizio sanitario nazionale, fermo restando quanto previsto per gli anni 2005 e 2006 dall' articolo 1, commi 98e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e, per l'anno 2006, dall' articolo 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese del personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, non superino per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 il corrispondente ammontare dell'anno 2004 diminuito dell'1,4 per cento. A tale fine si considerano anche le spese per il personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, o che presta servizio con altre forme di rapporto di lavoro flessibile o con convenzioni;
Omissis.».
- Il testo vigente dell’articolo 17, commi 3 e 3 bis del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 6 luglio 2011, n. 155), convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1 della legge 15 luglio 2011, n. 111, è il seguente:.
«Art. 17 Razionalizzazione della spesa sanitaria
Omissis.
3. Le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 71 e 72, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 si applicano anche in ciascuno degli anni dal 2013 al 2020.
3-bis. Alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di cui al comma 3 del presente articolo si provvede con le modalità previste dall'articolo 2, comma 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento di tali obiettivi. In caso contrario, per gli anni dal 2013 al 2019, la regione è considerata adempiente ove abbia raggiunto l'equilibrio economico e abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale fino al totale conseguimento nell'anno 2020 degli obiettivi previsti all'articolo 2, commi 71 e 72, della citata legge n. 191 del 2009.
Omissis.»
- Il testo dell’articolo 1, comma 584 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)» (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 29 dicembre 2014, n. 300), è il seguente:
«Art. 1 - Comma 584
584. All'articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3, le parole: «degli anni 2013, 2014 e 2015» sono sostituite dalle seguenti: «degli anni dal 2013 al 2020»;
b) il comma 3-bis è sostituito dal seguente:
1. -bis. Alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di cui al comma 3 del presente articolo si provvede con le modalità previste dall'articolo 2, comma 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento di tali obiettivi. In caso contrario, per gli anni dal 2013 al 2019, la regione è considerata adempiente ove abbia raggiunto l'equilibrio economico e abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale fino al totale conseguimento nell'anno 2020 degli obiettivi previsti all'articolo 2, commi 71 e 72, della citata legge n. 191 del 2009».
Note all’articolo 47 ter, comma 1:
2. Il testo dell’articolo 4, commi 6, 7, 8 e 9 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101 «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 31 agosto 2013, n. 204), convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1 della legge 30 ottobre 2013, n. 125, è il seguente:
3. rt. 4 Disposizioni urgenti in tema di immissione in servizio di idonei e vincitori di concorsi, nonché di limitazioni a proroghe di contratti e all'uso del lavoro flessibile nel pubblico impiego
Omissis.
6. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2016 (31), al fine di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato e, al contempo, ridurre il numero dei contratti a termine, le amministrazioni pubbliche possono bandire, nel rispetto del limite finanziario fissato dall'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, nonché dei vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente e, per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, procedure concorsuali, per titoli ed esami, per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale riservate esclusivamente a coloro che sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto hanno maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici. Il personale non dirigenziale delle province, in possesso dei requisiti di cui al primo periodo, può partecipare ad una procedura selettiva di cui al presente comma indetta da un'amministrazione avente sede nel territorio provinciale, anche se non dipendente dall'amministrazione che emana il bando. Le procedure selettive di cui al presente comma possono essere avviate solo a valere sulle risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di cui all'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Le graduatorie definite in esito alle medesime procedure sono utilizzabili per assunzioni nel quadriennio 2013-2016 a valere sulle predette risorse. Resta ferma per il comparto scuola la disciplina specifica di settore.
Omissis.
7. Per meglio realizzare le finalità del comma 6 sono di norma adottati bandi per assunzioni a tempo indeterminato con contratti di lavoro a tempo parziale, salvo diversa motivazione tenuto conto dell'effettivo fabbisogno di personale e delle risorse finanziarie dedicate.
8. Al fine di favorire l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, e di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, le regioni predispongono un elenco regionale dei suddetti lavoratori secondo criteri che contemperano l'anzianità anagrafica, l'anzianità di servizio e i carichi familiari. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2016 (31), gli enti territoriali che hanno vuoti in organico relativamente alle qualifiche di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni, nel rispetto del loro fabbisogno e nell'ambito dei vincoli finanziari di cui al comma 6, procedono, in deroga a quanto disposto dall'articolo 12, comma 4, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, all'assunzione a tempo indeterminato, anche con contratti di lavoro a tempo parziale, dei soggetti collocati nell'elenco regionale indirizzando una specifica richiesta alla Regione competente.
9. Le amministrazioni pubbliche che nella programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, riferita agli anni dal 2013 al 2016, prevedono di effettuare procedure concorsuali ai sensi dell'articolo 35, comma 3-bis, lettera a) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o ai sensi del comma 6 del presente articolo, possono prorogare, nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia e, in particolare, dei limiti massimi della spesa annua per la stipula dei contratti a tempo determinato previsti dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, i contratti di lavoro a tempo determinato dei soggetti che hanno maturato, alla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto, almeno tre anni di servizio alle proprie dipendenze. La proroga può essere disposta, in relazione al proprio effettivo fabbisogno, alle risorse finanziarie disponibili e ai posti in dotazione organica vacanti, indicati nella programmazione triennale di cui al precedente periodo, fino al completamento delle procedure concorsuali e comunque non oltre il 31 dicembre 2016 (31). Fermo restando il divieto previsto dall'articolo 16, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le province possono prorogare fino al 31 dicembre 2016 i contratti di lavoro a tempo determinato nonché i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, per le strette necessità connesse alle esigenze di continuità dei servizi e nel rispetto dei vincoli finanziari di cui al presente comma, del patto di stabilità interno e della vigente normativa di contenimento della spesa complessiva di personale. Per le proroghe dei contratti di lavoro a tempo determinato del personale degli enti di ricerca possono essere, altresì, utilizzate, in deroga al presente comma, le risorse di cui all'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, esclusivamente per il personale direttamente impiegato in specifici progetti di ricerca finanziati con le predette risorse e limitatamente alla durata dei progetti medesimi.
Omissis ».
- Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 marzo 2015 «Disciplina delle procedure concorsuali riservate per l'assunzione di personale precario del comparto sanità» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 23 aprile 2015, n. 94.
Nota all’articolo 48, comma 1:
Per il testo dell’articolo 15, commi 7, 7 bis, 7 ter, 7 quater e 7 quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 49, commi 1,2 e 3:
- Per il testo degli articoli 15 quater, comma 4 e 15 quinquies, comma 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo vigente dell’articolo 5, comma 4 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (si vedano le note all’articolo 3, comma 1), è il seguente:
«5. Norme in materia di personale.
Omissis.
4. Ai professori di prima fascia ai quali non sia stato possibile conferire un incarico di direzione di struttura semplice o complessa, il direttore generale, sentito il rettore, affida, comunque la responsabilità e la gestione di programmi, infra o interdipartimentali finalizzati alla integrazione delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca, con particolare riguardo alle innovazioni tecnologiche ed assistenziali, nonché al coordinamento delle attività sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica ed assistenziale. La responsabilità e la gestione di analoghi programmi può essere affidata, in relazione alla minore complessità e rilevanza degli stessi, anche ai professori di seconda fascia ai quali non sia stato conferito un incarico di direzione semplice o complessa. Gli incarichi sono assimilati, a tutti gli effetti, agli incarichi di responsabilità rispettivamente di struttura complessa e di struttura semplice. I professori di prima fascia che non accettano gli incarichi di responsabilità e di gestione dei programmi di cui al primo periodo del presente comma non possono svolgere funzioni di direzione nell'àmbito delle disposizioni attuative del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, limitatamente alle scuole di specializzazione.
Omissis.».
Note all’articolo 52, comma 3:
- Il testo dell’articolo 5 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, recante «Legge-quadro in materia di formazione professionale» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 30 dicembre 1978, n. 362), è il seguente:
«5. Organizzazione delle attività.
Le regioni, in conformità a quanto previsto dai programmi regionali di sviluppo, predispongono programmi pluriennali e piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionale.
L'attuazione dei programmi e dei piani così predisposti è realizzata:
a) direttamente nelle strutture pubbliche, che devono essere interamente utilizzate, anche operando, ove sia necessario, il loro adeguamento strutturale e funzionale agli obiettivi del piano;
b) mediante convenzione, nelle strutture di enti che siano emanazione o delle organizzazioni democratiche e nazionali dei lavoratori dipendenti, dei lavoratori autonomi, degli imprenditori o di associazioni con finalità formative e sociali, o di imprese e loro consorzi, o del movimento cooperativo.
Gli enti di cui alla lettera b) del comma precedente devono possedere, per essere ammessi al finanziamento, i seguenti requisiti:
1) avere come fine la formazione professionale;
2) disporre di strutture, capacità organizzativa e attrezzature idonee;
3) non perseguire scopi di lucro;
4) garantire il controllo sociale delle attività;
5) applicare per il personale il contratto nazionale di lavoro di categoria;
6) rendere pubblico il bilancio annuale per ciascun centro di attività;
7) accettare il controllo della regione, che può effettuarsi anche mediante ispezioni, sul corretto utilizzo dei finanziamenti erogati.
Le regioni possono altresì stipulare convenzioni con imprese o loro consorzi per la realizzazione di corsi di formazione, aggiornamento riqualificazione e riconversione, nel rispetto di quanto stabilito ai numeri 2) e 7) del comma precedente.
Le convenzioni di cui al presente articolo sono esenti da ogni tipo di imposta o tassa.
Fino all'entrata in vigore del nuovo ordinamento degli enti locali, le convenzioni di cui al presente articolo sono stipulate dalle regioni.».
- Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- La legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69, recante «Norme sul sistema formativo regionale», (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 26 ottobre 1981, n. 58) è stata da ultimo modificata dalla legge regionale 4 aprile 2014, n. 5.
Nota all’articolo 55, comma 4:
Il testo vigente dell’articolo 1, comma 8 del decreto legge 12 novembre 2001, n. 40, recante «Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 12 novembre 2001, n. 263), convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 8 gennaio 2002, n. 1 (in Gazzetta ufficiale 10 gennaio 2002, n. 8), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, è il seguente:
«1. Prestazioni aggiuntive programmabili da parte degli infermieri dipendenti ed emergenza infermieristica
Omissis.
8. Fino a quando non si procederà ai sensi del comma 7, per l'operatore socio-sanitario restano confermate le disposizioni di cui all'accordo intervenuto il 22 febbraio 2001 in sede di Conferenza Stato-regioni tra il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con la stessa procedura è disciplinata, per l'operatore sociosanitario la formazione complementare in assistenza sanitaria che consente a detto operatore di collaborare con l'infermiere o con l'ostetrica e di svolgere alcune attività assistenziali in base all'organizzazione dell'unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive del responsabile dell'assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.
Omissis.».
Note all’articolo 61, comma 1:
Il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 luglio 2011, n. 172.
Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 64, commi 2, 3 e 4:
- Il testo vigente dell’articolo 25 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (si vedano le note all’articolo 61, comma 1), è il seguente:
«Art. 25 Bilancio preventivo economico annuale
1. Gli enti di cui all'articolo 19, comma 2, lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste, e lettera c) predispongono un bilancio preventivo economico annuale, in coerenza con la programmazione sanitaria e con la programmazione economico-finanziaria della regione.
1-bis. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono garantire una programmabilità degli investimenti da effettuare nel proprio ambito territoriale, attraverso la predisposizione di piani annuali di investimento accompagnati da un'adeguata analisi dei fabbisogni e della relativa sostenibilità economico-finanziaria complessiva, da attuare anche in sede di predisposizione del previsto piano dei flussi di cassa prospettici di cui al comma 2.
2. Il bilancio preventivo economico annuale include un conto economico preventivo e un piano dei flussi di cassa prospettici, redatti secondo gli schemi di conto economico e di rendiconto finanziario previsti dall'articolo 26. Al conto economico preventivo è allegato il conto economico dettagliato, secondo lo schema CE di cui al decreto ministeriale 13 novembre 2007 e successive modificazioni ed integrazioni.
3. Il bilancio preventivo economico annuale è corredato da una nota illustrativa, dal piano degli investimenti e da una relazione redatta dal direttore generale per gli enti di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 19 e dal responsabile della gestione sanitaria accentrata presso la regione per gli enti di cui all'articolo 19, comma 2, lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste. La nota illustrativa esplicita i criteri impiegati nell'elaborazione del bilancio preventivo economico annuale; la relazione del direttore generale o del responsabile della gestione sanitaria accentrata evidenzia i collegamenti con gli altri atti di programmazione aziendali e regionali; il piano degli investimenti definisce gli investimenti da effettuare nel triennio e le relative modalità di finanziamento. Il bilancio preventivo economico annuale degli enti di cui all'articolo 19, comma 2, lettera c) e lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste, deve essere corredato dalla relazione del collegio sindacale.
4. Gli enti di cui alla lettera d), del comma 2 dell'articolo 19 predispongono un bilancio preventivo economico annuale, corredato da una nota illustrativa che espliciti i criteri impiegati nell'elaborazione dello stesso, nonché da un piano degli investimenti che definisca gli investimenti da effettuare nel triennio e le relative modalità di finanziamento. Il bilancio preventivo economico annuale deve essere corredato dalla relazione del collegio dei revisori. Con delibera del direttore generale, il bilancio preventivo economico annuale, corredato dalla nota illustrativa, dal piano triennale degli investimenti e dalla relazione del collegio dei revisori, viene sottoposto al Consiglio di amministrazione dell'ente per l'approvazione.».
- - Il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 2 maggio 2006, n. 100) è stato abrogato dall’art. 217, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, a decorrere dal 19 aprile 2016, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 220 del medesimo d.lgs. 50/2016.
- Il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante «Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 10 ottobre 2012, n. 237 e convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1 della legge 7 dicembre 2012, n. 213.
Note all’articolo 66, commi 1 e 2:
- Il testo vigente dell’articolo 27 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (si vedano le note all’articolo61, comma 1), è il seguente:
«Art. 27 Piano dei conti
1. Al fine di soddisfare le esigenze di standardizzazione delle procedure contabili e dei debiti informativi previsti dalla normativa vigente, ciascuna voce del piano dei conti degli enti di cui all'articolo 19, comma 2, lettera c) e lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste, deve essere univocamente riconducibile ad una sola voce dei modelli di rilevazione SP o CE di cui al decreto ministeriale 13 novembre 2007 e successive modificazioni ed integrazioni.
2. Gli enti di cui al comma 1 possono dettagliare il proprio piano dei conti inserendo ulteriori sottovoci, rispetto a quelle di cui ai modelli di rilevazione SP e CE di cui al decreto ministeriale 13 novembre 2007 e successive modificazioni ed integrazioni, secondo le proprie esigenze informative.».
Note all’articolo 69, commi 1 e 2:
- Il testo degli articoli da 2214 a 2220 del codice civile è il seguente:
«2214. Libri obbligatori e altre scritture contabili.
L'imprenditore che esercita un'attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli inventari.
Deve altresì tenere le altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa e conservare ordinatamente per ciascun affare gli originali delle lettere, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere, dei telegrammi e delle fatture spedite.
Le disposizioni di questo paragrafo non si applicano ai piccoli imprenditori.
2215. Modalità di tenuta delle scritture contabili.
I libri contabili, prima di essere messi in uso, devono essere numerati progressivamente in ogni pagina e, qualora sia previsto l'obbligo della bollatura o della vidimazione, devono essere bollati in ogni foglio dall'ufficio del registro delle imprese o da un notaio secondo le disposizioni delle leggi speciali. L'ufficio del registro o il notaio deve dichiarare nell'ultima pagina dei libri il numero dei fogli che li compongono.
Il libro giornale e il libro degli inventari devono essere numerati progressivamente e non sono soggetti a bollatura né a vidimazione.
2215-bis. Documentazione informatica.
I libri, i repertori, le scritture e la documentazione la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento o che sono richiesti dalla natura o dalle dimensioni dell'impresa possono essere formati e tenuti con strumenti informatici.
Le registrazioni contenute nei documenti di cui al primo comma debbono essere rese consultabili in ogni momento con i mezzi messi a disposizione dal soggetto tenutario e costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge.
Gli obblighi di numerazione progressiva e di vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta all’anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato.
Qualora per un anno non siano state eseguite registrazioni, la firma digitale e la marcatura temporale devono essere apposte all’atto di una nuova registrazione e da tale apposizione decorre il periodo annuale di cui al terzo comma.
I libri, i repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici, secondo quanto previsto dal presente articolo, hanno l'efficacia probatoria di cui agli articoli 2709 e 2710 del codice civile.
Per i libri e per i registri la cui tenuta è obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento di natura tributaria, il termine di cui al terzo comma opera secondo le norme in materia di conservazione digitale contenute nelle medesime disposizioni.
2216. Contenuto del libro giornale.
Il libro giornale deve indicare giorno per giorno le operazioni relative all'esercizio dell'impresa.
2217. Redazione dell'inventario
L'inventario deve redigersi all'inizio dell'esercizio dell'impresa e successivamente ogni anno, e deve contenere l'indicazione e la valutazione delle attività e delle passività relative all'impresa, nonché delle attività e delle passività dell'imprenditore estranee alla medesima.
L'inventario si chiude con il bilancio e con il conto dei profitti e delle perdite il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite. Nelle valutazioni di bilancio l'imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili.
L'inventario deve essere sottoscritto dall'imprenditore entro tre mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte dirette.
2218. Bollatura facoltativa.
L'imprenditore può far bollare nei modi indicati nell'articolo 2215 gli altri libri da lui tenuti.
2219. Tenuta della contabilità.
Tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili.
2220. Conservazione delle scritture contabili.
Le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione.
Per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti.
Le scritture e documenti di cui al presente articolo possono essere conservati sotto forma di registrazioni su supporti di immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni momento essere rese leggibili con mezzi messi a disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti.».
- Il decreto del Ministero della salute 1 marzo 2013, recante «Definizione dei Percorsi Attuativi della Certificabilità» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 marzo 2013, n. 72.
Nota all’articolo 70, comma 3:
Il testo vigente dei commi da 16 a 21 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)» (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 27 dicembre 2003, n. 299), è il seguente:
«3. Disposizioni in materia di oneri sociali e di personale e per il funzionamento di amministrazioni ed enti pubblici.
Omissis.
16. Ai sensi dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1, lettera b), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ad eccezione delle società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti e organismi di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76, solo per finanziare spese di investimento.
17. Per gli enti di cui al comma 16, costituiscono indebitamento, agli effetti dell'art. 119, sesto comma, della Costituzione, l'assunzione di mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l'eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall'ente a seguito della definitiva escussione della garanzia. Inoltre, costituisce indebitamento il residuo debito garantito a seguito dell'escussione della garanzia per tre annualità consecutive, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario.
Dal 2015, gli enti di cui al comma 16 rilasciano garanzie solo a favore dei soggetti che possono essere destinatari di contributi agli investimenti finanziati da debito e per le finalità definite dal comma 18. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato art. 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio.
18. Ai fini di cui all'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, costituiscono investimenti:
a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati sia residenziali che non residenziali;
b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzo pluriennale;
d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
e) l'acquisizione di aree, espropri e servitù onerose;
f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale, nei limiti della facoltà di partecipazione concessa ai singoli enti mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
g) i contributi agli investimenti e i trasferimenti in conto capitale a seguito di escussione delle garanzie destinati specificamente alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
h) i contributi agli investimenti e i trasferimenti in conto capitale a seguito di escussione delle garanzie in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a favore del concessionario di cui al comma 2 dell'articolo 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109;
i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale aventi finalità pubblica volti al recupero e alla valorizzazione del territorio.
19. Gli enti e gli organismi di cui al comma 16 non possono ricorrere all'indebitamento per il finanziamento di conferimenti rivolti alla ricapitalizzazione di aziende o società finalizzata al ripiano di perdite. A tale fine l'istituto finanziatore, in sede istruttoria, è tenuto ad acquisire dall'ente l'esplicazione specifica sull'investimento da finanziare e l'indicazione che il bilancio dell'azienda o della società partecipata, per la quale si effettua l'operazione, relativo all'esercizio finanziario precedente l'operazione di conferimento di capitale, non presenta una perdita di esercizio.
20. Le modifiche alle tipologie di cui ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT.
21. Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica e nel quadro del coordinamento della finanza pubblica di cui agli articoli 119 e 120 della Costituzione, le disposizioni dei commi da 16 a 20 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nonché agli enti e agli organismi individuati nel comma 16 siti nei loro territori.
Omissis.».
Nota all’articolo 74, comma 1:
Per il testo dell’articolo 27 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 si vedano le note all’articolo 66, commi 1 e 2.
Note all’articolo 75, commi 1 e 2:
Per il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, si vedano le note all’articolo 61, comma 1.
Note all’articolo 76, comma 1:
- Il testo vigente degli articoli da 2423 a 2428 del codice civile, è il seguente:
«2423. Redazione del bilancio.
Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa.
Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell'esercizio.
Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo.
Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione.
Se, in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato.
Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro.
2423-bis. Princìpi di redazione del bilancio.
Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti princìpi:
1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività;
1-bis) la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto;
2) si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio;
3) si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento;
4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo;
5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente;
6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro.
Deroghe al principio enunciato nel numero 6) del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.
2423-ter. Struttura dello stato patrimoniale e del conto economico.
Salve le disposizioni di leggi speciali per le società che esercitano particolari attività, nello stato patrimoniale e nel conto economico devono essere iscritte separatamente, e nell'ordine indicato, le voci previste negli articoli 2424 e 2425.
Le voci precedute da numeri arabi possono essere ulteriormente suddivise, senza eliminazione della voce complessiva e dell'importo corrispondente; esse possono essere raggruppate soltanto quando il raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai fini indicati nel secondo comma dell'articolo 2423 o quando esso favorisce la chiarezza del bilancio. In questo secondo caso la nota integrativa deve contenere distintamente le voci oggetto di raggruppamento.
Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli 2424 e 2425.
Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell'attività esercitata.
Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l'importo della voce corrispondente dell'esercizio precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle relative all'esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità e l'adattamento o l'impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa.
Sono vietati i compensi di partite.
2424. Contenuto dello stato patrimoniale.
Lo stato patrimoniale deve essere redatto in conformità al seguente schema.
Attivo:
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata.
B) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria:
I - Immobilizzazioni immateriali:
1) costi di impianto e di ampliamento;
2) costi di sviluppo;
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno;
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti;
7) altre.
Totale.
II - Immobilizzazioni materiali:
1) terreni e fabbricati;
2) impianti e macchinario;
3) attrezzature industriali e commerciali;
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti.
Totale.
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l'esercizio successivo:
1) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
b) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) imprese sottoposte al controllo delle controllanti;
d-bis) altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti;
d-bis) verso altri;
3) altri titoli;
4) strumenti finanziari derivati attivi;
Totale.
Totale immobilizzazioni (B);
C) Attivo circolante:
I - Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
Totale.
II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
5) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti;
6) bis) crediti tributari;
7) ter) imposte anticipate;
8) quater) verso altri.
Totale.
III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegate;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
3-bis) partecipazioni in imprese sottoposte al controllo delle controllanti;
4) altre partecipazioni;
5) strumenti finanziari derivati attivi;
6) altri titoli.
Totale.
IV - Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) danaro e valori in cassa.
Totale.
Totale attivo circolante (C).
D) Ratei e risconti.
Passivo:
A) Patrimonio netto:
I - Capitale.
II - Riserva da soprapprezzo delle azioni.
III - Riserve di rivalutazione.
IV - Riserva legale.
V - Riserve statutarie.
VI - Altre riserve, distintamente indicate.
VII - Riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi.
VIII - Utili (perdite) portati a nuovo.
IX - Utile (perdita) dell'esercizio.
X - Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio.
Totale.
B) Fondi per rischi e oneri:
1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2) per imposte, anche differite;
3) strumenti finanziari derivati passivi;
4) altri.
Totale.
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato.
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio successivo:
1) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili;
3) debiti verso soci per finanziamenti;
4) debiti verso banche;
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
11-bis) debiti verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14) altri debiti.
Totale.
E) Ratei e risconti.
Se un elemento dell'attivo o del passivo ricade sotto più voci dello schema, nella nota integrativa deve annotarsi, qualora ciò sia necessario ai fini della comprensione del bilancio, la sua appartenenza anche a voci diverse da quella nella quale è iscritto.
[Abrogato]
È fatto salvo quanto disposto dall'articolo 2447-septies con riferimento ai beni e rapporti giuridici compresi nei patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi della lettera a) del primo comma dell'articolo 2447-bis.
2424-bis. Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale.
Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni.
Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma dell'articolo 2359 si presumono immobilizzazioni.
Gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell'esercizio sono indeterminati o l'ammontare o la data di sopravvenienza.
Nella voce: «trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato» deve essere indicato l'importo calcolato a norma dell'articolo 2120.
Le attività oggetto di contratti di compravendita con obbligo di retrocessione a termine devono essere iscritte nello stato patrimoniale del venditore.
Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono essere iscritti i costi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l'entità dei quali vari in ragione del tempo.
Le azioni proprie sono rilevate in bilancio a diretta riduzione del patrimonio netto, ai sensi di quanto disposto dal terzo comma dell'articolo 2357-ter.
2425. Contenuto del conto economico.
Il conto economico deve essere redatto in conformità al seguente schema:
A) Valore della produzione:
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale.
B) Costi della produzione:
6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale:
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
12) accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
Totale.
Differenza tra valore e costi della produzione (A - B).
C) Proventi e oneri finanziari:
15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate e di quelli relativi a controllanti e a imprese sottoposte al controllo di quest'ultime;
16) altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti e da imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
c) da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti e da imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti;
17-bis) utili e perdite su cambi. Totale (15 + 16 -17+ -17 bis).
D) Rettifiche di valore di attività e passività finanziarie:
18) rivalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
d) di strumenti finanziari derivati;
19) svalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
d) di strumenti finanziari derivati;
Totale delle rettifiche (18 - 19).
Risultato prima delle imposte (A-B+-C+-D);
20) imposte sul reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate;
21) utile (perdite) dell'esercizio.
2425-bis. Iscrizione dei ricavi, proventi, costi ed oneri.
I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri devono essere indicati al netto dei resi, degli sconti, abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse con la vendita dei prodotti e la prestazione dei servizi.
I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni in valuta devono essere determinati al cambio corrente alla data nella quale la relativa operazione è compiuta.
I proventi e gli oneri relativi ad operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine, ivi compresa la differenza tra prezzo a termine e prezzo a pronti, devono essere iscritti per le quote di competenza dell'esercizio.
Le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione.
2425-ter. Rendiconto finanziario.
Dal rendiconto finanziario risultano, per l'esercizio a cui è riferito il bilancio e per quello precedente, l'ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, all'inizio e alla fine dell'esercizio, ed i flussi finanziari dell'esercizio derivanti dall'attività operativa, da quella di investimento, da quella di finanziamento, ivi comprese, con autonoma indicazione, le operazioni con i soci.
2426. Criteri di valutazioni.
Nelle valutazioni devono essere osservati i seguenti criteri:
1) le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi; le immobilizzazioni rappresentate da titoli sono rilevate in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, ove applicabile;
2) il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Eventuali modifiche dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati devono essere motivate nella nota integrativa;
3) l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minore valore. Il minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata; questa disposizione non si applica a rettifiche di valore relative all'avviamento.
Per le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate che risultino iscritte per un valore superiore a quello derivante dall'applicazione del criterio di valutazione previsto dal successivo numero 4) o, se non vi sia obbligo di redigere il bilancio consolidato, al valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa partecipata, la differenza dovrà essere motivata nella nota integrativa;
4) le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, anziché secondo il criterio indicato al numero 1), per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai princìpi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei princìpi indicati negli articoli 2423 e 2423-bis.
Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto riferito alla data di acquisizione o risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa controllata o collegata può essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o all'avviamento, deve essere ammortizzata.
Negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall'applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato nel bilancio dell'esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile;
5) i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale. I costi di impianto e ampliamento devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. I costi di sviluppo sono ammortizzati secondo la loro vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, sono ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni. Fino a che l'ammortamento dei costi di impianto e ampliamento e di sviluppo non è completato possono essere distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l'ammontare dei costi non ammortizzati;
6) l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto. L'ammortamento dell'avviamento è effettuato secondo la sua vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, è ammortizzato entro un periodo non superiore a dieci anni. Nella nota integrativa è fornita una spiegazione del periodo di ammortamento dell'avviamento;
7) il disaggio e l'aggio su prestiti sono rilevati secondo il criterio stabilito dal numero 8);
8) i crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di presumibile realizzo;
8-bis) le attività e passività monetarie in valuta sono iscritte al cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio; i conseguenti utili o perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l'eventuale utile netto è accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le attività e passività in valuta non monetarie devono essere iscritte al cambio vigente al momento del loro acquisto;
9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione;
10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli: «primo entrato, primo uscito» o: «ultimo entrato, primo uscito»; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa;
11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza;
11-bis) gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finanziari, sono iscritti al fair value. Le variazioni del fair value sono imputate al conto economico oppure, se lo strumento copre il rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un'operazione programmata, direttamente ad una riserva positiva o negativa di patrimonio netto; tale riserva è imputata al conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto o al verificarsi dell'operazione oggetto di copertura. Gli elementi oggetto di copertura contro il rischio di variazioni dei tassi di interesse o dei tassi di cambio o dei prezzi di mercato o contro il rischio di credito sono valutati simmetricamente allo strumento derivato di copertura; si considera sussistente la copertura in presenza, fin dall'inizio, di stretta e documentata correlazione tra le caratteristiche dello strumento o dell'operazione coperti e quelle dello strumento di copertura. Non sono distribuibili gli utili che derivano dalla valutazione al fair value degli strumenti finanziari derivati non utilizzati o non necessari per la copertura. Le riserve di patrimonio che derivano dalla valutazione al fair value di derivati utilizzati a copertura dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di un'operazione programmata non sono considerate nel computo del patrimonio netto per le finalità di cui agli articoli 2412, 2433, 2442, 2446 e 2447 e, se positive, non sono disponibili e non sono utilizzabili a copertura delle perdite.
12) Abrogato.
Ai fini della presente Sezione, per la definizione di “strumento finanziario”, di “attività finanziaria” e “passività finanziaria”, di “strumento finanziario derivato”, di “costo ammortizzato”, di “fair value”, di “attività monetaria” e “passività monetaria”, “parte correlata” e “modello e tecnica di valutazione generalmente accettato” si fa riferimento ai principi contabili internazionali adottati dall'Unione europea.
Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del primo comma, numero 11-bis), sono considerati strumenti finanziari derivati anche quelli collegati a merci che conferiscono alluna o all'altra parte contraente il diritto di procedere alla liquidazione del contratto per contanti o mediante altri strumenti finanziari, ad eccezione del caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni:
a) il contratto sia stato concluso e sia mantenuto per soddisfare le esigenze previste dalla società che redige il bilancio di acquisto, di vendita o di utilizzo delle merci;
b) il contratto sia stato destinato a tale scopo fin dalla sua conclusione;
c) si prevede che il contratto sia eseguito mediante consegna della merce.
Il fair value è determinato con riferimento:
a) al valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile individuare facilmente un mercato attivo; qualora il valore di mercato non sia facilmente individuabile per uno strumento, ma possa essere individuato per i suoi componenti o per uno strumento analogo, il valore di mercato può essere derivato da quello dei componenti o dello strumento analogo;
b) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli strumenti per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo; tali modelli e tecniche di valutazione devono assicurare una ragionevole approssimazione al valore di mercato.
Il fair value non è determinato se l'applicazione dei criteri indicati al quarto comma non dà un risultato attendibile.
2427-bis. Informazioni relative al «fair value» degli strumenti finanziari.
1. Nella nota integrativa sono indicati:
1) per ciascuna categoria di strumenti finanziari derivati:
a) il loro fair value;
b) informazioni sulla loro entità e sulla loro natura, compresi i termini e le condizioni significative che possono influenzare l'importo, le scadenze e la certezza dei flussi finanziari futuri;
b-bis) gli assunti fondamentali su cui si basano i modelli e le tecniche di valutazione, qualora il fair value non sia stato determinato sulla base di evidenze di mercato;
b-ter) le variazioni di valore iscritte direttamente nel conto economico, nonché quelle imputate alle riserve di patrimonio netto;
b-quater) una tabella che indichi i movimenti delle riserve di fair value avvenuti nell'esercizio;
2) per le immobilizzazioni finanziarie iscritte a un valore superiore al loro fair value, con esclusione delle partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell'articolo 2359 e delle partecipazioni in joint venture:
a) il valore contabile e il fair value delle singole attività, o di appropriati raggruppamenti di tali attività;
b) i motivi per i quali il valore contabile non è stato ridotto, inclusa la natura degli elementi sostanziali sui quali si basa il convincimento che tale valore possa essere recuperato.
[2. Abrogato]
[3. Abrogato)]
[4. Abrogato]
[5. Abrogato ].
2428. Relazione sulla gestione.
Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli amministratori contenente un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell'andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società è esposta.
L'analisi di cui al primo comma è coerente con l'entità e la complessità degli affari della società e contiene, nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e dell'andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all'attività specifica della società, comprese le informazioni attinenti all'ambiente e al personale. L'analisi contiene, ove opportuno, riferimenti agli importi riportati nel bilancio e chiarimenti aggiuntivi su di essi.
Dalla relazione devono in ogni caso risultare:
1) le attività di ricerca e di sviluppo;
2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione della parte di capitale corrispondente;
4) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell'esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione della corrispondente parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;
[5) Abrogato.].
6) l'evoluzione prevedibile della gestione;
6-bis) in relazione all'uso da parte della società di strumenti finanziari e se rilevanti per la valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell'esercizio:
a) gli obiettivi e le politiche della società in materia di gestione del rischio finanziario, compresa la politica di copertura per ciascuna principale categoria di operazioni previste;
b) l'esposizione della società al rischio di prezzo, al rischio di credito, al rischio di liquidità e al rischio di variazione dei flussi finanziari. [Abrogato].
Dalla relazione deve inoltre risultare l'elenco delle sedi secondarie della società.».
- Per il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, si vedano le note all’articolo 61, comma 1.
Nota all’articolo 77, comma 1:
Il testo vigente dell’articolo 30 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (si vedano le note all’articolo 61, comma 1), è il seguente:
«Art. 30 Destinazione del risultato d'esercizio degli enti del SSN
1. L'eventuale risultato positivo di esercizio degli enti di cui alle lettere b), punto i), c) e d) del comma 2 dell'articolo 19 è portato a ripiano delle eventuali perdite di esercizi precedenti. L'eventuale eccedenza è accantonata a riserva ovvero, limitatamente agli enti di cui alle lettere b) punto i), e c) del comma 2 dell'articolo 19, è reso disponibile per il ripiano delle perdite del servizio sanitario regionale. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, eventuali risparmi nella gestione del Servizio sanitario nazionale effettuati dalle regioni rimangono nella disponibilità delle regioni stesse per finalità sanitarie.».
Note all’articolo 83, comma 1, comma 1, lettera b) e commi 6 e 7:
- Il testo del comma 8 dell’articolo 4 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, recante «Disposizioni in materia di finanza pubblica) (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 31 dicembre 1991, n. 305), è il seguente:
«4. Assistenza sanitaria.
Omissis
8. È abolito il controllo dei comitati regionali di controllo sugli atti delle unità sanitarie locali e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché degli enti di cui all'articolo 41, secondo comma, L. 23 dicembre 1978, n. 833 e degli enti ospedalieri di cui all'articolo 1, comma 13, del D.L. 6 febbraio 1991, n. 35 , convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 1991, n. 111. Limitatamente agli atti delle unità sanitarie locali e dei sopracitati enti ospedalieri riguardanti il bilancio di previsione, le variazioni di bilancio e il conto consuntivo, la determinazione della consistenza qualitativa e quantitativa complessiva del personale, la deliberazione di programmi di spese pluriennali e i provvedimenti che disciplinano l'attuazione dei contratti e delle convenzioni, il controllo preventivo è assicurato direttamente dalla regione, che è tenuta a pronunciarsi, anche in forma di silenzio-assenso, entro quaranta giorni dal ricevimento dell'atto. I provvedimenti come sopra approvati diventano definitivi. Per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, il controllo di cui agli articoli 16, 17 e 18 del D.P.R. 31 luglio 1980, n. 617 , è esteso anche ai provvedimenti riguardanti i programmi di spesa pluriennali e quelli per la disciplina e l'attribuzione dei contratti e delle convenzioni. Il termine di trenta giorni previsto dall'articolo 18, D.P.R. 31 luglio 1980, n. 617 , è modificato in quaranta giorni.
Omissis.».
- La legge 26 aprile 1982, n. 181, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)», (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 26 aprile 1982, n. 113) è stata da ultimo modificata dal decreto legge 5 dicembre 1997, n. 430.
- Il regolamento regionale 17 gennaio 2006, n. 1, recante «Modalità di esercizio del controllo regionale sugli atti delle aziende sanitarie e dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Umbria e delle Marche» (pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione 1° febbraio 2006, n. 6) ), è stato modificato dal regolamento regionale 9 marzo 2016, n. 2 (in Bollettino ufficiale 16 marzo 2016, n. 12).
- Il testo dell’articolo 18 dell’Accordo ratificato con la legge regionale 20 novembre 2013, n. 28, recante «Ratifica dell'accordo tra la Regione Umbria e la Regione Marche concernente il riordino dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche» (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 27 novembre 2013, n. 53), è il seguente:
«Art. 18 Controlli.
1. Sono soggette a controllo anche ai sensi dell'articolo 4, comma 8, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), mediante valutazione della conformità con le norme in vigore, con gli indirizzi e gli obiettivi posti nei piani sanitari delle Regioni Umbria e Marche, con le direttive vincolanti emanate dalle due Regioni e con le risorse assegnate, le seguenti deliberazioni del consiglio di amministrazione dell'Istituto:
a) bilancio economico preventivo e relative variazioni;
b) bilancio di esercizio;
c) istituzione di nuovi servizi;
d) proposta di copertura delle perdite e per il riequilibrio della situazione economica;
e) dotazione organica complessiva e relative modificazioni;
f) deliberazioni di programmi di spesa pluriennali, con esclusivo riferimento alle spese di investimento. Non sono considerati impegni pluriennali quelli riferiti a spese il cui impegno non ecceda i dodici mesi.
2. Le deliberazioni di cui al comma 1, entro dieci giorni dalla loro adozione, sono trasmesse contemporaneamente, oltre che alla Giunta regionale Umbria, alla Giunta regionale delle Marche la quale, entro quindici giorni dalla ricezione, può prospettare osservazioni o rilievi alla Giunta regionale dell'Umbria ai fini della decisione sul procedimento di controllo. Nel termine di cui al comma 3 la Giunta regionale dell'Umbria può acquisire elementi integrativi di giudizio ai fini della valutazione degli atti a essa sottoposti.
3. Le deliberazioni di cui al comma 1 si intendono tacitamente approvate se nel termine di quaranta giorni dalla data del loro ricevimento la Giunta regionale dell'Umbria non si sia pronunciata con provvedimento motivato.
4. Per le ulteriori modalità del controllo di cui al presente articolo si fa rinvio alle disposizioni vigenti in materia di controllo delle aziende sanitarie della Regione Umbria in quanto compatibili.».
Nota all’articolo 85, comma 1:
- Il testo vigente della lettera c) del comma 1 dell’articolo 29 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (si vedano le note all’articolo 61, comma 1), è il seguente:
«Art. 29 Principi di valutazione specifici del settore sanitario
1. Al fine di soddisfare il principio generale di chiarezza e di rappresentazione veritiera e corretta, nonché di garantire l'omogeneità, la confrontabilità ed il consolidamento dei bilanci dei servizi sanitari regionali, sono individuate le modalità di rappresentazione, da parte degli enti di cui all'articolo 19, comma 2, lettera c) e lettera b), punto i), ove ricorrano le condizioni ivi previste, delle seguenti fattispecie:
Omissis
c) i contributi in conto capitale da regione sono rilevati sulla base del provvedimento di assegnazione. I contributi sono iscritti in un'apposita voce di patrimonio netto, con contestuale rilevazione di un credito verso regione. Laddove siano impiegati per l'acquisizione di cespiti ammortizzabili, i contributi vengono successivamente stornati a proventi con un criterio sistematico, commisurato all'ammortamento dei cespiti cui si riferiscono, producendo la sterilizzazione dell'ammortamento stesso. Nel caso di cessione di beni acquisiti tramite contributi in conto capitale con generazione di minusvalenza, viene stornata a provento una quota di contributo commisurata alla minusvalenza. La quota di contributo residua resta iscritta nell'apposita voce di patrimonio netto ed è utilizzata per sterilizzare l'ammortamento dei beni acquisiti con le disponibilità generate dalla dismissione. Nel caso di cessione di beni acquisiti tramite contributi in conto capitale con generazione di plusvalenza, la plusvalenza viene direttamente iscritta in una riserva del patrimonio netto, senza influenzare il risultato economico dell'esercizio. La quota di contributo residua resta iscritta nell'apposita voce di patrimonio netto ed è utilizzata, unitamente alla riserva derivante dalla plusvalenza, per sterilizzare l'ammortamento dei beni acquisiti con le disponibilità generate dalla dismissione. Le presenti disposizioni si applicano anche ai contributi in conto capitale dallo Stato e da altri enti pubblici, a lasciti e donazioni vincolati all'acquisto di immobilizzazioni, nonché a conferimenti, lasciti e donazioni di immobilizzazioni da parte dello Stato, della regione, di altri soggetti pubblici o privati;
Omissis.».
Nota all’articolo 86, comma 2:
Per il testo della lettera c) del comma 1 dell’articolo 29 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 si veda la nota all’articolo 85, comma 1.
Note all’articolo 87, comma 2:
- La legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del servizio sanitario nazionale», (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1978, n. 360) è stata da ultimo modificata dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
Note all’articolo 91 bis, commi 1 e 3, lettera d):
- Il testo vigente dell’articolo 26 della legge 11 agosto 2014, n. 125, recante «Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 28 agosto 2014, n. 199), è il seguente:
«Art. 26. Organizzazioni della società civile ed altri soggetti senza finalità di lucro
1. L'Italia promuove la partecipazione alla cooperazione allo sviluppo delle organizzazioni della società civile e di altri soggetti senza finalità di lucro, sulla base del principio di sussidiarietà.
2. Sono soggetti della cooperazione allo sviluppo le organizzazioni della società civile e gli altri soggetti senza finalità di lucro di seguito elencati:
a) organizzazioni non governative (ONG) specializzate nella cooperazione allo sviluppo e nell'aiuto umanitario;
b) organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) statutariamente finalizzate alla cooperazione allo sviluppo e alla solidarietà internazionale;
c) organizzazioni di commercio equo e solidale, della finanza etica e del microcredito che nel proprio statuto prevedano come finalità prioritaria la cooperazione internazionale allo sviluppo;
d) le organizzazioni e le associazioni delle comunità di immigrati che mantengano con le comunità dei Paesi di origine rapporti di cooperazione e sostegno allo sviluppo o che collaborino con soggetti provvisti dei requisiti di cui al presente articolo e attivi nei Paesi coinvolti;
e) le imprese cooperative e sociali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, qualora i loro statuti prevedano la cooperazione allo sviluppo tra i fini istituzionali;
f) le organizzazioni con sede legale in Italia che godono da almeno quattro anni dello status consultivo presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC).
3. Il Comitato congiunto di cui all'articolo 21 fissa i parametri e i criteri sulla base dei quali vengono verificate le competenze e l'esperienza acquisita nella cooperazione allo sviluppo dalle organizzazioni e dagli altri soggetti di cui al comma 2 del presente articolo che sono iscritti, a seguito di tali verifiche, in apposito elenco pubblicato e aggiornato periodicamente dall'Agenzia. La verifica delle capacità e dell'efficacia dei medesimi soggetti è rinnovata con cadenza almeno biennale.
4. Mediante procedure comparative pubbliche disciplinate dal regolamento di cui all'articolo 17, comma 13, sulla base di requisiti di competenza, esperienza acquisita, capacità, efficacia e trasparenza, l'Agenzia può concedere contributi o affidare la realizzazione di iniziative di cooperazione allo sviluppo ad organizzazioni e a soggetti iscritti nell'elenco di cui al comma 3. Questi ultimi sono tenuti a rendicontare, per via telematica, i progetti beneficiari di contributi concessi dall'Agenzia e le iniziative di cooperazione allo sviluppo la cui realizzazione è stata loro affidata dalla medesima.
5. Le cessioni di beni e le relative prestazioni accessorie effettuate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, nei confronti delle amministrazioni dello Stato e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui al comma 3, destinati ad essere trasportati o spediti fuori dell'Unione europea in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo, sono non imponibili agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.».
Nota all’articolo 92, comma 1:
Per il testo degli articolo 8 quater e 8 quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 94, comma 2, lettera c):
- Il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 «Codice in materia di protezione dei dati personali», (pubblicato
nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 29 luglio 2003, n. 174) è stato da ultimo modificato dal decreto ministeriale 22 ottobre 2015.
- Il regolamento regionale 12 maggio 2006, n. 4, recante «Trattamento dei dati personali, sensibili e giudiziari di competenza della Giunta regionale, delle aziende sanitarie, degli enti ed agenzie regionali e degli enti vigilati dalla Regione» (pubblicato nel s.o. n. 1 al Bollettino ufficiale della Regione 15 maggio 2006, n. 23) è stato abrogato dall'articolo 4, comma 1 del regolamento regionale 30 dicembre 2013, n. 7, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione (ai sensi di quanto stabilito dall'art. 5 dello stesso regolamento).
Note all’articolo 96, commi 1 e 2:
- Per il testo dell’articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il testo vigente dell’articolo 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13, recante «Disciplina generale della programmazione, del bilancio, dell'ordinamento contabile e dei controlli interni della Regione dell'Umbria» (pubblicata nel s.o. al Bollettino ufficiale della Regione 2 marzo 2000, n. 11), è il seguente:
«Art. 5 - Concertazione e partenariato istituzionale e sociale.
1. La Giunta regionale promuove le più ampie forme di concertazione-partenariato istituzionale e sociale ai fini della predisposizione delle proposte di atti di programmazione regionale.
2. Il partenariato sociale si attua, anche con riferimento a esperienze nazionali e comunitarie, attraverso l'istituzione di un tavolo di concertazione a cui partecipano i soggetti indicati all'articolo 4, comma 1. Entro tre mesi dall'inizio di ogni legislatura, la Giunta regionale definisce la composizione del tavolo di concertazione e gli ambiti di attività. Le specifiche sessioni di concertazione vengono precisate d'intesa con le rappresentanze economico-sociali all'inizio di ogni anno. La Giunta regionale, nella definizione delle regole di selezione dei partecipanti, si ispira ai criteri del pluralismo delle istanze, della rappresentatività generale dei soggetti, della specifica competenza tecnica rispetto agli strumenti oggetto di esame partenariale.
3. Il partenariato istituzionale si esplica, per quanto concerne gli enti locali, attraverso le apposite conferenze previste dalla legislazione regionale sugli strumenti di pianificazione urbanistica strategica territoriale regionale e attraverso la concertazione con il Consiglio delle Autonomie locali.
4. Gli altri interlocutori regionali, nazionali e comunitari, di cui all'articolo 4, comma 2, possono essere chiamati a partecipare alle sessioni di partenariato sociale ed istituzionale di cui al presente articolo in ragione delle loro competenze di istituto o con riferimento a specifiche normative.
5. La Giunta regionale attua e promuove la più ampia partecipazione alle istanze di concertazione e partenariato promosse dal Governo e dalle istituzioni dell'Unione Europea. Nell'ambito di tale attività, la Giunta regionale cura i collegamenti con le altre Regioni ai fini della proposizione di istanze e programmi comuni.».
Note all’articolo 99, commi 1 e 2:
La legge regionale 27 novembre 2007, n. 30, recante «Nuova disciplina del Difensore civico regionale. Abrogazione della legge regionale 30 novembre 1995, n. 45», (pubblicata nella ed. straord. del Bollettino ufficiale della Regione 29 novembre 2007, n. 52) è stata da ultimo modificata dalla legge regionale 26 novembre 2015, n. 17.
Nota all’articolo 101, comma 3:
Per il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 si vedano le note all’articolo 94, comma 2, lettera c):
Note all’articolo 102, commi 1, 3 e 4:
Il testo vigente degli articoli 3, 20 e 154, comma 1, lettera g) del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (si vedano le note all’articolo 94, comma 2, lettera c)), è il seguente:
«Art. 3 (Principio di necessità nel trattamento dei dati)
1. I sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l'utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l'interessato solo in caso di necessità.
Art. 20 (Principi applicabili al trattamento di dati sensibili)
2. Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge nella quale sono specificati i tipi di dati che possono essere trattati e di operazioni eseguibili e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite.
3. Nei casi in cui una disposizione di legge specifica la finalità di rilevante interesse pubblico, ma non i tipi di dati sensibili e di operazioni eseguibili, il trattamento è consentito solo in riferimento ai tipi di dati e di operazioni identificati e resi pubblici a cura dei soggetti che ne effettuano il trattamento, in relazione alle specifiche finalità perseguite nei singoli casi e nel rispetto dei principi di cui all'articolo 22, con atto di natura regolamentare adottato in conformità al parere espresso dal Garante ai sensi dell'articolo 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo.
4. Se il trattamento non è previsto espressamente da una disposizione di legge i soggetti pubblici possono richiedere al Garante l'individuazione delle attività, tra quelle demandate ai medesimi soggetti dalla legge, che perseguono finalità di rilevante interesse pubblico e per le quali è conseguentemente autorizzato, ai sensi dell'articolo 26, comma 2, il trattamento dei dati sensibili. Il trattamento è consentito solo se il soggetto pubblico provvede altresì a identificare e rendere pubblici i tipi di dati e di operazioni nei modi di cui al comma 2.
5. L'identificazione dei tipi di dati e di operazioni di cui ai commi 2 e 3 è aggiornata e integrata periodicamente.
Art. 154 (Compiti)
1. Oltre a quanto previsto da specifiche disposizioni, il Garante, anche avvalendosi dell'Ufficio e in conformità al presente codice, ha il compito di:
Omissis
g) esprimere pareri nei casi previsti;
Omissis.».
Nota all’articolo 104, commi 3, lettera a):
- Per il testo dell’articolo 1, comma 18 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 105, comma 3:
Il testo dell’articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 16 giugno 1977, n. 409, recante «Regolamento di esecuzione della L. 2 dicembre 1975, n. 644, recante la disciplina dei prelievi di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 23 luglio 1977, n. 201), è il seguente:
- 11. Il centro regionale o interregionale di riferimento è costituito con provvedimento della regione o delle regioni interessate sulla base della convenzione tra gli enti indicati all'articolo 13 della legge 2 dicembre 1975, n. 644.
Il centro è gestito da un comitato composto dai rappresentanti degli enti convenzionati scelti fra i sanitari che svolgono la propria attività nel campo del trapianto d'organo, integrato da un direttore sanitario e da un funzionario amministrativo ospedalieri designati dalle regioni interessate.».
Note all’articolo 107, commi2, lettera c) e 3:
- Il testo vigente dell’articolo 32, comma 15 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante «Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica» (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 30 dicembre 1997, n. 302), è il seguente:
«ART. 32. (Interventi di razionalizzazione della spesa).
Omissis.
15. Le regioni, nell'ambito della quota del Fondo sanitario nazionale ad esse destinata, autorizzano, d'intesa con il Ministero della sanità, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere ad erogare prestazioni che rientrino in programmi assistenziali, approvati dalle regioni stesse, per alta specializzazione a favore di:
a) cittadini provenienti da Paesi extracomunitari nei quali non esistono o non sono facilmente accessibili competenze medicospecialistiche per il trattamento di specifiche gravi patologie e non sono in vigore accordi di reciprocità relativi all'assistenza sanitaria;
b) cittadini di Paesi la cui particolare situazione contingente non rende attuabili, per ragioni politiche, militari o di altra natura, gli accordi eventualmente esistenti con il Servizio sanitario nazionale per l'assistenza sanitaria.
Omissis.».
- Per il testo dell’articolo 26 della legge 11 agosto 2014, n. 125, si vedano le note all’articolo 91, commi 1 e 3, lettera d).
Note all’articolo 108, commi 1 e 3:
- Per il testo dell’articolo 13 dello Statuto regionale si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, recante «Testo unico delle leggi in materia di
disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza», (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 31 ottobre 1990, n. 255) è stato da ultimo modificato dal decreto ministeriale 1 agosto 2016.
Note all’articolo 109, comma 1:
- La legge 15 ottobre 1990, n. 295, recante «Modifiche ed integrazioni all'articolo 3 del D.L. 30 maggio 1988, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 luglio 1988, n. 291, e successive modificazioni, in materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti» è pubblicata nella Gazzetta ufficiale 20 ottobre 1990, n. 246.
- La legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 17 febbraio 1992, n. 39), è stata da ultimo modificata ed integrata dal decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito con modificazioni con legge 11 agosto 2014, n. 114.
Note all’articolo 110, commi 1 e 2
- Il testo vigente dell’articolo 11 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, recante «Interventi correttivi di finanza pubblica» (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1993, n. 303), è il seguente:
«Art. 11 (Previdenza e assistenza)
1. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede al riordinamento dei procedimenti in materia di invalidità civile, cecità civile e sordomutismo, sulla base dei seguenti criteri:
a) semplificazione dei procedimenti;
b) distinzione del procedimento di accertamento sanitario dal procedimento per la concessione delle provvidenze, con attribuzione della rispettiva competenza alle commissioni mediche di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295, e ai prefetti;
c) soppressione dei comitati provinciali di assistenza e beneficenza pubblica e devoluzione delle funzioni concernenti le provvidenze in favore dei minorati civili ai prefetti;
d) previsione della facoltà dell'invalido convocato per accertamenti sanitari di motivare la propria impossibilità a rispondere e di indicare la data in cui può effettuarsi visita domiciliare.
2. L'abrogazione delle vigenti norme di legge incompatibili con il regolamento di cui al comma 1 ha effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso.
3. In attesa di una organica revisione della materia, le unità sanitarie locali competenti, entro il 30 giugno 1994, informano il prefetto in ordine alla consistenza numerica e allo stato delle domande ancora giacenti per l'ottenimento delle provvidenze di cui al comma 1 e indicano i tempi presuntivi e le misure straordinarie per lo smaltimento dell'arretrato. In caso di inottemperanza il prefetto nomina apposito funzionario. Il prefetto, entro il 30 settembre 1994, invia al Ministero dell'interno apposita relazione riassuntiva circa lo stato amministrativo delle pratiche inerenti l'erogazione delle provvidenze.
[4. Abrogato]
5. Con decorrenza dal 1° gennaio 1994, ferma restando la vigente disciplina in materia di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed assistenziali, spetta, per quelle di importo pari o inferiore a lire 1.000.000 lorde mensili, un ulteriore aumento corrispondente allo scostamento tra il valore di 3,5 punti percentuali di cui all'art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, e il valore accertato della variazione dell'indice medio annuo dei prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati calcolato dall'ISTAT per l'anno 1993 rispetto all'anno precedente. Le pensioni il cui ammontare risulti compreso tra lire 1.000.000 lorde mensili e tale importo maggiorato del predetto aumento sono aumentate fino a raggiungere l'importo maggiorato. Con decorrenza dalla predetta data del 1° gennaio 1994 è corrispondentemente aumentato l'importo mensile del trattamento minimo di pensione. Per l'anno 1994, a decorrere dal 1° luglio, sono attribuiti gli aumenti dei trattamenti pensionistici di cui all'art. 1, comma 9-quater, del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1991, n. 59.
6. La disposizione di cui all'art. 3, comma 4, del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1991, n. 59, va interpretata nel senso che anche per le pensioni ivi previste, ai fini del mantenimento del maggiore trattamento in godimento, si applica lo stesso criterio stabilito per le pensioni del regime generale dall'art. 1, comma 8, del predetto decreto-legge, n. 409 del 1990.
7. Salvo quanto disposto al comma 5, ultimo periodo, la decorrenza degli aumenti dei trattamenti pensionistici stabilita dall'anno 1994, ai sensi degli articoli 1, comma 9, 9-bis, 9-ter e 9-quater; 2-bis, comma 3; e 3, comma 3, del decreto-legge 22 dicembre 1990, n. 409, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1991, n. 59, è differita all'anno 1995. Conseguentemente, i termini del 1° gennaio 1994 e del 31 dicembre 1993, di cui, rispettivamente, ai commi 3 e 4 dell'art. 5 del predetto decreto-legge, n. 409 del 1990, sono differiti al 1° gennaio 1995 e al 31 dicembre 1994.
8. I termini del 1° maggio e del 1° novembre, di cui all'art. 1, comma 2-bis, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, sono rispettivamente fissati al 1° luglio ed al 1° gennaio dell'anno successivo, fatta esclusione per i lavoratori che hanno maturato i requisiti per il diritto alla pensione di anzianità nel corso del 1993 e ne ottengono il trattamento con decorrenza entro il 1994, per i quali continuano ad operare i termini previsti dal predetto art. 1, comma 2-bis. (110)
9. Il comma 6 dell'art. 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, è sostituito dai seguenti:
"6. Le pensioni di anzianità a carico dell'assicurazione generale dei lavoratori dipendenti e delle forme di essa sostitutive, nonché i trattamenti anticipati di anzianità delle forme esclusive con esclusione delle eccezioni di cui all'art. 10 del decreto-legge 28 febbraio 1986, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 1986, n. 120, in relazione alle quali trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 3 e 4 del presente articolo, non sono cumulabili con redditi da lavoro dipendente nella loro interezza, e con i redditi da lavoro autonomo nella misura per essi prevista al comma 1 ed il loro conseguimento è subordinato alla risoluzione del rapporto di lavoro.
6-bis. Le quote delle pensioni di anzianità a carico delle gestioni previdenziali degli artigiani, degli esercenti attività commerciali e dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, eccedenti l'ammontare corrispondente al trattamento minimo vigente nelle rispettive gestioni, non sono cumulabili con il reddito da lavoro autonomo nella misura del 50 per cento fino a concorrenza del reddito stesso, senza obbligo di cancellazione dagli elenchi previdenziali ed assistenziali. Le predette pensioni sono incumulabili nella loro interezza con i redditi da lavoro dipendente".
10. Il comma 8 dell'art. 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, è sostituito dal seguente:
"8. Ai lavoratori che alla data del 31 dicembre 1994 sono titolari di pensione, ovvero hanno raggiunto i requisiti contributivi minimi per la liquidazione della pensione di vecchiaia o di anzianità, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla previgente normativa, se più favorevole".
[11. Abrogato]
[12. Abrogato]
[13. Abrogato ]
[14. Abrogato ]
[15. Abrogato ]
16. Con effetto dal 1° gennaio 1994, fermi restando i requisiti concessivi prescritti dalla vigente normativa in materia di pensionamento anticipato rispetto all'età stabilita per la cessazione dal servizio ovvero per il collocamento a riposo d'ufficio, nei confronti di coloro che conseguono il diritto a pensione anticipata con un'anzianità contributiva inferiore a trentacinque anni, escluse le cause di cessazione dal servizio per invalidità, l'importo del relativo trattamento pensionistico, ivi compresa l'indennità integrativa speciale, è ridotto in proporzione agli anni mancanti al raggiungimento del predetto requisito contributivo, secondo le percentuali di cui alla allegata Tabella A.
17. Per il 1994 il termine del 1° settembre, di cui all'articolo 1, comma 2-ter, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, è fissato a tutti gli effetti al 24 dicembre. Per il personale ispettivo, direttivo, docente e amministrativo tecnico ausiliario (A.T.A.) della scuola il predetto termine rimane immutato, mentre per il personale delle accademie di belle arti e d'arte drammatica e per i conservatori di musica il termine stesso è fissato al 1° novembre e per quello dell'Accademia nazionale di danza al 1° ottobre.
18. Le disposizioni di cui al comma 16 si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, nonché alle altre categorie di dipendenti iscritte alle predette forme di previdenza, esclusi i soggetti la cui domanda di pensionamento sia stata accolta prima del 15 ottobre 1993 dalle competenti amministrazioni.
19. E' fatta salva, per coloro che abbiano presentato domanda di collocamento in pensione successivamente al 31 dicembre 1992 e che ne facciano domanda entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la possibilità di revocarla ovvero, qualora cessati dal servizio, di essere riammessi con la qualifica e con l'anzianità di servizio maturata all'atto del collocamento a riposo, con facoltà di riscattare il periodo scoperto ai fini della previdenza e della quiescenza secondo aggiornati criteri attuariali.
20. I competenti organi dell'Amministrazione devono deliberare sulle domande di revoca delle dimissioni ovvero sulle domande di riassunzione entro trenta giorni dalla loro presentazione da parte degli interessati.
21. I dipendenti di enti pubblici iscritti a fondi esclusivi utilizzati per distacchi sindacali non retribuiti hanno facoltà di mantenere l'iscrizione a detti fondi con onere contributivo a carico dell'assicurato anche per la parte di competenza dell'ente qualora questo sia tenuto alla contribuzione.
22. L'art. 6, commi 5, 6 e 7, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, si interpreta nel senso che nel caso di concorso di due o più pensioni integrate al trattamento minimo, liquidate con decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge, il trattamento minimo spetta su una sola delle pensioni, come individuata secondo i criteri previsti al comma 3 dello stesso articolo, mentre l'altra o le altre pensioni spettano nell'importo a calcolo senza alcuna integrazione.
23. La disposizione dell'art. 7, comma 4, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160 e successive modificazioni, si interpreta nel senso che ai lavoratori agricoli aventi diritto ai trattamenti speciali di disoccupazione di cui agli articoli 25 della legge 8 agosto 1972, n. 457, e 7 della legge 16 febbraio 1977, n. 37, l'indennità ordinaria di disoccupazione per le giornate eccedenti quelle di trattamento speciale è dovuta nella misura fissa di lire 800 giornaliere. A decorrere dal 1° gennaio 1993, ai lavoratori agricoli aventi diritto ai trattamenti speciali di disoccupazione non è dovuta l'indennità ordinaria di disoccupazione per le giornate eccedenti le novanta di trattamento speciale. Per i predetti lavoratori le giornate accreditatoli ai fini pensionistici sono calcolate sulla base della vigente disciplina ancorché si tratti di giornate non lavorate nè indennizzate.
24. Nel comma 1 dell'art. 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, alla fine del primo periodo, sono inserite le seguenti parole: ", entro determinati tetti stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro".
25. Ai fini dell'applicazione dell'art. 1 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, il periodo di preavviso previsto alla lettera c) del comma 2 del predetto art. 1, per le domande di cessazione dal servizio presentate anteriormente al 19 settembre 1992, inizia a decorrere dalla data di presentazione delle domande stesse.
26. La disposizione contenuta nel comma 1 dell'art. 32 della legge 12 aprile 1991, n. 136, deve essere interpretata nel senso che l'iscrizione all'Ente nazionale di previdenza e assistenza per i veterinari (ENPAV) non è più obbligatoria soltanto per i veterinari che si iscrivono per la prima volta agli albi professionali successivamente alla data di entrata in vigore della predetta legge e che si trovano nelle condizioni previste dal comma 2 dell'art. 24 della medesima; i provvedimenti di cancellazione adottati dall'Ente nei confronti di veterinari, già obbligatoriamente iscritti all'Ente stesso in forza della precedente normativa, sono nulli di diritto. Gli obblighi relativi al pagamento dei contributi e alla comunicazione di cui all'art. 19 della citata legge n. 136 del 1991, dovuti per il periodo successivo al provvedimento di cancellazione debbono essere adempiuti, salvo il caso di scadenza posteriore, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino al medesimo termine, per i contributi e le comunicazioni relative al predetto periodo non si applicano le sanzioni, le maggiorazioni e gli interessi di mora di cui agli articoli 19 e 20 della citata legge n. 136 del 1991.
27. In attesa di un'organica revisione del sistema di finanziamento della previdenza sociale in agricoltura e del sistema delle agevolazioni contributive per le imprese agricole, il comma 5 dell'art. 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67 e successive modificazioni, è sostituito dai seguenti: "5. I premi ed i contributi relativi alle gestioni previdenziali ed assistenziali, dovuti dai datori di lavoro agricolo per il proprio personale dipendente, occupato a tempo indeterminato e a tempo determinato nei territori montani di cui all'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, sono fissati nella misura del 20 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 25 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1995 e del 30 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996. I predetti premi e contributi dovuti dai datori di lavoro agricolo operanti nelle zone agricole svantaggiate, delimitate ai sensi dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, sono fissati nella misura del 30 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 40 per cento a decorrere dal 15 ottobre 1995, del 60 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996.
5-bis. Le agevolazioni di cui al comma 5 non spettano ai datori di lavoro agricolo per i lavoratori occupati in violazione delle norme sul collocamento.
5-ter. Le agevolazioni di cui al comma 5 si applicano soltanto sulla quota a carico del datore di lavoro" .
28. La riduzione contributiva di cui all'art. 14, comma 1, della legge 1° marzo 1984, n. 64, come sostituito dal comma 5 dell'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 48, fermi restando i limiti di durata ivi previsti, è fissata nella misura del 40 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1994, del 30 per cento a decorrere dal 15 ottobre 1995 e del 20 per cento a decorrere dal 1° ottobre 1996. Alla riduzione contributiva si applicano le disposizioni di cui all'art. 6, commi 9 e 13, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389 e successive modificazioni e integrazioni. Gli oneri di cui al comma 5 dell'art. 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67, come sostituito dal comma 27 del presente articolo, e gli oneri di cui al presente comma sono posti a carico dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 30.
29. Sono abrogati gli articoli 17 e 18 del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375.
30. Le maggiori agevolazioni e le riduzioni contributive di cui ai commi 27 e 28 sono poste a carico delle autorizzazioni di spesa di cui all'art. 1 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488.
31. Per fronteggiare l'emergenza occupazionale è istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale un fondo per l'occupazione, con una dotazione di lire 580 miliardi per il 1994 e di lire 330 miliardi a decorrere dal 1995. Il fondo è destinato agli interventi da definirsi con decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro; gli interventi possono riguardare anche le finalità di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44 e successive modificazioni, il cui ambito di applicazione è esteso a tutte le aree depresse. Al relativo onere si provvede mediante utilizzo dei proventi assicurati dal comma 34 del presente articolo.
32. La somma di lire 580 miliardi, prevista al comma 31 è integrata di lire 50 miliardi, destinati ad incentivi alle assunzioni di giovani dai diciotto ai trentadue anni di età da parte di piccole imprese ed imprese artigiane, ubicate nei territori di cui all'obiettivo 1 del regolamento (CEE) n. 2052/88 del Consiglio, del 24 giugno 1988.
33. L'autorizzazione di spesa recata dall'art. 38 della legge 24 aprile 1980, n. 146, è ridotta, per l'anno 1994, di lire 50 miliardi.
34. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle finanze determina i criteri e le modalità di effettuazione di ogni lotteria nazionale ad estrazione istantanea, sulla base delle disposizioni contenute nella legge 26 marzo 1990, n. 62, e del regolamento adottato con decreto del Ministro delle finanze 12 febbraio 1991, n. 183.
35. Al comma 1 dell'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, è aggiunto in fine, il seguente periodo: "Le stesse sanzioni si applicano a chiunque venda sul territorio nazionale, senza autorizzazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, biglietti di lotterie o di analoghe manifestazioni di sorte di Stati esteri, nonché a chiunque partecipi a tali operazioni mediante la raccolta di prenotazione di giocate e l'accreditamento delle relative vincite".
36. Il comma 2 dell'art. 6 della legge 26 marzo 1990, n. 62, è sostituito dal seguente: "2. Per la distribuzione e la vendita dei biglietti delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea si applicano le norme vigenti in materia di distribuzione e di vendita dei biglietti delle lotterie nazionali tradizionali".
37. Il periodo temporale di durata del Fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione, istituito con l'art. 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49 e successive modificazioni, è prorogato sino al completo impiego delle risorse disponibili nel Fondo stesso.
38. All'art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, capoverso 1, lettera b), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Per i lavoratori andati in pensione successivamente al 31 dicembre 1993 e fino al 31 dicembre 1994, il predetto limite di reddito è elevato a cinque volte il trattamento minimo";
b) al comma 2, le parole: "31 dicembre 1992" sono sostituite dalle seguenti: "31 dicembre 1993".
39. Le pensioni a carico dell'Istituto nazionale di previdenza per i dirigenti di aziende industriali (INPDAI) (112) , su proposta del suddetto Istituto, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della categoria interessata, saranno rivalutate, con effetto dal 1° luglio 1994, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tale rivalutazione dovrà essere effettuata in base a criteri compatibili con l'equilibrio finanziario dell'Istituto, quale risulta una volta detratti gli importi di cui all'art. 12, comma 1, del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243. I relativi oneri saranno posti ad esclusivo carico della gestione INPDAI.».
- La legge 25 febbraio 1992, n. 210, recante «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati», (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 6 marzo 1992, n. 55) è stata da ultimo modificata ed integrata dalla legge 25 luglio 1997, n. 238.
- - Il testo dell’articolo 3, comma 3 della legge 14 ottobre 1999, n. 362, recante «Disposizioni urgenti in materia
sanitaria» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 20 ottobre 1999, n. 247), è il seguente:
«3. Interventi per la prevenzione e cura della fibrosi cistica, per gli indennizzi ai soggetti danneggiati da vaccinazioni, trasfusioni ed emoderivati e per la proroga del programma cooperativo italo-americano sulla terapia dei tumori.
Omissis.
3. L'indennizzo di cui al comma 1 dell'articolo 1 della legge 25 febbraio 1992, n. 210, spetta, alle condizioni ivi stabilite, anche a coloro che si siano sottoposti a vaccinazione antipoliomelitica non obbligatoria nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n.695. I soggetti danneggiati devono presentare la domanda alla azienda unità sanitaria locale competente, entro il termine perentorio di quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Omissis.».
Note all’articolo 111, commi 2, lettere a) e b) e 3:
- La legge 27 maggio 1970, n. 382, recante «Disposizioni in materia di assistenza ai ciechi civili», (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 23 giugno 1970, n. 156), è stata da ultimo modificata ed integrata dalla legge legge 26 maggio 1975, n. 165.
- La legge 26 maggio 1970, n. 381, recante «Aumento del contributo ordinario dello Stato a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti», pubblicata nella Gazzetta ufficiale 23 giugno 1970, n. 156 è stata modificata in integrata dal decreto legge 23 dicembre 1976, n. 850 e dalla legge 20 febbraio 2006, n. 95.
- Il testo vigente dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (si vedano le note all’articolo 109, comma 1), è il seguente:
«Art. 3 (Soggetti aventi diritto)
1. E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.».
Note all’articolo 112, commi 3 e 9:
- Il testo dell’articolo 1, comma 3 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, (si vedano le note all’articolo 109, comma 1), è il seguente:
« Omissis.
3. Le commissioni di cui al comma 2 sono di volta in volta integrate con un sanitario in rappresentanza, rispettivamente, dell'Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili, dell'Unione italiana ciechi, dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e dell'Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali, ogni qualvolta devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie.
Omissis.».
- - Il testo vigente dell’articolo 20 del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78, recante «Provvedimenti anticrisi,
nonché proroga di termini» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 1° luglio 2009, n. 150), convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1 della legge 3 agosto 2009, n. 102, è il seguente:
«Art. 20. Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile
1. A decorrere dal 1° gennaio 2010 ai fini degli accertamenti sanitari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità le Commissioni mediche delle Aziende sanitarie locali sono integrate da un medico dell'INPS quale componente effettivo. In ogni caso l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS. Ai fini dell'attuazione del presente articolo l'INPS medesimo si avvale delle proprie risorse umane, finanziarie e strumentali, anche attraverso una razionalizzazione delle stesse, come integrate ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 marzo 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 26 maggio 2007, concernente il trasferimento delle competenze residue dal Ministero dell'economia e delle finanze all'INPS.
2. L'INPS accerta altresì la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. In caso di comprovata insussistenza dei prescritti requisiti sanitari, si applica l'articolo 5, comma 5 del Regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1994, n. 698. Per il triennio 2010-2012 l'INPS effettua, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche per l'anno 2010 e di 250.000 verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile.
3. A decorrere dal 1° gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all'INPS, secondo modalità stabilite dall'ente medesimo. L'Istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle Aziende Sanitarie Locali. (166)
4. Con accordo quadro tra il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da concludere entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono disciplinate le modalità attraverso le quali sono affidate all'INPS le attività relative all'esercizio delle funzioni concessone nei procedimenti di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Nei sessanta giorni successivi, le regioni stipulano con l'INPS apposita convenzione che regola gli aspetti tecnico-procedurali dei flussi informativi necessari per la gestione del procedimento per l'erogazione dei trattamenti connessi allo stato di invalidità civile.
5. All'articolo 10, comma 6, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n.
248, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel primo periodo è soppressa la parola «anche»;
b) nel secondo periodo sono soppresse le parole «sia presso gli uffici dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'articolo 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, sia»;
c) nel terzo periodo sono soppresse le parole «è litisconsorte necessario ai sensi dell'articolo 102 del codice di procedura civile e».
5-bis. Dopo il comma 6 dell’ articolo 10 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, come modificato dal comma 5 del presente articolo, è inserito il seguente:
d) -bis. Nei procedimenti giurisdizionali civili relativi a prestazioni sanitarie previdenziali ed assistenziali, nel caso in cui il giudice nomini un consulente tecnico d'ufficio, alle indagini assiste un medico legale dell'ente, su richiesta, formulata, a pena di nullità, del consulente nominato dal giudice, il quale provvede ad inviare apposita comunicazione al direttore della sede provinciale dell'INPS competente. Al predetto componente competono le facoltà indicate nel secondo comma dell'articolo 194 del codice di procedura civile. Nell'ipotesi di sentenze di condanna relative a ricorsi depositati a far data dal 1° aprile 2007 a carico del Ministero dell'Economia e delle Finanze o del medesimo in solido con l'INPS, all'onere delle spese legali, di consulenza tecnica o del beneficio assistenziale provvede comunque l'INPS.».
e) Entro trenta giorni dall'entrata in vigore delle presenti disposizioni, è nominata dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze una Commissione con il compito di aggiornare le tabelle indicative delle percentuali dell'invalidità civile, già approvate con decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992, e successive modificazioni. Lo schema di decreto che apporta le eventuali modifiche alle tabelle in attuazione del presente comma è trasmesso alle Camere per il parere delle Commissioni competenti per materia. Dalla attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.».
- La legge 3 agosto 2009, n. 102, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali», è pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 4 agosto 2009, n. 179.
Nota all’articolo 115, comma 1:
Per il testo dell’articolo 20 del decreto legge 1 luglio 2009, n. 78 si vedano le note all’articolo 112, commi 3 e 9.
Note all’articolo 116, comma 1:
Il testo vigente dell’articolo 130, comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 21 aprile 1998, n. 92), è il seguente:
«Art. 130. Trasferimenti di competenze relative agli invalidi civili
Omissis.
2. Le funzioni di concessione dei nuovi trattamenti economici a favore degli invalidi civili sono trasferite alle regioni, che, secondo il criterio di integrale copertura, provvedono con risorse proprie alla eventuale concessione di benefici aggiuntivi rispetto a quelli determinati con legge dello Stato, per tutto il territorio nazionale.
Omissis.»
Note all’articolo 117, commi 1,1 ter, lettere a) e b)2e 3:
- Per il testo dell’articolo 8 ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, recante «Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private.» è pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 20 febbraio 1997, n. 42.
- Il testo vigente dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 18 agosto 1990, n. 192), è il seguente:
«Art. 19 Segnalazione certificata di inizio attività - Scia
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’ articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell’amministrazione.
2. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata, anche nei casi di cui all'articolo 19-bis, comma 2, dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente.
3. L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata. Con lo stesso atto motivato, in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell'interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, l'amministrazione dispone la sospensione dell'attività intrapresa. L'atto motivato interrompe il termine di cui al primo periodo, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l'adozione delle suddette misure. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata.
4. Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies.
4-bis. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
[5. Abrogato ]
6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni.
6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali.
6-ter. La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.».
Note all’articolo 118, commi 1 e 2:
- Per il testo dell’articolo 8 quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
- Il regolamento regionale 31 luglio 2002, n. 3, recante «Disciplina in materia di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e socio-sanitarie» è pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione 14 agosto 2002, n. 36.
Note all’articolo 130, commi 1 e 4:
Il testo degli articoli 29 e 77 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, recante « Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 2006/117/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, 2009/71/Euratom in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari e 2011/70/Euratom in materia di gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi derivanti da attività civili» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 13 giugno 1995, n. 136), è il seguente:
«29. Impiego di categoria B.
1. L'impiego di categoria B è soggetto a nulla osta preventivo in relazione all'idoneità dell'ubicazione dei locali, dei mezzi di radioprotezione, delle modalità di esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale addetto, alle conseguenze di eventuali incidenti nonché delle modalità dell'eventuale allontanamento o smaltimento nell'ambiente di rifiuti radioattivi.
2. Con leggi delle regioni e delle province autonome, da emanarsi entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 27, sono stabilite le autorità competenti per il rilascio del nulla osta di cui al comma 1, per le attività comportanti esposizioni a scopo medico, nonché le modalità per il rilascio medesimo, e sono individuati o costituiti gli organismi tecnici da consultare ai fini del rilascio di detto nulla osta; in tali organismi debbono essere rappresentate le competenze necessarie, inclusa quella del Comando provinciale dei vigili del fuoco. Negli altri casi il nulla osta è rilasciato dal prefetto, sentiti i competenti organismi tecnici, tra i quali il Comando provinciale dei vigili del fuoco. Copia del nulla osta viene inviata all'ANPA.
3. Nel nulla osta, rilasciato sulla base della documentazione tecnica presentata, possono essere stabilite particolari prescrizioni, per le prove e per l'esercizio.
77. Esperti qualificati.
1. Il datore di lavoro deve assicurare la sorveglianza fisica per mezzo di esperti qualificati.
2. Il datore di lavoro deve comunicare all'Ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio e, per le attività estrattive, anche all'ingegnere capo dell'ufficio periferico competente per territorio, i nominativi degli esperti qualificati prescelti, allegando altresì la dichiarazione di accettazione dell'incarico.
3. È consentito che mansioni strettamente esecutive, inerenti alla sorveglianza fisica della protezione contro le radiazioni, siano affidate dal datore di lavoro a personale non provvisto dell'abilitazione di cui all'articolo 78, scelto d'intesa con l'esperto qualificato e che operi secondo le direttive e sotto la responsabilità dell'esperto qualificato stesso.
4. Il datore di lavoro è tenuto a fornire i mezzi e le informazioni, nonché ad assicurare le condizioni necessarie all'esperto qualificato per lo svolgimento dei suoi compiti.
5. Le funzioni di esperto qualificato non possono essere assolte dalla persona fisica del datore di lavoro né dai dirigenti che eserciscono e dirigono l'attività disciplinata, né dai preposti che ad essa sovrintendono, né dagli addetti alla vigilanza di cui all'articolo 59, comma 2.».
Note all’articolo 131, commi 1, lettere b) e c), 2, lettere a) b) e d) e 3:
- Per il testo dell’articolo 29 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 si vedano le note all’articolo 130, commi 1 e 4.
- Il testo vigente degli articolo 28, 78 e 88 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (si vedano le note all’articolo 130, commi 1 e 4) è il seguente:
- 28. Impiego di categoria A.
1. L'impiego di categoria A è soggetto a nulla osta preventivo da parte del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato di concerto con i Ministeri dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della sanità, sentite l'ANPA e le regioni territorialmente competenti, in relazione all'ubicazione delle installazioni, all'idoneità dei locali, delle strutture di radioprotezione, delle modalità di esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale addetto, alle conseguenze di eventuali incidenti nonché delle modalità dell'eventuale allontanamento o smaltimento nell'ambiente dei rifiuti radioattivi. Copia del nulla osta è inviata dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ai ministeri concertanti, al presidente della regione o provincia autonoma interessata, al sindaco, al prefetto, al comando provinciale dei vigili del fuoco competenti per territorio e all'ANPA.
2. Nel nulla osta possono essere stabilite particolari prescrizioni per gli aspetti connessi alla costruzione, per le prove e per l'esercizio, nonché per l'eventuale disattivazione degli impianti.
78. Abilitazione degli esperti qualificati: elenco nominativo.
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, è istituito, presso l'Ispettorato medico centrale del lavoro, un elenco nominativo degli esperti qualificati, ripartito secondo i seguenti gradi di abilitazione:
a) abilitazione di primo grado, per la sorveglianza fisica delle sorgenti costituite da apparecchi radiologici che accelerano elettroni con tensione massima, applicata al tubo, inferiore a 400 KeV;
b) abilitazione di secondo grado, per la sorveglianza fisica delle sorgenti costituite da macchine radiogene con energia degli elettroni accelerati compresa tra 400 keV e 10 MeV, o da materie radioattive, incluse le sorgenti di neutroni la cui produzione media nel tempo, su tutto l'angolo solido, sia non superiore a 104 neutroni al secondo;
c) abilitazione di terzo grado, per la sorveglianza fisica degli impianti come definiti all'articolo 7 del capo II del presente decreto e delle altre sorgenti di radiazioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b).
2. L'abilitazione di grado superiore comprende quelle di grado inferiore.
3. Con lo stesso decreto di cui al comma 1, sentita l'ANPA, sono stabiliti i titoli di studio e la qualificazione professionale, nonché le modalità per la formazione professionale, per l'accertamento della capacità tecnica e professionale richiesta per l'iscrizione nell'elenco di cui al comma 1 e per l'eventuale sospensione o cancellazione dal medesimo, fermo restando quanto stabilito all'articolo 93 per i casi di inosservanza dei compiti.
88. Elenco dei medici autorizzati.
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, istituito, presso l'Ispettorato medico centrale del lavoro, un elenco nominativo dei medici autorizzati.
2. All'elenco possono essere iscritti, su domanda, i medici competenti ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 che abbiano i requisiti stabiliti ai sensi del comma 3 e che dimostrino di essere in possesso della capacità tecnica e professionale necessaria per lo svolgimento dei compiti inerenti alla sorveglianza medica della protezione dei lavoratori di categoria A.
3. Con lo stesso decreto di cui al comma 1, sentita l'ANPA, sono stabiliti i requisiti per l'iscrizione all'elenco e le modalità per la formazione professionale, per l'accertamento della capacità tecnica e professionale e per l'iscrizione all'elenco stesso, nonché per l'eventuale sospensione o cancellazione da esso, fermo restando quanto stabilito all'articolo 93 per i casi di inosservanza dei compiti.».
- Il testo dell’articolo 2, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 187, recante «Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 7 luglio 2000, n. 157), è il seguente:
«2. Definizioni.
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
Omissis.
1) esperto in fisica medica: una persona esperta nella fisica o nella tecnologia delle radiazioni applicata alle esposizioni che rientrano nel campo di applicazione del presente decreto legislativo, con una formazione ai sensi dell'articolo 7, comma 5, e che, se del caso, agisce o consiglia sulla dosimetria dei pazienti, sullo sviluppo e l'impiego di tecniche e attrezzature complesse, sull'ottimizzazione, sulla garanzia di qualità, compreso il controllo della qualità, e su altri problemi riguardanti la radioprotezione relativa alle esposizioni che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva;
Omissis.».
Nota all’articolo 134, comma 1:
Per il testo dell’articolo 77 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, si vedano le note all’articolo 130, commi 1 e 4.
Note all’articolo 135, commi 2 e 5:
- Per il testo dell’articolo 77 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, si vedano le note all’articolo 130, commi 1 e 4.
- Il testo dell’articolo 35 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230 (si vedano le note all’articolo 130, commi 1 e 4), è il seguente:
«35. Sospensione e revoca dei provvedimenti autorizzativi.
1. Fatti salvi i provvedimenti cautelari ed urgenti a tutela della salute pubblica, dei lavoratori o dell'ambiente, le amministrazioni titolari del potere di emanare i provvedimenti autorizzativi di cui al presente capo, quando siano riscontrate violazioni gravi o reiterate delle disposizioni del presente decreto o delle prescrizioni autorizzatone, possono disporre la sospensione dell'attività per un periodo di tempo non superiore a sei mesi ovvero, nei casi di particolare gravità, possono disporre la revoca del provvedimento autorizzativo.
2. Ai fini della sospensione o della revoca di cui al comma precedente, le amministrazioni incaricate della vigilanza comunicano alle amministrazioni titolari del potere autorizzativo le violazioni gravi o ripetute risultanti dalla vigilanza stessa.
3. Le amministrazioni di cui al comma 1, prima di disporre i provvedimenti di sospensione o di revoca, contestano all'esercente le violazioni rilevate e gli assegnano un termine di sessanta giorni per produrre le proprie giustificazioni.
4. In ordine all'adozione dei predetti provvedimenti di sospensione o di revoca, per quanto attiene alla fondatezza delle giustificazioni prodotte, deve essere acquisito il parere degli organi tecnici intervenuti in fase di emanazione dei provvedimenti autorizzativi.
5. I provvedimenti di sospensione o di revoca non possono essere adottati decorsi sei mesi dalla presentazione delle giustificazioni da parte dell'esercente.».
Note all’articolo 136, comma 1:
Per il testo dell’articolo 59, comma 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n 230 (si vedano le note all’articolo 130, commi 1 e 4)
«59. Attività disciplinate - Vigilanza.
Omissis.
2. La vigilanza per la tutela dai rischi da radiazioni dei lavoratori addetti alle attività di cui al comma 1 è affidata, oltre che all'ANPA, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la esercita a mezzo dell'Ispettorato del lavoro e, nel caso di macchine radiogene, agli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio.
Omissis.».
Nota all’articolo 150, comma 2:
- Il testo dell’articolo 6, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1992, repubblica «Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per l'attivazione dei posti di assistenza a ciclo diurno negli ospedali» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 22 ottobre 1992, n. 249), è il seguente:
«6. Prestazioni specialistiche e farmaci.
1. In relazione alla sostanziale equivalenza delle attività prestate nei posti letto di assistenza ospedaliera diurna con le attività di ricovero ordinario e avuto riguardo alle connessioni esistenti tra i trattamenti praticati nei due regimi, le prestazioni specialistiche di diagnostica strumentale e di laboratorio e le somministrazioni di farmaci nell'assistenza ospedaliera diurna non sono soggette alla partecipazione alla spesa da parte dell'assistito. Nell'ambito dei cicli di cura programmati, possono essere concessi dall'ospedale anche eventuali farmaci che l'assistito debba assumere al proprio domicilio, ivi compresi quelli autorizzati per il solo uso ospedaliero.
Omissis..».
Note all’articolo 153, comma 1:
- La legge 21 ottobre 2005, n. 219, recante «Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati», (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 27 ottobre 2005, n. 251) è stata da ultimo modificata dal decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni con legge 8 novembre 2012, n. 189..
- L’Accordo 13 ottobre 2011, n. 206/CSR, emanato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, recante «Accordo, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 21 ottobre 2005, n. 219, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul documento relativo a «Caratteristiche e funzioni delle Strutture regionali di coordinamento (SRC) per le attività trasfusionali» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 7 dicembre 2011, n. 285.
Note all’articolo 154, comma 2:
- Il testo degli articoli 6, comma 1 e 7 della legge 21 ottobre 2005, n. 219 (si vedano le note all’articolo 153, comma 1), è il seguente:
«6. Princìpi generali per l'organizzazione delle attività trasfusionali.
1. Con uno o più accordi tra Governo, regioni e province autonome sanciti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi degli articoli 2, comma 1, lettera b), e 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:
Omissis
b) viene adottato uno schema tipo per la stipula di convenzioni con le associazioni e federazioni di donatori di sangue per permettere la partecipazione delle stesse alle attività trasfusionali. Lo schema tipo di convenzione individua anche le tariffe di rimborso delle attività associative uniformi su tutto il territorio nazionale. Viene comunque garantita alle associazioni e federazioni di donatori di sangue la più ampia partecipazione alla definizione dell'accordo ed alla programmazione regionale e locale delle attività trasfusionali;
Omissis
7. Associazioni e federazioni di donatori.
1. Lo Stato riconosce la funzione civica e sociale ed i valori umani e solidaristici che si esprimono nella donazione volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita del sangue e dei suoi componenti.
2. Le associazioni di donatori volontari di sangue e le relative federazioni concorrono ai fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale attraverso la promozione e lo sviluppo della donazione organizzata di sangue e la tutela dei donatori.
3. Rientrano tra le associazioni e le federazioni di cui al comma 2 quelle il cui statuto corrisponde alle finalità della presente legge, secondo le indicazioni fissate dal Ministro della salute con proprio decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Consulta.
4. Le associazioni di donatori di cui al presente articolo, convenzionate ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera b), possono organizzare e gestire singolarmente, o in forma aggregata, unità di raccolta previa autorizzazione della regione competente e in conformità alle esigenze indicate dalla programmazione sanitaria regionale.
5. La chiamata alla donazione è attuata dalle associazioni di donatori volontari di sangue e dalle relative federazioni, convenzionate ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera b), secondo una programmazione definita di intesa con la struttura trasfusionale territorialmente competente.
6. Qualora le regioni non abbiano provveduto alla stipula delle convenzioni di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b), entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentita la Consulta, previa diffida alle regioni inadempienti a provvedere entro tre mesi, attiva i poteri sostitutivi, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione di cui all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione.
7. Le associazioni di donatori volontari di sangue e le relative federazioni sono tenute a comunicare alle strutture trasfusionali competenti gli elenchi dei propri donatori iscritti.
8. Le strutture trasfusionali sono obbligate alla corretta tenuta e all'aggiornamento degli schedari dei donatori afferenti.».
Nota all’articolo 156, comma 1:
Per il testo dell’articolo 13 dello Statuto regionale si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 158, comma 3:
Il testo dell’articolo 27 della legge 26 giugno 1990, n. 162, recante «Aggiornamento, modifiche ed integrazioni della L. 22 dicembre 1975, n. 685, recante disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza» (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 26 giugno 1990, numero 147), è il seguente:
«27. 1. In attesa di un riordino della normativa riguardante i servizi sociali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determina con proprio decreto l'organico e le caratteristiche organizzative e funzionali dei servizi per le tossicodipendenze da istituire presso ogni unità sanitaria locale.
2. Il decreto dovrà uniformarsi ai seguenti criteri direttivi:
a) l'organico dei servizi deve prevedere le figure professionali del medico, dello psicologo dell'assistente sociale, dell'infermiere, dell'educatore professionale e di comunità in numero necessario a svolgere attività di prevenzione, di cura e di riabilitazione, anche domiciliari e ambulatoriali;
b) il servizio deve svolgere un'attività nell'arco completo delle ventiquattro ore e deve coordinare gli interventi relativi al trattamento della sieropositività nei tossicodipendenze, anche in relazione alle problematiche della sessualità, della procreazione e della gravidanza, operando anche in collegamento con i consultori familiari, con particolare riguardo alla trasmissione madre-figlio della infezione da HIV.
3. Entro sessanta giorni dall'emanazione del decreto di cui al comma 1, in ogni unità sanitaria locale è istituito almeno un servizio per le tossicodipendenze in conformità alle disposizioni del citato decreto. Qualora le unità sanitarie locali non provvedano entro il termine indicato, il presidente della giunta regionale nomina un commissario ad acta il quale istituisce il servizio reperendo il personale necessario anche in deroga alle normative vigenti sulle assunzioni, sui trasferimenti e sugli inquadramenti. Qualora entro i successivi trenta giorni dal termine di cui al primo periodo il presidente della giunta regionale non abbia ancora nominato il commissario ad acta, quest'ultimo è nominato con decreto del Ministro della sanità.
4. Per il finanziamento del potenziamento dei servizi pubblici per le tossicodipendenze, valutato per la fase di avvio in lire 30 miliardi per l'anno 1990 e in lire 240 miliardi e 600 milioni per ciascuno degli anni 1991 e 1992, si provvede:
a) per l'anno 1990, mediante l'utilizzo del corrispondente importo a valere sul Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga di cui all'articolo 106 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, come sostituito dall'articolo 32 della presente legge;
b) per ciascuno degli anni 1991 e 1992, mediante corrispondenti quote del Fondo sanitario nazionale vincolate allo scopo ai sensi dell'articolo 17 della legge 22 dicembre 1984, n. 887. ».
Note all’articolo 163, commi 1, 2:
- Il decreto ministeriale 18 febbraio 1982, recante «Norme per la tutela sanitaria dell'attività sportiva agonistica» emanato dal Ministero della sanità è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 5 marzo 1982, n. 63.
- Il decreto ministeriale 24 aprile 2013, emanato dal Ministero della salute, recante «Disciplina della certificazione dell'attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla dotazione e l'utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita», pubblicato nella Gazzetta ufficiale 20 luglio 2013, n. 169 è modificato dal decreto ministeriale 11 gennaio 2016. Per la soppressione dell’obbligo di certificazione per l’attività ludico-motoria e amatoriale, previsto dal presente provvedimento si veda l’articolo 42-bis, comma 1 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
Nota all’articolo 165, comma 1:
Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 166, commi 4 e 5:
- Per il decreto del Ministero della sanità 24 aprile 2013, si vedano le note all’articolo 163, commi 1 e 2.
- Per il decreto ministeriale 18 febbraio 1982, si vedano le note all’articolo 163, commi 1 e 2.
Nota all’articolo 168, comma 3:
Il decreto del Ministero della sanità 4 marzo 1993, recante «Determinazione dei protocolli per la concessione dell'idoneità alla pratica sportiva agonistica alle persone handicappate» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 18 marzo 1993, n. 64.
Note all’articolo 169, comma 1:
- La legge 26 ottobre 1971, n. 1099, recante «Tutela sanitaria delle attività sportive» è pubblicata nella Gazzetta ufficiale 23 dicembre 1971, n. 324.
- Il decreto del Ministero della sanità 5 luglio 1975, recante «Elenchi delle sostanze capaci di modificare le
energie naturali degli atleti nonché le modalità di prelievo dei liquidi biologici ed i relativi metodi di analisi» è pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 29 settembre 1975, n. 259.
- La legge 14 dicembre 2000, n. 376, recante «Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 18 dicembre 2000, n. 294), è stata da ultimo modificata con legge 4 novembre 2010, n. 183.
Nota all’articolo 170, comma 2:
Il testo dell’articolo 6 del decreto del Ministero dalla sanità 18 febbraio 1982 (si vedano le note all’articolo 163, commi 1 e 2), è il seguente:
«6. Qualora a seguito degli accertamenti sanitari di cui all'art. 3 risulti la non idoneità alla pratica agonistica di un determinato sport, l'esito negativo con l'indicazione della diagnosi posta a base del giudizio (allegato 4) viene comunicato, entro cinque giorni, all'interessato ed al competente ufficio regionale.
Alla società sportiva di appartenenza viene comunicato il solo esito negativo.
Avverso il giudizio negativo l'interessato può, nel termine di trenta giorni, proporre ricorso dinanzi alla commissione regionale composta da:
un medico specialista o docente in medicina dello sport che svolge anche le funzioni di presidente;
un medico specialista o docente in medicina interna o in materie equivalenti;
un medico specialista o docente in cardiologia;
un medico specialista o docente in ortopedia;
un medico specialista o docente in medicina legale e delle assicurazioni.
La commissione può, in relazione ai singoli casi da esaminare, avvalersi della consulenza di sanitari in possesso della specializzazione inerente al caso specifico.».
Nota all’articolo 171, comma 2:
Per il decreto del Ministero della sanità 24 aprile 2013, si vedano le note all’articolo 163, commi 1 e 2.
Note all’articolo 173, comma 3, lettere a) e c):
- Il decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000, n. 271, recante «Regolamento di esecuzione dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni» è pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 2 ottobre 2000, n. 230. Con D.M. 23 luglio 2002, n. 206 è stato reso esecutivo il regolamento recante l'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti tra il Ministero della salute ed i medici ambulatoriali, specialisti e generici, operanti negli ambulatori direttamente gestiti dal Ministero della salute per l'assistenza sanitaria e medico legale al personale navigante, marittimo e dell'aviazione civile.
- Per il testo dell’articolo 8 quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 174, comma 3:
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, «Definizione dei livelli essenziali di assistenza» è pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 8 febbraio 2002, n. 33.
Note all’articolo 177, commi 1 e 2:
- Il testo vigente degli articoli 14, 20 e 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, (si vedano le note all’articolo 12, comma 5, lettera a), è il seguente:
«Art. 14 (Unità sanitarie locali)
L'ambito territoriale di attività di ciascuna unità sanitaria locale è delimitato in base a gruppi di popolazione di regola compresi tra 50.000 e 200.000 abitanti, tenuto conto delle caratteristiche geomorfologiche e socio-economiche della zona.
Nel caso di aree a popolazione particolarmente concentrata o sparsa e anche al fine di consentire la coincidenza con un territorio comunale adeguato, sono consentiti limiti più elevati o, in casi particolari, più ristretti.
Nell'ambito delle proprie competenze, l'unità sanitaria locale provvede in particolare:
a) all'educazione sanitaria;
b) ) abrogata;]
c) alla prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche;
d) alla protezione sanitaria materno-infantile, all'assistenza pediatrica e alla tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile;
e) all'igiene e medicina scolastica negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado;
f) all'igiene e medicina del lavoro, nonché alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
g) alla medicina dello sport e alla tutela sanitaria delle attività sportive;
h) all'assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare e ambulatoriale;
i) all'assistenza medico-specialistica e infermieristica, ambulatoriale e domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche;
l) all'assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche;
m) alla riabilitazione;
n) all'assistenza farmaceutica e alla vigilanza sulle farmacie;
o) all'igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande;
p) alla profilassi e alla polizia veterinaria; alla ispezione e alla vigilanza veterinaria sugli animali destinati ad alimentazione umana, sugli impianti di macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale, sull'alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili dagli animali all'uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, sui farmaci di uso veterinario;
q) agli accertamenti, alle certificazioni ed a ogni altra prestazione medico-legale spettanti al servizio sanitario nazionale, con esclusione di quelle relative ai servizi di cui alla lettera z) dell'articolo 6.
Art. 20 (Attività di prevenzione)
Le attività di prevenzione comprendono:
a) la individuazione, l'accertamento ed il controllo dei fattori di nocività, di pericolosità e di deterioramento negli ambienti di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia e al fine di garantire il rispetto dei limiti massimi inderogabili di cui all'ultimo comma dell'articolo 4, nonché al fine della tenuta dei registri di cui al penultimo comma dell'articolo 27; i predetti compiti sono realizzati anche mediante collaudi e verifiche di macchine, impianti e mezzi di protezione prodotti, installati o utilizzati nel territorio dell'unità sanitaria locale in attuazione delle funzioni definite dall'articolo 14 ;
b) la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza, anche a livello di luogo di lavoro e di ambiente di residenza, sia direttamente che tramite gli organi del decentramento comunale, ai fini anche di una corretta gestione degli strumenti informativi di cui al successivo articolo 27, e le rappresentanze sindacali;
c) la indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia, e l'esercizio delle attività delegate ai sensi del primo comma, lettere a), b), c), d) ed e) dell'articolo 7;
d) la formulazione di mappe di rischio con l'obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche ed i possibili effetti sull'uomo e sull'ambiente;
e) la profilassi degli eventi morbosi, attraverso l'adozione delle misure idonee a prevenirne l'insorgenza;
f) la verifica, secondo le modalità previste dalle leggi e dai regolamenti, della compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di insediamenti industriali e di attività produttive in genere con le esigenze di tutela dell'ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati.
Nell'esercizio delle funzioni ad esse attribuite per l'attività di prevenzione le unità sanitarie locali, garantendo per quanto alla lettera d) del precedente comma la tutela del segreto industriale, si avvalgono degli operatori sia dei propri servizi di igiene, sia dei presidi specialistici multizonali di cui al successivo articolo 22, sia degli operatori che, nell'ambito delle loro competenze tecniche e funzionali, erogano le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione.
Gli interventi di prevenzione all'interno degli ambienti di lavoro, concernenti la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di misure necessarie ed idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori, connesse alla particolarità del lavoro e non previste da specifiche norme di legge, sono effettuati sulla base di esigenze verificate congiuntamente con le rappresentanze sindacali ed il datore di lavoro, secondo le modalità previste dai contratti o accordi collettivi applicati nell'unità produttiva.
Art. 21 (Organizzazione dei servizi di prevenzione)
In relazione agli standards fissati in sede nazionale, all'unità sanitaria locale sono attribuiti, con decorrenza 1° gennaio 1980, i compiti attualmente svolti dall'Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori, in applicazione di quanto disposto dall'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
Per la tutela della salute dei lavoratori le unità sanitarie locali organizzano propri servizi di medicina del lavoro anche prevedendo, ove essi non esistano, presidi all'interno delle unità produttive.
In applicazione di quanto disposto nell'ultimo comma dell'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, spetta al prefetto stabilire, su proposta del presidente della regione, quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, nonché ai presidi e servizi di cui al successivo articolo 22 assumano ai sensi delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in relazione alle funzioni ispettive e di controllo da essi esercitate relativamente all'applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro.
Al personale di cui al comma precedente è esteso il potere d'accesso attribuito agli ispettori del lavoro dall'articolo 8, secondo comma, nonché la facoltà di diffida prevista dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520.
Contro i provvedimenti adottati dal personale ispettivo, nell'esercizio delle funzioni di cui al terzo comma, è ammesso ricorso al presidente della giunta regionale che decide, sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Il presidente della giunta può sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato.».
- Il testo vigente degli articoli 7, 10, 11 e 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante «Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 30 aprile 2008, n. 101), è il seguente:
«Art. 7. Comitati regionali di coordinamento
1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di interventi, nonché uniformità degli stessi ed il necessario raccordo con il Comitato di cui all'articolo 5 e con la Commissione di cui all'articolo 6, presso ogni regione e provincia autonoma opera il comitato regionale di coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008.
Art. 10. Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tramite le AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministero dello sviluppo economico per il settore estrattivo, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), gli organismi paritetici e gli enti di patronato svolgono, anche mediante convenzioni, attività di informazione, assistenza, consulenza, formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle imprese agricole e delle piccole e medie imprese e delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
Art. 11. Attività promozionali
3. Nell'ambito della Commissione consultiva di cui all'articolo 6 sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal Comitato di cui all'articolo 5, le attività promozionali della cultura e delle azioni di prevenzione con riguardo in particolare a:
a) finanziamento, da parte dell’INAIL e previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di progetti di investimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese; per l'accesso a tali finanziamenti deve essere garantita la semplicità delle procedure;
b) finanziamento, da parte dell’INAIL e delle Regioni, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di progetti formativi specificamente dedicati alle piccole, medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui all'articolo 52, comma 1, lettera b);
c) finanziamento, da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, delle attività degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale finalizzata all'inserimento in ogni attività scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel rispetto delle autonomie didattiche.
4. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri a carico delle risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dell'istruzione e dell'università e della ricerca, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede al riparto annuale delle risorse tra le attività di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e dell'articolo 52, comma 2, lettera d).
5. Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze, concorrono alla programmazione e realizzazione di progetti formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, attraverso modalità operative da definirsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Alla realizzazione e allo sviluppo di quanto previsto nel periodo precedente possono altresì concorrere le parti sociali, anche mediante i fondi interprofessionali.
3-bis. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze e con l’utilizzo appropriato di risorse già disponibili, finanziano progetti diretti a favorire la diffusione di soluzioni tecnologiche o organizzative avanzate in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sulla base di specifici protocolli di intesa tra le parti sociali, o gli enti bilaterali, e l’INAIL. Ai fini della riduzione del tasso dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui all’ articolo 3, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, ferma restando la verifica dei criteri di cui al comma 1 del predetto articolo 3, si tiene anche conto dell’adozione, da parte delle imprese, delle soluzioni tecnologiche o organizzative di cui al precedente periodo, verificate dall’INAIL.
6. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro è facoltà degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale inserire in ogni attività scolastica ed universitaria nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale, percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche ulteriori rispetto a quelli disciplinati dal comma 1, lettera c) e volti alle medesime finalità. Tale attività è svolta nell'ambito e nei limiti delle risorse disponibili degli istituti.
7. L’INAIL finanzia con risorse proprie, anche nell’ambito della bilateralità e di protocolli con le parti sociali e le associazioni nazionali di tutela degli invalidi del lavoro, finanzia progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese. Costituisce criterio di priorità per l'accesso al finanziamento l'adozione da parte delle imprese delle buone prassi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera v). L’INAIL svolge tali compiti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
8. bis. Al fine di garantire il diritto degli infortunati e tecnopatici a tutte le cure necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, l’INAIL può provvedere utilizzando servizi pubblici e privati, d’intesa con le regioni interessate. L’INAIL svolge tali compiti con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza incremento di oneri per le imprese.
9. Nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le amministrazioni pubbliche promuovono attività specificamente destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a migliorare i livelli di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.
10. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall'entrata in vigore del presente decreto, le risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono utilizzate, secondo le priorità, ivi compresa una campagna straordinaria di formazione, stabilite, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, con accordo adottato, previa consultazione delle parti sociali, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 13. Vigilanza
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il settore minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente articolo, nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
1-bis. Nei luoghi di lavoro delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei vigili del fuoco la vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è svolta esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso le predette amministrazioni.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, ivi compresa quella in materia di salute e sicurezza dei lavoratori di cui all’ articolo 35 della legge 26 aprile 1974, n. 191, lo stesso personale esercita l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attività, nel quadro del coordinamento territoriale di cui all’ articolo 7:
a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottato sentito il comitato di cui all'articolo 5 e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in relazione alle quali il personale ispettivo del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali svolge attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per territorio.
3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle autorità marittime a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli uffici di sanità aerea e marittima, alle autorità portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonché ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.
4. La vigilanza di cui al presente articolo è esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.
5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza.
6. L'importo delle somme che l'ASL, in qualità di organo di vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
7. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento agli organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente decreto.».
- Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 dicembre 2007, recante «Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 6 febbraio 2008, n. 31.
Nota all’articolo 178, comma 1, lettera b):
Per il testo dell’articolo 7 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, si vedano le note all’articolo 177, commi 1 e 2.
Note all’articolo 180, commi, lettere a), b) c) e d):
- Il testo dell’articolo 9 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante «Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 27 maggio 1970, n. 131), è il seguente:
«Art. 9 (Tutela della salute e dell'integrità fisica)
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica.».
- Per il testo dell’articolo 10 e 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, si vedano le note all’articolo 177, commi 1 e 2.
- Per la legge 23 dicembre 1978, n. 833 si veda la nota all’articolo 12, comma 1, lettera a).
Note all’articolo 183, commi 1 e 2:
- Per il testo dell’articolo 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si vedano le note all’articolo 177, commi 1 e 2.
- Per il testo dell’articolo 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, si vedano le note all’articolo 177, commi 1 e 2.
Nota all’articolo 184, commi 1, 2 e 3:
- La legge 30 marzo 2001, n. 130, recante «Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri» è pubblicata nella Gazzetta ufficiale 19 aprile 2001, n. 91.
Nota all’articolo 188, comma 5:
Il testo vigente dell’articolo 1117 del codice civile, è il seguente:
«1117. Parti comuni dell'edificio.
Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:
1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.».
Nota all’articolo 194, commi 2, lettera b) e 7:
L’Accordo della Conferenza Stato-Regioni - 16 gennaio 2003 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sugli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio è pubblicato sulla Gazzetta ufficiale 3 marzo 2003, n. 51.
Nota all’articolo 197, comma 2:
- «Il regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, recante «Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 26 giugno 1940, n. 149) è stato modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 311, recante «Regolamento per la semplificazione dei procedimenti relativi ad autorizzazioni per lo svolgimento di attività disciplinate dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza nonché al riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza (numeri 77, 78 e 108, allegato 1 della L. n. 59/1997 e numeri 18, 19, 20 e 35, allegato 1 della L. n. 50/1999» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta Ufficiale Uff. 2 agosto 2001, n. 178).
Nota all’articolo 199, comma 2:
Per l’Accordo della Conferenza Stato Regioni 16 gennaio 2003, si veda la nota all’articolo 194, commi 2, lettera b) e 7.
Nota all’articolo 203, commi 1 e 2:
Per l’Accordo della Conferenza Stato Regioni 16 gennaio 2003, si veda la nota all’articolo 194, commi 2, lettera b) e 7.
Note all’articolo 206, comma 1:
- L’articolo vigente 117 della Costituzione della Repubblica italiana 27 dicembre 1947 (approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947, pubblicata nella ediz. straord. Alla Gazzetta ufficiale 27 dicembre 1947, n. 298, ed è entrato in vigore il 1° gennaio 1948), è il seguente:
- 117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.».
- La legge 14 agosto 1991, n. 281, recante «Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo», (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 30 agosto 1991, n. 203) è stata da ultimo modificata con con legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Nota all’articolo 215, comma 2:
Il testo vigente dell’articolo 189, comma 9 bis del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante «Nuovo codice della strada» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 18 maggio 1992, n. 114), è il seguente:
«Art. 189 Comportamento in caso di incidente
Omissis.
9-bis. L'utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, da cui derivi danno a uno o più animali d'affezione, da reddito o protetti, ha l'obbligo di fermarsi e di porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso agli animali che abbiano subito il danno. Chiunque non ottempera agli obblighi di cui al periodo precedente è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 413 ad euro 1.656. Le persone coinvolte in un incidente con danno a uno o più animali d'affezione, da reddito o protetti devono porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso. Chiunque non ottempera all'obbligo di cui al periodo precedente è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 83 ad euro 331.».
Note all’articolo 219, commi 9 e 12:
- L’Accordo 24 gennaio 2013 tra la Conferenza Unificata Stato-Regioni e Stato-Città ed autonomie locali «Accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane in materia di identificazione e registrazione degli animali da affezione. (Rep. atti n. 5/CU). (13A02211) è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 15 marzo 2013, n. 63.
Nota all’articolo 219 quater bis, comma 1:
La legge 11 agosto 1991, n. 266, recante «Legge-quadro sul volontariato», pubblicata nella Gazzetta ufficiale 22 agosto 1991, n. 196, è modificata con decreto legge 29 aprile 1994, n. 260 e con decreto legislativo 2 luglio 2001, n. 104.
Nota all’articolo 219 sexies, comma 1:
Il testo degli articoli 86 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, recante «Regolamento di polizia veterinaria» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 24 giugno 1954, n. 142), è il seguente:
«Articolo 86
I cani ed i gatti che hanno morsicato persone o animali, ogniqualvolta sia possibile catturarli, devono essere isolati e tenuti in osservazione per 10 giorni nei canili comunali. L'osservazione a domicilio può essere autorizzata su richiesta del possessore soltanto se non risultano circostanze epizoologicamente rilevanti ed in tale caso l'interessato deve dichiarare di assumersi la responsabilità della custodia dell'animale e l'onere per la vigilanza da parte del veterinario comunale.
Alla predetta osservazione ed all'isolamento devono essere sottoposti i cani ed i gatti che, pure non avendo morsicato, presentano manifestazioni riferibili all'infezione rabica, nonché in sede opportuna, gli altri mammiferi che presentano analoghe manifestazioni. Ai fini della diagnosi anche questi animali non devono essere uccisi se il loro mantenimento in vita può essere assicurato senza pericolo.
Durante il predetto periodo di osservazione gli animali non devono essere sottoposti a trattamenti immunizzanti.
Nei casi di rabbia conclamata il sindaco ordina l'immediato abbattimento degli animali.
Qualora, durante il periodo di osservazione, l'animale muoia o venga ucciso prima che il veterinario abbia potuto formulare la diagnosi, si procede agli accertamenti diagnostici di laboratorio.
È vietato lo scuoiamento degli animali morti per rabbia, i quali devono essere distrutti ai sensi dell'art. 10, lettera e), del presente regolamento.
Il luogo dove è stato isolato l'animale deve essere disinfettato.
Articolo 87
I cani ed i gatti morsicati da altro animale riconosciuto rabido o fuggito o rimasto ignoto devono, di regola, essere subito soppressi con provvedimento del sindaco sempreché non debbano prima sottostare al periodo di osservazione di 10 giorni per avere, a loro volta, morsicato persone o animali.
Tuttavia su richiesta del possessore, l'animale, anziché essere abbattuto, può essere mantenuto sotto sequestro, a spese del possessore stesso, nel canile municipale o in altro locale stabilito dall'autorità comunale dove non possa nuocere, per un periodo di mesi 6 sotto vigilanza sanitaria.
Allo stesso periodo di osservazione devono sottostare i cani ed i gatti contaminati o sospetti di essere stati contaminati da altro animale riconosciuto rabido.
I cani ed i gatti morsicati da animali sospetti di rabbia sono sottoposti a sequestro per soli 10 giorni se durante questo periodo l'animale morsicatore si è mantenuto sano.
Nel caso che l'animale venga sottoposto a vaccinazione antirabbica post-contagio da iniziarsi non oltre 5 giorni per ferite alla testa e non oltre 7 giorni negli altri casi dal sofferto contagio, il predetto periodo di osservazione può essere ridotto a mesi 3 o anche a mesi 2 se l'animale si trova nel periodo di protezione antirabbica vaccinale pre-contagio.
Durante il periodo del trattamento antirabbico post-contagio l'animale deve essere ricoverato nel canile municipale o presso Istituti universitari o zooprofilattici.
I cani ed i gatti morsicati possono essere spostati, con le norme degli articoli 14 e 15 del presente regolamento, durante il periodo di osservazione, soltanto entro 7 giorni dalla sofferta morsicatura.
Qualora durante il periodo di osservazione il cane o il gatto morsicato muoia o venga ucciso, si procede in conformità di quanto previsto dai commi 5°, 6° e 7° del precedente articolo.».
Nota all’articolo 219 septies, comma 1 bis:
La legge 24 novembre 1981, n. 689 «Modifiche al sistema penale» è pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 30 novembre 1981, n. 329.
Nota all’articolo 220, comma 1:
La legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio», (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 25 febbraio 1992, n. 46), è stata da ultimo modificata con legge 27 dicembre 2016, n. 296.
Note all’articolo 222, commi 1 e 3:
- Il testo vigente degli articoli 13, 18 e 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, recante «Modifiche al sistema penale» (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 30 novembre 1981, n. 329), è il seguente:
«Art. 13 (Atti di accertamento)
Gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.
Possono altresì procedere al sequestro cautelare delle cose che possono formare oggetto di confisca amministrativa, nei modi e con i limiti con cui il codice di procedura penale consente il sequestro alla polizia giudiziaria.
E' sempre disposto il sequestro del veicolo a motore o del natante posto in circolazione senza essere coperto dall'assicurazione obbligatoria e del veicolo posto in circolazione senza che per lo stesso sia stato rilasciato il documento di circolazione.
All'accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell'art. 333 e del primo e secondo comma dell'art. 334 del codice di procedura penale.
E' fatto salvo l'esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.
Art. 18 (Ordinanza-ingiunzione)
Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.
L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all'organo che ha redatto il rapporto.
Con l'ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l'ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.
Il pagamento è effettuato all'ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall'art. 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell'ufficio che lo ha ricevuto, all'autorità che ha emesso l'ordinanza.
Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero.
La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che adotta l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890.
L'ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l'ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l'opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l'opposizione, o quando l'ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l'opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa.
Art. 20 (Sanzioni amministrative accessorie)
L'autorità amministrativa con l'ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall'art. 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione.
Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all'art. 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo.
Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.
In presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l'ordinanza - ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa ovvero quando in relazione ad essa è consentita la messa a norma e quest’ultima risulta effettuata secondo le disposizioni vigenti.
E' sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento.
La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.».
- Il testo vigente dell’articolo 35 della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14, recante «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio» (pubblicata nel s.o. al Bollettino ufficiale della Regione 25 maggio 1994, n. 22), è il seguente:
«Art. 35
Vigilanza venatoria volontaria.
1. L'abilitazione di cui al comma 4 dell'art. 27 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è rilasciata dalle commissioni per l'abilitazione all'esercizio venatorio nominate dalle province, integrate con un rappresentante delle associazioni venatorie riconosciute, un rappresentante delle associazioni agricole e un rappresentante delle associazioni ambientaliste, maggiormente rappresentative a livello regionale, presenti nella Consulta faunistico venatoria regionale di cui all'art. 8.
2. Ai fini dell'abilitazione di cui al comma 1, la prova di esame prevista per l'abilitazione all'esercizio venatorio è adeguatamente integrata con le materie connesse con le funzioni di vigilanza venatoria.
3. Coloro che alla data dell'entrata in vigore della presente legge siano già in possesso del decreto di guardia venatoria volontaria sono esonerati dall'esame finale purché frequentino uno dei corsi previsti dall'art. 36.
4. Il coordinamento dell'attività volontaria di vigilanza è esercitato dalle Province che ne definiscono i compiti ai sensi del comma 7 dell'art. 27, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.».
- Il testo dell’articolo 7 della legge regionale 22 febbraio 1994, n. 4, recante «Istituzione del Servizio volontario di vigilanza ecologica» (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 2 marzo 1994, n. 9), è il seguente:
«Art. 7 - Incarico di guardia ecologica volontaria.
1. L'incarico di guardia ecologica volontaria è attribuito alle guardie giurate con decreto del Presidente della Giunta regionale, nel quale è indicato l'oggetto del potere di accertamento e l'ambito territoriale in cui ciascuna guardia deve operare.
2. La guardia ecologica volontaria è ammessa all'esercizio delle sue funzioni dopo aver prestato il giuramento innanzi al Pretore, ai sensi dell'art. 250 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635.
3. La guardia ecologica volontaria è agente di polizia amministrativa e titolare dei poteri di cui all'art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
4. La guardia ecologica volontaria è dotata di un tesserino di riconoscimento e di un distintivo, conformi al modello approvato dalla Giunta regionale e dal Prefetto, ai sensi dell'art. 254 del R.D. 6 maggio 1940, n. 635.».
Nota all’articolo 223, comma 1:
Per la legge 24 novembre 1981, n. 689, si vedano le note all’articolo 222, commi 1 e 3.
Note all’articolo 224, commi 1 e 3:
- Il testo dell’articolo 50 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 28 settembre 2000, n. 227), è il seguente:
«Articolo 50 Competenze del sindaco e del presidente della provincia
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia.
2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia.
4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge.
5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.
6. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma.
7. Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.
8. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.
9. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dall'insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi dell'articolo 136.
10. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali.
11. Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana.
12. Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria provincia, da portare a tracolla.».
Per il testo dell’articolo 35 della legge regionale 17 maggio 1994, n. 14, si vedano le note all’articolo 222, commi 1 e 3.
- Per il testo dell’articolo 7 della legge regionale 22 febbraio 1994, n. 4, si vedano le note all’articolo 222, commi 1 e 3.
Note all’articolo 229, comma 2:
- - Il testo vigente degli articoli 28, 29, 30, 31 e 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione
del servizio sanitario nazionale» (pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1978, n. 360), è il seguente:
«Art. 28 (Assistenza farmaceutica)
L'unità sanitaria locale eroga l'assistenza farmaceutica attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici e le farmacie di cui sono titolari i privati, tutte convenzionate secondo i criteri e le modalità di cui agli articoli 43 e 48.
Gli assistiti possono ottenere dalle farmacie di cui al precedente comma, su presentazione di ricetta compilata dal medico curante, la fornitura di preparati galenici e di specialità medicinali compresi nel prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale.
L'unità sanitaria locale, i suoi presidi e servizi, compresi quelli di cui all'articolo 18, e gli istituti ed enti convenzionati di cui ai successivi articoli 41, 42, 43, possono acquistare direttamente le preparazioni farmaceutiche di cui al secondo comma per la distribuzione agli assistiti nelle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e per l'impiego negli ospedali, negli ambulatori e in tutti gli altri presidi sanitari. La legge regionale disciplina l'acquisto di detti medicinali e del restante materiale sanitario da parte delle unità sanitarie locali e dei loro presidi e servizi, nonché il coordinamento dell'attività delle farmacie comunali con i servizi dell'unità sanitaria locale.
Art. 29 (Disciplina dei farmaci)
La produzione e la distribuzione dei farmaci devono essere regolate secondo criteri coerenti con gli obiettivi del servizio sanitario nazionale, con la funzione sociale del farmaco e con la prevalente finalità pubblica della produzione.
Con legge dello Stato sono dettate norme:
a) per la disciplina dell'autorizzazione alla produzione e alla immissione in commercio dei farmaci, per i controlli di qualità e per indirizzare la produzione farmaceutica alle finalità del servizio sanitario nazionale;
b) per la revisione programmata delle autorizzazioni già concesse per le specialità medicinali in armonia con le norme a tal fine previste dalle direttive della Comunità economica europea;
c) per la disciplina dei prezzi dei farmaci, mediante una corretta metodologia per la valutazione dei costi;
d) per la individuazione dei presidi autorizzati e per la definizione delle modalità della sperimentazione clinica precedente l'autorizzazione alla immissione in commercio;
e) per la brevettabilità dei farmaci;
f) per definire le caratteristiche e disciplinare la immissione in commercio dei farmaci da banco;
g) per la regolamentazione del servizio d'informazione scientifica sui farmaci e dell'attività degli informatori scientifici;
h) per la revisione e la pubblicazione periodica della farmocopea ufficiale della Repubblica italiana, in armonia con le norme previste dalla farmocopea europea di cui alla legge del 22 ottobre 1973, n. 752.
Art. 30 (Prontuario farmaceutico)
Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, approva con proprio decreto il prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale, previa proposta di un comitato composto:
dal Ministro della sanità, che lo presiede;
dal direttore generale del servizio farmaceutico del Ministero della sanità;
dal direttore dell'Istituto superiore di sanità;
dai direttori dei laboratori di farmacologia e di chimica del farmaco dell'Istituto superiore di sanità;
da sette esperti designati dal Ministro della sanità, scelti fra docenti universitari di farmacologia, di chimica farmaceutica o materie affini, di patologia o clinica medica e fra medici e farmacisti dipendenti o convenzionati con le strutture del servizio sanitario nazionale;
da un rappresentante del Ministero dell'industria, commercio e artigianato;
da due esperti di economia sanitaria designati dal Ministro della sanità, su proposta del Consiglio nazionale delle ricerche;
da cinque esperti della materia designati dalle regioni. Essi vengono scelti dal Presidente del Consiglio dei Ministri tra gli esperti designati uno ciascuno dalle regioni, e per quanto concerne la regione Trentino-Alto Adige, uno dalla provincia di Trento e uno dalla provincia di Bolzano.
Il comitato di cui al precedente comma è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, ed è rinnovato ogni tre anni.
Il prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale deve uniformarsi ai principi dell'efficacia terapeutica, dell'economicità del prodotto, della semplicità e chiarezza nella classificazione dell'esclusione dei prodotti da banco.
Il Ministro della sanità provvede entro il 31 dicembre di ogni anno ad aggiornare il prontuario terapeutico con la procedura di cui al primo comma.
Fino all'approvazione del prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale di cui al presente articolo, resta in vigore il prontuario di cui all'articolo 9 del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, convertito, con modificazioni, nella legge 17 agosto 1974, n. 386.
Art. 31 (Pubblicità ed informazione scientifica sui farmaci)
Al servizio sanitario nazionale spettano compiti di informazione scientifica sui farmaci e di controllo sull'attività di informazione scientifica delle imprese titolari delle autorizzazioni alla immissione in commercio di farmaci.
E' vietata ogni forma di propaganda e di pubblicità presso il pubblico dei farmaci sottoposti all'obbligo della presentazione di ricetta medica e comunque di quelli contenuti nel prontuario terapeutico approvato ai sensi dell'articolo 30.
Sino all'entrata in vigore della nuova disciplina generale dei farmaci di cui all'articolo 29, il Ministro della sanità determina con proprio decreto i limiti e le modalità per la propaganda e la pubblicità presso il pubblico dei farmaci diversi da quelli indicati nel precedente comma, tenuto conto degli obiettivi di educazione sanitaria di cui al comma successivo e delle direttive in materia della Comunità economica europea.
Il Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, viste le proposte delle regioni, tenuto conto delle direttive comunitarie e valutate le osservazioni e proposte che perverranno dall'Istituto superiore di sanità e dagli istituti universitari e di ricerca, nonché dall'industria farmaceutica, predispone un programma pluriennale per l'informazione scientifica sui farmaci, finalizzato anche ad iniziative di educazione sanitaria e detta norme per la regolamentazione del predetto servizio e dell'attività degli informatori scientifici.
Nell'ambito del programma di cui al precedente comma, le unità sanitarie locali e le imprese di cui al primo comma, nel rispetto delle proprie competenze, svolgono informazione scientifica sotto il controllo del Ministero della sanità.
Il programma per l'informazione scientifica deve, altresì, prevedere i limiti e le modalità per la fornitura ai medici chirurghi di campioni gratuiti di farmaci.
Art. 32 (Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria)
Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni.
La legge regionale stabilisce norme per l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi.
Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale.
[Abrogato]
Sono altresì fatti salvi i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell'ordine pubblico.».
- Il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, recante «Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE», (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 21 giugno 2006, n. 142), è stato da ultimo modificato con decreto legislativo 4 marzo 2014 e con legge 19 agosto 2016, n. 166.
Note all’articolo 231, commi 1 e 2:
- Per il testo dell’articolo 31 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si vedano le note all’articolo 229, comma 2.
- Per il decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 si vedano le note all’articolo 229, comma 2.
- La legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69, recante «Norme sul sistema formativo regionale», è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 26 ottobre 1981, n. 58.
- Per il testo dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 234, comma 1:
- Per il testo dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 235, comma 1:
Per il testo dell’articolo 28 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si vedano le note all’articolo 229, comma 2.
Nota all’articolo 236, comma 1:
Per il testo dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 237, comma 1:
Il decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, recante «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza», (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 31 ottobre 1990, n. 255), è stato da ultimo modificato con decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 2020.
Nota all’articolo 239, comma 2, lettera d):
Il testo vigente dell’articolo 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221, recante «Provvidenze a favore dei farmacisti rurali» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 27 marzo 1968, n. 80), è il seguente:
«1. Le farmacie sono classificate in due categorie:
a) farmacie urbane, situate in comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti;
b) farmacie rurali ubicate in comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti.
Non sono classificate farmacie rurali quelle che si trovano nei quartieri periferici delle città, congiunti a queste senza discontinuità di abitati.
Nei comuni, frazioni, o centri abitati di cui alla lettera b) del primo comma, ove non sia aperta la farmacia privata o pubblica prevista nella pianta organica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono dispensari farmaceutici.
La gestione dei dispensari, disciplinata mediante provvedimento delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, è affidata alla responsabilità del titolare di una farmacia privata o pubblica della zona con preferenza per il titolare della farmacia più vicina. Nel caso di rinunzia il dispensario è gestito dal comune. I dispensari farmaceutici sono dotati di medicinali di uso comune e di pronto soccorso, già confezionati.
Nelle stazioni di soggiorno, di cura e di turismo, nonché nelle altre località climatiche, balneari o termali o comunque di interesse turistico, di cui all'articolo 1 del R.D.L. 24 novembre 1938, n. 1926, convertito dalla L. 2 giugno 1939, n. 739, con popolazione non superiore a 12.500 abitanti, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare, in aggiunta alle farmacie esistenti ai sensi dell'art. 1 della L. 2 aprile 1968, n. 475, e successive modificazioni, l'apertura stagionale di dispensari farmaceutici, tenuto conto della media giornaliera delle presenze annuali rilevate dalle aziende di promozione turistica di cui all'art. 4 della L. 17 maggio 1938, n. 217. ».
Note all’articolo 240, comma 2 bis:
- Il testo dell’articolo 112 quater, comma 3 del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 (si vedano le note all’articolo 229, comma 2), è il seguente:
«Art. 112-quater. Vendita on line da parte di farmacie e esercizi commerciali di cui al decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248)
Omissis.
3. Le farmacie e gli esercizi commerciali di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono autorizzati dalla regione o dalla provincia autonoma ovvero dalle altre autorità competenti, individuate dalla legislazione delle regioni o delle province autonome a fornire medicinali a distanza al pubblico alle seguenti condizioni:
- ) comunicazione all'autorità competente per il territorio in cui sono stabiliti, almeno delle seguenti informazioni, che devono essere tempestivamente aggiornate in caso di modifiche:
1) denominazione, partita IVA e indirizzo completo del sito logistico;
2) data d'inizio dell'attività di vendita a distanza al pubblico di medicinali mediante i servizi della società dell'informazione;
3) indirizzo del sito web utilizzato a tale fine e tutte le informazioni pertinenti necessarie per identificare il sito. Omssis.».
- Il testo dell’articolo 5, comma 1 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 4 luglio 2006, n. 153) convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 4 agosto 2006, n. 248 (in s.o. alla Gazzetta ufficiale 11 agosto 2006, n. 186), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Nota all’articolo 243, comma 2:
Il testo dell’articolo 127 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, recante «Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 9 agosto 1934, n. 186), è il seguente:
«Art. 127
Nel corso di ciascun biennio tutte le farmacie debbono essere ispezionate dal medico provinciale che può anche compiere ispezioni straordinarie.
Nelle dette ispezioni il medico provinciale è assistito di regola da un farmacologo o da un dottore in chimica e farmacia o da un dottore in farmacia designato dal prefetto.
Se il risultato dell'ispezione non sia stato soddisfacente, il titolare autorizzato è diffidato a mettersi in regola entro un termine perentorio, decorso il quale infruttuosamente, il prefetto pronuncia la decadenza dall'autorizzazione.».
Nota all’articolo 244, comma 1:
Il testo dell’articolo 110 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (si veda la nota all’articolo 243, comma 1), è il seguente:
«Art. 110
L'autorizzazione all'esercizio di una farmacia, che non sia di nuova istituzione, importa l'obbligo nel concessionario di rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all'esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché di corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi un'indennità di avviamento in misura corrispondente a tre annate del reddito medio imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile nell'ultimo quinquennio.
La commissione indicata nell'art. 105 accerta la somma che deve essere corrisposta a titolo di indennità di avviamento e, in mancanza di accordo tra le parti interessate, determina, in base a perizia, con decisione inappellabile, l'importo del rilievo degli arredi, provviste e dotazioni.».
Note all’articolo 245, commi 1, 3 e 4:
- Il decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1998, n. 371, recante «Regolamento recante norme concernenti l'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 27 ottobre 1998, n. 251.
- La legge 8 marzo 1968, n. 221, recante «Provvidenze a favore dei farmacisti rurali», pubblicata nella Gazzetta ufficiale 27 marzo 1968, n. 80 e modificata dalla legge 8 novembre 1991, n. 362 e dal decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153.
- La legge 5 marzo 1973, n. 40, recante «Norme interpretative dell'art. 2 della legge 8 marzo 1968, n. 221, recante provvedimenti a favore dei farmacisti rurali» è pubblicata nella Gazzetta ufficiale 26 marzo 1973, n. 78.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A)»,(pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 20 febbraio 2001, n. 42) è stato da ultimo modificato dal decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni con legge 9 agosto 2013, n. 98.
Nota all’articolo 246, comma 1:
Per il testo dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 249, comma 4:
Il testo dell’articolo 36 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (si vedano le note all’articolo 229, comma 2), è il seguente:
«Art. 36 (Termalismo terapeutico)
Le prestazioni idrotermali, limitate al solo aspetto terapeutico, da erogarsi presso gli appositi presidi di servizi di cui al presente articolo, nonché presso aziende termali di enti pubblici e privati, riconosciute ai sensi dell'art. 6, lett. t), e convenzionate ai sensi dell'art. 44 sono garantite nei limiti previsti dal piano sanitario nazionale di cui all'art. 53 e nelle forme stabilite con le modalità di cui al secondo comma dell'art. 3.
La legge regionale promuove la integrazione e la qualificazione sanitaria degli stabilimenti termali pubblici, in particolare nel settore della riabilitazione, e favorisce altresì la valorizzazione sotto il profilo sanitario delle altre aziende termali.
[Abrogato]
Le aziende termali già facenti capo all'EAGT e che saranno assegnate alle regioni, per l'ulteriore destinazione agli enti locali, in base alla procedura prevista dall'art. 113 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dall'art. 1-quinquies della L. 21 ottobre 1978, n. 641, sono dichiarate presidi e servizi multizonali delle unità sanitarie locali nel cui territorio sono ubicate.
La destinazione agli enti locali delle attività, patrimoni, pertinenze e personale delle suddette aziende dovrà avvenire entro il 31 dicembre 1979, adottando, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai successivi articoli 65 e 67.».
Note all’articolo 250, comma 1, lettere a), b), c), e), f), g), h) e i)
- Il testo degli articolo 2, 3, 8 e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, recante «Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 29 gennaio 1979, n. 28), è il seguente:
«2. Soggetti militari o ad essi equiparati.
Ai militari delle forze armate, agli appartenenti ai corpi o servizi ausiliari, alle infermiere volontarie della Croce rossa italiana, a coloro i quali, ai sensi del regio decreto-legge 30 marzo 1943, n. 123, assumono di diritto la qualità di militarizzato, che abbiano in guerra riportato ferite o lesioni o contratto infermità, da cui sia derivata perdita o menomazione della capacità lavorativa generica, e ai loro congiunti, quando dalle predette ferite, lesioni o infermità sia derivata la morte, sono conferite pensioni, assegni o indennità di guerra, alle condizioni, nei modi stabiliti e secondo l'ordine previsto dalle norme del presente testo unico.
Spetta la pensione, l'assegno o l'indennità di guerra, quando sussistano le altre condizioni necessarie, anche ai militari dei corpi o servizi operanti in Paesi esteri o in Paesi militarmente occupati o nelle ex colonie, e, in caso di morte, ai loro congiunti.
La pensione, assegno o indennità di guerra spetta, altresì, agli appartenenti a reparti militari o a corpi o servizi ausiliari impiegati, per conto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, nelle zone di intervento di cui alla legge 11 dicembre 1962, n. 1746, e, in caso di morte, ai loro congiunti.
3. Categorie speciali di soggetti militari e ad essi equiparati.
Hanno diritto a pensione, assegno o indennità di guerra allo stesso titolo e alle stesse condizioni dei soggetti previsti nel primo comma dell'art. 2:
a) gli ex militari dell'Esercito e della Marina del cessato impero austro-ungarico, e, in caso di morte, i loro congiunti, pertinenti ai territori annessi all'Italia dopo la guerra 1915-18, purché divenuti cittadini italiani in accoglimento di domande presentate a termini dei trattati di pace;
b) i militari, anche volontari, del Corpo di occupazione che tenne la città di Fiume dal 12 settembre 1919 al 31 dicembre 1920 e, in caso di morte, i loro congiunti, nonché i volontari che, anche successivamente e fino al 31 marzo 1922, parteciparono, nella città, e nel territorio di Fiume ed in Dalmazia, a conflitti armati per la causa nazionale e, in caso di morte, i loro congiunti;
c) i partigiani combattenti per la lotta di liberazione; i cittadini italiani che, per l'attività svolta in qualità di patrioti, abbiano ottenuto il riconoscimento delle campagne di guerra; i cittadini italiani che, successivamente all'8 settembre 1943, hanno partecipato ad operazioni della guerra di liberazione nelle formazioni non regolari dipendenti dalle Forze armate italiane o alleate; i cittadini italiani che hanno partecipato, dopo la predetta data, alla guerra di liberazione anche in territorio estero, sempreché tali partecipazioni risultino da attestazioni dei comandi delle Forze armate nelle quali o al seguito delle quali gli stessi operarono e, in caso di morte, i loro congiunti;
d) i militari che hanno prestato servizio nelle Forze armate della sedicente repubblica sociale italiana e, in caso di morte, i loro congiunti, nonché le appartenenti al Corpo delle ausiliarie che abbiano riportato ferite o lesioni o contratto infermità invalidanti durante il servizio al seguito dei reparti operanti e, in caso di morte, i loro congiunti;
e) i cittadini italiani che, dopo l'8 settembre 1943, hanno prestato servizio nelle formazioni militari organizzate dalle Forze armate tedesche nelle province di Trieste, Gorizia, Udine, Belluno, Bolzano, Trento, Fiume, Pola e Zara e, in caso di morte, i loro congiunti;
f) gli alto atesini e le persone residenti prima del 1° gennaio 1940 nelle zone mistilingui di Cortina d'Ampezzo e di Tarvisio o nei comuni di Sant'Orsola e Luserna i quali hanno fatto parte durante la guerra 1940-45, delle Forze armate germaniche o di formazioni armate da esse dipendenti e, in caso di morte, i loro congiunti, sempre che colui che chiede la pensione abbia conservato la cittadinanza italiana o l'abbia riacquistata prima della data di entrata in vigore del presente testo unico ovvero la riacquisti entro tre mesi dalla predetta data o abbia prodotto domanda a tal fine entro l'indicato termine di tre mesi.
I soggetti di cui alle lettere d), e), ed f), non hanno diritto a pensione, assegno o indennità ed, in ogni caso, ne decadono dal diritto qualora risulti che essi abbiano partecipato ad azioni, anche isolate, di terrorismo o di sevizie o qualora siano stati cancellati dai ruoli delle Forze armate dello Stato per il comportamento tenuto negli avvenimenti successivi all'armistizio dell'8 settembre 1943;
g) gli appartenenti all'amministrazione della pubblica sicurezza, al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, all'Unione nazionale protezione antiaerea ed alla Croce rossa italiana e, in caso di morte, i loro congiunti, purché la loro partecipazione alle operazioni di guerra sia comprovata da dichiarazione, rilasciata dai rispettivi competenti Dicasteri, dalla quale risulti che siano stati effettivamente impiegati in zone ove si siano svolte operazioni di guerra o siano state effettuate incursioni aeree o navali nemiche. Per ognuna delle incursioni aeree o navali non potrà essere computato, come servizio di guerra, un periodo di tempo superiore a quindici giorni;
h) gli appartenenti alla disciolta milizia volontaria sicurezza nazionale che abbiano riportato ferite o lesioni, o contratto infermità invalidanti in dipendenza dell'intervento nella guerra civile di Spagna e, in caso di morte, i loro congiunti.
Gli invalidi di cui alla presente lettera decadono dal diritto qualora risulti, indipendentemente dalle annotazioni inserite nei fogli matricolari, la loro volontaria partecipazione al conflitto. La disposizione non si applica ai soggetti la cui invalidità sia ascrivibile alla prima categoria;
i) i cittadini italiani appartenenti a formazioni militari repubblicane in Spagna nel periodo dal 18 luglio 1936 al 31 marzo 1939, e, in caso di morte, i loro congiunti;
l) i militari delle Forze armate dello Stato che abbiano riportato ferite o lesioni, o contratto infermità invalidanti durante il servizio prestato in Estremo Oriente successivamente al 6 luglio 1937 nel conflitto cino-giapponese, e, in caso di morte, i loro congiunti;
m) i militari già appartenenti ai reparti indigeni dei cessati governi coloniali, e, in caso di morte, i loro congiunti, purché trasferitisi in Italia e divenuti cittadini italiani;
n) i cittadini che, non verificandosi nei loro confronti le condizioni per la militarizzazione di diritto, siano stati militarizzati, con apposito provvedimento, dalla competente autorità e, in caso di morte, i loro congiunti. I soggetti di cui alla presente lettera possono conseguire pensione, assegno o indennità di guerra soltanto quando l'invalidità o la morte derivino da azioni belliche.».
8. Soggetti civili.
Sono liquidate pensioni, assegni o indennità di guerra ai cittadini italiani divenuti invalidi ed a congiunti dei cittadini italiani morti per qualsiasi fatto di guerra che sia stato la causa violenta, diretta e immediata dell'invalidità o del suo aggravamento, o della morte.
Sono considerati fatti di guerra, agli effetti del presente testo unico, i fatti ovunque avvenuti, ad opera di Forze armate nazionali od estere, sia alleate che nemiche, e coordinati alla preparazione ed alle operazioni di guerra o che, pur non essendo coordinati alla preparazione e alle operazioni belliche, siano stati occasionati dalle stesse.
Sono considerate dipendenti da fatti di guerra anche la morte o l'invalidità determinate da ferite o lesioni riportate in occasione di azioni belliche nel tentativo di sottrarsi all'offesa nemica.
È sempre presunta la dipendenza da fatto di guerra quando l'invalidità o la morte derivino da lesioni da arma da fuoco di origine bellica o da esplosione di un ordigno bellico provocata da un minorenne, nonché da lesioni da arma da fuoco di origine bellica o da scoppi di ordigni bellici provocati da terzi, salvo il diritto di rivalsa dello Stato verso i responsabili.
Sono liquidate pensioni, assegni o indennità di guerra anche nei casi di morte o di invalidità derivanti da privazioni, sevizie o maltrattamenti, subiti durante l'internamento in Paese estero o comunque ad opera di forze nemiche.
Sono liquidate, altresì, pensioni, assegni o indennità di guerra ai personali addetti alle operazioni di bonifica dei campi minati o di rastrellamento di ordigni esplosivi bellici, svolte alle dipendenze o per conto dell'autorità statale, che abbiano riportato, a causa dello scoppio di tali ordigni, ferite o lesioni e, in caso di morte, ai loro congiunti, salvo che vi sia stato dolo o colpa grave.
9. Categorie speciali di civili.
Hanno diritto a pensione, assegno o indennità di guerra allo stesso titolo ed alle stesse condizioni dei soggetti previsti nel primo comma dell'art. 8:
a) i cittadini italiani e fiumani divenuti mutilati od invalidi per fatti di guerra avvenuti nella città e nel territorio di Fiume e in Dalmazia dal 12 settembre 1919 al 31 marzo 1922 e, in caso di morte, i loro congiunti;
b) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per fatti ovunque avvenuti, dal 1° settembre 1939 al 10 giugno 1940, ad opera di Forze armate nazionali od estere e coordinati alla preparazione ed alle operazioni di guerra o che, pur non essendo coordinati alla preparazione ed alle operazioni belliche, siano stati occasionati dalle stesse e, in caso di morte, i loro congiunti;
c) i cittadini italiani divenuti invalidi a causa di privazioni, sevizie o maltrattamenti comunque subiti all'estero, dal 1° settembre 1939 al 10 giugno 1940, in occasione di guerra e, in caso di morte, i loro congiunti;
d) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite o lesioni riportate in azioni aventi movente politico, singole o collettive, nei territori delle ex colonie italiane, dalla data di occupazione straniera di ciascuna di esse fino alla data stabilita con decreto del Presidente della Repubblica, in esecuzione della L. 24 luglio 1951, n. 660, e i loro congiunti nel caso che da tali ferite o lesioni sia derivata la morte;
e) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite o lesioni riportate, nelle province di confine con la Jugoslavia o nei territori soggetti a detto Stato, ad opera di elementi slavi in occasione di azioni, singole o collettive, aventi movente politico dalla data del 10 giugno 1940 fino alla data del 31 dicembre 1954 e i loro congiunti quando da tali ferite o lesioni sia derivata la morte;
f) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite o lesioni riportate in occasione dei fatti di Trieste del 4, 5 e 6 novembre 1953 e i congiunti dei cittadini deceduti in occasione o in conseguenza dei fatti medesimi;
g) i cittadini italiani perseguitati politici o razziali, divenuti invalidi per lesioni o infermità contratte in conseguenza delle persecuzioni o in relazione alla necessità di sfuggire alle persecuzioni stesse e i congiunti di tali cittadini deceduti in conseguenza dei medesimi fatti. A detti cittadini si applicano le norme della legge 10 marzo 1955, n. 96 e successive modificazioni ed integrazioni, in quanto non incompatibili con il presente testo unico;
h) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite o lesioni riportate in occasione di operazioni di bonifica di mine o di rastrellamento o brillamento di ordigni esplosivi diversi dalle mine nelle quali, dalla data di liberazione delle singole province fin alla data del 24 maggio 1946, siano stati impiegati direttamente da autorità civili o per conto di autorità alleate ovvero da privati su immobili di loro proprietà e i congiunti dei cittadini deceduti per tali ferite o lesioni;
i) i cittadini italiani divenuti mutilati od invalidi per ferite, lesioni o infermità riportate nelle circostanze previste dalla legge 28 maggio 1973, n. 296 , e, in caso di morte, i loro congiunti.».
- Il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, recante «Definitivo riordinamento delle pensioni di guerra, in attuazione della delega prevista dall'art. 1 della legge 23 settembre 1981, n. 533», è pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 18 gennaio 1982, n. 16.
- La legge 26 gennaio 1980, n. 9, recante «Adeguamento delle pensioni dei mutilati ed invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra dalla L. 29 novembre 1977, numero 875 , e dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915», pubblicata nella Gazzetta ufficiale 31 gennaio 1980, n. 30 è modificata dalla legge 2 maggio 1984, n. 111.
- La legge 29 novembre 1977, n. 875, recante «Miglioramenti economici a favore dei pensionati di guerra e delega al Governo per il riordinamento delle pensioni di guerra» è pubblicata nella Gazzetta ufficiale 7 dicembre 1977, n. 333.
- La legge 18 novembre 1980, n. 791, recante «Istituzione di un assegno vitalizio a favore degli ex deportati nei campi di sterminio nazista K.Z», è pubblicata nella Gazzetta ufficiale 1° dicembre 1980, n. 329.
Nota all’articolo 255, comma 1:
- Il testo degli articoli 1, 2, 3, 4 e 41 della Costituzione della Repubblica Italiana (si vedano le note all’articolo 3, comma 1), è il seguente:
«1. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
2. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
3. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
41. L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.».
- Per l’articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Nota all’articolo 261, comma 2, lettere b) ed e):
- Per il testo dell’articolo 7 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, si vedano le note all’articolo 177, commi 1 e 2.
- Il decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, recante «Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 8 gennaio 1998, n. 5). Il presente provvedimento è stato abrogato dalla lettera e) del comma 1 dell’articolo 34 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, a decorrere dal 24 settembre 2015, ai sensi di quanto disposto dall’art. 35, comma 1 dello stesso decreto legislativo 150/2015.
Note all’articolo 263, commi le 4, lettera f):
- La legge 8 novembre 2000, n. 328, recante «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali» è pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 13 novembre 2000, n. 265.
- Il testo dell’articolo 118 Costituzione della Repubblica Italiana (si vedano le note all’articolo 3, comma ), è il seguente:
«118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.».
Note all’articolo 265, commi 1, 2 4 e 5:
Il testo dell’articolo 6 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si veda la nota all’articolo 263, comma 1), è il seguente:
«6. Funzioni dei comuni.
1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come da ultimo modificata dalla legge 3 agosto 1999, n. 265.
2. Ai comuni, oltre ai compiti già trasferiti a norma del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, ed alle funzioni attribuite ai sensi dell'articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 1 12, spetta, nell'àmbito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19 e secondo la disciplina adottata dalle regioni, l'esercizio delle seguenti attività:
a) programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 5;
b) erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche diverse da quelle disciplinate dall'articolo 22, e dei titoli di cui all'articolo 17, nonché delle attività assistenziali già di competenza delle province, con le modalità stabilite dalla legge regionale di cui all'articolo 8, comma 5;
c) autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 5, secondo quanto stabilito ai sensi degli articoli 8, comma 3, lettera f), e 9, comma 1, lettera c);
d) partecipazione al procedimento per l'individuazione degli ambiti territoriali, di cui all'articolo 8, comma 3, lettera a);
e) definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui all'articolo 2, comma 3, ai fini della determinazione dell'accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi.
3. Nell'esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i comuni provvedono a:
a) promuovere, nell'àmbito del sistema locale dei servizi sociali a rete, risorse delle collettività locali tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell'àmbito della vita comunitaria;
b) coordinare programmi e attività degli enti che operano nell'àmbito di competenza, secondo le modalità fissate dalla regione, tramite collegamenti operativi tra i servizi che realizzano attività volte all'integrazione sociale ed intese con le aziende unità sanitarie locali per le attività sociosanitarie e per i piani di zona;
c) adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l'efficienza, l'efficacia ed i risultati delle prestazioni, in base alla programmazione di cui al comma 2, lettera a);
d) effettuare forme di consultazione dei soggetti di cui all'articolo 1, commi 5 e 6, per valutare la qualità e l'efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi;
e) garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali.
4. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica.».
- La legge regionale 2 aprile 2015, n. 10, recante «Riordino delle funzioni amministrative regionali, di area vasta, delle forme associative di Comuni e comunali - Conseguenti modificazioni normative», pubblicata nel s.o. n. 1 del Bollettino ufficiale della Regione 8 aprile 2015, n. 19 è stata da ultimo modificata dalla legge regionale 28 luglio 2016, n. 9.
- Il testo dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (si vedano le note all’articolo 224, commi 1 e 3), è il seguente:
«Articolo 30 Convenzioni
1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
4. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.».
Nota all’articolo 268 bis, comma 6:
Per il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 269, comma 1:
La legge regionale 28 novembre 2014, n. 25, recante «Riordino e trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) e disciplina delle aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP) - Ulteriori modificazioni della legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26 (Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali) - Ulteriori modificazioni della legge regionale 16 settembre 2011, n. 8 (Semplificazione amministrativa e normativa dell'ordinamento regionale e degli Enti locali territoriali)» è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 3 dicembre 2014, n. 56.
Nota all’articolo 271, comma 4:
Per il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si vedano le note all’articolo 224, commi 1 e 3.
Note all’articolo 271 bis, comma 1:
- Per la legge regionale 28 novembre 2014, n. 25 si veda la nota all’articolo 269, comma 1.
- Il testo dell’articolo 1, commi 4 e 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si veda la nota all’articolo 265, comma 1), è il seguente:
«1. Princìpi generali e finalità.
Omissis
4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell'àmbito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
5. Alla gestione ed all'offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.
Omissis.».
Nota all’articolo 271 ter, comma 1:
Per il testo dell’articolo 1, commi 4 e 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328 si vedano le note all’articolo 271 bis, comma 1.
Note all’articolo 273, commi 1, 2 e 3:
- Per il testo dell’articolo 16 della legge 7 agosto 1990, n. 241 si vedano le note all’articolo 8, comma 6, lettere b) e c).
- Per il testo dell’articolo 19, comma 2 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si vedano le note all’articolo 265, commi 1, 3, 4 e 5), è il seguente:
«19. Piano di zona.
Omissis.
2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 giugno l990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a:
a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;
b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g);
c) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell'accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;
d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.
Omissis.».
- Per la legge regionale 28 novembre 2014, n. 25 si veda la nota all’articolo 269, comma 1.
- Per il testo dell’articolo 1, commi 4 e 5 della l. 8 novembre 2000, n. 328 si vedano le note all’articolo 271 bis,
comma 1.
Nota all’articolo 278, comma 3:
Il testo vigente dell’articolo 2, comma 203 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica» (Pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 28 dicembre 1996, n. 303), è il seguente:
- 2. 203. Gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome nonché degli enti locali possono essere regolati sulla base di accordi così definiti:
a) «Programmazione negoziata», come tale intendendosi la regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto pubblico competente e la parte o le parti pubbliche o private per l'attuazione di interventi diversi, riferiti ad un'unica finalità di sviluppo, che richiedono una valutazione complessiva delle attività di competenza;
b) «Intesa istituzionale di programma», come tale intendendosi l'accordo tra amministrazione centrale, regionale o delle province autonome con cui tali soggetti si impegnano a collaborare sulla base di una ricognizione programmatica delle risorse finanziarie disponibili, dei soggetti interessati e delle procedure amministrative occorrenti, per la realizzazione di un piano pluriennale di interventi d'interesse comune o funzionalmente collegati. La gestione finanziaria degli interventi per i quali sia necessario il concorso di più amministrazioni dello Stato, nonché di queste ed altre amministrazioni, enti ed organismi pubblici, anche operanti in regime privatistico, può attuarsi secondo le procedure e le modalità previste dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367;
c) «Accordo di programma quadro», come tale intendendosi l'accordo con enti locali ed altri soggetti pubblici e privati promosso dagli organismi di cui alla lettera b), in attuazione di una intesa istituzionale di programma per la definizione di un programma esecutivo di interventi di interesse comune o funzionalmente collegati. L'accordo di programma quadro indica in particolare: 1) le attività e gli interventi da realizzare, con i relativi tempi e modalità di attuazione e con i termini ridotti per gli adempimenti procedimentali; 2) i soggetti responsabili dell'attuazione delle singole attività ed interventi; 3) gli eventuali accordi di programma ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142; 4) le eventuali conferenze di servizi o convenzioni necessarie per l'attuazione dell'accordo; 5) gli impegni di ciascun soggetto, nonché del soggetto cui competono poteri sostitutivi in caso di inerzie, ritardi o inadempienze; 6) i procedimenti di conciliazione o definizione di conflitti tra i soggetti partecipanti all'accordo; 7) le risorse finanziarie occorrenti per le diverse tipologie di intervento, a valere sugli stanziamenti pubblici o anche reperite tramite finanziamenti privati; 8) le procedure ed i soggetti responsabili per il monitoraggio e la verifica dei risultati. L'accordo di programma quadro è vincolante per tutti i soggetti che vi partecipano. I controlli sugli atti e sulle attività posti in essere in attuazione dell'accordo di programma quadro sono in ogni caso successivi. Limitatamente alle aree di cui alla lettera f), gli atti di esecuzione dell'accordo di programma quadro possono derogare alle norme ordinarie di amministrazione e contabilità, salve restando le esigenze di concorrenzialità e trasparenza e nel rispetto della normativa comunitaria in materia di appalti, di ambiente e di valutazione di impatto ambientale. Limitatamente alle predette aree di cui alla lettera f), determinazioni congiunte adottate dai soggetti pubblici interessati territorialmente e per competenza istituzionale in materia urbanistica possono comportare gli effetti di variazione degli strumenti urbanistici già previsti dall'articolo 27, commi 4 e 5, della legge 8 giugno 1990, n. 142;
d) «Patto territoriale», come tale intendendosi l'accordo, promosso da enti locali, parti sociali, o da altri soggetti pubblici o privati con i contenuti di cui alla lettera c), relativo all'attuazione di un programma di interventi caratterizzato da specifici obiettivi di promozione dello sviluppo locale;
e) [abrogata];
f) [abrogata].».
Note all’articolo 279, commi 1, 3 e 4:
- Per il testo dell’articolo 1, commi 4 e 5 della l. 8 novembre 2000, n. 328 si vedano le note all’articolo 271 bis, comma 1.
- Il testo vigente dell’articolo 3, comma 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 28 settembre 2000, n. 227), è il seguente:
«Articolo 3 Autonomia dei comuni e delle province
Omissis.
5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali.».
- Il testo vigente dell’articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (si vedano le note all’articolo 8, comma 6, lettere b) e c)), è il seguente:
«Art. 11 Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento
1. In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'articolo 10, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo.
1-bis. Al fine di favorire la conclusione degli accordi di cui al comma 1, il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati.
2. Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi dell'articolo 3.
3. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi.
4. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione recede unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato.
5. bis. A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1, la stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento.
[Abrogato ].».
Nota all’articolo 280, comma 4:
Per il testo dell’articolo 19, commi 2 e 3 della legge 8 novembre 2000, n. 328 si vedano le note all’articolo 273, commi 1, 2 e 3.
Nota all’articolo 281, comma 1:
Per il testo dell’articolo 3 septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 286, commi 4 e 5:
6. La decisione 20 dicembre 2011, n. 2012/21/UE - DECISIONE DELLA COMMISSIONE riguardante l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale [notificata con il numero C(2011) 9380] (Testo rilevante ai fini del SEE), pubblicata nella G.U.U.E. 11 gennaio 2012, n. L 7 è entrata in vigore il 31 gennaio 2012.
7. Il testo vigente dell’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, si vedano le note all’articolo 8, comma 6, lettere b) e c), è il seguente:
«Art. 1 Principi generali dell'attività amministrativa
1. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario.
1-bis. La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente.
1-ter. I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di cui al comma 1, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge.
2. La pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria.».
Note all'articolo 295, comma 1, lettere e) e f):
- Il regio decreto legge 8 maggio 1927, n. 798, recante «Norme sull'assistenza degli illegittimi, abbandonati o esposti all'abbandono», pubblicato nella Gazzetta ufficiale 1° giugno 1927, n. 126, convertito nella legge 6 dicembre 1928, n. 2838 è modificato con leggi 13 aprile 1933, n. 312 e 8 giugno 1942, n. 826.
- Il regio decreto 24 dicembre 1934, n. 2316, recante «Testo unico delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità ed infanzia» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 25 febbraio 1935, n. 47) (emanato in virtù della L. 13 aprile 1933, n. 298), è stato da ultimo modificato con decreto legislativo 12 gennaio 2016, n. 6.
- Per il testo dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si vedano le note all’articolo 111, commi 2, lettera a) e b) e 3.
- Il testo dell’articolo 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 ( si vedano le note all’articolo 109, comma 1), è il seguente:
«Art. 10 (Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità)
1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983 n. 184, comunità alloggio e centri socioriabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità.
1-bis. Gli enti di cui al comma 1 possono organizzare servizi e prestazioni per la tutela e l'integrazione sociale dei soggetti di cui al presente articolo per i quali venga meno il sostegno del nucleo familiare.
2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 8 sono realizzate d'intesa con il gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica di cui all'articolo 15 e con gli organi collegiali della scuola.
3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell'iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti, associazioni, fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali.
4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui all'articolo 38.
5. Per la collocazione topografica, l'organizzazione e il funzionamento, le comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei a perseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato.
6. L'approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunità alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all'uso effettivo dell'immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell'uso effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione urbanistica dell'area.».
Note all’articolo 296, comma 4:
- Per il testo dell’articolo 118 della Costituzione, si vedano le note all’articolo 263, commi 1 e 4, lettere f).
- La legge regionale 4 dicembre 2006, n. 16, recante «Disciplina dei rapporti tra l'autonoma iniziativa dei
cittadini e delle formazioni sociali e l'azione di Comuni, Province, Regione, altri Enti Locali e Autonomie funzionali in ordine allo svolgimento di attività di interesse generale secondo i principi di sussidiarietà e semplificazione» è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 13 dicembre 2006, n. 57.
- Il testo degli articolo 16 e 17 della legge regionale 16 aprile 2005, n. 21 (si vedano le note all’articolo 1, comma 1), è il seguente:
«Art. 16 Sussidiarietà.
1. La sussidiarietà è principio dell'azione politica e amministrativa della Regione.
2. La Regione, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, conferisce funzioni amministrative, nelle materie di propria competenza, ai Comuni singoli o associati, ed alle Province, in modo da realizzare livelli ottimali di esercizio ed assicurare la leale collaborazione tra le diverse istituzioni.
3. La Regione favorisce l'autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati e delle formazioni sociali per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. A tal fine incentiva la diffusione dell'associazionismo ed in particolare la formazione e l'attività delle associazioni di volontariato.
Art. 17 Autonomie funzionali.
1. La Regione valorizza il ruolo delle autonomie funzionali anche per lo svolgimento di attività di interesse generale. ».
Nota all’articolo 298, comma 1, lettera a):
La legge regionale 22 dicembre 2005, n. 30, recante «Sistema integrato dei servizi socio-educativi per la prima infanzia», pubblicata nel s.o. n. 1 al Bollettino ufficiale della Regione 4 gennaio 2006, n. 1 è modificata con legge regionale 12 febbraio 2010, n. 9 e con legge regionale 23 gennaio 2013, n. 1.
Note all’articolo 302, commi 1 e 2:
Il testo vigente degli articoli 2 e 3 della legge regionale 28 novembre 2003, n. 23, recante «Norme di riordino in materia di edilizia residenziale sociale» (pubblicata nel s.o. n. 1 del Bollettino ufficiale della Regione 10 dicembre 2003, n. 52), è il seguente:
«Art. 2 Programmazione regionale
1. Gli indirizzi ed i criteri programmatici di carattere strategico finalizzati alla realizzazione delle politiche abitative previste nell'articolo
1 sono contenuti nel piano triennale per l'edilizia residenziale, che si attua attraverso programmi operativi annuali.
2. Con il piano triennale viene quantificata la dotazione del fondo di cui all'articolo 4 nel periodo di riferimento è con successive leggi annuali di bilancio vengono rese disponibili le risorse per dare attuazione alle varie categorie di intervento previste nel piano.
3. Il piano triennale, secondo gli indirizzi definiti dal DAP, in armonia con la programmazione regionale di settore e con il Piano urbanistico strategico territoriale, tiene conto delle finalità di cui all'articolo 1 e dei fabbisogni primari, espressi anche da particolari categorie sociali. In particolare:
a) stabilisce gli obiettivi generali nel triennio e indica le azioni in cui si articola la politica abitativa regionale, in relazione alle disponibilità delle risorse finanziarie;
b) ripartisce i finanziamenti per le categorie di intervento ritenute prioritarie, ivi compresi i progetti di autocostruzione di cui all'articolo 1-ter, comma 2, lettera c), ed eventualmente per ambiti territoriali, in relazione anche alla disponibilità di aree edificatoli, di edifici da recuperare e di programmi organici di intervento dei Comuni;
c) tiene conto prioritariamente della necessità di recuperare, a fini abitativi, il patrimonio edilizio esistente nei centri urbani per limitare ulteriori fenomeni di espansione delle città, promuovendo politiche integrate di riqualificazione urbana e del sistema delle infrastrutture, di miglioramento dei servizi e della accessibilità dei centri storici;
d) indica i finanziamenti da destinare a specifiche categorie di utenti, tra i quali portatori di handicap, anziani, giovani, studenti universitari, cittadini extracomunitari;
e) fissa l'entità dei contributi che possono essere assegnati per ciascuna categoria d'intervento entro i limiti massimi stabiliti dagli articoli
7, 8, 8-bis, 9, 10, 11, 12 e 14;
f) indica i requisiti generali di ammissibilità al finanziamento delle proposte, con riferimento alla qualità dei progetti ed alla capacità degli operatori pubblici e privati di realizzare e gestire, ove richiesto, gli immobili;
g) riserva una quota di risorse per gli interventi a carattere sperimentale di cui all'articolo 17;
h) individua il sistema di premialità a favore dei comuni che maggiormente si impegnano, con proprie risorse o con agevolazioni fiscali o urbanistiche, a raggiungere gli obiettivi di cui alla presente legge.
4. La Giunta regionale, con proprio atto, disciplina le procedure per la valutazione dell'efficacia e dell'efficienza degli interventi, identificando i parametri di riferimento. A tal fine sono considerati prioritari, insieme ad altri da individuare, i seguenti indicatori:
a) la durata delle diverse fasi in cui si articola il processo di attuazione del piano, con l'obiettivo di perseguire l'ottimizzazione dei tempi e la semplificazione delle procedure;
b) il rapporto tra le risorse impegnate e l'incremento della disponibilità di alloggi sociali realizzati;
c) il grado di soddisfacimento dell'utenza degli interventi delle politiche abitative.
5. Il piano triennale è approvato dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, previa concertazione e partenariato istituzionale e sociale ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13.
6. Il piano triennale può essere aggiornato con la procedura adottata per la sua approvazione.
Art. 3 - Programmi operativi annuali.
1. Gli obiettivi generali del piano triennale sono attuati mediante programmi operativi annuali, di seguito denominati POA, approvati dalla Giunta regionale.
2. Il POA, inteso come programma processo alla cui formazione concorre una pluralità di soggetti, consta di un documento preliminare contenente le linee-guida, di una fase partecipativa sul documento preliminare, della raccolta di proposte mediante la convocazione del Comitato permanente per l'edilizia residenziale, di cui all'articolo 5, e di un documento definitivo, che, sulla base di criteri predeterminati dal Piano triennale e delle proposte degli Enti locali, seleziona definitivamente gli interventi da finanziare.
3. Con il documento preliminare la Giunta regionale, in relazione ai contenuti del piano triennale ed alle risorse definite annualmente con legge di bilancio, fissa i tempi e le procedure per la raccolta delle proposte dei Comuni, la localizzazione degli interventi degli operatori pubblici e privati e le modalità per la loro ammissione nel POA definitivo.
4. L'insieme delle proposte formulate dai Comuni relative anche agli interventi di operatori privati è valutato ai fini del loro inserimento nel POA definitivo.
5. Il POA indica, per ciascuna categoria di intervento, l'operatore pubblico o privato scelto per la realizzazione, l'area o l'immobile su cui intervenire ed inoltre:
a) l'attestazione comunale della conformità dell'intervento alla normativa urbanistica per assicurarne la rapida cantierabilità;
b) la fonte di finanziamento;
c) il contributo regionale assegnato;
d) le procedure e le modalità di controllo dell'attuazione del piano e di rendicontazione delle spese sostenute, nel caso di interventi pubblici;
e) le prescrizioni tecniche ed i tempi per le realizzazioni degli interventi;
f) [abrogata].
6. Il POA elenca gli interventi ammissibili al finanziamento che non trovano capienza nella disponibilità del programma. Tali interventi possono essere finanziati nel caso in cui, nel corso dell'attuazione, si verifichino rinunce o revoche.
7. In sede di approvazione del POA la Giunta regionale individua il responsabile tecnico della sua attuazione.
8. Il responsabile dell'attuazione assicura il costante monitoraggio dell'avanzamento degli interventi e relaziona ogni sei mesi alla Giunta regionale. Lo stesso propone alla Giunta regionale la revoca dei finanziamenti per quegli interventi che non rispettano le scadenze prefissate dal POA.
9. In deroga a quanto previsto dall'articolo 2 e dal presente articolo, la Giunta regionale può:
a) dare attuazione ad interventi straordinari promossi a livello nazionale o comunitario che richiedono una programmazione delle risorse incompatibile, nei tempi, con le procedure ordinarie previste dalla presente legge;
b) disporre, in carenza di risorse pubbliche, sentita la Commissione consiliare competente per materia, la realizzazione di interventi ritenuti urgenti e prioritari per il soddisfacimento di particolari esigenze abitative, nell'ambito dei principi e delle finalità di cui alla presente legge.
10. La Giunta regionale riferisce annualmente al Consiglio regionale sullo stato di avanzamento del POA»..
Nota all’articolo 305, comma 2, lettera c):
Il testo dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (si vedano le note all’articolo 109, comma 1), è il seguente:
«Art. 4 (Accertamento dell'handicap)
1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua, di cui all'articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.».
Nota all’articolo 307, comma 1:
Per la legge 8 novembre 2000, n. 328, si vedano le note all’articolo 265, commi 1, 2, 4 e 5.
Nota all’articolo 317, comma 1:
Per la legge 8 novembre 2000, n. 328, si vedano le note all’articolo 265, commi 1, 2, 4 e 5.
Nota all’articolo 319, comma 3:
Per la legge 8 novembre 2000, n. 328, si vedano le note all’articolo 265, commi 1, 2, 4 e 5.
Nota all’articolo 321, comma 1, lettera c):
La legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26, recante «Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali» è pubblicata nel s.o. n. 1 al Bollettino ufficiale della Regione 30 dicembre 2009, n. 58. Il presente provvedimento è stato abrogato dall’articolo 410, comma 1, lettera ffff) della legge regionale 9 aprile 2015, n. 11, per le norme transitorie e finali vedi l’articolo 409 della medesima l.r. 11/2015.
Nota all’articolo 327, comma 9:
La legge regionale 22 novembre 2004, n. 24, recante «Assegno di cura per l'assistenza a domicilio di anziani gravemente non autosufficienti» è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 1° dicembre 2004, n. 51. La presente legge è stata abrogata dall'articolo 17, comma 1 della legge regionale 4 giugno 2008, n. 9 (vedi anche, per le norme transitorie, il comma 2 del medesimo articolo).
Note all’articolo 331, comma 1:
Per il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 si vedano le note all’articolo 245, commi 1, 3 e 4.
Note all’articolo 332, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) e g):
- Il decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1979, recante «Perdita della personalità giuridica di diritto pubblico dell'Associazione nazionale fra mutilati ed invalidi del lavoro» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 9 maggio 1979, n. 125.
- Il decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, recante «Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra», (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 29 gennaio 1979, n. 28) è stato da ultimo modificata con legge 27 dicembre 2002, n 288.
Nota all’articolo 336, comma 4:
La legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3, recante «Disciplina regionale dei lavori pubblici e norme in materia di regolarità contributiva per i lavori pubblici», pubblicata nel s.o. n. 1 al Bollettino ufficiale della Regione 27 gennaio 2010, n. 5 è modificata con legge regionale 12 febbraio 2010, n. 9 e con legge regionale 6 febbraio 2015, n. 3.
Nota all’articolo 341, comma 1:
Il testo dell’articolo 4 della legge regionale 28 febbraio 2000, n. 13, recante «Disciplina generale della programmazione, del bilancio, dell'ordinamento contabile e dei controlli interni della Regione dell'Umbria» (pubblicata nel s.o. al Bollettino ufficiale della Regione 2 marzo 2000, n. 11), è il seguente:
«Art. 4 - Soggetti della programmazione regionale.
1. Gli Enti locali, le associazioni rappresentative delle varie forme e settori di impresa, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e autonomi, gli organismi rappresentativi degli interessi sociali, professionali, ambientali, culturali, del terzo settore e delle pari opportunità concorrono alla formazione degli strumenti di programmazione nelle forme e nei modi stabiliti dalle disposizioni regionali, nazionali e dell'Unione Europea.
2. Sono interlocutori ordinari della Regione nella definizione degli strumenti della programmazione, le istituzioni, gli organi e le strutture dell'Unione Europea, il Governo nazionale, le amministrazioni centrali dello Stato e i loro organi decentrati, le autonomie funzionali, le grandi agenzie di ricerca, le altre Regioni, il complesso degli enti pubblici.».
Note all’articolo 343, commi 1, 2 e 4:
- Il decreto legislativo12 aprile 2006, n. 163 (si vedano le note all’articolo 64, commi 2, 3 e 4) è stato abrogato dall’articolo 217, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, a decorrere dal 19 aprile 2016, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 220 del medesimo d.lgs. n. 50/2016.
- Il testo vigente degli articoli 1 e 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381, recante «Disciplina delle cooperative sociali» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 3 dicembre 1991, n. 283), è il seguente:
«1. Definizione.
1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:
a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;
b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
2. Si applicano alle cooperative sociali, in quanto compatibili con la presente legge, le norme relative al settore in cui le cooperative stesse operano.
3. La denominazione sociale, comunque formata, deve contenere l'indicazione di «cooperativa sociale».
5. Convenzioni.
1. Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all'articolo 4, comma 1. Le convenzioni di cui al presente comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei princìpi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza.
2. Per la stipula delle convenzioni di cui al comma 1 le cooperative sociali debbono risultare iscritte all'albo regionale di cui all'articolo 9, comma 1. Gli analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea debbono essere in possesso di requisiti equivalenti a quelli richiesti per l'iscrizione a tale albo e risultare iscritti nelle liste regionali di cui al comma 3, ovvero dare dimostrazione con idonea documentazione del possesso dei requisiti stessi.
3. Le regioni rendono noti annualmente, attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, i requisiti e le condizioni richiesti per la stipula delle convenzioni ai sensi del comma 1, nonché le liste regionali degli organismi che ne abbiano dimostrato il possesso alle competenti autorità regionali.
4. Per le forniture di beni o servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell'IVA sia pari o superiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, gli enti pubblici compresi quelli economici, nonché le società di capitali a partecipazione pubblica, nei bandi di gara di appalto e nei capitolati d'onere possono inserire, fra le condizioni di esecuzione, l'obbligo di eseguire il contratto con l'impiego delle persone svantaggiate di cui all'articolo 4, comma 1, e con l'adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo. La verifica della capacità di adempiere agli obblighi suddetti, da condursi in base alla presente legge, non può intervenire nel corso delle procedure di gara e comunque prima dell'aggiudicazione dell'appalto.».
- Il testo dell’articolo 10 della legge regionale 21 gennaio 2010, n. 3, (si veda la nota all’articolo 336, comma 4), è il seguente:
«Art. 10 - Osservatorio regionale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
1. È istituito, nell’ambito della Direzione regionale competente in materia di lavori pubblici, l’Osservatorio regionale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di seguito denominato Osservatorio regionale.
2. Al fine di garantire massima trasparenza nelle procedure di affidamento dei lavori, fermi gli obblighi in materia di comunicazioni all’Osservatorio regionale previsti dalla normativa statale e nel rispetto di quanto disposto dal Protocollo generale d’intesa sottoscritto tra l’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nonché dal Protocollo stipulato tra la medesima Autorità di vigilanza e la Regione Umbria, i soggetti aggiudicatori di cui all’articolo 2, comma 2, lettera b) ed il responsabile unico del procedimento per gli aspetti di relativa competenza, rilevano i dati e le informazioni riguardanti l’intero ciclo degli appalti e degli affidamenti e li comunicano all’Osservatorio regionale per lo svolgimento dei compiti di cui all’articolo 11.
3. Con regolamento attuativo la Giunta regionale definisce i dati, le informazioni, i tempi e le modalità procedurali di trasmissione da parte dei soggetti aggiudicatori e del responsabile unico del procedimento di cui al comma 2, nel rispetto dei principi di economicità e proporzionalità.
4. La Giunta regionale con propria deliberazione definisce l’organizzazione dell’Osservatorio regionale e la sua articolazione in sezioni.».
Note all’articolo 347, comma 4:
- Per il testo dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si vedano le note all’articolo 111, commi 2, lettera a) e b) e 3.
- Per il testo dell’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si vedano le note all’articolo 305, comma 2, lettera c).
Nota all’articolo 350, comma 1:
Il testo dell’articolo 21, comma 2 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si vedano le note all’articolo 265, comma 1, 2, 4 e 5), è il seguente:
«21. Sistema informativo dei servizi sociali.
Omissis
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge è nominata, con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, una commissione tecnica, composta da sei esperti di comprovata esperienza nel settore sociale ed in campo informativo, di cui due designati dal Ministro stesso, due dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, due dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. La commissione ha il compito di formulare proposte in ordine ai contenuti, al modello ed agli strumenti attraverso i quali dare attuazione ai diversi livelli operativi del sistema informativo dei servizi sociali. La commissione è presieduta da uno degli esperti designati dal Ministro per la solidarietà sociale. I componenti della commissione durano in carica due anni. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente comma, nel limite massimo di lire 250 milioni annue, sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali.
Omissis.».
Nota all’articolo 352, comma 1:
La legge 3 marzo 2009, n. 18, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità» è pubblicata nella Gazzetta ufficiale 14 marzo 2009, n. 61.
Nota all’articolo 356, comma 1, lettera a):
Per la legge 8 novembre 2000, n. 328 si vedano le note all’articolo 263, commi 1 e 4, lettera f).
Nota all’articolo 357, comma 1, lettera b):
Il testo dell’articolo 8, comma 3, lettere c), d), e), f) ed m) della legge 8 novembre 2000, n. 328 (si vedano le note all’articolo 265, comma 1, 2, 4 e 5), è il seguente
«8. Funzioni delle regioni.
Omissis.
3. Alle regioni, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, spetta in particolare l'esercizio delle seguenti funzioni:
Omissis
c) promozione e coordinamento delle azioni di assistenza tecnica per la istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali;
d) promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello europeo;
e) promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l'efficacia e l'efficienza dei servizi ed i risultati delle azioni previste;
f) definizione, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato, dei criteri per l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi a gestione pubblica o dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 4 e 5;
Omissis
m) predisposizione e finanziamento dei piani per la formazione e l'aggiornamento del personale addetto alle attività sociali;
Omissis.».
Note all’articolo 360, comma 6, lettere a), b) e c):
La legge 27 maggio 1991, n. 176, recante «Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989» è pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 11 giugno 1991, n. 135.
La legge 20 marzo 2003, n. 77, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996» è pubblicata nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 18 aprile 2003, n. 91.
Nota all’articolo 362, comma 1:
Per il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, si vedano le note all’articolo 26, commi 1, 4, 8 e 9.
Note all’articolo 363, comma 1, lettera b), f) e h):
- Il testo dell’articolo 1, comma 6 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, recante «Istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 30 dicembre 1997, n. 302), è il seguente:
«1. Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.
Omissis.
6. È istituita la giornata italiana per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, da celebrare il 20 novembre di ogni anno, nella ricorrenza della firma della citata Convenzione di New York. Il Governo, d'intesa con la Commissione, determina le modalità di svolgimento della giornata, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.».
- Il decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, recante «Regolamento recante riordino dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia, a norma dell'articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 23 luglio 2007, n. 169.
- Il testo vigente dell’articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (si vedano le note all’articolo 8, comma 6, lettere b) e c)), è il seguente:
«Art. 9 Intervento nel procedimento
1. Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.».
- La legge 3 agosto 1998, n. 269, recante «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù» è pubblicata nella Gazzetta ufficiale 10 agosto 1998, n. 185.
Nota all’articolo 370, comma 1:
Per la legge 11 agosto 1991, n. 266, si vedala nota all’articolo 219 quater bis, comma 1.
Nota all’articolo 371, comma 2, lettera b):
Il testo dell’articolo 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (si veda la nota all’articolo 370, comma 1), è il seguente:
«2. Attività di volontariato.
1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.
2. L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.
3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte.».
Nota all’articolo 373, comma 1, lettera b),punto 3:
Il decreto del Ministro delle Finanze 25 maggio 1995, recante «Criteri per l'individuazione delle attività commerciali e produttive marginali svolte dalle organizzazioni di volontariato» è pubblicato nella Gazzetta ufficiale 10 giugno 1995, n. 134.
Nota all’articolo 374, comma 4:
- Il testo dell’articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 ( si veda la nota all’articolo 219 quater bis, comma 1), è il seguente:
«15. Fondi speciali presso le regioni.
1. Gli enti di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 , devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e dell'accantonamento di cui alla lettera d) del comma 1 dello stesso articolo 12, venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.
2. Le casse di risparmio, fino a quando non abbiano proceduto alle operazioni di ristrutturazione di cui all'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 356 del 1990, devono destinare alle medesime finalità di cui al comma 1 del presente articolo una quota pari ad un decimo delle somme destinate ad opere di beneficenza e di pubblica utilità ai sensi dell'articolo 35, terzo comma, del regio decreto 25 aprile 1929, n. 967 , e successive modificazioni.
3. Le modalità di attuazione delle norme di cui ai commi 1 e 2, saranno stabilite con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, entro tre mesi dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
- Il testo dell’articolo 2, comma 2 del decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre 1997, recane «Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 15 ottobre 1997, n. 241), è il seguente:
«2. Fondo speciale presso ogni regione.
Omissis.
2. Ogni fondo speciale è amministrato da un comitato di gestione composto:
a) da un membro in rappresentanza della regione competente, designato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia;
b) da quattro rappresentanti delle organizzazioni di volontariato - iscritte nei registri regionali - maggiormente presenti nel territorio regionale, nominati secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia;
c) da un membro nominato dal Ministro per la solidarietà sociale;
d) da sette membri nominati dagli enti e dalle casse di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto secondo le modalità di cui al successivo comma 7;
e) da un membro nominato dall'Associazione fra le casse di risparmio italiane secondo le modalità di cui al successivo comma 8;
f) da un membro in rappresentanza degli enti locali della regione, nominato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia.
Omissis. ».
Note all’articolo 378, commi 4 e 5:
- Il testo dell’articolo 8 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (si veda la nota all’articolo 219 quater bis, comma 1), è il seguente
«8. Agevolazioni fiscali.
1. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, e quelli connessi allo svolgimento delle loro attività sono esenti dall'imposta di bollo e dall'imposta di registro (6).
2. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto; le donazioni e le attribuzioni di eredità o di legato sono esenti da ogni imposta a carico delle organizzazioni che perseguono esclusivamente i fini suindicati.
3. ... (Aggiunge il comma 1-ter all'art. 17, L. 29 dicembre 1990, n. 408).
4. I proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali non costituiscono redditi imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato. I criteri relativi al concetto di marginalità di cui al periodo precedente, sono fissati dal Ministro delle finanze con proprio decreto, di concerto con il Ministro per gli affari sociali.».
- Il testo vigente dell’articolo 10, comma 8 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, recante «Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale» (pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 2 gennaio 1998, n. 1), è il seguente:
«10. Organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
Omissis.
8. Sono in ogni caso considerati ONLUS, nel rispetto della loro struttura e delle loro finalità, gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266 , iscritti nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49 , e le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381 , nonché i consorzi di cui all'articolo 8 della predetta legge n. 381 del 1991 che abbiano la base sociale formata per il cento per cento da cooperative sociali. Sono fatte salve le previsioni di maggior favore relative agli organismi di volontariato, alle organizzazioni non governative e alle cooperative sociali di cui, rispettivamente, alle citate leggi n. 266 del 1991 , n. 49 del 1987 e n. 381 del 1991.
Omissis.».
- Il testo dell’articolo 2, comma 2 del decreto del Ministero del tesoro 8 ottobre 1997, recante «Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 15 ottobre 1997, n. 241), è il seguente:
«2. Fondo speciale presso ogni regione.
1. Omissis.
2. Ogni fondo speciale è amministrato da un comitato di gestione composto:
a) da un membro in rappresentanza della regione competente, designato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia;
b) da quattro rappresentanti delle organizzazioni di volontariato - iscritte nei registri regionali - maggiormente presenti nel territorio regionale, nominati secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia;
c) da un membro nominato dal Ministro per la solidarietà sociale;
d) da sette membri nominati dagli enti e dalle casse di cui all'art. 1, comma 1, del presente decreto secondo le modalità di cui al successivo comma 7;
e) da un membro nominato dall'Associazione fra le casse di risparmio italiane secondo le modalità di cui al successivo comma 8;
f) da un membro in rappresentanza degli enti locali della regione, nominato secondo le previsioni delle disposizioni regionali in materia.
Omissis.».
Nota all’articolo 379, comma 1:
Per il testo dell’articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 si veda la nota all’articolo 374, comma 4.
Nota all’articolo 382, comma 1:
Il testo dell’articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (si veda la nota all’articolo 219 quater bis), comma 1, è il seguente:
«7. Convenzioni.
1. Lo Stato, le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le organizzazioni di volontariato iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all'articolo 6 e che dimostrino attitudine e capacità operativa.
2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese.
3. La copertura assicurativa di cui all'articolo 4 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.».
Nota all’articolo 385, commi 1 e 2:
Il testo dell’articolo 8 della legge regionale 21 ottobre 1981, n. 69 (si vedano le note all’articolo 52, comma 3), è il seguente:
«Art. 8 - Modalità di attuazione delle attività di formazione professionale.
L'attuazione delle attività di formazione professionale comprese nel piano attuativo annuale, spetta alla Regione o alle Province, secondo le rispettive competenze.
Ai fini di cui al primo comma la Regione e le Province possono avvalersi, mediante convenzione, del concorso dell'Università, delle Scuole statali, degli Enti regionali o di altri Enti od Istituti specializzati, possono prendere altresì accordi e stipulare convenzioni con imprese e loro consorzi per assicurarsi le prestazioni di personale particolarmente specializzato, nonché per la realizzazione, mediante loro attrezzature e servizi, di periodi di tirocinio pratico o di specifiche esperienze operative, purché non finalizzati a scopi di produzione aziendale o alla commercializzazione degli eventuali manufatti.
Per la realizzazione delle attività formative, i soggetti di cui al primo comma, utilizzano le strutture pubbliche esistenti ed operano, ove necessario, il loro adeguamento strutturale e funzionale. Per le esigenze non soddisfatte, si avvalgono mediante convenzione, delle strutture di enti, associazioni e centri privati, con particolare riguardo a quelli che siano emanazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative, sul piano nazionale, dei lavoratori dipendenti o autonomi, degli imprenditori ovvero dei movimenti associativi di carattere cooperativo o con finalità formative e sociali, ed i quali concorrono alla realizzazione delle finalità della programmazione regionale in materia di formazione professionale.
Per essere ammessi alla stipula delle convenzioni, i soggetti privati di cui al precedente comma devono possedere i seguenti requisiti e rispondere alle seguenti condizioni:
1) avere come fine la formazione professionale;
2) disporre di strutture, capacità organizzative e attrezzature idonee;
3) non perseguire scopi di lucro;
4) garantire il controllo sociale delle attività;
5) applicare per il personale il contratto nazionale di lavoro di categoria, avvalendosi ove possibile, di quello ricompreso nelle graduatorie di cui all'art. 19-Quinquies;
6) rendere pubblico il bilancio annuale per ciascun centro di attività;
7) accettare il controllo della Regione anche mediante ispezioni sul corretto utilizzo dei finanziamenti erogati e sull'applicazione della convenzione;
8) garantire i diritti degli allievi ai sensi del successivo art. 15.
I soggetti di cui al primo comma, possono stipulare convenzioni con imprese o loro consorzi, ai sensi dell'art. 5, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845.
Nell'ambito dell'attuazione degli interventi formativi, i soggetti privati, d'intesa con la Regione, potranno accedere mediante convenzione alle strutture, ai servizi e alle attrezzature dell'Università, di scuole, di Enti od Istituti specializzati, ovvero di imprese e loro consorzi.».
Note all’articolo 387, comma 1:
Il testo dell’articolo 2 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, recante «Disciplina delle associazioni di promozione sociale» (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 27 dicembre 2000, n. 300), è il seguente:
«2. Associazioni di promozione sociale.
1. Sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati.
2. Non sono considerate associazioni di promozione sociale, ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati.
3. Non costituiscono altresì associazioni di promozione sociale i circoli privati e le associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all'ammissione degli associati o prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale.».
Nota all’articolo 389, comma 5:
Il testo dell’articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (si veda la nota all’articolo 387, comma 1), è il seguente:
«7. Registri.
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali è istituito un registro nazionale al quale possono iscriversi, ai fini dell'applicazione della presente legge, le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, costituite ed operanti da almeno un anno. Alla tenuta del registro si provvede con le ordinarie risorse finanziarie, umane e strumentali del Dipartimento per gli affari sociali.
2. Per associazioni di promozione sociale a carattere nazionale si intendono quelle che svolgono attività in almeno cinque regioni ed in almeno venti province del territorio nazionale.
3. L'iscrizione nel registro nazionale delle associazioni a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale e dei circoli affiliati, mantenendo a tali soggetti i benefìci connessi alla iscrizione nei registri di cui al comma 4.
4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, rispettivamente, registri su scala regionale e provinciale, cui possono iscriversi tutte le associazioni in possesso dei requisiti di cui all'articolo 2, che svolgono attività, rispettivamente, in àmbito regionale o provinciale.».
Nota all’articolo 391, comma 2:
Il testo dell’articolo 23 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (si veda la nota all’articolo 387, comma 1), è il seguente:
«23. Tributi locali.
1. Gli enti locali possono deliberare riduzioni sui tributi di propria competenza per le associazioni di promozione sociale, qualora non si trovino in situazioni di dissesto ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni.».
Nota all’articolo 395, comma 1:
Il testo dell’articolo 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383 (si veda la nota all’articolo 387, comma 1), è il seguente:
«30. Convenzioni.
1. Lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e gli altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nei registri di cui all'articolo 7, per lo svolgimento delle attività previste dallo statuto verso terzi.
2. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l'esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività stabilite dalle convenzioni stesse. Devono inoltre prevedere forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità nonché le modalità di rimborso delle spese.
3. Le associazioni di promozione sociale che svolgono attività mediante convenzioni devono assicurare i propri aderenti che prestano tale attività contro gli infortuni e le malattie connessi con lo svolgimento dell'attività stessa, nonché per la responsabilità civile verso terzi.
4. Con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati con polizze anche numeriche o collettive e sono disciplinati i relativi controlli.
5. La copertura assicurativa di cui al comma 3 è elemento essenziale della convenzione e gli oneri relativi sono a carico dell'ente con il quale viene stipulata la convenzione medesima.
6. Le prescrizioni di cui al presente articolo si applicano alle convenzioni stipulate o rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.».
Nota all’articolo 397, comma 2:
Per la legge 8 novembre 1991, n. 381, si vedano le note all’articolo 343, commi 1, 2 e 4.
Nota all’articolo 398, comma 2, lettera c):
Il testo dell’articolo 8 della legge 8 novembre 1991, n. 381 (si vedano le note all’articolo 343, commi 1, 2 e 4), è il seguente:
«8. Consorzi.
1. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano ai consorzi costituiti come società cooperative aventi la base sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali.».
Note all’articolo 401, comma 2, lettere a) e d):
- La legge regionale 23 luglio 2003, n. 11, recane «Interventi a sostegno delle politiche attive del lavoro, modificazioni ed integrazioni della legge regionale 25 novembre 1998, n. 41 e disciplina del Fondo regionale per l'occupazione dei disabili», pubblicata nel Bollettino ufficiale 6 agosto 2003, n. 32 è modificata con legge regionale 17 febbraio 2005, n. 9 e legge regionale 2 maggio 2007, n. 10.
- Per la legge 8 novembre 1991, n. 381 si vedano le note all’articolo 343, commi 1, 2 e 4.
Nota all’articolo 403, comma 5:
Il testo vigente dell’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381 (si vedano le note all’articolo 343, commi 1, 2 e 4), è il seguente
«5. Convenzioni.
1. Gli enti pubblici, compresi quelli economici, e le società di capitali a partecipazione pubblica, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, possono stipulare convenzioni con le cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), ovvero con analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea, per la fornitura di beni e servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo stimato al netto dell'IVA sia inferiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, purché tali convenzioni siano finalizzate a creare opportunità di lavoro per le persone svantaggiate di cui all'articolo 4, comma 1. Le convenzioni di cui al presente comma sono stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei princìpi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza.
2. Per la stipula delle convenzioni di cui al comma 1 le cooperative sociali debbono risultare iscritte all'albo regionale di cui all'articolo 9, comma 1. Gli analoghi organismi aventi sede negli altri Stati membri della Comunità europea debbono essere in possesso di requisiti equivalenti a quelli richiesti per l'iscrizione a tale albo e risultare iscritti nelle liste regionali di cui al comma 3, ovvero dare dimostrazione con idonea documentazione del possesso dei requisiti stessi.
3. Le regioni rendono noti annualmente, attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, i requisiti e le condizioni richiesti per la stipula delle convenzioni ai sensi del comma 1, nonché le liste regionali degli organismi che ne abbiano dimostrato il possesso alle competenti autorità regionali.
4. Per le forniture di beni o servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato al netto dell'IVA sia pari o superiore agli importi stabiliti dalle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, gli enti pubblici compresi quelli economici, nonché le società di capitali a partecipazione pubblica, nei bandi di gara di appalto e nei capitolati d'onere possono inserire, fra le condizioni di esecuzione, l'obbligo di eseguire il contratto con l'impiego delle persone svantaggiate di cui all'articolo 4, comma 1, e con l'adozione di specifici programmi di recupero e inserimento lavorativo. La verifica della capacità di adempiere agli obblighi suddetti, da condursi in base alla presente legge, non può intervenire nel corso delle procedure di gara e comunque prima dell'aggiudicazione dell'appalto.».
Note all’articolo 408, comma 1, lettere b), c), f), g), k), l), o bis), q), r) e s), comma 2, lettere b), c), d), e), f), g), h), l), m), n), o), p), q), r), s), t) e v) e commi 3 e 4:
- Il testo vigente dell’articolo 38 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42» (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 26 luglio 2011, n. 172), è il seguente:
«Art. 38 Leggi regionali di spesa e relativa copertura finanziaria
1. Le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare le quantificazioni dell'onere annuo alla legge di bilancio.
2. Le leggi regionali che dispongono spese a carattere pluriennale indicano l'ammontare complessivo della spesa, nonché la quota eventualmente a carico del bilancio in corso e degli esercizi successivi. La legge di stabilità regionale può annualmente rimodulare le quote previste per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione e per gli esercizi successivi, nei limiti dell'autorizzazione complessiva di spesa.».
- La legge regionale 26 maggio 2004, n. 7, recante «Disposizioni in materia di finanziamento degli investimenti del Servizio sanitario regionale», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 9 giugno 2004, n. 24 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera lll) della presente legge.
- La legge regionale 6 agosto 2004, n. 18, recante «Interventi di assistenza sanitaria in favore di Paesi extracomunitari in gravi difficoltà assistenziali sanitarie», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 18 agosto 2004, n. 34 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera nnn) della presente legge.
- La legge regionale 16 agosto 2001, n. 20, recante «Trasferimento alle Aziende USL delle funzioni di cui alla legge n. 210/1992 - Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati, nonché a causa di vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria, di cui all'art. 3, comma 3, della legge 14 ottobre 1999, n. 362», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 29 agosto 2001, n. 41 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera fff) della presente legge.
- La legge regionale 7 maggio 2008, n. 7, recante «Istituzione nelle Aziende Unità Sanitarie Locali (USL) della Regione Umbria del Servizio di assistenza odontoiatrica protesica ed ortesica», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 14 maggio 2008, n. 23 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera cccc) della presente legge.
- Per il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 si vedano le note all’articolo 177, commi 1 e 2.
- Per la legge 14 agosto 1991, n. 281, si veda la nota all’articolo 206, comma 1.
- La legge regionale 6 dicembre 2002, n. 26, recante «Contributi a favore dei mutilati ed invalidi di guerra e
categorie assimilate per cure climatiche, soggiorni terapeutici e cure termali», pubblicata nel Bollettino ufficiale 18 dicembre 2002, n. 57 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera kkk) della presente legge.
- La legge regionale 28 febbraio 2005, n. 18, recante «Tutela della salute psicofisica della persona sul luogo di lavoro e prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing», pubblicata nel Bollettino ufficiale 16 marzo 2005, n. 12 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera uuu) della presente legge.
- La legge regionale 28 dicembre 2009, n. 26, recante «Disciplina per la realizzazione del Sistema Integrato di Interventi e Servizi Sociali», pubblicata nel s.o. n. 1 al Bollettino ufficiale della Regione 30 dicembre 2009, n. 58 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera ffff) della presente legge.
- La legge regionale 20 dicembre 2004, n. 28, recante «Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 29 dicembre 2004, n. 56 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera ppp) della presente legge.
- La legge regionale 27 settembre 2012, n. 14, recante «Norme a tutela della promozione e della valorizzazione dell'invecchiamento attivo», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 3 ottobre 2012, n. 43 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera mmmm) della presente legge.
- La legge regionale 3 ottobre 2007, n. 28, recante «Interventi per il sostegno e la qualificazione dell'attività di assistenza familiare domiciliare», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 10 ottobre 2007, n. 44 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera aaaa) della presente legge.
- La legge regionale 21 febbraio 2008, n. 1, recante «Istituzione del Fondo di emergenza per le famiglie delle vittime di incidenti mortali del lavoro», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 27 febbraio 2008, n. 9 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera bbbb) della presente legge.
- La legge regionale 24 luglio 2007, n. 25, recante «Prestito sociale d'onore. Istituzione di un fondo per agevolarne l'accesso», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 1° agosto 2007, n. 34 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera zzz) della presente legge.
- La legge regionale 17 gennaio 1984, n. 3, recante «Erogazione di provvidenze a favore degli Enti di tutela e assistenza agli invalidi» pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 20 gennaio 1984, n. 6 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera cc) della presente legge.
- La legge regionale 16 febbraio 2010, n. 13, recante «Disciplina dei servizi e degli interventi a favore della famiglia», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 24 febbraio 2010, n. 9 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera gggg) della presente legge.
- La legge regionale 29 luglio 2009, n. 18, recante «Istituzione del Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 5 agosto 2009, n. 35 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera eeee) della presente legge.
- La legge regionale 18 ottobre 2006, n. 13, recante «Istituzione del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 31 ottobre 2006, n. 50 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera vvv) della presente legge.
- La legge regionale 16 novembre 2004, n. 22, recante «Norme sull'associazionismo di promozione sociale», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 24 novembre 2004, n. 50 è stata abrogata dall’articolo 410, comma 1, lettera ooo) della presente legge.
- Per la legge 7 dicembre 2000, n. 383 si vedano le note all’articolo 387, comma 1.
- La legge regionale 23 luglio 2003, n. 11, recante «Interventi a sostegno delle politiche attive del lavoro, modificazioni ed integrazioni della legge regionale 25 novembre 1998, n. 41 e disciplina del Fondo regionale per l'occupazione dei disabili» è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 6 agosto 2003, n. 32.
Note all’articolo 409, commi 1 e 4:
- Per la legge regionale 12 novembre 2012, n. 18 si veda la nota all’articolo 18, comma 1.
- La legge regionale 20 gennaio 1998, n. 3, recante «Ordinamento del sistema sanitario regionale» pubblicata nel s.o. al Bollettino ufficiale della Regione 28 gennaio 1998, n. 7, è stata abrogata dall’articolo 61, comma 1, lettera a), L.R. 12 novembre 2012, n. 18.
- Per l’articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 si vedano le note all’articolo 3, comma 1.
Note all’articolo 410, comma 1:
- Le leggi regionali 19 luglio 1972, n. 13, 15 dicembre 1972, n. 27, 22 gennaio 1973, n. 9, 29 marzo 1974, n. 23, 29 marzo 1974, n. 24, 6 marzo 1975, n. 13, 21 marzo 1975, n. 15, 2 aprile 1975, n. 19, 12 maggio 1975, n. 26, 27 gennaio 1977, n. 8, 26 luglio 1977, n. 35, 26 luglio 1977, n. 35, 9 agosto 1977, n. 42, 28 marzo 1978, n. 13, 31 luglio 1978, n. 36, 19 dicembre 1979, n. 65, 28 dicembre 1979, n. 72, 27 febbraio 1980, n. 10, 17 maggio 1980, n. 43, 17 maggio 1980, n. 46, 16 gennaio 1981, n. 4, 6 maggio 1981, n. 25, 8 giugno 1981, n.31, 7 aprile 1982, n. 19, 14 maggio 1982, n. 24, 30 agosto 1982, n. 45, 30 agosto 1982, n. 46, 13 luglio 1983, n. 26, 13 luglio 1983, n. 27, 17 gennaio 1984, n. 3, 3 agosto 1984, n. 34, 14 gennaio 1985, n. 1, 11 marzo 1985, n. 10, 21 marzo 1985, n. 11, 14 aprile 1986, n. 16, 21 gennaio 1987, n. 4, 17 marzo 1987, n. 17, 20 maggio 1987, n. 27, 20 gennaio 1988, n. 2, 12 giugno 1989, n. 16, 27 marzo 1990, n. 9, 27 aprile 1990, n. 33, 27 aprile 1990, n. 32, 15 aprile 1992, n. 8, 25 maggio 1994, n. 15, 25 maggio 1994, n. 15, 19 luglio 1994, n. 19, 12 agosto 1994, n. 28, 2 dicembre 1994, n. 37, 30 marzo 1995, n. 17, 19 dicembre 1995, n. 51, 6 agosto 1997, n. 24, 10 luglio 1998, n. 23, 30 giugno 1999, n. 20, 19 novembre 1999, n. 31, 16 agosto 2001, n. 20, 22 ottobre 2001, n. 27, 28 novembre 2001, n. 31, 17 luglio 2002, n. 13, 6 dicembre 2002, n. 25, 6 dicembre 2002, n. 26, 26 maggio 2004, n. 21 luglio 2004, n. 12, 6 agosto 2004, n. 18, 16 novembre 2004, n. 22, 20 dicembre 2004, n. 28, 23 dicembre 2004, n. 32, 28 dicembre 2004, n. 35, 17 febbraio 2005, n. 9, 28 febbraio 2005, n. 18, 18 ottobre 2006, n. 13, 22 gennaio 2007, n. 1, 13 febbraio 2007, n. 4, 24 luglio 2007, n. 25, 3 ottobre 2007, n. 28, 21 febbraio 2008, n. 1, 7 maggio 2008, n. 7, 4 giugno 2008, n. 9, 29 luglio 2009, n. 18, 28 dicembre 2009, n. 26, 16 febbraio 2010, n. 13, 7 ottobre 2010, n. 21, 10 dicembre 2010, n. 24, 20 luglio 2011, n. 6, 4 novembre 2011, n. 13, 27 settembre 2012, n. 14, 12 novembre 2012, n. 18 e 26 febbraio 2014, n. 1 sono state abrogate dall’articolo 410 della presente legge.
- L’articolo 10 della legge regionale 10 aprile 1990, n. 18, recante «Interventi a favore degli immigrati extracomunitari» (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 18 aprile 1990, n. 16) è stato abrogato dall’articolo 410, comma 1, lettera oo) della presente legge.
- Il comma 1 dell’articolo 12 della legge regionale 21 giugno 1994, n. 18, recante «Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1994 e annesso bilancio pluriennale 1994/1996» (pubblicata nel s.s. al Bollettino ufficiale della Regione 22 giugno 1994, n. 27), è stato abrogato dall’articolo 410, comma 1, lettera uu) della presente legge.
- Il comma 3 dell’articolo 15 bis e l’articolo 18 della legge regionale 18 aprile 1997, n. 14, recante «Norme sull'amministrazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare regionale e delle aziende sanitarie locali» (pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione 23 aprile 1997, n. 20), sono stati abrogati dall’articolo 410, comma 1, lettera aaa) della presente legge.
- L’articolo 1 della legge regionale 29 marzo 2007, n. 8, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2007 in materia di entrate e di spese» (pubblicata nel s.s. n. 2 al Bollettino ufficiale della Regione 30 marzo 2007, n. 14), è stato abrogato dall’articolo 410, comma 1, lettera yyy) della presente legge.
- Il comma 1 dell’articolo 14 della legge regionale 4 aprile 2012, n 7, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2012 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali» (Pubblicata nel s.s. n. 2 al Bollettino ufficiale della Regione 5 aprile 2012, n. 15), è stato abrogato dall’articolo 410, comma 1, lettera lll) della presente legge.
- Il comma 1 dell’articolo 19 e l’articolo 21 della legge regionale 9 aprile 2013, n. 8, recante «Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2013 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali» (pubblicata nel s.s. n. 3 al Bollettino ufficiale della Regione 10 aprile 2013, n. 18) sono stati abrogati dall’articolo 410, comma 1, lettera ooo) della presente legge.
- La legge regionale 21 giugno 2013, n. 12, recante «Norme su perequazione, premialità e compensazione in materia di governo del territorio e modificazioni di leggi regionali» (Pubblicata nel s.o. n. 1 al Bollettino ufficiala della Regione 26 giugno 2013, n. 29) è stata abrogata dall'articolo 271, comma 1, lettera bb) della legge regionale 21 gennaio 2015, n. 1, a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
 

Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502
Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421
Pubblicato nel s.o. alla Gazzetta ufficiale 30 dicembre 1992, n. 305
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° dicembre 1992;
Acquisito il parere delle commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 dicembre 1992;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro;
Emana il seguente decreto legislativo:
 

TITOLO I Ordinamento
1.  Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza.
1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti e istituzioni di rilievo nazionale, nell'ambito dei conferimenti previsti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché delle funzioni conservate allo Stato dal medesimo decreto.
2. Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche individuate ai sensi del comma 3 e in coerenza con i princìpi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei princìpi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell'equità nell'accesso all'assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell'economicità nell'impiego delle risorse.
3. L'individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza assicurati dal Servizio sanitario nazionale, per il periodo di validità del Piano sanitario nazionale, è effettuata contestualmente all'individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l'intero sistema di finanza pubblica nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Le prestazioni sanitarie comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla legislazione vigente.
4. Le regioni, singolarmente o attraverso strumenti di autocoordinamento, elaborano proposte per la predisposizione del Piano sanitario nazionale, con riferimento alle esigenze del livello territoriale considerato e alle funzioni interregionali da assicurare prioritariamente, anche sulla base delle indicazioni del Piano vigente e dei livelli essenziali di assistenza individuati in esso o negli atti che ne costituiscono attuazione. Le regioni trasmettono al Ministro della sanità, entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione annuale sullo stato di attuazione del piano sanitario regionale, sui risultati di gestione e sulla spesa prevista per l'anno successivo.
5. Il Governo, su proposta del Ministro della sanità, sentite le commissioni parlamentari competenti per la materia, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione dell'atto, nonché le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, le quali rendono il parere entro venti giorni, predispone il Piano sanitario nazionale, tenendo conto delle proposte trasmesse dalle regioni entro il 31 luglio dell'ultimo anno di vigenza del piano precedente, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 4. Il Governo, ove si discosti dal parere delle commissioni parlamentari, è tenuto a motivare. Il piano è adottato ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 gennaio 1991, n. 13, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
6. I livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta individuate dal Piano sanitario nazionale. Tali livelli comprendono, per il 1998-2000:
a) l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;
b) l'assistenza distrettuale;
c) l'assistenza ospedaliera.
7. Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che:
a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai princìpi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2;
b) non soddisfano il principio dell'efficacia e dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate;
c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell'economicità nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell'assistenza.
8. Le prestazioni innovative per le quali non sono disponibili sufficienti e definitive evidenze scientifiche di efficacia possono essere erogate in strutture sanitarie accreditate dal Servizio sanitario nazionale esclusivamente nell'ambito di appositi programmi di sperimentazione autorizzati dal Ministero della sanità.
9. Il Piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è adottato dal Governo entro il 30 novembre dell'ultimo anno di vigenza del Piano precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato nel corso del triennio con la procedura di cui al comma 5.
10. Il Piano sanitario nazionale indica:
a) le aree prioritarie di intervento, anche ai fini di una progressiva riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute;
b) i livelli essenziali di assistenza sanitaria da assicurare per il triennio di validità del Piano;
c) la quota capitaria di finanziamento per ciascun anno di validità del Piano e la sua disaggregazione per livelli di assistenza;
d) gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario nazionale verso il miglioramento continuo della qualità dell'assistenza, anche attraverso la realizzazione di progetti di interesse sovra regionale;
e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante l'integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali;
f) le finalità generali e i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria, prevedendo altresì il relativo programma di ricerca;
g) le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno e alla valorizzazione delle risorse umane;
h) le linee guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici allo scopo di favorire, all'interno di ciascuna struttura sanitaria, lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della pratica clinica e assistenziale e di assicurare l'applicazione dei livelli essenziali di assistenza;
i) i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti.
11. I progetti obiettivo previsti dal Piano sanitario nazionale sono adottati dal Ministro della sanità con decreto di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con gli altri Ministri competenti per materia, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
12. La Relazione sullo stato sanitario del Paese, predisposta annualmente dal Ministro della sanità:
a) illustra le condizioni di salute della popolazione presente sul territorio nazionale;
b) descrive le risorse impiegate e le attività svolte dal Servizio sanitario nazionale;
c) espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano sanitario nazionale;
d) riferisce sui risultati conseguiti dalle regioni in riferimento all'attuazione dei piani sanitari regionali;
e) fornisce indicazioni per l'elaborazione delle politiche sanitarie e la programmazione degli interventi.
13. Il piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale. Le regioni, entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di partecipazione delle autonomie locali, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis, nonché delle formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel campo dell'assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni sindacali degli operatori sanitari pubblici e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale.
14. Le regioni e le province autonome trasmettono al Ministro della sanità i relativi schemi o progetti di piani sanitari allo scopo di acquisire il parere dello stesso per quanto attiene alla coerenza dei medesimi con gli indirizzi del Piano sanitario nazionale. Il Ministro della sanità esprime il parere entro 30 giorni dalla data di trasmissione dell'atto, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali.
15. Il Ministro della sanità, avvalendosi dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, promuove forme di collaborazione e linee guida comuni in funzione dell'applicazione coordinata del Piano sanitario nazionale e della normativa di settore, salva l'autonoma determinazione regionale in ordine al loro recepimento.
16. La mancanza del Piano sanitario regionale non comporta l'inapplicabilità delle disposizioni del Piano sanitario nazionale.
17. Trascorso un anno dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale senza che la regione abbia adottato il Piano sanitario regionale, alla regione non è consentito l'accreditamento di nuove strutture. Il Ministro della sanità, sentita la regione interessata, fissa un termine non inferiore a tre mesi per provvedervi. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adotta gli atti necessari per dare attuazione nella regione al Piano sanitario nazionale, anche mediante la nomina di commissari ad acta.
18. Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate di cui all'articolo 4, comma 12, alla realizzazione dei doveri costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo etico-culturale dei servizi alla persona. Esclusivamente ai fini del presente decreto sono da considerarsi a scopo non lucrativo le istituzioni che svolgono attività nel settore dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria, qualora ottemperino a quanto previsto dalle disposizioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettere d), e), f), g), e h), e comma 6 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; resta fermo quanto disposto dall'articolo 10, comma 7, del medesimo decreto. L'attribuzione della predetta qualifica non comporta il godimento dei benefìci fiscali previsti in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale dal decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460. Le attività e le funzioni assistenziali delle strutture equiparate di cui al citato articolo 4, comma 12, con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale, sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito negli specifici accordi di cui all’articolo 8-quinquies.
2.  Competenze regionali.
1. Spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.
2. Spettano in particolare alle regioni la determinazione dei princìpi sull'organizzazione dei servizi e sull'attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unità sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie.
2-bis. La legge regionale istituisce e disciplina la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e soc io-sanitaria regionale, assicurandone il raccordo o l'inserimento nell'organismo rappresentativo delle autonomie locali, ove istituito. Fanno, comunque, parte della Conferenza: il sindaco del comune nel caso in cui l'ambito territoriale dell'Azienda unità sanitaria locale coincida con quella del comune; il presidente della Conferenza dei sindaci, ovvero il sindaco o i presidenti di circoscrizione nei casi in cui l'ambito territoriale dell'unità sanitaria locale sia rispettivamente superiore o inferiore al territorio del Comune; rappresentanti delle associazioni regionali delle autonomie locali.
2-ter. Il progetto del Piano sanitario regionale è sottoposto alla Conferenza di cui al comma 2-bis, ed è approvato previo esame delle osservazioni eventualmente formulate dalla Conferenza. La Conferenza partecipa, altresì, nelle forme e con le modalità stabilite dalla legge regionale, alla verifica della realizzazione del Piano attuativo locale, da parte delle aziende ospedaliere di cui all'articolo 4, e dei piani attuativi metropolitani.
2-quater. Le regioni, nell'ambito della loro autonomia, definiscono i criteri e le modalità anche operative per il coordinamento delle strutture sanitarie operanti nelle aree metropolitane di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché l'eventuale costituzione di appositi organismi.
2-quinquies. La legge regionale disciplina il rapporto tra programmazione regionale e programmazione attuativa locale, definendo in particolare le procedure di proposta, adozione e approvazione del Piano attuativo locale e le modalità della partecipazione ad esse degli enti locali interessati. Nelle aree metropolitane il piano attuativo metropolitano è elaborato dall'organismo di cui al comma 2-quater, ove costituito.
2-sexies. La regione disciplina altresì:
a) l'articolazione del territorio regionale in unità sanitarie locali, le quali assicurano attraverso servizi direttamente gestiti l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, l'assistenza distrettuale e l'assistenza ospedaliera, salvo quanto previsto dal presente decreto per quanto attiene alle aziende ospedaliere di rilievo nazionale e interregionale e alle altre strutture pubbliche e private accreditate;
b) i princìpi e criteri per l'adozione dell'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis;
c) la definizione dei criteri per l'articolazione delle unità sanitarie locali in distretti, da parte dell'atto di cui all'articolo 3, comma 1-bis, tenendo conto delle peculiarità delle zone montane e a bassa densità di popolazione;
d) il finanziamento delle unità sanitarie locali, sulla base di una quota capitaria corretta in relazione alle caratteristiche della popolazione residente con criteri coerenti con quelli indicati all'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
e) le modalità di vigilanza e di controllo, da parte della regione medesima, sulle unità sanitarie locali, nonché di valutazione dei risultati delle stesse, prevedendo in quest'ultimo caso forme e modalità di partecipazione della Conferenza dei sindaci;
f) l'organizzazione e il funzionamento delle attività di cui all'articolo 19-bis, comma 3, in raccordo e cooperazione con la Commissione nazionale di cui al medesimo articolo;
g) fermo restando il generale divieto di indebitamento, la possibilità per le unità sanitarie locali di:
1) anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo dell'ammontare annuo del valore dei ricavi, inclusi i trasferimenti, iscritti nel bilancio preventivo annuale;
2) contrazione di mutui e accensione di altre forme di credito, di durata non superiore a dieci anni, per il finanziamento di spese di investimento e previa autorizzazione regionale, fino a un ammontare complessivo delle relative rate, per capitale e interessi, non superiore al quindici per cento delle entrate proprie correnti, a esclusione della quota di fondo sanitario nazionale di parte corrente attribuita alla regione;
h) le modalità con cui le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere assicurano le prestazioni e i servizi contemplati dai livelli aggiuntivi di assistenza finanziati dai comuni ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera l), della legge 30 novembre 1998, n. 419.
2-septies. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni istituiscono l'elenco delle istituzioni e degli organismi a scopo non lucrativo di cui all'articolo 1, comma 18.
2-octies. Salvo quanto diversamente disposto, quando la regione non adotta i provvedimenti previsti dai commi 2-bis e 2-quinquies, il Ministro della sanità, sentite la regione interessata e l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, fissa un congruo termine per provvedere; decorso tale termine, il Ministro della sanità, sentito il parere della medesima Agenzia e previa consultazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, propone al Consiglio dei Ministri l'intervento sostitutivo, anche sotto forma di nomina di un commissario ad acta. L'intervento adottato dal Governo non preclude l'esercizio delle funzioni regionali per le quali si è provveduto in via sostitutiva ed è efficace sino a quando i competenti organi regionali abbiano provveduto.
3.  Organizzazione delle unità sanitarie locali
1. Le regioni, attraverso le unità sanitarie locali, assicurano i livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, avvalendosi anche delle aziende di cui all'articolo 4.
1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei princìpi e criteri previsti da disposizioni regionali. L'atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnicoprofessionale, soggette a rendicontazione analitica.
1-ter. (Abrogato).
1-quater. Sono organi dell'azienda il direttore generale, il collegio di direzione e il collegio sindacale. Il direttore generale adotta l'atto aziendale di cui al comma 1-bis; è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture operative dell'azienda. Il direttore generale è coadiuvato, nell'esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario. Le regioni disciplinano forme e modalità per la direzione e il coordinamento delle attività socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria. Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione di cui all'articolo 17 per le attività ivi indicate.
1-quinquies. Il direttore amministrativo e il direttore sanitario sono nominati dal direttore generale. Essi partecipano, unitamente al direttore generale, che ne ha la responsabilità, alla direzione dell'azienda, assumono diretta responsabilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni della direzione generale.
2. (Abrogato).
3. L'unità sanitaria locale può assumere la gestione di attività o servizi socio-assistenziali su delega dei singoli enti locali con oneri a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale, e con specifica contabilizzazione. L'unità sanitaria locale procede alle erogazioni solo dopo l'effettiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie.
4. (Abrogato).
5. Le regioni disciplinano, entro il 31 marzo 1994, nell'ambito della propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento delle unità sanitarie locali prevedendo tra l'altro:
a) (abrogata);
b) (abrogata);
c) (abrogata);
d) (abrogata);
e) (abrogata);
f) (abrogata);

g) i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli uffici dirigenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere nonché i criteri per l'attuazione della mobilità del personale risultato in esubero, ai sensi delle disposizioni di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
6. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell'unità sanitaria locale, sono riservati al direttore generale. Al direttore generale compete in particolare, anche attraverso l'istituzione dell'apposito servizio di controllo interno di cui all'art. 20, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa. I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono adottati esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui all'articolo 1 del D.L. 27 agosto 1994, n. 512, convertito dalla legge 17 ottobre 1994, n. 590, senza necessità di valutazioni comparative. L'autonomia di cui al comma 1 diviene effettiva con la prima immissione nelle funzioni del direttore generale. I contenuti di tale contratto, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono fissati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della sanità, del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari regionali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal direttore sanitario, dal direttore amministrativo e dal consiglio dei sanitari. In caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anziano per età. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione.
7. Il direttore sanitario è un medico che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione. Il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione. Il direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi dell'unità sanitaria locale. Nelle aziende ospedaliere, nelle aziende ospedaliero-universitarie di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, e negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, costituiti da un unico presidio, le funzioni e i compiti del direttore sanitario di cui al presente articolo e del dirigente medico di cui all'articolo 4, comma 9, del presidio ospedaliero sono svolti da un unico soggetto avente i requisiti di legge. Sono soppresse le figure del coordinatore amministrativo, del coordinatore sanitario e del sovrintendente sanitario, nonché l'ufficio di direzione.
8. (Abrogato).
9. (Abrogato).
10. (Abrogato).

11. Non possono essere nominati direttori generali, direttori amministrativi o direttori sanitari delle unità sanitarie locali:
a) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, a pena detentiva non inferiore ad un anno per delitto non colposo ovvero a pena detentiva non inferiore a sei mesi per delitto non colposo commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 166 del codice penale;
b) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza;
c) coloro che sono stati sottoposti, anche con provvedimento non definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della riabilitazione prevista dall'art. 15 della L. 3 agosto 1988, n. 327, e dall'art. 14, L. 19 marzo 1990, n. 55;
d) coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata.
12. Il consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell'unità sanitaria locale con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal direttore sanitario. Fanno parte del consiglio medici in maggioranza ed altri operatori sanitari laureati - con presenza maggioritaria della componente ospedaliera medica se nell'unità sanitaria locale è presente un presidio ospedaliero - nonché una rappresentanza del personale infermieristico e del personale tecnico sanitario. Nella componente medica è assicurata la presenza del medico veterinario. Il consiglio dei sanitari fornisce parere obbligatorio al direttore generale per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti. Il consiglio dei sanitari si esprime altresì sulle attività di assistenza sanitaria. Tale parere è da intendersi favorevole ove non formulato entro il termine fissato dalla legge regionale. La regione provvede a definire il numero dei componenti nonché a disciplinare le modalità di elezione e la composizione ed il funzionamento del consiglio.
13. II direttore generale dell'unità sanitaria locale nomina i revisori con specifico provvedimento e li convoca per la prima seduta. Il presidente del collegio viene eletto dai revisori all'atto della prima seduta. Ove a seguito di decadenza, dimissioni o decessi il collegio risultasse mancante di uno o più componenti, il direttore generale provvede ad acquisire le nuove designazioni dalle amministrazioni competenti. In caso di mancanza di più di due componenti dovrà procedersi alla ricostituzione dell'intero collegio. Qualora il direttore generale non proceda alla ricostituzione del collegio entro trenta giorni, la regione provvede a costituirlo in via straordinaria con un funzionario della regione e due designati dal Ministro del tesoro. Il collegio straordinario cessa le proprie funzioni all'atto dell'insediamento del collegio ordinario. L'indennità annua lorda spettante ai componenti del collegio dei revisori è fissata in misura pari al 10 per cento degli emolumenti del direttore generale dell'unità sanitaria locale. Al presidente del collegio compete una maggiorazione pari al 20 per cento dell'indennità fissata per gli altri componenti.
14. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con quello del comune, il sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della popolazione, provvede alla definizione, nell'ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l'impostazione programmatica dell'attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e rimette alla regione le relative osservazioni, verifica l'andamento generale dell'attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla regione. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide con il territorio del comune, le funzioni del sindaco sono svolte dalla conferenza dei sindaci o dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento territoriale tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque componenti nominati dalla stessa conferenza con modalità di esercizio delle funzioni dettate con normativa regionale.
3-bis. Direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario
1. (Abrogato).
2. La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio. Scaduto tale termine, si applica l'articolo 2, comma 2-octies.
3. (Abrogato).
4. (Abrogato).
5. (Abrogato).
6. (Abrogato).
7. (Abrogato).

7-bis. L'accertamento da parte della regione del mancato conseguimento degli obiettivi di salute e assistenziali costituisce per il direttore generale grave inadempimento contrattuale e comporta la decadenza automatica dello stesso.
8. Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile. La regione disciplina le cause di risoluzione del rapporto con il direttore amministrativo e il direttore sanitario. Il trattamento economico del direttore generale, del direttore sanitario e del direttore amministrativo è definito, in sede di revisione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 luglio 1995, n. 502, anche con riferimento ai trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica e amministrativa.
9. La regione può stabilire che il conferimento dell'incarico di direttore amministrativo sia subordinato, in analogia a quanto previsto per il direttore sanitario dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, alla frequenza del corso di formazione programmato per il conferimento dell'incarico di direttore generale o del corso di formazione manageriale di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, o di altro corso di formazione manageriale appositamente programmato.
10. La carica di direttore generale è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo.
11. La nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. L'aspettativa è concessa entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei contributi previdenziali e assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul trattamento economico corrisposto per l'incarico conferito nei limiti dei massimali di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, e a richiedere il rimborso di tutto l'onere da esse complessivamente sostenuto all'unità sanitaria locale o all'azienda ospedaliera interessata, la quale procede al recupero della quota a carico dell'interessato.
12. Per i direttori generali e per coloro che, fuori dei casi di cui al comma 11, siano iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, la contribuzione dovuta sul trattamento economico corrisposto nei limiti dei massimali previsti dall'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, è versata dall'unità sanitaria locale o dall'azienda ospedaliera di appartenenza, con recupero della quota a carico dell'interessato.
13. (Abrogato).
14. Il rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale è regolato dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni. Per la programmazione delle assunzioni si applica l'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
15. (Abrogato).
3-ter. Collegio sindacale.
1. Il collegio sindacale:
a) verifica l'amministrazione dell'azienda sotto il profilo economico;
b) vigila sull'osservanza della legge;
c) accerta la regolare tenuta della contabilità e la conformità del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, ed effettua periodicamente verifiche di cassa;
d) riferisce almeno trimestralmente alla regione, anche su richiesta di quest'ultima, sui risultati del riscontro eseguito, denunciando immediatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità; trasmette periodicamente, e comunque con cadenza almeno semestrale, una propria relazione sull'andamento dell'attività dell'unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera rispettivamente alla Conferenza dei sindaci o al sindaco del comune capoluogo della provincia dove è situata l'azienda stessa.
2. I componenti del collegio sindacale possono procedere ad atti di ispezione e controllo, anche individualmente.
3. Il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dal presidente della giunta regionale, uno dal Ministro dell'economia e delle finanze e uno dal Ministro della salute. I componenti del collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il ministero di Grazia e giustizia, ovvero tra i funzionari del ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi sindacali.
4. I riferimenti contenuti nella normativa vigente al collegio dei revisori delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere si intendono applicabili al collegio sindacale di cui al presente articolo.
3-quater. Il distretto.
1. La legge regionale disciplina l'articolazione in distretti dell'unità sanitaria locale. Il distretto è individuato, sulla base dei criteri di cui all'articolo 2, comma 2-sexies, lettera c), dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, garantendo una popolazione minima di almeno sessantamila abitanti, salvo che la regione, in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densità della popolazione residente, disponga diversamente.
2. Il distretto assicura i servizi di assistenza primaria relativi alle attività sanitarie e sociosanitarie di cui all'articolo 3-quinquies, nonché il coordinamento delle proprie attività con quella dei dipartimenti e dei servizi aziendali, inclusi i presìdi ospedalieri, inserendole organicamente nel Programma delle attività territoriali. Al distretto sono attribuite risorse definite in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di riferimento. Nell'ambito delle risorse assegnate, il distretto è dotato di autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con contabilità separata all'interno del bilancio della unità sanitaria locale.
3. Il Programma delle attività territoriali, basato sul principio della intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse strutture operative:
a) prevede la localizzazione dei servizi di cui all'articolo 3-quinquies;
b) determina le risorse per l'integrazione socio-sanitaria di cui all'articolo 3-septies e le quote rispettivamente a carico dell'unità sanitaria locale e dei comuni, nonché la localizzazione dei presìdi per il territorio di competenza;
c) è proposto, sulla base delle risorse assegnate e previo parere del Comitato dei sindaci di distretto, dal direttore di distretto ed è approvato dal direttore generale, d'intesa, limitatamente alle attività sociosanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto conto delle priorità stabilite a livello regionale.
4. Il Comitato dei sindaci di distretto, la cui organizzazione e il cui funzionamento sono disciplinati dalla regione, concorre alla verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal Programma delle attività territoriali. Nei comuni la cui ampiezza territoriale coincide con quella dell'unità sanitaria locale o la supera il Comitato dei sindaci di distretto è sostituito dal Comitato dei presidenti di circoscrizione.
3-quinquies. Funzioni e risorse del distretto.
1. Le regioni disciplinano l'organizzazione del distretto in modo da garantire:
a) l'assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l'approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva e i presìdi specialistici ambulatoriali;
b) il coordinamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con le strutture operative a gestione diretta, organizzate in base al modello dipartimentale, nonché con i servizi specialistici ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed extraospedaliere accreditate;
c) l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate dai comuni.
2. Il distretto garantisce:
a) assistenza specialistica ambulatoriale;
b) attività o servizi per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze;
c) attività o servizi consultoriali per la tutela della salute dell'infanzia, della donna e della famiglia;
d) attività o servizi rivolti a disabili e anziani;
e) attività o servizi di assistenza domiciliare integrata;
f) attività o servizi per le patologie da HIV e per le patologie in fase terminale.
3. Trovano inoltre collocazione funzionale nel distretto le articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale e del dipartimento di prevenzione, con particolare riferimento ai servizi alla persona.
3-sexies Direttore di distretto.
1. Il direttore del distretto realizza le indicazioni della direzione aziendale, gestisce le risorse assegnate al distretto, in modo da garantire l'accesso della popolazione alle strutture e ai servizi, l'integrazione tra i servizi e la continuità assistenziale. Il direttore del distretto supporta la direzione generale nei rapporti con i sindaci del distretto.
2. Il direttore di distretto si avvale di un ufficio di coordinamento delle attività distrettuali, composto da rappresentanti delle figure professionali operanti nei servizi distrettuali. Sono membri di diritto di tale ufficio un rappresentante dei medici di medicina generale, uno dei pediatri di libera scelta e uno degli specialisti ambulatoriali convenzionati operanti nel distretto.
3. L'incarico di direttore di distretto è attribuito dal direttore generale a un dirigente dell'azienda, che abbia maturato una specifica esperienza nei servizi territoriali e un'adeguata formazione nella loro organizzazione, oppure a un medico convenzionato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, da almeno dieci anni, con contestuale congelamento di un corrispondente posto di organico della dirigenza sanitaria.
4. La legge regionale disciplina gli oggetti di cui agli articoli 3-quater, comma 3, e 3-quinquies, commi 2 e 3, nonché al comma 3 del presente articolo, nel rispetto dei princìpi fondamentali desumibili dalle medesime disposizioni; ove la regione non disponga, si applicano le predette disposizioni.
3-septies Integrazione sociosanitaria.
1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.
2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono:
a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione,
rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;
b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.
3. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della sanità e del Ministro per la solidarietà sociale, individua, sulla base dei princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo, le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma 2, lettere a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per quanto compete alle unità sanitarie locali e ai comuni. Con il medesimo atto sono individuate le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria di cui al comma 4 e alle quali si applica il comma 5, e definiti i livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo sanitario.
4. Le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative.
5. Le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali.
6. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla legge regionale ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La regione determina, sulla base dei criteri posti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, il finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, sulla base di quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza.
7. Con decreto interministeriale, di concerto tra il Ministro della sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e il Ministro per la funzione pubblica, è individuata all'interno della Carta dei servizi una sezione dedicata agli interventi e ai servizi sociosanitari.
8. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 e dall'articolo 3-quinquies, comma 1, lettera c), le regioni disciplinano i criteri e le modalità mediante i quali comuni e aziende sanitarie garantiscono l'integrazione, su base distrettuale, delle prestazioni sociosanitarie di rispettiva competenza, individuando gli strumenti e gli atti per garantire la gestione integrata dei processi assistenziali sociosanitari.
3-octies. Area delle professioni sociosanitarie.
1. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale e con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il Consiglio superiore di sanità e la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è disciplinata l'istituzione all'interno del Servizio sanitario nazionale, dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria e sono individuate le relative discipline della dirigenza sanitaria.
2. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, sentito il Ministro per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica e acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità, sono integrate le tabelle dei servizi e delle specializzazioni equipollenti previste per l'accesso alla dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale, in relazione all'istituzione dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria.
3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, sono individuati, sulla base di parametri e criteri generali definiti dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i profili professionali dell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria .
4. Le figure professionali di livello non dirigenziale operanti nell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria, da formare con corsi di diploma universitario, sono individuate con regolamento del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e per la solidarietà sociale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; i relativi ordinamenti didattici sono definiti dagli atenei, ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127 sulla base di criteri generali determinati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, emanato di concerto con gli altri Ministri interessati, tenendo conto dell'esigenza di una formazione interdisciplinare, adeguata alle competenze delineate nei profili professionali e attuata con la collaborazione di più facoltà universitarie.
5. Le figure professionali operanti nell'area sociosanitaria a elevata integrazione sanitaria, da formare in corsi a cura delle regioni, sono individuate con regolamento del Ministro della sanità di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; con lo stesso decreto sono definiti i relativi ordinamenti didattici.
4.  Aziende ospedaliere e presìdi ospedalieri.
1. Per specifiche esigenze assistenziali, di ricerca scientifica, nonché di didattica del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 1-bis e seguenti, possono essere costituiti o confermati in aziende, disciplinate dall'articolo 3, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, con le particolarità procedurali e organizzative previste dalle disposizioni attuative dell'articolo 11, comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59; le aziende di cui all'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419, secondo le specifiche disposizioni definite in sede di attuazione della delega ivi prevista; le aziende ospedaliere di rilievo nazionale o interregionale, alle quali si applicano, salvo che sia diversamente previsto, le disposizioni del presente decreto relative alle unità sanitarie locali. Sino all'emanazione delle disposizioni attuative sugli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a essi si applicano le disposizioni del presente decreto relative alla dirigenza sanitaria, ai dipartimenti, alla direzione sanitaria e amministrativa aziendale e al collegio di direzione. Le disposizioni del presente decreto, salvo quanto in esso diversamente disposto, non si applicano ai policlinici universitari e alle aziende ove insistono le facoltà di medicina e chirurgia prima della data indicata dalle disposizioni attuative della delega prevista dall'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419; ove tale data non sia prevista, dette disposizioni si applicano a partire dal 1° aprile 2000.
1-bis. Nell'ambito della riorganizzazione della rete dei servizi conseguente al riordino del sistema delle aziende previsto dal presente decreto, le regioni possono proporre la costituzione o la conferma in aziende ospedaliere dei presìdi ospedalieri in possesso di tutti i seguenti requisiti:
a) organizzazione dipartimentale di tutte le unità operative presenti nella struttura, disciplinata dall'atto di cui all'articolo 3, comma 1-bis, in coerenza con l'articolo 17-bis;
b) disponibilità di un sistema di contabilità economico patrimoniale e di una contabilità per centri di costo;
c) presenza di almeno tre unità operative di alta specialità secondo le specificazioni di cui al decreto del Ministro della sanità 29 gennaio 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 1992, e successive modificazioni;
d) dipartimento di emergenza di secondo livello, ai sensi dell'atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992 e successive modificazioni, secondo le specificazioni contenute nell'Atto di intesa tra Stato e regioni di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 1996;
e) ruolo di ospedale di riferimento in programmi integrati di assistenza su base regionale e interregionale, così come previsto dal Piano sanitario regionale e in considerazione della mobilità infraregionale e della frequenza dei trasferimenti da presìdi ospedalieri regionali di minore complessità;
f) attività di ricovero in degenza ordinaria, nel corso dell'ultimo triennio, per pazienti residenti in regioni diverse, superiore di almeno il dieci per cento rispetto al valore medio regionale, salvo che per le aziende ubicate in Sicilia e in Sardegna;
g) indice di complessità della casistica dei pazienti trattati in ricovero ordinario, nel corso dell'ultimo triennio, superiore ad almeno il venti per cento rispetto al valore medio regionale;
h) disponibilità di un proprio patrimonio immobiliare adeguato e sufficiente per consentire lo svolgimento delle attività istituzionali di tutela della salute e di erogazione di prestazioni sanitarie.
1-ter. I requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1-bis non si applicano agli ospedali specializzati di cui al decreto ministeriale 31 gennaio 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 2 giugno 1995. In ogni caso, non si procede alla costituzione o alla conferma in azienda ospedaliera qualora questa costituisca il solo presidio ospedaliero pubblico presente nella azienda unità sanitaria locale.
1-quater. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, trasmettono al Ministro della sanità le proprie indicazioni ai fini della individuazione degli ospedali di rilievo nazionale o interregionale da costituire in azienda ospedaliera avuto riguardo a quanto previsto dai commi 1-bis e 1-ter. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, il Ministro della sanità attenendosi alle indicazioni pervenute dalle regioni previa verifica dei requisiti e, in mancanza, sulla base di proprie valutazioni, formula le proprie proposte al Consiglio dei Ministri, il quale individua gli ospedali da costituire in azienda ospedaliera. Entro sessanta giorni dalla data della deliberazione del Consiglio dei Ministri, le regioni costituiscono in azienda, ai sensi del comma 1, i predetti ospedali.
1-quinquies. Nel predisporre il Piano sanitario regionale, e comunque dopo tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la regione procede a verificare la permanenza dei requisiti di cui al comma 1-bis e a valutare l'equilibrio economico delle aziende ospedaliere costituite nel suo ambito territoriale. In caso di grave disavanzo nel triennio considerato, oppure di perdita dei requisiti di cui al comma 1-bis, la costituzione in azienda viene revocata, secondo le procedure previste per la costituzione medesima, e la regione individua l'unità sanitaria locale subentrante nei relativi rapporti attivi e passivi.
1-sexies. I presìdi attualmente costituiti in aziende ospedaliere, con esclusione dei presìdi di cui al comma 6, per i quali viene richiesta la conferma e che non soddisfano i requisiti di cui al comma 1-bis, possono essere confermati per un periodo massimo di tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sulla base di un progetto di adeguamento presentato dalla regione, con la procedura di cui al comma 1-quater. Alla scadenza del termine previsto nel provvedimento di conferma, ove permanga la carenza dei requisiti, le regioni e il ministero della sanità attivano la procedura di cui all'ultimo periodo del comma 1-quinquies; ove i requisiti sussistano, si procede ai sensi del comma 1-quater.
1-septies. Le regioni definiscono le modalità dell'integrazione dell'attività assistenziale delle aziende di cui al comma 1 nella programmazione regionale e le forme della collaborazione con le unità sanitarie locali in rapporto alle esigenze assistenziali dell'ambito territoriale in cui operano, anche ai sensi dell'articolo 3-septies.
1-octies. Ai progetti elaborati dalle regioni e finanziati ai sensi dell'articolo 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, hanno titolo a partecipare anche gli enti e gli istituti di cui al comma 12.
2. Possono essere individuati come ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione quelli che dispongono di tutte le seguenti caratteristiche:
a) Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, provvede, sulla base dell'evoluzione scientifica e tecnologica, ad aggiornare periodicamente l'elenco delle attività di alta specialità e dei requisiti necessari per l'esercizio delle attività medesime;
b) (abrogata).
3. Sono ospedali a rilievo nazionale e di alta specializzazione i policlinici universitari, che devono essere inseriti nel sistema di emergenza sanitaria di cui al D.P.R. 27 marzo 1992.
4. (Abrogato).
5. (Abrogato).
6. (Abrogato).
7. (Abrogato).
7-bis. (Abrogato).
7-ter. (Abrogato).

8. Le aziende ospedaliere, incluse quelle di cui al comma 5, devono chiudere il proprio bilancio in pareggio. L'eventuale avanzo di amministrazione è utilizzato per gli investimenti in conto capitale, per oneri di parte corrente e per eventuali forme di incentivazione al personale da definire in sede di contrattazione. Il verificarsi di ingiustificati disavanzi di gestione o la perdita delle caratteristiche strutturali e di attività prescritte, fatta salva l'autonomia dell'università, comportano rispettivamente il commissariamento da parte della regione e la revoca dell'autonomia aziendale.
9. Gli ospedali che non siano costituiti in azienda ospedaliera conservano la natura di presìdi dell'unità sanitaria locale. Nelle unità sanitarie locali nelle quali sono presenti più ospedali, questi possono essere accorpati ai fini funzionali. Nei presìdi ospedalieri dell'unità sanitaria locale è previsto un dirigente medico in possesso dell'idoneità di cui all'art. 17, come responsabile delle funzioni igienico-organizzative, ed un dirigente amministrativo per l'esercizio delle funzioni di coordinamento amministrativo. Il dirigente medico ed il dirigente amministrativo concorrono, secondo le rispettive competenze, al conseguimento degli obiettivi fissati dal direttore generale. A tutti i presìdi di cui al presente comma è attribuita autonomia economico-finanziaria con contabilità separata all'interno del bilancio dell'unità sanitaria locale, con l'introduzione delle disposizioni previste per le aziende ospedaliere, in quanto applicabili.
10. Fermo restando quanto previsto dall'art. 3, comma 5, lettera g) in materia di personale in esubero, le regioni provvedono alla riorganizzazione di tutti i presìdi ospedalieri sulla base delle disposizioni di cui all'art. 4, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, correlando gli standard ivi previsti con gli indici di degenza media, l'intervallo di turn-over e la rotazione degli assistiti, ed organizzando gli stessi presìdi in dipartimenti. All'interno dei presìdi ospedalieri e delle aziende di cui al presente articolo sono riservati spazi adeguati, da reperire entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, per l'esercizio della libera professione intramuraria ed una quota non inferiore al 5% e non superiore al 10% dei posti-letto per la istituzione di camere a pagamento. I direttori generali delle nuove unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e, fino al loro insediamento, gli amministratori straordinari pro-tempore, nonché le autorità responsabili delle aziende di cui al comma 5, sono direttamente responsabili dell'attuazione di dette disposizioni. In caso di inosservanza la regione adotta i conseguenti provvedimenti sostitutivi. In caso di documentata impossibilità di assicurare gli spazi necessari alla libera professione all'interno delle proprie strutture, gli spazi stessi sono reperiti, previa autorizzazione della regione, anche mediante appositi contratti tra le unità sanitarie locali e case di cura o altre strutture sanitarie, pubbliche o private. Per l'attività libero-professionale presso le suddette strutture sanitarie i medici sono tenuti ad utilizzare i modulari delle strutture sanitarie pubbliche da cui dipendono. I contratti sono limitati al tempo strettamente necessario per l'approntamento degli spazi per la libera professione all'interno delle strutture pubbliche e comunque non possono avere durata superiore ad un anno e non possono essere rinnovati. Il ricovero in camere a pagamento comporta l'esborso da parte del ricoverato di una retta giornaliera stabilita in relazione al livello di qualità alberghiera delle stesse, nonché, se trattasi di ricovero richiesto in regime libero-professionale, di una somma forfettaria comprensiva di tutti gli interventi medici e chirurgici, delle prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio strettamente connesse ai singoli interventi, differenziata in relazione al tipo di interventi stessi. In ciascuna regione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della disciplina di riorganizzazione ospedaliera di cui al presente articolo, e comunque entro un triennio dall'entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, cessano di avere efficacia le disposizioni di cui alla legge 12 febbraio 1968, n. 132, e al D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, nonché le disposizioni del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 129.
11. I posti letto da riservare, ai sensi del comma 10 per la istituzione di camere a pagamento nonché quelli ascritti agli spazi riservati all'esercizio della libera professione intramuraria, non concorrono ai fini dello standard dei posti letto per mille abitanti previsto dall'articolo 4, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412.
11-bis. Al fine di consentire in condizione di compatibilità e di coerenza con le esigenze e le finalità assistenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, l'esercizio delle attività libero professionali in regime ambulatoriale all'interno delle strutture e dei servizi, le disposizioni di cui all'art. 35, comma 2, lettera d), del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, si applicano anche al restante personale della dirigenza del ruolo sanitario di cui all'art. 15 del presente decreto. Per le prestazioni di consulenza e per la ripartizione dei proventi derivanti dalle predette attività si applicano le vigenti disposizioni contrattuali.
12. Nulla è innovato alla vigente disciplina per quanto concerne l'ospedale Galliera di Genova, l'Ordine Mauriziano e gli istituti ed enti che esercitano l'assistenza ospedaliera di cui agli articoli 40, 41 e 43, secondo comma, della L. 23 dicembre 1978, n. 833, fermo restando che l'apporto dell'attività dei suddetti presìdi ospedalieri al Servizio sanitario nazionale è regolamentato con le modalità previste dal presente articolo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, i requisiti tecnico-organizzativi ed i regolamenti sulla dotazione organica e sull'organizzazione dei predetti presìdi sono adeguati, per la parte compatibile, ai princìpi del presente decreto e a quelli di cui all'art. 4, comma 7, della L. 30 dicembre 1991, n. 412, e sono approvati con decreto del Ministro della sanità.
13. I rapporti tra l'ospedale Bambino Gesù, appartenente alla Santa Sede, le strutture del Sovrano Militare Ordine di Malta ed il Servizio sanitario nazionale, relativamente all'attività assistenziale, sono disciplinati da appositi accordi da stipularsi rispettivamente tra la Santa Sede, il Sovrano Militare Ordine di Malta ed il Governo italiano.
5.  Patrimonio e contabilità.
1. Nel rispetto della normativa regionale vigente, il patrimonio delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere è costituito da tutti i beni mobili e immobili ad esse appartenenti, ivi compresi quelli da trasferire o trasferiti loro dallo Stato o da altri enti pubblici, in virtù di leggi o di provvedimenti amministrativi, nonché da tutti i beni comunque acquisiti nell'esercizio della propria attività o a seguito di atti di liberalità.
2. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere hanno disponibilità del patrimonio secondo il regime della proprietà privata, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 830, secondo comma, del codice civile. Gli atti di trasferimento a terzi di diritti reali su immobili sono assoggettati a previa autorizzazione della regione. I beni mobili e immobili che le unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico utilizzano per il perseguimento dei loro fini istituzionali costituiscono patrimonio indisponibile degli stessi, soggetti alla disciplina dell'articolo 828, secondo comma, del codice civile.
3. Le leggi e i provvedimenti di cui al comma 1 costituiscono titolo per la trascrizione, la quale è esente da ogni onere relativo a imposte e tasse.
4. Gli atti di donazione a favore delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere che abbiano a oggetto beni immobili con specifica destinazione a finalità rientranti nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, sono esenti dal pagamento delle imposte di donazione, ipotecarie e catastali.
5. Qualora non vi abbiano già provveduto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni emanano norme per la gestione economico finanziaria e patrimoniale delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, informate ai princìpi di cui al codice civile, così come integrato e modificato con D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127, e prevedendo:
a) la tenuta del libro delle deliberazioni del direttore generale;
b) l'adozione del bilancio economico pluriennale di previsione nonché del bilancio preventivo economico annuale relativo all'esercizio successivo;
c) la destinazione dell'eventuale avanzo e le modalità di copertura degli eventuali disavanzi di esercizio;
d) la tenuta di una contabilità analitica per centri di costo e responsabilità che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati;
e) l'obbligo delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di rendere pubblici, annualmente, i risultati delle proprie analisi dei costi, dei rendimenti e dei risultati per centri di costo e responsabilità;
f) il piano di valorizzazione del patrimonio immobiliare anche attraverso eventuali dismissioni e conferimenti.
6. Per conferire struttura uniforme alle voci dei bilanci pluriennali e annuali e dei conti consuntivi annuali, nonché omogeneità ai valori inseriti in tali voci e per consentire all'Agenzia per i servizi sanitari regionali rilevazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, è predisposto apposito schema, con decreto interministeriale emanato di concerto fra i Ministri del tesoro e della sanità, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
7. Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere sono tenute agli adempimenti di cui all'articolo 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468 e all'articolo 64 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. La disciplina contabile di cui al presente articolo decorre dal 1° gennaio 1995 e la contabilità finanziaria è soppressa.
5-bis. Ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico.
1. Nell'àmbito dei programmi regionali per la realizzazione degli interventi previsti dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, il Ministero della sanità può stipulare, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e nei limiti delle disponibilità finanziarie, iscritte nel bilancio dello Stato e nei bilanci regionali, accordi di programma con le regioni e con altri soggetti pubblici interessati aventi a oggetto la relativa copertura finanziaria nell'arco pluriennale degli interventi, l'accelerazione delle procedure e la realizzazione di opere, con particolare riguardo alla qualificazione e messa a norma delle strutture sanitarie.
2. Gli accordi di programma previsti dal comma 1 disciplinano altresì le funzioni di monitoraggio e di vigilanza demandate al ministero della sanità, i rapporti finanziari fra i soggetti partecipanti all'accordo, le modalità di erogazione dei finanziamenti statali, le modalità di partecipazione finanziaria delle regioni e degli altri soggetti pubblici interessati, nonché gli eventuali apporti degli enti pubblici preposti all'attuazione.
3. In caso di mancata attivazione del programma oggetto dell'accordo entro i termini previsti dal medesimo programma, la copertura finanziaria assicurata dal ministero della sanità viene riprogrammata e riassegnata, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, in favore di altre regioni o enti pubblici interessati al programma di investimenti, tenuto conto della capacità di spesa e di immediato utilizzo delle risorse da parte dei medesimi.
6. Rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università.
1. (Abrogato).
2. Per soddisfare le specifiche esigenze del Servizio sanitario nazionale, connesse alla formazione degli specializzandi e all'accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, le università e le regioni stipulano specifici protocolli di intesa per disciplinare le modalità della reciproca collaborazione. I rapporti in attuazione delle predette intese sono regolati con appositi accordi tra le università, le aziende ospedaliere, le unità sanitarie locali, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e gli istituiti zooprofilattici sperimentali. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, sulla formazione specialistica, nelle scuole di specializzazione attivate presso le predette strutture sanitarie in possesso dei requisiti di idoneità di cui all'art. 7 del citato decreto legislativo n. 257/1991, la titolarità dei corsi di insegnamento previsti dall'ordinamento didattico universitario è affidata ai dirigenti delle strutture presso le quali si svolge la formazione stessa, in conformità ai protocolli d'intesa di cui al comma 1. Ai fini della programmazione del numero degli specialisti da formare, si applicano le disposizioni di cui all'art. 2 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, tenendo anche conto delle esigenze conseguenti alle disposizioni sull'accesso alla dirigenza di cui all'art. 15 del presente decreto. Il diploma di specializzazione conseguito presso le predette scuole è rilasciato a firma del direttore della scuola e del rettore dell'università competente. Sulla base delle esigenze di formazione e di prestazioni rilevate dalla programmazione regionale, analoghe modalità per l'istituzione dei corsi di specializzazione possono essere previste per i presidi ospedalieri delle unità sanitarie locali, le cui strutture siano in possesso dei requisiti di idoneità previsti dall'art. 7 del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257.
3. A norma dell'art. 1, lettera o), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private accreditate. I requisiti di idoneità e l'accreditamento delle strutture sono disciplinati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica d'intesa con il Ministro della sanità. Il Ministro della sanità individua con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo ordinamento didattico è definito, ai sensi dell'art. 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica emanato di concerto con il Ministro della sanità. Per tali finalità le regioni e le università attivano appositi protocolli di intesa per l'espletamento dei corsi di cui all'art. 2 della legge 19 novembre 1990, n. 341. La titolarità dei corsi di insegnamento previsti dall'ordinamento didattico universitario è affidata di norma a personale del ruolo sanitario dipendente dalle strutture presso le quali si svolge la formazione stessa, in possesso dei requisiti previsti. I rapporti in attuazione delle predette intese sono regolati con appositi accordi tra le università, le aziende ospedaliere, le unità sanitarie locali, le istituzioni pubbliche e private accreditate e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. I diplomi conseguiti sono rilasciati a firma del responsabile del corso e del rettore dell'università competente. L'esame finale, che consiste in una prova scritta ed in una prova pratica, abilita all'esercizio professionale. Nelle commissioni di esame è assicurata la presenza di rappresentanti dei collegi professionali, ove costituiti. I corsi di studio relativi alle figure professionali individuate ai sensi del presente articolo e previsti dal precedente ordinamento che non siano stati riordinati ai sensi del citato art. 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, sono soppressi entro due anni a decorrere dal 1° gennaio 1994, garantendo, comunque, il completamento degli studi agli studenti che si iscrivono entro il predetto termine al primo anno di corso. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per l'accesso alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento è in ogni caso richiesto il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado di durata quinquennale. Alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento e per il predetto periodo temporale possono accedere gli aspiranti che abbiano superato il primo biennio di scuola secondaria superiore per i posti che non dovessero essere coperti dai soggetti in possesso del diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado.
4. In caso di mancata stipula dei protocolli di intesa di cui al presente articolo, entro centoventi giorni dalla costituzione delle nuove unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, previa diffida, gli accordi sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dei Ministri della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.
5. Nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia il personale laureato medico ed odontoiatra di ruolo, in servizio alla data del 31 ottobre 1992, dell'area tecnico-scientifica e socio-sanitaria, svolge anche le funzioni assistenziali. In tal senso è modificato il contenuto delle attribuzioni dei profili del collaboratore e del funzionario tecnico socio-sanitario in possesso del diploma di laurea in medicina e chirurgia ed in odontoiatria. È fatto divieto alle università di assumere nei profili indicati i laureati in medicina e chirurgia ed in odontoiatria.
6-bis. Protocolli d'intesa tra le regioni, le Università e le strutture del Servizio sanitario nazionale.
1. (Abrogato).
2. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 1 si applicano le linee guida di cui al decreto 31 luglio 1997 dei Ministri della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 181 del 5 agosto 1997.
3. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 1 le strutture sono individuate, per quanto concerne la formazione specialistica, in conformità al decreto 17 dicembre 1997 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 1997 e, per quanto concerne i diplomi universitari, in conformità al decreto 24 settembre 1997 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 234 del 7 ottobre 1997.
6-ter. Fabbisogno di personale sanitario.
1. Entro il 30 aprile di ciascun anno il Ministro della sanità, sentiti la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri e degli altri Ordini e Collegi professionali interessati, determina con uno o più decreti il fabbisogno per il Servizio sanitario nazionale, anche suddiviso per regioni, in ordine ai medici chirurghi, veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi, nonché al personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione ai soli fini della programmazione da parte del ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica degli accessi ai corsi di diploma di laurea, alle scuole di formazione specialistica e ai corsi di diploma universitario. Con la stessa procedura è determinato, altresì, il fabbisogno degli ottici, degli odontotecnici e del restante personale sanitario e socio-sanitario che opera nei servizi e nelle strutture del Servizio sanitario nazionale.
2. A tali fini i decreti di cui al comma 1 tengono conto di:
a) obiettivi e livelli essenziali di assistenza indicati dal Piano sanitario nazionale e da quelli regionali;
b) modelli organizzativi dei servizi;
c) offerta di lavoro;
d) domanda di lavoro, considerando il personale in corso di formazione e il personale già formato, non ancora immesso nell'attività lavorativa.
3. Gli enti pubblici e privati e gli ordini e collegi professionali sono tenuti a fornire al ministero della sanità i dati e gli elementi di valutazione necessari per la determinazione dei fabbisogni riferiti alle diverse categorie professionali; in caso di inadempimento entro il termine prescritto il Ministero provvede all'acquisizione dei dati attraverso commissari ad acta ponendo a carico degli enti inadempienti gli oneri a tal fine sostenuti.
7. Dipartimenti di prevenzione.
1. (Abrogato).
2. Le attività di indirizzo e coordinamento necessarie per assicurare la uniforme attuazione delle normative comunitarie e degli organismi internazionali sono assicurate dal Ministero della sanità che si avvale, per gli aspetti di competenza, dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, degli istituti zooprofilattici sperimentali, dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e degli istituti di ricerca del CNR e dell'ENEA.
3. I dipartimenti di prevenzione, tramite la regione, acquisiscono dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ogni informazione utile ai fini della conoscenza dei rischi per la tutela della salute e per la sicurezza degli ambienti di lavoro. L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro garantisce la trasmissione delle anzidette informazioni anche attraverso strumenti telematici.
7-bis. Dipartimento di prevenzione.
1. Le regioni disciplinano l'istituzione e l'organizzazione del dipartimento della prevenzione secondo i princìpi contenuti nelle disposizioni del presente articolo e degli articoli 7-ter e 7-quater. Il dipartimento di prevenzione è struttura operativa dell'unità sanitaria locale che garantisce la tutela della salute collettiva, perseguendo obiettivi di promozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramento della qualità della vita.
2. A tal fine il dipartimento di prevenzione promuove azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti, con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline. Partecipa alla formulazione del programma di attività della unità sanitaria locale, formulando proposte d'intervento nelle materie di competenza e indicazioni in ordine alla loro copertura finanziaria.
7-ter. Funzioni del dipartimento di prevenzione.
1. In base alla definizione dei livelli essenziali di assistenza, il dipartimento di prevenzione garantisce le seguenti funzioni di prevenzione collettiva e sanità pubblica anche a supporto dell'autorità sanitaria locale:
a) profilassi delle malattie infettive e parassitane;
b) tutela della collettività dai rischi sanitari degli ambienti di vita anche con riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali;
c) tutela della collettività e dei singoli dai rischi infortunistici e sanitari connessi agli ambienti di lavoro;
d) sanità pubblica veterinaria, che comprende sorveglianza epidemiologica delle popolazioni animali e profilassi delle malattie infettive e parassitane; farmacovigilanza veterinaria; igiene delle produzioni zootecniche; tutela igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale;
e) tutela igienico-sanitaria degli alimenti;
f) sorveglianza e prevenzione nutrizionale;
f-bis) tutela della salute nelle attività sportive.
2. Il dipartimento di prevenzione contribuisce inoltre alle attività di promozione della salute e di prevenzione delle malattie cronico-degenerative in collaborazione con gli altri servizi e dipartimenti aziendali.
7-quater. Organizzazione del dipartimento di prevenzione.
1. Il dipartimento di prevenzione opera nell'ambito del Piano attuativo locale, ha autonomia organizzativa e contabile ed è organizzato in centri di costo e di responsabilità. Il direttore del dipartimento è scelto dal direttore generale tra i direttori di struttura complessa del dipartimento con almeno cinque anni di anzianità di funzione e risponde alla direzione aziendale del perseguimento degli obiettivi aziendali, dell'assetto organizzativo e della gestione, in relazione alle risorse assegnate.
2. Le regioni disciplinano l'articolazione delle aree dipartimentali di sanità pubblica, della tutela della salute negli ambienti di lavoro e della sanità pubblica veterinaria, prevedendo strutture organizzative specificamente dedicate a:
a) igiene e sanità pubblica;
b) igiene degli alimenti e della nutrizione;
c) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro;
d) sanità animale;
e) igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati;
f) igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.
3. Le strutture organizzative si distinguono in servizi o in unità operative, in rapporto all'omogeneità della disciplina di riferimento e alle funzioni attribuite, nonché alle caratteristiche e alle dimensioni del bacino di utenza.
4. Le strutture organizzative dell'area di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare operano quali centri di responsabilità, dotati di autonomia tecnico-funzionale e organizzativa nell'ambito della struttura dipartimentale, e rispondono del perseguimento degli obiettivi dipartimentali e aziendali, dell'attuazione delle disposizioni normative e regolamentari regionali, nazionali e internazionali, nonché della gestione delle risorse economiche attribuite.
4-bis. L'articolazione delle aree dipartimentali nelle strutture organizzative di cui al comma 2 rappresenta il livello di organizzazione che le regioni assicurano per garantire l'esercizio delle funzioni comprese nei livelli essenziali di assistenza, nonché l'osservanza degli obblighi previsti dall'ordinamento dell'Unione europea.
4-ter. Le regioni assicurano che le strutture organizzative di cui alle lettere b), d), e) e f) del comma 2 siano dotate di personale adeguato, per numero e qualifica, a garantire le finalità di cui al comma 4-bis, nonché l'adempimento degli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea in materia di controlli ufficiali, previsti dal regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004.
4-quater. Le strutture organizzative di cui al comma 2 sono possibilmente individuate quali strutture complesse.
5. Nella regolamentazione del dipartimento di prevenzione, le regioni possono prevedere, secondo le articolazioni organizzative adottate, la disciplina delle funzioni di medicina legale e necroscopica ovvero di altre funzioni di prevenzione comprese nei livelli essenziali di assistenza.
7-quinquies. Coordinamento con le Agenzie regionali per l'ambiente.
1. Il Ministro della sanità e il Ministro dell'ambiente, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stipulano, nell'ambito delle rispettive competenze, un accordo quadro per il coordinamento e la integrazione degli interventi per la tutela della salute e dell'ambiente che individua i settori di azione congiunta e i relativi programmi operativi.
2. Le regioni individuano le modalità e i livelli di integrazione fra politiche sanitarie e politiche ambientali, prevedendo la stipulazione di accordi di programma e convenzioni tra le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente per la tutela della popolazione dal rischio ambientale, con particolare riguardo alle attività di sorveglianza epidemiologica e di comunicazione del rischio. Tali accordi devono comunque garantire l'erogazione delle prestazioni richieste dalle unità sanitarie locali per lo svolgimento di funzioni e di compiti istituzionali senza oneri aggiuntivi per il Servizio sanitario nazionale.
3. Le regioni e le unità sanitarie locali, per le attività di laboratorio già svolte dai presìdi multizonali di prevenzione come compito di istituto, in base a norme vigenti, nei confronti delle unità sanitarie locali, si avvalgono delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.
7-sexies. Istituti zooprofilattici sperimentali e Uffici veterinari del ministero della sanità.
1. I servizi veterinari si avvalgono delle prestazioni e della collaborazione tecnico-scientifica degli Istituti zooprofilattici sperimentali. La programmazione regionale individua le modalità di raccordo funzionale tra i servizi veterinari delle unità sanitarie locali e gli Istituti zooprofilattici sperimentali per il coordinamento delle attività di sanità pubblica veterinaria, nonché le modalità integrative rispetto all'attività dei Posti di ispezione frontaliera veterinaria e degli Uffici veterinari di confine, porto e aeroporto e quelli per gli adempimenti degli obblighi comunitari.
7-septies. Funzioni di profilassi internazionale.
1. Nell'ambito di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, relativamente alle funzioni di profilassi internazionale, le attribuzioni di igiene pubblica, ambientale e del lavoro di cui al decreto ministeriale 22 febbraio 1984 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 17 marzo 1984 e al decreto ministeriale 2 maggio 1985 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 142 del 118 giugno 1985 a esclusione delle suddette funzioni di profilassi internazionali su merci, persone e flussi migratori svolte dagli Uffici di sanità marittima e aerea del ministero della sanità, sono svolte dai dipartimenti di prevenzione delle unità sanitarie locali territorialmente competenti.
7-octies. Coordinamento delle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro.
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono definiti, sulla base dei princìpi e criteri di cui agli articoli 7-bis e 7-ter, gli indirizzi per un programma di azione nazionale per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute nei luoghi di lavoro, con particolare attenzione al coordinamento fra le competenze ispettive delle unità sanitarie locali, cui spetta la vigilanza sull'ambiente di lavoro, e quelle degli ispettorati del lavoro e dell'INAIL, nonché delle altre strutture di vigilanza, fermo restando quanto previsto in materia dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e in particolare gli articoli 25 e 27.
2. Il dipartimento di prevenzione assicura, nella programmazione della propria attività destinata alla tutela della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro, il raccordo con gli organismi paritetici previsti dall'articolo 20 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, o, qualora non ancora costituiti, con le parti sociali.
 

TITOLO II Prestazioni
8. Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali.
1. Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta è disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. La rappresentatività delle organizzazioni sindacali è basata sulla consistenza associativa. Detti accordi devono tenere conto dei seguenti princìpi:
0a) prevedere che le attività e le funzioni disciplinate dall'accordo collettivo nazionale siano individuate tra quelle previste nei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, comma 2, nei limiti delle disponibilità finanziarie complessive del Servizio sanitario nazionale, fatto salvo quanto previsto dalle singole regioni con riguardo ai livelli di assistenza ed alla relativa copertura economica a carico del bilancio regionale;
a) prevedere che la scelta del medico è liberamente effettuata dall'assistito, nel rispetto di un limite massimo di assistiti per medico, ha validità annuale ed è tacitamente rinnovata;
b) regolamentare la possibilità di revoca della scelta da parte dell'assistito nel corso dell'anno nonché la ricusazione della scelta da parte del medico, qualora ricorrano eccezionali e accertati motivi di incompatibilità;
c) bis) nell'ambito dell'organizzazione distrettuale del servizio, garantire l'attività assistenziale per l'intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana, nonché un'offerta integrata delle prestazioni dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, della guardia medica, della medicina dei servizi e degli specialisti ambulatoriali, adottando forme organizzative monoprofessionali, denominate aggregazioni funzionali territoriali, che condividono, in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi, nonché forme organizzative multiprofessionali, denominate unità complesse di cure primarie, che erogano prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l'integrazione dei professionisti delle cure primarie e del sociale a rilevanza sanitaria tenuto conto della peculiarità delle aree territoriali quali aree metropolitane, aree a popolazione sparsa e isole minori;
d) ter) prevedere che per le forme organizzative multiprofessionali le aziende sanitarie possano adottare, anche per il tramite del distretto sanitario, forme di finanziamento a budget;
e) quater) definire i compiti, le funzioni ed i criteri di selezione del referente o del coordinatore delle forme organizzative previste alla lettera b-bis);
f) quinquies) disciplinare le condizioni, i requisiti e le modalità con cui le regioni provvedono alla dotazione strutturale, strumentale e di servizi delle forme organizzative di cui alla lettera b-bis) sulla base di accordi regionali o aziendali;
g) sexies) prevedere le modalità attraverso le quali le aziende sanitarie locali, sulla base della programmazione regionale e nell'ambito degli indirizzi nazionali, individuano gli obiettivi e concordano i programmi di attività delle forme aggregative di cui alla lettera b-bis) e definiscono i conseguenti livelli di spesa programmati, in coerenza con gli obiettivi e i programmi di attività del distretto, anche avvalendosi di quanto previsto nella lettera b-ter);
h) septies) prevedere che le convenzioni nazionali definiscano standard relativi all'erogazione delle prestazioni assistenziali, all'accessibilità ed alla continuità delle cure, demandando agli accordi integrativi regionali la definizione di indicatori e di percorsi applicativi;
i) disciplinare gli ambiti e le modalità di esercizio della libera professione prevedendo che: il tempo complessivamente dedicato alle attività in libera professione non rechi pregiudizio al corretto e puntuale svolgimento degli obblighi del medico, nello studio medico e al domicilio del paziente; le prestazioni offerte in attività libero-professionale siano definite nell'ambito della convenzione, anche al fine di escludere la coincidenza tra queste e le prestazioni incentivanti di cui alla lettera d); il medico sia tenuto a comunicare all'azienda unità sanitaria locale l'avvio dell'attività in libera professione, indicandone sede ed orario di svolgimento, al fine di consentire gli opportuni controlli; sia prevista una preferenza nell'accesso a tutte le attività incentivate previste dagli accordi integrativi in favore dei medici che non esercitano attività libero-professionale strutturata nei confronti dei propri assistiti. Fino alla stipula della nuova convenzione sono fatti salvi i rapporti professionali in atto con le aziende termali. In ogni caso, il non dovuto pagamento, anche parziale, di prestazioni da parte dell'assistito o l'esercizio di attività libero-professionale al di fuori delle modalità e dei limiti previsti dalla convenzione comportano l'immediata cessazione del rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale;
j) ridefinire la struttura del compenso spettante al medico, prevedendo una quota fissa per ciascun soggetto iscritto alla sua lista, corrisposta su base annuale in rapporto alle funzioni definite in convenzione; una quota variabile in considerazione del raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi di attività e del rispetto dei conseguenti livelli di spesa programmati di cui alla lettera f); una quota variabile in considerazione dei compensi per le prestazioni e le attività previste negli accordi nazionali e regionali, in quanto funzionali allo sviluppo dei programmi di cui alla lettera f);
k) (abrogata);
l) (abrogata);

f-bis) prevedere la possibilità per le aziende sanitarie di stipulare accordi per l'erogazione di specifiche attività assistenziali, con particolare riguardo ai pazienti affetti da patologia cronica, secondo modalità e in funzione di obiettivi definiti in ambito regionale;
m) disciplinare le modalità di partecipazione dei medici alla definizione degli obiettivi e dei programmi di attività del distretto e alla verifica del loro raggiungimento;
n) prevedere che l'accesso al ruolo unico per le funzioni di medico di medicina generale del Servizio sanitario nazionale avvenga attraverso una graduatoria unica per titoli, predisposta annualmente a livello regionale e secondo un rapporto ottimale definito nell'ambito degli accordi regionali, in modo che l'accesso medesimo sia consentito ai medici forniti dell'attestato o del diploma di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e a quelli in possesso di titolo equipollente, ai sensi dell'articolo 30 del medesimo decreto. Ai medici forniti dell'attestato o del diploma è comunque riservata una percentuale prevalente di posti in sede di copertura delle zone carenti, con l'attribuzione di un adeguato punteggio, che tenga conto anche dello specifico impegno richiesto per il conseguimento dell'attestato o del diploma;
h-bis) prevedere che l'accesso alle funzioni di pediatra di libera scelta del Servizio sanitario nazionale avvenga attraverso una graduatoria per titoli predisposta annualmente a livello regionale e secondo un rapporto ottimale definito nell'ambito degli accordi regionali;
h-ter) disciplinare l'accesso alle funzioni di specialista ambulatoriale del Servizio sanitario nazionale secondo graduatorie provinciali alle quali sia consentito l'accesso esclusivamente al professionista fornito del titolo di specializzazione inerente alla branca d'interesse;
o) regolare la partecipazione dei medici convenzionati a società, anche cooperative, anche al fine di prevenire l'emergere di conflitti di interesse con le funzioni attribuite agli stessi medici dai rapporti convenzionali in atto;
1. prevedere la possibilità di stabilire specifici accordi con i medici già titolari di convenzione operanti in forma associata, secondo modalità e in funzione di specifici obiettivi definiti in ambito convenzionale;
2. prevedere le modalità con cui la convenzione possa essere sospesa, qualora nell'ambito della integrazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta nella organizzazione distrettuale, le unità sanitarie locali attribuiscano a tali medici l'incarico di direttore di distretto o altri incarichi temporanei ritenuti inconciliabili con il mantenimento della convenzione;
3. bis) promuovere la collaborazione interprofessionale dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con i farmacisti delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, in riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e al relativo decreto legislativo di attuazione;
m-ter) prevedere l'adesione obbligatoria dei medici all'assetto organizzativo e al sistema informativo definiti da ciascuna regione, al Sistema informativo nazionale, compresi gli aspetti relativi al sistema della tessera sanitaria, secondo quanto stabilito dall'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, nonché la partecipazione attiva all'applicazione delle procedure di trasmissione telematica delle ricette mediche.
4. bis. Le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere, in deroga a quanto previsto dal comma 1, utilizzano, a esaurimento, nell'ambito del numero delle ore di incarico svolte alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i medici addetti alla stessa data alle attività di guardia medica e di medicina dei servizi. Per costoro valgono le convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni possono individuare aree di attività della emergenza territoriale e della medicina dei servizi, che, al fine del miglioramento dei servizi, richiedono l'instaurarsi di un rapporto d'impiego. A questi fini, i medici in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, addetti a tali attività, i quali al31 dicembre 1998 risultavano titolari di un incarico a tempo indeterminato da almeno cinque anni, o comunque al compimento del quinto anno di incarico a tempo indeterminato, sono inquadrati a domanda nel ruolo sanitario, nei limiti dei posti delle dotazioni organiche definite e approvate nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e previo giudizio di idoneità secondo le procedure di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 dicembre 1997, n. 502. Nelle more del passaggio alla dipendenza, le regioni possono prevedere adeguate forme di integrazione dei medici convenzionati addetti alla emergenza sanitaria territoriale con l'attività dei servizi del sistema di emergenza-urgenza secondo criteri di flessibilità operativa, incluse forme di mobilità interaziendale.
5. Il rapporto con le farmacie pubbliche e private è disciplinato da convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati a norma dell'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale. Detti accordi devono tener conto dei seguenti princìpi:
a) le farmacie pubbliche e private erogano l'assistenza farmaceutica per conto delle unità sanitarie locali del territorio regionale dispensando, su presentazione della ricetta del medico, specialità medicinali, preparati galenici, prodotti dietetici, presidi medico-chirurgici e altri prodotti sanitari erogabili dal Servizio sanitario nazionale e svolgendo, nel rispetto di quanto previsto dai Piani socio-sanitari regionali e previa adesione del titolare della farmacia, da esprimere secondo le modalità stabilite dalle singole Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, le ulteriori funzioni di cui alla lettera b-bis), fermo restando che l'adesione delle farmacie pubbliche è subordinata all'osservanza dei criteri fissati con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'interno, in base ai quali garantire il rispetto delle norme vigenti in materia di patto di stabilità dirette agli enti locali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e senza incrementi di personale nei limiti previsti dai livelli di assistenza;
b) per la dispensazione dei prodotti di cui alla lettera a) l'unità sanitaria locale corrisponde alla farmacia il prezzo del prodotto erogato, al netto della eventuale quota di partecipazione alla spesa dovuta dall'assistito. Ai fini della liquidazione la farmacia è tenuta alla presentazione della ricetta corredata del bollino o di altra documentazione comprovante l'avvenuta consegna all'assistito. Per il pagamento del dovuto oltre il termine fissato dagli accordi regionali di cui alla successiva lettera c) non possono essere riconosciuti interessi superiore a quelli legali;
b-bis) provvedere a disciplinare:
1) la partecipazione delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, di seguito denominate farmacie, al servizio di assistenza domiciliare integrata a favore dei pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attività del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta. L'azienda unità sanitaria locale individua la farmacia competente all'erogazione del servizio per i pazienti che risiedono o hanno il proprio domicilio nel territorio in cui sussiste condizione di promiscuità tra più sedi farmaceutiche, sulla base del criterio della farmacia più vicina, per la via pedonale, all'abitazione del paziente; nel caso in cui una farmacia decida di non partecipare all'erogazione del servizio di assistenza domiciliare integrata, per i pazienti residenti o domiciliati nella relativa sede, l'azienda unità sanitaria locale individua la farmacia competente sulla base del criterio di cui al precedente periodo. La partecipazione al servizio può prevedere:
1.1) la dispensazione e la consegna domiciliare di farmaci e dispositivi medici necessari;
1.2) la preparazione, nonché la dispensazione al domicilio delle miscele per la nutrizione artificiale e dei medicinali antidolorifici, nel rispetto delle relative norme di buona preparazione e di buona pratica di distribuzione dei medicinali e nel rispetto delle prescrizioni e delle limitazioni stabilite dalla vigente normativa;
1.3) la dispensazione per conto delle strutture sanitarie dei farmaci a distribuzione diretta;
1.4) la messa a disposizione di operatori socio-sanitari, di infermieri e di fisioterapisti, per la effettuazione, a domicilio, di specifiche prestazioni professionali richieste dal medico di famiglia o dal pediatra di libera scelta, fermo restando che le prestazioni infermieristiche o fisioterapiche che possono essere svolte presso la farmacia, sono limitate a quelle di cui al numero 4) e alle ulteriori prestazioni, necessarie allo svolgimento dei nuovi compiti delle farmacie, individuate con decreto del Ministro dei lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
2) la collaborazione delle farmacie alle iniziative finalizzate a garantire il corretto utilizzo dei medicinali prescritti e il relativo monitoraggio; a favorire l'aderenza dei malati alle terapie mediche, anche attraverso la partecipazione a specifici programmi di farmacovigilanza. Tale collaborazione avviene previa partecipazione dei farmacisti che vi operano ad appositi programmi di formazione;
3) la definizione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano;
4) la definizione di servizi di secondo livello rivolti ai singoli assistiti, in coerenza con le linee guida ed i percorsi diagnostico-terapeutici previsti per le specifiche patologie, su prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, anche avvalendosi di personale infermieristico. Gli accordi regionali definiscono le condizioni e le modalità di partecipazione delle farmacie ai predetti servizi di secondo livello; la partecipazione alle campagne di prevenzione può prevedere l'inserimento delle farmacie tra i punti forniti di defibrillatori semiautomatici;
5) l'effettuazione, presso le farmacie, nell'ambito dei servizi di secondo livello di cui al numero 4, di prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell'ambito dell'autocontrollo, nei limiti e alle condizioni stabiliti con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni caso esclusa l'attività di prescrizione e diagnosi, nonché il prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti;
6) le modalità con cui nelle farmacie gli assistiti possano prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, e provvedere al pagamento delle relative quote di partecipazione alla spesa a carico del cittadino, nonché ritirare i referti relativi a prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate; le modalità per il ritiro dei referti sono fissate, nel rispetto delle previsioni contenute nel decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 196, recante il codice in materia di protezione dei dati personali e in base a modalità, regole tecniche e misure di sicurezza, con decreto, di natura non regolamentare, del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Garante per la protezione dei dati personali;
7) i requisiti richiesti alle farmacie per la partecipazione alle attività di cui alla presente lettera;
8) la promozione della collaborazione interprofessionale dei farmacisti delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, in riferimento alle attività di cui alla presente lettera;
c) demandare ad accordi di livello regionale la disciplina delle modalità di presentazione delle ricette e i tempi dei pagamenti dei corrispettivi nonché l'individuazione di modalità differenziate di erogazione delle prestazioni finalizzate al miglioramento dell'assistenza definendo le relative condizioni economiche anche in deroga a quanto previsto alla precedente lettera b);
c-bis) l'accordo collettivo nazionale definisce i principi e i criteri per la remunerazione, da parte del Servizio sanitario nazionale, delle prestazioni e delle funzioni assistenziali di cui all'articolo 11 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e al relativo decreto legislativo di attuazione, fissando il relativo tetto di spesa, a livello nazionale, entro il limite dell'accertata diminuzione degli oneri derivante, per il medesimo Servizio sanitario nazionale, per le regioni e per gli enti locali, dallo svolgimento delle suddette attività da parte delle farmacie, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; all'accertamento della predetta diminuzione degli oneri provvedono congiuntamente, sulla base di certificazioni prodotte dalle singole regioni, il Comitato e il Tavolo di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa stipulata il 23 marzo 2005 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
c-ter) fermi restando i limiti di spesa fissati dall'accordo nazionale ed entro un limite di spesa relativo alla singola regione di importo non superiore a quello accertato dai citati Comitato e Tavolo ai sensi della lettera c-bis), gli accordi di livello regionale disciplinano le modalità e i tempi dei pagamenti per la remunerazione delle prestazioni e delle funzioni assistenziali di cui alla lettera c-bis); gli accordi regionali definiscono, altresì, le caratteristiche strutturali e organizzative e le dotazioni tecnologiche minime in base alle quali individuare le farmacie con le quali stipulare accordi contrattuali finalizzati alla fornitura dei servizi di secondo livello, entro il medesimo limite di spesa; eventuali prestazioni e funzioni assistenziali al di fuori dei limiti di spesa indicati dagli accordi regionali sono a carico del cittadino che le ha richieste.
2-bis. Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono individuati i criteri per la valutazione:
d) del servizio prestato in regime convenzionale dagli specialisti ambulatoriali medici e delle altre professionalità sanitarie, al fine dell'attribuzione del trattamento giuridico ed economico ai soggetti inquadrati in ruolo ai sensi dell'articolo 34 della legge 27 dicembre 1997, n. 449;
e) per lo stesso fine, del servizio prestato in regime convenzionale dai medici della guardia medica, della emergenza territoriale e della medicina dei servizi nel caso le regioni abbiano proceduto o procedano ad instaurare il rapporto di impiego ai sensi del comma 1-bis del presente articolo sia nel testo modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, sia nel testo introdotto dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229; a tali medici è data facoltà di optare per il mantenimento della posizione assicurativa già costituita presso l'Ente nazionale previdenza ed assistenza medici (ENPAM); tale opzione deve essere esercitata al momento dell'inquadramento in ruolo. Il servizio di cui al presente comma è valutato con riferimento all'orario settimanale svolto rapportato a quello dei medici e delle altre professionalità sanitarie dipendenti dalla azienda sanitaria.
2-ter. Con decreto del Ministro della sanità è istituita, senza oneri a carico dello Stato, una commissione composta da rappresentanti dei Ministeri della sanità, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e del lavoro e della previdenza sociale e da rappresentanti regionali designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di individuare modalità idonee ad assicurare che l'estensione al personale a rapporto convenzionale, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, dei limiti di età previsti dal comma 1 dell'articolo 15-nonies dello stesso decreto avvenga senza oneri per il personale medesimo. L'efficacia della disposizione di cui all'articolo 15-nonies, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come introdotto dall'articolo 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è sospesa fino alla attuazione dei provvedimenti collegati alle determinazioni della Commissione di cui al presente comma.
6. Gli Ordini ed i Collegi professionali sono tenuti a valutare sotto il profilo deontologico i comportamenti degli iscritti agli Albi ed ai Collegi professionali che si siano resi inadempienti agli obblighi convenzionali. I ricorsi avverso le sanzioni comminate dagli Ordini o dai Collegi sono decisi dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.
7. Ferma restando la competenza delle regioni in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private, a norma dell'art. 43 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con atto di indirizzo e coordinamento, emanato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentito il Consiglio superiore di sanità, sono definiti i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private e la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi. L'atto di indirizzo e coordinamento è emanato entro il 31 dicembre 1993 nel rispetto dei seguenti criteri e princìpi direttivi:
a) garantire il perseguimento degli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione definiti dal Piano sanitario nazionale;
b) garantire il perseguimento degli obiettivi che ciascuna delle fondamentali funzioni assistenziali del Servizio sanitario nazionale deve conseguire, giusta quanto disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1992, concernente la «Definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria» ovvero dal Piano sanitario nazionale, ai sensi del precedente art. 1, comma 4, lettera b);
c) assicurare l'adeguamento delle strutture e delle attrezzature al progresso scientifico e tecnologico;
d) assicurare l'applicazione delle disposizioni comunitarie in materia;
e) garantire l'osservanza delle norme nazionali in materia di: protezione antisismica, protezione antincendio, protezione acustica, sicurezza elettrica, continuità elettrica, sicurezza antinfortunistica, igiene dei luoghi di lavoro, protezione dalle radiazioni ionizzanti, eliminazione delle barriere architettoniche, smaltimento dei rifiuti, condizioni microclimatiche, impianti di distribuzione dei gas, materiali esplodenti, anche al fine di assicurare condizioni di sicurezza agli operatori e agli utenti del servizio;
f) prevedere l'articolazione delle strutture sanitarie in classi differenziate in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili;
g) prevedere l'obbligo di controllo della qualità delle prestazioni erogate;
h) definire i termini per l'adeguamento delle strutture e dei presìdi già autorizzati e per l'aggiornamento dei requisiti minimi, al fine di garantire un adeguato livello di qualità delle prestazioni compatibilmente con le risorse a disposizione.
8. (Abrogato).
9. (Abrogato)).
10. (Abrogato).

11. Le unità sanitarie locali, in deroga a quanto previsto dai precedenti commi 5 e 7, utilizzano il personale sanitario in servizio alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, ai sensi dei decreti del Presidente della Repubblica 28 settembre 1990, n. 316, 13 marzo 1992, n. 261, 13 marzo 1992, n. 262, e 18 giugno 1988, n. 255. Esclusivamente per il suddetto personale valgono le convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e dell'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412. Entro il triennio indicato al comma 7 le regioni possono inoltre individuare aree di attività specialistica che, ai fini del miglioramento del servizio richiedano l'instaurarsi di un rapporto d'impiego. A questi fini i medici specialistici ambulatoriali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1990, n. 316, che alla data del 31 dicembre 1992 svolgevano esclusivamente attività ambulatoriale da almeno cinque anni con incarico orario non inferiore a ventinove ore settimanali e che alla medesima data non avevano altro tipo di rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale o con altre istituzioni pubbliche o private, sono inquadrati, a domanda, previo giudizio di idoneità, nel primo livello dirigenziale del ruolo medico in soprannumero. Con regolamento da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, ai sensi dell'art. 17, L. 23 agosto 1988, n. 400, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità di concerto con i Ministri del tesoro e della funzione pubblica sono determinati i tempi, le procedure e le modalità per lo svolgimento dei giudizi di idoneità (181). In sede di revisione dei rapporti convenzionali in atto, l'accordo collettivo nazionale disciplina l'adeguamento dei rapporti medesimi alle esigenze di flessibilità operativa, incluse la riorganizzazione degli orari e le forme di mobilità interaziendale, nonché i criteri di integrazione dello specialista ambulatoriale nella assistenza distrettuale. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 34 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
8-bis. I medici che frequentano il secondo anno del corso biennale di formazione specifica in medicina generale possono presentare, nei termini stabiliti, domanda per l'inclusione nella graduatoria regionale dei medici aspiranti alla assegnazione degli incarichi di medicina generale, autocertificando la frequenza al corso, qualora il corso non sia concluso e il relativo attestato non sia stato rilasciato entro il 31 dicembre dell'anno stesso, a causa del ritardo degli adempimenti regionali. L'attestato di superamento del corso biennale è prodotto dall'interessato, durante il periodo di validità della graduatoria regionale, unitamente alla domanda di assegnazione delle zone carenti. Il mancato conseguimento dell'attestato comporta la cancellazione dalla graduatoria regionale.
12. (Abrogato).
8-bis. Autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali.
1. Le regioni assicurano i livelli essenziali e uniformi di assistenza di cui all'articolo 1 avvalendosi dei presìdi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati ai sensi dell'articolo 8-quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies.
2. I cittadini esercitano la libera scelta del luogo di cura e dei professionisti nell'ambito dei soggetti accreditati con cui siano stati definiti appositi accordi contrattuali. L'accesso ai servizi è subordinato all'apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul modulario del Servizio sanitario nazionale.
3. La realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie, l'esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter, dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8-quater, nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8- quinquies. La presente disposizione vale anche per le strutture e le attività sociosanitarie.
8-ter. Autorizzazioni alla realizzazione di strutture e all'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie.
1. La realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie sono subordinate ad autorizzazione. Tali autorizzazioni si applicano alla costruzione di nuove strutture, all'adattamento di strutture già esistenti e alla loro diversa utilizzazione, all'ampliamento o alla trasformazione nonché al trasferimento in altra sede di strutture già autorizzate, con riferimento alle seguenti tipologie:
a) strutture che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero a ciclo continuativo o diurno per acuti;
b) strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio;
c) strutture sanitarie e sociosanitarie che erogano prestazioni in regime residenziale, a ciclo continuativo o diurno.
2. L'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi.
3. Per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie il comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni, la verifica di compatibilità del progetto da parte della regione. Tale verifica è effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture.
4. L'esercizio delle attività sanitarie e sociosanitarie da parte di strutture pubbliche e private presuppone il possesso dei requisiti minimi, strutturali, tecnologici e organizzativi stabiliti con atto di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sulla base dei princìpi e criteri direttivi previsti dall'articolo 8, comma 4, del presente decreto. In sede di modificazione del medesimo atto di indirizzo e coordinamento si individuano gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie di cui al comma 2, nonché i relativi requisiti minimi.
5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, le regioni determinano:
a) le modalità e i termini per la richiesta e l'eventuale rilascio della autorizzazione alla realizzazione di strutture e della autorizzazione all'esercizio di attività sanitaria e sociosanitaria, prevedendo la possibilità del riesame dell'istanza, in caso di esito negativo o di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente;
b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva, definendo idonee procedure per selezionare i nuovi soggetti eventualmente interessati.
8-quater. Accreditamento istituzionale.
1. L'accreditamento istituzionale è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private e ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell'attività svolta e dei risultati raggiunti. Al fine di individuare i criteri per la verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale, la regione definisce il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale per garantire i livelli essenziali e uniformi di assistenza, nonché gli eventuali livelli integrativi locali e le esigenze connesse all'assistenza integrativa di cui all'articolo 9. La regione provvede al rilascio dell'accreditamento ai professionisti, nonché a tutte le strutture pubbliche ed equiparate che soddisfano le condizioni di cui al primo periodo del presente comma, alle strutture private non lucrative di cui all'articolo 1, comma 18, e alle strutture private lucrative.
2. La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies. I requisiti ulteriori costituiscono presupposto per l'accreditamento e vincolo per la definizione delle prestazioni previste nei programmi di attività delle strutture accreditate, così come definiti dall'articolo 8-quinquies.
3. Con atto di indirizzo e coordinamento emanato, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sentiti l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, il Consiglio superiore di sanità, e, limitatamente all'accreditamento dei professionisti, la Federazione nazionale dell'ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri, sono definiti i criteri generali uniformi per:
a) la definizione dei requisiti ulteriori per l'esercizio delle attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale da parte delle strutture sanitarie e dei professionisti, nonché la verifica periodica di tali attività;
b) la valutazione della rispondenza delle strutture al fabbisogno, tenendo conto anche del criterio della soglia minima di efficienza che, compatibilmente con le risorse regionali disponibili, deve esser conseguita da parte delle singole strutture sanitarie, e alla funzionalità della programmazione regionale, inclusa la determinazione dei limiti entro i quali sia possibile accreditare quantità di prestazioni in eccesso rispetto al fabbisogno programmato, in modo da assicurare un'efficace competizione tra le strutture accreditate;
c) le procedure e i termini per l'accreditamento delle strutture che ne facciano richiesta, ivi compresa la possibilità di un riesame dell'istanza, in caso di esito negativo e di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente nonché la verifica periodica dei requisiti ulteriori e le procedure da adottarsi in caso di verifica negativa.
4. L'atto di indirizzo e coordinamento è emanato nel rispetto dei seguenti criteri e princìpi direttivi:
a) garantire l'eguaglianza fra tutte le strutture relativamente ai requisiti ulteriori richiesti per il rilascio dell'accreditamento e per la sua verifica periodica;
b) garantire il rispetto delle condizioni di incompatibilità previste dalla vigente normativa nel rapporto di lavoro con il personale comunque impegnato in tutte le strutture;
c) assicurare che tutte le strutture accreditate garantiscano dotazioni strumentali e tecnologiche appropriate per quantità, qualità e funzionalità in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili e alle necessità assistenziali degli utilizzatori dei servizi;
d) garantire che tutte le strutture accreditate assicurino adeguate condizioni di organizzazione interna, con specifico riferimento alla dotazione quantitativa e alla qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato;
e) prevedere la partecipazione della struttura a programmi di accreditamento professionale tra pari;
f) prevedere la partecipazione degli operatori a programmi di valutazione sistematica e continuativa dell'appropriatezza delle prestazioni erogate e della loro qualità, interni alla struttura e interaziendali;
g) prevedere l'accettazione del sistema di controlli esterni sulla appropriatezza e sulla qualità delle prestazioni erogate, definito dalla regione ai sensi dell'articolo 8-octies;
h) prevedere forme di partecipazione dei cittadini e degli utilizzatori dei servizi alla verifica dell'attività svolta e alla formulazione di proposte rispetto all'accessibilità dei servizi offerti, nonché l'adozione e l'utilizzazione sistematica della carta dei servizi per la comunicazione con i cittadini, inclusa la diffusione degli esiti dei programmi di valutazione di cui alle lettere e) ed f);
i) disciplinare l'esternalizzazione dei servizi sanitari direttamente connessi all'assistenza al paziente, prevedendola esclusivamente verso soggetti accreditati in applicazione dei medesimi criteri o di criteri comunque equivalenti a quelli adottati per i servizi interni alla struttura, secondo quanto previsto dal medesimo atto di indirizzo e coordinamento;
l) indicare i requisiti specifici per l'accreditamento di funzioni di particolare rilevanza, in relazione alla complessità organizzativa e funzionale della struttura, alla competenza e alla esperienza del personale richieste, alle dotazioni tecnologiche necessarie o in relazione all'attuazione degli obiettivi prioritari definiti dalla programmazione nazionale;
m) definire criteri per la selezione degli indicatori relativi all'attività svolta e ai suoi risultati finali dalle strutture e dalle funzioni accreditate, in base alle evidenze scientifiche disponibili;
n) definire i termini per l'adozione dei provvedimenti attuativi regionali e per l'adeguamento organizzativo delle strutture già autorizzate;
o) indicare i requisiti per l'accreditamento istituzionale dei professionisti, anche in relazione alla specifica esperienza professionale maturata e ai crediti formativi acquisiti nell'ambito del programma di formazione continua di cui all'articolo 16-ter;
p) individuare l'organizzazione dipartimentale minima e le unità operative e le altre strutture complesse delle aziende di cui agli articoli 3 e 4, in base alla consistenza delle risorse umane, tecnologiche e finanziarie, al grado di autonomia finanziaria e alla complessità dell'organizzazione interna;
q) prevedere l'estensione delle norme di cui al presente comma alle attività e alle strutture sociosanitarie, ove compatibili.
5. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni definiscono, in conformità ai criteri generali uniformi ivi previsti, i requisiti per l'accreditamento, nonché il procedimento per la loro verifica, prevedendo, per quanto riguarda l'accreditamento dei professionisti, adeguate forme di partecipazione degli Ordini e dei Collegi professionali interessati.
6. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni avviano il processo di accreditamento delle strutture temporaneamente accreditate ai sensi dell'articolo 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e delle altre già operanti.
7. Nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture o per l'avvio di nuove attività in strutture preesistenti, l'accreditamento può essere concesso, in via provvisoria, per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati. L'eventuale verifica negativa comporta la sospensione automatica dell'accreditamento temporaneamente concesso.
8. In presenza di una capacità produttiva superiore al fabbisogno determinato in base ai criteri di cui al comma 3, lettera b), le regioni e le unità sanitarie locali attraverso gli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies, sono tenute a porre a carico del Servizio sanitario nazionale un volume di attività comunque non superiore a quello previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale. In caso di superamento di tale limite, e in assenza di uno specifico e adeguato intervento integrativo ai sensi dell'articolo 13, si procede, con le modalità di cui all'articolo 28, commi 9 e seguenti della legge 23 dicembre 1998, n. 448, alla revoca dell'accreditamento della capacità produttiva in eccesso, in misura proporzionale al concorso a tale superamento apportato dalle strutture pubbliche ed equiparate, dalle strutture private non lucrative e dalle strutture private lucrative.
8-quinquies. Accordi contrattuali.
1. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, definiscono l'ambito di applicazione degli accordi contrattuali e individuano i soggetti interessati, con specifico riferimento ai seguenti aspetti:
a) individuazione delle responsabilità riservate alla regione e di quelle attribuite alle unità sanitarie locali nella definizione degli accordi contrattuali e nella verifica del loro rispetto;
b) indirizzi per la formulazione dei programmi di attività delle strutture interessate, con l'indicazione delle funzioni e delle attività da potenziare e da depotenziare, secondo le linee della programmazione regionale e nel rispetto delle priorità indicate dal Piano sanitario nazionale;
c) determinazione del piano delle attività relative alle alte specialità e alla rete dei servizi di emergenza;
d) criteri per la determinazione della remunerazione delle strutture ove queste abbiano erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma preventivo concordato, tenuto conto del volume complessivo di attività e del concorso allo stesso da parte di ciascuna struttura.
2. In attuazione di quanto previsto dal comma 1, la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano:
a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi;
b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell'ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale, si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza. Le regioni possono individuare prestazioni o gruppi di prestazioni per i quali stabilire la preventiva autorizzazione, da parte dell’azienda sanitaria locale competente, alla fruizione presso le strutture o i professionisti accreditati;
c) i requisiti del servizio da rendere, con particolare riguardo ad accessibilità, appropriatezza clinica e organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale;
d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, globalmente risultante dalla applicazione dei valori tariffari e della remunerazione extra-tariffaria delle funzioni incluse nell'accordo, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte secondo le indicazioni regionali di cui al comma 1, lettera d);
e) il debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno della appropriatezza e della qualità della assistenza prestata e delle prestazioni rese, secondo quanto previsto dall'articolo 8-octies;
e-bis) la modalità con cui viene comunque garantito il rispetto del limite di remunerazione delle strutture correlato ai volumi di prestazioni, concordato ai sensi della lettera d), prevedendo che in caso di incremento a seguito di modificazioni, comunque intervenute nel corso dell'anno, dei valori unitari dei tariffari regionali per la remunerazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera, delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, nonché delle altre prestazioni comunque remunerate a tariffa, il volume massimo di prestazioni remunerate, di cui alla lettera b), si
intende rideterminato nella misura necessaria al mantenimento dei limiti indicati alla lettera d), fatta salva la possibile stipula di accordi integrativi, nel rispetto dell'equilibrio economico-finanziario programmato.
2-bis. (Abrogato).
2-ter. (Abrogato).

2-quater. Le regioni stipulano accordi con le fondazioni istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e con gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e contratti con gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati, che sono definiti con le modalità di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288. Le regioni stipulano altresì accordi con gli istituti, enti ed ospedali di cui agli articoli 41 e 43, secondo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni, che prevedano che l’attività assistenziale, attuata in coerenza con la programmazione sanitaria regionale, sia finanziata a prestazione in base ai tetti di spesa ed ai volumi di attività predeterminati annualmente dalla programmazione regionale nel rispetto dei vincoli di bilancio, nonché sulla base di funzioni riconosciute dalle regioni, tenendo conto nella remunerazione di eventuali risorse già attribuite per spese di investimento, ai sensi dell’articolo 4, comma 15, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 e successive modificazioni ed integrazioni. Ai predetti accordi e ai predetti contratti si applicano le disposizioni di cui al comma 2, lettere a), b), c), e) ed e-bis).
2-quinquies. In caso di mancata stipula degli accordi di cui al presente articolo, l’accreditamento istituzionale di cui all’articolo 8-quater delle strutture e dei professionisti eroganti prestazioni per conto del Servizio sanitario nazionale interessati è sospeso.
8-sexies. Remunerazione.
1. Le strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito indicato negli accordi contrattuali di cui all'articolo 8-quinquies e determinato in base alle funzioni assistenziali e alle attività svolte nell'ambito e per conto della rete dei servizi di riferimento. Ai fini della determinazione del finanziamento globale delle singole strutture, le funzioni assistenziali di cui al comma 2 sono remunerate in base al costo standard di produzione del programma di assistenza, mentre le attività di cui al comma 4 sono remunerate in base a tariffe predefinite per prestazione.
1-bis. Il valore complessivo della remunerazione delle funzioni non può in ogni caso superare il 30 per cento del limite di remunerazione assegnato.
2. Le regioni definiscono le funzioni assistenziali nell'ambito delle attività che rispondono alle seguenti caratteristiche generali:
a) programmi a forte integrazione fra assistenza ospedaliera e territoriale, sanitaria e sociale, con particolare riferimento alla assistenza per patologie croniche di lunga durata o recidivanti;
b) programmi di assistenza a elevato grado di personalizzazione della prestazione o del servizio reso alla persona;
c) attività svolte nell'ambito della partecipazione a programmi di prevenzione;
d) programmi di assistenza a malattie rare;
e) attività con rilevanti costi di attesa, ivi compreso il sistema di allarme sanitario e di trasporto in emergenza, nonché il funzionamento della centrale operativa, di cui all'atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 21 marzo 1992;
f) programmi sperimentali di assistenza;
g) programmi di trapianto di organo, di midollo osseo e di tessuto, ivi compresi il mantenimento e monitoraggio del donatore, l'espianto degli organi da cadavere, le attività di trasporto, il coordinamento e l'organizzazione della rete di prelievi e di trapianti, gli accertamenti preventivi sui donatori.
3. I criteri generali per la definizione delle funzioni assistenziali e per la determinazione della loro remunerazione massima sono stabiliti con apposito decreto del Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sulla base di standard organizzativi e di costi unitari predefiniti dei fattori produttivi, tenendo conto, quando appropriato, del volume dell'attività svolta.
4. La remunerazione delle attività assistenziali diverse da quelle di cui al comma 2 è determinata in base a tariffe predefinite, limitatamente agli episodi di assistenza ospedaliera per acuti erogata in regime di degenza ordinaria e di day hospital, e alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, fatta eccezione per le attività rientranti nelle funzioni di cui al comma 3.
5. Il Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 120, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, con apposito decreto individua i sistemi di classificazione che definiscono l'unità di prestazione o di servizio da remunerare e determina le tariffe massime da corrispondere alle strutture accreditate, in base ai costi standard di produzione e di quote standard di costi generali, calcolati su un campione rappresentativo di strutture accreditate, tenuto conto, nel rispetto dei princìpi di efficienza e di economicità nell’uso delle risorse, anche in via alternativa, di: a) costi standard delle prestazioni calcolati in riferimento a strutture preventivamente selezionate secondo criteri di efficienza, appropriatezza e qualità dell’assistenza come risultanti dai dati in possesso del Sistema informativo sanitario; b) costi standard delle prestazioni già disponibili presso le regioni e le province autonome; c) tariffari regionali e differenti modalità di remunerazione delle funzioni assistenziali attuate nelle regioni e nelle province autonome. Lo stesso decreto stabilisce i criteri generali, nel rispetto del principio del perseguimento dell’efficienza e dei vincoli di bilancio derivanti dalle risorse programmate a livello nazionale e regionale, in base ai quali le regioni adottano il proprio sistema tariffario, articolando tali tariffe per classi di strutture secondo le loro caratteristiche organizzative e di attività, verificati in sede di accreditamento delle strutture stesse. Le tariffe massime di cui al presente comma sono assunte come riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a carico del Servizio sanitario nazionale. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime restano a carico dei bilanci regionali. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione è abrogato il decreto del Ministro della Sanità 15 aprile 1994, recante «Determinazione dei criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di assistenza specialistica, riabilitativa ed ospedaliera», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1994.
6. Con la procedura di cui al comma 5, sono effettuati periodicamente la revisione del sistema di classificazione delle prestazioni e l'aggiornamento delle relative tariffe, tenendo conto della definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza e delle relative previsioni di spesa, dell'innovazione tecnologica e organizzativa, nonché dell'andamento del costo dei principali fattori produttivi.
7. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, disciplina le modalità di erogazione e di remunerazione dell'assistenza protesica, compresa nei livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, anche prevedendo il ricorso all'assistenza in forma indiretta.
8. Il Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, con apposito decreto, definisce i criteri generali per la compensazione dell'assistenza prestata a cittadini in regioni diverse da quelle di residenza. Nell'ambito di tali criteri, le regioni possono stabilire specifiche intese e concordare politiche tariffarie, anche al fine di favorire il pieno utilizzo delle strutture e l'autosufficienza di ciascuna regione, nonché l'impiego efficiente delle strutture che esercitano funzioni a valenza interregionale e nazionale.
8-septies. Prestazioni erogate in forma indiretta.
1. I rimborsi relativi alle prestazioni erogate in forma indiretta sono definiti dalle regioni e dalle province autonome in misura non superiore al cinquanta per cento delle corrispondenti tariffe regionali determinate ai sensi dell'articolo 8-sexies. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è abolita l'assistenza in forma indiretta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e in regime di degenza. Resta ferma la normativa vigente in materia di assistenza sanitaria all'estero.
8-octies. Controlli.
2. La regione e le aziende unità sanitarie locali attivano un sistema di monitoraggio e controllo sulla definizione e sul rispetto degli accordi contrattuali da parte di tutti i soggetti interessati nonché sulla qualità della assistenza e sulla appropriatezza delle prestazioni rese.
3. Per quanto riguarda le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale, la definizione degli accordi entro i termini stabiliti dalla regione e il rispetto dei programmi di attività previsti per ciascuna struttura rappresenta elemento di verifica per la conferma degli incarichi al direttore generale, ai direttori di dipartimento e del contratto previsto per i dirigenti responsabili di struttura complessa, nonché per la corresponsione degli incentivi di risultato al personale con funzioni dirigenziali dipendente dalle aziende interessate.
4. Con atto di indirizzo e coordinamento, emanato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti, sulla base dei criteri di cui all'articolo 8-quinquies, i princìpi in base ai quali la regione assicura la funzione di controllo esterno sulla appropriatezza e sulla qualità della assistenza prestata dalle strutture interessate. Le regioni, in attuazione dell'atto di indirizzo e coordinamento, entro sessanta giorni determinano:
a) le regole per l'esercizio della funzione di controllo esterno e per la risoluzione delle eventuali contestazioni, stabilendo le relative penalizzazioni;
b) il debito informativo delle strutture accreditate interessate agli accordi e le modalità per la verifica della adeguatezza del loro sistema informativo;
c) l'organizzazione per la verifica del comportamento delle singole strutture;
d) i programmi per promuovere la formazione e l'aggiornamento degli operatori addetti alla gestione della documentazione clinica e alle attività di controllo.
5. L'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3 individua altresì i criteri per la verifica di:
a) validità della documentazione amministrativa attestante l'avvenuta erogazione delle prestazioni e la sua rispondenza alle attività effettivamente svolte;
b) necessità clinica e appropriatezza delle prestazioni e dei ricoveri effettuati, con particolare riguardo ai ricoveri di pazienti indirizzati o trasferiti ad altre strutture;
c) appropriatezza delle forme e delle modalità di erogazione della assistenza;
d) risultati finali della assistenza, incluso il gradimento degli utilizzatori dei servizi.
9.  Fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale.
1. Al fine di favorire l'erogazione di forme di assistenza sanitaria integrative rispetto a quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale e, con queste comunque direttamente integrate, possono essere istituiti fondi integrativi finalizzati a potenziare l'erogazione di trattamenti e prestazioni non comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza di cui all'articolo 1, definiti dal Piano sanitario nazionale e dai relativi provvedimenti attuativi.
2. La denominazione dei fondi di cui al presente articolo deve contenere l'indicazione «fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale». Tale denominazione non può essere utilizzata con riferimento a fondi istituiti per finalità diverse.
3. Tutti i soggetti pubblici e privati che istituiscono fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono tenuti ad adottare politiche di non selezione dei rischi. Le fonti istitutive dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono le seguenti:
a) contratti e accordi collettivi, anche aziendali;
b) accordi tra lavoratori autonomi o fra liberi professionisti, promossi dai loro sindacati o da associazioni di rilievo almeno provinciale;
c) regolamenti di regioni, enti territoriali ed enti locali;
d) deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da organizzazioni non lucrative di cui all'articolo 1, comma 16 operanti nei settori dell'assistenza socio-sanitaria o dell'assistenza sanitaria;
e) deliberazioni assunte, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, da società di mutuo soccorso riconosciute;
f) atti assunti da altri soggetti pubblici e privati, a condizione che contengano l'esplicita assunzione dell'obbligo di non adottare strategie e comportamenti di selezione dei rischi o di discriminazione nei confronti di particolari gruppi di soggetti.
4. L'ambito di applicazione dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale è rappresentato da:
a) prestazioni aggiuntive, non comprese nei livelli essenziali e uniformi di assistenza e con questi comunque integrate, erogate da professionisti e da strutture accreditati;
b) prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza, per la sola quota posta a carico dell'assistito, inclusi gli oneri per l'accesso alle prestazioni erogate in regime di libera professione intramuraria e per la fruizione dei servizi alberghieri su richiesta dell'assistito di cui all'articolo 1, comma 15, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
c) prestazioni sociosanitarie erogate in strutture accreditate residenziali e semiresidenziali o in forma domiciliare, per la quota posta a carico dell'assistito.
5. Fra le prestazioni di cui al comma 4, lettera a), sono comprese:
a) le prestazioni di medicina non convenzionale, ancorché erogate da strutture non accreditate;
b) le cure termali, limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale;
c) l'assistenza odontoiatrica, limitatamente alle prestazioni non a carico del Servizio sanitario nazionale e comunque con l'esclusione dei programmi di tutela della salute odontoiatrica nell'età evolutiva e dell'assistenza odontoiatrica e protesica a determinate categorie di soggetti in condizioni di particolare vulnerabilità.
6. Con decreto del Ministro della sanità, previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale ai sensi del comma 10, sono individuate le prestazioni relative alle lettere a), b) e c) del comma 5, nonché quelle ricomprese nella lettera c) del comma 4, le quali, in via di prima applicazione, possono essere poste a carico dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale.
7. I fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale sono autogestiti. Essi possono essere affidati in gestione mediante convenzione, da stipulare con istituzioni pubbliche e private che operano nel settore sanitario o sociosanitario da almeno cinque anni, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro della sanità, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, in forma singola o associata, possono partecipare alla gestione dei fondi di cui al presente articolo.
8. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale ai sensi del comma 10, è emanato, su proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il regolamento contenente le disposizioni relative all'ordinamento dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale. Detto regolamento disciplina:
a) le modalità di costituzione e di scioglimento;
b) la composizione degli organi di amministrazione e di controllo;
c) le forme e le modalità di contribuzione;
d) i soggetti destinatari dell'assistenza;
e) il trattamento e le garanzie riservate al singolo sottoscrittore e al suo nucleo familiare;
f) le cause di decadenza della qualificazione di fondo integrativo del Servizio sanitario nazionale.
9. La vigilanza sull'attività dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale è disciplinata dall'articolo 122 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Presso il Ministero della sanità, senza oneri a carico dello Stato, sono istituiti: l'anagrafe dei fondi integrativi del servizio sanitario nazionale, alla quale debbono iscriversi sia i fondi vigilati dallo Stato che quelli sottoposti a vigilanza regionale; l'osservatorio dei fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, il cui funzionamento è disciplinato con il regolamento di cui al comma 8.
10. Le disposizioni del presente articolo acquistano efficacia al momento dell'entrata in vigore della disciplina del trattamento fiscale dei fondi ivi previsti, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133.
9-bis. Sperimentazioni gestionali.
11. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, autorizzano programmi di sperimentazione aventi a oggetto nuovi modelli gestionali che prevedano forme di collaborazione tra strutture del Servizio sanitario nazionale e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società miste a capitale pubblico e privato.
12. Il programma di sperimentazione è adottato dalla regione o dalla provincia autonoma interessata, motivando le ragioni di convenienza economica del progetto gestionale, di miglioramento della qualità dell'assistenza e di coerenza con le previsioni del Piano sanitario regionale ed evidenziando altresì gli elementi di garanzia, con particolare riguardo ai seguenti criteri:
a) privilegiare nell'area del settore privato il coinvolgimento delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale individuate dall'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460;
b) fissare limiti percentuali alla partecipazione di organismi privati in misura non superiore al quarantanove per cento;
c) prevedere forme idonee di limitazione alla facoltà di cessione della propria quota sociale nei confronti dei soggetti privati che partecipano alle sperimentazioni;
d) disciplinare le forme di risoluzione del rapporto contrattuale con privati che partecipano alla sperimentazione in caso di gravi inadempienze agli obblighi contrattuali o di accertate esposizioni debitorie nei confronti di terzi;
e) definire partitamente i compiti, le funzioni e i rispettivi obblighi di tutti i soggetti pubblici e privati che partecipano alla sperimentazione gestionale, avendo cura di escludere in particolare il ricorso a forme contrattuali, di appalto o subappalto, nei confronti di terzi estranei alla convenzione di sperimentazione, per la fornitura di opere e servizi direttamente connessi all'assistenza alla persona;
f) individuare forme e modalità di pronta attuazione per la risoluzione della convenzione di sperimentazione e scioglimento degli organi societari in caso di mancato raggiungimento del risultato della avviata sperimentazione.
13. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, avvalendosi dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, verifica annualmente i risultati conseguiti sia sul piano economico sia su quello della qualità dei servizi, ivi comprese le forme di collaborazione in atto con soggetti privati per la gestione di compiti diretti di tutela della salute. Al termine del primo triennio di sperimentazione, sulla base dei risultati conseguiti, il Governo e le regioni adottano i provvedimenti conseguenti.
14. Al di fuori dei programmi di sperimentazione di cui al presente articolo, è fatto divieto alle aziende del Servizio sanitario nazionale di costituire società di capitali aventi per oggetto sociale lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute.
10.  Controllo di qualità.
1. Allo scopo di garantire la qualità dell'assistenza nei confronti della generalità dei cittadini, è adottato in via ordinaria il metodo della verifica e revisione della qualità e della quantità delle prestazioni, nonché del loro costo, al cui sviluppo devono risultare funzionali i modelli organizzativi ed i flussi informativi dei soggetti erogatori e gli istituti normativi regolanti il rapporto di lavoro del personale dipendente, nonché i rapporti tra soggetti erogatori, pubblici e privati, ed il Servizio sanitario nazionale.
2. Le regioni, nell'esercizio dei poteri di vigilanza di cui all'art. 8, comma 4, e avvalendosi dei propri servizi ispettivi, verificano il rispetto delle disposizioni in materia di requisiti minimi e classificazione delle strutture erogatrici, con particolare riguardo alla introduzione ed utilizzazione di sistemi di sorveglianza e di strumenti e metodologie per la verifica di qualità dei servizi e delle prestazioni. Il Ministro della sanità interviene nell'esercizio del potere di alta vigilanza.
3. Con decreto del Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e sentite la Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri e degli altri Ordini e Collegi competenti, sono stabiliti i contenuti e le modalità di utilizzo degli indicatori di efficienza e di qualità. Il Ministro della sanità, in sede di presentazione della Relazione sullo stato sanitario del Paese, riferisce in merito alle verifiche dei risultati conseguiti, avvalendosi del predetto sistema di indicatori.
4. Il Ministro della sanità accerta lo stato di attuazione presso le regioni del sistema di controllo delle prescrizioni mediche e delle commissioni professionali di verifica. La rilevazione dei dati contenuti nelle prescrizioni mediche è attuata dalle regioni e dalle province autonome con gli strumenti ritenuti più idonei. Il Ministro della sanità acquisisce il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in ordine alla eventuale attivazione dei poteri sostitutivi. Ove tale parere non sia espresso entro trenta giorni, il Ministro provvede direttamente.
 

TITOLO III Finanziamento
11.  Versamento contributi assistenziali.
1. I datori di lavoro tenuti, in base alla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, a versare all'I.N.P.S. i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, provvedono, alle scadenze già previste, al versamento con separata documentazione degli stessi distintamente dagli altri contributi ed al netto dei soli importi spettanti a titolo di fiscalizzazione del contributo per le predette prestazioni.
2. In sede di prima applicazione, nei primi cinque mesi del 1993, i soggetti di cui al comma precedente continuano a versare i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale con le modalità vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. I datori di lavoro agricoli versano allo SCAU (220), con separata documentazione, i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, distintamente dagli altri contributi alle scadenze previste dalla normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Lo SCAU riversa all'I.N.P.S. i predetti contributi entro quindici giorni dalla riscossione. Per i lavoratori marittimi, fermo restando il disposto dell'ultimo comma dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, nella legge 29 febbraio 1980, n. 33, i rispettivi datori di lavoro versano, con separata documentazione, alle scadenze previste per i soggetti di cui al comma 1, i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, distintamente dagli altri contributi, alle Casse marittime che provvedono a riversarli all'I.N.P.S. entro quindici giorni dalla riscossione.
4. Le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, provvedono a versare i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale entro il bimestre successivo a quello della loro riscossione.
5. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale dovuti sui redditi diversi da lavoro dipendente sono versati con le modalità previste dal decreto di attuazione dell'articolo 14 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
6. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale sui redditi da pensione e da rendita vitalizia corrisposti da amministrazioni, enti, istituti, casse, gestioni o fondi di previdenza, per effetto di legge, regolamento e contratto o accordo collettivo di lavoro, sono versati, a cura dei predetti soggetti, entro la fine del bimestre successivo a quello di erogazione delle rate di pensione.
7. Nella documentazione relativa al versamento dei contributi di cui ai commi 1 e 3, i datori di lavoro sono tenuti anche ad indicare, distinti per regione in base al domicilio fiscale posseduto dal lavoratore dipendente, al 1° gennaio di ciascun anno, il numero dei soggetti, le basi imponibili contributive e l'ammontare dei contributi. In sede di prima applicazione le predette indicazioni relative ai primi cinque mesi del 1993 possono essere fornite con la documentazione relativa al versamento dei contributi effettuato nel mese di giugno 1993.
8. Per il 1993 i soggetti di cui al comma 6 provvedono agli adempimenti di cui al precedente comma con riferimento al luogo di pagamento della pensione.
9. I contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale e le altre somme ad essi connesse, sono attribuiti alle regioni in relazione al domicilio fiscale posseduto al 1° gennaio di ciascun anno dall'iscritto al Servizio sanitario nazionale.
10. Le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti di cui al comma 6, provvedono a versare i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale su appositi conti infruttiferi aperti presso la tesoreria centrale dello Stato, intestati alle regioni. I contributi di cui al comma 5 sono fatti affluire sui predetti conti. I contributi di cui ai commi 1 e 3 sono accreditati dall'I.N.P.S. ai predetti conti. In sede di prima applicazione il versamento o l'accreditamento dei predetti contributi sui conti correnti infruttiferi delle regioni è effettuato con riferimento agli interi primi cinque mesi del 1993. In relazione al disposto di cui al comma 2, l'I.N.P.S. provvede, entro il 30 agosto 1993, alla ripartizione fra le regioni dei contributi riscossi nei primi cinque mesi del 1993. Ai predetti conti affluiscono altresì le quote del Fondo sanitario nazionale. Con decreto del Ministro del tesoro sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.
11. I soggetti di cui al precedente comma inviano trimestralmente alle regioni interessate il rendiconto dei contributi sanitari riscossi o trattenuti e versati sui c/c di tesoreria alle stesse intestati; in sede di prima applicazione è inviato alle regioni il rendiconto del primo semestre 1993; entro trenta giorni dalla data di approvazione dei propri bilanci consuntivi, ovvero per le amministrazioni centrali dello Stato entro trenta giorni dalla data di presentazione al Parlamento del rendiconto generale, i soggetti di cui al precedente comma inviano alle regioni il rendiconto annuale delle riscossioni o trattenute e dei versamenti corredato dalle informazioni relative al numero dei soggetti e alle correlate basi imponibili contributive.
12. Al fine del versamento dei contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale non si applicano il comma 2 dell'articolo 63 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e l'articolo 17 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e l'articolo 2 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1954.
13. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano a decorrere dal 1° gennaio 1993.
14. Per l'anno 1993 il Ministro del tesoro è autorizzato a provvedere con propri decreti alla contestuale riduzione delle somme iscritte sul capitolo 3342 dello stato di previsione dell'entrata e sul capitolo 5941 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per importi pari ai contributi accreditati alle regioni dai soggetti di cui al precedente comma 9.
15. (Abrogato).
16. In deroga a quanto previsto dall'art. 5, comma 3, del decreto-legge 25 novembre 1989, n. 382, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 gennaio 1990, n. 8, le anticipazioni mensili che possono essere corrisposte alle unità sanitarie locali per i primi nove mesi dell'anno 1993 sono riferite ad un terzo della quota relativa all'ultimo trimestre dell'anno 1992.
17. (Abrogato).
18. È abrogato l'art. 5, comma 3, del decreto-legge 25 novembre 1989, n. 382, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 gennaio 1990, n. 8.
19. (Abrogato).
20. La partecipazione alla spesa sanitaria dei cittadini italiani, compresi i familiari, i quali risiedono in Italia e sono, in esecuzione di trattati bilaterali o multilaterali stipulati dall'Italia, esentati da imposte dirette o contributi sociali di malattia sui salari, emolumenti ed indennità percetti per il servizio prestato in Italia presso missioni diplomatiche o uffici consolari, sedi o rappresentanze di organismi o di uffici internazionali, o Stati esteri, è regolata mediante convenzioni tra il Ministero della sanità, il Ministero del tesoro, e gli organi competenti delle predette missioni, sedi o rappresentanze e Stati.
12.  Fondo sanitario nazionale.
1. Il Fondo sanitario nazionale di parte corrente e in conto capitale è alimentato interamente da stanziamenti a carico del bilancio dello Stato ed il suo importo è annualmente determinato dalla legge finanziaria tenendo conto, limitatamente alla parte corrente, dell'importo complessivo presunto dei contributi di malattia attribuiti direttamente alle regioni.
2. Una quota pari all'1% del Fondo sanitario nazionale complessivo di cui al comma precedente, prelevata dalla quota iscritta nel bilancio del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio per le parti di rispettiva competenza, è trasferita nei capitoli da istituire nello stato di previsione del Ministero della sanità ed utilizzata per il finanziamento di:
a) attività di ricerca corrente e finalizzata svolta da:
1) Istituto superiore di sanità per le tematiche di sua competenza;
2) Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro per le tematiche di sua competenza;
3) istituti di ricovero e cura di diritto pubblico e privato il cui carattere scientifico sia riconosciuto a norma delle leggi vigenti;
4) istituti zooprofilattici sperimentali per le problematiche relative all'igiene e sanità pubblica veterinaria;
b) iniziative previste da leggi nazionali o dal Piano sanitario nazionale riguardanti programmi speciali di interesse e rilievo interregionale o nazionale per ricerche o sperimentazioni attinenti gli aspetti gestionali, la valutazione dei servizi, le tematiche della comunicazione e dei rapporti con i cittadini, le tecnologie e biotecnologie sanitarie e le attività del Registro nazionale italiano dei donatori di midollo osseo;
c) rimborsi alle unità sanitarie locali ed alle aziende ospedaliere, tramite le regioni, delle spese per prestazioni sanitarie erogate a cittadini stranieri che si trasferiscono per cure in Italia previa autorizzazione del Ministro della sanità d'intesa con il Ministro degli affari esteri.
A decorrere dal 1° gennaio 1995, la quota di cui al presente comma è rideterminata ai sensi dell'art. 11, comma 3, lettera d), della L. 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
3. Il Fondo sanitario nazionale, al netto della quota individuata ai sensi del comma precedente, è ripartito con riferimento al triennio successivo entro il 15 ottobre di ciascun anno, in coerenza con le previsioni del disegno di legge finanziaria per l'anno successivo, dal CIPE, su proposta del Ministro della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome; la quota capitaria di finanziamento da assicurare alle regioni viene determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici, in relazione ai livelli uniformi di prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale, determinati ai sensi dell'art. 1, con riferimento ai seguenti elementi:
a) popolazione residente;
b) mobilità sanitaria per tipologia di prestazioni, da compensare, in sede di riparto, sulla base di contabilità analitiche per singolo caso fornite dalle unità sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere attraverso le regioni e le province autonome;
c) consistenza e stato di conservazione delle strutture immobiliari, degli impianti tecnologici e delle dotazioni strumentali.
4. Il Fondo sanitario nazionale in conto capitale assicura quote di finanziamento destinate al riequilibrio a favore delle regioni particolarmente svantaggiate sulla base di indicatori qualitativi e quantitativi di assistenza sanitaria, con particolare riguardo alla capacità di soddisfare la domanda mediante strutture pubbliche.
5. Il Fondo sanitario nazionale di parte corrente assicura altresì, nel corso del primo triennio di applicazione del presente decreto, quote di finanziamento destinate alle regioni che presentano servizi e prestazioni eccedenti quelli da garantire comunque a tutti i cittadini rapportati agli standard di riferimento.
6. Le quote del Fondo sanitario nazionale di parte corrente, assegnate alle regioni a statuto ordinario, confluiscono in sede regionale nel Fondo comune di cui all'art. 8, L. 16 maggio 1970, n. 281, come parte indistinta, ma non concorrono ai fini della determinazione del tetto massimo di indebitamento. Tali quote sono utilizzate esclusivamente per finanziare attività sanitarie. Per le regioni a statuto speciale e le province autonome le rispettive quote confluiscono in un apposito capitolo di bilancio.
12-bis. Ricerca sanitaria.
1. La ricerca sanitaria risponde al fabbisogno conoscitivo e operativo del Servizio sanitario nazionale e ai suoi obiettivi di salute, individuato con un apposito programma di ricerca previsto dal Piano sanitario nazionale.
2. Il Piano sanitario nazionale definisce, con riferimento alle esigenze del Servizio sanitario nazionale e tenendo conto degli obiettivi definiti nel Programma nazionale per la ricerca di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, gli obiettivi e i settori principali della ricerca del Servizio sanitario nazionale, alla cui coerente realizzazione contribuisce la comunità scientifica nazionale.
3. Il Ministero della sanità, sentita la Commissione nazionale per la ricerca sanitaria, di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, elabora il programma di ricerca sanitaria e propone iniziative da inserire nella programmazione della ricerca scientifica nazionale, di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, e nei programmi di ricerca internazionali e comunitari. Il programma è adottato dal Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, ha validità triennale ed è finanziato dalla quota di cui all'articolo 12, comma 2.
4. Il programma di ricerca sanitaria:
a) individua gli obiettivi prioritari per il miglioramento dello stato di salute della popolazione;
b) favorisce la sperimentazione di modalità di funzionamento, gestione e organizzazione dei servizi sanitari nonché di pratiche cliniche e assistenziali e individua gli strumenti di verifica del loro impatto sullo stato di salute della popolazione e degli utilizzatori dei servizi;
c) individua gli strumenti di valutazione dell'efficacia, dell'appropriatezza e della congruità economica delle procedure e degli interventi, anche in considerazione di analoghe sperimentazioni avviate da agenzie internazionali e con particolare riferimento agli interventi e alle procedure prive di una adeguata valutazione di efficacia;
d) favorisce la ricerca e la sperimentazione volte a migliorare la integrazione multiprofessionale e la continuità assistenziale, con particolare riferimento alle prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria;
e) favorisce la ricerca e la sperimentazione volta a migliorare la comunicazione con i cittadini e con gli utilizzatori dei servizi sanitari, a promuovere l'informazione corretta e sistematica degli utenti e la loro partecipazione al miglioramento dei servizi;
f) favorisce la ricerca e la sperimentazione degli interventi appropriati per la implementazione delle linee guida e dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici, per l'autovalutazione della attività degli operatori, la verifica e il monitoraggio e il monitoraggio dei risultati conseguiti.
5. Il programma di ricerca sanitaria si articola nelle attività di ricerca corrente e di ricerca finalizzata. La ricerca corrente è attuata tramite i progetti istituzionali degli organismi di ricerca di cui al comma seguente nell'ambito degli indirizzi del programma nazionale, approvati dal Ministro della sanità. La ricerca finalizzata attua gli obiettivi prioritari, biomedici e sanitari, del Piano sanitario nazionale. I progetti di ricerca biomedica finalizzata sono approvati dal Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, allo scopo di favorire il loro coordinamento.
6. Le attività di ricerca corrente e finalizzata sono svolte dalle regioni, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati nonché dagli Istituti zooprofilattici sperimentali. Alla realizzazione dei progetti possono concorrere, sulla base di specifici accordi, contratti o convenzioni, le Università, il Consiglio nazionale delle ricerche e gli altri enti di ricerca pubblici e privati, nonché imprese pubbliche e private.
7. Per l'attuazione del programma il ministero della sanità, anche su iniziativa degli organismi di ricerca nazionali, propone al Ministero per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica e agli altri ministeri interessati le aree di ricerca biomedica e sanitaria di interesse comune, concordandone l'oggetto, le modalità di finanziamento e i criteri di valutazione dei risultati delle ricerche.
8. Il Ministero della sanità, nell'esercizio della funzione di vigilanza sull'attuazione del programma nazionale, si avvale della collaborazione tecnico-scientifica della Commissione nazionale per la ricerca sanitaria di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, degli organismi tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale e delle regioni, sulla base di metodologie di accreditamento qualitativo.
9. Anche ai fini di cui al comma 1 del presente articolo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano l'organizzazione e il funzionamento dei Comitati etici istituiti presso ciascuna azienda sanitaria ai sensi del decreto ministeriale 15 luglio 1997, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1997, n. 191, e del decreto ministeriale 18 marzo 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 28 maggio 1998, n. 122, tenendo conto delle indicazioni e dei requisiti minimi di cui ai predetti decreti e istituendo un registro dei Comitati etici operanti nei propri ambiti territoriali.
10. Presso il ministero della sanità è istituito il Comitato etico nazionale per la ricerca e per le sperimentazioni cliniche . Il Comitato:
a) segnala, su richiesta della Commissione per la ricerca sanitaria ovvero di altri organi o strutture del ministero della sanità o di altre pubbliche amministrazioni, le conseguenze sotto il profilo etico dei progetti di ricerca biomedica e sanitaria;
b) comunica a organi o strutture del ministero della sanità le priorità di interesse dei progetti di ricerca biomedica e sanitaria;
c) coordina le valutazioni etico-scientifiche di sperimentazioni cliniche multicentriche di rilevante interesse nazionale, relative a medicinali o a dispositivi medici, su specifica richiesta del Ministro della sanità;
d) esprime parere su ogni questione tecnico-scientifica ed etica concernente la materia della ricerca di cui al comma 1 e della sperimentazione clinica dei medicinali e dei dispositivi medici che gli venga sottoposta dal Ministro della sanità.
11. Le regioni formulano proposte per la predisposizione del programma di ricerca sanitaria di cui al presente articolo, possono assumere la responsabilità della realizzazione di singoli progetti finalizzati, e assicurano il monitoraggio sulla applicazione dei conseguenti risultati nell'ambito del Servizio sanitario regionale.
13.  Autofinanziamento regionale.
(La Corte costituzionale, con sentenza 11 giugno-28 luglio 1993, n. 355 (Gazz. Uff. 4 agosto 1993, n. 32 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 13, primo comma, nella parte in cui, nello stabilire l'esonero immediato e totale dello Stato da interventi finanziari volti a far fronte ai disavanzi di gestione delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, non prevede una adeguata disciplina diretta a rendere graduale il passaggio e la messa a regime del sistema di finanziamento previsto nello stesso decreto legislativo n. 502 del 1992)
1. Le regioni fanno fronte con risorse proprie agli effetti finanziari conseguenti all'erogazione di livelli di assistenza sanitaria superiori a quelli uniformi di cui all'articolo 1, all'adozione di modelli organizzativi diversi da quelli assunti come base per la determinazione del parametro capitario di finanziamento di cui al medesimo articolo 1, nonché agli eventuali disavanzi di gestione delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere con conseguente esonero di interventi finanziari da parte dello Stato.
2. Per provvedere agli oneri di cui al comma precedente le regioni hanno facoltà, ad integrazione delle misure già previste dall'articolo 29 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, di prevedere la riduzione dei limiti massimi di spesa per gli esenti previsti dai livelli di assistenza, l'aumento della quota fissa sulle singole prescrizioni farmaceutiche e sulle ricette relative a prestazioni sanitarie, fatto salvo l'esonero totale per i farmaci salva-vita, nonché variazioni in aumento dei contributi e dei tributi regionali secondo le disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, lettera i) della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
3. Le regioni, nell'ambito della propria disciplina organizzativa dei servizi e della valutazione parametrica dell'evoluzione della domanda delle specifiche prestazioni, possono prevedere forme di partecipazione alla spesa per eventuali altre prestazioni da porre a carico dei cittadini, con esclusione dei soggetti a qualsiasi titolo esenti, nel rispetto dei princìpi del presente decreto.
 

TITOLO IV Partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini
14.  Diritti dei cittadini.
1. Al fine di garantire il costante adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini utenti del Servizio sanitario nazionale il Ministro della sanità definisce con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome i contenuti e le modalità di utilizzo degli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione ed umanizzazione dell'assistenza, al diritto all'informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché dell'andamento delle attività di prevenzione delle malattie. A tal fine il Ministro della sanità, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro degli affari sociali, può avvalersi anche della collaborazione delle università, del Consiglio nazionale delle ricerche, delle organizzazioni rappresentative degli utenti e degli operatori del Servizio sanitario nazionale nonché delle organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti.
2. Le regioni utilizzano il suddetto sistema di indicatori per la verifica, anche sotto il profilo sociologico, dello stato di attuazione dei diritti dei cittadini, per la programmazione regionale, per la definizione degli investimenti di risorse umane, tecniche e finanziarie. Le regioni promuovono inoltre consultazioni con i cittadini e le loro organizzazioni anche sindacali ed in particolare con gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti al fine di fornire e raccogliere informazioni sull'organizzazione dei servizi. Tali soggetti dovranno comunque essere sentiti nelle fasi dell'impostazione della programmazione e verifica dei risultati conseguiti e ogniqualvolta siano in discussione provvedimenti su tali materie. Per le finalità del presente articolo, le regioni prevedono forme di partecipazione delle organizzazioni dei cittadini e del volontariato impegnato nella tutela del diritto alla salute nelle attività relative alla programmazione, al controllo e alla valutazione dei servizi sanitari a livello regionale, aziendale e distrettuale (248). Le regioni determinano altresì le modalità della presenza nelle strutture degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti, anche attraverso la previsione di organismi di consultazione degli stessi presso le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere.
3. Il Ministro della sanità, in sede di presentazione della relazione sullo stato sanitario del Paese, riferisce in merito alla tutela dei diritti dei cittadini con riferimento all'attuazione degli indicatori di qualità.
4. Al fine di favorire l'orientamento dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere provvedono ad attivare un efficace sistema di informazione sulle prestazioni erogate, sulle tariffe, sulle modalità di accesso ai servizi. Le aziende individuano inoltre modalità di raccolta ed analisi dei segnali di disservizio, in collaborazione con le organizzazioni rappresentative dei cittadini, con le organizzazioni di volontariato e di tutela dei diritti.
Il direttore generale dell'unità sanitaria locale ed il direttore generale dell'azienda ospedaliera convocano, almeno una volta l'anno, apposita conferenza dei servizi quale strumento per verificare l'andamento dei servizi anche in relazione all'attuazione degli indicatori di qualità di cui al primo comma, e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni. Qualora il direttore generale non provveda, la conferenza viene convocata dalla regione.
5. Il direttore sanitario e il dirigente sanitario del servizio, a richiesta degli assistiti, adottano le misure necessarie per rimuovere i disservizi che incidono sulla qualità dell'assistenza. Al fine di garantire la tutela del cittadino avverso gli atti o comportamenti con i quali si nega o si limita la fruibilità delle prestazioni di assistenza sanitaria, sono ammesse osservazioni, opposizioni, denunce o reclami in via amministrativa, redatti in carta semplice, da presentarsi entro quindici giorni, dal momento in cui l'interessato abbia avuto conoscenza dell'atto o comportamento contro cui intende osservare od opporsi, da parte dell'interessato, dei suoi parenti o affini, degli organismi di volontariato o di tutela dei diritti accreditati presso la regione competente, al direttore generale dell'unità sanitaria locale o dell'azienda che decide in via definitiva o comunque provvede entro quindici giorni, sentito il direttore sanitario. La presentazione delle anzidette osservazioni ed opposizioni non impedisce né preclude la proposizione di impugnative in via giurisdizionale.
6. Al fine di favorire l'esercizio del diritto di libera scelta del medico e del presidio di cura, il Ministero della sanità cura la pubblicazione dell'elenco di tutte le istituzioni pubbliche e private che erogano prestazioni di alta specialità, con l'indicazione delle apparecchiature di alta tecnologia in dotazione nonché delle tariffe praticate per le prestazioni più rilevanti. La prima pubblicazione è effettuata entro il 31 dicembre 1993.
7. È favorita la presenza e l'attività, all'interno delle strutture sanitarie, degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere stipulano con tali organismi, senza oneri a carico del Fondo sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le modalità della collaborazione, fermo restando il diritto alla riservatezza comunque garantito al cittadino e la non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari; le aziende e gli organismi di volontariato e di tutela dei diritti concordano programmi comuni per favorire l'adeguamento delle strutture e delle prestazioni sanitarie alle esigenze dei cittadini. I rapporti tra aziende ed organismi di volontariato che esplicano funzioni di servizio o di assistenza gratuita all'interno delle strutture sono regolati sulla base di quanto previsto dalla legge n. 266/91 e dalle leggi regionali attuative.
8. Le regioni, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere promuovono iniziative di formazione e di aggiornamento del personale adibito al contatto con il pubblico sui temi inerenti la tutela dei diritti dei cittadini, da realizzare anche con il concorso e la collaborazione delle rappresentanze professionali e sindacali.
 

TITOLO V Personale
15.  Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie.
1. Fermo restando il principio dell'invarianza della spesa, la dirigenza sanitaria è collocata in un unico ruolo, distinto per profili professionali, e in un unico livello, articolato in relazione alle diverse responsabilità professionali e gestionali. In sede di contrattazione collettiva nazionale sono previste, in conformità ai princìpi e alle disposizioni del presente decreto, criteri generali per la graduazione delle funzioni dirigenziali nonché per l'assegnazione, valutazione e verifica degli incarichi dirigenziali e per l'attribuzione del relativo trattamento economico accessorio correlato alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità del risultato.
2. La dirigenza sanitaria è disciplinata dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, salvo quanto previsto dal presente decreto.
3. L'attività dei dirigenti sanitari è caratterizzata, nello svolgimento delle proprie mansioni e funzioni, dall'autonomia tecnico-professionale i cui ambiti di esercizio, attraverso obiettivi momenti di valutazione e verifica, sono progressivamente ampliati. L'autonomia tecnico-professionale, con le connesse responsabilità, si esercita nel rispetto della collaborazione multiprofessionale, nell'ambito di indirizzi operativi e programmi di attività promossi, valutati e verificati a livello dipartimentale e aziendale, finalizzati all'efficace utilizzo delle risorse e all'erogazione di prestazioni appropriate e di qualità. Il dirigente, in relazione all'attività svolta, ai programmi concordati da realizzare e alle specifiche funzioni allo stesso attribuite, è responsabile del risultato anche se richiedente un impegno orario superiore a quello contrattualmente definito.
4. All'atto della prima assunzione, al dirigente sanitario sono affidati compiti professionali con precisi ambiti di autonomia da esercitare nel rispetto degli indirizzi del dirigente responsabile della struttura e sono attribuite funzioni di collaborazione e corresponsabilità nella gestione delle attività. A tali fini il dirigente responsabile della struttura predispone e assegna al dirigente un programma di attività finalizzato al raggiungimento degli obiettivi prefissati e al perfezionamento delle competenze tecnico professionali e gestionali riferite alla struttura di appartenenza. In relazione alla natura e alle caratteristiche dei programmi da realizzare, alle attitudini e capacità professionali del singolo dirigente, accertate con le procedure valutative di verifica di cui al comma 5, al dirigente, con cinque anni di attività con valutazione positiva sono attribuite funzioni di natura professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca, ispettive, di verifica e di controllo, nonché, possono essere attribuiti incarichi di direzione di strutture semplici.
5. I dirigenti medici e sanitari sono sottoposti a una verifica annuale correlata alla retribuzione di risultato, secondo le modalità definite dalle regioni, le quali tengono conto anche dei principi del titolo II del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e successive modificazioni, nonché a una valutazione al termine dell'incarico, attinente alle attività professionali, ai risultati raggiunti e al livello di partecipazione ai programmi di formazione continua, effettuata dal Collegio tecnico, nominato dal direttore generale e presieduto dal direttore di dipartimento, con le modalità definite dalla contrattazione nazionale. Gli strumenti per la verifica annuale dei dirigenti medici e sanitari con incarico di responsabile di struttura semplice, di direzione di struttura complessa e dei direttori di dipartimento rilevano la quantità e la qualità delle prestazioni sanitarie erogate in relazione agli obiettivi assistenziali assegnati, concordati preventivamente in sede di discussione di budget, in base alle risorse professionali, tecnologiche e finanziarie messe a disposizione, registrano gli indici di soddisfazione degli utenti e provvedono alla valutazione delle strategie adottate per il contenimento dei costi tramite l'uso appropriato delle risorse. Degli esiti positivi di tali verifiche si tiene conto nella valutazione professionale allo scadere dell'incarico. L'esito positivo della valutazione professionale determina la conferma nell'incarico o il conferimento di altro incarico di pari rilievo, senza nuovi o maggiori oneri per l'azienda, fermo restando quanto previsto dall'articolo 9, comma 32, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
6. Ai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa sono attribuite, oltre a quelle derivanti dalle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione e organizzazione della struttura, da attuarsi, nell'ambito degli indirizzi operativi e gestionali del dipartimento di appartenenza, anche mediante direttive a tutto il personale operante nella stessa, e l'adozione delle relative decisioni necessarie per il corretto espletamento del servizio e per realizzare l'appropriatezza degli interventi con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, attuati nella struttura loro affidata. Il dirigente è responsabile dell'efficace ed efficiente gestione delle risorse attribuite. I risultati della gestione sono sottoposti a verifica annuale tramite il nucleo di valutazione.
7. Alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 ivi compresa la possibilità di accesso con una specializzazione in disciplina affine. Gli incarichi di direzione di struttura complessa sono attribuiti a coloro che siano in possesso dei requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484.
7-bis. Le regioni, nei limiti delle risorse finanziarie ordinarie, e nei limiti del numero delle strutture complesse previste dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, tenuto conto delle norme in materia stabilite dalla contrattazione collettiva, disciplinano i criteri e le procedure per il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa, previo avviso cui l'azienda è tenuta a dare adeguata pubblicità, sulla base dei seguenti principi:
a) la selezione viene effettuata da una commissione composta dal direttore sanitario dell'azienda interessata e da tre direttori di struttura complessa nella medesima disciplina dell'incarico da conferire, individuati tramite sorteggio da un elenco nazionale nominativo costituito dall'insieme degli elenchi regionali dei direttori di struttura complessa appartenenti ai ruoli regionali del Servizio sanitario nazionale. Qualora fossero sorteggiati tre direttori di struttura complessa della medesima regione ove ha sede l'azienda interessata alla copertura del posto, non si procede alla nomina del terzo sorteggiato e si prosegue nel sorteggio fino ad individuare almeno un componente della commissione direttore di struttura complessa in regione diversa da quella ove ha sede la predetta azienda. La commissione elegge un presidente tra i tre componenti sorteggiati; in caso di parità di voti è eletto il componente più anziano. In caso di parità nelle deliberazioni della commissione prevale il voto del presidente;
b) la commissione riceve dall'azienda il profilo professionale del dirigente da incaricare. Sulla base dell'analisi comparativa dei curricula, dei titoli professionali posseduti, avuto anche riguardo alle necessarie competenze organizzative e gestionali, dei volumi dell'attività svolta, dell'aderenza al profilo ricercato e degli esiti di un colloquio, la commissione presenta al direttore generale una terna di candidati idonei formata sulla base dei migliori punteggi attribuiti. Il direttore generale individua il candidato da nominare nell'ambito della terna predisposta dalla commissione; ove intenda nominare uno dei due candidati che non hanno conseguito il migliore punteggio, deve motivare analiticamente la scelta. L'azienda sanitaria interessata può preventivamente stabilire che, nei due anni successivi alla data del conferimento dell'incarico, nel caso in cui il dirigente a cui è stato conferito l'incarico dovesse dimettersi o decadere, si procede alla sostituzione conferendo l'incarico ad uno dei due professionisti facenti parte della terna iniziale;
c) la nomina dei responsabili di unità operativa complessa a direzione universitaria è effettuata dal direttore generale d'intesa con il rettore, sentito il dipartimento universitario competente, ovvero, laddove costituita, la competente struttura di raccordo interdipartimentale, sulla base del curriculum scientifico e professionale del responsabile da nominare;
d) il profilo professionale del dirigente da incaricare, i curricula dei candidati, la relazione della commissione sono pubblicati sul sito internet dell'azienda prima della nomina. Sono altresì pubblicate sul medesimo sito le motivazioni della scelta da parte del direttore generale di cui alla lettera b), terzo periodo. I curricula dei candidati e l'atto motivato di nomina sono pubblicati sul sito dell'ateneo e dell'azienda ospedaliero- universitaria interessati.
7-ter. L'incarico di direttore di struttura complessa è soggetto a conferma al termine di un periodo di prova di sei mesi, prorogabile di altri sei, a decorrere dalla data di nomina a detto incarico, sulla base della valutazione di cui al comma 5.
7-quater. L'incarico di responsabile di struttura semplice, intesa come articolazione interna di una struttura complessa, è attribuito dal direttore generale, su proposta del direttore della struttura complessa di afferenza, a un dirigente con un'anzianità di servizio di almeno cinque anni nella disciplina oggetto dell'incarico. L'incarico di responsabile di struttura semplice, intesa come articolazione interna di un dipartimento, è attribuito dal direttore generale, sentiti i direttori delle strutture complesse di afferenza al dipartimento, su proposta del direttore di dipartimento, a un dirigente con un'anzianità di servizio di almeno cinque anni nella disciplina oggetto dell'incarico. Gli incarichi hanno durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, con possibilità di rinnovo. L'oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata, salvo i casi di revoca, nonché il corrispondente trattamento economico degli incarichi sono definiti dalla contrattazione collettiva nazionale.
7-quinquies. Per il conferimento dell'incarico di struttura complessa non possono essere utilizzati contratti a tempo determinato di cui all'articolo 15-septies.
8. L'attestato di formazione manageriale di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, come modificato dall'articolo 16-quinquies, deve essere conseguito dai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa entro un anno dall'inizio dell'incarico; il mancato superamento del primo corso, attivato dalla regione successivamente al conferimento dell'incarico, determina la decadenza dall'incarico stesso. I dirigenti sanitari con incarico quinquennale alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, sono tenuti a partecipare al primo corso di formazione manageriale programmato dalla regione; i dirigenti confermati nell'incarico sono esonerati dal possesso dell'attestato di formazione manageriale.
9. I contratti collettivi nazionali di lavoro disciplinano le modalità di salvaguardia del trattamento economico fisso dei dirigenti in godimento alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229.
15-bis. Funzioni dei dirigenti responsabili di struttura.
1. L'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, disciplina l'attribuzione al direttore amministrativo, al direttore sanitario, nonché ai direttori di presidio, di distretto, di dipartimento e ai dirigenti responsabili di struttura, dei compiti, comprese, per i dirigenti di strutture complesse, le decisioni che impegnano l'azienda verso l'esterno, per l'attuazione degli obiettivi definiti nel piano programmatico e finanziario aziendale.
2. La direzione delle strutture e degli uffici è affidata ai dirigenti secondo i criteri e le modalità stabiliti nell'atto di cui al comma 1, nel rispetto, per la dirigenza sanitaria, delle disposizioni di cui all'articolo 15-ter. Il rapporto dei dirigenti è esclusivo, fatto salvo quanto previsto in via transitoria per la dirigenza sanitaria dall'articolo 15-sexies.
3. A far data dal 31 dicembre 2002 (262) sono soppressi i rapporti di lavoro a tempo definito per la dirigenza sanitaria. In conseguenza della maggiore disponibilità di ore di servizio sono resi indisponibili in organico un numero di posti della dirigenza per il corrispondente monte ore. I contratti collettivi nazionali di lavoro disciplinano le modalità di regolarizzazione dei rapporti soppressi.
15-ter. Incarichi di natura professionale e di direzione di struttura.
1. Gli incarichi di cui all'articolo 15, comma 4, sono attribuiti, a tempo determinato, dal direttore generale, secondo le modalità definite nella contrattazione collettiva nazionale, compatibilmente con le risorse finanziarie a tale fine disponibili e nei limiti del numero degli incarichi e delle strutture stabiliti nell'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, tenendo conto delle valutazioni triennali del collegio tecnico di cui all'articolo 15, comma 5. Gli incarichi hanno durata non inferiore a tre anni e non superiore a sette, con facoltà di rinnovo. Ai predetti incarichi si applica l'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni. Sono definiti contrattualmente, nel rispetto dei parametri indicati dal contratto collettivo nazionale per ciascun incarico, l'oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata dell'incarico, salvo i casi di revoca, nonché il corrispondente trattamento economico.
2. Gli incarichi di struttura complessa hanno durata da cinque a sette anni, con facoltà di rinnovo per lo stesso periodo o per periodo più breve.
3. Gli incarichi di cui ai commi 1 e 2 sono revocati, secondo le procedure previste dalle disposizioni vigenti e dai contratti collettivi nazionali di lavoro, in caso di: inosservanza delle direttive impartite dalla direzione generale o dalla direzione del dipartimento; mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati; responsabilità grave e reiterata; in tutti gli altri casi previsti dai contratti di lavoro. Nei casi di maggiore gravità, il direttore generale può recedere dal rapporto di lavoro, secondo le disposizioni del codice civile e dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Il dirigente non confermato alla scadenza dell'incarico di direzione di struttura complessa è destinato ad altra funzione con il trattamento economico relativo alla funzione di destinazione previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro; contestualmente viene reso indisponibile un posto di organico del relativo profilo.
4. I dirigenti ai quali non sia stata affidata la direzione di strutture svolgono funzioni di natura professionale, anche di alta specializzazione, di consulenza, studio e ricerca nonché funzioni ispettive, di verifica e di controllo.
5. Il dirigente preposto a una struttura complessa è sostituito, in caso di sua assenza o impedimento, da altro dirigente della struttura o del dipartimento individuato dal responsabile della struttura stessa; alle predette mansioni superiori non si applica l'articolo 2103, comma primo, del codice civile.
15-quater. Esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario.
1. I dirigenti sanitari, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro in data successiva al 31 dicembre 1998, nonché quelli che, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, abbiano optato per l'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria, sono assoggettati al rapporto di lavoro esclusivo.
2. Salvo quanto previsto al comma 1, i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998, che hanno optato per l'esercizio dell'attività libero professionale extramuraria, passano, a domanda, al rapporto di lavoro esclusivo.
3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, tutti i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998 sono tenuti a comunicare al direttore generale l'opzione in ordine al rapporto esclusivo. In assenza di comunicazione si presume che il dipendente abbia optato per il rapporto esclusivo.
4. I soggetti di cui ai commi 1, 2 e 3 possono optare, su richiesta da presentare entro il 30 novembre di ciascun anno, per il rapporto di lavoro non esclusivo, con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo. Le regioni hanno la facoltà di stabilire una cadenza temporale più breve. Il rapporto di lavoro esclusivo può essere ripristinato secondo le modalità di cui al comma 2. Coloro che mantengono l'esclusività del rapporto non perdono i benefici economici di cui al comma 5, trattandosi di indennità di esclusività e non di indennità di irreversibilità. La non esclusività del rapporto di lavoro non preclude la direzione di strutture semplici e complesse.
5. I contratti collettivi di lavoro stabiliscono il trattamento economico aggiuntivo da attribuire ai dirigenti sanitari con rapporto di lavoro esclusivo ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nei limiti delle risorse destinate alla contrattazione collettiva.
15-quinquies. Caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari.
1. Il rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari comporta la totale disponibilità nello svolgimento delle funzioni dirigenziali attribuite dall'azienda, nell'ambito della posizione ricoperta e della competenza professionale posseduta e della disciplina di appartenenza, con impegno orario contrattualmente definito.
2. Il rapporto di lavoro esclusivo comporta l'esercizio dell'attività professionale nelle seguenti tipologie:
a) il diritto all'esercizio di attività libero professionale individuale, al di fuori dell'impegno di servizio, nell'ambito delle strutture aziendali individuate dal direttore generale d'intesa con il collegio di direzione; salvo quanto disposto dal comma 11 dell'articolo 72 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;
b) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività a pagamento svolta in équipe, al di fuori dell'impegno di servizio, all'interno delle strutture aziendali;
c) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività, richiesta a pagamento da singoli utenti e svolta individualmente o in équipe, al di fuori dell'impegno di servizio, in strutture di altra azienda del Servizio sanitario nazionale o di altra struttura sanitaria non accreditata, previa convenzione dell'azienda con le predette aziende e strutture;
d) la possibilità di partecipazione ai proventi di attività professionali, richieste a pagamento da terzi all'azienda, quando le predette attività siano svolte al di fuori dell'impegno di servizio e consentano la riduzione dei tempi di attesa, secondo programmi predisposti dall'azienda stessa, sentite le équipe dei servizi interessati. Le modalità di svolgimento delle attività di cui al presente comma e i criteri per l'attribuzione dei relativi proventi ai dirigenti sanitari interessati nonché al personale che presta la propria collaborazione sono stabiliti dal direttore generale in conformità alle previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro. L'azienda disciplina i casi in cui l'assistito può chiedere all'azienda medesima che la prestazione sanitaria sia resa direttamente dal dirigente scelto dall'assistito ed erogata al domicilio dell'assistito medesimo, in relazione alle particolari prestazioni sanitarie richieste o al carattere occasionale o straordinario delle prestazioni stesse o al rapporto fiduciario già esistente fra il medico e l'assistito con riferimento all'attività libero professionale intramuraria già svolta individualmente o in équipe nell'àmbito dell'azienda, fuori dell'orario di lavoro.
3. Per assicurare un corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale e al fine anche di concorrere alla riduzione progressiva delle liste di attesa, l'attività libero professionale non può comportare, per ciascun dipendente, un volume di prestazioni superiore a quello assicurato per i compiti istituzionali. La disciplina contrattuale nazionale definisce il corretto equilibrio fra attività istituzionale e attività libero professionale nel rispetto dei seguenti princìpi: l'attività istituzionale è prevalente rispetto a quella libero professionale, che viene esercitata nella salvaguardia delle esigenze del servizio e della prevalenza dei volumi orari di attività necessari per i compiti istituzionali; devono essere comunque rispettati i piani di attività previsti dalla programmazione regionale e aziendale e conseguentemente assicurati i relativi volumi prestazionali e i tempi di attesa concordati con le équipe; l'attività libero professionale è soggetta a verifica da parte di appositi organismi e sono individuate penalizzazioni, consistenti anche nella sospensione del diritto all'attività stessa, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente comma o di quelle contrattuali.
4. Nello svolgimento dell'attività di cui al comma 2 non è consentito l'uso del ricettario del Servizio sanitario nazionale.
5. Gli incarichi di direzione di struttura, semplice o complessa, implicano il rapporto di lavoro esclusivo. Per struttura ai fini del presente decreto, si intende l'articolazione organizzativa per la quale è prevista, dall'atto aziendale di cui all'articolo 3, comma 1-bis, responsabilità di gestione di risorse umane, tecniche o finanziarie.
6. Ai fini del presente decreto, si considerano strutture complesse i dipartimenti e le unità operative individuate secondo i criteri di cui all'atto di indirizzo e coordinamento previsto dall'articolo 8-quater, comma 3. Fino all'emanazione del predetto atto si considerano strutture complesse tutte le strutture già riservate dalla pregressa normativa ai dirigenti di secondo livello dirigenziale.
7. I dirigenti sanitari appartenenti a posizioni funzionali apicali alla data del 31 dicembre 1998, che non abbiano optato per il rapporto quinquennale ai sensi della pregressa normativa, conservano l'incarico di direzione di struttura complessa alla quale sono preposti. Essi sono sottoposti a verifica entro il 31 dicembre 1999, conservando fino a tale data il trattamento tabellare già previsto per il secondo livello dirigenziale. In caso di verifica positiva, il dirigente è confermato nell'incarico, con rapporto esclusivo, per ulteriori sette anni. In caso di verifica non positiva o di non accettazione dell'incarico con rapporto esclusivo, al dirigente è conferito un incarico professionale non comportante direzione di struttura in conformità con le previsioni del contratto collettivo nazionale di lavoro; contestualmente viene reso indisponibile un posto di organico di dirigente.
8. Il rapporto di lavoro esclusivo costituisce titolo di preferenza per gli incarichi didattici e di ricerca e per i comandi e i corsi di aggiornamento tecnico-scientifico e professionale.
9. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche al personale di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 1980, n. 382, con le specificazioni e gli adattamenti che saranno previsti in relazione ai modelli gestionali e funzionali di cui all'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419, dalle disposizioni di attuazione della delega stessa.
10. Fermo restando, per l'attività libero professionale in regime di ricovero, quanto disposto dall'articolo 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è consentita, in caso di carenza di strutture e spazi idonei alle necessità connesse allo svolgimento delle attività libero-professionali in regime ambulatoriale, limitatamente alle medesime attività e fino alla data, certificata dalla regione o dalla provincia autonoma, del completamento da parte dell'azienda sanitaria di appartenenza degli interventi strutturali necessari ad assicurare l'esercizio dell'attività libero-professionale intramuraria e comunque entro il 31 luglio 2007, l'utilizzazione del proprio studio professionale con le modalità previste dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 marzo 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 121, del 26 maggio 2000, fermo restando per l'azienda sanitaria la possibilità di vietare l'uso dello studio nel caso di possibile conflitto di interessi. Le regioni possono disciplinare in modo più restrittivo la materia in relazione alle esigenze locali.
15-sexies. Caratteristiche del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari che svolgono attività libero-professionale extramuraria.
1. Il rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari in servizio al 31 dicembre 1998 i quali, ai sensi dell'articolo 1, comma 10, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, abbiano comunicato al direttore generale l'opzione per l'esercizio della libera professione extramuraria e che non intendano revocare detta opzione, comporta la totale disponibilità nell'ambito dell'impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati programmati e lo svolgimento delle attività professionali di competenza. Le aziende stabiliscono i volumi e le tipologie delle attività e delle prestazioni che i singoli dirigenti sono tenuti ad assicurare, nonché le sedi operative in cui le stesse devono essere effettuate.
15-septies. Contratti a tempo determinato.
2. I direttori generali possono conferire incarichi per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico mediante la stipula di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro esclusivo, rispettivamente entro i limiti del due per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria e del due per cento della dotazione organica complessiva degli altri ruoli della dirigenza, fermo restando che, ove le predette percentuali determinino valori non interi, si applica in ogni caso il valore arrotondato per difetto a laureati di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali apicali o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro e che non godano del trattamento di quiescenza. I contratti hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a cinque anni, con facoltà di rinnovo.
3. Le aziende unità sanitarie e le aziende ospedaliere possono stipulare, oltre a quelli previsti dal comma precedente, contratti a tempo determinato, in numero non superiore rispettivamente al cinque per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, ad esclusione della dirigenza medica, nonché al cinque per cento della dotazione organica della dirigenza professionale, tecnica e amministrativa, fermo restando che, ove le predette percentuali determinino valori non interi, si applica in ogni caso il valore arrotondato per difetto, per l'attribuzione di incarichi di natura dirigenziale, relativi a profili diversi da quello medico, ed esperti di provata competenza che non godano del trattamento di quiescenza e che siano in possesso del diploma di laurea e di specifici requisiti coerenti con le esigenze che determinano il conferimento dell'incarico.
4. Il trattamento economico è determinato sulla base dei criteri stabiliti nei contratti collettivi della dirigenza del Servizio sanitario nazionale.
5. Per il periodo di durata del contratto di cui al comma 1 i dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni con riconoscimento dell'anzianità di servizio.
6. Gli incarichi di cui al presente articolo, conferiti sulla base di direttive regionali, comportano l'obbligo per l'azienda di rendere contestualmente indisponibili posti di organico della dirigenza per i corrispondenti oneri finanziari.
7. bis. Per soddisfare le esigenze connesse all'espletamento dell'attività libero professionale deve essere utilizzato il personale dipendente del servizio sanitario nazionale. Solo in caso di oggettiva e accertata impossibilità di far fronte con il personale dipendente alle esigenze connesse all'attivazione delle strutture e degli spazi per l'attività libero professionale, le aziende sanitarie possono acquisire personale, non dirigente, del ruolo sanitario e personale amministrativo di collaborazione, tramite contratti di diritto privato a tempo determinato anche con società cooperative di servizi. Per specifici progetti finalizzati ad assicurare l'attività libero professionale, le aziende sanitarie possono, altresì, assumere il personale medico necessario, con contratti di diritto privato a tempo determinato o a rapporto professionale. Gli oneri relativi al personale di cui al presente comma sono a totale carico della gestione di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724. La validità dei contratti è subordinata, a pena di nullità, all'effettiva sussistenza delle risorse al momento della loro stipulazione. Il direttore generale provvede ad effettuare riscontri trimestrali al fine di evitare che la contabilità separata presenti disavanzi. Il personale assunto con rapporto a tempo determinato o a rapporto professionale è assoggettato al rapporto esclusivo, salvo espressa deroga da parte dell'azienda, sempre che il rapporto di lavoro non abbia durata superiore a sei mesi e cessi comunque a tale scadenza. La deroga può essere concessa una sola volta anche in caso di nuovo rapporto di lavoro con altra azienda.
15-octies. Contratti per l'attuazione di progetti finalizzati.
8. Per l'attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi dell'attività ordinaria, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono, nei limiti delle risorse di cui all'articolo 1, comma 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a tal fine disponibili, assumere con contratti di diritto privato a tempo determinato soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione professionale nonché di abilitazione all'esercizio della professione, ove prevista.
15-nonies. Limite massimo di età per il personale della dirigenza medica e per la cessazione dei rapporti convenzionali.
9. Il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età e la permanenza in servizio non può dar luogo ad un aumento del numero dei dirigenti. È abrogata la legge 19 febbraio 1991, n. 50, fatto salvo il diritto a rimanere in servizio per coloro i quali hanno già ottenuto il beneficio.
10. Il personale medico universitario di cui all'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, cessa dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali di cui all'articolo 6, comma 1, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento del limite massimo di età di sessantasette anni. Il personale già in servizio cessa dalle predette attività e direzione al compimento dell'età di settanta anni se alla data del 31 dicembre 1999 avrà compiuto sessantasei anni e all'età di sessantotto anni se alla predetta data avrà compiuto sessanta anni. I protocolli d'intesa tra le regioni e le Università e gli accordi attuativi dei medesimi, stipulati tra le Università e le aziende sanitarie ai sensi dell'articolo 6, comma 1, disciplinano le modalità e i limiti per l'utilizzazione del suddetto personale universitario per specifiche attività assistenziali strettamente correlate all'attività didattica e di ricerca.
11. Le disposizioni di cui al precedente comma 1 si applicano anche nei confronti del personale a rapporto convenzionale di cui all'articolo 8. In sede di rinnovo delle relative convenzioni nazionali sono stabiliti tempi e modalità di attuazione.
12. Restano confermati gli obblighi contributivi dovuti per l'attività svolta, in qualsiasi forma, dai medici e dagli altri professionisti di cui all'articolo 8.
15-decies. Obbligo di appropriatezza.
1. I medici ospedalieri e delle altre strutture di ricovero e cura del Servizio sanitario nazionale, pubbliche o accreditate, quando prescrivono o consigliano medicinali o accertamenti diagnostici a pazienti all'atto della dimissione o in occasione di visite ambulatoriali, sono tenuti a specificare i farmaci e le prestazioni erogabili con onere a carico del Servizio sanitario nazionale. Il predetto obbligo si estende anche ai medici specialisti che abbiano comunque titolo per prescrivere medicinali e accertamenti diagnostici a carico del Servizio sanitario nazionale.
2. In ogni caso, si applicano anche ai sanitari di cui al comma 1 il divieto di impiego del ricettario del Servizio sanitario nazionale per la prescrizione di medicinali non rimborsabili dal Servizio, nonché le disposizioni che vietano al medico di prescrivere, a carico del Servizio medesimo, medicinali senza osservare le condizioni e le limitazioni previste dai provvedimenti della Commissione unica del farmaco e prevedono conseguenze in caso di infrazione.
3. Le attività delle aziende unità sanitarie locali previste dall'articolo 32, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono svolte anche nei confronti dei sanitari di cui al comma 1.
15-undecies. Applicabilità al personale di altri enti.
1. Gli enti e istituti di cui all'articolo 4, comma 12, nonché gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto privato adeguano i propri ordinamenti del personale alle disposizioni del presente decreto. A seguito di tale adeguamento, al personale dei predetti enti e istituti si applicano le disposizioni di cui all'articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, anche per quanto attiene ai trasferimenti da e verso le strutture pubbliche.
15-duodecies. Strutture per l'attività libero-professionale.
2. Le regioni provvedono, entro il 31 dicembre 2000, alla definizione di un programma di realizzazione di strutture sanitarie per l'attività libero-professionale intramuraria.
3. Il Ministro della sanità, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, determina, nel limite complessivo di lire 1.800 miliardi, l'ammontare dei fondi di cui all'articolo 20 della richiamata legge n. 67 del 1988, utilizzabili in ciascuna regione per gli interventi di cui al comma 1.
4. Fermo restando l'articolo 72, comma 11, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in caso di ritardo ingiustificato rispetto agli adempimenti fissati dalle regioni per la realizzazione delle nuove strutture e la acquisizione delle nuove attrezzature e di quanto necessario al loro funzionamento, la regione vi provvede tramite commissari ad acta.
15-terdecies. Denominazioni.
1. I dirigenti del ruolo sanitario assumono, ferme le disposizioni di cui all'articolo 15 e seguenti del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni, nonché le disposizioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro, le seguenti denominazioni, in relazione alla categoria professionale di appartenenza, all'attività svolta e alla struttura di appartenenza:
a) responsabile di struttura complessa: Direttore;
b) dirigente responsabile di struttura semplice: responsabile.
15-quattuordecies. Osservatorio per l'attività libero-professionale.
1. Con decreto del Ministro della sanità, da adottarsi entro il 10 ottobre 2000, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 19-quater, è organizzato presso il Ministero della sanità l'Osservatorio per l'attività libero professionale con il compito di acquisire per il tramite delle regioni gli elementi di valutazione ed elaborare, in collaborazione con le regioni, proposte per la predisposizione della relazione da trasmettersi con cadenza annuale al Parlamento su:
a) la riduzione delle liste di attesa in relazione all'attivazione dell'attività libero professionale;
b) le disposizioni regionali, contrattuali e aziendali di attuazione degli istituti normativi concernenti l'attività libero professionale intramuraria;
c) lo stato di attivazione e realizzazione delle strutture e degli spazi destinati all'attività libero professionale intramuraria;
d) il rapporto fra attività istituzionale e attività libero professionale;
e) l'ammontare dei proventi per attività libero professionale, della partecipazione regionale, della quota a favore dell'azienda;
f) le iniziative ed i correttivi necessari per eliminare le disfunzioni ed assicurare il corretto equilibrio fra attività istituzionale e libero professionale (301).
16. Formazione.
1. La formazione medica di cui all'articolo 6, comma 2, implica la partecipazione guidata o diretta alla totalità delle attività mediche, ivi comprese la medicina preventiva, le guardie, l'attività di pronto soccorso, l'attività ambulatoriale e l'attività operatoria per le discipline chirurgiche, nonché la graduale assunzione di compiti assistenziali e l'esecuzione di interventi con autonomia vincolata alle direttive ricevute dal medico responsabile della formazione. La formazione comporta l'assunzione delle responsabilità connesse all'attività svolta. Durante il periodo di formazione è obbligatoria la partecipazione attiva a riunioni periodiche, seminari e corsi teorico-pratici nella disciplina.
16-bis. Formazione continua.
1. Ai sensi del presente decreto, la formazione continua comprende l'aggiornamento professionale e la formazione permanente. L'aggiornamento professionale è l'attività successiva al corso di diploma, laurea, specializzazione, formazione complementare, formazione specifica in medicina generale, diretta ad adeguare per tutto l'arco della vita professionale le conoscenze professionali. La formazione permanente comprende le attività finalizzate a migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali e i comportamenti degli operatori sanitari al progresso scientifico e tecnologico con l'obiettivo di garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza alla assistenza prestata dal Servizio sanitario nazionale.
2. La formazione continua consiste in attività di qualificazione specifica per i diversi profili professionali, attraverso la partecipazione a corsi, convegni, seminari, organizzati da istituzioni pubbliche o private accreditate ai sensi del presente decreto, nonché soggiorni di studio e la partecipazione a studi clinici controllati e ad attività di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo. La formazione continua di cui al comma 1 è sviluppata sia secondo percorsi formativi autogestiti sia, in misura prevalente, in programmi finalizzati agli obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale e del Piano sanitario regionale nelle forme e secondo le modalità indicate dalla Commissione di cui all'art. 16-ter.
2-bis. I laureati in medicina e chirurgia e gli altri operatori delle professioni sanitarie, obbligati ai programmi di formazione continua di cui ai commi 1 e 2, sono esonerati da tale attività formativa limitatamente al periodo di espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonché di consigliere regionale.
16-ter. Commissione nazionale per la formazione continua.
1. Con decreto del Ministro della sanità, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è nominata una Commissione nazionale per la formazione continua, da rinnovarsi ogni cinque anni. La Commissione è presieduta dal Ministro della salute ed è composta da quattro vicepresidenti, di cui uno nominato dal Ministro della salute, uno dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, uno dalla Conferenza permanente dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, uno rappresentato dal Presidente della federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nonché da 25 membri, di cui due designati dal Ministro della salute, due dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, uno dal Ministro per la funzione pubblica, uno dal Ministro per le pari opportunità, uno dal Ministro per gli affari regionali, sei dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta della Conferenza permanente dei presidenti delle regioni e delle province autonome, due dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, uno dalla Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti, uno dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici veterinari, uno dalla Federazione nazionale dei collegi infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d'infanzia, uno dalla Federazione nazionale dei collegi delle ostetriche, uno dalle associazioni delle professioni dell'area della riabilitazione di cui all'art. 2 della legge
10 agosto 2000, n. 251, uno dalle associazioni delle professioni dell'area tecnico-sanitaria di cui all'art. 3 della citata legge n. 251 del 2000, uno dalle associazioni delle professioni dell'area della prevenzione di cui all'art. 4 della medesima legge n. 251 del 2000, uno dalla Federazione nazionale degli ordini dei biologi, uno dalla Federazione nazionale degli ordini degli psicologi e uno dalla Federazione nazionale degli ordini dei chimici. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di consultazione delle categorie professionali interessate in ordine alle materie di competenza della Commissione.
2. La Commissione di cui al comma 1 definisce, con programmazione pluriennale, sentita la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nonché gli Ordini e i Collegi professionali interessati, gli obiettivi formativi di interesse nazionale, con particolare riferimento alla elaborazione, diffusione e adozione delle linee guida e dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici. La Commissione definisce i crediti formativi che devono essere complessivamente maturati dagli operatori in un determinato arco di tempo, gli indirizzi per la organizzazione dei programmi di formazione predisposti a livello regionale nonché i criteri e gli strumenti per il riconoscimento e la valutazione delle esperienze formative. La Commissione definisce altresì i requisiti per l'accreditamento delle società scientifiche nonché dei soggetti pubblici e privati che svolgono attività formative e procede alla verifica della sussistenza dei requisiti stessi.
3. Le regioni, prevedendo appropriate forme di partecipazione degli ordini e dei collegi professionali, provvedono alla programmazione e alla organizzazione dei programmi regionali per la formazione continua, concorrono alla individuazione degli obiettivi formativi di interesse nazionale di cui al comma 2, elaborano gli obiettivi formativi di specifico interesse regionale, accreditano i progetti di formazione di rilievo regionale secondo i criteri di cui al comma 2. Le regioni predispongono una relazione annuale sulle attività formative svolte, trasmessa alla Commissione nazionale, anche al fine di garantire il monitoraggio dello stato di attuazione dei programmi regionali di formazione continua.
16-quater. Incentivazione della formazione continua.
1. La partecipazione alle attività di formazione continua costituisce requisito indispensabile per svolgere attività professionale, in qualità di dipendente o libero professionista, per conto delle aziende ospedaliere, delle università, delle unità sanitarie locali e delle strutture sanitarie private.
2. I contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente e convenzionato individuano specifici elementi di penalizzazione, anche di natura economica, per il personale che nel triennio non ha conseguito il minimo di crediti formativi stabilito dalla Commissione nazionale.
3. Per le strutture sanitarie private l'adempimento, da parte del personale sanitario dipendente o convenzionato che opera nella struttura, dell'obbligo di partecipazione alla formazione continua e il conseguimento dei crediti nel triennio costituiscono requisito essenziale per ottenere e mantenere l'accreditamento da parte del Servizio sanitario nazionale.
16-quinquies. Formazione manageriale.
1. La formazione di cui al presente articolo è requisito necessario per lo svolgimento degli incarichi relativi alle funzioni di direzione sanitaria aziendale e per la direzione di strutture complesse per le categorie dei medici, odontoiatri, veterinari, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi. Tale formazione si consegue, dopo l'assunzione dell'incarico, con la frequenza e il superamento dei corsi di cui al comma 2.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previo accordo con il ministero della sanità ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, organizzano e attivano, a livello regionale o interregionale, avvalendosi anche, ove necessario, di soggetti pubblici e privati accreditati dalla Commissione di cui all'articolo 16-ter, i corsi per la formazione di cui al comma 1, tenendo anche conto delle discipline di appartenenza. Lo stesso accordo definisce i criteri in base ai quali l'Istituto superiore di sanità attiva e organizza i corsi per i direttori sanitari e i dirigenti responsabili di struttura complessa dell'area di sanità pubblica che vengono attivati a livello nazionale.
3. Con decreto del Ministro della sanità, su proposta della commissione di cui all'articolo 16-ter, sono definiti i criteri per l'attivazione dei corsi di cui al comma 2, con particolare riferimento all'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, ai criteri di finanziamento e ai bilanci, alla gestione delle risorse umane e all'organizzazione del lavoro, agli indicatori di qualità dei servizi e delle prestazioni, alla metodologia delle attività didattiche, alla durata dei corsi stessi, nonché alle modalità con cui valutare i risultati ottenuti dai partecipanti.
4. Gli oneri connessi ai corsi sono a carico del personale interessato.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano al personale dirigente del ruolo sanitario delle unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli istituti ed enti di cui all'articolo 4, degli istituti zooprofilattici sperimentali. Le disposizioni si applicano, altresì, al personale degli enti e strutture pubbliche indicate all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, al quale sia stata estesa la disciplina sugli incarichi dirigenziali di struttura complessa di cui al presente decreto.
16-sexies. Strutture del Servizio sanitario nazionale per la formazione.
1. Il Ministro della sanità, su proposta della regione o provincia autonoma interessata, individua i presìdi ospedalieri, le strutture distrettuali e i dipartimenti in possesso dei requisiti di idoneità stabiliti dalla Commissione di cui all'articolo 16-ter, ai quali riconoscere funzioni di insegnamento ai fini della formazione e dell'aggiornamento del personale sanitario.
2. La regione assegna, in via prevalente o esclusiva, a detti ospedali, distretti e dipartimenti le attività formative di competenza regionale e attribuisce agli stessi la funzione di coordinamento delle attività delle strutture del Servizio sanitario nazionale che collaborano con l'università al fine della formazione degli specializzandi e del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione.
17. Collegio di direzione.
1. Le regioni prevedono l'istituzione, nelle aziende e negli enti del Servizio sanitario regionale, del collegio di direzione, quale organo dell'azienda, individuandone la composizione in modo da garantire la partecipazione di tutte le figure professionali presenti nella azienda o nell'ente e disciplinandone le competenze e i criteri di funzionamento, nonché le relazioni con gli altri organi aziendali. Il collegio di direzione, in particolare, concorre al governo delle attività cliniche, partecipa alla pianificazione delle attività, incluse la ricerca, la didattica, i programmi di formazione e le soluzioni organizzative per l'attuazione dell'attività libero-professionale intramuraria. Nelle aziende ospedaliero universitarie il collegio di direzione partecipa alla pianificazione delle attività di ricerca e didattica nell'ambito di quanto definito dall'università; concorre inoltre allo sviluppo organizzativo e gestionale delle aziende, con particolare riferimento all'individuazione di indicatori di risultato clinico-assistenziale e di efficienza, nonché dei requisiti di appropriatezza e di qualità delle prestazioni. Partecipa altresì alla valutazione interna dei risultati conseguiti in relazione agli obiettivi prefissati ed è consultato obbligatoriamente dal direttore generale su tutte le questioni attinenti al governo delle attività cliniche. Ai componenti del predetto collegio non è corrisposto alcun emolumento, compenso, indennità o rimborso spese.
17-bis. Dipartimenti.
1. L'organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle Aziende sanitarie.
2. Il direttore di dipartimento è nominato dal direttore generale fra i dirigenti con incarico di direzione delle strutture complesse aggregate nel dipartimento; il direttore di dipartimento rimane titolare della struttura complessa cui è preposto. La preposizione ai dipartimenti strutturali, sia ospedalieri che territoriali e di prevenzione, comporta l'attribuzione sia di responsabilità professionali in materia clinico-organizzativa e della prevenzione sia di responsabilità di tipo gestionale in ordine alla razionale e corretta programmazione e gestione della risorse assegnate per la realizzazione degli obiettivi attribuiti. A tal fine il direttore di dipartimento predispone annualmente il piano delle attività e dell'utilizzazione delle risorse disponibili, negoziato con la direzione generale nell'ambito della programmazione aziendale. La programmazione delle attività dipartimentali, la loro realizzazione e le funzioni di monitoraggio e di verifica sono assicurate con la partecipazione attiva degli altri dirigenti e degli operatori assegnati al dipartimento.
3. La regione disciplina la composizione e le funzioni del Comitato di dipartimento nonché le modalità di partecipazione dello stesso alla individuazione dei direttori di dipartimento.
 

TITOLO VI Norme finali e transitorie
18.  Norme finali e transitorie.
1. Il Governo, con atto regolamentare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adegua la vigente disciplina concorsuale del personale del Servizio sanitario nazionale alle norme contenute nel presente decreto ed alle norme del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, in quanto applicabili, prevedendo:
a) i requisiti specifici, compresi i limiti di età, per l'ammissione;
b) i titoli valutabili ed i criteri di loro valutazione;
c) le prove di esame;
d) la composizione delle commissioni esaminatrici;
e) le procedure concorsuali;
f) le modalità di nomina dei vincitori;
g) le modalità ed i tempi di utilizzazione delle graduatorie degli idonei.
2. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, i concorsi continuano ad essere espletati secondo la normativa del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, e successive modificazioni ed integrazioni ivi compreso l'art. 9, L. 20 maggio 1985, n. 207.
2-bis. In sede di prima applicazione del presente decreto il primo livello dirigenziale è articolato in due fasce economiche nelle quali è inquadrato rispettivamente:
a) il personale della posizione funzionale corrispondente al decimo livello del ruolo sanitario;
b) il personale già ricompreso nella posizione funzionale corrispondente al nono livello del ruolo medesimo il quale mantiene il trattamento economico in godimento.
Il personale di cui alla lettera b) in possesso dell'anzianità di cinque anni nella posizione medesima è inquadrato, a domanda, previo giudizio di idoneità, nella fascia economica superiore in relazione alla disponibilità di posti vacanti in tale fascia. Con regolamento da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità di concerto con i Ministri del tesoro e per la funzione pubblica, sono determinati i tempi, le procedure e le modalità per lo svolgimento dei giudizi di idoneità. Il personale inquadrato nella posizione funzionale corrispondente all'undicesimo livello del ruolo sanitario è collocato nel secondo livello dirigenziale.
3. A decorrere dal 1° gennaio 1994, i concorsi per la posizione funzionale iniziale di ciascun profilo professionale del personale laureato del ruolo sanitario di cui al D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, e successive modificazioni e integrazioni, per i quali non siano iniziate le prove di esame, sono revocati; a decorrere dalla stessa data non possono essere utilizzate le graduatorie esistenti per la copertura dei posti vacanti, salvo che per il conferimento di incarichi temporanei non rinnovabili della durata di otto mesi per esigenze di carattere straordinario. In mancanza di graduatorie valide, si applica l'articolo 9, comma 17 e seguenti della legge 20 maggio 1985, n. 207, cui non si possa in nessun caso far fronte con il personale esistente all'interno dell'azienda sanitaria.
4. Nelle pubbliche selezioni per titoli, di cui all'art. 4 della legge 5 giugno 1990, n. 135, fermo restando il punteggio massimo previsto per il curriculum formativo e professionale dalle vigenti disposizioni in materia, è attribuito un punteggio ulteriore, di uguale entità massima, per i titoli riguardanti le attività svolte nel settore delle infezioni da HIV. I vincitori delle pubbliche selezioni sono assegnati obbligatoriamente nelle unità di diagnosi e cura delle infezioni da HIV e sono tenuti a permanere nella stessa sede di assegnazione per un periodo non inferiore a cinque anni, con l'esclusione in tale periodo della possibilità di comando o distacco presso altre sedi. Nell'ambito degli interventi previsti dall'art. 1, comma 1, lettera c), della legge 5 giugno 1990, n. 135, le università provvedono all'assunzione del personale medico ed infermieristico ivi contemplato delle corrispondenti qualifiche dell'area tecnico-scientifica e socio-sanitaria, anche sulla base di convenzioni stipulate con le regioni per l'istituzione dei relativi posti.
5. Per quanto non previsto dal presente decreto alle unità sanitarie locali e alle aziende ospedaliere si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
6. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, disciplina l'impiego nel Servizio sanitario nazionale di sistemi personalizzati di attestazione del diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa, prevedendo a tal fine anche l'adozione di strumenti automatici atti alla individuazione del soggetto ed alla gestione dell'accesso alle prestazioni.
6-bis. I concorsi indetti per la copertura di posti nelle posizioni funzionali corrispondenti al decimo livello retributivo ai sensi dell'art. 18, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, abolito dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, sono revocati di diritto, salvo che non siano iniziate le prove di esame alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517.
7. Restano salve le norme previste dal D.P.R. 31 luglio 1980, n. 616, dal D.P.R. 31 luglio 1980, n. 618, e dal D.P.R. 31 luglio 1980, n. 620, con gli adattamenti derivanti dalle disposizioni del presente decreto da effettuarsi con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro del tesoro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. I rapporti con il personale sanitario per l'assistenza al personale navigante sono disciplinati con regolamento ministeriale in conformità, per la parte compatibile, alle disposizioni di cui all'art. 8. A decorrere dal 1° gennaio 1995 le entrate e le spese per l'assistenza sanitaria all'estero in base ai regolamenti della Comunità europea e alle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale sono imputate, tramite le regioni, ai bilanci delle unità sanitarie locali di residenza degli assistiti. I relativi rapporti finanziari sono definiti in sede di ripartizione del Fondo sanitario nazionale.
8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità, vengono estese, nell'ambito della contrattazione, al personale dipendente dal Ministero della sanità attualmente inquadrato nei profili professionali di medico chirurgo, medico veterinario, chimico, farmacista, biologo e psicologo le norme del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, in quanto applicabili.
9. L'ufficio di cui all'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, come modificato dall'art. 74 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, è trasferito al Ministero della sanità.
10. Il Governo emana, entro centottanta giorni dalla pubblicazione del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, un testo unico delle norme sul Servizio sanitario nazionale, coordinando le disposizioni preesistenti con quelle del presente decreto.
19. Competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.
1. Le disposizioni del presente decreto costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.
2. Per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano le disposizioni di cui all'art. 1, commi 1 e 4, all'art. 6, commi 1 e 2, agli articoli 10, 11, 12 e 13, all'art. 14, comma 1, e agli articoli 15, 16, 17 e 18, sono altresì norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
2-bis. Non costituiscono princìpi fondamentali, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, le materie di cui agli articoli 4, comma 1-bis, e 9-bis.
19-bis. Commissione nazionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari.
1. È istituita, presso l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, la Commissione nazionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari. Con regolamento adottato su proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le modalità di organizzazione e funzionamento della Commissione, composta da dieci esperti di riconosciuta competenza a livello nazionale in materia di organizzazione e programmazione dei servizi, economia, edilizia e sicurezza nel settore della sanità.
2. La Commissione, in coerenza con gli obiettivi indicati dal Piano sanitario nazionale e avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, svolge i seguenti compiti:
a) definisce i requisiti in base ai quali le regioni individuano i soggetti abilitati alla verifica del possesso dei requisiti per l'accreditamento delle strutture pubbliche e private di cui all'art. 8-quater, comma 5;
b) valuta l'attuazione del modello di accreditamento per le strutture pubbliche e per le strutture private;
c) esamina i risultati delle attività di monitoraggio di cui al comma 3 e trasmette annualmente al Ministro della sanità e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano una relazione sull'attività svolta.
3. Le regioni individuano le modalità e gli strumenti per la verifica della attuazione del modello di accreditamento, trasmettendo annualmente alla Commissione nazionale i risultati della attività di monitoraggio condotta sullo stato di attuazione delle procedure di accreditamento.
19-ter. Federalismo sanitario, patto di stabilità e interventi a garanzia della coesione e dell'efficienza del Servizio sanitario nazionale.
1. Anche sulla base degli indicatori e dei dati definiti ai sensi dell'articolo 28, comma 10, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il Ministro della sanità, sentita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, determina i valori di riferimento relativi alla utilizzazione dei servizi, ai costi e alla qualità dell'assistenza anche in relazione alle indicazioni della programmazione nazionale e con comparazioni a livello comunitario relativamente ai livelli di assistenza sanitaria, alle articolazioni per aree di offerta e ai parametri per la valutazione dell'efficienza, dell'economicità e della funzionalità della gestione dei servizi sanitari, segnalando alle regioni gli eventuali scostamenti osservati.
2. Le regioni, anche avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, procedono a una ricognizione delle cause di tali scostamenti ed elaborano programmi operativi di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento dei Servizi sanitari regionali, di durata non superiore al triennio.
3. Il Ministro della sanità e la regione interessata stipulano una convenzione redatta sulla base di uno schema tipo approvato dal Ministro della sanità d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, avente a oggetto le misure di sostegno al programma operativo di cui al comma 2, i cui eventuali oneri sono posti a carico della quota parte del Fondo sanitario nazionale destinata al perseguimento degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662. La convenzione:
a) stabilisce le modalità per l'erogazione dei finanziamenti per l'attuazione dei programmi operativi secondo stati di avanzamento;
b) definisce adeguate forme di monitoraggio degli obiettivi intermedi per ogni stato di avanzamento e le modalità della loro verifica da parte dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali;
c) individua forme di penalizzazione e di graduale e progressiva riduzione o dilazione dei finanziamenti per le regioni che non rispettino gli impegni convenzionalmente assunti per il raggiungimento degli obiettivi previsti nei programmi concordati;
d) disciplina, nei casi di inerzia regionale nell'adozione nell'attuazione dei programmi concordati, le ipotesi e le forme di intervento del Consiglio dei Ministri secondo le procedure e le garanzie di cui all'articolo 2 comma 2-octies.
19-quater. Organismi e commissioni.
1. Gli organismi e le commissioni previsti nel presente decreto si avvalgono, per il loro funzionamento, delle strutture e del personale delle amministrazioni presso cui operano, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.
19-quinquies. Relazione sugli effetti finanziari.
1. Il Ministro della sanità riferisce annualmente alle Camere sull'andamento della spesa sanitaria, con particolare riferimento agli effetti finanziari, in termini di maggiori spese e di maggiori economie, delle misure disciplinate dal presente decreto.
19-sexies. Attuazione di programmi di rilievo e applicazioni nazionale o interregionale.
1. Nei casi di accertate e gravi inadempienze nella realizzazione degli obiettivi previsti in atti di programmazione aventi rilievo e applicazione nazionale o interregionale, adottati con le procedure dell'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Ministro della sanità ne dà adeguata informativa alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; indi, sentite la regione interessata e l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, fissa un congruo termine per provvedere; decorso tale termine, il Ministro della sanità, sentito il parere della medesima Agenzia e previa consultazione con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, propone al Consiglio dei Ministri l'intervento sostitutivo, anche sotto forma di nomina di un commissario ad acta. Quando la realizzazione degli obiettivi comporta l'apprestamento di programmi operativi di riqualificazione e potenziamento del Servizio sanitario regionale, l'eventuale potere sostitutivo può essere esercitato solo dopo che sia stata esperita invano la procedura di cui all'articolo 19-ter, commi 2 e 3.
20. Entrata in vigore.
1. Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore a decorrere dal 1° gennaio 1993.