Cassazione Civile, Sez. Lav., 29 gennaio 2024, n. 2701 - Licenziamento per omessa vigilanza sul rispetto delle prescrizioni sanitarie finalizzate alla conservazione degli alimenti. Delega di funzione



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati

Dott. DORONZO Adriana - Presidente -

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere – Cron.

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere -

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere -

Dott. CASO Francesco Giuseppe Luigi – Rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
 


sul ricorso proposto da.

A.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato ORAZIO SALVATORE SAVIA

- ricorrente -

rappresenta e difende unitamente agli avvocati FEDERICO CAMOZZI, ANTONINO MOBILIA;

- controricorrente –

contro

RIALTO SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell'avvocato GIAMMARIA CAMICI, che la rappresenta e difende unitamente gli avvocati FEDERICO CAMOZZI, ANTONINO MOBILIA;

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 475/2020 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 27/07/2020 R.G.N. 288/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2023 dal Consigliere Dott. FRANCESCO GIUSEPPE LUIGI CASO.

 

Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d'appello di Milano respingeva il reclamo proposto da A.A. contro la sentenza n. 476/2020 del Tribunale della medesima sede che pure aveva respinto la sua opposizione all'ordinanza di quello stesso Tribunale che, nella fase sommaria del procedimento ex lege n. 92/2012, aveva rigettato il suo ricorso relativo all'impugnativa del licenziamento disciplinare per giusta causa intimatogli dalla datrice di lavoro Rialto Spa in data 23.11.2018, in base a precedente nota di contestazione in data 14.11.2018.

2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva la trascrizione integrale della cennata contestazione, nella quale, in sintesi, era stato addebitato al lavoratore, direttore del punto vendita Ipermercato Il Gigante di Nizza Monferrato: di aver omesso di vigilare sul rispetto delle prescrizioni sanitarie finalizzate alla conservazione degli alimenti, non impedendone la violazione e di aver sbeffeggiato, davanti alla telecamera, un giornalista della trasmissione "Le Iene" che gli stava formulando domande a tale proposito. Indi, esaminati congiuntamente i quattro motivi di reclamo del lavoratore, riteneva in particolare che, diversamente da quanto opinato dal reclamante, la sentenza impugnata avesse correttamente reputato valida ed efficace, rispetto al disposto di cui all'art. 16 d.lgs. n. 81/2008, la delega fondante, in capo ad O., i doveri di controllo in materia alimentare di cui il datore lamentava la trasgressione. Confermava, altresì, che le condotte contestate, considerata la loro gravità, integrassero gli estremi della giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c.

3. Avverso tale decisione, A.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

4. L'intimata ha resistito con controricorso.

5. Il ricorrente ha depositato memoria.

 

Diritto


1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia "Violazione/errata/falsa applicazione di norme di diritto in ordine alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro in relazione all'art. 360 n. 3) c.p.c.". Riferita parte della motivazione dell'impugnata sentenza qui censurata, il ricorrente premette che la Corte d'appello ha ritenuto che il giudice di primo grado abbia correttamente reputato valida ed efficace la delega fondante, in capo ad O., i doveri di controllo in materia alimentare di cui il datore lamenta la trasgressione. Secondo il ricorrente questa Corte di legittimità dovrebbe rilevare che la Corte d'appello, nel ritenere a sua volta valida ed efficace la delega di funzioni conferita al sig. O., viola la normativa di riferimento. Passa, quindi, a considerare la delega di funzioni in termini generali, facendo precipuo riferimento al disposto di cui all'art. 16 d.lgs. n. 81/2008, e ai principi di diritto affermati anche da questa Corte di cassazione (in sede penale) circa tale previsione.

2. Con un secondo motivo deduce "Omessa, insufficiente e contradditoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5) c.p.c.". Individuata la parte di motivazione censurata, il ricorrente assume che la Corte d'appello di Milano nell'emettere la sua pronuncia non ha tenuto conto di quanto riferito nel corso del giudizio dal sig. O., ovvero che lo stesso era rimasto assente dal posto di lavoro nei giorni 18, 19 e 20 ottobre 2018, sicché non poteva essere a conoscenza di quanto accaduto nei giorni delle riprese, il 20 ottobre 2018. Inoltre, secondo il ricorrente, la Corte d'appello, basando la propria pronuncia sulle valutazioni testimoniali effettuate dal giudice di primo grado, non ha preso in considerazione le ulteriori dichiarazioni rese dai testi (Omissis). La Corte d'appello, pertanto, ha omesso di motivare su un punto decisivo della controversia, ovvero che il comportamento assunto dal responsabile del reparto macelleria fosse stato perpetrato all'insaputa dell'O. e anche degli ispettori stessi.

3. Il primo motivo è infondato.

4. Il ricorrente non si confronta con la completa motivazione dell'impugnata sentenza circa la questione riproposta con tale censura.

In particolare, la Corte territoriale, nell'esaminare tale questione in relazione al secondo motivo di reclamo dell'attuale ricorrente (cfr. pag. 6 della sua sentenza), ha considerato che: "Parimenti vi è evidenza documentale del fatto che ad Alessandro O. fosse stato delegato da Rialto Spa, tra l'altro, il compito di "mantenere gli alimenti in perfetto stato di conservazione (…)" ed "eliminare dalla vendita tutti i prodotti che non risultassero conformi alla normativa vigente (…)", vigilando sull'osservanza della normativa di sicurezza alimentare da parte degli addetti al punto vendita. Diversamente da quanto sostenuto dal reclamante, la delega conferita (per iscritto) ad O. da Rialto (doc. 3 fascicolo reclamata) prevedeva espressamente l'attribuzione al delegato dei "poteri organizzativi, decisionali e di controllo" necessari per l'assolvimento delle funzioni delegate, in uno con i correlati poteri disciplinare e "di iniziativa economica, allo scopo di consentirle di operare in modo completo, efficace ed in completa autonomia". Né del resto risulta che, prima dei fatti di causa, il delegato abbia mai proposto a Rialto l'esecuzione di interventi organizzativi, operativi e gestionali richiedenti spese che non vennero autorizzate dal datore di lavoro, o che furono da quest'ultimo comunque impediti; non vi è quindi alcuna prova che ad O. fosse preclusa la possibilità di concreto svolgimento dei compiti delegati. Parimenti di evidenza documentale è l'infondatezza dell'argomentazione difensiva secondo la quale il reclamante non avrebbe avuto la formazione e l'esperienza necessari per l'assolvimento dei compiti delegati, posto che, come già osservato dal primo giudice, parte reclamata ha fornito la prova della proficua frequentazione, da parte di O., di una serie di iniziative di formazione professionale finalizzate all'acquisizione di competenze specificamente destinate allo svolgimento dei compiti delegatigli (cfr. documenti da n. 18 a n. 28 fascicolo reclamata, comprovanti la partecipazione e il superamento delle iniziative menzionate) (così pag. 8).

5. Ebbene, il ricorrente, da un lato, prende in considerazione solo taluni stralci della motivazione in proposito resa dalla Corte di merito (cfr. pag. 14 del ricorso in esame), e, dall'altro, non illustra in che senso le complete valutazioni espresse dalla stessa Corte in base ad emergenze documentali puntualmente indicate sarebbero in contrasto con la disciplina di cui all'art. 16 d.lgs. n. 81/2008 e con i principi di diritto che il ricorrente richiama.

6. Inammissibile è il secondo motivo.

7. Nota anzitutto il Collegio che il ricorrente, sia nella rubrica che nello svolgimento di tale censura, sembra fare riferimento al previgente testo di cui all'art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c. che recitava: "per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio".

Il testo della stessa disposizione, come sostituito dall'art. 54, comma 1, lett. b), d.l. n. 83/2012, conv. con mod. nella L. n. 134/2012, recita: "per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti"; e tale versione della stessa, a norma dell'art. 54, comma 3, del medesimo decreto (secondo il quale esso si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del predetto decreto), è quella indubbiamente applicabile nella specie.

8. Tanto precisato, occorre, allora, ricordare che, per questa Corte, ricorre l'ipotesi di c.d. "doppia conforme", ai sensi dell'art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (in tal senso, ex multis, Cass. civ., sez. VI, 9.3.2022, n. 7724).

E' stato, inoltre, specificato che, nell'ipotesi di "doppia conforme" prevista dal quinto comma dell'articolo 348-ter del c.p.c., il ricorrente per cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell'articolo 360 del c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (così, tra le altre, Cass. civ., sez. II, 14.12.2021, n. 39910; id., sez. III; 3.11.2021, n. 31312; id., sez. III, 9.11.2020, n. 24974).

8.1. Nel caso in esame, la sentenza di secondo grado e quella che ha definito il primo grado sono del tutto conformi.

8.2. Ebbene, il ricorrente neanche ha allegato se ed in che parti le motivazioni delle due sentenze in questione fossero significativamente difformi.

9. Il ricorrente, pertanto, di nuovo soccombente, dev'essere condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2023.

Depositata in cancelleria il 29 gennaio 2024.