Cassazione Penale, Sez. 4, 01 febbraio 2024, n. 4329 - Infortunio durante le operazioni di pulizia e manutenzione delle macchine
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DOVERE Salvatore - Presidente -
Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -
Dott. CENCI Daniele - Consigliere -
Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Relatore -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a C il (Omissis)
avverso la sentenza del 31/01/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso,
Fatto
1. La Corte d'appello di Firenze, in data 31 gennaio 2023, ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze del 5 luglio 2021 di condanna di A.A., in qualità di legale rappresentante della ditta Manifattura B.B. Spa e perciò datore di lavoro, in ordine al reato di cui agli artt. 590, 583 cod. pen., in danno del dipendente C.C., commesso in Campi Bisenzio il 12 giugno 2017, alla pena ritenuta di giustizia.
Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro, descritto nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente. C.C., alla data su indicata, stava lavorando presso una linea automatizzata, quando si era accorto che dell'ovatta era rimasta attaccata al gruppo di raffreddamento e aveva , perciò, chiesto al capo reparto di fermare la linea; secondo una prassi consolidata e tramandata "oralmente" dai lavoratori, il collega D.D., al quadro comandi, a intermittenza aveva incominciato a fermare e fare ripartire la macchina, mentre egli, tramite una spazzola (c.d. cardina) messa a disposizione dalla ditta, si era messo a "raspare" l'ovatta rimasta attaccata; ad un certo punto la spazzola era stata afferrata dai rulli nella fase di movimento, sicché C.C., di istinto, aveva cercato di recuperarla, ma era rimasto con la mano sinistra incastrata tra i due rulli ed aveva riportato lesioni personali da cui era derivata una malattia giudicata guaribile in 167 giorni.
Gli addebiti di colpa per l'imputato sono stati individuati nella negligenza, imprudenza e imperizia e nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e segnatamente dell'art. 28, comma 2 lett. a), d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 per non aver valutato, nel documento di valutazione, i rischi connessi all'utilizzo di macchine componenti la linea e in particolare correlati alle operazioni di pulizia e manutenzione delle macchine individuazione di misure tecniche e procedure tali da prevenire e pericoli derivanti ai lavoratori dall'accesso a zone pericolose.
2. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso l'imputato con proprio difensore, formulando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio.
Il difensore osserva che le sentenze di primo e di secondo grado avevano avallato la ricostruzione della persona offesa, che invece doveva essere ritenuta non credibile in quanto fondata su dichiarazioni vaghe e confuse e smentita dalle altre acquisizioni. In particolare, il teste aveva riferito che la cardina era caduta tra i rulli ed era rimasta incastrata, ma tale circostanza era invero smentita dalle foto in atti, scattate dagli ufficiali di polizia giudiziaria subito dopo l'infortunio, nelle quali la spazzola appariva intatta ed integra, fatta eccezione per i segni del tempo e del normale utilizzo. Tale incongruenza non era stata presa in considerazione dal Tribunale, mentre la Corte di Appello l'aveva superata in modo, tuttavia, illogico, ovvero rilevando, da un lato, che non era impossibile che la spazzola, pur rimanendo incastrata fra i rulli, non si fosse deteriorata e, dall'altro, che, comunque, nelle foto in atti i segni di danneggiamento erano visibili e tali erano stati definiti anche dalla stessa essa persona offesa. Siffatto argomentare - prosegue il difensore - era contrario alla regola di esperienza, secondo la quale pesanti e solidi rulli di metallo ruotanti in pochissimo spazio non possono lasciare integro l'attrezzo in oggetto, e illogico nella valorizzazione dell'opinione atecnica del teste.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione dell'infortunio. Nella motivazione della sentenza impugnata si dava atto che C.C. si era ferito mentre stava lavorando alla linea 12, ma non non erano stati adeguatamente indagati lo sviluppo causale degli accadimenti e le cause delle ferite.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione per travisamento della prova in relazione alla valutazione della fotografia che ritraeva la spazzola. I Giudici, nell'affermare che nella foto in atti la cardina risultava danneggiata, avevano valutato una prova decisiva in maniera difforme dal suo significante, in quanto la spazzola appariva usurata dal tempo e dall'impiego, ma non recava alcun segno di schiacciamento o stritolamento e/o rottura compatibile con l'ipotizzato intrappolamento fra i rulli.
2.4 Con il quarto motivo ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio con riguardo al movimento intermittente dei rulli. Sia la sentenza di primo grado, sia la sentenza di secondo grado avevano dato atto che C.C. e il capo reparto si erano organizzati per far ruotare i rulli manualmente e in modo intermittente: la velocità di rotazione dei rulli, in tal modo descritta, doveva essere stata così modesta e intermittente, di pochi centimetri per volta, da rendere impossibile l'intrappolamento della cardina tra i rulli.
3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Olga Mignolo, ha presentato conclusioni scritte con cui ha cl1iesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Diritto
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2. Tutti i quattro i motivi ineriscono al difetto di motivazione in ordine alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio e ne revocano in dubbio la coerenza dal punto di vista logico e l'aderenza rispetto alle emergenze processuali.
A tal fine si deve ricordare, quanto alla natura del ricorso in cassazione, che il contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo e altri Rv. 254584). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l'apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/201e5, Musso, Rv. 265482).
Da tale principio discende, quindi, che la ricostruzione di un infortunio nella sua dinamica è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione.
3. La lettura della motivazione della sentenza impugnata sfugge alle censure articolate dal ricorrente e incentrate, nei primi tre motivi, sulla pretesa incoerenza della ricostruzione rispetto al fatto che la spazzola sarebbe rimasta integra e, nel quarto motivo, sulla incoerenza della ricostruzione rispetto alla descritta velocità di rotazione dei rulli. Si tratta di censure inammissibili, in quanto vertenti sul merito e non già su profili di legittimità e, comunque, manifestamente infondate.
3.1. Invero il fatto che C.C. si fosse infortunato alla mano mentre, intento alla rimozione dell'ovatta dal gruppo di raffreddamento tramite una spazzola, stava cercando di estrarre tale attrezzo rimasto incastrato fra i rulli, è stato accertato dai giudici di merito in modo coerente con le risultanze probatorie riportate. La Corte ha dato atto che il racconto della persona offesa era stato in toto riscontrato dalle dichiarazioni dei colleghi di lavoro, anch'essi addetti alla stessa linea. In particolare, il teste E.E. aveva riferito di essere intervenuto a bloccare il movimento tramite il tasto di emergenza, proprio perché la mano della vittima era rimasta incastrata fra i rulli; il teste di Polizia Giudiziaria aveva spiegato che era stato necessario allargare i rulli di almeno 2,5 cm, per consentire a C.C. di estrarre la mano e che sia sui cilindri che nella postazione di lavoro dell'infortunato era presente del sangue.
La Corte, in replica al motivo di appello con cui si era stigmatizzato che nella foto in atti la spazzola non appariva danneggiata, ha rilevato, invece, che i segni dell'intrappolamento erano visibili e confermati dalla stessa persona offesa, cui la foto era stata esibita.
3.2. Il percorso argomentativo adottato è, dunque, lineare ed esente dai vizi di illogicità dedotti. Né vi è spazio, con riferimento alla valutazione operata dai giudici del danneggiamento della spazzola emergente dalla foto in atti, per la configurabilità del vizio del travisamento della prova. La Corte ha precisato che il travisamento consiste non già nell'errata interpretazione della prova, ma nella palese difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall'assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia tratto, compiendo un errore idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio e rendendo conseguentemente illogica la motivazione. E ciò in quanto al giudice di legittimità è consentito non già di accertare eventuali travisamenti del fatto - e dunque di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dal giudice merito -, bensì solo di verificare che quest'ultimo non abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta per l'appunto di reinterpretare gli elementi di prova valutati nel merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano e facessero dunque effettivamente parte dell'orizzonte cognitivo di quel giudice (Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, Micchichè, Rv. 262948; Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 Maggio, Rv. 255087; Sez.3, n. 39729 del 18 giugno 2009, Belluccia, Rv 244623; Sez.5. n. 39048 del 25 settembre 2007, Casavola, Rv 238215; Sez. 1, n. 24667, del 15 giugno 2007, Musumeci, Rv 237207; Sez. 4, n. 21602 del 07 aprile 2007, Ventola, Rv 237588). Nel caso in esame il ricorrente si limita a contestare che i segni sull'attrezzo visibili nella foto potessero essere riconducibili all'intrappolamento, ma in tal modo sovrappone una propria, diversa, valutazione rispetto a quella della Corte; soprattutto, il ricorrente non si confronta con l'intero percorso argomentativo dei giudici, che, come detto, in maniera coerente con l'istruttoria, hanno ritenuto accertata la dinamica già descritta e lo schiacciamento della mano di C.C. fra rulli in movimento.
3.3. Tale ultima considerazione vale anche con riferimento al quarto motivo del ricorso con cui si sostiene che il movimento dei rulli nella fase di pulizia era stato descritto come intermittente e a velocità ridotta, tale da rendere impossibile l'intrappolamento della mano. Non può che ribadirsi, anche sotto tale profilo, che la descrizione dell'infortunio riportata in sentenza è stata fondata sul compendio testimoniale e sulle dichiarazioni della persona offesa e dei colleghi che, de visu, avevano avuto modo di osservare in diritta lo schiacciamento della mano fra i rulli. Anche tale motivo, dunque, apodittico nelle conclusioni tratte dalle premesse, è, comunque, inammissibile per le stesse ragioni supra indicate.
4.Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Deciso in Roma il 20 dicembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 1° febbraio 2024.