Cassazione Penale, Sez. 4, 15 febbraio 2024, n. 6780 -  Addette alla lavanderia schiacciate dal cancello di accesso al luogo di lavoro che erano intente a sbloccare 



 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. SERRAO Eugenia - Presidente

Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a G il Omissis

avverso la sentenza del 03/04/2023 della CORTE APPELLO di TORINO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO ANTEZZA;
 

Fatto


1. La Corte d'appello di Torino, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha confermato la responsabilità di T.M., amministratore delegato di "Fast and Clean Srl", in merito alle lesioni personali colpose commesse in offesa di due lavoratrici, schiacciate dal cancello di accesso al luogo di lavoro che erano intente a sbloccare insieme ad altri lavoratori su disposizione del citato amministratore (ex art. 590, commi primo, secondo e terzo, cod. pen.).

2. Avverso la sentenza d'appello l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso fondato su tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).

Si deducono il difetto assoluto di motivazione (in quanto meramente apparente) e, comunque, il vizio cumulativo di essa in ordine al motivo d'appello prospettante la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. per aver ritenuto responsabile l'imputato per colpa dovuta al non aver garantito la sicurezza dei luoghi di lavoro nonostante la contestazione si fondasse sull'aver incaricato le lavoratrici, addette all'attività di lavanderia, della riparazione del cancello, ancorché prive di specifica idoneità in merito e in assenza di apposita strumentazione (tra cui una gru di sollevamento). Medesime censure si appuntano sul profilo soggettivo della ritenuta responsabilità per un atteggiamento antidoveroso della volontà, la conoscenza o conoscibilità, da parte dell'imputato, della situazione di pericolo costituita dal cancello difettoso. Si deduce altresì l'omessa motivazione in merito alla prospettata interruzione del nesso eziologico dovuta, per il ricorrente, al comportamento "abnorme" delle lavoratrici, che imprudentemente e imprevedibilmente avrebbero eseguito l'attività di riparazione del cancello (ovvero, per quanto si legge in ricorso, alla scriminante dello stato di necessità di cui all'art. 54 cod. pen.).

 

Diritto


1. Il ricorso, i cui motivi sono suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle relative questioni, è inammissibile per il mancato confronto con l'apparato motivazionale sotteso alla sentenza impugnata (per l'inammissibilità del motivo di ricorso che non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, venendo così meno, in radice, l'unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, Fiore, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, Troplini, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584).

2. Come sintetizzato in sede di ricostruzione dei fatti processuali, la Corte d'appello ha confermato la responsabilità di T.M., amministratore delegato di "Fast and Clean Srl", in merito alle lesioni personali colpose commesse in offesa di due lavoratrici, schiacciate dal cancello di accesso al luogo di lavoro che erano intente a sbloccare insieme ad altri lavoratori (ex art. 590, commi primo, secondo e terzo, cod. pen.). Tale attività, come accertato dai giudici di merito ed emergente da apparato motivazionale con riferimento al quale non si appuntano doglianze, è stata eseguita, da soggetti non ordinariamente svolgenti tali mansioni (le due infortunate), in assenza di idonea strumentazione (tra cui una gru di sollevamento), su specifica disposizione dell'imputato, conferita all'atto dell'accesso sul luogo di lavoro con la propria macchina con a bordo le persone offese, e al fine di coadiuvare altri lavoratori intenti nell'attività di sbloccaggio del cancello, eseguita già altre volte in occasione delle quali il cancello era stato poi rialzato tramite un "muletto".

3. Orbene, con l'apparato motivazionale di cui innanzi, tutt'altro che meramente apparente ovvero omesso, non si confronta il ricorrente, avendo il giudicante esplicitamente escluso la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen., per aver ritenuto, il primo giudice, l'imputato responsabile per non aver garantito la sicurezza dei luoghi di lavoro, mantenendo il cancello in stato tale da non ribaltarsi sulle lavoratrici, peraltro specificatamente incaricate, dallo stesso prevenuto, di eseguire su esso attività di sbloccaggio cui non erano ordinariamente adibite e in assenza di idonea strumentazione. Nei termini di cui innanzi, la Corte territoriale ha altresì mostrato corretta applicazione di un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, con il quale il ricorrente sostanzialmente non si confronta. Nei procedimenti per reati colposi, difatti, la sostituzione o l'aggiunta di un particolare profilo di colpa, sia pure specifica, al profilo di colpa originariamente contestato, non vale a realizzare diversità o immutazione del fatto ai fini dell'obbligo di contestazione suppletiva di cui all'art. 516 cod. proc. pen. e dell'eventuale ravvisabilità, in carenza di valida contestazione, del difetto di correlazione tra imputazione e sentenza ai sensi dell'art. 521 stesso codice, qualora l'imputato, come nella specie, abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione a ogni possibile profilo dell'addebito (ex plurimis, limitando i riferimenti solo a talune tra le decisioni di più recente massimazione ufficiale: Sez. 4, n. 6564 del 23/11/2022, dep. 2023, Spampinato, Rv. 284101; Sez. 4, n. 53455 del 15/11/2018, Galdino, Rv. 274500).

3.1. Il giudice d'appello, con apparato motivazionale coerente e non manifestamente illogico, con il quale il ricorrente non confronta il proprio dire, evidenzia altresì le ragioni sottese alla prevedibilità dell'evento (distacco del cancello), già in passato verificatosi proprio in occasione dell'attività di sbloccaggio sostanzialmente identica a quella che è stata oggetto di incarico conferito da T.M. alle persone offese in occasione dell'ennesimo blocco.

3.2. Quanto innanzi circa lo specifico conferimento, da parte dell'imputato, alle lavoratrici persone offese, ordinariamente adibite a differente attività, dell'incarico di coadiuvare altri lavoratori nello sbloccaggio del cancello, da compiersi peraltro in assenza di idonea strumentazione, palesa infine la manifesta inconferenza dei profili di censura dedotti con riferimento alla prospettata interruzione del nesso eziologico per la condotta "abnorme" delle stesse lavoratrici. Trattasi difatti di rischio (di schiacciamento da caduta del cancello), quello concretizzatosi nell'evento causa delle lesioni subite dalla due lavoratrici, non eccentrico rispetto all'area di rischio che l'imputato avrebbe dovuto gestire, prima, assicurando il funzionamento del cancello in modo da non renderlo pericoloso per i lavoratori e, poi, per ovviare al blocco del cancello, dotando i soggetti incaricati, previa adeguata formazione e informazione, di idonea strumentazione (circa la necessità, ai fini dell'interruzione del nesso causale tra condotta del reo ed evento, che il comportamento attivi un rischio eccentrico o, se si vuole, esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto al quale viene attribuito l'evento, per tutte, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, in motivazione; si vedano altresì per la successiva applicazione e l'elaborazione del principio in relazione a plurime fattispecie, ex plurimis: Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603, anche in motivazione; Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242, anche in motivazione; Sez. 4, n. 22034 del 12/04/2018, Addezio, Rv. 273589, anche in motivazione; Sez. 4, n. 43350 del 05/10/2021, Mara, Rv. 282241, anche in motivazione; Sez. 4, n. 30814 del 11/05/2022, Lo Nero, non massimata; Sez. 4, n. 49413 del 23/11/2022, Troianiello, non massimata; Sez. 4, n. 41343 del 15/09/2022, Nardiello, non massimata; Sez. 4, n. 9454 del 19/01/2023, Granato, non massimata; Sez. 4, n. 21697 del 28/02/2023, Ubezio, non massimata, e Sez. 4, n. 1721 del 16/11/2023, dep. 202(4" Fiori, non massimata).

4. In conclusione, all'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma dì euro tremila in favore della cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore dalla cassa delle ammende.

Cosi deciso l'11 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2024.