Cassazione Penale, Sez. 4, 15 febbraio 2024, n. 6765 - Caduta dall'alto durante i lavori di montaggio della struttura portante di un impianto fotovoltaico. Nomina di un CSP. Carenze logico-motivazionali in appello
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente
Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere
Dott. MARI Attilio - Consigliere
Dott. D’ANDREA Alessandro - Relatore
Dott. NATEZZA Fabio - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a C il (Omissis)
avverso la sentenza del 17/06/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO D'ANDREA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA CERONI
che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto di entrambi i ricorsi.
udito il difensore
E' presente l'avvocato IMBRUGLIA ALESSANDRO del foro di BARCELLONA POZZO DI GOTTO nell'interesse della parte civile B.B..
Il difensore insiste per la declaratoria dì inammissibilità e/o infondatezza di entrambi i ricorsi e deposita conclusioni e nota spese.
In difesa di A.A. sono presenti gli avvocati FRAGALA' EMANUELA SERENA e DISTEFANO VITO STEFANO, entrambi del foro di CATANIA. I difensori illustrano i motivi dei rispettivi ricorsi e ne chiedono l'accoglimento.
Fatto
1. Con sentenza del 17 giugno 2022 la Corte di appello di Catania, in riforma della pronuncia del Tribunale di Ragusa del 20 marzo 2018, appellata dall'imputato C.C. e dalla parte civile B.B., ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di S.S.C. per essere il reato a lui ascritto estinto per prescrizione, altresì condannando A.A. - invece assolto in primo grado per non avere commesso il fatto - al risarcimento del danno nei confronti della parte civile B.B., da liquidarsi separatamente, oltre al pagamento delle spese processuali.
1.1. Per quanto di specifico interesse in questa sede, A.A. era stato sottoposto a giudizio in ordine al delitto di cui agli artt. 113 e 590, commi 1 e 3, cod. pen., per avere, in concorso con il predetto C.C. - legale rappresentante della ditta appaltatrice "Tecnomontaggi Srl" -, nella qualità di legale rappresentante e amministratore unico della ditta committente "Resco Engineering Srl", nell'ambito di lavori di montaggio della struttura portante di un impianto fotovoltaico sopra il tetto di un capannone industriale, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nell'inosservanza delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, contribuito a cagionare a B.B., lavoratore dipendente della "Tecnomontaggi Srl", lesioni personali consistite in politrauma (bacino, femore dx, femore sx, omero dx, omero sx), comportanti un periodo di malattia superiore a 40 giorni, con incapacità di attendere alle proprie occupazioni, a seguito di una caduta a terra da circa otto metri, determinata dal cedimento di un cupolino in fibro-cemento.
Più specificamente, a A.A. era stato contestato di avere, in violazione dell'art. 90, comma 3, come sanzionato dall'art. 157, comma 1, lett. a) d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, omesso di designare, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione del costruendo impianto fotovoltaico, un coordinatore per la progettazione dei lavori che provvedesse alla redazione di un piano di sicurezza e coordinamento, di fatto mancante in fase di progettazione.
1.2. Assolto in primo grado il A.A. per non avere commesso il fatto, sul presupposto che non era risultata provata la presenza di più ditte in cantiere e, quindi, la ricorrenza a suo carico dell'obbligo di nominare un coordinatore per la progettazione ai sensi dell'art. 90, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008, la Corte di appello ha, invece, ritenuto di accogliere la proposta impugnazione della parte civile, condannando l'imputato agli effetti civili.
La Corte di merito, infatti, difformemente dal primo giudice, ha ritenuto comprovata, sotto vari profili, la presenza sui luoghi di diverse imprese, anche non contestuale, con conseguente configurazione della responsabilità nei confronti del A.A. per non aver adempiuto all'obbligo di nominare il coordinatore per la progettazione che, per come ritenuto dai giudici di appello in esito dell'espletamento del giudizio controfattuale, avrebbe scongiurato, con elevata probabilità logica, la verificazione dell'evento lesivo. Il A.A., inoltre, è stato ritenuto responsabile di non avere adempiuto ad obblighi su di lui gravanti in conseguenza della rivestita posizione di garanzia di committente, senza con ciò determinarsi la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza sancito dall'art. 521 cod. proc. pen..
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A., con un atto a firma dell'Avv. Vito Distefano ed uno a firma dall'Avv. Emanuela Fragalà.
2.1. Nel ricorso redatto dall'Avv. Distefano l'imputato ha dedotto due motivi di censura, con il primo dei quali ha eccepito travisamento della prova, illogicità e contraddittorietà della motivazione in riferimento alle risultanze dibattimentali, ed in particolare in relazione agli esiti dell'escussione dei testi D.D. e E.E., nonché alla documentazione cui i citati testimoni hanno fatto riferimento, altresì lamentando violazione dell'art. 90, comma 3, come sanzionato dall'art. 157, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 81 del 2008.
Lamenta, in particolare, il ricorrente che la Corte di merito avrebbe ritenuto la presenza di più ditte operanti nel cantiere laddove, invece, le risultanze probatorie, ed in particolare le dichiarazioni rese dai testi D.D. e E.E., avrebbero palesemente smentito tale assunto, avendo i suddetti riferito che al momento di verificazione dell'evento era operante la sola impresa appaltatrice.
Né, in termini contrari, potrebbe essere desunto l'indicato aspetto dal fatto che - in ossequio a quanto, invece, ritenuto dai giudici di appello - nella notifica del preliminare fosse stato indicato che vi fossero altre ditte da nominare per i lavori di progetto, trattandosi di una mera dicitura standard ivi riportata, indicativa di una possibilità del tutto astratta ed eventuale, invero non ricorrente nel caso di specie. Parimenti illogica sarebbe, poi, la valutazione espressa dalla Corte territoriale per cui la pluralità di ditte presenti sarebbe, altresì, evincibile dal fatto che il A.A. avesse adempiuto a quanto previsto dalla contravvenzione elevatagli per violazione dell'art. 90, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008, essendosi trattato solo di una scelta finalizzata ad ottenere vantaggi ed agevolazioni, e non già ad ammettere la propria responsabilità. Altresì illogica sarebbe, quindi, l'argomentazione per cui altre ditte sarebbero state certamente nominate in prosieguo allo scopo di continuare i lavori, considerato che erano stati appaltati alla "Tecnomontaggi Srl" lavori per 10.000,00 Euro a fronte di un valore complessivo di progetto pari a 500.000,00 Euro, trattandosi di un argomento meramente deduttivo e privo di riscontri obiettivi, comunque esulante dai contenuti propri dell'art. 90 d.lgs. n. 81 del 2008, posto a tutela solo dei maggiori rischi derivanti dalla commistione di più imprese.
Non ricorrerebbe, pertanto, nessuna responsabilità imputabile al prevenuto, considerato che vi sarebbe stata la presenza sui luoghi di una sola ditta, e che, comunque, l'eventuale coordinatore per la progettazione dei lavori, nell'espletamento delle sue incombenze, non si sarebbe potuto accorgere di altro, essendo suo compito solo quello di verificare la formale esistenza della documentazione richiesta dalla legge (visura camerale e P.O.S.) ai fini dell'adempimento delle norme di prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con assoluta preclusione della possibilità di interferire nella gestione della sicurezza, demandata al datore di lavoro.
Con la seconda doglianza è stata eccepita erronea applicazione degli artt. 40, comma 2, cod. pen. e 90, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008, oltre che degli artt. 521, 522, 177 cod. proc. pen. e 40, comma 2, cod. pen. in relazione all'art. 24 Cost.
A dire del A.A., la Corte di appello, configurando a suo carico una responsabilità derivantegli dalla sua specifica posizione di garanzia di committente, gli avrebbe ascritto una condotta omissiva di rilievo ai sensi dell'art. 40, comma 2, cod. pen., per non avere impedito un evento che aveva l'obbligo giuridico di impedire, invece non prevista nella formulazione del capo di imputazione, con conseguente violazione del principio sancito dall'art. 521 cod. proc. pen., oltre che del tutto insussistente giuridicamente, non essendo richiesto al committente di operare un controllo sistematico e continuativo sulla sicurezza delle lavorazioni, né alcun monitoraggio di rischi specifici. D'altro canto, la contestazione di una peculiare ed ulteriore posizione di garanzia, di rilievo ex art. 40, comma 2, cod. pen., avrebbe richiesto l'accertamento di elementi oggettivi e soggettivi specifici, inerenti alla condotta omissiva, palesemente ineffettuato nel caso di specie.
2.2. L'imputato ha poi dedotto, nell'atto a firma dell'Avv. Fragalà, ulteriori sette motivi, in parte reiterativi di censure già dedotte nell'altro ricorso.
Con il primo ha eccepito mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza degli obblighi di cui all'art. 90, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008, oltre a travisamento della prova.
Lamenta il ricorrente che il ribaltamento dell'originario esito assolutorio, fondato dal primo giudice su specifiche e obiettive risultanze probatorie, sarebbe avvenuto sulla scorta di un ragionamento del tutto presuntivo, palesemente inadeguato a costituire un apparato argomentativo idoneo a giustificare la diversa pronuncia di condanna. Non ricorrerebbero, cioè, i requisiti della c.d. motivazione rafforzata, necessari per la totale riforma della prima sentenza assolutoria, avendo la pronuncia impugnata operato una mera lettura alternativa del compendio probatorio acquisito in primo grado, senza screditare il ragionamento seguito nella pronuncia assolutoria, evidenziandone l'illogicità o l'infondatezza, e quindi strutturare un proprio diverso percorso valutativo, idoneo a comprovare, oltre ragionevole dubbio, le ragioni di fondamento della opposta tesi.
Così, in particolare, la Corte di appello avrebbe travisato il rilievo effettivo da conferire, ai fini del riconoscimento della possibilità di affidamento dei lavori a più imprese, alla notifica del preliminare, atteso che tale atto era stato sottoscritto dalla ditta committente solo in data successiva alla verificazione del sinistro, e quindi con una modalità tale da rendere solo da quel momento prevedibile l'astratta eventuale futura nomina di un'altra ditta, come, invero, nel prosieguo mai avvenuto. D'altro canto, la sottoscrizione della notifica del preliminare era intervenuta proprio perché vi era stata la verificazione dell'evento lesivo, e quindi un accadimento tale da indurre a ritenere la presenza di criticità nella gestione del lavoro da parte della ditta appaltatrice, così da rendere necessario prevedere la possibile successiva futura nomina di altre imprese.
Né rilievo alcuno potrebbe, poi, assumere il verbale di contravvenzione per violazione dell'art. 90, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008, con adempimento immediato da parte del A.A., considerato che esso ero stato elevato solo nove mesi dopo il sinistro, quindi assai dopo che la nomina del coordinatore per la progettazione era intervenuta - due giorni dopo i fatti -, così da non poter comprovare in alcun modo che al momento dell'incidente vi fosse la previsione della presenza di più imprese operanti sui luoghi.
Del tutto presuntiva, poi, sarebbe l'argomentazione per cui il valore complessivo dell'opera potesse indurre ragionevolmente a ritenere che altre ditte appaltatrici, e non la sola "Tecnomontaggi Srl", sarebbero intervenute per garantire nel prosieguo la prosecuzione dei lavori.
Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione al nesso di causalità tra la ritenuta violazione dell'art. 90, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008 e l'evento lesivo, con travisamento di prova decisiva rappresentata dalle dichiarazioni dei testi F.F., G.G. e H.H..
Risulterebbe, infatti, errato il presupposto da cui la Corte di merito ha ritenuto di evincere la ricorrenza di una responsabilità derivante dal sinistro occorso al Greco, atteso che, in esito alle risultanze probatorie acquisite, in particolare dall'escussione dei suddetti testimoni, risulterebbe comprovato come i lavoratori, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di appello, fossero stati dotati in cantiere di dispositivi di protezione individuale anticaduta, ed in particolare di cinture di sicurezza. In ogni modo, l'indicato aspetto non assumerebbe alcun rilievo causale ai fini della verificazione dell'incidente, né in ordine alla configurazione della responsabilità dell'imputato, essendo stato determinato l'evento dal mancato utilizzo dei DPI per scelta arbitraria e imprudente dei lavoratori, a ciò neanche adeguatamente addestrati, e perciò per fatti esorbitanti dalla specifica sfera di controllo propria del committente o del coordinatore per la progettazione.
Con la terza doglianza il A.A. ha lamentato violazione degli artt. 521, 522 e ss. cod. proc. pen., deducendo - con argomento sostanzialmente analogo a quello eccepito nel secondo motivo del ricorso a firma dell'Avv. Distefano - violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza ex art. 521 cod. proc. pen., per essere stata configurata a suo carico una responsabilità, non prevista in imputazione, derivantegli dalla ricoperta posizione di garanzia di committente, in particolare per non avere rispettato gli obblighi di verifica ex art. 3, comma 8, d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, e avere omesso il controllo sull'adozione da parte dell'appaltatore delle misure generali di tutela e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Trattasi, infatti, di condotta ulteriore e diversa rispetto a quella specifica di non aver nominato il coordinatore per la progettazione, unicamente contestatagli in imputazione, per l'effetto determinando una modifica sostanziale del fatto ascrittogli, in quanto del tutto nuovo ed eterogeno, con conseguente lesione dei propri diritti defensionali.
Per le stesse ragioni, quindi, è stata lamentata, con la quarta censura, mancanza e manifesta illogicità della sentenza in relazione ai fatti diversi in essa ritenuti, osservando come l'eterogeneità e l'incompatibilità delle condotte considerate dalla Corte di merito finiscano per assumere determinante rilievo anche sotto il profilo della configurazione del vizio di motivazione.
Con la quinta doglianza il ricorrente ha eccepito violazione degli artt. 40 cod. pen., 590, commi 1 e 3, cod. pen., 3, comma 8, d.lgs. 494 del 1996 e 90, comma 9, d.lgs. n. 81 del 2008.
Sarebbe, altresì, erronea la motivazione resa nella sentenza impugnata per avere ascritto al prevenuto la violazione delle suddette norme, pur non risultando prescritto a carico del committente, come invece ritenuto dalla Corte di appello, alcun obbligo di riscontro in ordine all'effettuazione di corsi di formazione ai dipendenti, ai fini della verifica dell'idoneità tecnica dell'impresa.
Con il sesto motivo è stata dedotta mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla riconosciuta responsabilità ai sensi degli artt. 40, 590 cod. pen. e 3, comma 8, d.lgs. n. 494 del 1996, oltre a travisamento di prove decisive.
A dire del A.A., la Corte di appello avrebbe ritenuto la sua responsabilità in forza di una ritenuta violazione dell'obbligo di verifica dell'idoneità tecnica dell'impresa senza, tuttavia, dare contezza del percorso motivazionale seguito al riguardo, in particolare omettendo di esplicare in che modo non avesse effettuato gli adempimenti previsti dall'Allegato XII al d.lgs. n. 81 del 2008.
Con l'ultima censura, infine, il ricorrente ha eccepito violazione dell'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., per mancata rinnovazione di prove decisive, oltre a mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, lamentando che la Corte di merito avrebbe erroneamente ribaltato l'originario esito assolutorio sulla scorta della sola rinnovazione dell'esame dei testi D.D. e E.E., omettendo, quindi, di riassumere le fondamentali testimonianze di H.H., G.G. e F.F., che, invece, avrebbero consentito di chiarire, con rilievo ai fini della valutazione della sua posizione, la specifica dinamica del sinistro e il mancato utilizzo dei dispositivi anticaduta da parte dei lavoratori, consentita dalla mancata vigilanza da parte del datore di lavoro.
Diritto
1. Il Collegio rileva la fondatezza, con valenza assorbente sulle ulteriori doglianze, del primo motivo dedotto da parte del A.A. in entrambi i ricorsi, in ordine alla ricorrenza di carenze logico-motivazionali nella decisione di appello, per l'effetto determinandosi il conseguente annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
2. Questa Suprema Corte ha, in proposito, già da tempo chiarito le modalità con cui opera il ribaltamento in senso di condanna del giudizio assolutorio emesso da parte del primo giudice. Nel caso, infatti, in cui per diversità di apprezzamenti, per l'apporto critico delle parti o per le nuove eventuali acquisizioni probatorie, il giudice di appello ritenga di pervenire a conclusioni diverse da quelle accolte dal giudice di primo grado, non può risolvere il problema della motivazione della sua decisione inserendo nella struttura argomentativa di quella di primo grado - genericamente richiamata - delle notazioni critiche di dissenso, in una sorta di ideale montaggio di valutazioni ed argomentazioni fra loro dissonanti, essendo invece necessario che egli riesamini, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal giudice di primo grado, consideri quello eventualmente sfuggito alla sua delibazione e quello ulteriormente acquisito, per dare, riguardo alle parti della prima sentenza non condivise, una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191235-01), in modo da fornire puntuali ed esaustive risposte alle censure dedotte con i motivi di appello (se specifici e pertinenti).
Tali principi sono stati ulteriormente approfonditi, essendosi, in particolare, precisato che, in caso di totale riforma della decisione di primo grado, il giudice di appello ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679-01), mettendo in luce carenze e aporie di quella decisione sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno del decisum impugnato (Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Fu, Rv. 261327-01), dando, pertanto, alla decisione una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (Sez. 6, n. 1253 del 28/11/2013, dep. 2014, Ricotta, Rv. 258005-01).
3. Orbene, applicando gli indicati principi al caso di specie, il Collegio rileva come la Corte territoriale, nel ribaltare in senso condannatorio la precedente decisione di assoluzione, non abbia adempiuto agli specifici oneri di motivazione rafforzata cui nella specie era tenuta, ma abbia, in senso opposto, ritenuto, sia pure ai soli effetti civili, la responsabilità del A.A. in virtù di argomentazioni generiche e assertive, non adeguatamente sviluppate.
In maniera apodittica, infatti, la Corte di appello ha lapidariamente affermato che “nel caso di specie, è stato dimostrato che vi fossero più imprese al momento del fatto”, per l'effetto configurando, nella ricorrenza dell'indicato aspetto, la responsabilità del A.A. per non avere provveduto, quale legale rappresentante e amministratore unico della ditta committente, alla designazione di un coordinatore per la progettazione dei lavori, così violando il disposto dell'art. 90, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008.
La contestuale presenza di più imprese è stata, in particolare, evinta da parte del secondo giudice non sulla scorta di riscontri certi ed obiettivi, bensì in ragione di insufficienti argomenti di natura deduttiva.
Così, in primo luogo, non appare idoneo l'effettuato richiamo alla notifica del preliminare, riportante la dicitura per cui per i lavori di progetto erano da nominare altre ditte esecutrici, atteso che - a prescindere dalla data di relativa sottoscrizione da parte della ditta committente - non appare, comunque, illogica la contraria deduzione, eccepita da parte del A.A., per cui, in realtà, trattavasi solo di una dicitura standard, indicativa di una possibilità meramente astratta ed eventuale, non necessariamente realizzatasi nel caso di specie.
Allo stesso modo, appare valutazione insufficiente a comprovare l'effettiva operatività di più imprese il fatto che l'imputato avesse immediatamente adempiuto alla contravvenzione elevatagli per violazione dell'art. 90, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008, risultando argomento non illogico, né invero irragionevole, quello per cui una simile scelta potrebbe essere stata dettata dall'esclusivo scopo di conseguirne i relativi vantaggi, e non già per ammettere le proprie responsabilità.
Del pari, non risulta logica neanche l'argomentazione con cui è stata evinta la futura presenza di più ditte, da nominarsi per consentire la prosecuzione dei lavori, dal fatto che erano stati appaltati alla "Tecnomontaggi Srl" lavori per 10.000,00 Euro a fronte di un valore complessivo di progetto pari a 500.000,00 Euro, trattandosi di un argomento che, ancora una volta, si pone unicamente in termini deduttivi, senza il conforto di adeguati riscontri oggettivi.
Neppure adeguato, infine, è l'effettuato richiamo - con citazione del solo teste I.I. - alle acquisite deposizioni testimoniali, peraltro pure rinnovate nel corso del giudizio di secondo grado, essendone stata operata una valutazione solo incompiuta e parziale da parte della Corte di merito.
In conclusione, quindi, la Corte territoriale ha delineato le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio senza la predisposizione di una nuova e compiuta struttura motivazionale, idonea ad esplicare le difformi conclusioni raggiunte rispetto al primo giudice, risultando essa fondata su mere argomentazioni deduttive e astratte, non corroborate da adeguati riscontri di natura obiettiva. In tal maniera, pertanto, non si ravvisa la ricorrenza della c.d. motivazione rafforzata, come richiesta dalla giurisprudenza di legittimità al fine di riformare una precedente sentenza assolutoria, avendo la pronuncia impugnata solo operato una diversa lettura del compendio probatorio, in modo insufficiente a screditare il ragionamento seguito da parte del primo decidente.
4. La fondatezza dell'indicato assunto, di valenza assorbente rispetto alle ulteriori censure, determina l'annullamento dell'impugnata sentenza, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui viene demandata anche la regolamentazione tra le parti delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda anche la regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 16 novembre 2023.
Depositata in Cancelleria il 15 febbraio 2024.