Tribunale di Roma, IV Sez. Lav., 19 dicembre 2023 - Illegittimo il licenziamento del RLS che segnala atti di autolesionismo di un collega 4 giorni dopo. Spetta al datore di lavoro attivare i protocolli di sicurezza


 

 

 

IV SEZIONE LAVORO - PRIMO GRADO


Nel procedimento instaurato ai sensi dell’art. 1,comma 48 L. n. 92/2012
N. 6835/2023 R.G. vertente

TRA
elettivamente domiciliato in Roma, Viale Angelico, 38 presso lo studio dell’Avv. Carlo de Marchis Gómez che lo rappresenta e difende per procura a margine del ricorso unitamente all’Avv. Francesca Mazzeo;
 

RICORRENTE
 

E
 

in persona del legale reppresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Viale dei Campioni n. 8 presso lo studio dell’Avv. Francesca Del Sordo, che la rappresenta e difende giusta procura allegata alla memoria difensiva;
 

RESISTENTE


 

Il Giudice designato Dott.ssa Paola Crisanti; letti gli atti ed i documenti di causa;
a scioglimento della riserva di cui all’udienza del 6.12.2023;


OSSERVA



Con ricorso del 7.2.2023 si chiede a questo Giudice di: “Accertare e dichiarare la nullità/illegittimità/inefficacia del licenziamento intimato al Sig. Omissis per i motivi di cui al ricorso e, per l’effetto, condannare la Omissis alla reintegra del ricorrente nel posto di lavoro nonché al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 18 legge 20 maggio 1970 n. 300 parametrata all’ultima retribuzione globale di fatto mensile dovuta al ricorrente pari ad € 4.247,69, o altra maggiore o minore ritenuta di giustizia, nella misura massima di giustizia dalla data del licenziamento a quella di effettiva reintegrazione nel posto di lavoro o altra data ritenuta di giustizia e comunque nella misura massima di legge.
in via subordinata,
Accertare e dichiarare la nullità, l’illegittimità e/o l’inefficacia del licenziamento intimato al ricorrente, per i motivi di cui al ricorso, e per l’effetto condannare la convenuta al reintegro del lavoratore nel posto di lavoro ovvero, in via subordinata, al pagamento in favore del Sig. Omissis della indennità di cui all’art. 18 L. 300/1970 nella misura massima parametrata all’ultima retribuzione globale mensile dovuta al ricorrente e pari ad € 4.247,69 o altra maggiore o minore ritenuta di giustizia, nella misura massima di legge;
Con vittoria di spese, competenze ed onorari oltre spese generali del 15%. Con maggiorazione del 30% per effetto dei collegamenti ipertestuali ai sensi del d.m. 37/2018 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 8 marzo 2018
.”
A fondamento della domanda il ricorrente deduceva che era stato assunto dall’odierna convenuta il 10 aprile 2006 e che aveva svolto, ininterrottamente, la sua prestazione lavorativa sino al 13 luglio 2022 allorché era stato licenziato all’esito di un procedimento disciplinare; esponeva inoltre che era stato promosso al II livello nel 2009 e che era stato da ultimo inquadrato da nel I livello retributivo del CCNL Commercio con qualifica di impiegato e mansioni di “coordinatore dei progetti di automazione, strumentazione e telecomunicazione” (“Instrumentation Automation Coordinator”) a decorrere dall’1 agosto 2012; esponeva che il 14.6.2022 aveva ricevuto una lettera contenente la seguente contestazione disiplinare:“Ai sensi e per gli effetti degli art. 220 e ss. del vigente C.C.N.L. per i dipendenti da aziende del terziario, scriviamo per contestarLe quanto segue.

Lei presta servizio in qualità di “Instrumentation Automation Coordinator” con inquadramento al 1° livello e ricopre anche il ruolo RSA/RLS presso il nostro ufficio di Roma, Via Mosca 32.
Le rappresentiamo che in data 31/05/2022, alle ore 18:40 Lei, in qualità di RSA/RLS, inviava una mail avente per oggetto “Segnalazione sec D.lgs 81/2008” al Dott. Omissis nella quale lo metteva a conoscenza di un accadimento avvenuto in azienda il giorno 27/05/2022, alle ore 17:15, nel quale un dipendente aveva manifestato, in Sua presenza, “atti di autolesionismo estremamente preoccupanti”, “per i dovuti approfondimenti del caso”.
Successivamente, alle ore 18:54 inviava la suddetta mail al Responsabile delle Risorse Umane (dott Omissis).
Il giorno 01/06/2022 Lei veniva chiamato dal Responsabile delle Risorse Umane e dalla persona di riferimento aziendale (d.ssa Omissis) per avere maggiori dettagli su quanto accaduto.
Tale richiesta Le è stata inviata anche via mail lo stesso giorno e, non avendo ricevuto alcuna risposta, anche in data 09/06/2022.
In data 09/06/2022, alle ore 23:01, Lei inviava una relazione al Medico della società (dott. ) e il giorno dopo, il 10/06/2022 alle 9:43, Lei trasmetteva nuovamente la relazione al medico della società e mettendo in copia il Responsabile delle Risorse Umane e la persona di riferimento aziendale.
Nella relazione segnalava che aveva assistito in data 27/05/2022, alle 17:07, a una situazione di pericolo nella quale un dipendente aveva manifestato, a Suo avviso, “l’intenzione di voler porre fine alla sua vita gettandosi nel vuoto”.
Dichiarava, inoltre, che ha “ritenuto di dover comunicare al liquidatore quanto accaduto in qualità di rappresentante della società in questa fase” e che il Responsabile delle Risorse Umane lo avrebbe “contattato ordinando di comunicare l’accaduto” al medico aziendale “nella sua veste di medico competente ex d.lgs. 81/01 per gli adempimenti di sua competenza.”

Le rammentiamo che era Sua precisa responsabilità informare prontamente e direttamente il datore di lavoro anche in ragione delle funzioni rivestite e dell’alto rischio dell’evento. Tale omissione ha impedito il rispetto del protocollo di cui al D. Lgs. 81/08 con ogni conseguenza di legge anche a causa della Sua mancanza d tempestività, rendendo noto un evento di tale gravità solo 4 giorni dopo il riferito episodio e ritrattando successivamente la versione dei fatti.
A ciò si aggiunga che le circostanze da Lei rappresentate sono imprecise e contradittorie rendendo quanto mai complessa la ricostruzione dell’evento da parte dei soggetti a ciò deputati.
Dobbiamo altresì contestare una grave omissione di soccorso nell’evento descritto. Se fosse realmente accaduto quanto da Lei rappresentato, oltre ad investire della questione la proprietà, avrebbe dovuto chiamare i soccorsi e non lasciare da sola a una persona, a Suo avviso alterata, dopo solo 8 minuti dal fatto.
Da ultimo, si evidenzia che nessuno le ha ordinato alcunché, ma Le è stata richiesta una relazione, anche stavolta, inviata al medico aziendale e non alla Società con evidente misconoscimento del rapporto gerarchico col Suo datore di lavoro.
Dunque, alla luce di quanto sopra, La invitiamo a fornirci le Sue giustificazioni entro 5 giorni dal ricevimento della presente ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300, nonché delle vigenti disposizioni contrattuali.
”; rappresentava, inoltre, che aveva presentato le proprie difese scritte il 24 giugno 2022; precisava che in data 30 giugno 2022 il collega Omissis lo aveva informato che era tornato in servizio in quanto giudicato idoneo allo svolgimento dell’attività lavorativa da parte del medico aziendale; evidenziava che, malgrado le difese rassegnate, il 13 luglio 2022 la Omissis, ritenute insufficienti le giustificazioni rese, gli aveva comunicato il licenziamento con un provvedimento così testualmente motivato: “Facendo seguito alla nostra lettera di contestazione disciplinare del 14/06/2022, da Lei ricevuta in pari data, che qui deve intendersi integralmente richiamata e trascritta, nonché dalle giustificazioni fornite a Suo nome dalla Signora Omissis FILCAMS-CGIL, tramite controdeduzioni scritte nell’incontro del 24/06/2022, per precisarLe che le stesse non possono trovare completo accoglimento, risultando confermati i comportamenti a Lei addebitati.
In sede di controdeduzioni, è stata offerta una nuova versione dei fatti diversa dalle precedenti circostanze che conferma la gravità degli eventi e l’inadeguatezza con la quale li ha gestiti.
La peculiarità e complessità della vicenda hanno resa necessaria una proroga per l’irrogazione della sanzione.
I fatti sono stati accuratamente esaminati prima di giungere alla presente comunicazione della sanzione.
Valga osservare che il Suo comportamento ha esposto la Società ad un grave rischio ed ha minato irrimediabilmente il rapporto fiduciario.
Lei ha violato le norme in tema di sicurezza sul lavoro esponendo anche Suoi colleghi a gravissimi rischi per la propria salute ed incolumità.
Nello specifico:
- in data 31/05/2022 alle ore 18:40 Lei, in qualità di RSA/RLS, inviava una mal avente per oggetto “Segnalazione sec. D. Lgs. 81/2008” al dott. Caputi- liquidatore giudiziale del Concordato 76/18 APS Spa – nella quale riferiva, a distanza di quattro giorni, un accadimento asseritamente avvenuto in azienda il giorno 27/05/2022 alle ore 17:15, nel quale un dipendente aveva manifestato, in Sua presenza, “atti di autolesionismo estremamente preoccupanti… per i dovuti approfondimenti del caso”;
- successivamente alle ore 18:54, inviava la suddetta mail al Responsabile delle Risorse Umane (dott. Omissis);
- il giorno 01/06/2022 Lei veniva convocato dal Responsabile delle Risorse Umane e dalla persona di riferimento aziendale (dott.ssa ) per avere maggiori dettagli su quanto accaduto;
- la richiesta veniva reiterata via mail lo stesso giorno e, stante l’assenza di riscontro, anche in data 09/06/2022;

- solo in data 09/06/2022 alle ore 23:01 veniva da Lei inviata una relazione al Medico della società (dott. il cui inoltro veniva reiterato il giorno seguente anche al Responsabile delle Risorse Umane;
- nella relazione indicata, contraddicendo a quanto affermato il 31/05/2022, riferiva di aver assisto il 27/05/2022 alle ore 17:07, ad una situazione di pericolo nella quale un dipendente aveva manifestato, a Suo avviso, “l’intenzione di voler porre fine alla sua vita gettandosi nel vuoto”. Dichiarava, altresì, di aver ritenuto dover comunicare al liquidatore quanto accaduto in qualità di rappresentante della società e che il Responsabile delle Risorse Umane Le avrebbe “ordinato” di comunicare l’accaduto al medico aziendale ex d.lgs. 81/01 per gli adempimenti di sua competenza;
- valga osservare che la variazione dell’orario in cui si sarebbe svolto il riferito evento sarebbe avvenuta solo dopo che il Responsabile delle Risorse Umane evidenziava la Sua uscita dai luoghi di lavoro alle ore 17:23, ovvero 8 minuti dopo gli assenti gravi eventi segnalati;
- in occasione dell’audizione con l’assistenza dei sindacati modificava ancora una volta la versione dei fatti indicando, in prima battuta, che la volontà di autolesionismo del dipendente non avrebbe mai rivestito carattere di estremo ed imminente pericolo e che tale percezione era legata a priori a fatti personali; infatti testualmente riferiva: “Tale volontà non ha mai presentato un carattere di estremo ed imminente pericolo in quanto il lavoratore manifestava più che altro a voce il proprio intendimento senza mai concretamente porre in essere atti che lo esponevano ad un rischio immediato di pericolo di vita”. Subito dopo riportava invece il reale pericolo di tentato suicidio, dichiarando: “In effetti il Sig. saliva su una sedia vicino alla finestra che apriva ma ad una ma ad una istanza tale che non consentiva ragionevolmente di pensare ad gesto ovvero un comportamento simbolico”, Non si comprende infatti come non possa essere considerato in pericolo una persona che sale su una sedia vicino alla finestra che apre volontariamente.
Orbene, la Sua condotta appare censurabile sotto molteplici aspetti.

Le versioni rese sono talmente contraddittorie tra loro da far pensare ad un procurato allarme.
Ad ogni buon conto, assumendola veridicità degli assunti Lei riportati, è indubbia:
- la violazione delle norme regolatrici la sicurezza sui luoghi di lavoro;
- il totale misconoscimento delle prerogative del datore di lavoro;
- l’esposizione dell’azienda ad un grave ed irreparabile pregiudizio;
- l’omissione di qualsivoglia atto di soccorso verso un collega in pericolo;
Il tutto come analiticamente contestato con missiva del 14/06/2022 da intendersi qui interamente riportata.
Per quanto sopra, la Società intende definire il presente procedimento con l’irrogazione della sanzione del licenziamento esonerandoLa dal prestare la Sua attività durante il periodo di preavviso.
Nel rispetto del periodo di preavviso il rapporto di lavoro sin intende risolto in via definitiva dal 13/07/2022 con decorrenza dal 14/07/2022.
La invitiamo a riconsegnare tutti, senza eccezione alcuna, i dispositivi aziendali e al contempo la documentazione di proprietà di s.p.a., ovvero di s.r.l. dovesse essere in Suo possesso. Cordialità
”; soggiungeva che il 15 luglio 2022 aveva impugnato il licenziamento, mettendo a disposizione dell’azienda le proprie energie
lavorative per la ripresa del servizio e che il tentativo di conciliazione innanzi all’Ispettorato Territoriale di Roma aveva dato esito negativo; tutto ciò premesso, rassegnava le conclusioni sopra riportate, eccependo la genericità del licenziamento e della contestazione, la mancanza di coincidenza dei fatti contestati rispetto ai motivi di recesso, l’invalidità e/o illegittimità del licenziamento per insussistenza dei fatti materiali contestati, l’insussistenza di un’omissione di soccorso e del misconoscimento del rapporto gerarchico, l’insussistenza e giuridica irrilevanza della mancanza di tempestività nella informativa trasmessa al datore di lavoro, l’nsussistenza di imprecisioni o contraddizioni nella segnalazione, l’illegittimità del licenziamento per riconducibilità della condotta ad una sanzione conservativa prevista dal CCNL e per sproporzione oggettiva e soggettiva.

Instaurato il contraddittorio tra le parti, si costituiva in giudizio la società convenuta, contestando quanto evidenziato dal ricorrente, in particolare ribadendo la gravità dei fatti a lui addebitati e la legittimità del licenziamento intimato.
All’udienza del 6.12.2023 il giudice riservava la decisione. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Osserva il giudicante che, contrariamente a quanto eccepito dal ricorrente, i fatti contestati in sede disciplinare sono riproposti nella lettera di licenziamento e, pertanto, la censura attinente alla mancata corrispondenza tra quanto contestato e i fatti posti a base del licenziamento non può essere accolta, fatta eccezione per quanto contenuto nella lettera di licenziamento circa il grave e irreparabile danno a cui il ricorrente avrebbe esposto l’azienda, mai contestato in sede disciplinare. Con riguardo, quindi, a tale fatto “nuovo” di cui alla lettera di licenziamento, lo stesso non può trovare ingresso nella presente sede per fondare l’eventuale decisione in ordine alla legittimità del provvedimento espulsivo, in quanto mai contestato precedentemente.
Quanto al merito, si osserva che al lavoratore è stato contestato di non avere tempestivamente avvisato il datore di lavoro della situazione di pericolo causata dalla condotta tenuta dal dipendente Omissis (che, una volta entrato nell’ufficio del ricorrente, aveva avvicinato una sedia alla finestra e vi era salito sopra, dando l’impressione di volersi lanciare nel vuoto) e della conseguente impossibilità per il datore di lavoro di attivare le procedure previste in materia di sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo 81/2008, tenuto altresì conto del fatto che l’odierna parte attrice era, all’epoca, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; è stato inoltre contestato il misconoscimento delle prerogative del datore di lavoro, in quanto il signor Omissis avrebbe avvisato di quanto occorso persone non deputate a ricevere l’informazione, nonché la contraddittorietà della ricostruzione dei fatti da parte del ricorrente che, a tal riguardo, avrebbe fornito diverse e contrastanti versioni e, infine, l’omissione di soccorso nei confronti del collega Omissis in situazione di difficoltà.

Tali condotte, a dire del datore di lavoro, integrando le ipotesi di cui all’articolo 220 del C.C.N.L., erano tali da legittimare il licenziamento per giusta causa.
Tale assunto non appare in alcun modo condivisibile e ciò per diversi ordini di motivi.
Innanzitutto si rileva che il datore di lavoro, solo nel costituirsi in giudizio e, pertanto, tardivamente, ha rilevato che, a suo parere, la affermata contraddittorietà delle versioni rese dal signor Omissis rispetto alla condotta tenuta dal signor Omissis dapprima segnalandola come di grave pericolo per l’incolumità personale di quest’ultimo e, successivamente, sminuendone la portata con riguardo alla volontà di porre in essere atti di autolesionismo, sarebbe da imputare alla volontà del ricorrente di aiutare il collega Omissis che si trovava in difficoltà perché aveva ricevuto molteplici contestazioni disciplinari. Tale intento soggettivo del ricorrente appare nella fattispecie del tutto irrilevante tenuto conto che, come detto, non è mai stato contestato all’interessato nè è stato menzionato nella lettera di licenziamento.
Con riferimento poi alle condotte contestate al dipendente e poste a base del suo licenziamento le stesse appaiono del tutto insussistenti. Infatti, in primo luogo deve osservarsi che non può ritenersi posta in essere dal ricorrente alcuna omissione di soccorso ai danni del collega Omissis tenuto conto che il signor Omissis ha lasciato solo il collega dopo che costui era uscito dal luogo di lavoro assieme al primo, una volta ricevuta l’assicurazione che si sarebbe fatto prescrivere dal medico curante un periodo di riposo. Tale circostanza, peraltro, non è stata oggetto di contestazione da parte del datore di lavoro e, pertanto, può ritenersi accertata in applicazione del principio di cui all’articolo 115 c.p.c. Per completezza, si ritiene opportuno precisare che appare del tutto irrilevante, per la valutazione della sussistenza di tale fatto contestato in via disciplinare, la circostanza che in ordine all’episodio che ha visto coinvolto il ricorrente e il signor Omissis il primo abbia reso, in periodi di tempo successivi, delle dichiarazioni tendenti a sminuire la gravità dei fatti stessi. Infatti, la contestazione relativa all’omissione di soccorso intanto può avere un senso in quanto il datore di lavoro ha ritenuto che l’episodio si sia svolto nei termini rappresentati nell’immediatezza dal signor Omissis. Inoltre, quanto all’ulteriore illecito contestato, non si comprende in cosa sarebbe consistito il misconoscimento da parte del ricorrente delle prerogative del datore di lavoro, pure a lui ascritto disciplinarmente, tenuto conto che il lavoratore ha provveduto ad avvisare di quanto accaduto il liquidatore giudiziale della società nella sua qualità di legale rappresentante, seppur dopo quattro giorni dall’occorso, dopo avere ricevuto la rassicurazione dal Omissis che sarebbe stato assente per malattia per 30 giorni (neppure tale circostanza è stata smentita dal datore di lavoro e, pertanto, può ritenersi acclarata in applicazione del principio di non contestazione di cui all’articolo 115 c.p.c.). Peraltro, come ammesso dal datore di lavoro, sull’episodio in questione vi sono state successive comunicazioni del lavoratore alla responsabile delle risorse umane della resistente, nonché al medico aziendale. Secondo la tesi del datore di lavoro, con tale condotta il lavoratore non avrebbe riconosciuto il rapporto gerarchico posto a fondamento del rapporto. Tale assunto non appare condivisibile poiché, contrariamente a quanto affermato da parte resistente, il ricorrente, seppur a distanza di quattro giorni dai fatti, dopo essersi accertato dell’assenza per malattia del signor Omissis, ha provveduto ad avvisare l’azienda dell’episodio, dovendosi sottolineare che neppure nel corso del giudizio (come del resto nella lettera di contestazione disciplinare e in quella di licenziamento) il datore di lavoro ha inteso indicare chi sarebbe stata la persona tenuta a ricevere l’informazione in questione. Peraltro, proprio nella sua qualità di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il ricorrente ha provveduto alle relative comunicazioni in favore dei soggetti sopra indicati che, dal canto loro, hanno all’evidenza ulteriormente trasmesso l’informazione ricevuta, tenuto conto della successiva contestazione disciplinare.
Quanto alla mancata attivazione dei protocolli in tema di sicurezza sul lavoro, imputare al ricorrente a causa della tardiva informazione, deve essere sin da subito chiarito che la responsabilità in ordine a tale peculiare aspetto ricade esclusivamente sul datore di lavoro, eccezion fatta nei casi di specifica delega, nella fattispecie non dedotta e pertanto da ritenere inesistente. Né il datore di lavoro ha inteso nel presente giudizio segnalare le iniziative in concreto intraprese in ordine al fatto segnalato dal ricorrente, nè ha rappresentato di avere proceduto all’audizione del signor Omissis al fine di chiarire le circostanze indicate nella lettera di contestazione e di comprendere l’effettiva entità dell’accaduto. Da quanto sin qui argomentato, pertanto, emerge con chiarezza l’insussistenza degli illeciti disciplinari contestati al ricorrente, relativi al mancato tempestivo avviso in ordine alla condotta tenuta dal dipendente Omissis all’omissione di soccorso ai danni di quest’ultimo e della affermata impossibilità per il datore di lavoro di attivare le procedure previste in materia di sicurezza sul lavoro di cui al decreto legislativo 81/2008, al misconoscimento delle prerogative del datore di lavoro in quanto il signor avrebbe avvisato di quanto occorso persone non deputate a ricevere l’informazione; si rileva, inoltre, che le diverse versioni dell’episodio fornite dal ricorrente appaiono del tutto irrilevanti dal punto di vista disciplinare in assenza di una più puntuale specificazione dell’illecito, nella fattispecie del tutto assente. Pertanto, il licenziamento oggetto di giudizio deve ritenersi illegittimamente intimato. In riferimento alle conseguenze dell’illegittimità del licenziamento si deve evidenziare che il ricorrente ha invocato l’applicazione della tutela reale, chiedendo nelle conclusioni la reintegra e il risarcimento del danno. In proposito la parte ricorrente ha dedotto che la società convenuta occupa più di 15 dipendenti e non risultano agli atti elementi in contrasto con tale allegazione. Sulla materia dell’onere della prova del requisito dimensionale sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, le quali componendo il contrasto giurisprudenziale hanno affermato che “In tema di riparto dell'onere probatorio in ordine ai presupposti di applicazione della tutela reale o obbligatoria al licenziamento di cui sia accertata l'invalidità, fatti costitutivi del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l'attività e, sul piano processuale, dell'azione di impugnazione del licenziamento sono esclusivamente l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato e l'illegittimità dell'atto espulsivo, mentre le dimensioni dell'impresa, inferiori ai limiti stabiliti dall'art. 18 della legge n. 300 del 1970, costituiscono, insieme al giustificato motivo del licenziamento, fatti impeditivi del suddetto diritto soggettivo del lavoratore e devono, perciò, essere provati dal datore di lavoro. Con l'assolvimento di quest'onere probatorio il datore dimostra - ai sensi della disposizione generale di cui all'art. 1218 cod. civ. - che l'inadempimento degli obblighi derivatigli dal contratto di lavoro non è a lui imputabile e che, comunque, il diritto del lavoratore a riprendere il suo posto non sussiste, con conseguente necessità di ridurre il rimedio esercitato dal lavoratore al risarcimento pecuniario. L'individuazione di siffatto onere probatorio a carico del datore di lavoro persegue, inoltre, la finalità di non rendere troppo difficile l'esercizio del diritto del lavoratore, il quale, a differenza del datore di lavoro, è privo della "disponibilità" dei fatti idonei a provare il numero dei lavoratori occupati nell'impresa.” (Cass. civ. Sez. Unite, Sentenza n. 141 del 10 gennaio 2006 e nello stesso Cass. civ. Sez. Lavoro, Sentenza n. 12722 del 29 maggio 2006, Cass. civ. Sez. Lavoro, Sentenza n. 13945 del 16 giugno 2006, Cass. civ. Sez. Lavoro Sentenza n. 15948 del 13 luglio 2006, Cass. civ. Sez. Lavoro Sentenza n. 19275 del 08 settembre 2006 e Cass. civ. Sez. Lavoro Sentenza n. 6344 del 16 marzo 2009). Alla luce di tale insegnamento della Suprema Corte si deve ritenere che gravi sul datore di lavoro l’onere di provare il requisito dimensionale ai fini dell’applicazione della tutela obbligatoria in luogo della tutela reale e che in assenza di tale prova si applichino le disposizioni di cui all’art. 18 dello statuto dei lavoratori.
Quanto all’aliunde perceptum et percipiendum eventuale, stante la genericità delle allegazioni della società convenuta, nulla è stato dimostrato. Infatti “in riferimento ai licenziamenti illegittimi rispetto a cui trovi applicazione l'art. 18 della legge n. 300 del 1970, ai fini della liquidazione del danno sulla base delle retribuzioni non percepite dal lavoratore non è necessaria la dimostrazione da parte dello stesso della permanenza dello stato di disoccupazione per tutto il periodo successivo al licenziamento, poiché grava sul datore di lavoro l'onere di provare, pur con l'ausilio di presunzioni semplici, l'"aliunde perceptum" o l'"aliunde percipiendum", allo scopo di conseguire il ridimensionamento della quantificazione del danno” (Cass. n. 5662/1999). Alla luce delle considerazioni che precedono, in applicazione dell'art. 18 comma 7 della Legge 20 maggio 1970, n. 300 - come modificato dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92 - il licenziamento deve essere annullato e la Società resistente va condannata alla reintegrazione del ricorrente nel proprio posto di lavoro ed al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, nei limiti di dodici mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali maturati nello stesso periodo maggiorati degli interessi. Sulle somme dovute dovranno essere applicati interessi e rivalutazione. In proposito la Suprema Corte ha chiarito che “In base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte, il credito azionato dal (OMISSIS), per il risarcimento del danno da licenziamento illegittimo, sebbene non sia sinallagmaticamente collegato con una prestazione lavorativa, rappresenta pur sempre l'utilità economica che da questa il lavoratore avrebbe tratto ove la relativa esecuzione non gli fosse stata impedita dall'ingiustificato recesso della controparte e quindi rientra nell'ambito previsionale dell'articolo 429 cod. proc. civ., comportante il cumulo tra interessi e risarcimento del danno da rivalutazione monetaria, considerati come componenti automatiche del credito stesso (vedi, per tutte: Cass. 23 gennaio 2003, n. 1000 e Cass. 6 settembre 2006, n. 19159). Ciò comporta l'attribuibilità di ufficio sia della rivalutazione monetaria sia degli interessi legali, con decorrenza dalla data del licenziamento sulla somma capitale via via rivalutata”. (Cass. civ., Sezione Lavoro Sentenza n. 11235 del 21 maggio 2014).
La soccombenza determina la condanna alle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.
 



visti ed applicati gli artt. 18 della Legge n. 300/1970 e 1, commi 47 e segg. della Legge 92/2012, annulla il licenziamento intimato al ricorrente con la lettera del 13 luglio 2022;
ordina a Omissis in persona del legale rappresentante pro tempore, di reintegrare nel posto di lavoro, con ogni conseguenza di legge e di contratto collettivo ed individuale e la condanna a corrispondere al ricorrente una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto entro il limite delle dodici mensilità, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali come per legge, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per lo stesso periodo maggiorati degli interessi legali;
condanna la Società convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, a rifondere al ricorrente le spese di lite, liquidate in complessivi euro 3.500,00 oltre accessori come per legge;
ordinanza esecutiva per legge;
manda alla cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza. Roma, 19 dicembre 2023
Il Giudice Dott.ssa Paola Crisanti