Cassazione Penale, Sez. 4, 26 febbraio 2024, n. 8282 - Omessa valutazione del rischio di interferenza tra personale a piedi e mezzi nella fase dello scarico merci nel piazzale. Avvicendamento nella posizione di garanzia in una impresa già costituita


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Relatore

Dott. CIRESE Marina - Consigliere

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A. nato a M il (Omissis)

avverso la sentenza del 06/12/2022 della CORTE APPELLO di TORINO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;

udito il P. G. nella persona del sostituto Marilia di Nardo che ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto


1. La Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino di condanna di A.A.in ordine al reato di cui agli artt. 590, comma, 3 cod. pen., in danno di B.B., commesso in Torino il 4 novembre 2016.

Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro, descritto nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente. B.B., dipendente della Delivery Express Srl con qualifica di trasportatore, aveva fatto accesso per la prima volta alla Docks Market di C.C.; in attesa della chiamata al megafono, aveva eseguito la manovra di avvicinamento del proprio furgone alla ribalta in retromarcia ed era sceso dal mezzo per aprire le porte posteriori, scostandosi di qualche metro in attesa che sopraggiungesse il muletto che avrebbe dovuto scaricare la merce; aiutato il conducente del muletto, D.D., dipendente della Docks Market, a sistemare la merce all'interno del mezzo, si era messo a passeggiare intorno al furgone, quando era stato investito da una manovra dello stesso D.D., che non si era avveduto della sua presenza sulla traiettoria del muletto in retromarcia; a seguito dell'investimento, B.B. era caduto a terra e la ruota posteriore del semovente gli era passata - avanti e indietro - sul piede, provocandogli fratture ad alcune ossa e lo scuoiamento dell'estremità con prognosi di durata della malattia superiore a 40 giorni.

Gli addebiti di colpa per l'imputato, nella qualità di direttore del Cash ad Carry dell'area Nord Ovest del gruppo Carrefour alle dipendenze dell'amministratore delegato, erano stati individuati nella negligenza, imprudenza e imperizia e violazione delle norme per la prevenzione infortuni sul lavoro e segnatamente dell'art. 29, comma 1, D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (per non aver valutato compiutamente, nel documento di valutazione dei rischi, il rischio connesso alla possibile interferenza tra personale a piedi e mezzi semoventi nelle fasi di scarico dei mezzi sul piazzale e per non aver conseguentemente indicato misure atte a eliminare o minimizzare i rischi); dell'art. 71, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008 per non avere adottato misure tecniche, organizzative e procedurali tese ad evitare pericolose interferenze tra mezzi semoventi e personale a piedi nelle fasi di scarico e carico sugli autocarri sul piazzale.

2. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso l'imputato con proprio difensore, formulando un unico motivo, con cui ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità, pur essendo stata accertata la esclusiva addebitabilità dell'infortunio alla condotta del carrellista D.D. e in relazione alla attribuzione delle violazioni contestate all'imputato, pur non avendo egli redatto il Documento di Valutazione del Rischio; la violazione di legge ed in specie dell'art. 40 cod. pen. in merito alla affermazione della responsabilità del fatto e dell'art. 29, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008 con riferimento all'obbligo di rielaborazione della valutazione dei rischi aziendali.

La Corte di Appello - osserva il difensore - avrebbe sostenuto che il comportamento di D.D. non poteva essere considerato causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, in quanto non era condotta estranea al processo produttivo, invocando un pacifico principio giurisprudenziale che, tuttavia, non era pertinente nel caso concreto, in quanto riferito alla condotta del lavoratore che subisce l'infortunio e non già, come nel caso di specie, alla condotta di altro lavoratore. La Corte avrebbe, invece, dovuto considerare che il carrellista, esperto e adeguatamente formato, aveva condotto il mezzo in modo del tutto inspiegabile e contrario alle più basiche regole di prudenza, manovrando il carrello semovente in retromarcia alla cieca, senza curarsi della presenza di persone, sicché l'infortunio avrebbe dovuto essere ricondotto alla esclusiva responsabilità di questi. Anche se fosse stata presente la segnaletica orizzontale idonea a delimitare l'area di attesa dei visitatori - prosegue il difensore - nulla sarebbe cambiato, in quanto il conducente del carrello aveva proceduto alla cieca, senza avere contezza di cosa o di chi fosse nella direzione percorsa dal mezzo.

La Corte di Appello - prosegue il difensore - nel soffermarsi sugli addebiti di colpa dell'imputato, avrebbe fatto riferimento al mancato aggiornamento del DUVRI, quando in realtà nel caso in esame, non venendo in rilievo un appalto, era stato stilato solo il DVR, e non avrebbe, comunque, tenuto conto che tale documento era stato redatto dal precedente datore di lavoro: in proposito la Corte avrebbe dovuto tenere conto che A.A., al momento dell'infortunio, era subentrato nella posizione di garanzia da soli quattro mesi e non aveva alcun obbligo giuridico di provvedere alla redazione di un nuovo documento.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Marilia Di Nardo, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso deve essere rigettato.

2. Il motivo, in tutte le sue articolazioni, è infondato. Il ricorrente, in ultima analisi, si duole, sia sotto il profilo del vizio di motivazione, sia sotto il profilo della violazione di legge, della affermazione della responsabilità penale ed in particolare della individuazione del nesso di causa e dell'addebito di colpa.

Non è in contestazione la dinamica dell'infortunio così come sopra descritta, né il fatto che nel luogo di lavoro non fosse stato valutato il rischio derivante, nella fase dello scarico merci nel piazzale, dalla interferenza tra il personale a piedi e i carrelli e i mezzi semoventi. Nelle conformi sentenze di merito si dà atto che gli organi accertatori, a seguito dell'infortunio, avevano prescritto di predisporre una zona protetta dove il carrello non poteva andare e passaggi pedonali, di apporre segnaletica a pavimento, nonché di prevedere l'ingresso nel piazzale di un automezzo per volta.

2.1. Quanto al profilo del nesso di causa, la Corte di Appello ha spiegato che la condotta colposa dell'imputato, titolare della posizione di garanzia, consistita nella omessa valutazione del rischio connesso all'interferenza, nell'area di carico e scarico della ditta, fra pedoni e mezzi e nella conseguente omessa predisposizione delle misure atte a prevenire eventi dannosi ad esso collegati, era stata causale rispetto all'evento verificatosi. La Corte ha dato atto anche che la condotta del lavoratore, conducente del muletto che aveva investito la vittima, per quanto eventualmente colposa, non poteva valere ad interrompere il nesso di casualità fra condotta dell'imputato e evento infortunio, in quanto non aveva attivato un rischio eccentrico rispetto a quello governato dal titolare della posizione di garanzia. Il percorso argomentativo appare logico, coerente con i dati di fatto riportati e rispettoso dei principi individuati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento del nesso causale. I giudici hanno adeguatamente vagliato il tema della causalità della colpa intesa come introduzione da parte del soggetto agente del fattore di rischio poi concretizzatosi con l'evento (Sez 4. n. 40050 del 29/03/2018, Lenarduzzi, Rv273870; Sez. 4, n. 17000 del 05/04/2016, Scalise, Rv. 266645) e correttamente hanno rilevato che all'interno dell'area di rischio considerata, la condotta dei lavoratori può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da attivare un rischio esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.

Il richiamo da parte della Corte alla giurisprudenza di legittimità è, dunque, improprio solo nel riferimento alle sentenze che hanno affrontato il tema della eventuale interruzione del nesso causalità fra la condotta del titolare della posizione di garanzia e l'evento per effetto della condotta del lavoratore vittima di reato, ma è invece pertinente nell'affermazione del principio per cui solo l'attivazione di un rischio eccentrico può rilevare al fine di -escludere il nesso di causa, principio che vale anche con riferimento alla condotta del lavoratore diverso dalla vittima di reato, nell'ipotesi in cui abbia, eventualmente, posto in essere un contributo causale indipendente.

2.2. Quanto al profilo dell'addebito di colpa, la Corte di Appello ha confermato la sussistenza della colpa specifica, ex art. 28 D.Lgs. n. 81/2008, consistita nella mancata valutazione da parte del datore di lavoro del rischio connesso alla compresenza nella zona di lavoro di persone (fra cui i visitatori esterni, quali il B.B., in attesa che la merce fosse caricata sul suo furgone) e mezzi semoventi. Nessun rilievo può assumere la circostanza che la Corte di Appello abbia fatto riferimento al DUVRI, ovvero al documento unico di valutazione dei rischi interferenti, la cui adozione da parte del datore di lavoro committente, è prevista ai sensi dell'art. 26, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008, nel caso di appalto, nonostante nel caso in esame non si versasse in tale ultima ipotesi, in luogo che al DVR. Invero, al di là della improprietà terminologica, nella sostanza la Corte di Appello ha correttamente richiamato l'obbligo, non ottemperato nel caso di specie, da parte del datore di lavoro di analizzare e individuare tutti i fattori di pericolo concretamente presenti sul luogo di lavoro e di indicare nel documento apposito le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. D'altronde è principio pacifico quello per cui la semplice redazione del documento di valutazione dei rischi non esclude la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione (Sez. 4 n. 43350 del 05/10/2021, Mara Rv. 282241).

2.2.1 Corretto è anche il percorso argomentativo seguito dalla Corte nell'addebitare la mancata analisi del rischio specifico nel relativo documento all'odierno imputato.

Il principio generale che presiede all'impianto normativo in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro è quello per cui, il datore di lavoro, nel momento in cui assume tale qualifica e la connessa posizione di garanzia in forza della quale è tenuto a gestire i rischi nell'ambiente di lavoro, è nel contempo investito di un obbligo generale di verifica dell'adozione di tutte le possibili cautele atte all'azzeramento o minimizzazione di tali rischi. In tale ottica l'obbligo primario, non delegabile da parte del datore di lavoro per espressa disposizione normativa (art. 17 D.Lgs. n. 81/2008), è quello della valutazione dei rischi e della individuazione degli strumenti cautelari atti a governarli, nonché della redazione del documento che tali valutazioni e prescrizioni consacra. La valutazione dei rischi, definita dall'art. 2 lett. q) del D.Lgs. n. 81/2008, è costituita dall'analisi globale e documentata di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei - lavoratori presenti nell'ambito della organizzazione in cui prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza. Tale valutazione deve essere consacrata in un documento, che, ai sensi dell'art. 28 del D.Lgs. n.81/2008 deve avere anche certe caratteristiche e deve essere adottato nel caso di costituzione di nuove imprese nel termine di 90 giorni.

Come detto, dunque, nel caso di avvicendamento nella posizione di garanzia in una impresa già costituita, il nuovo datore di lavoro, nell'assolvere all'obbligo giuridico di gestione dei rischi presenti nella organizzazione, deve muovere dalla personale analisi di tali rischi in vista della individuazione delle misure di prevenzione e protezione, potendo, all'esito di essa, anche solo fare proprie quelle già realizzate.

2.2.2. Pacifico è, dunque, che il documento sulla sicurezza possa fondare l'imputazione colposa al datore di lavoro di specifici eventi lesivi, quando essi siano espressione di un rischio non individuato o non correttamente gestito e non contestato è, altresì, che nel caso in esame il documento fosse gravemente carente per le ragioni già indicate. Il ricorrente evidenzia che A.A. era subentrato nella posizione di garanzia da soli cinque mesi e che il documento presente in azienda non era stato da lui redatto, sottolineando che l'art. 29, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008 prevede l'obbligo di rielaborazione immediata della valutazione solo in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità e che nessuna di tali evenienze si era verificata nel caso in concreto.

Si tratta di rilievi infondati, posto che come detto, l'obbligo gravante su ricorrente di intervenire per colmare le carenze del DVR originario è di carattere generale ed è connesso all'assunzione della posizione di garanzia e delle responsabilità originate da tale funzione, mentre la previsione di cui all'art. 29 cit., che ancora l'aggiornamento del Documento di Valutazione del Rischio alla ricorrenza di alcune specifiche situazioni, è dettata per l'ipotesi in cui non vi sia alcun avvicendamento nella posizione di garanzia.

Correttamente in tal senso la Corte di Appello ha rilevato che in tema di reati omissivi colposi, quando l'obbligo giuridico di impedire l'evento connesso ad una posizione di pericolo ricade su più persone obbligate a intervenire in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva del titolare della posizione di garanzia non viene escluso dal fatto che tale condotta omissiva sia stata tenuta originariamente dal garante precedente, a cui questi sia succeduto, essendo preciso onore del garante in carica intervenire fin dal momento in cui abbia assunto il ruolo ad emendare le eventuali carenze che possano mettere in pericolo la sicurezza. Nel caso in esame, dunque, non viene in rilievo il tema dell'aggiornamento del DVR e dei presupposti dell'aggiornamento, quanto il tema della carenza del DVR originario. Lo stesso ricorrente, peraltro, ha ricordato che A.A. aveva provveduto, proprio perché subentrato nella posizione di garanzia, a sottoscrivere il DVR presente in azienda "per presa di conoscenza" e che, in tal modo, per l'ordinamento aveva fatto propria quella valutazione dei rischi, come detto, gravemente carente.

3. Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.Così deciso in Roma il 28 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2024.