Commissione Lavoro della Camera dei Deputati
Audizione ANCE
ASSOCIAZIONE NAZIONALE COSTRUTTORI EDILI

6 febbraio 2024

DDL Disposizioni in materia di lavoro
DDL 1532-bis/C

 

OSSERVAZIONI SUI CONTENUTI DEL PROVVEDIMENTO
Il DDL n. 1532-bis/C, recante disposizioni in materia di lavoro, introduce varie norme che incidono su singoli istituti, al fine di semplificarli o comunque di chiarirne la portata applicativa.
Si tratta, ad esempio, della modifica alla disciplina della procedura telematica obbligatoria nel caso di dimissioni (art. 9). Quest’ultima, in particolare, è finalizzata a superare le criticità che il datore di lavoro si trova oggi ad affrontare nel caso in cui un lavoratore lasci il proprio lavoro senza formalizzare le dimissioni tramite la suddetta procedura.
Vengono modificate anche alcune norme del Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro (art. 2 del DDL). In proposito, si rilevano le seguenti criticità:
- al comma 1, lett. b), punto 1) del citato art. 2 viene modificato l’articolo 12, comma 1, del TUSL, riguardante i soggetti che possono presentare alla Commissione Interpelli, costituita presso il Ministero del Lavoro, quesiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sostituendo il criterio della rappresentanza in termini comparativi con quello della maggiore rappresentatività. Pertanto, la suddetta facoltà verrebbe prevista per le “organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale" e non più per quelle comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Tale modifica comporterebbe un’apertura a soggetti che non soddisfano il requisito della rappresentatività in termini comparativi, con tutte le criticità che ne deriverebbero. Pertanto, si propone di sopprimere il punto 1) qui esaminato;
- al comma 1, lett. d), punto 1) viene introdotto l’obbligo della sorveglianza sanitaria, oltre che nei casi già previsti in via tassativa dalla normativa vigente, anche “qualora la valutazione dei rischi di cui all’articolo 28 [del TUSL], svolta in collaborazione con il medico competente, ne evidenzi la necessità". In tal modo, l’ambito di applicazione della sorveglianza sanitaria sarebbe determinato caso per caso dalle valutazioni discrezionali del singolo medico competente, con il rischio inoltre di difformità applicative tra situazioni aziendali sostanzialmente simili, in una materia che prevede sanzioni anche penali. Si propone, quindi, di sopprimere il punto 1) della citata lett. d);
- al comma 1, lett. e), che modifica l’art. 65 del TUSL relativo ai locali sotterranei o semisotterranei (Titolo II del medesimo TUSL), andrebbe chiarito che riguarda le attività lavorative continuative e non quelle temporanee, quali i cantieri edili (Titolo IV).
Tra le altre disposizioni del DDL, l’art. 3 modifica il testo dell’art. 8 del d. lgs. n. 148/2015, in materia di compatibilità delle integrazioni salariali con lo svolgimento di attività lavorativa, con l’intento di rendere più chiara la formulazione letterale dello stesso rispetto alla precedente modifica che era stata apportata dalla legge di bilancio 2022.
Con il citato art. 3, si dispone in via generale che “il lavoratore che svolge attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al relativo trattamento per le giornate di lavoro effettuate", eliminando l’attuale distinzione secondo cui, qualora il lavoratore svolga attività di lavoro subordinato a tempo determinato pari o inferiore a sei mesi, il trattamento è sospeso per la durata del rapporto di lavoro.
Come già previsto, il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale qualora non comunichi preventivamente all’Inps lo svolgimento dell’attività lavorativa. La norma attuale precisa che, ai fini dell’assolvimento di tale obbligo, sono valide le comunicazioni a carico dei datori di lavoro e delle agenzie di somministrazione, di cui all’art. 4-bis del d. lgs. n. 181/2000 (c.d. comunicazioni obbligatorie).
L’art. 3 del DDL modifica anche quest’ultima disposizione, come indicato nella relazione illustrativa, per escludere le comunicazioni obbligatorie inviate dalle agenzie di somministrazione, che, a differenza di quelle del datore di lavoro, non devono essere inviate preventivamente, bensì entro il giorno venti del mese successivo alla data di assunzione. Tuttavia, il testo modificato richiama i soli commi da 1 a 3 del citato art. 4-bis, che non si riferiscono alla comunicazione preventiva di assunzione in capo al datore di lavoro, bensì ad altri adempimenti relativi alle assunzioni; si rende, pertanto, necessario modificare tale richiamo normativo, per non determinare criticità applicative.
In ogni caso, preme evidenziare che la complessiva disciplina trattata dall’art. 3 del DDL deve essere integrata con la previsione dell’obbligo di contestuale comunicazione, da parte del lavoratore e/o dell’Inps, al datore di lavoro che ha attivato l’intervento di integrazione salariale, della circostanza che il lavoratore stesso svolga altra attività lavorativa, con il conseguente venir meno del diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Ad oggi, infatti, tale obbligo di comunicazione non è previsto in maniera esplicita, nonostante il fatto che il datore di lavoro che attiva un intervento di cassa integrazione sia tenuto, salvo il caso di difficoltà finanziarie, ad anticipare ai lavoratori il trattamento di integrazione salariale.
Allo stato attuale, pertanto, qualora il lavoratore non avvertisse il proprio datore di lavoro dello svolgimento di altra attività lavorativa, quest’ultimo dovrebbe poi recuperare dal lavoratore stesso il trattamento di integrazione salariale anticipato (che non potrebbe ovviamente recuperare a conguaglio con l’Inps), con le difficoltà che ciò potrebbe comportare in concreto. Si pensi anche al fatto che durante la sospensione in cassa integrazione continua, comunque, a maturare il TFR, che il singolo lavoratore potrebbe aver conferito alla previdenza complementare, con conseguente versamento dello stesso al Fondo pensione da parte del datore di lavoro (o che comunque, anche in assenza di tale conferimento, il datore di lavoro con almeno 50 dipendenti deve versare mensilmente al Fondo di tesoreria presso l’Inps).
 

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ULTERIORI PROPOSTE
Con riferimento alla materia del lavoro, si illustrano di seguito una serie di proposte su temi di particolare rilevanza per il settore dell’edilizia.
 

Pari opportunità
Con riferimento all’art. 47 del DL n. 77/2021, sulla promozione delle pari opportunità di genere e generazionali nell’ambito degli appalti PNRR/PNC, pur condividendo l’obiettivo perseguito dalla norma, si segnala la necessità di apportare un correttivo ad una delle disposizioni ivi previste.
Tra queste misure, infatti, il comma 4 del citato art. 47 dispone, tra l’altro, che, fermo restando quanto previsto dal comma 7 del medesimo articolo, le stazioni appaltanti inseriscono nei bandi di gara, quale requisito necessario dell’offerta, “l'assunzione dell'obbligo di assicurare, in caso di aggiudicazione del contratto, una quota pari almeno al 30 per cento, delle assunzioni necessarie per l'esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, sia all’occupazione giovanile sia all’occupazione femminile.”
Con particolare riferimento alla quota da destinare all’occupazione femminile, per gli appalti di lavori, si ritiene necessaria una modifica normativa volta ad affermare che la predetta quota si applica soltanto nel caso di assunzioni di personale non rientrante nella categoria degli operai (ossia, per l’edilizia, di personale non soggetto all’obbligo di iscrizione in Cassa Edile).
Ciò in considerazione delle criticità derivanti, per le imprese edili, dalle concrete modalità di applicazione della disposizione di cui al comma 4 ad opera delle stazioni appaltanti che bandiscono gare per appalti di lavori PNRR/PNC. Infatti, benché il comma 7 dell’art. 47 riconosca espressamente alle stazioni appaltanti la facoltà di escludere l’obbligo di assunzione di cui al comma 4 qualora sussistano ragioni relative, tra l’altro, all’oggetto dell’appalto, risulta, invece, che in numerosi bandi per la realizzazione di opere PNRR/PNC tale facoltà di deroga non sia stata esercitata dalle stazioni appaltanti, con il conseguente inserimento tout court della suddetta quota del 30% (delle assunzioni eventualmente necessarie all’esecuzione dell’appalto) da riservare all’occupazione femminile.
 

Attuazione legge delega revisione incentivi imprese
Con riferimento alla legge n. 160/2023, recante delega al Governo per la revisione del sistema degli incentivi alle imprese, si segnala un aspetto critico per il settore delle costruzioni che si auspica possa essere superato nell’ambito del futuro decreto legislativo di attuazione.
Nello specifico, l’art. 6 della legge prevede che, nell’esercizio della delega finalizzata all’elaborazione di un “codice degli incentivi”, il Governo ridefinisca i principi comuni che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di incentivazione alle imprese. Tra i principi e criteri direttivi da rispettare a tal fine, vi è anche la previsione di premialità, nell’ambito delle valutazioni di ammissione agli interventi di incentivazione:
- per le imprese che, fermi restando gli obblighi assunzionali di cui alla legge n. 68/1999, assumano persone con disabilità (lett. g);
- per le imprese che valorizzino la quantità e la qualità del lavoro femminile e del lavoro giovanile, nonché il sostegno alla natalità (lett. h).
Pur condividendo in via generale le finalità perseguite dal Legislatore con le suddette disposizioni, si segnala il rischio di un effetto “distorsivo” che potrebbe derivare da un’applicazione pedissequa e indiscriminata delle stesse, soprattutto nel caso di valutazioni di ammissione a incentivi “intersettoriali”, ossia rivolti a più settori produttivi.
Ne potrebbero risultare penalizzate, infatti, per ragioni indipendenti dalle scelte aziendali, le imprese di settori, come l’edilizia, in cui le peculiarità dell’attività produttiva non consentono il determinarsi delle condizioni richieste per il riconoscimento delle suddette premialità.
Si ricorda, infatti, che non è possibile di norma adibire ai lavori in cantiere, per motivi di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, lavoratori rientranti nelle categorie di cui all’art. 1 della legge n. 68/1999 (da ciò deriva, tra l’altro, il principio dell’esclusione del personale di cantiere dalla base di calcolo della quota di assunzioni obbligatorie, sancito dall’art. 5 comma 2 della medesima legge).
Analogamente, rischia di risultare penalizzante per le imprese edili il criterio della premialità legata alla valorizzazione della quantità del lavoro femminile, dal momento che, per le caratteristiche oggettive delle prestazioni lavorative svolte in cantiere, la manodopera operaia risulta costituita, quasi esclusivamente, da uomini.
 

CIGO riequilibrio aliquota contributiva
Con riferimento al tema della cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO), si chiede l’equiparazione dell’aliquota di finanziamento della stessa, posta a carico delle imprese del settore edile per gli operai, a quella prevista per il settore industriale: per l’edilizia, infatti, tale aliquota è attualmente pari al 4,70%, mentre per il settore industriale è pari a 1,70%-2,00%.
Secondo gli ultimi dati in possesso dell'Ance, nel periodo 2002-2022, nell’ambito della gestione della CIGO presso l’INPS, nella specifica gestione edilizia si è determinato un avanzo complessivo superiore a 6 miliardi di euro. Anche per le annualità successive al 2015 (anno di riduzione dell’aliquota all’attuale misura del 4,70%), il trend ha mantenuto lo stesso andamento, con avanzi di esercizio annuali mediamente di oltre 250 milioni di euro. Risulta, pertanto, improcrastinabile la riduzione dell’aliquota del 4,70%, di cui si chiede l’equiparazione all’1,70% (2,00% per le imprese con oltre 50 dipendenti) previsto per gli operai dell’industria.
 

CIGO equiparazione in via strutturale dei criteri di conteggio tra i diversi settori
Si chiede di ripristinare e rendere strutturale la disposizione introdotta dal DL n. 98/2023, convertito con modificazioni dalla legge n. 127/2023, che, per il solo periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2023, ha previsto l’esclusione, anche per le imprese edili, degli eventi oggettivamente non evitabili (es. eventi meteo o calamità naturali) dal computo del limite massimo di durata della CIGO.
In assenza di un provvedimento strutturale in tal senso, infatti, dal 1° gennaio 2024 si è tornati ad applicare la normativa previgente, in base alla quale per l’edilizia, diversamente dagli altri settori e pur in presenza di un’aliquota contributiva più alta, i periodi di sospensione dell’attività lavorativa determinati da eventi oggettivamente non evitabili sono conteggiati nel limite massimo di fruizione della CIGO stessa, pari a 52 settimane in un biennio mobile.
Si chiede, pertanto, di equiparare i criteri di conteggio della durata della cassa integrazione ordinaria tra i diversi settori produttivi.
 

CIGO superamento rigidità interpretative per eventi meteo
Si evidenzia, inoltre, la necessità di pervenire al superamento delle criticità interpretative relative alla concessione della CIGO al verificarsi di determinate intemperie stagionali.
Nello specifico, occorre intervenire con un’apposita modifica normativa per superare un orientamento giurisprudenziale, eccessivamente restrittivo, che finisce per imputare al c.d. rischio di impresa il verificarsi di eventi meteorologici in determinati contesti territoriali e periodi dell’anno (es. gelo e neve in territori quali la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige), con la conseguente impossibilità di ricorrere in questi casi alla CIGO. Tale interpretazione non corrisponde alla ratio legis, che è quella di tutelare imprese e lavoratori nel caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa determinata da “intemperie stagionali” (termine usato dallo stesso legislatore), senza che proprio la “stagionalità” delle stesse venga paradossalmente imputata all’impresa.
Si segnala che, su tale tema, in occasione dell’iter di conversione in legge del DL n. 98/2023 sopra citato, è stato accolto dalla Camera dei deputati un apposito ordine del giorno (n. 9/1364/1 primo firmatario On. Manes).
 

CIGO per lavoratori edili in distacco
Sempre in materia di cassa integrazione ordinaria, si chiede infine l’introduzione di una disposizione normativa che consenta espressamente al dipendente di un’impresa edile in distacco presso un’altra impresa edile di beneficiare della CIGO per eventi meteo, qualora tali eventi si verifichino presso il cantiere dell’impresa distaccataria, analogamente a quanto previsto per i dipendenti di quest’ultima adibiti al medesimo cantiere.
Infatti, benché l’impresa edile distaccante continui a versare normalmente la contribuzione CIGO dovuta per il proprio dipendente in distacco per tutta la durata di quest’ultimo, attualmente non risulta possibile, né per il distaccante né per il distaccatario, richiedere la CIGO per il predetto dipendente qualora si verifichi una sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi meteo presso il cantiere dell’impresa edile distaccataria cui lo stesso è adibito. Ne consegue che, in tali giornate, il trattamento retributivo e contributivo del lavoratore resta a carico dell’impresa distaccante, nonostante il versamento del contributo CIGO.
 

Ripristino riduzione contributiva per edilizia quota Inail
È necessario ripristinare, con riferimento ai premi Inail, la riduzione contributiva annuale introdotta per il settore edile dall’art. 29 del DL n. 244/95, convertito con modificazioni dalla legge n. 341/1995, che dal 2019 è rimasta in vigore per i soli contributi Inps (diversi da quelli di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti).
Tale beneficio contributivo è destinato alle imprese del settore regolarmente iscritte in Cassa Edile, per gli operai occupati con orario di lavoro di 40 ore settimanali. Una delle condizioni previste per l’accesso all’agevolazione è che il datore di lavoro non abbia riportato condanne passate in giudicato per la violazione della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro nel quinquennio antecedente alla data di applicazione dell'agevolazione stessa.
Questa misura agevolativa si basa, oltretutto, su un sistema di autofinanziamento da parte delle imprese del settore: il citato art. 29 dispone, infatti, che ogni anno, previa analisi dell’andamento della contribuzione del comparto edile, con apposito decreto venga autorizzata la riduzione contributiva e stabilita la relativa aliquota (sempre confermata annualmente nella misura dell’11,50%).
 

Detassazione e decontribuzione delle ore di formazione
Si propone di introdurre un regime di detassazione e decontribuzione totale della retribuzione delle ore di formazione, ad eccezione di quelle obbligatorie in materia di sicurezza, svolte dai lavoratori presso gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
 

Detassazione e decontribuzione del lavoro straordinario
Si propone di introdurre un regime di detassazione e decontribuzione totale della retribuzione (incluse le maggiorazioni retributive, comunque denominate) corrisposte per le ore di lavoro straordinario, quale misura di alleggerimento del costo del lavoro a fronte di attività lavorativa prestata, appunto, oltre l’orario normale contrattuale.
 

Definizione agevolata
Occorre consentire, alle imprese responsabili in solido con il datore di lavoro principale per le omissioni contributive da questi realizzate e riferite a periodi antecedenti al 10 febbraio 2012, di poter effettuare il versamento integrale delle somme dovute a titolo di contributi o premi, senza la corresponsione delle sanzioni e delle somme aggiuntive ad essi relative.
Infatti, con la sostituzione del secondo comma dell’art. 29 Dlgs n. 276/2003 ad opera dell’art. 21, primo comma, D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 con decorrenza 10 febbraio 2012 (entrata in vigore del decreto), il legislatore ha già stabilito che le sanzioni accessorie e le somme aggiuntive derivanti dall’omissione contributiva del subappaltatore non devono essere poste a carico dell’appaltante obbligato solidale. Da tale data, pertanto, “per le sanzioni civili” risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Tale previsione è stata, inoltre, richiamata anche nella Circolare INPS n. 106 del 10 agosto 2012.
Da rilevare, altresì, che tale principio era stato già anticipato dal Ministero del Lavoro, con l’interpello n. 3 del 2 aprile 2010.
È necessario, pertanto, il riconoscimento del medesimo trattamento previsto dal suddetto D.L. n. 5/2012, anche ai debiti contributivi riferiti a periodi precedenti la modifica da esso apportata, superando l’ingiustificata disparità di trattamento in essere.


fonte: ance.it