Consiglio di Stato, Sez. 6, 09 maggio 2023, n. 4647 - Ambiente. Principio di precauzione




Nota a cura di Piglialarmi Giovanni in il Lavoro nella giurisprudenza, 2/2024, pp. 161-166 "Elettrosmog e principio di precauzione: una lettura giuslavoristica"




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 7816 del 2022, proposto daComune di Sant'Elpidio a Mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Ortenzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

I.I. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Filippo Pacciani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di San Nicola da Tolentino, n. 67;

nei confronti

Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente delle Marche, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 377/2022, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di I.I. s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2023 il Cons. Giovanni Pascuzzi e uditi per le parti gli avvocati Massimo Ortenzi e Filippo Pacciani;

 

Fatto


1. Con ricorso del 2022 la società I.I. s.p.a. ha chiesto al Tar per le Marche l'annullamento:

- della comunicazione del Comune di Sant'Elpidio a Mare del 24 gennaio 2022, avente ad oggetto "Comunicazione provvedimento di annullamento dell'autorizzazione ex art. 44 del D.Lgs. n. 259 del 2003";

- del provvedimento del Responsabile del SUAP del Comune di Sant'Elpidio a Mare del 22 gennaio 2022, avente ad oggetto "Provvedimento di annullamento ai sensi dell'art. 21-nonies, L. n. 241 del 1990 e s.m.i.";

- del provvedimento del Responsabile del SUAP del Comune di Sant'Elpidio a Mare del 12 gennaio 2022, avente ad oggetto "Avvio del procedimento per annullamento d'ufficio in sede di autotutela dell'autorizzazione ex art. 87 del D.Lgs. n. 259 del 2003 formatasi per effetto dell'art. 20 della L. n. 241 del 1990";

- del "Regolamento per la disciplina dell'insediamento di impianti per telefonia cellulare e per la trasmissione dati in generale", approvato con delibera di Giunta del Comune di Sant'Elpidio a Mare n. 3 del 2 febbraio 2021;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali.

2. Così il primo giudice ha sintetizzato le premesse in fatto:

- gli atti impugnati riguardano il procedimento avviato da I.I. con istanza datata 9 aprile 2021, avente ad oggetto il rilascio dell'autorizzazione, ex art. 87 del D.Lgs. n. 259 del 2003, all'installazione di un impianto di trasmissione radiomobile (o stazione radio base) nel Comune di Sant'Elpidio a Mare, Strada Provinciale 154, località Castellano;

- su tale istanza si era formato il silenzio-assenso, poi annullato in autotutela dal Comune con Provv. del 18 settembre 2021;

- I. ha impugnato il provvedimento con ricorso accolto dal Tar per le Marche con sentenza c.d. breve n. 901/2021, alla cui esecuzione il Comune ha provveduto comunicando alla società I. l'avvio del procedimento e acquisendone le osservazioni;

- all'esito del riesame l'Amministrazione intimata ha riconfermato l'annullamento in autotutela dell'autorizzazione conseguita da I. per silentium;

- il provvedimento di autotutela, come il precedente, si fonda sulla circostanza che il sito prescelto da I. non è previsto dal "Regolamento per la disciplina dell'insediamento di impianti per telefonia cellulare e per la trasmissione dati in generale", approvato con delibera di Giunta Comunale n. 3 del 2021, il quale regolamento, ad avviso del Comune, non conterrebbe un divieto generalizzato alla localizzazione di SRB, quanto piuttosto un "…criterio della localizzazione come dirimente rispetto alla procedura di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti che conferma n. 7 zone "assentite" e sulle quali gravano, ancora oggi, n. 17 SRB ATTIVE ed aggiunge n. 2 siti "nuovi" ove eseguire nuove installazioni".

3. A sostegno dell'impugnativa venivano formulati i seguenti motivi di ricorso:

I. Sulla carenza dei presupposti per l'adozione di un provvedimento di annullamento in autotutela: Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 21-nonies della L. n. 241 del 1990, degli artt. 86 e ss. del D.Lgs. n. 259 del 2003 e degli artt. 4, 8 e 14 della L. n. 36 del 2001. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per irragionevolezza, illogicità manifesta e disparità di trattamento. Violazione dei principi di proporzionalità, non discriminazione e concorrenza. Difetto di istruttoria e motivazione. Incompetenza.

II. Sull'illegittimità dell'annullamento in autotutela sulla base della collocazione dell'impianto al di fuori delle localizzazioni pre-definite dal Comune: Violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e ss. D.Lgs. n. 259 del 2003, degli artt. 4, 8 e 14 della L. n. 36 del 2001. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per sviamento, irragionevolezza, illogicità e disparità di trattamento. Violazione dei principi di proporzionalità, non discriminazione e concorrenza. difetto di istruttoria e motivazione. incompetenza.

III. Sulla mancata indicazione da parte del Comune di siti alternativi idonei: Violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e ss. del D.Lgs. n. 259 del 2003 e degli artt. 4, 8 e 14 della L. n. 36 del 2001. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per irragionevolezza, illogicità e disparità di trattamento. Violazione dei principi di proporzionalità, non discriminazione e concorrenza. Difetto di istruttoria e motivazione. Incompetenza.

IV. Sulla discriminazione e disparità di trattamento a danno di I.: Violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e ss. del D.Lgs. n. 259 del 2003 e degli artt. 4, 8 e 14 della L. n. 36 del 2001. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per irragionevolezza, illogicità e disparità di trattamento. Violazione dei principi di proporzionalità, non discriminazione e concorrenza. Difetto di istruttoria e motivazione.

4. Nel giudizio di primo grado si costituiva il Comune di Sant'Elpidio a Mare per resistere al ricorso; mentre alcuni cittadini residenti nella zona che si oppongono all'installazione della SRB, soprattutto per ragioni legate alla tutela della salute umana, formulavano un atto di intervento ad opponendum.

5. Con sentenza n. 377 del 17 giugno 2022 il Tar per le Marche ha accolto il ricorso.

6. Avverso la sentenza del Tar per le Marche ha proposto appello il Comune di Sant'Elpidio a Mare per i motivi che saranno più avanti esaminati.

7. Si è costituita in giudizio la società I.I. s.p.a. chiedendo il rigetto dell'appello.

8. Con ordinanza n. 5154 del 28 ottobre 2022 la Sezione ha sospeso l'esecutività della sentenza impugnata.

9. All'udienza del 27 aprile 2023 l'appello è stato trattenuto per la decisione.

 

Diritto


1. Il primo motivo di appello è rubricato: "Mancata valutazione dell'eccezione di tardività dell'impugnazione del Regolamento per la disciplina dell'insediamento di impianti per telefonia cellulare e per la trasmissione dati in generale approvato con deliberazione di Giunta Comunale n. 3 del 2.2.2021".

L'appellante sostiene che:

- in primo grado il Comune aveva sollevato l'eccezione di inammissibilità e tardività dell'impugnazione del Regolamento di cui si controverte poiché il predetto atto doveva essere impugnato autonomamente al momento della sua emissione e non unitamente all'atto applicativo come invece avvenuto da parte ricorrente;

- il Regolamento non prevedendo, secondo la prospettazione avversaria, l'installazione in siti diversi da quelli indicati era immediatamente lesivo nei confronti della società I.;

- su tale eccezione il Tar per le Marche non ha argomentato alcunché;

- l'eccezione viene riproposta e costituisce motivo d'appello anche sotto il profilo della omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado di una questione rilevante ai fini della decisione della controversia.

1.1 Il motivo non può essere accolto.

Come chiarito da Consiglio di Stato 02/11/2017, n.5071 l'interesse all'annullamento di un regolamento - all'interno della categoria o della classe dei suoi potenziali destinatari - è un interesse indifferenziato, seriale, adespota, nella sostanza un interesse diffuso; esso diventa interesse soggettivamente differenziato e, quindi, legittimo solo nel momento in cui il regolamento è concretamente applicato nei confronti del singolo; fino al momento dell'adozione dell'atto applicativo, quindi, il termine per l'azione di annullamento non può decorrere perché non sono ancora sorte, per il singolo, le necessarie condizioni dell'azione, ovvero l'interesse al ricorso e la legittimazione al ricorso.

Nella specie, prevedendo il regolamento la indicazione di alcuni criteri e siti, soltanto con l'emanazione degli atti applicativi impugnati (nella specie, di diniego inteso come lesivo) è sorto l'interesse all'impugnativa, per cui il ricorso non può essere considerato tardivo.

2. Il secondo motivo di appello è rubricato: "Violazione e/o errata applicazione art. 8 L. n. 36 del 2001 e s.m.i., tra cui in particolar quanto previsto dalla l.120/202 - Illogicità".

L'appellante sostiene che:

- la sentenza impugnata si pone in contrasto con la normativa statale di settore nella parte in cui afferma che al Comune di Sant'Elpidio a Mare non sarebbe consentito valutare la disponibilità delle aree alla realizzazione delle SRB;

- l'art. 8 della L. n. 36 del 2001 prevede espressamente che i Comuni possono adottare regolamenti con cui disciplinare la realizzazione di infrastrutture quali le SRB, salvo il divieto di introdurre limiti generalizzati;

- il Comune di Sant'Elpidio a Mare, con il c.d. "Regolamento Antenne" del 2 febbraio 2021, ha introdotto dei criteri per la realizzazione e localizzazione, tra l'altro, delle antenne SRB;

- in applicazione di detto Regolamento, il Comune ha individuato ben due nuove aree disponibili e di proprietà pubblica per la realizzazione di quanto richiesto dalla società I.;

- le aree indicate nel Regolamento, oltre ad essere conformi ai criteri comunali, risultavano essere anche funzionali ed equipollenti rispetto a quelle oggetto delle richieste dalla società I., come conferma la perizia tecnica prodotta in primo grado dal Comune;

- la società I. ha chiesto di realizzare la SRB in un sito, ma il Comune ha richiesto di realizzarlo in uno dei due siti indicati nel Regolamento;

- secondo il Tar, l'Ente locale, in applicazione del Regolamento, avrebbe introdotto dei limiti localizzativi generalizzati;

- il primo giudice non ha considerato che il Comune ha indicato due siti alternativi il cui uso non avrebbe limitato, né condizionato il funzionamento della SRB;

- il primo giudice ha disatteso la relazione tecnica comunale secondo cui i 2 siti previsti nel Regolamento erano comunque idonei e funzionalmente equivalenti a quelli indicati nella richiesta della società I.;

- il Comune ha proposto altri 7 siti alternativi a quelli oggetto della richiesta della società I., portando così a 9 i siti disponibili e confacenti con i criteri comunali;

- relativamente a detti siti, però, il Tar per le Marche ha ritenuto prevalente l'interesse della società I. ad installare antenne in luoghi "vergini", anziché collocarle in zona già servite da altre SRB, con totale spregio e pregiudizio dell'attività regolamentare del Comune prevista ex lege;

- è evidente il contrasto tra la sentenza del Tar Marche e l'art. 8 L. n. 36 del 2001;

- il Comune ha chiesto che la SRB fosse realizzata in quelle aree ritenute idonee e preferibili da un Regolamento comunale vigente ed efficace;

- non è ravvisabile nessuna forma di divieto generalizzato come erroneamente ritenuto dal Tar Marche, ma semplicemente l'applicazione di un atto programmatorio e regolamentare, valido e motivato;

- aderendo all'assunto del Tar si priva di cogenza l'art. 8 della L. n. 36 del 2001 poiché i criteri e la disciplina comunale perderebbero il carattere preferenziale, divenendo recessiva rispetto alle mere volontà di chi intende realizzare SRB;

- il Comune ha proposto altri 2 nuovi siti alla società I., funzionalmente equivalenti, ove poter installare i ripetitori, ma il Tar nulla ha detto sul punto, limitandosi a dichiarare che il provvedimento impugnato non era stato annullato in sede di autotutela e che il ricorrente non aveva rinunciato all'azione;

- il Tar Marche ha annullato il provvedimento di diniego, con evidente sacrificio del principio di celerità procedimentale di cui al D.Lgs. n. 259 del 2003, di economicità, anche processuale, efficacia e di conservazione dell'azione amministrativa;

- è contraddittorio ed illogico l'annullamento operato dal primo giudice motivato sul fatto che il Comune non possa introdurre divieti generalizzati quando il Comune, applicando un Regolamento conforme a legge aveva già previsto 2 aree disponibili e successivamente ne ha indicate 7 e poi ancora altre 2, per un totale di 11 territori alternativi.

2.1 Il motivo è infondato.

Il comma 3 dell'art. 86 del D.Lgs. n. 259 del 2003 assimila le infrastrutture relative alle reti di comunicazione, ivi inclusi gli impianti radioelettrici, ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del D.P.R. n. 380 del 2001, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori.

Come chiarito da Cons. Stato, Sez. VI, 1 agosto 2017, n. 3853 la giurisprudenza ha avuto in primo luogo modo di affermare che il legislatore statale, nell'inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare affidata ai Comuni non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio. Si è, invero, sostenuto che le opere di urbanizzazione primaria, in quanto tali, risultano in generale compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, dunque, con ogni zona del territorio comunale, sottolineandosi che la disposizione dell'articolo 86, comma 3, del D.Lgs. n. 259 del 1993 ha in tal modo evidenziato il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni. La giurisprudenza costituzionale (sentt. n. 331/2003 e 307/2003) ha avuto modo di affermare che le disposizioni ostative si palesano come illegittime quando potrebbero addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, con la conseguenza che i "criteri di localizzazione" si trasformerebbero in "limitazioni alla localizzazione", mentre le disposizioni poste a tutela di siti sensibili sono legittime se consentono "una sempre possibile localizzazione alternativa" e non determinano "l'impossibilità della localizzazione". Di conseguenza, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha ritenuto in primo luogo che non sono legittimi limiti alla localizzazione delle infrastrutture di carattere generale e riguardanti intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa. Ha, poi, affermato che non sono consentiti limiti di carattere generale giustificati da una esigenza di tutela generalizzata della popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici.

I Comuni possono incidere sulla localizzazione degli impianti di telefonia mobile a patto che la regolamentazione non abbia l'effetto di vietare indiscriminatamente l'istallazione di essi su tutto il territorio comunale. In altri termini è precluso alle Amministrazioni comunali d'introdurre nei piani regolatori e negli altri strumenti pianificatori - regolamento comunale per gli impianti - divieti o limitazioni generalizzati o, comunque, estesi ad intere zone comunali con l'effetto di non assicurare i livelli essenziali delle prestazioni che l'Amministrazione è tenuta a garantire su tutto il territorio nazionale (Cons. Stato, Sez. VI, 23 gennaio 2018, n. 444; si veda anche Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2022, n. 4689).

Alla luce di questi principi, correttamente il primo giudice ha ritenuto che:

- tenuto conto delle disposizioni del D.Lgs. n. 259 del 2003 e delle caratteristiche tecniche degli impianti de quibus, non è legittimo ritenere che l'installazione sia consentita esclusivamente nei siti puntualmente individuati nel c.d. piano delle antenne;

- il regolamento comunale non può avere l'effetto pratico di vietare l'installazione degli impianti in zone estese del territorio comunale e, comunque, di impedire l'accesso a nuovi operatori che non abbiano la possibilità, tecnica e/o giuridica, di utilizzare i siti individuati dal Comune;

- il principio di precauzione non può essere invocato utilmente se è intervenuto il parere radio protezionistico favorevole dell'ARPAM;

- l'assimilazione ex lege degli impianti in questione alle opere di urbanizzazione primaria non implica che gli stessi, per poter essere realizzati, debbono essere previsti dal P.R.G. o dal c.d. Piano antenne;

- l'assimilazione è invece limitata al fatto che gli impianti in argomento sono compatibili con qualsiasi zonizzazione del territorio comunale, al pari, ad esempio, delle strade, delle fognature, delle reti dei servizi pubblici essenziali, e non riguarda, in generale, il profilo urbanistico-edilizio, salvo che non vengano in rilievo esigenze di tutela di beni architettonici, paesistici, etc., o non emerga un conflitto con disposizioni specifiche afferenti altri interessi pubblici rilevanti (ad esempio, interferenze con il traffico aereo).

Nella specie non può essere condivisa nemmeno l'affermazione secondo cui il Comune avrebbe offerto alla società dei siti alternativi per ospitare gli impianti. Tali siti presentano gravi problemi di copertura, consistenti in un'evidente perdita di qualità del segnale e di impossibilità di trasmettere il segnale radiomobile copertura nell'intera area interessata dal sito oggetto dell'istanza autorizzativa di I..

Sul punto ancora condivisibile è l'osservazione del primo giudice secondo la quale I., al fine di dimostrare la diversa diffusione del segnale a seconda che l'antenna venga posizionata sul sito prescelto oppure sui due siti indicati in alternativa dal Comune, ha evidentemente utilizzato i modelli di stima che abitualmente impiega per la progettazione della propria rete. Il tecnico di fiducia del Comune ha mosso una serie di rilievi di dettaglio, ma tali rilievi non si fondano su misurazioni o stime effettuate dallo stesso tecnico, bensì sulla lettura dell'elaborato di I.. Il tecnico comunale ha ipotizzato una serie di modifiche anche strutturali della SRB tali per cui la copertura sarebbe ottimale anche utilizzando uno dei due siti alternativi proposti dall'Amministrazione, non avvedendosi però che in tal modo si sarebbe in presenza di una sostanziale modifica del progetto imposta dal Comune (al quale la normativa di settore non riconosce tale potere).

3. Il terzo motivo di appello è rubricato: "Violazione e errata applicazione art. 10, comma 1, L.R. Marche n. 12 del 2017".

L'appellante sostiene che:

- secondo l'art. n. 10, comma 1, lettera b) della L.R. Marche n. 12 del 2017: "nella localizzazione degli impianti radioelettrici disciplinati da questa legge si osservano i seguenti criteri:

a) ...;

b) gli altri tipi di impianti sono posti in via prioritaria su edifici o in aree di proprietà pubblica...";

- il Tar riconosce che il legislatore regionale ha individuato un criterio localizzativo ma afferma che detto criterio è prioritario ma non tassativo;

- tale argomentazione è infondata e si pone in aperto contrasto con la normativa regionale sopra richiamata;

- secondo il portato normativo regionale, ai Comuni è riconosciuta la facoltà di introdurre criteri preferenziali e prioritari per la realizzazione di opere della telecomunicazione, che nella specie si concretizzano nella installazione delle opere su edifici o aree pubbliche;

- tale compito è stato correttamente assolto dal Comune che, per mezzo del Regolamento "Antenne" ha introdotto criteri preferenziali e prioritari in forza dei quali ha individuato due aree preferenziali pubbliche ove installare l'opera della società I.;

- la preferenza e la priorità della pianificazione comunale è certamente superabile, altrimenti si tratterebbe di divieto generalizzato, ma tale superamento è ammesso a condizione che vi sia adeguata motivazione, supportata anche da un punto di vista istruttorio, da parte di chi intende realizzare le antenne;

- se i criteri preferenziali e prioritari che la legge nazionale e regionale assegna al Comune fossero liberamente derogabili dal privato, la normativa perderebbe di significato;

- un criterio è preferenziale e prioritario quando, a parità di condizioni, prevale sugli altri;

- nella specie il Comune ha espresso preferenza e priorità per i 2 siti pubblici indicati nel Regolamento, ha motivato e supportato tale preferenza e dunque spettava alla società I. dimostrare la sussistenza di condizioni così speciali inequivocabili ed insuperabili tali da superare e porre nel nulla la programmazione, lecita, del Comune;

- il Tar si è "appiattito" su di una interpretazione estensiva del concetto di "divieto generalizzato", così delegittimando le lecite scelte del Comune;

- il primo giudice ha ritenuto che il criterio localizzativo della prevalenza delle aree pubbliche sia prioritario ma non tassativo: tale interpretazione della norma regionale non è corretta e comunque non confacente al caso di specie;

- il Comune ha messo a disposizione della società appellata due nuovi siti pubblici oltre a quelli già esistenti e disponibili;

- detti siti pubblici sono equivalenti per diffusione del segnale al sito indicato da I. come dimostrato nella relazione tecnica prodotta dal Comune;

- il Tar ha ritenuto erroneamente che detta perizia imponesse una modifica del progetto senza peraltro neppure disporre una verifica e/o un approfondimento istruttorio sul punto;

- il regolamento comunale sulle antenne è conforme alla normativa statale e regionale;

- nel caso di specie non siamo di fronte ad un divieto generalizzato, di mera natura regolamentare, di allocazione delle stazioni radio base nel territorio del Comune resistente, ma alla doverosa applicazione di un criterio, di legge, prioritario e preferenziale, a cui il Comune non si può sottrarre e che deve essere rispettato anche dalla società I.;

- tali problematiche sono state ampiamente argomentate dal Comune di Sant'Elpidio a Mare nell'atto impugnato;

- il Comune ha agito per raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell'impatto elettromagnetico, come riportato nell'atto impugnato;

- nella fattispecie erroneamente il Tar ha ritenuto che gli atti comunali hanno posto in essere un limite alla localizzazione e non invece un legittimo e consentito criterio di localizzazione;

- anche le ulteriori argomentazioni tecniche formulate dal Giudice di primo grado appaiono prive di fondamento;

- le controdeduzioni formulate dal tecnico di fiducia del Comune dimostrano la idoneità dei siti indicati dal Comune e non impongono alcuna modifica progettuale come erroneamente ritenuto dal predetto Tar;

- il Consiglio di Stato può disporre idonea verificazione su tale aspetto tecnico relativo alla equivalenza della diffusione del segnale nel territorio anche con i siti individuati dal Comune nel Regolamento di cui si controverte;

- il Tar argomenta poi sulle ordinanze del Consiglio di Stato n. 2033/2019 e n. 515/2021 ritenendo che le stesse non incidano nel Giudizio;

- tale argomentazione è priva di fondamento poiché comunque trattasi di pronunce giurisprudenziali che dimostrano come i Giudici amministrativi si sono posti il dubbio sull'esatta interpretazione della disciplina in subjecta materia;

- il Consiglio di Stato ha ritenuto necessario indicare un bilanciamento tra gli opposti interessi e cioè quelli della tutela dell'ambiente, della salute e del corretto assetto del territorio con quelli di carattere economico propri del mercato delle comunicazioni;

- il giudice di primo grado ha ritenuto utile effettuare una "breve chiosa" circa la rilevanza del servizio di telefonia mobile: tali argomentazioni attengono ad aspetti e valutazioni di carattere soggettivo che appaiono inconferenti e comunque esulano dal contesto giuridico di cui si controverte attenendo a valutazioni di merito.

3.1 Il motivo è infondato anche alla luce delle considerazioni già svolte.

Come rilevato dal primo giudice la norma regionale individua un criterio localizzativo in via prioritaria ma non tassativa.

Il dipanarsi della vicenda oggetto di giudizio dimostra che il Comune non ha solo espresso preferenza e priorità per i due siti pubblici indicati nel Regolamento ma di fatto ha limitato il perimetro di insediabilità a quei due siti.

A conferma di ciò l'assunto evidenziato dalla difesa dell'appellante secondo cui sarebbe spettato all'istante dimostrare la sussistenza di condizioni così speciali inequivocabili ed insuperabili tali da superare e porre nel nulla la programmazione del Comune. Orbene, a parte il fatto che la società appellata ha rappresentato le ragioni per cui i siti proposti erano idonei alle proprie esigenze, dirimente è il fatto che relazione tecnica prodotta dal Comune in primo grado si legge testualmente: "La Ricorrente sostiene, a pag.3 del documento in oggetto, che la struttura di sostegno degli impianti ubicati sul sito n.2 sia "molto bassa", volendo forse sottintendere che un impianto aggiuntivo sarebbe di difficile installazione, ovvero, la cui quota rispetto al terreno, sarebbe troppo modesta per un efficace funzionamento del sistema. Si osserva tuttavia che, in tali casi, si può ricorrere ad un adeguamento strutturale del sostegno, come la I. ha già provveduto a fare nel caso del sito n.4 (C. M.) laddove era già presente l'impianto di altra Compagnia, il cui sostegno era risultato inadeguato dal punto di vista strutturale. Per poter utilizzare il sostegno presente in quel sito e realizzare la coubicazione, si è provveduto ad una modifica strutturale, con rafforzamento".

Affermando che "si può ricorrere ad un adeguamento strutturale del sostegno", si riconosce implicitamente che, come evidenziato anche da I. e dal TAR Marche, le analisi svolte dal tecnico del Comune si basano anche su una modifica delle strutture in questione e non anche su una confutazione (assente) delle ragioni esposte da I. per cui i siti predefiniti dal Comune non possono considerarsi idonee.

Il Tar non si è "appiattito" su di una interpretazione estensiva del concetto di "divieto generalizzato", e non ha delegittimato le scelte del Comune.

Non può essere neanche accolta la richiesta di verificazione perché, come affermato da Cons. Stato, sez. II, 28/02/2023, n. 2104, nel processo amministrativo una eventuale richiesta di verificazione o di c.t.u. non può essere assecondata in mancanza di un qualsiasi concreto principio di prova, poiché in tal caso la verificazione o la c.t.u. finisce per avere carattere meramente esplorativo. Nella specie il Comune non ha offerto neanche un principio di prova a sostegno di quanto affermato circa l'equivalenza della diffusione del segnale nel territorio.

3.1.1 Per quel che riguarda le considerazioni svolte a proposito della volontà, perseguita dal Comune, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell'impatto elettromagnetico occorre ricordare (come ribadito da Cons. Stato, sez. VI, 13/08/2020, n.5034) che il principio di precauzione (al quale si ispira anche la disciplina della tutela dell'esposizione ai campi elettromagnetici), costituisce uno dei capisaldi della politica ambientale dell'Unione europea, ed è attualmente menzionato, ma non definito, nell'art. 191, paragrafo 2, del TFUE, insieme a quelli del 'chi inquina paga' e dell'azione preventiva. Tale principio tuttavia non conduce automaticamente a vietare ogni attività che, in via di mera ipotesi soggettiva e non suffragata da alcuna evidenza scientifica, si assuma foriera di eventuali rischi per la salute, privi di ogni riscontro oggettivo e verificabile. Il principio di precauzione richiede, piuttosto e in primo luogo, una seria e prudenziale valutazione, alla stregua dell'attuale stato delle conoscenze scientifiche disponibili, dell'attività che potrebbe ipoteticamente presentare dei rischi.

Gli studi scientifici attualmente disponibili - pur essendo astrattamente falsificabili come è normale nell'evoluzione della ricerca scientifica - non attestano l'esistenza di rischi tali da legittimare misure come quella invocata dal Comune che si traduce in un divieto generalizzato assunto in sede locale senza avere acquisito da sedi scientifiche attendibili dati sui concreti rischi legati all'uso di questa tecnologia che rendano il divieto generalizzato (sia pure temporaneo) proporzionato a fronte di altre possibili misure di minimizzazione e mitigazione dei rischi di compromissione della salute umana.

Nella specie, peraltro, le valutazioni circa le emissioni elettromagnetiche, nonché possibili rischi alla salute, sono state escluse dal parere ARPAM del 4 maggio 17 2021, il quale ha accertato che l'impianto risulta compatibile con i limiti previsti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, escludendo quindi qualsiasi rischio per la salute della popolazione.

3.1.2 Non pregnanti appaiono le considerazioni svolte dall'appellante a proposito dell'interpretazione che il primo giudice ha dato delle ordinanze del Consiglio di Stato n. 2033/2019 e n. 515/2021.

L'appellante sostiene, come si è detto, che l'argomentazione del primo giudice sarebbe " priva di fondamento poiché comunque trattasi di pronunce giurisprudenziali che dimostrano come i Giudici amministrativi si sono posti il dubbio sull'esatta interpretazione della disciplina in subjecta materia".

L'appellante non spiega, però, in che modo le citate ordinanze avvalorino la tesi sostenuta dal Comune. Si tratta, pertanto, di censure generiche (cfr. Cons. Stato, sez. II, 17/03/2022, n. 1947: l'appellante ha l'onere di specificare i motivi di appello, procedendo ad una contestazione analitica della sentenza impugnata).

3.1.3 Del pari non pregnanti appaiono le considerazioni svolte dall'appellante a proposito delle argomentazioni svolte dal primo giudice circa la rilevanza del servizio di telefonia mobile. La stessa parte appellante definisce le proprie considerazioni come "breve chiosa". Esse non contengono critiche specifiche ad argomentazioni comunque poste a base della decisione del Tar: pertanto ricadono anch'esse stesse nel vizio di genericità.

4. Per le ragioni esposte l'appello deve essere rigettato.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

In particolare resta assorbita la riproposizione operata dalla società appellata dei motivi di diritto assorbiti dalla sentenza del Tar per le Marche n. 377/2022.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il Comune di Sant'Elpidio a Mare al pagamento delle spese di giudizio in favore della società I.I. s.p.a., liquidate in complessivi euro 3.000,00(tremila\00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Giordano Lamberti, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Giovanni Pascuzzi, Consigliere, Estensore