Cassazione Penale, Sez. 4, 11 aprile 2024, n. 14892 - Caduta dal ponteggio a causa della rottura dei "traversi" che sostenevano l'intavolato: spetta al datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi di prassi di lavoro non corrette 


 


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. SERRAO Eugenia - Relatore

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere

Dott. CENCI Daniele - Consigliere

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a B il (omissis);

avverso la sentenza del 30/05/2022 della CORTE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

letta la memoria del difensore, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

 

Fatto

1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della sentenza emessa il 6/03/2014 dal Tribunale di Roma, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A.A. per essere il reato ascrittogli estinto per prescrizione, confermando le statuizioni civili con riserva della liquidazione dei maggiori danni al giudice civile.

2. A.A. era stato condannato in primo grado per il reato previsto dagli artt. 41 e 590 cod. pen. per avere cagionato al lavoratore B.B. lesioni personali per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché per violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. In particolare, il lavoratore, impegnato nel getto di una parete divisoria in cemento armato all'interno di una vasca per il deposito delle acque di rete idrica antincendio nell'ambito del più ampio lavoro di realizzazione della centrale antincendio piazzale (omissis) presso il cantiere "Le terrazze del presidente" in via (omissis), lavori eseguiti a un'altezza superiore ai 2 metri, a causa della irregolare realizzazione delle opere provvisionali, che cedevano, era precipitato al suolo. Fatto avvenuto in R. il 21 maggio 2007. Il giudice di primo grado aveva condannato l'imputato a risarcire il danno in favore della parte civile costituita Inail, liquidato in euro 58.685,42.

3. Al A.A., in qualità di legale rappresentante della MD Costruzioni Srl, incaricata dalla C.C. 2005 Srl dell'esecuzione dei lavori, si era addebitato di non aver curato che venissero predisposte opere provvisionali, impalcati, progetti, tali da evitare pericoli di caduta dall'alto in violazione degli artt. 16 e 77 sub c) d.P.R. 7 gennaio 1956, n.164 e di aver consentito che venissero realizzate opere provvisionali in difetto dei necessari requisiti di sicurezza, perché mancanti in alcuni punti di tavolato completo, di ancoraggio alla struttura e continuità tra i diversi impalcati e parapetti, in violazione degli artt. 7 e 77 sub c) d.P.R. n.164/56.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione A.A., limitatamente al punto concernente la conferma delle statuizioni civili, deducendo, con il primo motivo, difetto o mera apparenza della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di culpa in vigilando per non avere il A.A. impedito la condotta del lavoratore. Secondo il ricorrente, la motivazione in ordine alla sussistenza di culpa in vigilando è carente in quanto redatta per relationem con riferimento alla sentenza di primo grado del Tribunale di Roma nonché con generico riferimento ai principi enunciati nella sentenza della Corte Costituzionale n.182 del 7 luglio 2021. Il giudice di appello non ha in alcun modo confutato le ragioni esposte nell'atto di appello, volte a escludere la culpa in vigilando. Nell'atto di appello era stato dedotto come fosse stato provato che erano state predisposte le necessarie opere provvisionali di cantiere, indicandosi la relativa prova dichiarativa, dalla quale emergeva come fosse stato realizzato un ponteggio, corrispondente alle indicazioni fornite, all'esterno della vasca antincendio interessata dal getto di cemento armato. Risultava, inoltre, provato come nessuna lavorazione dovesse essere eseguita all'interno della vasca antincendio; il teste D.D. aveva, infatti, riferito che il lavoratore aveva improvvisamente realizzato un camminamento all'interno della vasca appoggiando alle travi poste a sostegno del cassero che avrebbe dovuto accogliere il getto di cemento una tavola di spessore inadeguato perché destinata alla realizzazione del cassero e non al calpestio. Nella stessa sentenza di primo grado era stato evidenziato come l'impalcatura posticcia fosse stata eseguita quel giorno, evidentemente per consentire l'ultima fase di lavorazione con maggiore rapidità e come lo stesso infortunato avesse dichiarato di essere stato destinato a quell'opera solo per quel giorno. Ulteriore elemento allegato dalla difesa nell'atto di appello riguardava la regolare formazione del lavoratore in materia di sicurezza, come evincibile dalla prova dichiarativa del teste E.E. e dalle stesse dichiarazioni della persona offesa, che aveva confermato di aver ricevuto tutte le indicazioni sulla sicurezza sul lavoro e di essere munito di tutte le dotazioni di sicurezza. Le risultanze istruttorie dimostravano, in altre parole, secondo il principio del "più probabile che non", che il camminamento fosse stato approntato dal lavoratore solo qualche istante prima del sinistro. L'estemporaneità della realizzazione del camminamento provvisorio era innanzitutto confermata dalle caratteristiche dello stesso, costituito da assi di legno inidonee al camminamento, posticciamente appoggiate su due piccoli traversi. Il camminamento non era realizzato per avere una funzione durevole e lo stesso lavoratore aveva precisato che le operazioni di getto del cemento erano in fase di ultimazione intorno all'ora di pranzo e che "se non si finiva di gettare non si andava a mangiare". Tale circostanza avrebbe avvalorato ulteriormente l'ipotesi che la parte offesa, per poter accelerare le operazioni di getto, abbia pensato di raggiungere più rapidamente il culmine della casseratura destinata ad accogliere il cemento utilizzando il camminamento estemporaneamente approntato con una tavola inidonea a sorreggere il suo peso. Tale condotta estemporanea non avrebbe potuto essere impedita dal datore di lavoro se non con un controllo serrato, ininterrotto e pressante del lavoratore, non imposto da alcuna disposizione normativa, tanto più che il cantiere in cui lavorava il B.B. era molto grande essendo presenti contestualmente circa cento operai. L'imputato aveva comunque preposto alla gestione del cantiere il geom. F.F., come confermato dalla stessa persona offesa.

4.1. Con il secondo motivo deduce inosservanza o erronea applicazione degli artt. 125, comma 3, 546, comma 1 lettera e), cod. proc. pen. e 111 Cost. La sentenza è viziata per l'assoluta carenza ovvero apparenza della motivazione.

4.2. Con il terzo motivo deduce inosservanza del disposto di cui agli artt. 2043 ss. cod. civ. e 41, comma due, cod. pen. in quanto, con affermazione apodittica, la sentenza ha ritenuto sussistente a suo carico la culpa in vigilando in quanto titolare della rispettiva posizione di garanzia. Con mero rinvio alla sentenza della Corte Cost. n. 182/2021 deve ritenersi che la Corte di merito abbia inteso sostenere la sussistenza dei presupposti di responsabilità da illecito aquiliano, ma tali disposizioni sono state erroneamente applicate, non avendo la sentenza considerato che dalie risultanze della espletata istruttoria dibattimentale fosse ampiamente emerso che il nesso causale tra la condotta dell'imputato e l'evento dannoso fosse stato interrotto dal comportamento abnorme, repentino e assolutamente imprevedibile del lavoratore.

5. Il difensore dell'Inail ha depositato memoria deducendo l'inammissibilità del ricorso in quanto attinente alla ricostruzione dei fatti e all'apprezzamento del materiale istruttorio. In ogni caso, lo ritiene infondato in quanto la sentenza impugnata ha confermato la motivazione resa dal primo giudice circa l'esclusione dell'abnormità della condotta del lavoratore. Ha ulteriormente concluso per il rigetto del ricorso.

6. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

7. Il difensore del ricorrente ha depositato conclusioni scritte insistendo per l'accoglimento del ricorso.

 

Diritto


1. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto inerenti a un medesimo spunto critico, inerente all'accertamento dell'elemento soggettivo del reato.

2. Va premesso che il fatto è stato così ricostruito nelle fasi di merito: B.B., assunto da pochi giorni (15) dalla soc. MD presso il cantiere delle "Terrazze del presidente", stava lavorando presso una vasca antincendio quando era caduto dal ponteggio a causa della rottura dei "traversi" che sostenevano l'intavolato ove il dipendente stava lavorando, all'interno della vasca; intorno alla vasca rettangolare era presente un'opera provvisionale esterna idonea a consentire il passaggio degli operai, regolarmente eseguita; all'interno della vasca era stato, però, realizzato anche un camminamento visibilmente instabile in quanto le assi di legno, inidonee a quel fine, come riferito da tutti i testi sia dell'accusa che della difesa, erano stati posticciamente appoggiate su due piccoli traversi che avevano ceduto; la natura transitoria del camminamento interno e l'assoluta diversità di realizzazione rispetto al camminamento esterno rendevano chiaro come l'opera fosse stata eseguita quel giorno per consentire l'ultima fase di lavorazione con maggiore rapidità.

3. Il Collegio, esaminando la sentenza impugnata nei limiti consentiti dalle critiche mosse nel ricorso, osserva che la Corte di appello ha ritenuto ultroneo reiterare le argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado e, in replica ai motivi di appello, ha escluso che la condotta della persona offesa fosse idonea a superare la "macroscopica culpa in vigilando da parte del datore di lavoro" che non ha impedito la condotta del lavoratore, pur essendo egli titolare di una posizione di garanzia. Il tema del nesso causale tra la condotta colposa del datore di lavoro e l'infortunio è stato diffusamente esaminato alle pagg. 7-9 della sentenza di primo grado. La circostanza che nel cantiere fosse presente un'opera provvisionale esterna alla vasca rettangolare, idonea a consentire il passaggio degli operai è pacifica (pag. 5 sentenza di primo grado). Il punto cruciale risulta, dunque, la presenza di un camminamento instabile realizzato all'interno della vasca nella stessa giornata dell'infortunio "per consentire l'ultima fase di lavorazione con maggiore rapidità" (pag. 6 sentenza di primo grado). Nello stesso ricorso viene riportato quanto riferito dal lavoratore che, finché non avessero finito il getto del cemento, non sarebbe iniziata la pausa pranzo, a sostegno dell'intenzione del lavoratore di accelerare tale operazione.

3.1. Sulla base di tali incontestate circostanze di fatto i giudici di merito hanno espressamente descritto come diligente, date le dimensioni del cantiere, la possibilità per il datore di lavoro di delegare le funzioni di controllo e le modalità attraverso le quali ciò debba avvenire (pag. 7 sentenza primo grado); con giudizio insindacabile in quanto adeguatamente motivato, il giudice di merito ha ritenuto che la realizzazione delle travi interne alla vasca, sebbene priva dei caratteri della stabilità, non fosse comunque destinata ad avere una funzione istantanea o estemporanea, dovendo accompagnare le ultime fasi della lavorazione in quel giorno.

3.2. A tale proposito, ne hanno desunto che il datore di lavoro avrebbe dovuto e potuto evitare la realizzazione del tavolato instabile in quanto la sua vigilanza si estende a tutte le fasi di svolgimento dell'opera. In particolare, si è sostenuto che il dibattimento non avesse dimostrato esservi stata un'efficace delega di funzioni tale da trasferire, con rilevanza giuridica, il compito di controllo ad altri. Il mero riferimento all'incarico dato dal A.A. o al cognato di "gestire" il cantiere non poteva ritenersi elemento idoneo a tal fine.

4. Con l'atto di appello non risultano essere stati introdotti argomenti ulteriori rispetto a quelli già esaminati dal giudice di primo grado e condivisi dalla Corte territoriale; sono, pertanto, manifestamente infondate tutte le doglianze volte ad affermare la mancanza di motivazione nella sentenza impugnata, nella quale si è fatta corretta applicazione della regola d'imputazione della responsabilità colposa secondo la quale compete al datore di lavoro il generale obbligo di vigilare affinché nel cantiere vengano rispettate le norme antinfortunistiche (Sez. 4, n.35858 del 14/09/2021, Tamellini, Rv. 281855 - 01), con la specificazione che, ove tale vigilanza sia resa particolarmente difficoltosa vuoi per le dimensioni del cantiere vuoi per la complessità delle lavorazioni o per altra causa, il datore di lavoro è tenuto a organizzare, attraverso un sistema di deleghe e mediante la nomina di preposti, che la vigilanza sia effettiva. È, infatti, ripetuta nella giurisprudenza di legittimità la massima secondo la quale spetta al datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Meda, Rv. 269255 -01).

5. Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle . spese in favore della parte civile Inail liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese in favore della parte civile Inail, liquidate in complessivi euro tremila, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2024.

Depositata in Cancelleria l'11 aprile 2024.