Cassazione Penale, Sez. 4, 16 aprile 2024, n. 15621 - Inidoneo sistema di accesso in quota per le operazioni di pulizia della parte superiore di una fustellatrice



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. FERRANTI Donatella - Presidente

Dott. SERRAO Eugenia - Relatore

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere

Dott. CIRESE Marina - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a R il (Omissis)

avverso la sentenza del 11/07/2023 del TRIBUNALE di VARESE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere EUGENIA SERRAO;

letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per la conversione del ricorso in appello con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Milano letta la memoria difensiva.

 

 

 

Fatto

 


1. Il Tribunale di Varese, con la sentenza indicata in epigrafe, ha assolto A.A. in relazione al reato ascrittogli con formula "non essendo punibile per la particolare tenuità del fatto".

2. A.A. era accusato del reato previsto dagli artt. 40, comma 2, e 590 cod. proc. pen. perché, con colpa specifica ai sensi dell'art. 111, comma 2, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, nella qualità di Amministratore - datore di lavoro della Pusteria 1880 Spa, aveva omesso di scegliere, per le operazioni di pulizia nella parte superiore della "fustellatrice", un sistema di accesso in quota idoneo, così non impedendo che il lavoratore B.B., utilizzando una scaletta a tre gradini non sufficiente a raggiungere la parte superiore del macchinario, salisse sulla struttura della fustellatrice per la pulizia e, nello scendere, appoggiato il piede sul primo gradino della scaletta, perdesse l'equilibrio per lo spostamento della stessa, precipitando da un'altezza di m.1,50 e subendo lesioni consistite in "frattura scomposta X,XI, XII costa dx - infrazione corticale IX costa dx, frattura composta VI costa sx", tali da determinare un periodo di inabilità assoluta al lavoro di 175 giorni. In V il (Omissis).

3. Il fatto è cosi ricostruito nella sentenza di merito: il capo reparto aveva incaricato B.B. di pulire il tetto di una fustellatrice con una pulizia più accurata dell'ordinario perché sarebbe arrivato un cliente importante; il lavoratore aveva utilizzato la scaletta in dotazione della macchina, composta da tre gradini, per salire sulla sommità; al momento di scendere, appoggiando un piede, la scaletta si era spostata e il lavoratore era caduto procurandosi le lesioni sopra indicate.

Il lavoratore aveva dichiarato che si trattava di un'operazione che aveva fatto anche in altre occasioni e che quella modalità di accesso al tetto del macchinario era utilizzata da coloro che ne facevano la manutenzione; la sommità della macchina era di 2 metri mentre il gradino più alto della scaletta era di cm. 70; il lavoratore aveva precisato che, per salire sulla sommità, bisognava prima mettere un piede su un appoggio presente sul macchinario.

4. Il giudice ha escluso che il comportamento del lavoratore fosse abnorme, posto che non risultava avesse ricevuto indicazioni precise su come avrebbe dovuto operare, né erano state formalizzate dall'azienda particolari procedure, come precisato dal teste D.D., appartenente all'ATS Insubria, e come desumibile implicitamente dall'esame di tutti i testi. Ha, quindi, ritenuto evidente la violazione dell'art. 111, comma 2, D.Lgs. n.81/2008 in relazione al terzo comma dell'art. 113 del medesimo testo normativo perché la scala utilizzata dal lavoratore, non avendo alcun tipo di ancoraggio, presentava il rischio di sbandamento.

5. A.A. ricorre per cassazione censurando la sentenza, con unico, articolato motivo, per violazione dell'art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale nonché mancanza o illogicità della motivazione. La difesa sostiene che il teste D.D., all'udienza del 7 dicembre 2022, ha dichiarato che la sommità del macchinario sul lato anteriore dove opera il lavoratore è di cm.180; la violazione ritenuta sussistente nella sentenza riguarda gli obblighi del datore di lavoro per lavori in quota, intendendosi per tali ai sensi dell'art. 107 del medesimo decreto, le attività che espongono i lavoratori a rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri rispetto a un piano stabile. La difesa contesta l'assunto secondo il quale non sia configurabile alcun comportamento abnorme del lavoratore e tuttavia il giudice ha ritenuto sussumibile il fatto nella previsione dell'art. 131 bis cod. pen. anche alla luce della episodicità del fatto in rapporto alle rilevanti dimensioni dell'impresa. Tale passaggio, si assume, evidenzia un profilo di illogicità della motivazione. Considerato che l'episodio è stato unico in relazione a un'impresa di rilevanti dimensioni, è del tutto evidente come quel tipo di operazione fosse stata posta in essere in numerose altre occasioni a opera di più lavoratori che, evidentemente, avevano operato dietro precise indicazioni del datore di lavoro e nel rispetto delle procedure aziendali. Se ne sarebbe dovuta trarre la conseguenze logica che il lavoratore non avrebbe avuto la necessità dì salire sulla sommità del macchinario, così essendo dimostrato che il comportamento del lavoratore medesimo sia stato eccentrico o abnorme. Il teste C.C., all'udienza del 7 dicembre 2022, ha precisato che con la scala in dotazione al lavoratore si sarebbe potuto pulire il tetto senza salirci, così come anche il teste A.A.

La documentazione in atti, che il tribunale ha omesso di considerare, dimostra che il lavoratore infortunato avesse partecipato a un corso di formazione avente a oggetto, tra l'altro, il corretto uso di scale portatili e le norme generali nell'uso di macchine e impianti e che, a pag. 5 del DVR, era puntualmente contemplato il rischio di caduta a terra per le attività occasionali svolte con l'uso di scale portatili. La fustellatrice oggetto di infortunio era un macchinario certificato e conforme alla normativa, con dotazioni proprie (tra cui la scaletta con tre gradini) per l'utilizzo caratteristico del medesimo; il lavoratore era formato e informato sui rischi di utilizzo del macchinario e dotato di DPI nello svolgimento delle sue mansioni, avendo egli partecipato a un corso di formazione e informazione avente a oggetto "norme generali di sicurezza sull'uso di macchine e impianti" e il corretto uso di scale portatili; il lavoratore era stato incaricato dal proprio capo reparto di pulire la fustellatrice dalla polvere anche nella parte superiore ma senza salirci e tale operazione avrebbe potuto essere svolta con l'uso della scaletta in dotazione al macchinario. Il capo reparto, all'udienza del 7 dicembre 2022, aveva specificato che per operazioni eccezionali sono presenti scale all'interno dell'azienda e vi è una procedura per utilizzarle, essendo messe sotto chiave; se uno ha bisogno di andare oltre tot metri deve fare richiesta e concordare il lavoro con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, mentre con specifico riferimento all'operazione che il lavoratore avrebbe dovuto compiere il teste aveva riferito che, salendo sul treppiedi, era possibile pulire la macchina. Tale testimonianza era confortata dalla produzione fotografica. Secondo la difesa, l'esito dell'istruttoria aveva dimostrato come l'infortunio fosse conseguenza di una scelta autonoma ed eccentrica del lavoratore di arrampicarsi sul tetto della fustellatrice, condotta non contemplata né tollerata in azienda, non costituendo certamente prassi aziendale ed essendo, in ogni caso, presente all'interno dello stabilimento idoneo sistema di accesso ai posti di lavoro e alle aree in quota. I parapetti fatti posizionare sulla fustellatrice dopo l'infortunio costituivano un adattamento strutturale del macchinario, non previsto né prevedibile in termini di cautele antinfortunistiche in quanto non era previsto l'utilizzo improprio della fustellatrice con arrampicamento sul tetto del macchinario per pulire la polvere, trattandosi di adattamento preteso dall'ATS. Le prescrizioni impartite, alle quali l'azienda si era adeguata obtorto collo, avevano colto di sorpresa anche il costruttore del macchinario, di nazionalità elvetica, trattandosi di adeguamento estraneo all'assetto e alla conformazione del macchinario. Il datore di lavoro, si assume, aveva effettuato una valutazione preventiva del rischio e fornito o messo a disposizione tutti i mezzi idonei alla prevenzione, per cui il giudice del tribunale avrebbe dovuto considerare condotta abnorme quella del lavoratore mandando il datore di lavoro esente da responsabilità per interruzione del nesso causale tra il comportamento contestato e l'evento occorso al dipendente.

6. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per la conversione del ricorso in appello, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Milano.

7. Il difensore ha depositato conclusioni scritte insistendo per l'accoglimento del ricorso o, in subordine, per l'accoglimento delle conclusioni del Procuratore generale.

 

Diritto


1. Il Collegio ritiene che il ricorso ordinario, proposto anche per vizio di motivazione, sia l'unico mezzo d'impugnazione a disposizione dell'imputato in quanto la sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen. è, nel caso in esame, inappellabile. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 590, comma 3, e 583, comma 1 n. 1, cod. pen., se la lesione colposa grave è commessa con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, la pena è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da Euro 500 a euro 2.000. E, in base al disposto dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., sono inappellabili le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa.

2. I motivi di ricorso possono essere, dunque, esaminati sia con riferimento al dedotto vizio di violazione di legge sia con riguardo al dedotto vizio di motivazione (Sez. 2, n. 36119 del 04/07/2017, Agati, Rv. 270801 - 01, in cui è affermato il principio secondo il quale "Nell'ipotesi di sentenza inappellabile, sussiste il vizio di mancanza di motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento dell'affermazione di responsabilità dell'imputato siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate in sede di discussione, e dotate del requisito della decisività").

3. Con riguardo al vizio di violazione di legge, occorre evidenziare che il giudice ha preliminarmente ritenuto provato oltre ogni ragionevole dubbio il fatto addebitato al datore di lavoro, segnatamente l'aver omesso di scegliere un idoneo sistema di accesso in quota per le operazioni di pulizia della parte superiore di una fustellatrice.

3.1 Osserva il difensore che, nel caso in esame, la regola antinfortunistica che si assume violata non sarebbe applicabile in quanto il lavoratore non era stato chiamato a eseguire un lavoro in quota secondo la definizione dettata dall'art. 107 D.Lgs. n. 81/2008, che definisce lavoro in quota ('"attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri rispetto ad un piano stabile". Allega, a tal fine, quanto dichiarato dal teste D.D. all'udienza del 7 dicembre 2022, trascurando tuttavia di riportare l'intero passo della deposizione, dalla quale correttamente il giudice ha desunto la prova che il macchinario sulla cui copertura il lavoratore era salito fosse alto, sulla sommità, due metri.

3.2. Tanto premesso, il Collegio ritiene che il giudice di merito abbia fatto corretta applicazione della regola cautelare desumibile dal combinato disposto degli artt. 111, comma 2 (Il datore di lavoro sceglie il tipo più idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego), e 113, comma 3 (Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e devono avere dimensioni appropriate al loro uso), D.Lgs. n. 81/2008 giacché la scala utilizzata dal B.B., che era proprio quella in dotazione alla fustellatrice, presentava rischio di sbandamento, non avendo alcun tipo di ancoraggio.

3.3. Il motivo di censura è inammissibile in quanto non attinge il cuore dell'argomento sviluppato nella sentenza, che non attiene all'utilizzo della fustellatrice né ai dispositivi antinfortunistici a tale utilizzo funzionali quanto piuttosto alla elaborazione di un idoneo sistema di accesso al macchinario per eseguire le operazioni di pulizia. Il ricorso, in sostanza, non si confronta adeguatamente con il passaggio motivazionale in cui il giudice di merito ha ritenuto provato che il lavoratore non avesse ricevuto indicazioni precise su come avrebbe dovuto operare, limitandosi ad allegare che l'operazione di pulizia avrebbe potuto essere svolta con il mero uso della scaletta in dotazione, senza salire sulla sommità del macchinario, ossia un argomento che conferma l'assenza di indicazioni precise in tal senso.

3.4. La difesa, a tale proposito, allega che il lavoratore era stato formato all'uso corretto di scale portatili, aveva ricevuto informazioni sui rischi di utilizzo della fustellatrice, era dotato di DPI, ossia elementi di valutazione estranei all'omissione contestata.

3.5. La dotazione della scaletta treppiedi alta cm. 70 come accessorio fornito dalla casa costruttrice, per altro verso, ritenuta non illogicamente priva di stabilità in rapporto all'operazione di pulizia della fustellatrice, non esonerava il datore di lavoro dall'obbligo di eliminare le fonti di pericolo per i lavoratori dipendenti che avrebbero dovuto pulire la sommità del macchinario (Sez. 4, n. 41147 del 27/10/2021, Favaretto, Rv. 282065 - 01).

4. Giova, inoltre, rammentare che il datore di lavoro ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 D.Lgs. n.81/2008, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261109; Sez. 4, n. 20129 del 10/03/2016, Serafica, Rv. 267253). A norma dell'art. 28, comma 2, lett. a) e b) D.Lgs. n.81/2008, il contenuto qualificante e minimo del DVR deve quantomeno contemplare "una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa"; i criteri di semplicità, brevità e comprensibilità che la disposizione richiama non possono andare a discapito della completezza e dell'idoneità quale strumento operativo dì pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione e di "indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati". Ogni rischio, in quanto in ipotesi riconducibile a varie operazioni demandate ai lavoratori, non può considerarsi adeguatamente valutato sol perché di esso si faccia menzione nel DVR, in quanto l'identificazione delle misure adeguate e delle procedure da seguire idonee a prevenire ogni rischio dipende dal contesto in cui il lavoratore si collochi e dalle mansioni di volta in volta espletate. Si è, infatti, affermato che la redazione del documento di valutazione dei rischi, anche nei casi nei quali sia stata effettuata, esige poi l'adozione delle relative misure di prevenzione e, in ogni caso, non esclude la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione (Sez. 4, n. 43350 del 05/10/2021, Mara, Rv. 282241 - 01). Anche per tale profilo, la doglianza del ricorrente, che si limita ad allegare la previsione del rischio di caduta a terra per le attività occasionali svolte con l'uso di scale portatili, risulta infondata.

5. Accertata la sussistenza dell'omissione contestata al datore di lavoro, legittimamente il giudice di merito ha escluso che la condotta del lavoratore potesse qualificarsi come abnorme nell'accezione che a tale aggettivo è attribuita dalla giurisprudenza, sul mero presupposto che essa fosse imprevedibile (Sez. 4, n.7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237 - 01, in cui si è precisato che "perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e "l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia").

6. La censura secondo la quale la motivazione sarebbe illogica è manifestamente infondata. Secondo la difesa, l'episodicità del fatto in rapporto alle rilevanti dimensioni dell'impresa avrebbe dovuto indurre il ragionamento del giudice alla logica conseguenza che quell'operazione fosse stata posta in essere in numerose altre occasioni e ad opera di più lavoratori, che avevano agito dietro precise indicazioni del datore di lavoro e nel rispetto delle procedure aziendali, non essendo necessario salire sulla sommità del macchinario per pulirlo.

6.1. Tale sviluppo argomentativo, per quanto plausibile, non rappresenta altro che una diversa valutazione del medesimo fatto, in senso più favorevole all'imputato. Ma in fase di legittimità non sono ammissibili le sollecitazioni a una rilettura delle emergenze istruttorie. La manifesta illogicità della motivazione, per altro verso, è un vizio che deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 22607401; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 21479401). Il ragionamento svolto nella sentenza impugnata, in base al quale si è ritenuto che la colpa del datore di lavoro, per quanto sussistente, fosse di minimo grado in ragione delle dimensioni dell'impresa a fronte dell'episodicità del fatto, risulta tutt'altro che manifestamente illogico.

6.2. E' anzi, pienamente in linea con la norma risultante dal combinato disposto degli artt. 131 bis e 133, comma 1 n.3, cod. pen., che consente al giudice di valorizzare il grado della colpa al fine di ritenere il fatto di particolare tenuità.

7. Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n, 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

In caso di diffusione del presente provvedimento dovranno omettersi le generalità e gli altri dati identificativi della persona offesa ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

Così deciso il 5 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2024.