Cassazione Penale, Sez. 4, 24 aprile 2024, n. 17106 - Crollo durante i lavori di demolizione eseguiti senza la previa verifica della stabilità del manufatto


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. MARI Attilio - Consigliere

Dott. CIRESE Marina - Consigliere

Dott. SESSA Gennaro - Relatore

ha pronunziato la seguente

SENTENZA



sui ricorsi proposti da

A.A., nato a C il (Omissis),

B.B., nato a S il (Omissis),

C.C., nato a P il (Omissis),

D.D., nato a P il (Omissis),

avverso la sentenza in data 05/07/2023 della Corte di appello di Caltanissetta;

letti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Francesca Ceroni, che ha chiesto che sia dichiarata l'inammissibilità dei ricorsi;

sentito il difensore della costituita parte civile comune di S, avv.to Antonio Onofrio Campione, che ha chiesto che sia dichiarata l'inammissibilità dei ricorsi o, in subordine, che gli stessi siano rigettati;

sentiti i difensori degli imputati, avv.ti Giuseppe Dacquì, Tommaso Tamburino, Maria Donata Licata e Giampaolo Filiani, che, in accoglimento dei ricorsi rispettivamente proposti, hanno chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
 

Fatto


1. Con sentenza in data 05/07/2023, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza con la quale, il precedente 19/03/2021, il Tribunale di Caltanissetta aveva affermato la penale responsabilità di A.A., di B.B., di C.C. e di D.D. in ordine al delitto di disastro colposo e, per l'effetto, li aveva condannati alle pene ritenute di giustizia.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori degli imputati, avv.to Giuseppe Dacquì (per A.A.e B.B.), avv.to Tommaso Tamburino (per C.C.) e avv.ti Maria Donata Licata e Giampaolo Filiani (per D.D.), che hanno articolato, nell'interesse dei rispettivi assistiti, i motivi di doglianza, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo del ricorso presentato nell'interesse di A.A. e di B.B. il difensore dei predetti lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), violazione di legge in relazione a quanto previsto dall'art. 40 cod. pen., inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui all'art. 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà, manifesta illogicità e travisamento della prova.

Rileva in proposito, che nella decisione della Corte di appello l'affermata colpevolezza degli imputati sarebbe stata illegittimamente ed irragionevolmente fondata sulla mancata adozione delle cautele che, in fase di demolizione, si sarebbero rese necessarie onde evitare il crollo della costruzione, non tenendo conto tale asserto dell'esistenza di un pregresso, rilevante vizio progettuale consistente nell'omessa indicazione del mancato "ammorsamento" al muro di testa di quello portante, che ebbe poi a cedere, dopo l'avvenuta integrale demolizione del solaio del piano seminterrato, in ragione dei carichi verticali su di esso gravanti.

Aggiunge, inoltre, che, a fronte dell'anzidetto vizio strutturale occulto, la mancata predisposizione di un piano delle demolizioni, l'omessa effettuazione di verifiche sul muro, poi crollato, funzionali a saggiarne la consistenza e la mancata installazione di strutture esterne di sostegno sono circostanze inidonee -a dispetto di quanto affermato nella decisione impugnata - a far ritenere la condotta tenuta dai predetti connotata da profili di colpa, non essendo l'evento poi verificatosi in alcun modo prevedibile e perciò prevenibile.

2.2. Con il secondo motivo di tale ricorso il difensore si duole, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., di violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 40 e ss. cod. pen., 150 e 151 D.Lgs. n. 81 del 2008 e di vizio di motivazione per contraddittorietà e illogicità.

Sostiene, in specie, che con la decisione della Corte territoriale sarebbe stata illegittimamente e contraddittoriamente affermata la penale responsabilità del direttore dei lavori e del coordinatore per la sicurezza in ordine al delitto in contestazione, posto che, per un verso, si sarebbe collegato il verificarsi dell'evento ad un'azione improvvida dei responsabili dell'impresa esecutrice delle opere, eseguita in un giorno in cui gli imputati non erano presenti sul cantiere e, per altro verso, si sarebbe mosso a questi ultimi il rimprovero di non aver vigilato, nelle rispettive qualità, su un'azione già in precedenza avviata, ancorché difettassero, nello specifico, segnali percepibili, indicativi di pericoli gravi e imminenti.

2.3. Con il terzo motivo lo stesso difensore lamenta infine, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione per contraddittorietà ed illogicità in punto di denegata concessione delle attenuanti generiche e di mancata riduzione della pena.

Assume in proposito che nella decisione impugnata non sarebbe stata adeguatamente argomentata la mancata concessione dell'indicata diminuente, non potendo questa essere collegata alla sola congruità della pena inflitta e risultando obliterata la valutazione degli elementi a favore prospettati, al riguardo, dalla difesa.

2.4. Con il primo motivo del ricorso presentato nell'interesse di C.C. il suo difensore si duole, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., di violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 40, 41 e 43 cod. pen., di inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui all'art. 192 cod. proc. pen. e di vizio di motivazione per travisamento della prova con riguardo alle dichiarazioni del perito, ing. E.E..

Sostiene che la decisione della Corte territoriale risulterebbe erroneamente fondata sugli esiti della perizia svolta, in sede di rinnovazione istruttoria in grado d'appello, dal menzionato professionista, atteso che costui, nel corso del successivo esame, avrebbe smentito, di fatto, le conclusioni rassegnate nel proprio elaborato peritale.

Osserva, in particolare, che la sentenza impugnata si fonderebbe su un evidente travisamento dell'anzidetta prova dichiarativa laddove, recependo le non coincidenti conclusioni cui era pervenuto il professionista nel proprio scritto, ha affermato che: a) il collasso causativo del crollo era avvenuto per il ribaltamento della muratura portante esterna, dovuto, in parte, alle vibrazioni, pur modeste, indotte dalle operazioni di scavo eseguite nell'intorno della fondazione e, in parte, alla completa assenza di vincoli della muratura crollata, per la già avvenuta demolizione dei solai, la mancanza di connessione strutturale con la parete laterale di testata e l'eseguita riduzione della sua sezione a seguito della creazione di cordoli; b) le cautele che avrebbero potuto evitare il verificarsi dell'evento andavano individuate nella demolizione parziale, o a tratti, del solaio, con immediata ricostruzione delle parti demolite - come, peraltro, previsto in progetto - e nella predisposizione di appositi sistemi di ritegno della muratura crollata, quali puntellazioni diagonali esterne.

Ciò perché il perito, nel corso della successiva deposizione, avrebbe corretto il tiro, asserendo, in specie, che nel progetto non era prescritta, come modalità operativa, la demolizione parziale, o a tratti, del solaio, facendosi menzione di essa, con riguardo alle murature in breccia, soltanto nel computo metrico estimativo.

2.5. Con il secondo motivo del ricorso in questione il difensore lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione per contraddittorietà e per travisamento della prova in punto di affermata consapevolezza, da parte del responsabile di cantiere nominato dal titolare dell'impresa esecutrice dei lavori, dell'esistenza di un difetto strutturale dell'edificio crollato.

Sostiene, in specie, che nella decisione della Corte territoriale, a fronte del dato certo costituito dalla mancata rappresentazione nei grafici di progetto dell'insussistenza dell'"ammorsamento" del muro di testata, si sarebbe arbitrariamente affermato, in base al rilievo che ciò non costituirebbe fattore eccezionale negli edifici di vecchia costruzione, che tale vizio strutturale fosse prevedibile per i responsabili dell'impresa esecutrice dei lavori, così travisando quanto dichiarato dal perito con riguardo al caso concreto e costituisse, nello specifico, un dato di conoscenza acquisito dall'impresa stessa, inferendo la circostanza, con ulteriore travisamento delle prove, dal giornale di cantiere del 03/12/2010, dalle foto nn. 1, 2 e 3 della consulenza dell'ing. F.F., dalla foto n. 2 dell'allegato 3 della perizia svolta nel giudizio di primo grado dall'ing. G.G., dalla foto n. 2 effettuata dai Carabinieri di S in data 12/01/2011 e dalla foto riportata a pag. 21 della perizia del menzionato ing. G.G..

2.6. Con il terzo motivo il medesimo difensore si duole, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., di vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità in punto di denegata concessione delle attenuanti generiche e di denegata riduzione della pena.

Rileva in proposito che nella decisione oggetto d'impugnativa le anzidette statuizioni risulterebbero irragionevolmente fondate sull'asserita prevedibilità dell'evento verificatosi e sull'irrilevanza della condizione di incensuratezza dell'imputato e del corretto comportamento processuale dallo stesso tenuto.

2.7. Con il primo motivo del ricorso presentato nell'interesse di D.D. i suoi difensori lamentano, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 40, 41 e 43 cod. pen., inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui all'art. 192 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione per contraddittorietà e travisamento della prova in punto di ritenuta sussistenza del nesso di causalità tra la condotta tenuta dall'imputato e l'evento, della concreta prevedibilità di quest'ultimo e di profili di colpa nella condotta dell'agente.

Osservano in proposito che la decisione della Corte territoriale soffrirebbe di un'evidente forzatura interpretativa, posto che riporterebbe, nell'impianto argomentativo, ampi stralci della relazione peritale a firma dell'ing. E.E., ma giungerebbe poi, in via autonoma e senza indicare la legge di copertura scientifica, alle conclusioni fondanti la condanna, non avendo il perito giammai affermato che le cautele che avrebbero evitato il verificarsi dell'evento costituissero la condotta alternativa lecita, esigibile dall'imputato.

Aggiungono, inoltre, che nell'anzidetta decisione risulterebbe omessa la valutazione delle dichiarazioni rese dal perito nel corso dell'escussione avvenuta all'udienza del 19/10/2022, ossia prima dell'acquisizione, ai sensi dell'art. 511 cod. proc. pen., dell'elaborato a sua firma, avendo il predetto riferito, nell'occasione, che: a) il fattore genetico della serie causale che condusse al crollo andava individuato nella valutazione effettuata, nella propria Relazione Tecnica sulla statica, dall'ing. H.H., che sostenne che l'edificio presentava caratteristiche tali da poter essere dichiarato staticamente idoneo, in ragione di un supposto collegamento fra muri valevole a garantire l'effetto "scatolare" della struttura; b) non esisteva alcuna prescrizione di eseguire la demolizione del solaio "a tratti", rinvenendosi una prescrizione in tal senso, riguardante, peraltro, la demolizione delle murature in breccia preliminare alla formazione dei cordoli lungo la facciata interna dei muri perimetrali, solo nel computo metrico estimativo; c) non avrebbero potuto materialmente installarsi, all'interno del corpo di fabbrica, puntelli a sostegno del muro perimetrale crollato, né era stata prevista la predisposizione di detti puntelli all'esterno; d) l'edificio in cui ebbe a verificarsi il crollo era in una situazione di "equilibrio instabile" per cause pregresse, non ascrivibili all'operato dell'impresa esecutrice dei lavori; e) il predetto edificio presentava un grave vizio strutturale, non rilevato nella menzionata Relazione Tecnica sulla statica e di cui non era, pertanto, a conoscenza il titolare dell'impresa esecutrice dei lavori, sicché l'evento concretamente verificatosi non avrebbe potuto ritenersi dallo stesso prevedibile.

2.8. Con il secondo motivo del ricorso de quo i difensori si dolgono, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., di vizio di motivazione per contraddittorietà e travisamento della prova in punto di ritenuta consapevolezza, da parte dell'imputato, dell'esistenza di una criticità strutturale dell'edificio, desunta, in tesi, dall'erronea ricostruzione del giornale di cantiere, dall'inesatta interpretazione di taluni rilievi fotografici allegati alle plurime perizie, dall'omessa valutazione dei contributi provenienti da tutti i periti e dall'utilizzazione di un'informazione (la visibilità del vizio strutturale) non acquisita al processo.

Sostengono al riguardo che nella decisione della Corte di appello, dopo essersi affermato, utilizzando all'uopo un "dictum" del perito, che il mancato "ammorsamento" dei muri perimetrali negli edifici in muratura di vecchia realizzazione non è un fatto eccezionale e, dunque, imprevedibile, si sarebbe altresì irragionevolmente sostenuto, per negare il legittimo affidamento dell'imputato negli esiti delle attività di verifica effettuate in fase progettuale, che il mancato "ammorsamento" del muro di spina era, per lo stesso, un dato di conoscenza acquisito, deponendo in tal senso le risultanze del giornale di cantiere del 03/12/2010 e le immagini effigiate nelle foto nn. 1, 2 e 3 della consulenza a firma dell'ing. F.F., sebbene da altre foto emergesse che le contropareti e l'intonaco del muro di testata fossero ancora in opera nella parte sovrabasamentale e nonostante nessun teste, consulente tecnico o perito avesse mai riferito di tale circostanza.

2.9. Con il terzo motivo di ricorso gli stessi difensori lamentano, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio di motivazione per contraddittorietà in punto di ritenuta inidoneità delle deleghe di funzioni rilasciate dall'imputato ai coimputati C.C. e I.I.

Assumono in specie che nella decisione della Corte territoriale l'affermata inidoneità delle deleghe sarebbe stata irragionevolmente motivata col rilievo che esse erano prive di data certa e risultavano formulate con terminologia equivoca, posto che il coimputato C.C. era stato designato responsabile tecnico dei lavori, figura di riferimento del committente e non dell'impresa appaltatrice, e che l'imputato delegante, senza tener conto del contenuto delle deleghe e contrariamente a quanto riferito da molteplici testimoni, aveva conservato la qualifica di direttore tecnico.

2.10. Con il quarto e ultimo motivo di ricorso i difensori si dolgono infine, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., di vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità in punto di denegata concessione delle attenuanti generiche e di concreto esercizio del potere dosimetrico.

Rilevano al riguardo che la Corte di appello avrebbe illogicamente fondato le indicate statuizioni sull'asserita conoscenza, da parte dell'imputato, del vizio strutturale del corpo di fabbrica poi crollato e, quindi, sull'indimostrata prevedibilità dell'evento occorso e sulla ritenuta irrilevanza dell'avvenuto pagamento della provvisionale da parte del predetto.

 

Diritto

 

1. I ricorsi presentati nell'interesse di A.A., di B.B., di C.C. e di D.D. sono infondati per le ragioni che, di seguito, si espongono.

2. Ragioni di ordine sistematico consigliano di principiare lo scrutinio delle molteplici impugnazioni dal ricorso presentato nell'interesse di D.D., titolare dell'impresa esecutrice dei lavori presso l'edificio scolastico crollato.

Infondato appare il primo motivo di tale ricorso, con cui i difensori lamentano violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 40, 41 e 43 cod. pen., inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui all'art. 192 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione per contraddittorietà e travisamento della prova in punto di ritenuta sussistenza del nesso di causalità tra condotta ed evento, della concreta prevedibilità di quest'ultimo e di profili di colpa nella condotta dell'agente, sostenendo, per un verso, che la decisione della Corte di appello presenterebbe una chiara forzatura interpretativa, in quanto recepirebbe, in motivazione, ampie parti della relazione peritale dell'ing. E.E., ma giungerebbe poi, in via autonoma e senza indicare la legge di copertura scientifica, alle conclusioni fondanti la condanna e, per altro verso, soffrirebbe dell'omessa valutazione delle dichiarazioni rese dal medesimo perito nel corso dell'escussione avvenuta antecedentemente all'acquisizione dell'elaborato a sua firma.

Rileva, in proposito, il Collegio che la Corte territoriale, per giungere all'affermazione di responsabilità dell'imputato, ne ha valutato, in primis, accuratamente la condotta, pervenendo alla conclusione, anche con l'ausilio degli spunti offerti dal perito, che questa fosse caratterizzata da negligenza, da imprudenza, da imperizia e dalla violazione di specifiche norme cautelari previste dalla normativa antinfortunistica.

Nello specifico, i giudici di appello hanno evidenziato che le previsioni di cui agli artt. 150 e 151 D.Lgs. n. 81 del 2008 imponevano all'esecutore dei lavori l'obbligo di previa verifica della stabilità delle strutture da demolire, l'obbligo di realizzazione di opere di puntellamento e l'obbligo di procedere con cautela, sì da non pregiudicare, in corso d'opera, la stabilità del corpo di fabbrica, in conformità al programma di demolizione stabilito nel POS e nell'osservanza dei dettami contenuti nel PSC, ove era prescritto, in specie, di verificare previamente lo stato di conservazione e la stabilità delle opere da demolire ed era imposta la predisposizione e la sottoscrizione di un programma di demolizione indicativo della progressione dei lavori.

La Corte territoriale ha, purtuttavia, evidenziato che le risultanze processuali, e in specie gli esiti della perizia, avevano disvelato che l'attività di demolizione era stata eseguita dall'impresa esecutrice dei lavori senza la previa verifica della stabilità del manufatto, senza la previa predisposizione di un adeguato programma delle demolizioni, risultando quello contemplato nel POS non conforme alle prescrizioni del PSC, con modalità massiva e non a tratti, con la rimozione per sfilamento dei travetti in ferro inseriti nella muratura di collegamento dei solai, piuttosto che col taglio degli stessi e mediante l'impiego di mezzi meccanici, in spregio dello specifico divieto contenuto nel POS.

La Corte di appello ha, poi, affermato, così riconoscendo la sussistenza del nesso causale tra condotta ed evento, che l'eseguita rimozione dei solai dei piani inferiori con modalità massiva aveva costituito, in uno alle equivalenti concause concorrenti rappresentate dal mancato "ammorsamento" al muro di testata di quello di spina e di quelli perimetrali e dallo "scasso" funzionale alla realizzazione dei cordoli perimetrali dei nuovi solai, il fattore che aveva determinato il crollo, precisando che avevano funto verosimilmente da innesco le indagini eseguite al piano di fondazione e le vibrazioni indotte dall'inappropriato utilizzo "in loco" di mezzi meccanici (in particolare di un bobcat).

I giudici del merito hanno sostenuto ancora, scrutinando in tal modo, come era doveroso fare, il profilo della colpevolezza, che l'adozione di tali modalità operative rendeva prevedibile, per l'agente "eiusdem professionis et condicionis", il verificarsi dell'evento poi concretamente occorso, in quanto la previa verifica della stabilità del corpo di fabbrica gravava sul titolare dell'impresa esecutrice dei lavori giusta il disposto degli artt. 150 e 151 D.Lgs. n. 81 del 2008 e, nello specifico, costituiva circostanza nota al predetto il mancato "ammorsamento" al muro di testata di quelli longitudinali, deponendo in tal senso sia l'avvenuta annotazione nel giornale di cantiere, alla data del 03/12/2010, dell'effettuanda demolizione dei tramezzi e delle contropareti al piano seminterrato, sia l'intervenuta esecuzione di tali opere, come desumibile dai rilievi fotografici eseguiti, in occasione del proprio accesso ai luoghi, dal consulente tecnico del pubblico ministero, ing. F.F..

Da ultimo, la Corte di appello ha correttamente affermato che il prevedibile verificarsi dell'evento avrebbe potuto essere evitato dall'imputato il cui ricorso forma oggetto di scrutinio mediante l'adozione di una condotta alternativa lecita, di certo esigibile da un soggetto dotato della sua esperienza professionale, condotta che, nello specifico, si sarebbe dovuta sostanziare nell'esecuzione a tratti e con strumenti d'uso manuale, piuttosto che con modalità massiva, delle opere di rimozione dei solai dei piani inferiori del corpo di fabbrica.

Alla luce di quanto posto in rilievo, può ragionevolmente concludersi che la Corte di appello abbia argomentato l'affermata responsabilità del D.D. in ordine al delitto ascrittogli in maniera lineare, coerente e tutt'altro che contraddittoria, individuandone la condotta negligente, imprudente ed imperita, oltre che inosservante della specifica normativa antinfortunistica, indicando l'efficacia causale della stessa rispetto all'evento in concreto verificatosi, illustrando i profili di colpa correlati alla prevedibilità ed evitabilità dell'occorso e descrivendo la condotta alternativa lecita, giudicata idonea ad impedire l'evento.

Con precipuo riguardo alla prevedibilità dell'evento, è d'uopo rimarcare che la decisione impugnata risulta in linea con l'elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte, essendosi da tempo chiarito che "In tema di reati colposi, la verifica in ordine alla "prevedibilità" dell'evento impone il vaglio delle possibili conseguenze di una determinata condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto "modello d'agente" ossia il modello dell'uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa l'assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l'operatore concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta..." (così: Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne e altro, Rv. 259230-01).

Nell'elaborazione del delineato percorso argomentativo, i giudici del merito, in maniera del tutto rituale, hanno fatto costantemente riferimento alle conclusioni rassegnate dal perito nella relazione a sua firma, giungendo poi, in via autonoma, come era doveroso fare, ad enucleare il comportamento che, se tenuto dall'agente, avrebbe, con ogni probabilità, impedito il verificarsi del crollo (cd. condotta alternativa lecita).

Né può ritenersi, come pure sostenuto dal ricorrente, che l'apparato motivazionale della decisione impugnata sia viziato da travisamento della prova per omissione, in ragione della mancata valutazione di talune delle dichiarazioni rese dal perito durante l'audizione che precedette l'acquisizione dell'elaborato a sua firma.

Ciò perché tali dichiarazioni, di natura esplicativa, in quanto volte a favorire la comprensione di un elaborato caratterizzato da particolare tecnicismo, non contengono smentita alcuna delle conclusioni cui era pervenuto il professionista nella perizia a sua firma, ma si risolvono, di fatto, in chiarimenti afferenti a temi di non primaria rilevanza, che solo nella non condivisibile prospettazione di parte ricorrente assurgono al rango di elementi distonici rispetto al complessivo impianto giustificativo a fondamento di dette conclusioni.

Per altro verso, ritiene la Corte che la decisione scrutinata abbia fatto buon governo delle disposizioni di natura sostanziale, previste dagli artt. 40, 41 e 43 cod. pen., di cui il ricorrente ha ipotizzato la violazione, conformandosi, peraltro, all'ermeneusi che di esse è stata costantemente offerta dalla giurisprudenza di legittimità.

Nel contempo, appare insussistente anche la denunziata inosservanza della norma processuale di cui all'art. 192 cod. proc. pen., risultando la doglianza connotata, in parte qua, da un'assoluta genericità e riposando, in ogni caso, l'affermata responsabilità dell'imputato su un compendio probatorio ampio e convergente, di cui è incontroversa la piena utilizzabilità.

3. Privo di pregio è anche il secondo motivo del ricorso in oggetto, con cui ci si duole di vizio di motivazione per contraddittorietà e travisamento della prova in punto di ritenuta consapevolezza, da parte del D.D., dell'esistenza di una criticità strutturale dell'edificio, sostenendo che nella decisione della Corte di appello, dopo essersi affermato, per effetto della valorizzazione di un'isolata affermazione del perito, che il mancato "ammorsamento" dei muri perimetrali in manufatti di vecchia costruzione non è fattore eccezionale e, quindi, imprevedibile, si sarebbe irragionevolmente sostenuto, per escludere la sussistenza di un legittimo affidamento del predetto nelle risultanze delle verifiche eseguite in fase di progetto, che il mancato "ammorsamento" del muro di spina era un dato di conoscenza acquisito, atteso che deponevano in tal senso quanto riportato nel giornale di cantiere in data 03/12/2010 e le immagini effigiate nelle foto nn. 1, 2 e 3 della consulenza a firma dell'ing. F.F., pur se la circostanza non era stata riferita da alcun teste, consulente tecnico o perito e nonostante che da altre foto emergesse che le contropareti e l'intonaco del muro di testata erano ancora in opera nella parte sovrabasamentale.

Rileva al riguardo il Collegio che, al netto dell'ipotizzata contraddittorietà della motivazione, censura, invero, solo dedotta dal ricorrente, ma dal predetto non argomentata in alcun modo, il vizio di travisamento della prova ricorre, secondo quanto da tempo chiarito dalla Suprema Corte, nel solo caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su elementi di prova inesistenti o su un risultato probatorio obiettivamente e incontestabilmente diverso da quello reale (così, ex multis, Sez. 3, n. 18521 dell'11/01/2018, Ferri, Rv. 273217-01, nonché Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099-01, Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola e altri, Rv. 238215-01 e Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559-01).

Tanto chiarito, si osserva che ciò non è avvenuto nel caso di specie, posto che nella sentenza oggetto d'impugnativa la Corte territoriale, nel confutare una deduzione di parte, formante oggetto dei motivi di appello e imperniata sulla pretesa imprevedibilità del mancato "ammorsamento" al muro di testata di quelli perimetrali, si è limitata a evidenziare che la circostanza - rivelatasi, come detto, concausa dell'evento - era di certo nota al titolare dell'impresa, o avrebbe dovuto esserlo alla stregua dei canoni di ordinaria diligenza prescritti nella "subiecta materia", fondando l'asserto, in maniera del tutto logica e con piana valutazione delle risultanze probatorie, sull'annotazione riportata nel giornale di cantiere alla data del 03/12/2010, recante la dicitura "inizio della demolizione del piano seminterrato con demolizione dei tramezzi e delle contropareti in mattoni forati" e sui citati rilievi fotografici, dai quali è dato inferire l'effettiva esecuzione dell'abbattimento di tali elementi e della rimozione degli intonaci, posto che il muro effigiato risulta costituito solo da pietrame e malta e non è "ammorsato" con modalità "scatolare" alle analoghe strutture perimetrali rimaste in piedi.

È evidente quindi, alla luce di quanto testé posto in rilievo, che la pronunzia in disamina, non risulta viziata da alcun travisamento della prova, il che rende destituita di fondamento la proposta doglianza.

4. Destituito di fondamento è, ancora, il terzo motivo del ricorso de quo, con cui si lamenta vizio di motivazione per contraddittorietà in punto di ritenuta inidoneità ad escludere la penale responsabilità dell'imputato delle deleghe dallo stesso rilasciate ad C.C. e a I.I., assumendo che nella decisione della Corte territoriale tale inidoneità sarebbe stata erroneamente motivata col rilievo che gli atti di conferimento erano privi di data certa e risultavano formulati in maniera quantomeno equivoca.

Rileva il Collegio che, al netto della sussistenza, al riguardo, di motivazione tutt'altro che erronea, correttamente fondata sull'assenza di certificazioni relative all'effettività delle date indicate negli atti di conferimento delle deleghe e sull'utilizzo, in esse, di definizioni inappropriate rispetto a soggetti operanti nell'interesse dell'impresa appaltatrice, non risulterebbe, ad ogni buon conto, idonea a tenere esente da responsabilità l'imputato D.D. la delega da costui in concreto conferita al coimputato C.C., atteso che la giurisprudenza di legittimità ha, da tempo, chiarito che "In tema di individuazione delle responsabilità penali all'interno delle strutture complesse, la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti solo se tali eventi siano il frutto di occasionali disfunzioni mentre, nel caso in cui siano determinati da difetti strutturali aziendali ovvero del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali (così: Sez. 4, n. 4968 del 06/12/2013, dep. 31/01/2014, Vascellari, Rv. 258617-01 e, in precedenza, Sez. 3, n. 39268 del 13/07/2004, Beltrami e altro, Rv. 230087-01).

5. Manifestamente infondato è, infine, il quarto motivo del ricorso in disamina, con cui ci si duole di vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta illogicità in punto di denegata concessione delle attenuanti generiche e di concreto esercizio del potere dosimetrico.

Ritiene, infatti, il Collegio che la decisione della Corte territoriale sia sorretta, in parte qua, da argomentazione lineare, coerente e tutt'altro che illogica, atteso che la mancata concessione di tale diminuente è stata correttamente fondata sulla maggiore gravità della condotta a fronte di un vizio strutturale preesistente e, in quanto tale, prevedibile, sull'obbligatorietà dell'avvenuto pagamento della provvisionale disposta con la sentenza di primo grado e sulla irrilevanza della sola condizione di incensuratezza dell'imputato.

Con tale impianto argomentativo, tuttavia, il ricorrente non sì confronta in alcun modo, limitandosi, con la doglianza esaminata, a contestare la decisione in maniera assertiva e del tutto generica, senza illustrare le ragioni che, in tesi, avrebbero determinato il dedotto vizio di motivazione.

6. Infondato è anche il primo motivo del ricorso presentato nell'interesse di C.C., responsabile del cantiere per conto dell'impresa esecutrice dei lavori, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 40, 41 e 43 cod. pen., inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui all'art. 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per travisamento della prova con riguardo alle dichiarazioni del perito, ing. E.E., sostenendo che la decisione impugnata sarebbe erroneamente basata sugli esiti della perizia svolta, in sede di rinnovazione istruttoria, dal menzionato professionista, atteso che costui, nel corso del successivo esame, avrebbe smentito le conclusioni rassegnate nel proprio elaborato, con asserzioni oggetto di travisamento per omissione.

Ritiene il Collegio che possano replicarsi, al riguardo, le considerazioni già dianzi esposte, in sede di disamina del primo motivo del ricorso promosso nell'interesse di D.D..

Principiando dal prospettato vizio motivazionale, si osserva che l'apparato argomentativo a corredo della decisione impugnata non risulta viziato da travisamento della prova per omissione, in conseguenza della mancata valutazione di talune delle dichiarazioni rese dal perito durante l'audizione che precedette l'acquisizione del suo elaborato.

Ciò perché tali dichiarazioni, di natura esplicativa, perché volte a favorire la comprensione di uno scritto connotato da rilevante tecnicismo, non smentiscono affatto le conclusioni rassegnate dal professionista nella perizia, ma si risolvono, in sostanza, in chiarimenti relativi a temi di non primaria rilevanza, che solo nell'irricevibile prospettazione di parte ricorrente assurgono al rango di elementi distonici rispetto al complessivo impianto giustificativo a fondamento delle anzidette conclusioni.

Nel contempo, si ritiene che la decisione impugnata abbia fatto corretta applicazione delle disposizioni di natura sostanziale previste dagli artt. 40, 41 e 43 cod. pen. - di cui il ricorrente ipotizza la violazione - conformandosi, peraltro, all'ermeneusi che di esse è stata da tempo offerta dalla Suprema Corte.

Analogamente, appare insussistente anche la prospettata inosservanza della norma processuale di cui all'art. 192 cod. proc. pen., risultando la doglianza connotata, in parte qua, da un'assoluta genericità e riposando, comunque, l'affermata responsabilità dell'C.C. su un quadro probatorio ampio, di cui è incontroversa la piena utilizzabilità.

7. Destituito di fondamento è, altresì, il secondo motivo del ricorso in disamina, con cui ci si duole di vizio di motivazione per contraddittorietà e travisamento della prova in punto di affermata consapevolezza, da parte dell'imputato, dell'esistenza di un difetto strutturale dell'edificio, sostenendo che nella decisione oggetto d'impugnativa, a fronte del dato fattuale costituito dall'omessa rappresentazione, nei grafici di progetto, dell'insussistenza dell'ammorsamento" del muro di testata, si sarebbe arbitrariamente affermato, con travisamento di prove dichiarative (deposizione del perito E.E.) e documentali (rilievi fotografici allegati a diverse perizie e consulenze tecniche) che tale criticità strutturale fosse prevedibile per i responsabili dell'impresa esecutrice dei lavori e costituisse per i predetti, addirittura, un dato di conoscenza acquisito.

Ritiene il Collegio che valgano al riguardo le considerazioni già esposte in sede di scrutinio del secondo motivo del ricorso azionato nell'interesse di D.D..

E invero, la Corte territoriale si è limitata a evidenziare, valorizzando all'uopo i "dicta" del perito, ing. E.E., nonché le risultanze della documentazione, anche fotografica, riversata in atti, che il mancato "ammorsamento" al muro di testata di quello di spina e di quelli perimetrali - rivelatasi concausa dell'evento - era fattore noto al titolare dell'impresa e al responsabile del cantiere o avrebbe dovuto esserlo secondo i canoni di ordinaria diligenza vigenti in materia, basando tale conclusione, senza travisamenti probatori di sorta, sull'annotazione riportata il 03/12/2010 nel giornale di cantiere, recante la dicitura "inizio della demolizione del piano seminterrato con demolizione dei tramezzi e delle contropareti in mattoni forati" e sui rilievi fotografici più volte indicati, dai quali era dato inferire l'effettiva esecuzione dell'abbattimento di tali elementi e della rimozione degli intonaci, posto che il muro effigiato appare costituito solo da pietrame e malta e non risulta "ammorsato" con modalità "scatolare" alle analoghe strutture perimetrali rimaste in piedi.

8. Del tutto infondato è, infine, il terzo motivo del ricorso "de quo", con cui si lamenta vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità in punto di denegata concessione delle attenuanti generiche e di mancata riduzione della pena.

Rileva infatti il Collegio che, anche nei confronti dell'C.C., la decisione della Corte di appello risulta sorretta, nella parte di specifico interesse, da una motivazione adeguata e non illogica, fondata, in specie, sull'irrilevanza della sola condizione di incensuratezza del predetto e sulla mancata enucleazione dei paramenti alla cui stregua il suo comportamento processuale avrebbe dovuto giudicarsi corretto, motivazione con la quale, purtuttavia, la parte ricorrente omette di confrontarsi, limitandosi a contestare la decisione in maniera assertiva e generica, senza illustrare le ragioni asseritamente causative del dedotto vizio di motivazione.

9. Privo di pregio risulta, ancora, il primo motivo del ricorso presentato nell'interesse di A.A. e di B.B., rispettivamente direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza, con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall'art. 40 cod. pen., di inosservanza di norma processuale stabilita a pena di nullità e, in specie, del disposto di cui all'art. 192 cod. proc. pen. e di vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà, manifesta illogicità e travisamento della prova, sostenendo, per un verso, che nella decisione della Corte di appello l'affermata colpevolezza dei predetti imputati sarebbe stata erroneamente basata sulla mancata adozione, in fase di demolizione, di cautele funzionali ad evitare il crollo della costruzione, senza tener conto dell'esistenza di un pregresso vizio progettuale consistito nell'omessa indicazione del mancato "ammorsamento" al muro di testata di quelli longitudinali e, per altro verso, che, a fronte dell'indicato vizio occulto, la mancata predisposizione di un piano delle demolizioni, l'omessa effettuazione di verifiche sul muro crollato e la mancata installazione di strutture esterne di ritegno risulterebbero circostanze inidonee a caratterizzare come colposa la condotta tenuta dai predetti agenti.

Osserva al riguardo il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, difetta, nel caso di specie, il dedotto vizio motivazionale, nel cui ambito si reputa vadano, peraltro, ricondotte le ulteriori censure di fatto formulate, posto che la Corte territoriale ha motivatamente indicato i molteplici fattori causativi del crollo nell'eseguita rimozione dei solai dei piani inferiori con modalità massiva e con l'impiego di mezzi meccanici, nello sfilamento dei travetti in ferro inseriti nella muratura di collegamento dei solai medesimi e nello "scasso" funzionale alla realizzazione dei cordoli perimetrali degli edificandi nuovi solai, riconoscendo valenza di mera concausa al mancato "ammorsamento" al muro di testata del muro di spina e di quelli perimetrali e precisando che avevano funto verosimilmente da innesco le indagini eseguite in prossimità delle fondazioni e le vibrazioni indotte dall'inappropriato utilizzo "in loco" di un bobcat.

D'altro canto, non può non rilevarsi che i ricorrenti non si confrontano affatto con tale, esaustivo impianto motivazionale, limitandosi a riproporre la tesi dell'esistenza di un vizio pregresso - l'assenza di "ammorsamento" - non segnalato dal professionista che ebbe a redigere il progetto di esecuzione dei lavori.

Tale tesi, purtuttavia, risulta espressamente confutata dalla Corte di appello nella sentenza gravata (in specie, alle pagg. 31-54), in cui si è precisato, per un verso, che al titolare dell'impresa e a coloro che, come i ricorrenti, erano tenuti a controllare l'esecuzione dei lavori erano ben note le modalità, in concreto disattese, con cui avrebbero dovuto eseguirsi le opere di demolizione, perché indicate nel POS e, per altro verso, che la circostanza del mancato "ammorsamento" era da costoro agevolmente percepibile a seguito dell'eseguita eliminazione delle contropareti e degli intonaci sui muri del piano seminterrato, con conseguente concreta prevedibilità dell'evento poi verificatosi.

10. Infondato è, altresì, il secondo motivo del ricorso de quo, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 40 e ss. cod. pen., 150 e 151 D.Lgs. n. 81 del 2008 e vizio di motivazione per contraddittorietà e illogicità, assumendo che con la decisione impugnata sarebbe stata illegittimamente e contraddittoriamente affermata la penale responsabilità del A.A.e del B.B. in ordine al delitto di disastro colposo, posto che, per un verso, si sarebbe collegato il verificarsi dell'evento ad un'azione improvvida dei responsabili dell'impresa esecutrice dei lavori, eseguita in un giorno in cui i predetti imputati non erano presenti sul cantiere e, per altro verso, si sarebbe mosso a costoro il rimprovero di non aver vigilato, nelle rispettive qualità, su un'azione già in precedenza avviata, ancorché difettassero specifici segnali percepibili, indicativi di un pericolo grave e imminente.

Rileva in proposito il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, è insussistente il dedotto vizio motivazionale, in quanto la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato la ritenuta corresponsabilità del A.A. e del B.B. nella causazione dell'evento, evidenziando, in specie (alle pagg. 64-70 della sentenza), che i predetti, nelle rispettive qualità di direttore dei lavori e di responsabile della sicurezza in fase esecutiva, erano tenuti a controllare, in modo continuativo, lo svolgimento dei lavori di demolizione, la qual cosa rende irrilevante la loro casuale assenza il giorno in cui si verificò il crollo, tanto più ove si tenga conto del fatto che essi avevano avuto, da tempo, la concreta possibilità di rendersi conto che le opere demolitorie si stavano eseguendo in totale assenza di un programma, come prescritto, invece, dagli artt. 150 e 151 D.Lgs. n. 81 del 2008 e dal POS e con modalità all'evidenza divergenti dalla "lex artis" e dalle regole della buona tecnica vigenti nella "subiecta materia".

Le considerazioni testé esposte inducono a ritenere insussistente anche il prospettato vizio di violazione di legge, avendo la Corte di appello interpretato le evocate disposizioni normative in piena aderenza all'ermeneusi offertane dalla giurisprudenza di legittimità, che, con precipuo riguardo al delitto per cui v'è stata condanna, ha chiarito, da tempo, che "Il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto" (così: Sez. 4, n. 46428 del 14/09/2018, A., Rv. 273991-01, nonché, in precedenza, Sez. 4, n. 18445 del 21/02/2008, Strazzanti, Rv. 240157-01).

E ad analoga conclusione si perviene con riguardo alla diversa posizione del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, costituendo insegnamento consolidato della Suprema Corte quello secondo cui "In tema di infortuni sul lavoro, la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori - che si esplica prevalentemente mediante procedure e non poteri doveri di intervento immediato - riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure..., salvo l'obbligo di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate" (In tal senso: Sez. 4, n. 24915 del 10/06/2021, Paletti, Rv. 281489-01).

11. Palesemente infondato è, da ultimo, il terzo motivo del ricorso in trattazione, con cui ci si duole di vizio di motivazione per contraddittorietà ed illogicità in punto di denegata concessione delle attenuanti generiche e di mancata riduzione della pena.

Osserva al riguardo il Collegio che, nei confronti del A.A.e del B.B., la decisione del giudice di secondo grado, analogamente a quanto avvenuto per i coimputati, è sorretta, in parte qua, da motivazione per nulla contraddittoria e tutt'altro che illogica, basata, in specie, sulla maggiore gravità delle rispettive condotte a fronte di un vizio strutturale preesistente e, come tale, prevedibile ed evitabile, sulla rilevante entità della colpa loro rimproverabile e sull'irrilevanza, "ex se" della loro condizione di incensuratezza.

Anche in tal caso, tuttavia, le parti ricorrenti non si confrontano con l'indicato impianto argomentativo, atteso che, con la dedotta doglianza, si limitano a contestare la decisione della Corte territoriale in maniera assertiva e generica, senza illustrare le ragioni che, in tesi, avrebbero determinato il dedotto vizio motivazionale.

12. Alla stregua delle considerazioni che precedono, risultando insussistenti i vizi denunziati, i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente onere per i ricorrenti di sostenere, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.

13. Il tenore della presente pronunzia comporta la condanna dei ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute, nel presente grado di giudizio, dalla costituita parte civile, comune di S, che si liquidano in euro tremila, oltre accessori come per legge.

 

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione, in solido, delle spese sostenute nel presente grado di legittimità dalla parte civile, comune di S, che liquida in euro tremila, oltre accessori come per legge.

Così deciso il 14 marzo 2024

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2024.