Cassazione Penale, Sez. 4, 22 aprile 2024, n. 16681 - Caduta del new jersey sul piede del carpentiere. Responsabilità del direttore di cantiere e del capo cantiere per l'uso di attrezzature inadeguate per la movimentazione del carico. Estinzione del reato



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente

Dott. VIGNALE Lucia - Relatore

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere

Dott. D'ANDREA Alessandro - Consigliere

Dott. CIRESE Marina - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sui ricorsi proposti da:

A.A. nato (Omissis)

B.B. nato (Omissis)

avverso la sentenza del 15/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE;

lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI ORSI, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
 

FattoDiritto


1. Con sentenza del 15 marzo 2023, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza pronunciata il 27 febbraio 2020 - all'esito di giudizio abbreviato - dal Tribunale di Monza nei confronti di A.A. e B.B. ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 590, commi 2 e 3, cod. pen. per aver provocato lesioni a C.C.

2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi il 10 dicembre 2015 a S. in un'area di proprietà della Uniabita Soc. Coop. la quale, volendo costruire un complesso residenziale, in data 18 aprile 2013, ne aveva affidato la realizzazione alla ditta CMB. Per eseguire le opere ricevute in appalto, la ditta CMB aveva costituito un raggruppamento temporaneo di imprese con la ditta Unieco. Il 14 novembre 2013, le due ditte avevano costituito la società consortile a responsabilità limitata "Univillage" cui fu ceduto il contratto. Da quel momento, la "Univillage Soc. Cons. a r.l." divenne l'impresa affidataria delle opere da realizzare. L'esecuzione dei lavori comportava la realizzazione di opere di carpenteria per il cemento armato e di opere edili di muratura che furono subappaltate alla "Idea M.A.S. Srl". Il campo base del cantiere e i baraccamenti che lo componevano erano stati inizialmente installati in un'area di proprietà del Comune di S., ma il Comune ne chiese la restituzione. La realizzazione di un nuovo campo base fu appaltata dalla Univillage alla ditta Villa Reale. Nel nuovo campo dovevano essere spostati: la cisterna di gasolio posta a servizio delle baracche e i blocchi di new jersey che la circondavano. La Univillage riservò a sé stessa questo compito e affidò in appalto alla Idea M.A.S. il compito di smantellare le vecchie baracche. L'infortunio si verificò durante le attività di spostamento di uno dei blocchi in new jersey.

L'infortunato lavorava alle dipendenze della Idea M.A.S. Srl con mansioni di carpentiere e, secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, quel giorno, il diretto superiore F.F., capocantiere della Idea M.A.S., disse a lui e al suo collega G.G. di mettersi a disposizione del capo cantiere della Univillage, B.B. Questi incaricò i due lavoratori di pulire alcune delle baracche che dovevano essere smantellate e di restare a disposizione di H.H., incaricato dell'uso del muletto e dipendente della CMB (una delle imprese consorziate nella Univillage). Questi chiamò i due carpentieri per farsi aiutare nello spostamento di un new jersey e, poiché in quel momento il muletto non aveva le forche, chiese a C.C. di andare a prendere delle fasce per imbragatura e gli spiegò come usarle per imbragare il new jersey e agganciarlo al muletto. Eseguite tali operazioni, il new jersey fu sollevato da terra di circa 50 cm. per essere trasportato al luogo di destinazione. Durante il trasporto, C.C. e G.G. furono incaricati di direzionare il carico con le mani per evitare che potesse sbattere contro il muletto. Giunto a destinazione, H.H. abbassò il carico e i due operai lo aiutarono a tenerlo in posizione con le mani. Mentre questo avveniva, una delle fasce utilizzate per l'imbragatura si lacerò e il new jersey (del peso di 3.480 chilogrammi e della lunghezza di sei metri) cadde sul piede destro di C.C. Ne conseguirono l'amputazione delle falangi distali del primo e del secondo dito e una malattia di durata superiore ai quaranta giorni.

A.A. e B.B. sono stati ritenuti responsabili dell'infortunio: il primo, quale direttore di cantiere per la Univillage Soc. Cons. a r.l. con specifiche competenze in materia di prevenzione antinfortunistica; il secondo, quale capo cantiere per la medesima società.

F.F. (direttore di cantiere per la Idea M.A.S. Srl), H.H. (autista del mezzo di sollevamento) e H.H. (legale rappresentante della Idea M.A.S. Srl), imputati del medesimo reato, sono stati giudicati separatamente.

Secondo l'ipotesi accusatoria (che i giudici di merito hanno ritenuto fondata), A.A. avrebbe provocato l'infortunio per colpa specifica consistita nel non aver messo a disposizione dei lavoratori fasce di portata adeguata al sollevamento e al trasporto del new jersey, paraspigoli idonei ad evitare la rottura delle imbragature e dispositivi atti a direzionare e stabilizzare il carico senza avvicinarsi ad esso (art. 71 D.Lgs. 9 aprile 2008 n.81). Quanto ad B.B., egli è stato ritenuto responsabile dell'infortunio per aver consentito che la movimentazione del carico fosse realizzata facendo uso di attrezzature inadeguate e per aver omesso di vigilare sull'osservanza delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza del lavoro (art. 19, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/08).

3. Entrambi gli imputati, per mezzo dei comuni difensori, hanno proposto tempestivo ricorso contro la sentenza della Corte di appello.

4. Col primo motivo e col secondo motivo la difesa deduce vizi di motivazione quanto alla ritenuta inidoneità delle attrezzature messe a disposizione dei lavoratori. Osserva: che, come la sentenza di primo grado riconosce, la fascia utilizzata per imbragare il new jersey aveva una portata consona al sollevamento di un carico del peso di 3.480 kg. e si ruppe perché fu utilizzata in modo scorretto; che, poiché la portata della fascia era adeguata e tutte le fasce presenti in cantiere avevano la medesima portata, la circostanza che la targhetta apposta sulla fascia utilizzata non fosse leggibile non può aver influito sulle valutazioni compiute dal conducente del muletto e non ha avuto rilevanza causale nel verificarsi dell'infortunio; che paraspigoli idonei ad evitare la rottura della fascia e dispositivi atti a direzionare e stabilizzare il carico erano presenti in cantiere; che i giudici di merito hanno illogicamente posto sullo stesso piano la messa a disposizione di attrezzature idonee al lavoro da svolgere e la formazione relativa all'uso di quelle attrezzature, prevista dall'art. 73 D.Lgs. n. 81/08, la cui inosservanza non è mai stata contestata al direttore di cantiere e sulla quale, dunque, A.A. non ha potuto difendersi.

La difesa sottolinea che, nel caso di specie, la fascia non si ruppe perché il carico era eccessivo, ma a causa del mancato uso dei paraspigoli e i giudici di merito ne hanno dato atto. Osserva che il mancato uso dei paraspigoli non può essere ascritto a A.A. atteso che questi strumenti erano presenti in cantiere. Rileva che l'ipotizzata inadeguatezza delle fasce di imbraco potrebbe avere rilevanza solo se quelle fasce non avessero retto al peso eccessivo, mentre è pacifico che la rottura avvenne per taglio e non per cedimento meccanico.

4.2. Col terzo motivo, i difensori deducono violazione di legge e vizi di motivazione con specifico riferimento alla posizione di B.B. Riprendendo argomentazioni già sviluppate, rilevano che le fasce utilizzate non erano inidonee allo scopo. Quanto alla posizione di garanzia che, secondo i giudici di merito, B.B. avrebbe assunto nei confronti dell'infortunato, la difesa osserva che C.C. era dipendente della Idea M.A.S. Srl e il capo cantiere di questa società era F.F. il quale, a differenza di B.B. che non era presente in cantiere quando l'evento si verificò, si trovava a 20-30 metri dal luogo dell'infortunio. La difesa sottolinea che la motivazione della sentenza di primo grado (alla quale la sentenza di appello fa rinvio), ha attribuito a B.B. una posizione di garanzia perché fu lui a ordinare a C.C. e a G.G. di collaborare col mulettista H.H. e, così operando, esercitò in concreto i poteri del preposto. Nel caso di specie, dunque, l'affermazione della penale responsabilità consegue all'applicazione dell'art. 299 D.Lgs. n. 81/08. Secondo la difesa, questa disposizione sarebbe stata applicata in assenza dei presupposti non essendovi stata da parte di B.B. una concreta ed effettiva presa in carico del bene protetto atteso che egli si limitò a dire a C.C. e a G.G. di pulire le baracche (attività che non era di competenza della Univillage, ma della Idea M.A.S.) e di mettersi a disposizione del mulettista nel caso in cui avesse avuto bisogno di loro: non dispose, dunque, che i due carpentieri collaborassero ad attività come quelle che in concreto furono realizzate; non impartì loro disposizioni operative; non assunse in concreto alcuna posizione di garanzia nei loro confronti.

4.3. Col quarto motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla individuazione dei doveri del preposto di fatto e alla rilevanza causale della condotta ascritta a B.B. Osserva, in particolare, che, con motivazione manifestamente illogica, il Tribunale di Monza ha attribuito ad B.B. una responsabilità per scelte organizzativo-gestionali che esulano dai compiti del preposto come individuati dall'art. 19 D.Lgs. n. 81/08. Sottolinea, inoltre, che, secondo il giudice di primo grado, B.B. avrebbe causato l'evento con condotta attiva, ma quello stesso giudice ha poi attribuito al ricorrente la violazione degli obblighi previsti dal citato art. 19. La difesa rileva che questa contraddittoria motivazione non è stata in alcun modo emendata dalla sentenza di appello.

5. Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto dei ricorsi. I difensori hanno replicato con memoria del 18 marzo 2024, insistendo per l'accoglimento dei motivi.

6. Sussistono i presupposti per rilevare l'intervenuta causa estintiva del reato per cui si procede, essendo spirato il termine massimo di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei dalla data del fatto (10 dicembre 2015).

Deve rilevarsi che i ricorsi in esame sollevano questioni che non appaiono manifestamente infondate e non possono essere valutati inammissibili. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare, a norma dell'art. 129 cod. proc. pen., le cause di non punibilità maturate dopo la pronuncia del provvedimento impugnato.

Nel caso di specie, la sentenza della Corte di appello è stata pronunciata il 15 marzo 2023 e non emergono dagli atti cause di sospensione della prescrizione sicché il termine massimo è spirato il 10 giugno 2023. Non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., non potendosi constatare con evidenza dagli atti l'insussistenza del fatto-reato.

7. Si impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.

 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso il 26 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2024.