Cassazione Penale, Sez. 4, 23 aprile 2024, n. 16865 - Lavoratore investito da uno schizzo di materiale cementizio durante l'utilizzo di una macchina spruzzatrice. Formazione e DPI


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. SERRAO Eugenia - Relatore

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. CENCI Daniele - Consigliere

Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a M il (omissis)

B.B. nato a M il (omissis)

avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Presidente EUGENIA SERRAO;

udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto dott.ssa LUCIA ODELLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore della parte civile Avv. LUCA AMENDOLA, in sost. dell'Avv. MASSIMILIANO PASSALACQUA, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito il difensore Avv. ROBERTA ALESSANDRA CANTONI, in sost. dell'Avv. SABINO GERVASIO, che ha concluso per l'accoglimento dei ricorsi.

 

Fatto


1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato, riducendo la pena a un mese di reclusione e riconoscendo a entrambi gli imputati il beneficio della non menzione della condanna sul certificato del casellario giudiziale, la pronuncia con la quale il 19/07/2022 il Tribunale di Monza aveva dichiarato A.A. e B.B. responsabili del delitto previsto dall'art. 590, commi 2 e 3, cod. pen. perché, quali amministratori della società Coriges Srl, datori di lavoro di C.C., per colpa consistita nel non aver assicurato che il suddetto lavoratore ricevesse una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza con particolare riguardo ai rischi riferiti alle mansioni e all'utilizzo delle macchine spruzzatrici per materiale isolante e nel non aver fornito ai lavoratori idonei dispositivi di protezione individuale (occhiali) e non aver conseguentemente vigilato sull'uso degli stessi (in violazione degli artt. 37 e 18 d. lgs. 9 aprile 2008, n. 81), avevano cagionato lesioni personali gravi al lavoratore che, nel tentativo di sbloccare l'intasamento di una pistola spruzzatrice per isolante, era stato investito all'occhio destro da un getto di materiale colloso. Fatto avvenuto in Monza il 26 aprile 2016.

2. Il fatto è stato così ricostruito nelle conformi sentenze di merito: il giorno del fatto la persona offesa stava utilizzando lo strumento per la posa del cosiddetto cappotto termico mentre era impegnata per conto di Coriges Srl in un cantiere sito in Monza. In particolare, il lavoro consisteva nel posizionare sul muro della parete dell'edificio il pannello isolante, dopo che un altro lavoratore (D.D.) aveva erogato sul pannello stesso la sostanza cementizia mediante uno strumento erogatore; nel corso della lavorazione, la macchina erogatrice della sostanza si era inceppata e il collega aveva passato tale strumento all'C.C. che, nel tentativo di sbloccarlo, era stato investito da uno schizzo di materiale cementizio all'occhio destro.

3. Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, con unico atto, deducendo, con un primo motivo, violazione dell'art. 606 lett.e) cod. proc. pen. per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonché per violazione dell'art. 606 lett.b) cod. proc. pen. per erronea applicazione dell'art. 37, comma 5, d. Igs. n.81/2008. Secondo i ricorrenti la Corte di appello, pur avendo riconosciuto la totale inattendibilità della persona offesa, oltre che la piena conoscenza da parte del lavoratore infortunato dell'utilizzo della macchina erogatrice, l'imprudente condotta del lavoratore e l'attenzione degli imputati alla sicurezza sui luoghi di lavoro, contraddittoriamente, non ne ha escluso la responsabilità. Tale ragionamento è contraddittorio e illogico, considerato che la persona offesa era in grado di gestire l'inceppamento da sette anni, cinque giorni a settimana per otto ore al giorno, avendo svolto sempre unicamente la stessa mansione utilizzando sempre il macchinario oggetto del sinistro. Il lavoratore aveva visto il collega mettere in pressione la pistola e tuttavia ha scelto di non chiamare l'ing. E.E., presente in cantiere, e di non operare sulla pistola nel modo più corretto, che gli era stato adeguatamente insegnato, ponendo in essere una condotta abnorme. La contraddittorietà della sentenza consiste nel fatto che secondo gli estensori non sarebbe eccezionale ma solo imprudente il comportamento di un lavoratore esperto e informato che si rivolge contro il viso una pistola sotto pressione con del materiale cementizio; sul punto la sentenza è priva di motivazione e la banalità dell'accorgimento che avrebbe dovuto osservare il lavoratore rende esorbitante la sua condotta. La Corte ha omesso di spiegare per quale ragione non sarebbe stata adeguata una dimostrazione pratica, nè ha spiegato quale sarebbe stato l'insegnamento teorico necessario a evitare l'evento. È stato provato che ai lavoratori fossero state impartite sia lezioni teoriche che pratiche; la persona offesa era capocantiere e ha sempre svolto quell'unica attività con la medesima attrezzatura. La stessa Corte di appello ha affermato che la società aveva sostenuto nel corso degli anni copiose spese per l'acquisto dei dispositivi di protezione individuale, attestando un'attenzione alla sicurezza e alla salute del proprio personale, trascurando di esaminare il punto dell'autoresponsabilità del lavoratore.

3.1. Con il secondo motivo deducono mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all'art. 590, commi 2 e 3, cod. pen. I ricorrenti sostengono che i giudici di merito hanno individuato la responsabilità degli Imputati in un comportamento omissivo pur avendo dapprima attribuito causalmente l'evento a scelte commissive degli imputati, come del resto formulato dal pubblico ministero nel capo di imputazione. Il pubblico ministero non ha richiamato nel capo di imputazione l'art. 40, comma 2, cod. pen. ma ha in concreto descritto e individuato la responsabilità degli imputati proprio nelle loro omissioni. Pur avendo il giudice di primo grado ritenuto corretto il mancato riferimento all'art. 40, comma 2, cod. pen., ha considerato che le lesioni fossero dipese da scelte organizzative e decisionali commissive che avevano condizionato il decorso causale degli eventi; tale ragionamento manifestava una forzatura giuridica e tale doglianza è stata totalmente ignorata dalla Corte di appello, che si è limitata a una motivazione apparente confermando la condanna degli imputati senza verificare l'effettiva sussistenza di un rapporto di causalità tra omissione ed evento alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, esaminando invece una condotta commissiva sulla base di un giudizio prognostico ex post operato dal giudice sulla condotta dei due imputati consistente in precise scelte organizzative e decisionali commissive, senza la prova della componente oggettiva e soggettiva delle contestazioni di quel capo di imputazione.

3.2. Con il terzo motivo deducono mancanza di motivazione in relazione all'art. 157 cod. pen. In sede di discussione orale la difesa aveva eccepito la prescrizione del reato ma la Corte ha totalmente omesso di motivare sul punto. In particolare, sostengono che alla data del 5 dicembre 2023, celebrazione del giudizio di appello, il reato fosse ampiamente prescritto.

4. Il difensore della parte civile C.C. ha depositato memoria svolgendo argomenti a sostegno dell'infondatezza dei ricorsi.

5. All'odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.

 

Diritto


1. Il primo motivo di ricorso, pur essendo impostato quale critica al percorso motivazionale, asseritamente illogico e contraddittorio, si risolve a ben vedere in una inammissibile lettura alternativa delle emergenze istruttorie, peraltro fondata su un confronto minimo e parcellizzato con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata.

1.1. Con riguardo, in particolare, alla prova della dinamica dell'infortunio, la censura omette di confrontarsi con la motivazione fornita alle pagg. 10-11 della sentenza di appello in cui, per quanto si sia ritenuta poco attendibile la descrizione del fatto fornita dalla persona offesa, il giudice di appello ha considerato intrinsecamente attendibile la testimonianza del collega D.D., presente sul luogo dell'infortunio. La doglianza circa la prova della dinamica del fatto difetta di confronto con quanto dichiarato dal testimone, considerato pienamente attendibile in merito al fatto che il lavoratore, al quale il D.D., aveva consegnato la macchina erogatrice, che si era bloccata e che non riusciva a sbloccare, avesse provato ancora una volta a premere il grilletto, così rimanendo attinto all'occhio destro dalla sostanza contenuta nella macchina; risulta altrettanto priva di confronto con la prova che, in quel momento, i lavoratori non indossassero occhiali protettivi.

1.2. Occorre, dunque, ritenere non manifestamente illogico né contradditorio quanto già affermato dalla Corte territoriale a pag. 12 a proposito del fatto che la difesa degli imputati ha contestato uno solo dei profili di colpa individuati dal giudice di merito, concentrandosi sulla mancata formazione degli operai senza alcun riferimento alla mancata fornitura di dispositivi di protezione individuale, segnatamente di occhiali protettivi. Resta, dunque, del tutto priva di specifica censura la condotta omissiva concernente la mancata fornitura degli occhiali protettivi. La circostanza che a pag. 23 si sia fatto riferimento alle spese sostenute dalla società per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale, attestante un'attenzione alla sicurezza e alla salute del proprio personale dipendente, è stata valutata al fine di attenuare la responsabilità degli imputati sottolineando l'insussistenza di una situazione di generale incuria, ma non contraddice il rimprovero mosso agli imputati con riferimento al caso concreto, avendo i giudici esaminato lo specifico episodio in occasione del quale i lavoratori eseguivano la loro attività senza l'uso degli occhiali protettivi.

1.3. La censura in esame risulta, peraltro, aspecifica laddove omette ogni confronto con l'esaustiva disamina dei diversi profili di colpa del datore di lavoro con riguardo alla valutazione del rischio e alle conseguenti misure antinfortunistiche concernenti proprio la prevenzione dell'elevato rischio di fuoriuscita di sostanza cementizia a spruzzo dal macchinario in uso ai lavoratori. In ogni caso, alle pagg.14-15 della sentenza appellata si è specificato che, nel caso di esame, difettasse anche l'elaborazione delle procedure da intraprendere in caso di inceppamento del macchinario, da porre in stretta correlazione con la conseguente condotta maldestra e inconsapevolmente sottovalutante del rischio di possibili lesioni adottata dai lavoratori.

1.4. La sentenza risulta, per altro verso, conforme al principio più volte enunciato dalla Corte di legittimità secondo il quale l'attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, deve necessariamente precedere l'adibizione del lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto e non può essere esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, nè dal travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. L'apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione previste dalla legge (Sez. 4, n. 8163 del 13/02/2020, Lena, Rv. 278603 - 01; Sez.4, n. 21242 del 12/02/2014, Nogherot, Rv. 25921901).

1.5. Giova, anche ricordare che l'autoresponsabilità del lavoratore non può avere effetto liberatorio nei confronti del datore di lavoro qualora quest'ultimo non abbia diligentemente osservato gli obblighi prevenzionistici e l'evento sia riconducibile alla violazione dei predetti obblighi.

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

2.1. La censura risulta reiterativa di analoga doglianza sottoposta all'esame della Corte territoriale, che la ha vagliata con estremo scrupolo, fornendo in proposito una motivazione tutt'altro che apparente. Si deduce quale vizio motivazionale l'avere i giudici di merito correlato l'evento a condotte commissive degli imputati, consistenti in precise scelte gestionali concernenti la mancata fornitura di adeguati dispositivi di protezione e l'assenza di corsi di formazione ad hoc, nonostante si trattasse in sostanza di condotte omissive.

2.2. Il motivo di ricorso difetta di valido confronto con quanto a chiare lettere esplicitato alle pagg.17-18 della sentenza impugnata, nelle quali si è descritto il percorso causale che ha condotto all'evento come conseguenza di una scelta gestionale del datore di lavoro che si è poi sostanziata nell'aver omesso di formare il lavoratore e di dotarlo del necessario dispositivo di protezione individuale.

2.3. Ove l'interprete sia chiamato ad accertare l'ascrivibilità di un evento penalmente rilevante a un soggetto, che se ne definisce l'autore, la natura commissiva ovvero omissiva della condotta non sempre è agevolmente identificabile nei suoi esatti contorni, rinvenendosi condotte commissive mediante omissione ovvero condotte omissive mediante commissione accanto alle più lineari condotte puramente commissive o omissive. Tale commistione di situazioni e modalità nelle quali può atteggiarsi l'azione dell'uomo trova il suo terreno di elezione nell'accertamento della rilevanza giuridica dell'omissione, sancita esclusivamente nei casi nei quali, in virtù della previsione dell'art.40 cod. pen., sia individuabile un obbligo di protezione o di garanzia in cui l'inerzia del titolare equivalga all'agire causalmente determinante. A differenza dei casi nei quali l'evento sia conseguenza dell'agire umano, quando sia contestata l'omissione non è, dunque, e non è solo l'atteggiarsi della condotta a qualificarne la rilevanza giuridica quanto, piuttosto, l'esistenza della c.d. posizione di garanzia; non si comprende, dunque, quale sia il vizio di motivazione rilevabile in un ragionamento che descriva i vari momenti, commissivi e omissivi, della condotta ascrivibile agli imputati in quanto certamente titolari, in quanto datori di lavoro, di una posizione di garanzia.

3. Il terzo motivo di ricorso è infondato. Secondo quanto emerso dalla lettura dei verbali di udienza, consentita dalla natura della censura, il decorso del termine di prescrizione, pari originariamente ad anni sette e mesi sei, è stato sospeso all'udienza del 5 dicembre 2019 per adesione del difensore all'astensione di categoria (148 giorni), all'udienza del 28 ottobre 2020 per legittimo impedimento dell'imputato (60 giorni) e all'udienza del 13 maggio 2022 su istanza di rinvio della difesa (63 giorni) per un periodo complessivo di oltre nove mesi, ai quali va aggiunta la sospensione del termine di prescrizione ai sensi dell'art.83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n.18. Ne consegue che, alla data di celebrazione del dibattimento in grado di appello (5 dicembre 2023) il predetto termine non era decorso, né è decorso alla data odierna.

4. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore della parte civile C.C., liquidate in complessivi euro tremila oltre accessori come per legge.

Così deciso il 17 aprile 2024.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2024.