Cassazione Penale, Sez. 4, 03 maggio 2024, n. 17554 - Ribaltatore non conforme ai requisiti generali di sicurezza in quanto privo di protezioni idonee. Condanna del responsabile della sicurezza dello stabilimento


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente

Dott. VIGNALE Lucia - Relatore

Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere

Dott. CENCI Daniele - Consigliere

Dott. CIRESE Marina - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a G il (Omissis)

avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di L'AQUILA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SILVIA SALVADORI, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;

udito il difensore, avvocato MARCO FEMMINELLA del foro di CHIETI che ha illustrato i motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento;

 

Fatto


1. Con sentenza del 25 maggio 2023, la Corte di appello di L'Aquila ha confermato la sentenza pronunciata il 25 novembre 2020 dal Tribunale di Chieti nei confronti di A.A. ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 590, comma 2, cod. pen. in danno di B.B.

2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi ad O il (Omissis), in uno stabilimento che costituisce unità produttiva della "Molino e Pastificio C.C. Spa". Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, al momento dei fatti B.B., dipendente della società, stava svolgendo attività di pulizia rimuovendo frammenti di pasta caduti dalla linea di produzione e si trovava nelle adiacenze di un macchinario ribaltatore. Dalla lettura delle sentenze emerge che questo macchinario era in funzione, ma, nonostante ciò, gli sportelli posti a protezione degli organi lavoratori erano aperti. Mentre svolgeva il proprio lavoro di pulizia B.B. inciampò, cadde e finì col braccio tra gli sportelli aperti. Proprio in quel momento, il ribaltatore si abbassò schiacciando il braccio del lavoratore. Dalle lesioni conseguenti derivarono una malattia e l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per più di quaranta giorni.

A.A. rivestiva la qualifica di responsabile per la sicurezza dello stabilimento ed è accusato di aver provocato l'infortunio per colpa specifica, consistita nella violazione dell'art. 70 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81. I giudici di merito lo hanno ritenuto responsabile dell'infortunio per aver messo a disposizione dei lavoratori un macchinario non conforme ai requisiti generali di sicurezza in quanto privo di protezioni idonee ad impedire il contatto con parti in movimento.

3. L'imputato ha proposto tempestivo ricorso contro la sentenza della Corte di appello per mezzo del proprio difensore, cui ha conferito mandato ai sensi dell'art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen.

Il ricorrente lamenta violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla ritenuta inosservanza dell'art. 70 D.Lgs. n. 81/08.

Secondo i giudici di merito, dal libretto di uso e manutenzione dell'impianto risulta che il ribaltatore era inizialmente dotato di dispositivi elettrici idonei a provocarne l'arresto in caso di apertura degli sportelli, ma tali dispositivi erano stati sostituiti da un lucchetto. La difesa contesta tale ricostruzione che ritiene frutto di travisamento della prova. Riferisce che - come risulta dalla documentazione prodotta dall'imputato e dalle dichiarazioni rese dal consulente tecnico nominato dalla difesa - i dispositivi elettrici che determinavano l'arresto degli organi lavoratori in caso di rimozione dei ripari erano previsti per altri macchinari inseriti nell'impianto, ma non per gli sportelli del ribaltatore e, proprio per questo, adempiendo con diligenza ai propri compiti di responsabile della sicurezza, A.A. aveva fatto collocare sugli sportelli un lucchetto per aprire il quale era disponibile un'unica chiave che doveva essere custodita dal responsabile della manutenzione.

Secondo la difesa, nel caso in cui l'apertura degli sportelli fosse stata necessaria, i lavoratori avrebbero dovuto rivolgersi al responsabile della manutenzione e questi poteva consegnare loro la chiave di apertura del lucchetto solo dopo aver provveduto a disalimentare il ribaltatore impedendone così la messa in moto. Il ricorrente osserva che l'esistenza di questa procedura operativa è stata provata in giudizio e lo stesso lavoratore infortunato ha dichiarato di esserne a conoscenza. Si duole che la Corte di appello, pur avendo dato atto in sentenza che la procedura esisteva e i lavoratori ne erano informati, abbia ritenuto di poter attribuire l'infortunio al comportamento colposo del responsabile della sicurezza piuttosto che alla imprevedibile violazione da parte dei lavoratori delle disposizioni loro impartite.

La difesa osserva che all'imputato non può essere ascritto di non aver vigilato sul comportamento dei lavoratori. Ricorda che, secondo quanto riferito dai testimoni esaminati in giudizio, gli sportelli del ribaltatore erano normalmente chiusi e la situazione verificatasi al momento dell'infortunio (sportelli aperti e macchinario in moto) non era affatto abituale ciò che consente di escludere l'esistenza di prassi operative imprudenti, e contrarie alle direttive ricevute, sulle quali A.A. avrebbe avuto l'obbligo di intervenire. Il difensore sottolinea, inoltre, che A.A. non poteva essere costantemente presente nello stabilimento e, pertanto, non era in condizione di impedire ed evitare una situazione del tutto imprevedibile come quella che si verificò al momento dell'infortunio, quando, pur essendo il macchinario in moto, per motivi non accertati gli sportelli erano aperti.

 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.

2. I giudici di merito hanno ritenuto sussistente una colpa specifica per violazione dell'art. 70 D.Lgs. n. 81/08, in base al quale "le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto" e, comunque, "ai requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V". Tale disposizione deve essere letta insieme all'art. 71 del medesimo decreto, in base al quale "il datore di lavoro deve mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della salute e sicurezza, adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi".

I giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto che, in origine, sugli sportelli del ribaltatore fossero installati dispositivi idonei a bloccare il macchinario in caso di apertura e tali dispositivi siano stati rimossi per essere sostituiti da un lucchetto. Per questo, hanno ritenuto che sia stato violato l'art. 70 D.Lgs. n. 81/08 e sia stato messo a disposizione dei lavoratori un macchinario non conforme ai requisiti generali di sicurezza indicati nell'allegato V al medesimo decreto.

I giudici di merito sono giunti a questa conclusione alla luce delle dichiarazioni rese dai tecnici della prevenzione esaminati in giudizio, i quali hanno fatto riferimento al contenuto del libretto di uso e manutenzione dell'impianto. La difesa contesta tale ricostruzione sostenendo che la stessa sarebbe frutto di travisamento della prova. Osserva che il manuale di uso e manutenzione dal quale emerge l'esistenza di dispositivi di blocco riguarda l'intera linea di produzione e che - come il consulente tecnico della difesa ha chiarito - gli sportelli di accesso al ribaltatore non erano collegati elettricamente alla linea sicché la loro apertura non poteva determinare l'arresto della macchina.

Si deve subito rilevare che le sentenze di primo e secondo grado non hanno ignorato il contenuto della consulenza della difesa, ma l'hanno ritenuta inidonea a contrastare un dato emerso con chiarezza dalla deposizione dei tecnici della prevenzione. Non si può sostenere pertanto che il dato probatorio sia stato trasposto in modo inesatto nel ragionamento del giudice di merito o distorto nel suo significato e le censure del ricorrente finiscono per esaurirsi nella richiesta di una rilettura degli elementi di prova, inammissibile nel giudizio di legittimità. L'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. non consente, infatti, neppure dopo la modifica apportata dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, che, attraverso il richiamo agli "atti del processo", possa esservi spazio per una rivalutazione dell'apprezzamento del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamento riservato in via esclusiva al giudice del merito. Come è stato recentemente chiarito: "il vizio di "contraddittorietà processuale" (o "travisamento della prova") vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e avalutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova" (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos Silva, Rv. 283370).

3. Tanto premesso, si deve osservare che al ricorrente è stato contestato di aver messo a disposizione dei lavoratori un macchinario non conforme ai requisiti di sicurezza perché non idoneo ad impedire il contatto tra gli elementi mobili del ribaltatore e parti del corpo degli addetti alla linea produttiva e non è controverso che, al momento dell'infortunio, gli sportelli che danno accesso agli organi lavoratori del ribaltatore fossero aperti e il macchinario fosse in funzione. Neppure è controverso che la possibilità di tenere acceso il macchinario anche se gli sportelli erano aperti fosse nota e risalente nel tempo. Il ricorrente ha sostenuto, infatti, che, per ovviare al problema e prevenire situazioni di pericolo, gli sportelli erano stati chiusi con un lucchetto elettronico dotato di un'unica chiave affidata in custodia al responsabile del reparto manutenzione.

In tesi difensiva, una apposita procedura stabiliva che il responsabile della manutenzione non potesse consegnare la chiave del lucchetto ai dipendenti se non dopo aver provveduto a disalimentare il ribaltatore. Il ricorrente sostiene che le misure così introdotte erano idonee a fini di sicurezza e potevano sopperire alla mancanza di interruttori di blocco capaci di fermare il movimento in caso di apertura degli sportelli.

3.1. L'assunto difensivo non tiene conto del contenuto dell'allegato V al D.Lgs. n. 81/08 nel quale è previsto:

- al punto 6.1, che, quando presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, gli elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro "devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l'accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti pericolosi prima che sia possibile accedere alle zone in questione";

- al punto 6.3., che "gli apparecchi di protezione amovibili degli organi lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle attrezzature di lavoro, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico" debbano essere provvisti "di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della attrezzatura di lavoro tale che: a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando l'attrezzatura di lavoro è in moto o provochi l'arresto dell'attrezzatura di lavoro all'atto della rimozione o dell'apertura del riparo; b) non consenta l'avviamento dell'attrezzatura di lavoro se il riparo non è nella posizione di chiusura".

Tale essendo il quadro normativo, è doveroso chiedersi se le misure di sicurezza adottate da A.A. fossero idonee, oltre che ad impedire "l'accesso alle zone pericolose" o ad arrestare "i movimenti pericolosi" prima che l'accesso a quelle zone fosse possibile, anche ad impedire l'avviamento della macchina nel caso in cui i ripari posti a protezione degli organi lavoratori fossero aperti.

4. Secondo la difesa, avendo previsto che gli sportelli che davano accesso agli organi in movimento del ribaltatore fossero chiusi con un lucchetto speciale (denominato "Lockout") che poteva essere aperto soltanto con una particolare chiave della quale solo il responsabile della manutenzione aveva disponibilità, A.A. introdusse un presidio di sicurezza alternativo al dispositivo di blocco e tale presidio era idoneo a garantire lo svolgimento del lavoro in condizioni di sicurezza. Le disposizioni aziendali stabilivano infatti che, se un operatore avesse avuto necessità di intervenire all'interno del ribaltatore, avrebbe dovuto rivolgersi al responsabile del reparto manutenzione, il quale avrebbe provveduto ad aprire gli sportelli solo dopo aver garantito il fermo del macchinario togliendo la corrente.

Le sentenze di primo e secondo grado (rispettivamente a pag. 5 e a pag. 9) danno atto dell'esistenza di questa procedura desumendola dalle dichiarazioni rese dai dipendenti del pastificio, dal consulente tecnico della difesa e dalla testimonianza dello stesso lavoratore infortunato. Osservano, però, che la procedura descritta si rivelò in concreto inadeguata, atteso che, quando si verificò l'infortunio, non erano in corso attività di manutenzione del ribaltatore, la macchina era in funzione e gli sportelli non erano chiusi. Sottolineano inoltre che, nel caso di specie, la violazione della procedura (a quanto consta neppure codificata in forma scritta) non può essere attribuita al lavoratore infortunato che non era stato incaricato di pulire il ribaltatore, operava in prossimità dello stesso, e finì col braccio destro nel raggio di azione del macchinario, tra gli sportelli aperti, perché inciampò mentre si occupava della pulizia di una macchina adiacente.

Si tratta di argomentazioni congrue e scevre da profili di contraddittorietà o manifesta illogicità tanto più se si considera che la descrizione della procedura contenuta nelle sentenze e nell'atto di ricorso non consente di comprendere quali misure di sicurezza fossero state adottate per assicurarsi che non fosse restituita alimentazione elettrica al ribaltatore prima che gli sportelli fossero chiusi.

Se è vero, infatti, che - come risulta dalla sentenza impugnata - il responsabile del reparto manutenzione non poteva consegnare la chiave del lucchetto senza essersi prima assicurato che il ribaltatore fosse staccato dalla rete; è pur vero che, in assenza di un meccanismo di blocco automatico, il rispetto delle regole cautelari indicate dall'allegato V avrebbe richiesto che, in caso di apertura degli sportelli, il riavvio della macchina fosse impedito fino a che gli stessi non fossero stati nuovamente chiusi e il ricorrente non ha sostenuto che i lavoratori avessero ricevuto istruzioni in tal senso.

5. Ponendosi in questa prospettiva, la tesi difensiva secondo la quale l'apertura degli sportelli potrebbe essere avvenuta poco prima dell'incidente e la procedura di sicurezza prevista potrebbe essere stata aggirata forzando il lucchetto si rivela priva di pregio e non solo perché meramente congetturale.

Basta in proposito ricordare che A.A. è stato ritenuto responsabile del reato a lui ascritto per aver messo a disposizione dei dipendenti dello stabilimento, nel quale svolgeva funzioni di responsabile della sicurezza, una macchina non conforme alle precise disposizioni del D.Lgs. n. 81/08 e non gli è stata contestata l'omessa vigilanza sul rispetto da parte dei lavoratori della procedura descritta. Nell'individuare la condotta alternativa doverosa, infatti, i giudici di merito hanno ritenuto che egli avrebbe dovuto dotare gli sportelli del ribaltatore (attraverso i quali si poteva avere accesso ad organi in movimento) di dispositivi di blocco idonei a determinare l'arresto del macchinario in caso di apertura e ad impedirne l'avviamento fino alla chiusura.

Il vizio del macchinario era conosciuto e lo erano anche le situazioni di pericolo che ne potevano derivare, ma, per eliminarle, non furono seguite - come sarebbe stato doveroso (e come avvenne dopo l'infortunio) - le indicazioni contenute nell'allegato V al D.Lgs. n. 81/08. Come emerge dalle sentenze di primo e secondo grado, infatti, A.A. intervenne apponendo un lucchetto sugli sportelli e impartendo istruzioni ai dipendenti. Tali istruzioni tuttavia - per come ricostruite nelle sentenze e nel ricorso - non garantivano che, una volta aperti gli sportelli, il macchinario non potesse più essere messo in funzione fino alla chiusura, sicché le cautele adottate non erano idonee a governare anche il rischio di imprudente esecuzione da parte dei lavoratori dei compiti loro assegnati (sull'argomento: Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242; Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli, Rv. 259321). Com'è evidente, inoltre, l'evento verificatosi - un contatto accidentale con organi in movimento resi accessibili dall'apertura di sportelli di protezione - è esattamente quello che le norme di prevenzione violate mirano ad evitare.

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 28 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2024.