Cassazione Civile, Sez. Lav., 03 maggio 2024, n. 12041 - Riconoscimento di malattia professionale. Prescrizione


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto - Presidente

Dott. MARCHESE Gabriella - Consigliere

Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere

Dott. BUFFA Francesco - Consigliere

Dott. GNANI Alessandro - Relatore

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
 


sul ricorso 31543-2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NOMENTANA 909, presso lo studio dell'avvocato SABRINA PRIMAVERA, rappresentato e difeso dagli avvocati VALTER DE CESARE, GIULIO ROSSIGNOLI;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO, LUCIA PUGLISI che lo rappresentano e difendono;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 231/2019 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 18/04/2019 R.G.N. 741/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal Consigliere Dott. ALESSANDRO GNANI.

 

Fatto


Nel giudizio di rinvio seguente all'ordinanza di questa Corte n. 19788/17, la Corte d'appello di L'Aquila rigettava la domanda svolta da A.A. nei confronti dell'Inail avente ad oggetto il riconoscimento di malattia professionale e la condanna alle relative prestazioni.

Per quanto qui rileva, riteneva la Corte che la domanda fosse prescritta, non potendo rilevare a fini interruttivi della prescrizione il ricorso amministrativo presentato da A.A. in data 14.12.2004. Esso era tardivo, poiché depositato oltre 60 giorni dopo la comunicazione del provvedimento di mancato riconoscimento della malattia professionale, con avvenuta decadenza. Inoltre, dal tenore del ricorso non emergeva alcuna chiara richiesta scritta di adempimento, e dunque esso non poteva valere come costituzione in mora.

Avverso la sentenza ricorre A.A. per tre motivi, illustrati da memoria.

L'Inail resiste con controricorso.

All'adunanza il collegio si riservava il termine di 60 giorni per il deposito dell'ordinanza.
 

Diritto


Con il primo motivo di ricorso, A.A. deduce violazione e falsa applicazione dell'art.8 l. n.533/73 in relazione all'art.104 d.P.R. n.1124/65. La Corte non aveva considerato che il termine di 60 giorni previsto dall'art.104 d.P.R. n.1124/65 era ordinatorio, posto che l'art.8 l. n.533/73 dichiara ininfluenti vizi, preclusioni e decadenze verificatesi.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt.132, co.1, n.4 c.p.c., 113 c.p.c., 111, co.6 Cost. La Corte avrebbe reso una motivazione nulla poiché insanabilmente contraddittoria, dapprima (p.5) riconoscendo che nel ricorso introduttivo di primo grado A.A. aveva fornito tutti gli elementi fattuali e probatori attestanti il verificarsi dell'interruzione della prescrizione, in particolare avendo tempestivamente depositato il ricorso amministrativo del 14.12.2004, e poi invece (p.6) avendo respinto la domanda per mancata interruzione della prescrizione.

Con altro argomento, il motivo censura la sentenza laddove ha escluso la valenza interruttiva al ricorso amministrativo del 14.12.2004.

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce violazione o falsa applicazione dell'art.112, co.1 d.P.R. n. 1124/65 per avere la corte ritenuto il termine di prescrizione quinquennale anziché triennale.

Il primo motivo è inammissibile per difetto di interesse.

Esso censura un passo della motivazione che non costituisce la ragione giuridica posta a fondamento della decisione. La Corte ha in effetti affermato che il ricorso del 14.12.2004 era tardivo ai sensi dell'art.104 d.P.R. n. 1124/65, e quindi non poteva costituire valida impugnazione del provvedimento di rigetto, in seno al procedimento amministrativo. Tuttavia, tale affermazione risulta irrilevante nell'economia della decisione, poiché la controversia residuata a seguito dell'ordinanza di rinvio di questa Corte (n.19788/17) riguardava il tema della prescrizione e della sua interruzione, non già l'esperibilità dei rimedi amministrativi prodromici all'azione giudiziaria, e quindi la sua procedibilità. L'affermazione della Corte risulta in realtà un mero obiter dictum. Ai fini della decisione finale, importa soltanto l'affermazione successiva, con la quale si è negato che il ricorso amministrativo valesse come costituzione in mora, e quindi come atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell'art. 2943 c.c.

Il secondo motivo è per un verso infondato e per altro verso inammissibile.

È infondato nel suo primo argomento che denuncia nullità della sentenza per insanabile contraddizione. La contraddizione in realtà non esiste: la Corte, a p.5 della sentenza, ha chiarito che sin dal primo grado, A.A. aveva allegato e prodotto, e quindi dimostrato, un atto capace di avere valore interruttivo della prescrizione. Tale affermazione ha lo scopo non di fondare nel merito la fondatezza della controeccezione di interruzione della prescrizione, ma solo quello di precisare che la controeccezione era stata tempestivamente allegata e provata sin dal ricorso introduttivo, e che quindi era esaminabile nel giudizio di rinvio. Si legge a p.5 della sentenza: "la controeccezione di interruzione della prescrizione deve intendersi ritualmente formulata anche in grado d'appello, con la conseguenza che spetta a questo giudice di rinvio, di fronte all'eccezione di prescrizione sollevata dall'Inail, accertare la portata interruttiva dell'atto prodotto".

A p.6 della sentenza, la Corte accerta appunto la portata interruttiva dell'atto prodotto (ricorso del 14.12.2004), per poi esaminare nel merito la controeccezione di interruzione della prescrizione, dichiarandola infondata.

Non vi è dunque alcuna contraddizione logica tra i due passaggi motivazioni, essendo l'uno il logico sviluppo dell'altro.

Il secondo argomento del motivo è inammissibile.

Esso tende a censurare una valutazione di fatto compiuta dalla Corte d'appello, ovvero quella tesa a stabilire se un determinato atto stragiudiziale possa avere efficacia interruttiva della prescrizione, in quanto contenente una richiesta di adempimento. La Corte ha negato tale valenza, rilevando che il ricorso amministrativo non era qualificabile come atto di costituzione in mora, non contenendo alcuna richiesta scritta di adempimento. Tale giudizio di fatto è insindacabile in cassazione (Cass. 6336/09, Cass. 29419/19), salvo il caso dell'omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell'art.360, co.1, n.5 c.p.c., su cui il motivo nulla argomenta.

Il terzo motivo è inammissibile per difetto di interesse.

L'affermazione di prescrizione quinquennale riguardo all'art. 112 d.P.R. n. 1124/65, contenuta a p.6 della sentenza, è frutto di un'evidente svista, affatto irrilevante nell'economia della decisione. Subito dopo tale affermazione, la Corte mostra di computare la prescrizione secondo l'esatto termine triennale: il termine di prescrizione "ha iniziato a decorrere a far data dall'11.6.2003, è scaduto in data 11.6.2006". Ancora prima, a p.4, la sentenza parla di prescrizione triennale, scaduto l'11.6.2003.

Complessivamente, il ricorso va respinto, senza doversi pronunciare sulle spese attesa la dichiarazione ex art.152 d.a. c.p.c. prodotta agli atti.
 


P.Q.M.
 

La Corte rigetta il ricorso;

dà atto che, atteso il rigetto, sussiste il presupposto processuale di applicabilità dell'art. 13, co.1 quater, d.P.R. n. 115/02, con conseguente obbligo in capo a parte ricorrente, di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

Roma, deciso all'adunanza camerale del 30 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2024.